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Autore: mikybiky    05/05/2008    7 recensioni
Io mi giro e lo abbraccio. Ma sì, in fondo lui e Alessio andranno d’accordo. Basta che non si mettano a parlare di sigarette, spinelli, ragazze e di tutte quelle che cose di cui hanno pensieri antitetici… che per il resto andrà tutto bene.
La sciagurata coppia Alice/Stefan torna, pronta a vivere un’altra avventura. Niente viaggi imprevisti a Bergamo stavolta, niente austriaci che non capiscono l’italiano, niente sfrenati inseguimenti dalla polizia, solo un fidanzato e un fratello che non vanno tanto d’accordo e un’ochetta, ex fidanzata di Stefan e acerrima nemica di Alice, pronta a saltare addosso a chi è più di inaspettato. SEGUITO DI UNA GIORNATA DI PERIPEZIE.
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Una giornata di peripezie'
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Una giornata di peripezie, la vendetta! by mikybiky is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
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Questa storia è un'opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell'autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.


Ciao a tutti!! Questa storia è il seguito di "Una giornata di peripezie", ma chi non l'ha letto può benissimo capire tutta la storia! Buona lettura!!



UNA GIORNATA DI PERIPEZIE, LA VENDETTA!


Oggi è domenica. Un gran giorno, a parer mio. Eh sì, perché la domenica si può dormire. Dopo un’intera settimana trascorsa ad alzarsi alla sei e mezza, fare le corse per prendere il pullman, passare le cinque ore più importanti della mattina sui banchi di scuola e studiare interi pomeriggi per evitare di essere bocciata un altro anno, ecco finalmente la domenica. Poltrisco fino a mezzogiorno e niente e nessuno mi potrà svegliare. Dico niente.
Driiin! Driiin!
Vaffanculo.
Mi alzo, assonnata, e prendo con veemenza e riluttanza il cellulare sul comodino. Devo imparare a spegnerlo la sera, prima di andare a letto.
Con la vista offuscata dal sonno, tento di distinguere il nome che si illumina sul display.

STRLM

Non lo conosco.
Mi rimetto a dormire.
Ah no, è Stefan. Dettagli. Strlm e Stefan si assomigliano, se hai sonno e non vedi nulla.
Sono le otto e cinquantanove minuti, perché diamine mi sta chiamando a quest’ora? Al diavolo Stefan e buonanotte. Io torno a dormire.
Un attimo. Stefan? STEFAN? Oh merda, Stefan!
Mi alzo d’impeto e afferro il cellulare, prima che smetta di suonare.
- Pronto? - la mia voce sembra quella di uno zombie.
Ti ho svegliata?” chiede Stefan dall’altro capo del telefono.
- Ehm… tanto stavo per alzarmi. -
Immagino.”
- Ehi! Vorresti forse insinuare che mi sono dimenticata di te?? -
Stefan ridacchia.
No, anche se fra venti minuti dovresti essere in stazione.”
Un attimo di panico. Poi mi riprendo.
- Stefan, non sei spiritoso. Sono le nove. -
In realtà sono le dieci.”
Ops. Decisamente quando hai sonno leggi Piero per Tone.
- Ehm… amore, giuro che fra venti minuti sarò in stazione! - gli dico, con voce da non-mi-dimenticherei-mai-di-Stefan.
Alice, ti chiamavo appunto per dirti…”
Lo blocco, con la rabbia pronta a salire.
- Stefan, se mi dici che hai avuto un contrattempo anche oggi e non puoi venire ti mollo! -
Stai calma, tesoro!” mi dice Stefan, con voce più acuta del solito. “Volevo solo dirti che un povero sciagurato si è buttato sotto…”
- Oh mio Dio! Povero diavolo! -
Già, ma il disgraziato ha preso male la mira, e sotto al treno c’è finita la sua valigia.”
- Grazie al cielo… -
È stato comunque un viavai di gente. Ti stavo avvisando che il treno è ripartito adesso, sarò in ritardo di quasi un ora.”
- Io ci sarò - dico, sorridendo.
Ti chiamerò fra venti minuti. Non vorrei che ti addormentassi di nuovo.”
- Piantala, sciocco! Ti amo. -
Ti amo anch’io. A dopo.”
Chiudo la telefonata e mi rannicchio nel letto, soddisfatta.
Stefan è il mio ragazzo. Stiamo assieme da qualche mese e oggi arriva a Brescia. Io dovrei andare a prenderlo in stazione, ma me ne sono totalmente dimenticata.
È buffo il modo in cui ci siamo conosciuti. Lui è austriaco, ma ha vissuto in Italia (a Bolzano, precisamente) per tre anni. A dicembre dell’anno scorso è venuto qui in Italia con la scuola, in occasione degli scambi culturali, ed è finito nella mia classe per due giorni. Bé, il primo giorno è stato un disastro. C’è una mia compagna di classe, Camilla, che è odiosa ed insopportabile. Quel giorno siamo state interrogate assieme in matematica, e lei ha preso il doppio del mio voto. Ho subito avuto modo di incrociare l’inviso volto di Stefan, il quale soggiornava da Camilla. Ho avuto la stupida idea di dirottarlo sul pullman sbagliato e di corrergli dietro, sentendomi in colpa. Morale: ci siamo trovati a Bergamo senza sapere come tornare indietro. L’ho subito preso in antipatia e gli ho fatto passare le pene dell’inferno, e lui ha finto di non saper parlare in nessun modo l’italiano. Bé, diciamo che è stata una giornata un po’ movimentata. Alla fine, però, mi sono rivista, e… insomma, sono fattacci nostri. Sappiate soltanto che lui usciva con Camilla e che il nostro primo bacio ce lo siamo scambiati davanti a lei. È stato troppo divertente.
- Alice, sei ancora a letto? - la voce di mia mamma mi riscuote dai miei pensieri.
- No, mamma, mi sto alzando. - rispondo, infilandomi una vestaglia e le pantofole.
- Così tardi? Stefan sarà qui nel giro di un quarto d’ora! -
- No, non più. -
Il volto di mia mamma fa capolino dalla cucina.
- Vuoi dire che neanche oggi viene? -
Io sorrido, contenta all’idea di rivederlo.
- Certo che viene, - rispondo - è solo un po’ in ritardo. Un uomo ha assassinato il suo bagaglio, buttandolo di soppiatto sulla ferrovia, proprio mentre passava il treno. -
- Oh, mi spiace. - dice mia mamma, asciugandosi le mani nel grembiule.
Ora che Stefan è ritornato in Austria, lo vedo poche volte. Ci siamo incontrati l’ultima volta tre settimane fa, in occasione del suo diciannovesimo compleanno. Fra tre giorni è il turno dei miei diciotto anni, quindi oggi ci vediamo, e lui resterà qui per i prossimi cinque giorni.
Ha già detto che non appena si diplomerà verrà in Italia e ci starà per qualche mese, quindi è solo questione di pazientare ancora un po’.
- Dai, corri a fare colazione, svelta. - mi dice la mamma.
Io corro in bagno e osservo per qualche minuto la mia immagine allo specchio: ho i capelli arruffati e le occhiaie che arrivano al mento. Ma Stefan troverà comunque il modo per farmi notare che sono carina. Generalmente, mi dice che devo smetterla di farmi le paranoie. Io ribatto, dicendo che se prima di me ha scelto Camilla c’era un motivo; prima lui replicava che c’era un motivo anche se ha preferito me a lei, però ora si limita a dire che lui mi ama sempre e comunque. E a volte ho paura che lui stia pensando di tornare assieme a lei, o peggio, che mi tradisca con lei. Il solo pensiero mi fa rabbrividire. Stefan, il mio Stefan, non mi farebbe mai una cosa simile! Lui mi ama!
Prendo il dentifricio e lo spazzolino e inizio a lavarmi i denti.
La testa di mio fratello fa capolino dalla sala.
- Hai già mangiato? - mi domanda.
Io scuoto la testa.
- E ti lavi già i denti? -
Mi blocco. Questi sì che sono i misteri della vita.
Sputacchio la schiuma nel lavandino e mi risciacquo la bocca.
- Dettagli - gli rispondo.
Lui mi sorride e, mentre mi asciugo le mani, mi scarmiglia i capelli.
Io e Alessio siamo veramente legati, nonostante un gravissimo incidente accaduto alcuni anni fa: mio padre era un uomo iracondo e bastava un niente per farlo andare su tutte le furie. Ma non mi ha mai messo le mani addosso, tranne… tranne il giorno in cui morì. A casa era giunta una lettera dalla scuola, la quale avvisava che quell’anno avevo ottime probabilità di essere bocciata. Il papà si inalberò a tal punto da tirarmi un ceffone. Io scoppiai a piangere, ma mio fratello accorse subito in mio aiuto e, tentando di tenere mio padre lontano da me, lo fece scivolare dalle scale.
Alessio è rimasto un paio d’anni e mezzo in carcere, con l’accusa di omicidio non doloso, e da pochi mesi è tornato a casa. Io non l’ho mai considerato un assassino… stava solo tentando di proteggermi.
Scuoto la testa e tento di cancellare questi brutti ricordi. In fondo, mi manca tanto il papà…
- Allora - mi dice Alessio - l’avete già fatto? -
Interdetta, mi blocco, fissandomi a metà nello specchio.
- Come, scusa? - gli dico, guardandolo bieco.
- Sì, te e Alex. - risponde lui, esultante.
- Alex? - mio fratello ha forse qualche problema di memoria? - forse intendi dire Stefan, Alessio. -
- Sì, insomma, quello. -
Gli lancio un’occhiataccia.
- Quello - ripeto, sbuffando - ha un nome. -
- Stai sempre lì a guardar tutto, che puntigliosa! -
Esco dal bagno, ignorandolo, e vado a fare colazione.
- Non hai risposto alla mia domanda - rincara lui, sedendosi accanto a me.
- Non sono fatti tuoi - gli dico, mangiando una fetta biscottata.
Guardandomi male, mi fissa insistentemente, sperando che io ceda e gli dica la verità. Ma io non apro bocca e continuo a mangiare, imperterrita.
- Alice - dice ad un certo punto - avanti, sono tuo fratello, poi benissimo dirmelo! -
- Alessio, piantala! -
- Perché? -
- Perché non sono fatti tuoi! -
Spalmo della marmellata alle fragole su una seconda fetta biscottata e la ingoio.
- Vabbé, tanto la risposta la conosco già, è inutile che ti stia a domandare! -
Lanciandogli un’occhiata bieca, gusto una terza fetta, stavolta cosparsa di Nutella. Mio fratello capisce al volo. Credo che dovrei scrivere un libro su come dare risposte ai fratelli senza rispondere esplicitamente.
- Alice - dice mia mamma, entrando in cucina - è meglio che ti muovi, o arriverai in ritardo. -
- Adesso vado, mamma - rispondo io, alzandomi.
Così mi lavo e mi vesto. Prendo un bus interno e in pochi minuti arrivo alla stazione.
Ho una voglia di vedere Stefan inimmaginabile.
Il suo treno dovrebbe arrivare al binario 4, così lo raggiungo e mi siedo su una panchina ad aspettare, con il sorriso sulle labbra.
I minuti passano ma lui non arriva.

Tic, tac; tic, tac; tic, tac.

Di Stefan neanche l’ombra.

Tic, tac; tic, tac; tic, tac.

Amore, ma dove sei?
Finalmente, il rumore di un convoglio che arriva si sente da lontano. Io mi alzo, agitata.
La voce gracchiante prende a parlare, dicendo che è in arrivo un treno e che dobbiamo allontanarci dalla linea gialla.
Quando il treno arriva, le porte si aprono e la gente scende. Io aspetto in disparte, tentando di vedere Stefan.
Il tramestio impazza per qualche minuto. Persone cariche di bagagli si fanno largo, inciampando di qua e di là. Gente con alle spalle ore e ore di viaggio si stiracchia, un po’ spossata. Quelli che devono salire sul treno corrono, tentando di non perderlo.
Alla fine, tutto si quieta un po’. La gente si dilegua e io allungo il collo. Ma non vedo Stefan. Rimango un po’ interdetta. Ormai sono le undici, e lui dovrebbe essere già qui.
Mi risiedo sulla panchina. Uffa non ce la faccio veramente più! Devo assolutamente vederlo! Ora! Aspetto ancora un po’. Arriverà nel giro di poco.
Dopo ancora qualche minuto mi alzo, scocciata, e mi avvicino ad un piccolo chiosco.
- Buon giorno - dico all’edicolante.
- Buon giorno - mi risponde egli, con un sorriso.
- Ha per caso l’ultimo numero di Rolling Stone? - chiedo.
- L’ultimo di Rolling Stone? Uhm… aspetta che guardo… -
Il signore fruga fra dei libri. Poi ne estrae un giornale.
- Sei fortunata, è l’ultimo numero che mi è rimasto - mi dice, poi me lo porge.
- Grazie mille - rispondo, e gli porgo due euro e novanta. Al giorno d’oggi è tutto così caro, ma Rolling Stone quei soldi se li merita tutti!
Mentre aspetto che il treno di Stefan arrivi, mi metto a sfogliare la rivista. È sempre completa di tutto.
Ad un certo punto mi blocco e guardo l’orologio: undici e un quarto. Metto via il giornale e incrocio le braccia. Dopo la sua valigia, l’uomo ha scelto di buttare sotto al treno anche se stesso? O forse Stefan ha deciso di arrivare qui a piedi? Mah, bella domanda.
Una signora mi si siede accanto, parlando al cellulare.
- No, no! Ti ho detto che andrò io a vedere. -
So che non è una bella cosa, ma io sono talmente curiosa che non posso fare a meno di ascoltare. Bé, potrebbe essere un passatempo, nel frattempo che aspetto quello sciagurato del mio ragazzo!
- Mattia, non fare lo stupido! - prosegue la signora - se la maglia non è a posto entro domani ne sceglierai un’altra. Sì, la prossima volta cambiamo lavanderia, ma non c’è bisogno di spendere cinquanta euro per prenderne una nuova! Hai a casa un guardaroba intero! -
È troppo divertente ascoltare le conversazioni degli altri e ipotizzare una chissà quale storia. Alla fine la signora si alza e si avvicinano due signori in giacca e cravatta.
- Sono più che sicuro che la vostra azienda è funzionale al 100% - dice il primo, bassotto con i capelli grigi.
- Assolutamente sì, signor Bianchi - risponde il secondo, alto e con i capelli neri.
- Vede, signor Arrosti, il punto è che temiamo ad una perdita di personale da parte vostra. -
Il signor Arrosti sgrana gli occhi.
- Per quale motivo? Il mio personale è assolutamente efficiente! -
- Il problema è che abbiamo saputo che ultimamente ci sono stati dei problemi finanziari alle grandi case assicurative. -
- Non è un problema che riguarda la nostra azienda, glielo posso assicurare. -
Quando i due uomini spariscono dietro le scale, è il turno di due ragazzine sui quattordici anni, tutte esaltate.
- Mamma mia, Cristina, hai visto quanto era carino? - dice una di loro due.
- Sì, santo cielo! - risponde l’altra, voltandosi all’indietro a guardare.
- Era anche lì da solo. -
- Dici che aspettava qualcuno? -
- Sì, noi due! - scoppiano a ridere.
Io sorrido. Quando avevo la loro età, ricordo che anche io e le mie amiche giudicavamo tutti i ragazzi dall’aspetto fisico, e ai più carini sbavavamo letteralmente dietro.
- Io direi di andare a parlargli, guardalo, è lì tutto solo! -
Le due ragazzine saltellano, eccitate.
Incuriosita, mi volto a guardare il ragazzo tanto desiderato. È un ragazzo alto, magro, dai capelli neri con un ciuffo viola che gli ricade sulla fronte. È appoggiato svogliatamente ad una parete, evidentemente in attesa di qualcuno.
Qualcuno…
- Stefan! - grido.
Lui sobbalza.
- Stefan! - ripeto - amore! -
Mi alzo e gli corro incontro, abbracciandolo. Le due ragazzine, visibilmente deluse, mi guardano con invidia.
- Amore mio! - replico, baciandolo - è tanto che ti aspetto! Dov’eri? -
- Sono arrivato a dieci alle undici. Non ti ho affatto vista! Anche perché eri dall’altra parte. -
Io mi volto e osservo il binario dove attendevo.
- L’altra volta sei salito lì… salito… -
- Già, per tornare a casa. -
- Ops… -
Stefan sorride, poi mi da un bacio sulla guancia.
- Allora, tesoro, che cosa mi racconti di bello? Che cosa è successo in questi mesi? -
Io mi stringo nelle spalle.
- Niente che non ti abbia raccontato. -
Troppo contenta di vederlo, gli cingo il collo con le braccia e gli do un altro bacio. Poi, abbracciati, scendiamo le scale.
- Allora - gli dico - come va la vita in Austria, in questo periodo? -
- Come è sempre andata. Noiosa… mi mancano tanto le giornate pazze trascorse insieme ad un’isterica. -
- Ehy! - dico, tirandogli un pizzicotto.
Stefan si riferisce alla nostra giornata pazza, e l’isterica sarei stata io. Bé, devo ammettere che quel giorno è stato un po’ movimentato. Forse inverosimile… bé, per riuscire a farsi rincorrere dalla polizia ed elemosinare per strada!
Quando saliamo sul bus, gli stritolo la mano, agitata, e gli dico:
- Amore, ti devo presentare mio fratello! -
Liberandosi dalla presa, lui mi abbraccia e risponde:
- Non c’è bisogno che mi ammazzi la mano. Comunque stai tranquilla, è la cosa più normale che esista al mondo presentare il fidanzato al fratello! Ti vuoi calmare, ora? -
- Amore, non lo so! Ho paura… -
- E di cosa? -
- È che… se mio fratello non ti accettasse? -
- Lo farà. Non preoccuparti. -
Mi appoggio a Stefan con la testa e aspetto. Ho tanta paura. Stefan mi da un bacio sulla fronte e mi abbraccia. Adoro stare con lui.
Quando arriviamo a casa entro come un fulmine.
- Siamo qui, mamma! - urlo.
Stefan mi raggiunge, prendendomi per mano.
- Tesoro! - mi dice - smettila di essere così agitata! -
Io mi giro e lo abbraccio. Ma sì, in fondo lui e Alessio andranno d’accordo. Basta che non si mettano a parlare di sigarette, spinelli, ragazze e di tutte quelle che cose di cui hanno pensieri antitetici… che per il resto andrà tutto bene.
Mia mamma arriva in cucina.
- Ciao, Stefan! - dice.
- Salve signora Valenti - ricambia Stefan, stringendole la mano.
Mia mamma si fida ciecamente di Stefan, soprattutto perché quel rimbambito è riuscito a dirle che ho preso un quattro in matematica, mentre io le ho detto che aspiravo al sette. Ricordo ancora la scena, non tanto ridicola:
Il giorno prima di tornare in Austria presento Stefan alla mamma.
- Sei proprio un ragazzo carino, Stefan! -
- Mamma! -
- Che cosa c’è?? -
- Sei troppo melensa! -
- Non dire stupidaggini. O forse affermi il contrario su Stefan? -
Guardo Stefan, imbarazzata.
- Io direi che sua figlia afferma il contrario, signora. -
- Se vuoi posso arrivare a farlo. - commento, aspra. - O forse ti sei già dimenticato della nostra giornata a Ber… ehm… -
- La vostra giornata a bere? - chiede la mamma, scandalizzata.
- No, signora, ha capito male: la nostra giornata a Bergamo. -
- A Bergamo?? -
Da dietro la testa della mamma faccio dei gesti per fare tacere Stefan, ma lui non mi osserva neanche.
- Sì… - risponde Stefan, assorto. - il bellissimo giorno in cui ci siamo conosciuti… -
- Ah, quello che Alice avrebbe passato prima a scuola e poi da Arianna ammalata? -
- Sì - Stefan non sa neanche quello che sta dicendo. - Quel giorno bellissimo, dove tutto è partito con un quattro in matematica. -
- Quale quattro? -
- L’aspirante sette che Alice le ha detto di aver pre… ehm, quale quattro in matematica? -
È chiaro che la mia vita mi passa disperatamente davanti, prima che la mamma possa avere tempo di andare in cucina, prendere un coltello e uccidermi.
Mia mamma da quel giorno di fida tantissimo di Stefan perché dice che è un ragazzo onesto. Già, nel frattempo, da quel giorno, l’unico tempo libero che ho avuto è stato la notte (a dormire). E se stanotte poi c’è Stefan… ehm, dicevamo?
- Allora, Stefan, come va? - chiede la mamma, prendendogli la giacca e appendendola.
- Bene, grazie. -
- E la scuola? -
- Sta andando a gonfie vele. -
- Eh, è meglio se insegni qualcosa a quella squinternata della tua ragazza, forse. -
- Mamma! - ribatto, offesa.
Stefan sorride e mi abbraccia.
- Io gliel’ho sempre detto, ma lei non mi ascolta. -
Guardo Stefan, sconvolta.
- Stai dalla parte del nemico, adesso? -
Stefan ride e mi da un bacio. Non smetterò mai di amare questo ragazzo. Credo proprio di avere trovato quello giusto.
- A proposito - chiedo - dov’è Alessio? -
- È uscito - mi risponde la mamma.
- Ah, capisco - dico, delusa.
- Dai, amore, me lo presenterai più tardi. - dice Stefan, tentando di consolarmi.
- Perché non andate a fare un giro? - propone la mamma. - Prendete su la macchina. -
- D’accordo - acconsento, prima che Stefan abbia il tempo di dire qualcosa.
La mamma si fida a tal punto di lui che lo lascia addirittura guidare la sua macchina.
La saluto e poi carico Stefan sul veicolo, al posto del guidatore.
- Allora - dico - sei pronto? -
Lui annuisce.
- Dove vuoi andare? - mi dice.
Sorridendo e avvicinandomi al suo volto, rispondo:
- Non a Bergamo. -
Stefan ride e mette in moto.
- C’è un posto - gli dico, mentre si immette sulla strada - che è completamente isolato. È un campo dove non c’è mai anima viva. A parte qualche cervo qua e là. Quindi saremmo da soli, io e te… -
Stefan ridacchia.
- A parte qualche cervo qua e là? -
- Non disturberanno di certo l’aria romantica che si creerà… -
- Ho qualche dubbio che con te si rie… -
- Gira a sinistra! -
Stefan frena di colpo e svolta l’auto a sinistra.
- Tu sei matta! - esclama.
- Perché?? Questa è la strada desolata che da al posto. -
- Sì, ma hai visto che razza di acrobazia mi hai fatto compiere? Dovevi dirmelo prima di girare a sinistra! -
- Non ti lamentare! Io piuttosto ti stavo esponendo i programmi del pomeriggio. Io e te, tutti soli, romanticismo alle stelle… -
- Le stelle sono sottoterra? -
Guardo Stefan scandalizzata.
- Che razza di domande sciocche sono queste? -
- Non so, hai detto “romanticismo alle stelle”. -
Trucido Stefan con lo sguardo, poi mi slaccio la cintura di sicurezza.
- Dopo questa tua formidabile trovata - dico - posso dimostrarti che so essere romantica. -
Mi metto in ginocchio e mi avvicino pericolosamente a Stefan, iniziando a baciargli il collo.
- Alice, rimettiti immediatamente la cintura! - mi ordina Stefan.
- Dai, mi sto solo divertendo un po’… tanto in questa strada dimenticata da Dio che pericoli vuoi che corra? -
Qualche istante dopo, Stefan frena bruscamente, catapultandomi contro al vetro della macchina. Dopo che realizzo di trovarmi con la testa sotto il sedile dell’auto e i piedi che toccano il tettuccio, inizio a domandarmi se Stefan l’abbia fatto apposta.
Tento di rialzarmi e noto il suo sguardo sconvolto.
- Solo qualche cervo qua e là, eh? -
Guardo fuori dalla macchina e noto che un cervo è comodamente seduto in mezzo alla carreggiata. Potevo morire K.
- Amore, ti sei fatta male? - chiede finalmente Stefan, degnandosi solo di guardarmi.
- No, non preoccuparti per me, mi sono solo ritrovata a gambe per aria. Sto benissimo, credimi. -
- Okay. -
Okay? Ma che razza di ragazzo ignorante mi sono trovata? Meglio lasciar perdere, va. Ho ancora seri dubbi che l’italiano lo sappia parlare veramente.
- Sterza! - gli impongo, con tono rigido.
Lui mi osserva con aria innocente, come se fossi una deficiente.
- Amore, sono ancora fermo. -
- Ah… -
Rimaniamo fermi come due marmotte inebetite, mentre il cervo ci osserva dall’alto in basso.
- Accosta comunque. -
Stefan parcheggia la macchina a lato; io scendo di scatto, poi trascino fuori anche lui. Lo blocco contro l’automobile e, abbracciandolo, inizio a baciarlo. So anche io essere romantica.
All’inizio lui è un po’ spaesato, però mi passa le mani dietro ai fianchi i mi stringe forte a sé. Poi si allontana e si guarda attorno.
- Dove siamo? - chiede.
- Nel posto isolato di cui ti ho parlato. - rispondo io.
- Ah. - Stefan inarca un sopracciglio. - Ci credo che non c’è mai nessuno. -
- Cosa vorresti dire? -
- A parte “qualche cervo qua e là”, non so se hai notato bene in che posto siamo. -
- Certo che l’ho notato! Credi sia cieca? -
- … -
- Grazie, Stefan, anche io ti amo tanto. -
- Avanti, Alice! Vuoi veramente fare l’amore in un posto pieno di rovi e spine? -
Rovi e spine… non ci avevo mai fatto caso, in effetti. È difficile distinguere qualcosa in questa zona paludosa piena di insetti e formiche. A dir la verità, forse Stefan ha ragione: non è il posto migliore.
- D’accordo - dico. - Come alternativa c’è sempre la macchina. -
- Sempre meglio che niente - commenta lui.
- Aspetta un secondo. -
Apro il bagagliaio della macchina, mentre Stefan prende in mano una sigaretta.
- Stefan, butta subito quella sigaretta! Ma da quando hai iniziato a fumare?? Non te lo permett… AAAAAAHHH… ALESSIO!!!!! Ma che cazzo ci fai nel bagagliaio della macchina?? -
Mio fratello sguscia fuori dal baule, evidentemente sollevato. Gli è rimasta la forma accartocciata del vano e cammina come un buffone. Barcolla un po’, però poi si sistema.
Stefan, incuriosito, si avvicina, circospetto.
- Oh, ciao, tu devi essere Alex. - dice Alessio, con occhi persi. - Oh, grazie - aggiunge poi, prendendogli la sigaretta di mano. - È uno spinello? -
Rimango a bocca aperta, fissandolo sbalordita. Ma che cosa gli succede? Fra lui, (il tizio che ha assassinato il suo bagaglio) e Stefan non so cosa gli stia accadendo.
- Avete da accendere? - chiede Alessio, guardandoci.
- Non dire stupidate! - rispondo io dopo un po’, afferrando prima la sigaretta, poi mio fratello e cacciandoli entrambi in macchina. Poi io e Stefan prendiamo posto sui sedili superiori.
- Lui è mio fratello, a proposito. -


Dopo dieci minuti stiamo viaggiando nella direzione che Alessio ci ha indicato. È fuori di testa, sta impazzendo. Sembra fatto. Mi ricorda tanto quella volta a Bergamo, io e Stefan avevamo imboccato due direzioni diverse e ci eravamo persi. Io mi ero ritrovata in un covo di drogati. Avevo conosciuto un ragazzo, Michele, che non faceva uso di sostanze stupefacenti ed eravamo stati rincorsi dalla polizia per omicidio. Ovviamente noi eravamo le persone che in tutto quello c’entravano di meno. Ma non posso dimenticare la vista di quei due ragazzi morti… gli avevano sparato.
Michele è stato arrestato dalla polizia, ma il giorno dopo l’hanno scarcerato. Per fortuna!
Stefan mi prende la mano e mi sussurra all’orecchio:
- Sai, inizio a pensare che la prospettiva di fare l’amore in quel posto fosse migliore. -
- Avanti, Stefan! - dico io - si tratta solo di portarlo nel posto in cui chiede. -
- Quella sigaretta, amore… non era mia! L’avevo trovata in macchina, e non era una sigaretta… credo che io e tuo fratello non andremo molto d’accordo. -
- Smettila di dire sciocchezze! - ribatto. - Alessio ha diciassette anni alla fine, è un po’ uno stupido, ma praticamente quasi tutti i ragazzi della sua età si fanno spinelli! Ti prego, abbi pazienza. È solo un po’ sconvolto, è appena uscito di prigio… ehm… -
Stefan mi guarda, scandalizzato.
- Tuo fratello è appena uscito di prigione? - mi chiede, sconcertato.
- È una storia lunga. -
- Abbiamo tempo. -
Stefan è arrabbiato. Inizierà a dirmi che avrei dovuto dirglielo prima, ma io non me la sentivo. E non me la sento nemmeno ora. Assurdo, direi. È stato proprio grazie a lui che ho iniziato ad accettare la realtà.
- Si, ne abbiamo - rispondo - abbiamo cinque giorni. Ma ora non è il momento. -
Mi volto a guardare mio fratello, che, sovvertito, guarda fuori dal finestrino.
- È sempre così, lui? - mi domanda Stefan, scocciato.
- No, affatto. Non riesco a capire per quale motivo si sia infilato nel baule della macchina. Stamattina era più che tranquillo. Saranno gli effetti di una canna, forse… -
- Bene, di prima mattina. - commenta acido lui.
- Stefan, lo so che non ti sta molto simpatico… ma vedrai che con il tempo lo accetterai. -
- È violento? Ti ha mai picchiata? -
- Stefan! - esclamo, turbata. - È mio fratello! -
Alessio si volta di scatto verso di noi.
- Picchiare! - urla, brandendo i pugni. - Sì, l’ha picchiata! -
- Alessio, smettila! - gli ordino, severa.
- Chi l’ha picchiata? - domanda Stefan, alterato.
- Lui, nostro padre! -
- Alessio, adesso basta! -
- Meritava la fine che ha fatto! -
- Non è vero! Tu lo rimpiangi, me l’hai detto! Ma che cosa ti succede? -
- Tuo padre ti picchiava? - mi domanda Stefan, scombussolato.
- No! - esclamo, seccata.
- Mandalo via! Mandalo via! - balbetta Alessio, fuori di sé.
- Perché dovrei? - chiedo, osservandolo arcigna. - È il mio ragazzo e qui resta! -
- No, non lui, l’altro! -
- Chi? -
- Il pusher! Mandalo via! -
Io e Stefan ci osserviamo, sconvolti. Pusher? Che pusher??
- No, credo proprio che io e tuo fratello non andremo affatto d’accordo. Per niente. -


Tento di riprendermi. Sono ancora sconvolta. Mio fratello si droga! Non può farlo veramente… okay, è ovvio che c’è qualcosa che non va. Deve esserci qualcosa che non va! Faccio un respiro profondo.
- Alessio… tutto okay? -
Lui mi guarda con aria innocente.
- Tutto okay. - ripete.
- Bene. - tiro un sospiro di sollievo. - Ora credi che possiamo tornare a casa? -
- È ovvio che ci ha portati qui per qualcosa - replica Stefan, isterico.
- Un’imboscata - risponde tranquillo Alessio.
Stefan si ferma a guardarlo con aria ossessa.
- Mi stai prendendo in giro? - dice, indemoniato.
- Certo che scherza, è ovvio, lui scherza sempre. Spero tu non lo prenda sul serio! - rispondo io, irritata.
- Oh certo, non lo conosco neanche per forza che so che sta scherzando! - ribatte infuriato lui.
- Ma dai, ti arrabbi per troppo poco - dice Alessio, appoggiandosi al cofano della macchina, posteggiata in uno spiazzo. - È chiaro che scherzo, ti pare che qui nei dintorni ci sia qualcuno in grado di tendervi un’imboscata? -
- Smettila di fare il gradasso! - gli urla Stefan in faccia.
- Abbassa le arie, eh! - ribatte Alessio.
Ahia, qui nasce un litigio!
- Dai, smettetela - li supplico, prendendo il braccio di Stefan.
Lui sbuffa, si libera scortesemente dalla presa e va dall’altra parte della macchina. Ma perché doveva succedere tutto questo proprio oggi e proprio a me? Forse era meglio se Stefan fosse rimasto a casa.
- Allora, Alice - dice Alessio, sorridendomi - dove hai buttato la sigaretta? -
- Non se ne parla neanche! - rispondo io. - Niente spinelli, chiaro? O almeno non in mia presenza! -
- Tanto non ha senso dirglielo! - grida Stefan. - Credi forse che ti dia ascolto? -
- Torniamo a casa - decido alla fine.
Tutti e tre saliamo in macchina e non fiatiamo finché non siamo giunti a casa. La mamma non c’è, dev’essere andata a fare la spesa. Io sto per avere una crisi di nervi. Stefan è nevrotico, ma quando è così arrabbiato mi fa stare malissimo. Tengo troppo ad Alessio e il fatto che non vadano d’accordo mi distrugge.
Lui scende dalla macchina sbattendo la portiera e io lo seguo, cauta.
- Amore - dico, avvicinandomi.
- Alice, per cortesia! -
Si allontana da me, sgraziato. Ma perché si comporta in questo modo?
Alessio entra in casa e mi lancia un sorriso. Almeno lui mi fa sentire meglio.
- Sia chiaro, non ho intenzione di convivere con un drogato per questi cinque giorni! - dice d’impeto Stefan, lasciandomi abbastanza scombussolata.
- Alessio non è un drogato! - ribatto io, offesa.
- Alice, ma ti rendi conto di che cosa è appena successo? Si è nascosto nel baule della macchina, dal quale ne è uscito completamente fatto. Ha evocato il suo spacciatore! -
- In realtà ha detto di mandarlo via. -
- Alice, ma guarda in faccia la realtà! Per cortesia! -
- Alessio è un ragazzo un po’ eccentrico, ma non criticarlo così pesantemente! Chi ti dice che quello spacciatore fosse il suo? Lui non si droga! -
- Hai anche la faccia tosta di negarlo! -
- Ma Stefan, che cosa stai dicendo? Adesso smettila, per favore! -
Stefan mi guarda adirato. Odio quando litighiamo. Perché deve sempre avere i paraocchi?
- Perché continui a difenderlo anche quando non ne hai più motivo? -
- Perché conosco mio fratello molto meglio di te e so che ragazzo è, al contrario di quello che pensi tu. E comunque ha avuto un passato estremamente difficile! -
- Immagino, in prigione! -
Mi blocco di scatto. Questa era una cosa che Stefan non doveva proprio dire. Mi impedisco di piangere e butto fuori quanta più forza ho in me.
- Che cosa ne sai di quel che è successo? - grido.
- Appunto! - replica Stefan. - Pensavo che ti fidassi di me! -
- Ma io mi fido di te, Stefan! -
- E allora perché non mi hai detto che tuo fratello è stato in prigione? -
- Perché non me la sentivo! -
- Allora vuol dire che non ti fidi abbastanza! -
Inviperito, a passo deciso si dirige verso il retro del giardino, senza rivolgermi la parola. Io rimango immobile dove sono, sbigottita. Come è potuto succedere tutto questo? Perché è successo? Ma che cosa ho fatto di male per meritarmelo?
Senza concedermi una risposta, entro in casa e corro in camera mia. Alessio mi raggiunge.
- Tutto bene? - mi chiede.
- No affatto - rispondo io.
- Vi ho sentiti parlare. -
Per un attimo rimaniamo in silenzio.
- Mi dispiace che Stefan pensi tutto quello di te. Se ora lo odi, hai un motivo per farlo. -
Alessio sorride e mi abbraccia. Lui mi capisce sempre al volo. Non è solo mio fratello per me, è anche il mio migliore amico. Dopo Arianna, ovviamente.
- Credo che voi due dobbiate parlare, non trovi? -
Io scuoto la testa.
- Non ora. Prima smaltisce la rabbia. -
Alessio mi accarezza una guancia.
- Credi che fra voi finirà? - mi domanda, triste.
- Abbiamo solo litigato, tutti litigano - rispondo io. - Non ci lasceremo di sicuro per una lite! -
- Ha esplicitamente detto di non voler avere assolutamente niente a che fare con me. Come potrebbe se voi steste assieme? -
- Alessio, ti prego. Non farmi deprimere! -
Lui ridacchia.
- Scusami - dice.


Sono passati quindici minuti e Stefan non è ancora rientrato. Che cosa starà facendo là fuori in giardino? Mi preoccupa. Amore ti prego, rientra!
Dopo un po’ si apre la porta e Alessio entra in camera, con la chitarra in mano.
- Non avete ancora parlato? - mi chiede.
- No - rispondo io. - Hai suonato? -
- Qualcosina. Ma sono arrugginito. -
Io sorrido.
- Perdi i colpi, vecchio mio! -
Alessio mi si scaraventa addosso e mi scarmiglia i capelli.
- Te lo faccio vedere io chi perde i colpi! -
- Alessio? -
Mio fratello si blocca, sorpreso dalla mia serietà.
- Cosa c’è? - mi chiede, circospetto.
- Tu… ti droghi? -
Lui strabuzza gli occhi. Devo prenderlo come un no?
- Ma sei matta? - mi risponde, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. - A dirla tutta, da quando sono uscito di prigione non ho più neanche fumato spinelli. Anche se però un po’ mi mancano… -
- Alessio, questa mattina… -
- Non ero né fatto né ubriaco. -
- No, e allora che cos’eri? -
Sono stizzita. Odio quando mio fratello mi mente.
- Ero solo un po’ stordito. Prova te a stare per due ore chiusa in un baule! -
- Due ore?? Ma si può sapere che cosa ci facevi rintanato nel bagagliaio? -
Alessio abbassa la testa e non mi guarda negli occhi. Mi sta mentendo. Si droga! Lo sapevo! Non può essere, il mio fratellino non può drogarsi, a soli diciassette anni! Non può essere… devo avere capito tutto sbagliato. Sì, è così.
Scuoto la testa, arrabbiatissima.
- Tu ti droghi! - gli grido, furibonda.
- Ragazzi? -
Sobbalziamo. La mamma è arrivata. Oddio! Spero che non mi abbia sentita dire quella frase, o le viene un colpo!
- Ciao mamma - dico, con voce tremante.
- Ragazzi, smettetela di lanciarvi insulti a vicenda. -
Noi annuiamo appena.
- Dov’è Stefan? -
- È di fuori, fra poco rientra. -
La mamma annuisce, poi esce dalla stanza. Io tiro un sospiro di sollievo.
- Non mi drogo affatto! - sibila Alessio, a denti stretti.
- Che cosa mi stai nascondendo, allora? - gli chiedo io, sottovoce.
- Non ti sto nascondendo niente, semplicemente preferisco tenerti all’oscuro. -
- Ah, e credi che questo non significhi nascondere? -
- No. -
Io e mio fratello ci guardiamo negli occhi per qualche secondo, poi lui confessa tutto.
- Diciamo solo che una persona ha preso in prestito della coca e ha detto che era per me. Io non ho affatto intenzione di pagarla, puoi immaginare perché, e ora gli spacciatori mi stanno alle calcagna. -
Sono sbalordita. Chi può avere mai messo nei pasticci mio fratello fino a questo punto?
- Alessio! - esclamo, sbigottita. - Spero almeno che tu stia facendo pressione su questa persona affinché ti lasci in pace! -
- Sì - risponde mio fratello, grattandosi il capo. - Però lei sta facendo pressione su di me affinché io non faccia pressione su di lei. Sì, lo so. È un po’ un circolo vizioso. -
D’accordo. Respira, Alice.
- Alessio… -
- Sì? -
- Ho la soluzione. -
- Sarebbe? -
- Denunciamo il fatto. -
Prima Alessio mi guarda come se stessi parlando sul serio solo per finta. Poi scoppia a ridere.
- Devo ammettere che ci stavo per cascare - dice, sedendosi sul letto.
- Alessio, dico sul serio - ribatto, seria.
- Alice, non se ne parla neanche! -
- Mi dispiace, temo che si farà! Sono più grande di te e io decido che cosa fare! Al massimo… se proprio non vuoi andare dalla polizia, andremo prima a parlare con questa persona. -
Alessio impallidisce.
- D’accordo, possiamo andare dalla polizia. - dice.
- Perché hai subito cambiato idea? Avanti, spara: di chi si tratta? - chiedo, curiosa.
- Nessuno, nessuno - risponde Alessio, vago.
- Alessio, ora me lo dici. -
- Ma… solo una ragazza che è cotta di me ma che a me non piace affatto. -
- Il nome! -
- Ehm… Camilla. -
Strabuzzo gli occhi.
- Camilla? - esclamo, sconvolta.
Spero stia scherzando. Quella tr**a non si può permettere di fare una cosa del genere a mio fratello!
- Alessio, andiamo subito da Camilla! - ordino, prendendolo per mano.
Alessio cerca di ribattere, ma mi segue fino alla casa di Camilla. Non è distante, quindi la raggiungiamo a piedi. Io suono e sulla soglia compaiono subito i riccioli biondi di quella stupida, poi la sua faccia da mucca… ehm, la sua faccia lattea.
Appena ci vede, storce il naso.
- Che cosa volete? - ci dice, sgarbata.
- Vieni qui e lo saprai - rispondo io, aspra.
- Volete forse uccidermi? - domanda lei, innocente.
- Sì. Ma non è quello che faremo, per il momento. -
Diffidente, Camilla percorre il suo giardino e ci raggiunge.
- Ditemi svelti cos… -
- Brutta stronza, vieni qui che ti uccido! Cosa fai, scappi, eh? Ma vieni qui, che ti strangolo! Ti stritolo! Sei solo una vipera sudicia e unticcia! Vieni quiiiii!!! -
Sto rincorrendo Camilla per tutto il giardino. Se non le metto le mani addosso oggi, morirà di infarto stasera. Ehm, d’accordo, non troppo drastica.
- Alice, ora smettila! - mi ordina Alessio, afferrandomi per le spalle.
- Ti faccio fuori!! -
- Alice, piantala! -
Appena Alessio riesce a tenermi ferma e lontana da Camilla, lei si ricompone, guardandomi con disprezzo.
- Tu sei matta! - mi dice, squassandosi i vestiti.
- Io?? Tu sei una vipera!! -
- L’hai già detto, cara. Sai, sei ripetitiva. -
La rabbia è tale che non riesco neanche a formulare un insulto di senso compiuto. Mi chiedo fino a che punto sia capace Camilla di essere insopportabile. E pensare che una volta era anche mia amica… per fortuna i tempi cambiano!
- Sentimi, Camilla… - dico, inviperita. - Innanzitutto stai lontana da mio fratello. -
Lei ride.
- Ti ho mai detto, io, “stai lontana da Stefan”? -
- Che cosa c’entra? -
- C’entra che tu vuoi fare girare tutto a modo tuo. Ma guarda in faccia la realtà, Dio santo! -
- E la sto guardando in faccia. Tutto ciò che vedo è un ragazzo che preferisce me a te e uno che proprio non ti sopporta. -
Camilla mi guarda con aria disumana.
- Credi di avere tutto? - mi chiede, con fare superbo.
- No, affatto - rispondo io. - Ma in questo momento so di avere il mio ragazzo, mio fratello e tanta voglia di ucciderti. -
Camilla ride di nuovo.
- Io sono capace di tutto, se ne ho voglia - dice, losca.
- Il fatto che mio fratello ti piaccia ma che lui non ti fili di striscio ne è la prova, immagino. -
- Sentimi bene, ho altre armi in pugno. -
Vorrei sparare in un occhio a Camilla.
- E queste armi sarebbero avere incolpato mio fratello di avere preso della coca senza pagarla? -
Lei ridacchia.
- Oh, povera Alice! La sua unica ancora di salvezza è stata messa nei guai? -
Mi trattengo dal compiere un omicidio.
- Tu ora chiamerai il pusher - dico - e dirai che mio fratello non c’entra niente con tutta questa storia. -
Camilla ride di gusto.
- D’accordo, lo farò - dice, seria.
Io rimango circospetta.
- Davvero? - chiedo.
- Sì - risponde lei.
Estrae il cellulare dalla tasca e digita un numero.
- Ciao, Walter, sono Camilla. Sì, ti chiamavo appunto per dirti che in effetti Alessio Valenti non c’entra niente con questa storia. Mi sono confusa, è tutta colpa di sua sorella Alice, è lei che voleva la cocaina. -
Sia io che Alessio guardiamo Camilla sconvolti. Che cos’è che ha detto? Non posso più contenere la rabbia, non ce la faccio, non ce la faccio…
- AAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!! - mi butto a capofitto addosso a Camilla. - TI UCCIDOOOO!!! TI STRANGOLOOOOOOOOO!!! TI DEVASTOOOOOOOO!!! VIENI QUAAAAAAA!!! -
- Aaaah!! Aiutoooo!! D’accordo, d’accordo, faccio quello che vuoi! Ma adesso lasciami in paceeee!!! Aiutooo!! -
La mamma di Camilla si affaccia sulla soglia, per vedere che cosa sta succedendo.
Quell’insulso essere patetico, invece, sta discolpando a raffica sia me che Alessio e si sta dando tutta la colpa. La signora Ferrari è rimasta sconvolta nell’apprendere che sua figlia si droga e lo spacciatore, alla sua affermazione, ha risposto con un secco: “Ci vediamo dopo”.
Devo dire di essere soddisfatta. Almeno Alessio è stato tirato fuori da tutta questa storia.


Quando arriviamo a casa siamo esausti. È stata una giornata faticosa, oggi. Non è stata la giornata perfetta che volevo che fosse, ma non importa. Ho ancora tutta la vita davanti.
Butto la giacca sul letto e mi distendo. Alessio entra poco dopo, seguito dalla mamma.
- Ragazzi, dove siete stati? - ci chiede.
- Ho consegnato un quaderno ad Arianna - mento io. Qualcosa devo pur inventare.
- E tuo fratello? - indaga la mamma, circospetta.
- È venuto con me, qualche problema? In effetti, lui lo nega, ma io so che ha una cotta colossale per lei. -
Alessio arrossisce, mentre la mamma gli scocca un’occhiata mezza complice e mezza dissuasiva, uscendo dalla stanza.
- Non ho affatto una cotta per Arianna! - esclama, lanciandomi un cuscino.
Io ridacchio.
- Ah proposito - dico, alzandomi e rovistando fra i miei accessori di scuola. - Io dovrei riportare veramente ad Arianna un quaderno. Però… non ho tempo, puoi farlo tu per me, caro fratellino? -
Alessio si rizza in piedi di scatto, afferrando il volume.
- Sì, certo - risponde, uscendo dalla camera.
Io sorrido. No, non ha una cotta per Arianna: di più!
Come è uscito dalla stanza, Alessio rientra.
- Un’ultima cosa - mi dice - non credi che, per concludere la giornata, ti resti ancora qualcosa da fare? -
Io abbozzo un sorriso mesto, mentre lui sparisce fuori dalla porta.
Esco in giardino e raggiungo Stefan. Lui si volta a guardarmi, triste. Io mi siedo sul bordo dell’aiola e rimaniamo per qualche minuto in silenzio. Poi Stefan parla:
- Mi chiedo se siamo veramente innamorati. -
Io non so che cosa rispondere. Ma la sua frase mi echeggia in testa facendomi male.
- Siamo ancora giovani e confusi, in fondo - continua lui - e forse non stiamo compiendo il passo giusto. -
- Datti tempo Stefan. È presto per dirlo, questo non è un problema che va avanti da un po’ di tempo, il tutto è appena successo. -
- Ne sei ciecamente convinta di questo? -
- Che cosa vorresti dire? -
Stefan si stringe nelle spalle.
- Non lo so… questa mattina mi hai minacciato di lasciarmi se non fossi venuto. -
- Stefan, non lo pensavo veramente. Io avevo voglia di vederti e mi avevi dato buca già per tre volte consecutive! A questo punto mi chiedo se sia tu a non essere innamorato di me! -
Stefan sussulta, poi mi stringe. Le sue braccia mi rassicurano e sto male solo a pensare che fra di noi potrebbe finire.
- Non potrei fare a meno di te e lo tu lo sai - mi dice.
- Lo so Stefan. Forse… tutte le volte che ci siamo detti “ti amo” lo abbiamo fatto con leggerezza, ma siamo giovani e confusi, lo hai detto tu. Ma dopo cinque mesi che stiamo assieme, non posso impedirmi di capire che mi sono innamorata di te, Stefan. -
- Il punto non è questo, amore - dice Stefan, accarezzandomi una guancia.
- Si tratta di mio fratello, vero? -
Lui annuisce appena.
- Stefan, Alessio non si droga… -
- Non è per quello… anzi, forse è anche per quello, ma il punto è che tu non mi hai mai detto che lui è stato in prigione! -
- Era troppo difficile per me! Il fatto è che… l’ultimo giorno che mio papà è vissuto, mi ha picchiata, per via della scuola. E mio fratello, per proteggermi, lo ha spinto giù dalle scale, uccidendolo. -
Dopo avere detto questa frase mi blocco. Poi scoppio a piangere. Stefan mi stringe forte.
- Amore… - dice.
- Era troppo difficile per me riuscire a dirtelo. Avevo paura! -
- Non devi preoccuparti… lui ti ha salvato la vita! Devi essergli riconoscente. -
- Lo sono, infatti. -
Mi asciugo le lacrime e mi riprendo un po’. Stefan continua a stringermi e io mi appoggio al suo petto. Mi ricordo quando a Bergamo, dopo essere stata inseguita dalla polizia, sono scoppiata in lacrime e Stefan mi ha consolata.
- Stefan, ascolta… - gli dico, improvvisamente - ti ricordi di Camilla? -
Lui assume una faccia disgustata.
- Certo che mi ricordo - risponde. - Perché? -
- Ha incolpato Alessio di avere rubato della droga ed era per questo che stamattina lui si è nascosto nel baule: gli spacciatori lo cercavano. -
Stefan sgrana gli occhi.
- Che cosa?? - esclama. - Ma è da denunciare! -
- Non ti preoccupare - lo rassicuro. - Ho già risolto tutto. -
- Non voglio sapere come - scherza Stefan, circospetto.
Ci mettiamo entrambi a ridere, poi lui mi abbraccia, avvicinandomi a sé. Ma prima che mi possa baciare, ci arriva una pallonata. Ci riscuotiamo velocemente e io, con stupore, noto Alessio e Arianna fermi al di là della ringhiera.
- Dai piccioncini!- urla Alessio. - Perché non venite a fare un giro con noi? -
Ridendo, prendo per mano Stefan e usciamo, rincorrendo Alessio e Arianna. Ora, finalmente, quei due pazzoidi si accettano e scherzano assieme. Tiro un pizzicotto ad Arianna, facendole l’occhiolino, e lei arrossisce. Eh sì, credo proprio che lei ed Alessio saranno una bella coppia… Stefan mi da un bacio e mi sussurra all’orecchio che mi ama… veramente. Io lo abbraccio, e dall’altro lato abbraccio Alessio, abbracciato a sua volta ad Arianna. Proseguiamo così per qualche passo, finché non cadiamo tutti a terra, ridenti.
Credo che un giorno migliore non potrebbe esistere.

  
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