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Autore: pallina90    17/11/2013    4 recensioni
Con quella stretta nel pugno, mi portai la mano al petto, quasi volessi trattenere il cuore che pulsava come un matto: ero agitata, sapevo di stare per infrangere tutte le regole della casa, ma ero anche curiosa. Ero indecisa, non riuscivo a capire cosa era giusto fare, ma se non mi fossi sbrigata a pendere una decisione, loro sarebbero tornati prima che avessi combinato qualcosa.
Con il cuore che mi rimbombava nelle orecchie, decisi di salire quei gradini, e ad ogni passo le gambe sembravano diventare sempre più pesanti; quando arrivai al pianerottolo, mi trovai davanti solo due porte e non sapevo a quali delle due appartenesse la chiave, così mi avvicinai a quella che si trovava di fronte a me.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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COME SE NON FOSSE AMORE

< It's in the stars 
It's been written in the scars on our hearts 
We're not broken just bent 
And we can learn to love again. >  Just give me a reason, Pink



Edward, Edward, Edward: sempre e solo lui.
Più mi ostinavo a non pensarci, più la mia testa decideva di ripresentarmelo.
Più cercavo di evitarlo, più lui sembrava essere dotato del dono dell’ubiquità, me lo ritrovavo sempre davanti, e se prima il giardino era una mia via di fuga, adesso, per causa mia, neppure più quello lo era, dato che lui non temeva più di mostrarsi alla luce del sole. Sapevo di doverne essere contenta, che in questo modo avevo contribuito a rendere meno triste la sua vita, e lo ero, ma rischiavo di diventare matta così.
Non riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa, sembrava intenzionato a mandarmi al manicomio più velocemente di quanto non avesse provato a fare in passato, e la cosa che mi faceva infuriare era che adesso i nostri rapporti erano ridotti al minimo, quindi lui non avrebbe dovuto avere tutto questo potere su di me.
Stavo pulendo la camera degli ospiti quando sentii miagolare, e affacciandomi dalla finestra, vidi il mio amichetto peloso girovagare nel giardino in cerca del suo latte.
Dopo aver riempito un piatto di plastica, andai fuori e mi crogiolai un po’ al sole insieme a lui.
“ Ciao piccolino, hai fame, vero? ” Mentre lui leccava frenetico, io lo accarezzavo godendomi le sue fusa. Ad un tratto sentii la porta di casa scricchiolare e non so perché, seppi immediatamente che di lì a qualche minuto Edward mi avrebbe raggiunto, infatti poco dopo vidi la sua ombra sovrastarmi.
“ Se ti fa piacere puoi anche tenerlo: la casa è grande, non è un problema. ” Mi propose gentile.
“ Grazie, ma no. È un gattino randagio, abituato ad avere i suoi spazi, a scorrazzare ovunque; in casa si sentirebbe in gabbia, tenterebbe continuamente di scappare. ” Gli spiegai, senza distogliere gli occhi da quella palla di pelo che aveva preso a morsicarmi il dito e a leccarlo tutto quasi fosse un lecca-lecca.
“ Sei tu l’esperta. ” Disse e allungò quanto più possibile il braccio, così che potesse accarezzare anche lui il gattino, e quando alzai gli occhi lo trovai intento a fissarmi, e per un attimo mi smarrii in quel verde tanto intenso che erano le sue iridi.
“ Come si chiama? ”
“ Chi? ” Chiesi come una scema, ancora inebetita dalla bellezza dei suoi occhi.
“ Il gattino, a chi vuoi che mi riferisca. ” Rise, guardandomi come se davanti a lui ci fosse una ritardata.
“ Non ci ho mai pensato. ”
“ Fallo ora. Abbiamo tutto il tempo che vuoi. ”
Ci pensai un po’ su, cercando un nome che si adattasse a quel piccolino, che rispecchiasse il suo carattere girovago e curioso.
“ Cloch. ”
“ Cloch? ” Ripeté interdetto Edward.
“ Un diminutivo di clochard, in fondo è un senzatetto. ” Spiegai, arrossendo un po’ per quel nome parecchio strambo che gli avevo trovato.
“ Mi piace, si addice a lui. ” Disse Edward sorridendo, strizzandomi l’occhiolino.
“ Adesso devo andare. ” Mi alzai, e riordinando le pieghe della gonna, mi allontanai.
“ Bella, aspetta. ” Mi richiamò lui.
“ Devo andare signore, ho delle cose da sbrigare. ” Mi incamminai a passo svelto, quasi correndo, allontanandomi dalla tentazione che quell’uomo rappresentava per me.
Tornata nella stanza che stavo pulendo, mi chiusi la porta alle spalle e tirai un sospiro di sollievo per essere riuscita a tenerlo a bada, per avergli tenuto testa, anche se alcune volte mi ero persa ad osservare quei due smeraldi che si ritrovava al posto degli occhi. Alzai gli occhi al cielo, seccata con me stessa per non stare mantenendo fede alla promessa di non pensare più a lui in certi modi, e quel movimento mi fece notare qualcosa poggiato sul comodino che prima non c’era; mi avvicinai curiosa, e presi quel bigliettino, leggendo quello che vi era scritto.

< Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male.
Edward >

Rilessi quel biglietto all’infinito, fin quasi ad impararlo a memoria, cercando di capire cosa volessero dire quelle parole. Si riferivano a me o a lui? Era lui che stava scappando da me, con i suoi sbalzi d’umore, con il suo allontanarmi non appena le cose diventavano più intime, o io, con la mia decisione di prendere le distanze da lui e ristabilire i confini com’era giusto che fosse? Era un modo per farmi capire che era cambiato, che adesso era pronto ad affrontarmi oppure che stava scappando definitivamente, capendo di non poter andare oltre quello che aveva già fatto?
Decisi di lasciare perdere, in quel momento non volevo altre complicazioni, era già abbastanza difficile combattere con i miei sentimenti: ogni volta che chiudevo gli occhi sentivo nuovamente il calore delle sue braccia circondarmi, mi mancavano le nostre discussioni, i nostri momenti felici; sapevo che tutto questo era solo nella mia testa, che potevo amarlo solo la notte, quando le mie difese si abbassavano e mi permettevano di sognare un mondo nel quale io e lui saremmo potuti stare insieme, ma non appena sorgeva il sole le mie fantasie svanivano, era un amore a senso unico.
Sapevo di dovermene andare al più presto, solo la lontananza e il dimenticarlo potevano impedire al mio cuore di amarlo più di quanto non stesse già facendo ora, perché un sentimento senza nutrimento muore, quindi speravo che allontanarmi da lui fosse la cosa giusta da fare per tornare a stare bene.

 
“ E’ andata bene la tua giornata oggi? ” Mi chiese Edward mentre tagliava un pezzo del suo arrosto.
“ Sì, una normalissima giornata, non è accaduto nulla di particolare. ” Risposi schietta, evitando accuratamente ogni riferimento al bigliettino.
“ Veramente qualcosa è accaduto. ” Precisò, e io sentii subito il sangue affluirmi alle guance e colorarmele di rosso: ero stata scoperta, ma decisi di fare la finta tonta.
“ E cosa? ” Balbettai.
“ Abbiamo dato il nome a Cloch, no? ” Rispose come se niente fosse, ed effettivamente non era nulla, ma io avevo rischiato di morire d’infarto.
“ Oh, sì certo. ” Farfugliai poco convinta, in quel momento mi ero pure dimenticata del mio amichetto peloso.
“ Isabella, ti senti bene? Hai le guance parecchio rosse. ”
“ Forse è perché ho bevuto un po’ di vino durante la cena. ” Mentii, ma lui parve bersela e non fece ulteriori domande, continuando a mangiare tranquillo.
Attesi che finisse di cenare per fargli la domanda che mi frullava nel cervello da un paio di giorni ma che non avevo ancora trovato il coraggio di fare.
“ Signore, volevo chiederle, se dovessi imbucare delle lettere, devo scendere fino in città? ”
“ Perché? A chi devi scrivere? Puoi usare il mio computer se vuoi sentire qualcuno, è più semplice. ” Mi offrì gentilmente il suo aiuto, stupendosi per quella mia particolare richiesta, al giorno d’oggi non era molto usuale che qualcuno scrivesse delle lettere.
“ Se per lei va bene dovrei inviare dei curricula ad un paio di famiglie… ” Quasi sussurrai, perché ero sicura che quello che avevo in mente di fare non sarebbe stato molto gradito da lui.
“ Quindi sei intenzionata ad andartene... ” Puntualizzò con un tono di voce secco, completamente diverso da quello affabile che aveva usato poco prima offrendomi il suo aiuto.
“ Sì, credo sia la scelta migliore. ” Precisai.
“ Fa come vuoi Isabella, ma in questo caso dovrai andare fino al paese più vicino per imbucare le tue lettere e potrai farlo solo nel tuo giorno libero, non ti concederò alcun permesso, dovrai aspettare altri 5 giorni. Non ti aiuterò a scappare. ” Si girò di scatto, con talmente tanta furia da sbattere contro il tavolo e far tremare le bottiglie, che per poco non caddero, e io feci un passo indietro spaventata, non volevo si arrivasse ad uno scontro del genere.
“ Io non sto scappando! ” Ribattei, guardandolo dritta negli occhi, senza lasciarmi intimidire dalla rabbia che animava i suoi.
“ Invece mi sembra che tu stia facendo proprio questo. ”
“ Si sbaglia, io voglio solo riavere un po' di serenità. ” Urlai in risposta, frustrata per la scenata che mi stava facendo. Lui si avvicinò rapido a me, e io indietreggiai fino a trovarmi con le spalle al muro, così da risultare incastrata tra la parete e la sua sedia a rotelle, con lui che era proteso in avanti, e non potei non notare quanto risultasse attraente nonostante avesse i lineamenti stravolti dalla furia.
“ E pensi che cambiando casa e famiglia potrai dimenticare tutto quello che è accaduto qui? ” Sussurrò, con la voce pregna di rabbia.
“ Lo spero. ” Ammisi.
“ Mi sono sbagliato su di te, non pensavo fossi così. ” Parlò con un tono malinconico, quasi triste, come se finalmente avesse accettato la sconfitta.
“ Anche io ho sbagliato, mi ero illusa fossi una persona migliore. ” Gli diedi nuovamente del tu e lui se ne accorse subito, lo vidi dai suoi occhi che si spalancarono e nello stesso tempo si velarono di dolore, e mi pentii di aver detto quelle parole. Sbatté un pugno al muro, facendomi sussultare dallo spavento, per poi liberarmi dalla sua stretta; si allontanò  senza dire una sola parola, lasciandomi lì, con il fiato corto e la testa frastornata da mille domande che non avrebbero mai trovato risposte molto probabilmente.
Presi un respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di uscire, e rimisi a posto la tavola, volevo fare qualcosa che mi riportasse alla normalità, lavorando meccanicamente così da non dover pensare. Ma quando afferrai il suo piatto, trovai un altro bigliettino ripiegato, e sapendo già cosa aspettarmi, lo presi con mani tremanti, mentre il cuore sembrava volermi uscire dal petto.

 < Qualcuno ha detto che nel momento in cui ti soffermi a pensare se ami o no una persona, hai già la risposta >

 Stavolta rimasi completamente sconvolta, ma decidi di non lasciar perdere, avevo bisogno di chiarimenti dopo questa sua ultima confessione così esplicita, e li avrei ottenuti. Andai a cercarlo nel suo studio, ma era deserto, così salii in camera sua e dopo aver bussato, non ottenendo alcuna risposta, spalancai la porta ma anche lì non c’era anima viva; a quel punto capii che si era rifugiato al piano di sopra, quello che mi era interdetto. Mi sedetti sul suo letto, sperando che non rimanesse lì tutta la notte; quando sentii il cigolio della sedia a rotelle e l’apparecchio che lo aiutava a scendere le scale, mettersi in moto, il cuore cominciò a battere come un forsennato, sembrava quasi volesse uscirmi dal petto, perché temevo che non sarebbe stato felice di vedermi lì ad attenderlo.
“ Cosa ci fai qui? ” Chiese con un tono sorpreso non appena i nostri sguardi si incrociarono.
“ Non ti trovavo e ho deciso di aspettarti qui. ”
“ Salgo su quando ho bisogno di pensare e di stare da solo. ” Sussurrò, entrando nella stanza e chiudendo la porta, forse per avere maggiore privacy.
“ Se vuoi vado via, ma avrei bisogno di parlarti. ” Mantenni anche io un basso tono di voce, quasi non volessi spezzare quel fragile equilibrio che si era creato.
“ Ora mi dai nuovamente del tu? ”
“ Edward, sei stato tu a costringermi a fare marcia indietro nel nostro rapporto, sei tu che rischi di farmi impazzire. ”
“ Isabella non ho le forze di portare avanti una nuova discussione, quindi dimmi cosa vuoi e poi lasciami solo. ”
“ Cosa significano questi bigliettini? ” Visto che aveva fretta di rimanere da solo, andai dritta al punto. Vidi Edward prendere fiato e poi accasciarsi nella carrozzella come se portasse addosso tutto il peso del mondo.
“ Quello che c’è scritto. ”
“ E cosa vogliono dire? ”
“ Ho sentito la tua discussione con William di qualche giorno fa, volevo aiutarti a prendere delle decisioni che avrebbero cambiato la tua vita ma a quanto pare ho fallito. ” Sembrava triste, come se realmente avesse perso una battaglia.
“ Edward vuoi che rimanga qui? ”
“ Io non voglio niente, io non imporrei mai la mia presenza a nessuno, né tantomeno tratterrei qualcuno contro la sua volontà, quindi va per la tua strada Isabella. ”
“ Perché non riesci mai a darmi una risposta precisa? Usi questi giri di parole che non fanno altro che confondermi e farmi esasperare. ” Lo attaccai, infischiandomene del fatto che lui non volesse più litigare per quella sera.
“ Vuoi che parli chiaro e tondo? Perfetto, vattene se hai la possibilità, io non ti tratterrò o ti legherò per convincerti a restare. Sono stato abbastanza chiaro adesso? ” Sputò minaccioso.
“ Sì, adesso sì. ” Lasciai la stanza senza aggiungere altro, chiudendomi la porta alle spalle.
Avevo sentito quello di cui avevo bisogno per rendere definitiva la mia scelta di andare via: lui non mi voleva.

E' stato strano riaprire word e efp dopo tutto questo tempo, ma eccomi. Scusate l'enorme ritardo, ma di questi tempi io e la scrittura, causa parecchi impegni, non andiamo molto d'accordo.
Le frasi tra le virgolette sono, rispettivamente, di Giorgio Faletti e di Carlo Ruiz Zafòn. 
Alla prossima, spero di non farvi aspettare tanto, Paola

   
 
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