Una giornata di peripezie, la vendetta! di mikybiky (/viewuser.php?uid=3205)
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Questa storia è un'opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell'autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.
Ciao a tutti!!
Questa storia è il seguito di "Una giornata di
peripezie", ma chi non l'ha letto può benissimo capire tutta
la storia! Buona lettura!!
UNA GIORNATA DI
PERIPEZIE, LA VENDETTA!
Oggi
è
domenica. Un gran giorno, a parer mio. Eh sì,
perché la
domenica si può dormire. Dopo un’intera settimana
trascorsa
ad alzarsi alla sei e mezza, fare le corse per prendere il pullman,
passare le cinque ore più importanti della mattina sui
banchi
di scuola e studiare interi pomeriggi per evitare di essere bocciata
un altro anno, ecco finalmente la domenica. Poltrisco fino a
mezzogiorno e niente e nessuno
mi potrà
svegliare. Dico niente.
Driiin!
Driiin!
Vaffanculo.
Mi
alzo, assonnata,
e prendo con veemenza e riluttanza il cellulare sul comodino. Devo
imparare a spegnerlo la sera, prima di andare a letto.
Con
la vista
offuscata dal sonno, tento di distinguere il nome che si illumina sul
display.
STRLM
Non
lo conosco.
Mi
rimetto a
dormire.
Ah
no, è
Stefan. Dettagli. Strlm e Stefan si assomigliano, se hai sonno e non
vedi nulla.
Sono
le otto e
cinquantanove minuti, perché diamine mi sta chiamando a
quest’ora? Al diavolo Stefan e buonanotte. Io torno a dormire.
Un
attimo. Stefan?
STEFAN? Oh
merda, Stefan!
Mi
alzo d’impeto e
afferro il cellulare, prima che smetta di suonare.
-
Pronto? - la mia
voce sembra quella di uno zombie.
“ Ti ho svegliata?”
chiede Stefan dall’altro capo del telefono.
-
Ehm… tanto stavo
per alzarmi. -
“ Immagino.”
-
Ehi! Vorresti
forse insinuare che mi sono dimenticata di te?? -
Stefan
ridacchia.
“ No, anche se fra
venti minuti dovresti essere in stazione.”
Un
attimo di panico.
Poi mi riprendo.
-
Stefan, non sei
spiritoso. Sono le nove. -
“ In realtà
sono le dieci.”
Ops.
Decisamente
quando hai sonno leggi Piero per Tone.
-
Ehm… amore,
giuro che fra venti minuti sarò in stazione! - gli dico, con
voce da non-mi-dimenticherei-mai-di-Stefan.
“ Alice, ti
chiamavo appunto per dirti…”
Lo
blocco, con la
rabbia pronta a salire.
-
Stefan, se mi dici
che hai avuto un contrattempo anche oggi e non puoi venire ti mollo!
-
“ Stai calma,
tesoro!” mi dice Stefan, con voce più acuta del
solito.
“Volevo solo dirti che un povero sciagurato si è
buttato
sotto…”
-
Oh mio Dio! Povero
diavolo! -
“ Già, ma il
disgraziato ha preso male la mira, e sotto al treno
c’è
finita la sua valigia.”
-
Grazie al cielo…
-
“ È stato
comunque un viavai di gente. Ti stavo avvisando che il treno
è
ripartito adesso, sarò in ritardo di quasi un ora.”
-
Io ci sarò
- dico, sorridendo.
“ Ti chiamerò
fra venti minuti. Non vorrei che ti addormentassi di nuovo.”
-
Piantala, sciocco!
Ti amo. -
“ Ti amo anch’io.
A dopo.”
Chiudo
la telefonata
e mi rannicchio nel letto, soddisfatta.
Stefan
è il
mio ragazzo. Stiamo assieme da qualche mese e oggi arriva a Brescia.
Io dovrei andare a prenderlo in stazione, ma me ne sono totalmente
dimenticata.
È
buffo il
modo in cui ci siamo conosciuti. Lui è austriaco, ma ha
vissuto in Italia (a Bolzano, precisamente) per tre anni. A dicembre
dell’anno scorso è venuto qui in Italia con la
scuola, in
occasione degli scambi culturali, ed è finito nella mia
classe
per due giorni. Bé, il primo giorno è stato un
disastro. C’è una mia compagna di classe, Camilla,
che è
odiosa ed insopportabile. Quel giorno siamo state interrogate assieme
in matematica, e lei ha preso il doppio del mio voto. Ho subito avuto
modo di incrociare l’inviso volto di Stefan, il quale
soggiornava
da Camilla. Ho avuto la stupida idea di dirottarlo sul pullman
sbagliato e di corrergli dietro, sentendomi in colpa. Morale: ci
siamo trovati a Bergamo senza sapere come tornare indietro.
L’ho
subito preso in antipatia e gli ho fatto passare le pene
dell’inferno, e lui ha finto di non saper parlare in nessun
modo
l’italiano. Bé, diciamo che è stata una
giornata un
po’ movimentata. Alla fine, però, mi sono rivista,
e…
insomma, sono fattacci nostri. Sappiate soltanto che lui usciva con
Camilla e che il nostro primo bacio ce lo siamo scambiati davanti a
lei. È stato troppo divertente.
-
Alice, sei ancora
a letto? - la voce di mia mamma mi riscuote dai miei pensieri.
-
No, mamma, mi sto
alzando. - rispondo, infilandomi una vestaglia e le pantofole.
-
Così tardi?
Stefan sarà qui nel giro di un quarto d’ora! -
-
No, non più.
-
Il
volto di mia
mamma fa capolino dalla cucina.
-
Vuoi dire che
neanche oggi viene? -
Io
sorrido, contenta
all’idea di rivederlo.
-
Certo che viene, -
rispondo - è solo un po’ in ritardo. Un uomo ha
assassinato
il suo bagaglio, buttandolo di soppiatto sulla ferrovia, proprio
mentre passava il treno. -
-
Oh, mi spiace. -
dice mia mamma, asciugandosi le mani nel grembiule.
Ora
che Stefan è
ritornato in Austria, lo vedo poche volte. Ci siamo incontrati
l’ultima volta tre settimane fa, in occasione del suo
diciannovesimo compleanno. Fra tre giorni è il turno dei
miei
diciotto anni, quindi oggi ci vediamo, e lui resterà qui per
i
prossimi cinque giorni.
Ha
già detto
che non appena si diplomerà verrà in Italia e ci
starà
per qualche mese, quindi è solo questione di pazientare
ancora
un po’.
-
Dai, corri a fare
colazione, svelta. - mi dice la mamma.
Io
corro in bagno e
osservo per qualche minuto la mia immagine allo specchio: ho i
capelli arruffati e le occhiaie che arrivano al mento. Ma Stefan
troverà comunque il modo per farmi notare che sono carina.
Generalmente, mi dice che devo smetterla di farmi le paranoie. Io
ribatto, dicendo che se prima di me ha scelto Camilla c’era
un
motivo; prima lui replicava che c’era un motivo anche se ha
preferito me a lei, però ora si limita a dire che lui mi ama
sempre e comunque. E a volte ho paura che lui stia pensando di
tornare assieme a lei, o peggio, che mi tradisca con lei. Il solo
pensiero mi fa rabbrividire. Stefan, il mio Stefan,
non mi
farebbe mai una cosa simile! Lui mi ama!
Prendo
il
dentifricio e lo spazzolino e inizio a lavarmi i denti.
La
testa di mio
fratello fa capolino dalla sala.
-
Hai già
mangiato? - mi domanda.
Io
scuoto la testa.
-
E ti lavi già
i denti? -
Mi
blocco. Questi sì
che sono i misteri della vita.
Sputacchio
la
schiuma nel lavandino e mi risciacquo la bocca.
-
Dettagli - gli
rispondo.
Lui
mi sorride e,
mentre mi asciugo le mani, mi scarmiglia i capelli.
Io
e Alessio siamo
veramente legati, nonostante un gravissimo incidente accaduto alcuni
anni fa: mio padre era un uomo iracondo e bastava un niente per farlo
andare su tutte le furie. Ma non mi ha mai messo le mani addosso,
tranne… tranne il giorno in cui morì. A casa era
giunta una
lettera dalla scuola, la quale avvisava che quell’anno avevo
ottime
probabilità di essere bocciata. Il papà si
inalberò
a tal punto da tirarmi un ceffone. Io scoppiai a piangere, ma mio
fratello accorse subito in mio aiuto e, tentando di tenere mio padre
lontano da me, lo fece scivolare dalle scale.
Alessio
è
rimasto un paio d’anni e mezzo in carcere, con
l’accusa di
omicidio non doloso, e da pochi mesi è tornato a casa. Io
non
l’ho mai considerato un assassino… stava solo
tentando di
proteggermi.
Scuoto
la testa e
tento di cancellare questi brutti ricordi. In fondo, mi manca tanto
il papà…
-
Allora - mi dice
Alessio - l’avete già fatto? -
Interdetta,
mi
blocco, fissandomi a metà nello specchio.
-
Come, scusa? - gli
dico, guardandolo bieco.
-
Sì, te e
Alex. - risponde lui, esultante.
-
Alex? - mio
fratello ha forse qualche problema di memoria? - forse intendi dire
Stefan, Alessio. -
-
Sì,
insomma, quello. -
Gli
lancio
un’occhiataccia.
-
Quello -
ripeto, sbuffando - ha un nome. -
-
Stai sempre lì
a guardar tutto, che puntigliosa! -
Esco
dal bagno,
ignorandolo, e vado a fare colazione.
-
Non hai risposto
alla mia domanda - rincara lui, sedendosi accanto a me.
-
Non sono fatti
tuoi - gli dico, mangiando una fetta biscottata.
Guardandomi
male, mi
fissa insistentemente, sperando che io ceda e gli dica la
verità.
Ma io non apro bocca e continuo a mangiare, imperterrita.
-
Alice - dice ad un
certo punto - avanti, sono tuo fratello, poi benissimo dirmelo! -
-
Alessio, piantala!
-
-
Perché? -
-
Perché non
sono fatti tuoi! -
Spalmo
della
marmellata alle fragole su una seconda fetta biscottata e la ingoio.
-
Vabbé,
tanto la risposta la conosco già, è inutile che
ti stia
a domandare! -
Lanciandogli
un’occhiata bieca, gusto una terza fetta, stavolta cosparsa
di
Nutella. Mio fratello capisce al volo. Credo che dovrei scrivere un
libro su come dare risposte ai fratelli senza rispondere
esplicitamente.
-
Alice - dice mia
mamma, entrando in cucina - è meglio che ti muovi, o
arriverai
in ritardo. -
-
Adesso vado, mamma
- rispondo io, alzandomi.
Così
mi lavo
e mi vesto. Prendo un bus interno e in pochi minuti arrivo alla
stazione.
Ho
una voglia di
vedere Stefan inimmaginabile.
Il
suo treno
dovrebbe arrivare al binario 4, così lo raggiungo e mi siedo
su una panchina ad aspettare, con il sorriso sulle labbra.
I
minuti passano ma
lui non arriva.
Tic,
tac; tic,
tac; tic, tac.
Di
Stefan neanche
l’ombra.
Tic,
tac; tic,
tac; tic, tac.
Amore,
ma dove sei?
Finalmente,
il
rumore di un convoglio che arriva si sente da lontano. Io mi alzo,
agitata.
La
voce gracchiante
prende a parlare, dicendo che è in arrivo un treno e che
dobbiamo allontanarci dalla linea gialla.
Quando
il treno
arriva, le porte si aprono e la gente scende. Io aspetto in disparte,
tentando di vedere Stefan.
Il
tramestio impazza
per qualche minuto. Persone cariche di bagagli si fanno largo,
inciampando di qua e di là. Gente con alle spalle ore e ore
di
viaggio si stiracchia, un po’ spossata. Quelli che devono
salire
sul treno corrono, tentando di non perderlo.
Alla
fine, tutto si
quieta un po’. La gente si dilegua e io allungo il collo. Ma
non
vedo Stefan. Rimango un po’ interdetta. Ormai sono le undici,
e lui
dovrebbe essere già qui.
Mi
risiedo sulla
panchina. Uffa non ce la faccio veramente più! Devo
assolutamente vederlo! Ora! Aspetto ancora un
po’. Arriverà
nel giro di poco.
Dopo
ancora qualche
minuto mi alzo, scocciata, e mi avvicino ad un piccolo chiosco.
-
Buon giorno - dico
all’edicolante.
-
Buon giorno - mi
risponde egli, con un sorriso.
-
Ha per caso
l’ultimo numero di Rolling Stone? - chiedo.
-
L’ultimo di
Rolling Stone? Uhm… aspetta che guardo… -
Il
signore fruga fra
dei libri. Poi ne estrae un giornale.
-
Sei fortunata, è
l’ultimo numero che mi è rimasto - mi dice, poi me
lo porge.
-
Grazie mille -
rispondo, e gli porgo due euro e novanta. Al giorno d’oggi
è
tutto così caro, ma Rolling Stone quei soldi se li merita
tutti!
Mentre
aspetto che
il treno di Stefan arrivi, mi metto a sfogliare la rivista.
È
sempre completa di tutto.
Ad
un certo punto mi
blocco e guardo l’orologio: undici e un quarto. Metto via il
giornale e incrocio le braccia. Dopo la sua valigia, l’uomo
ha
scelto di buttare sotto al treno anche se stesso? O forse Stefan ha
deciso di arrivare qui a piedi? Mah, bella domanda.
Una
signora mi si
siede accanto, parlando al cellulare.
-
No, no! Ti ho
detto che andrò io a vedere. -
So
che non è
una bella cosa, ma io sono talmente curiosa che non posso fare a meno
di ascoltare. Bé, potrebbe essere un passatempo, nel
frattempo
che aspetto quello sciagurato del mio ragazzo!
-
Mattia, non fare
lo stupido! - prosegue la signora - se la maglia non è a
posto
entro domani ne sceglierai un’altra. Sì, la
prossima volta
cambiamo lavanderia, ma non c’è bisogno di
spendere
cinquanta euro per prenderne una nuova! Hai a casa un guardaroba
intero! -
È
troppo
divertente ascoltare le conversazioni degli altri e ipotizzare una
chissà quale storia. Alla fine la signora si alza e si
avvicinano due signori in giacca e cravatta.
-
Sono più
che sicuro che la vostra azienda è funzionale al 100% - dice
il primo, bassotto con i capelli grigi.
-
Assolutamente sì,
signor Bianchi - risponde il secondo, alto e con i capelli neri.
-
Vede, signor
Arrosti, il punto è che temiamo ad una perdita di personale
da
parte vostra. -
Il
signor Arrosti
sgrana gli occhi.
-
Per quale motivo?
Il mio personale è assolutamente efficiente! -
-
Il problema è
che abbiamo saputo che ultimamente ci sono stati dei problemi
finanziari alle grandi case assicurative. -
-
Non è un
problema che riguarda la nostra azienda, glielo posso assicurare. -
Quando
i due uomini
spariscono dietro le scale, è il turno di due ragazzine sui
quattordici anni, tutte esaltate.
-
Mamma mia,
Cristina, hai visto quanto era carino? - dice una di loro due.
-
Sì, santo
cielo! - risponde l’altra, voltandosi all’indietro
a guardare.
-
Era anche lì
da solo. -
-
Dici che aspettava
qualcuno? -
-
Sì, noi
due! - scoppiano a ridere.
Io
sorrido. Quando
avevo la loro età, ricordo che anche io e le mie amiche
giudicavamo tutti i ragazzi dall’aspetto fisico, e ai
più
carini sbavavamo letteralmente dietro.
-
Io direi di andare
a parlargli, guardalo, è lì tutto solo! -
Le
due ragazzine
saltellano, eccitate.
Incuriosita,
mi
volto a guardare il ragazzo tanto desiderato. È un ragazzo
alto, magro, dai capelli neri con un ciuffo viola che gli ricade
sulla fronte. È appoggiato svogliatamente ad una parete,
evidentemente in attesa di qualcuno.
Qualcuno…
-
Stefan! - grido.
Lui
sobbalza.
-
Stefan! - ripeto -
amore! -
Mi
alzo e gli corro
incontro, abbracciandolo. Le due ragazzine, visibilmente deluse, mi
guardano con invidia.
-
Amore mio! -
replico, baciandolo - è tanto che ti aspetto!
Dov’eri? -
-
Sono arrivato a
dieci alle undici. Non ti ho affatto vista! Anche perché eri
dall’altra parte. -
Io
mi volto e
osservo il binario dove attendevo.
-
L’altra volta
sei salito lì… salito… -
-
Già, per
tornare a casa. -
-
Ops… -
Stefan
sorride, poi
mi da un bacio sulla guancia.
-
Allora, tesoro,
che cosa mi racconti di bello? Che cosa è successo in questi
mesi? -
Io
mi stringo nelle
spalle.
-
Niente che non ti
abbia raccontato. -
Troppo
contenta di
vederlo, gli cingo il collo con le braccia e gli do un altro bacio.
Poi, abbracciati, scendiamo le scale.
-
Allora - gli dico
- come va la vita in Austria, in questo periodo? -
-
Come è
sempre andata. Noiosa… mi mancano tanto le giornate pazze
trascorse
insieme ad un’isterica. -
-
Ehy! - dico,
tirandogli un pizzicotto.
Stefan
si riferisce
alla nostra giornata pazza, e l’isterica
sarei stata io. Bé,
devo ammettere che quel giorno è stato un po’
movimentato.
Forse inverosimile… bé, per riuscire a farsi
rincorrere
dalla polizia ed elemosinare per strada!
Quando
saliamo sul
bus, gli stritolo la mano, agitata, e gli dico:
-
Amore, ti devo
presentare mio fratello! -
Liberandosi
dalla
presa, lui mi abbraccia e risponde:
-
Non c’è
bisogno che mi ammazzi la mano. Comunque stai tranquilla, è
la
cosa più normale che esista al mondo presentare il fidanzato
al fratello! Ti vuoi calmare, ora? -
-
Amore, non lo so!
Ho paura… -
-
E di cosa? -
-
È che… se
mio fratello non ti accettasse? -
-
Lo farà.
Non preoccuparti. -
Mi
appoggio a Stefan
con la testa e aspetto. Ho tanta paura. Stefan mi da un bacio sulla
fronte e mi abbraccia. Adoro stare con lui.
Quando
arriviamo a
casa entro come un fulmine.
-
Siamo qui, mamma!
- urlo.
Stefan
mi raggiunge,
prendendomi per mano.
-
Tesoro! - mi dice
- smettila di essere così agitata! -
Io
mi giro e lo
abbraccio. Ma sì, in fondo lui e Alessio andranno
d’accordo.
Basta che non si mettano a parlare di sigarette, spinelli, ragazze e
di tutte quelle che cose di cui hanno pensieri antitetici…
che per
il resto andrà tutto bene.
Mia
mamma arriva in
cucina.
-
Ciao, Stefan! -
dice.
-
Salve signora
Valenti - ricambia Stefan, stringendole la mano.
Mia
mamma si fida
ciecamente di Stefan, soprattutto perché quel rimbambito
è
riuscito a dirle che ho preso un quattro in matematica, mentre io le
ho detto che aspiravo al sette. Ricordo ancora la scena, non tanto
ridicola:
Il
giorno prima
di tornare in Austria presento Stefan alla mamma.
-
Sei proprio un
ragazzo carino, Stefan! -
-
Mamma! -
-
Che cosa c’è??
-
-
Sei troppo
melensa! -
-
Non dire
stupidaggini. O forse affermi il contrario su Stefan? -
Guardo
Stefan,
imbarazzata.
-
Io direi che
sua figlia afferma il contrario, signora. -
-
Se vuoi posso
arrivare a farlo. - commento, aspra. - O forse ti sei già
dimenticato della nostra giornata a Ber… ehm… -
-
La vostra
giornata a bere? - chiede la mamma, scandalizzata.
-
No, signora, ha
capito male: la nostra giornata a Bergamo. -
-
A Bergamo?? -
Da
dietro la
testa della mamma faccio dei gesti per fare tacere Stefan, ma lui non
mi osserva neanche.
-
Sì… -
risponde Stefan, assorto. - il bellissimo giorno in cui ci siamo
conosciuti… -
-
Ah, quello che
Alice avrebbe passato prima a scuola e poi da Arianna ammalata? -
-
Sì -
Stefan non sa neanche quello che sta dicendo. - Quel giorno
bellissimo, dove tutto è partito con un quattro in
matematica.
-
-
Quale quattro?
-
-
L’aspirante
sette che Alice le ha detto di aver pre… ehm, quale quattro
in
matematica? -
È
chiaro
che la mia vita mi passa disperatamente davanti, prima che la mamma
possa avere tempo di andare in cucina, prendere un coltello e
uccidermi.
Mia
mamma da quel
giorno di fida tantissimo di Stefan perché dice che
è
un ragazzo onesto. Già, nel frattempo, da quel giorno,
l’unico
tempo libero che ho avuto è stato la notte (a dormire). E se
stanotte poi c’è Stefan… ehm, dicevamo?
-
Allora, Stefan,
come va? - chiede la mamma, prendendogli la giacca e appendendola.
-
Bene, grazie. -
-
E la scuola? -
-
Sta andando a
gonfie vele. -
-
Eh, è
meglio se insegni qualcosa a quella squinternata della tua ragazza,
forse. -
-
Mamma! - ribatto,
offesa.
Stefan
sorride e mi
abbraccia.
-
Io gliel’ho
sempre detto, ma lei non mi ascolta. -
Guardo
Stefan,
sconvolta.
-
Stai dalla parte
del nemico, adesso? -
Stefan
ride e mi da
un bacio. Non smetterò mai di amare questo ragazzo. Credo
proprio di avere trovato quello giusto.
-
A proposito -
chiedo - dov’è Alessio? -
-
È uscito -
mi risponde la mamma.
-
Ah, capisco -
dico, delusa.
-
Dai, amore, me lo
presenterai più tardi. - dice Stefan, tentando di consolarmi.
-
Perché non
andate a fare un giro? - propone la mamma. - Prendete su la macchina.
-
-
D’accordo -
acconsento, prima che Stefan abbia il tempo di dire qualcosa.
La
mamma si fida a
tal punto di lui che lo lascia addirittura guidare la sua macchina.
La
saluto e poi
carico Stefan sul veicolo, al posto del guidatore.
-
Allora - dico -
sei pronto? -
Lui
annuisce.
-
Dove vuoi andare?
- mi dice.
Sorridendo
e
avvicinandomi al suo volto, rispondo:
-
Non a Bergamo. -
Stefan
ride e mette
in moto.
-
C’è un
posto - gli dico, mentre si immette sulla strada - che è
completamente isolato. È un campo dove non
c’è mai
anima viva. A parte qualche cervo qua e là. Quindi saremmo
da
soli, io e te… -
Stefan
ridacchia.
-
A parte qualche
cervo qua e là? -
-
Non disturberanno
di certo l’aria romantica che si
creerà… -
-
Ho qualche dubbio
che con te si rie… -
-
Gira a sinistra! -
Stefan
frena di
colpo e svolta l’auto a sinistra.
-
Tu sei matta! -
esclama.
-
Perché??
Questa è la strada desolata che da al posto. -
-
Sì, ma hai
visto che razza di acrobazia mi hai fatto compiere? Dovevi dirmelo
prima di girare a sinistra! -
-
Non ti lamentare!
Io piuttosto ti stavo esponendo i programmi del pomeriggio. Io e te,
tutti soli, romanticismo alle stelle… -
-
Le stelle sono
sottoterra? -
Guardo
Stefan
scandalizzata.
-
Che razza di
domande sciocche sono queste? -
-
Non so, hai detto
“romanticismo alle stelle”. -
Trucido
Stefan con
lo sguardo, poi mi slaccio la cintura di sicurezza.
-
Dopo questa tua
formidabile trovata - dico - posso dimostrarti che so essere
romantica. -
Mi
metto in
ginocchio e mi avvicino pericolosamente a Stefan, iniziando a
baciargli il collo.
-
Alice, rimettiti
immediatamente la cintura! - mi ordina Stefan.
-
Dai, mi sto solo
divertendo un po’… tanto in questa strada
dimenticata da Dio che
pericoli vuoi che corra? -
Qualche
istante
dopo, Stefan frena bruscamente, catapultandomi contro al vetro della
macchina. Dopo che realizzo di trovarmi con la testa sotto il sedile
dell’auto e i piedi che toccano il tettuccio, inizio a
domandarmi
se Stefan l’abbia fatto apposta.
Tento
di rialzarmi e
noto il suo sguardo sconvolto.
-
Solo qualche cervo
qua e là, eh? -
Guardo
fuori dalla
macchina e noto che un cervo è comodamente seduto in mezzo
alla carreggiata. Potevo morire K.
-
Amore, ti sei
fatta male? - chiede finalmente Stefan, degnandosi solo di guardarmi.
-
No, non
preoccuparti per me, mi sono solo ritrovata a gambe per aria. Sto
benissimo, credimi. -
-
Okay. -
Okay?
Ma che razza
di ragazzo ignorante mi sono trovata? Meglio lasciar perdere, va. Ho
ancora seri dubbi che l’italiano lo sappia parlare veramente.
-
Sterza! - gli
impongo, con tono rigido.
Lui
mi osserva con
aria innocente, come se fossi una deficiente.
-
Amore, sono ancora
fermo. -
-
Ah… -
Rimaniamo
fermi come
due marmotte inebetite, mentre il cervo ci osserva dall’alto
in
basso.
-
Accosta comunque.
-
Stefan
parcheggia la
macchina a lato; io scendo di scatto, poi trascino fuori anche lui.
Lo blocco contro l’automobile e, abbracciandolo, inizio a
baciarlo.
So anche io essere romantica.
All’inizio
lui è
un po’ spaesato, però mi passa le mani dietro ai
fianchi i
mi stringe forte a sé. Poi si allontana e si guarda attorno.
-
Dove siamo? -
chiede.
-
Nel posto isolato
di cui ti ho parlato. - rispondo io.
-
Ah. - Stefan
inarca un sopracciglio. - Ci credo che non c’è mai
nessuno.
-
-
Cosa vorresti
dire? -
-
A parte “qualche
cervo qua e là”, non so se hai notato bene in che
posto
siamo. -
-
Certo che l’ho
notato! Credi sia cieca? -
-
… -
-
Grazie, Stefan,
anche io ti amo tanto. -
-
Avanti, Alice!
Vuoi veramente fare l’amore in un posto pieno di rovi e
spine? -
Rovi
e spine… non
ci avevo mai fatto caso, in effetti. È difficile distinguere
qualcosa in questa zona paludosa piena di insetti e formiche. A dir
la verità, forse Stefan ha ragione: non è il
posto
migliore.
-
D’accordo -
dico. - Come alternativa c’è sempre la macchina. -
-
Sempre meglio che
niente - commenta lui.
-
Aspetta un
secondo. -
Apro
il bagagliaio
della macchina, mentre Stefan prende in mano una sigaretta.
-
Stefan, butta
subito quella sigaretta! Ma da quando hai iniziato a fumare?? Non te
lo permett… AAAAAAHHH… ALESSIO!!!!! Ma che cazzo
ci fai nel
bagagliaio della macchina?? -
Mio
fratello sguscia
fuori dal baule, evidentemente sollevato. Gli è rimasta la
forma accartocciata del vano e cammina come un buffone. Barcolla un
po’, però poi si sistema.
Stefan,
incuriosito,
si avvicina, circospetto.
-
Oh, ciao, tu devi
essere Alex. - dice Alessio, con occhi persi. - Oh, grazie - aggiunge
poi, prendendogli la sigaretta di mano. - È uno spinello? -
Rimango
a bocca
aperta, fissandolo sbalordita. Ma che cosa gli succede? Fra lui, (il
tizio che ha assassinato il suo bagaglio) e Stefan non so cosa gli
stia accadendo.
-
Avete da
accendere? - chiede Alessio, guardandoci.
-
Non dire
stupidate! - rispondo io dopo un po’, afferrando prima la
sigaretta, poi mio fratello e cacciandoli entrambi in macchina. Poi
io e Stefan prendiamo posto sui sedili superiori.
-
Lui è mio
fratello, a proposito. -
Dopo
dieci minuti
stiamo viaggiando nella direzione che Alessio ci ha indicato.
È
fuori di testa, sta impazzendo. Sembra fatto. Mi ricorda tanto quella
volta a Bergamo, io e Stefan avevamo imboccato due direzioni diverse
e ci eravamo persi. Io mi ero ritrovata in un covo di drogati. Avevo
conosciuto un ragazzo, Michele, che non faceva uso di sostanze
stupefacenti ed eravamo stati rincorsi dalla polizia per omicidio.
Ovviamente noi eravamo le persone che in tutto quello
c’entravano
di meno. Ma non posso dimenticare la vista di quei due ragazzi
morti…
gli avevano sparato.
Michele
è
stato arrestato dalla polizia, ma il giorno dopo l’hanno
scarcerato. Per fortuna!
Stefan
mi prende la
mano e mi sussurra all’orecchio:
-
Sai, inizio a
pensare che la prospettiva di fare l’amore in quel posto
fosse
migliore. -
-
Avanti, Stefan! -
dico io - si tratta solo di portarlo nel posto in cui chiede. -
-
Quella sigaretta,
amore… non era mia! L’avevo trovata in macchina, e
non era una
sigaretta… credo che io e tuo fratello non andremo molto
d’accordo.
-
-
Smettila di dire
sciocchezze! - ribatto. - Alessio ha diciassette anni alla fine,
è
un po’ uno stupido, ma praticamente quasi tutti i ragazzi
della sua
età si fanno spinelli! Ti prego, abbi pazienza. È
solo
un po’ sconvolto, è appena uscito di
prigio… ehm… -
Stefan
mi guarda,
scandalizzato.
-
Tuo fratello è
appena uscito di prigione? - mi chiede, sconcertato.
-
È una
storia lunga. -
-
Abbiamo tempo. -
Stefan
è
arrabbiato. Inizierà a dirmi che avrei dovuto dirglielo
prima,
ma io non me la sentivo. E non me la sento nemmeno ora. Assurdo,
direi. È stato proprio grazie a lui che ho iniziato ad
accettare la realtà.
-
Si, ne abbiamo -
rispondo - abbiamo cinque giorni. Ma ora non è il momento. -
Mi
volto a guardare
mio fratello, che, sovvertito, guarda fuori dal finestrino.
-
È sempre
così, lui? - mi domanda Stefan, scocciato.
-
No, affatto. Non
riesco a capire per quale motivo si sia infilato nel baule della
macchina. Stamattina era più che tranquillo. Saranno gli
effetti di una canna, forse… -
-
Bene, di prima
mattina. - commenta acido lui.
-
Stefan, lo so che
non ti sta molto simpatico… ma vedrai che con il tempo lo
accetterai. -
-
È violento?
Ti ha mai picchiata? -
-
Stefan! - esclamo,
turbata. - È mio fratello! -
Alessio
si volta di
scatto verso di noi.
-
Picchiare! - urla,
brandendo i pugni. - Sì, l’ha picchiata! -
-
Alessio, smettila!
- gli ordino, severa.
-
Chi l’ha
picchiata? - domanda Stefan, alterato.
-
Lui, nostro padre!
-
-
Alessio, adesso
basta! -
-
Meritava la fine
che ha fatto! -
-
Non è vero!
Tu lo rimpiangi, me l’hai detto! Ma che cosa ti succede? -
-
Tuo padre ti
picchiava? - mi domanda Stefan, scombussolato.
-
No! - esclamo,
seccata.
-
Mandalo via!
Mandalo via! - balbetta Alessio, fuori di sé.
-
Perché
dovrei? - chiedo, osservandolo arcigna. - È il mio ragazzo e
qui resta! -
-
No, non lui,
l’altro! -
-
Chi? -
-
Il pusher! Mandalo
via! -
Io
e Stefan ci
osserviamo, sconvolti. Pusher? Che pusher??
-
No, credo proprio
che io e tuo fratello non andremo affatto d’accordo. Per
niente.
-
Tento
di
riprendermi. Sono ancora sconvolta. Mio fratello si droga! Non
può
farlo veramente… okay, è ovvio che
c’è qualcosa che
non va. Deve esserci qualcosa che non va! Faccio
un respiro
profondo.
-
Alessio… tutto
okay? -
Lui
mi guarda con
aria innocente.
-
Tutto okay. -
ripete.
-
Bene. - tiro un
sospiro di sollievo. - Ora credi che possiamo tornare a casa? -
-
È ovvio che
ci ha portati qui per qualcosa - replica Stefan, isterico.
-
Un’imboscata -
risponde tranquillo Alessio.
Stefan
si ferma a
guardarlo con aria ossessa.
-
Mi stai prendendo
in giro? - dice, indemoniato.
-
Certo che scherza,
è ovvio, lui scherza sempre. Spero tu non lo prenda sul
serio!
- rispondo io, irritata.
-
Oh certo, non lo
conosco neanche per forza che so che sta scherzando! - ribatte
infuriato lui.
-
Ma dai, ti arrabbi
per troppo poco - dice Alessio, appoggiandosi al cofano della
macchina, posteggiata in uno spiazzo. - È chiaro che
scherzo,
ti pare che qui nei dintorni ci sia qualcuno in grado di tendervi
un’imboscata? -
-
Smettila di fare
il gradasso! - gli urla Stefan in faccia.
-
Abbassa le arie,
eh! - ribatte Alessio.
Ahia,
qui nasce un
litigio!
-
Dai, smettetela -
li supplico, prendendo il braccio di Stefan.
Lui
sbuffa, si
libera scortesemente dalla presa e va dall’altra parte della
macchina. Ma perché doveva succedere tutto questo proprio
oggi
e proprio a me? Forse era meglio se Stefan fosse rimasto a casa.
-
Allora, Alice -
dice Alessio, sorridendomi - dove hai buttato la sigaretta? -
-
Non se ne parla
neanche! - rispondo io. - Niente spinelli, chiaro? O almeno non in
mia presenza! -
-
Tanto non ha senso
dirglielo! - grida Stefan. - Credi forse che ti dia ascolto? -
-
Torniamo a casa -
decido alla fine.
Tutti
e tre saliamo
in macchina e non fiatiamo finché non siamo giunti a casa.
La
mamma non c’è, dev’essere andata a fare
la spesa. Io sto
per avere una crisi di nervi. Stefan è nevrotico, ma quando
è
così arrabbiato mi fa stare malissimo. Tengo troppo ad
Alessio
e il fatto che non vadano d’accordo mi distrugge.
Lui
scende dalla
macchina sbattendo la portiera e io lo seguo, cauta.
-
Amore - dico,
avvicinandomi.
-
Alice, per
cortesia! -
Si
allontana da me,
sgraziato. Ma perché si comporta in questo modo?
Alessio
entra in
casa e mi lancia un sorriso. Almeno lui mi fa sentire meglio.
-
Sia chiaro, non ho
intenzione di convivere con un drogato per questi cinque giorni! -
dice d’impeto Stefan, lasciandomi abbastanza scombussolata.
-
Alessio non è
un drogato! - ribatto io, offesa.
-
Alice, ma ti rendi
conto di che cosa è appena successo? Si è
nascosto nel
baule della macchina, dal quale ne è uscito completamente
fatto. Ha evocato il suo spacciatore! -
-
In realtà
ha detto di mandarlo via. -
-
Alice, ma guarda
in faccia la realtà! Per cortesia! -
-
Alessio è
un ragazzo un po’ eccentrico, ma non criticarlo
così
pesantemente! Chi ti dice che quello spacciatore fosse il suo?
Lui non si droga! -
-
Hai anche la
faccia tosta di negarlo! -
-
Ma Stefan, che
cosa stai dicendo? Adesso smettila, per favore! -
Stefan
mi guarda
adirato. Odio quando litighiamo. Perché deve sempre avere i
paraocchi?
-
Perché
continui a difenderlo anche quando non ne hai più motivo? -
-
Perché
conosco mio fratello molto meglio di te e so che ragazzo è,
al
contrario di quello che pensi tu. E comunque ha avuto un passato
estremamente difficile! -
-
Immagino, in
prigione! -
Mi
blocco di scatto.
Questa era una cosa che Stefan non doveva proprio dire. Mi impedisco
di piangere e butto fuori quanta più forza ho in me.
-
Che cosa ne sai di
quel che è successo? - grido.
-
Appunto! - replica
Stefan. - Pensavo che ti fidassi di me! -
-
Ma io mi fido di
te, Stefan! -
-
E allora perché
non mi hai detto che tuo fratello è stato in prigione? -
-
Perché non
me la sentivo! -
-
Allora vuol dire
che non ti fidi abbastanza! -
Inviperito,
a passo
deciso si dirige verso il retro del giardino, senza rivolgermi la
parola. Io rimango immobile dove sono, sbigottita. Come è
potuto succedere tutto questo? Perché è successo?
Ma
che cosa ho fatto di male per meritarmelo?
Senza
concedermi una
risposta, entro in casa e corro in camera mia. Alessio mi raggiunge.
-
Tutto bene? - mi
chiede.
-
No affatto -
rispondo io.
-
Vi ho sentiti
parlare. -
Per
un attimo
rimaniamo in silenzio.
-
Mi dispiace che
Stefan pensi tutto quello di te. Se ora lo odi, hai un motivo per
farlo. -
Alessio
sorride e mi
abbraccia. Lui mi capisce sempre al volo. Non è solo mio
fratello per me, è anche il mio migliore amico. Dopo
Arianna,
ovviamente.
-
Credo che voi due
dobbiate parlare, non trovi? -
Io
scuoto la testa.
-
Non ora. Prima
smaltisce la rabbia. -
Alessio
mi accarezza
una guancia.
-
Credi che fra voi
finirà? - mi domanda, triste.
-
Abbiamo solo
litigato, tutti litigano - rispondo io. - Non ci lasceremo di sicuro
per una lite! -
-
Ha esplicitamente
detto di non voler avere assolutamente niente a che fare con me. Come
potrebbe se voi steste assieme? -
-
Alessio, ti prego.
Non farmi deprimere! -
Lui
ridacchia.
-
Scusami - dice.
Sono
passati
quindici minuti e Stefan non è ancora rientrato. Che cosa
starà facendo là fuori in giardino? Mi preoccupa.
Amore
ti prego, rientra!
Dopo
un po’ si
apre la porta e Alessio entra in camera, con la chitarra in mano.
-
Non avete ancora
parlato? - mi chiede.
-
No - rispondo io.
- Hai suonato? -
-
Qualcosina. Ma
sono arrugginito. -
Io
sorrido.
-
Perdi i colpi,
vecchio mio! -
Alessio
mi si
scaraventa addosso e mi scarmiglia i capelli.
-
Te lo faccio
vedere io chi perde i colpi! -
-
Alessio? -
Mio
fratello si
blocca, sorpreso dalla mia serietà.
-
Cosa c’è?
- mi chiede, circospetto.
-
Tu… ti droghi? -
Lui
strabuzza gli
occhi. Devo prenderlo come un no?
-
Ma sei matta? - mi
risponde, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. - A
dirla
tutta, da quando sono uscito di prigione non ho più neanche
fumato spinelli. Anche se però un po’ mi
mancano… -
-
Alessio, questa
mattina… -
-
Non ero né
fatto né ubriaco. -
-
No, e allora che
cos’eri? -
Sono
stizzita. Odio
quando mio fratello mi mente.
-
Ero solo un po’
stordito. Prova te a stare per due ore chiusa in un baule! -
-
Due ore?? Ma si
può sapere che cosa ci facevi rintanato nel bagagliaio? -
Alessio
abbassa la
testa e non mi guarda negli occhi. Mi sta mentendo. Si droga! Lo
sapevo! Non può essere, il mio fratellino non può
drogarsi, a soli diciassette anni! Non può
essere… devo
avere capito tutto sbagliato. Sì, è
così.
Scuoto
la testa,
arrabbiatissima.
-
Tu ti droghi! -
gli grido, furibonda.
-
Ragazzi? -
Sobbalziamo.
La
mamma è arrivata. Oddio! Spero che non mi abbia sentita dire
quella frase, o le viene un colpo!
-
Ciao mamma - dico,
con voce tremante.
-
Ragazzi,
smettetela di lanciarvi insulti a vicenda. -
Noi
annuiamo appena.
-
Dov’è
Stefan? -
-
È di fuori,
fra poco rientra. -
La
mamma annuisce,
poi esce dalla stanza. Io tiro un sospiro di sollievo.
-
Non mi drogo
affatto! - sibila Alessio, a denti stretti.
-
Che cosa mi stai
nascondendo, allora? - gli chiedo io, sottovoce.
-
Non ti sto
nascondendo niente, semplicemente preferisco tenerti
all’oscuro. -
-
Ah, e credi che
questo non significhi nascondere? -
-
No. -
Io
e mio fratello ci
guardiamo negli occhi per qualche secondo, poi lui confessa tutto.
-
Diciamo solo che
una persona ha preso in prestito della coca e ha detto che era per
me. Io non ho affatto intenzione di pagarla, puoi immaginare
perché,
e ora gli spacciatori mi stanno alle calcagna. -
Sono
sbalordita. Chi
può avere mai messo nei pasticci mio fratello fino a questo
punto?
-
Alessio! -
esclamo, sbigottita. - Spero almeno che tu stia facendo pressione su
questa persona affinché ti lasci in pace! -
-
Sì -
risponde mio fratello, grattandosi il capo. - Però lei sta
facendo pressione su di me affinché io non faccia pressione
su
di lei. Sì, lo so. È un po’ un circolo
vizioso. -
D’accordo.
Respira, Alice.
-
Alessio… -
-
Sì? -
-
Ho la soluzione. -
-
Sarebbe? -
-
Denunciamo il
fatto. -
Prima
Alessio mi
guarda come se stessi parlando sul serio solo per finta. Poi scoppia
a ridere.
-
Devo ammettere che
ci stavo per cascare - dice, sedendosi sul letto.
-
Alessio, dico sul
serio - ribatto, seria.
-
Alice, non se ne
parla neanche! -
-
Mi dispiace, temo
che si farà! Sono più grande di te e io decido
che cosa
fare! Al massimo… se proprio non vuoi andare dalla polizia,
andremo
prima a parlare con questa persona. -
Alessio
impallidisce.
-
D’accordo,
possiamo andare dalla polizia. - dice.
-
Perché hai
subito cambiato idea? Avanti, spara: di chi si tratta? - chiedo,
curiosa.
-
Nessuno, nessuno -
risponde Alessio, vago.
-
Alessio, ora me lo
dici. -
-
Ma… solo una
ragazza che è cotta di me ma che a me non piace affatto. -
-
Il nome! -
-
Ehm… Camilla. -
Strabuzzo
gli occhi.
-
Camilla? -
esclamo, sconvolta.
Spero
stia
scherzando. Quella tr**a non si può permettere di fare una
cosa del genere a mio fratello!
-
Alessio, andiamo
subito da Camilla! - ordino, prendendolo per mano.
Alessio
cerca di
ribattere, ma mi segue fino alla casa di Camilla. Non è
distante, quindi la raggiungiamo a piedi. Io suono e sulla soglia
compaiono subito i riccioli biondi di quella stupida, poi la sua
faccia da mucca… ehm, la sua faccia lattea.
Appena
ci vede,
storce il naso.
-
Che cosa volete? -
ci dice, sgarbata.
-
Vieni qui e lo
saprai - rispondo io, aspra.
-
Volete forse
uccidermi? - domanda lei, innocente.
-
Sì. Ma non
è quello che faremo, per il momento. -
Diffidente,
Camilla
percorre il suo giardino e ci raggiunge.
-
Ditemi svelti cos…
-
-
Brutta stronza,
vieni qui che ti uccido! Cosa fai, scappi, eh? Ma vieni qui, che ti
strangolo! Ti stritolo! Sei solo una vipera sudicia e unticcia! Vieni
quiiiii!!! -
Sto
rincorrendo
Camilla per tutto il giardino. Se non le metto le mani addosso oggi,
morirà di infarto stasera. Ehm, d’accordo, non
troppo
drastica.
-
Alice, ora
smettila! - mi ordina Alessio, afferrandomi per le spalle.
-
Ti faccio fuori!!
-
-
Alice, piantala! -
Appena
Alessio
riesce a tenermi ferma e lontana da Camilla, lei si ricompone,
guardandomi con disprezzo.
-
Tu sei matta! - mi
dice, squassandosi i vestiti.
-
Io?? Tu sei una
vipera!! -
-
L’hai già
detto, cara. Sai, sei ripetitiva. -
La
rabbia è
tale che non riesco neanche a formulare un insulto di senso compiuto.
Mi chiedo fino a che punto sia capace Camilla di essere
insopportabile. E pensare che una volta era anche mia amica…
per
fortuna i tempi cambiano!
-
Sentimi, Camilla…
- dico, inviperita. - Innanzitutto stai lontana da mio fratello. -
Lei
ride.
-
Ti ho mai detto,
io, “stai lontana da Stefan”? -
-
Che cosa c’entra?
-
-
C’entra che tu
vuoi fare girare tutto a modo tuo. Ma guarda in faccia la
realtà,
Dio santo! -
-
E la sto guardando
in faccia. Tutto ciò che vedo è un ragazzo che
preferisce me a te e uno che proprio non ti sopporta. -
Camilla
mi guarda
con aria disumana.
-
Credi di avere
tutto? - mi chiede, con fare superbo.
-
No, affatto -
rispondo io. - Ma in questo momento so di avere il mio ragazzo, mio
fratello e tanta voglia di ucciderti. -
Camilla
ride di
nuovo.
-
Io sono capace di
tutto, se ne ho voglia - dice, losca.
-
Il fatto che mio
fratello ti piaccia ma che lui non ti fili di striscio ne è
la
prova, immagino. -
-
Sentimi bene, ho
altre armi in pugno. -
Vorrei
sparare in un
occhio a Camilla.
-
E queste armi
sarebbero avere incolpato mio fratello di avere preso della coca
senza pagarla? -
Lei
ridacchia.
-
Oh, povera Alice!
La sua unica ancora di salvezza è stata messa nei guai? -
Mi
trattengo dal
compiere un omicidio.
-
Tu ora chiamerai
il pusher - dico - e dirai che mio fratello non c’entra
niente con
tutta questa storia. -
Camilla
ride di
gusto.
-
D’accordo, lo
farò - dice, seria.
Io
rimango
circospetta.
-
Davvero? - chiedo.
-
Sì -
risponde lei.
Estrae
il cellulare
dalla tasca e digita un numero.
-
Ciao, Walter, sono
Camilla. Sì, ti chiamavo appunto per dirti che in effetti
Alessio Valenti non c’entra niente con questa storia. Mi sono
confusa, è tutta colpa di sua sorella Alice, è
lei che
voleva la cocaina. -
Sia
io che Alessio
guardiamo Camilla sconvolti. Che cos’è che ha
detto? Non
posso più contenere la rabbia, non ce la faccio, non ce la
faccio…
-
AAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!
- mi butto a
capofitto addosso a Camilla. - TI UCCIDOOOO!!!
TI
STRANGOLOOOOOOOOO!!! TI
DEVASTOOOOOOOO!!!
VIENI QUAAAAAAA!!! -
-
Aaaah!! Aiutoooo!!
D’accordo, d’accordo, faccio quello che vuoi! Ma
adesso lasciami
in paceeee!!! Aiutooo!! -
La
mamma di Camilla
si affaccia sulla soglia, per vedere che cosa sta succedendo.
Quell’insulso
essere patetico, invece, sta discolpando a raffica sia me che Alessio
e si sta dando tutta la colpa. La signora Ferrari è rimasta
sconvolta nell’apprendere che sua figlia si droga e lo
spacciatore,
alla sua affermazione, ha risposto con un secco: “Ci vediamo
dopo”.
Devo
dire di essere
soddisfatta. Almeno Alessio è stato tirato fuori da tutta
questa storia.
Quando
arriviamo a
casa siamo esausti. È stata una giornata faticosa, oggi. Non
è
stata la giornata perfetta che volevo che fosse, ma non importa. Ho
ancora tutta la vita davanti.
Butto
la giacca sul
letto e mi distendo. Alessio entra poco dopo, seguito dalla mamma.
-
Ragazzi, dove
siete stati? - ci chiede.
-
Ho consegnato un
quaderno ad Arianna - mento io. Qualcosa devo pur inventare.
-
E tuo fratello? -
indaga la mamma, circospetta.
-
È venuto
con me, qualche problema? In effetti, lui lo nega, ma io so che ha
una cotta colossale per lei. -
Alessio
arrossisce,
mentre la mamma gli scocca un’occhiata mezza complice e mezza
dissuasiva, uscendo dalla stanza.
-
Non ho affatto una
cotta per Arianna! - esclama, lanciandomi un cuscino.
Io
ridacchio.
-
Ah proposito -
dico, alzandomi e rovistando fra i miei accessori di scuola. - Io
dovrei riportare veramente ad Arianna un quaderno.
Però… non
ho tempo, puoi farlo tu per me, caro fratellino? -
Alessio
si rizza in
piedi di scatto, afferrando il volume.
-
Sì, certo -
risponde, uscendo dalla camera.
Io
sorrido. No, non
ha una cotta per Arianna: di più!
Come
è uscito
dalla stanza, Alessio rientra.
-
Un’ultima cosa -
mi dice - non credi che, per concludere la giornata, ti resti ancora
qualcosa da fare? -
Io
abbozzo un
sorriso mesto, mentre lui sparisce fuori dalla porta.
Esco
in giardino e
raggiungo Stefan. Lui si volta a guardarmi, triste. Io mi siedo sul
bordo dell’aiola e rimaniamo per qualche minuto in silenzio.
Poi
Stefan parla:
-
Mi chiedo se siamo
veramente innamorati. -
Io
non so che cosa
rispondere. Ma la sua frase mi echeggia in testa facendomi male.
-
Siamo ancora
giovani e confusi, in fondo - continua lui - e forse non stiamo
compiendo il passo giusto. -
-
Datti tempo
Stefan. È presto per dirlo, questo non è un
problema
che va avanti da un po’ di tempo, il tutto è
appena
successo. -
-
Ne sei ciecamente
convinta di questo? -
-
Che cosa vorresti
dire? -
Stefan
si stringe
nelle spalle.
-
Non lo so…
questa mattina mi hai minacciato di lasciarmi se non fossi venuto. -
-
Stefan, non lo
pensavo veramente. Io avevo voglia di vederti e mi avevi dato buca
già per tre volte consecutive! A questo punto mi chiedo se
sia
tu a non essere innamorato di me! -
Stefan
sussulta, poi
mi stringe. Le sue braccia mi rassicurano e sto male solo a pensare
che fra di noi potrebbe finire.
-
Non potrei fare a
meno di te e lo tu lo sai - mi dice.
-
Lo so Stefan.
Forse… tutte le volte che ci siamo detti “ti
amo” lo abbiamo
fatto con leggerezza, ma siamo giovani e confusi, lo hai detto tu. Ma
dopo cinque mesi che stiamo assieme, non posso impedirmi di capire
che mi sono innamorata di te, Stefan. -
-
Il punto non è
questo, amore - dice Stefan, accarezzandomi una guancia.
-
Si tratta di mio
fratello, vero? -
Lui
annuisce appena.
-
Stefan, Alessio
non si droga… -
-
Non è per
quello… anzi, forse è anche per quello, ma il
punto è
che tu non mi hai mai detto che lui è stato in prigione! -
-
Era troppo
difficile per me! Il fatto è che…
l’ultimo giorno che mio
papà è vissuto, mi ha picchiata, per via della
scuola.
E mio fratello, per proteggermi, lo ha spinto giù dalle
scale,
uccidendolo. -
Dopo
avere detto
questa frase mi blocco. Poi scoppio a piangere. Stefan mi stringe
forte.
-
Amore… - dice.
-
Era troppo
difficile per me riuscire a dirtelo. Avevo paura! -
-
Non devi
preoccuparti… lui ti ha salvato la vita! Devi essergli
riconoscente. -
-
Lo sono, infatti.
-
Mi
asciugo le
lacrime e mi riprendo un po’. Stefan continua a stringermi e
io mi
appoggio al suo petto. Mi ricordo quando a Bergamo, dopo essere stata
inseguita dalla polizia, sono scoppiata in lacrime e Stefan mi ha
consolata.
-
Stefan, ascolta…
- gli dico, improvvisamente - ti ricordi di Camilla? -
Lui
assume una
faccia disgustata.
-
Certo che mi
ricordo - risponde. - Perché? -
-
Ha incolpato
Alessio di avere rubato della droga ed era per questo che stamattina
lui si è nascosto nel baule: gli spacciatori lo cercavano. -
Stefan
sgrana gli
occhi.
-
Che cosa?? -
esclama. - Ma è da denunciare! -
-
Non ti preoccupare
- lo rassicuro. - Ho già risolto tutto. -
-
Non voglio sapere
come - scherza Stefan, circospetto.
Ci
mettiamo entrambi
a ridere, poi lui mi abbraccia, avvicinandomi a sé. Ma prima
che mi possa baciare, ci arriva una pallonata. Ci riscuotiamo
velocemente e io, con stupore, noto Alessio e Arianna fermi al di
là
della ringhiera.
-
Dai piccioncini!-
urla Alessio. - Perché non venite a fare un giro con noi? -
Ridendo,
prendo per
mano Stefan e usciamo, rincorrendo Alessio e Arianna. Ora,
finalmente, quei due pazzoidi si accettano e scherzano assieme. Tiro
un pizzicotto ad Arianna, facendole l’occhiolino, e lei
arrossisce.
Eh sì, credo proprio che lei ed Alessio saranno una bella
coppia… Stefan mi da un bacio e mi sussurra
all’orecchio che mi
ama… veramente. Io lo abbraccio, e dall’altro lato
abbraccio
Alessio, abbracciato a sua volta ad Arianna. Proseguiamo
così
per qualche passo, finché non cadiamo tutti a terra, ridenti.
Credo
che un giorno
migliore non potrebbe esistere.
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