Capp8
L' ultima lacrima
VIII.
Si era appena fermato davanti
a un semaforo quando sentì il bip della chiamata.
Lasciò che
Jarvis facesse il suo lavoro e la trasferisse sull'impianto
comunicazione dell'Audi.
«Rogers,
stanotte sei in vena di chiacchiere? Non è il caso di
assumere uno psicologo o di chiamare una squillo? Fury ti passa un
bello stipendio, puoi permetterti qualche lusso da star»
scherzò lanciando un'occhiata a Thor seduto accanto che
sembrava aver deciso di tenere le labbra incollate fra di loro.
Non aveva detto molto
da quando avevano sentito Steve l'ultima volta.
L'unico scambio, se
così si poteva chiamare, lo avevano avuto quando Thor era
uscito dalla stanza con indosso l'orrenda t-shirt di Captain America e
Tony lo aveva obbligato a rimettere la canotta a pois perché
no, era meglio che a Steve venisse qualche pensiero poco morale sulle
curve di Thor piuttosto che lasciarlo gongolare ancora su
quell'imbarazzante scheletro che Pepper aveva avuto la brillante idea
di portare fuori dal suo armadio.
L'aveva lasciata
addormentata nel suo letto, Pepper.
A Jarvis il comando di
avvisarla non appena si fosse svegliata. In verità sperava
di cancellare quell'ordine prima che lei aprisse le palpebre.
Tony aveva scoperto
anche che Thor aveva qualche riflesso di codardia sotto tutto quel
senso dell'onore, perché alla dottoressa Foster, lui, non
aveva lasciato neanche un misero post-it.
Avevano chiesto a
Bruce di restare alla Tower come lady-sitter. Steve non aveva chiesto
la sua presenza e di certo Bruce era più che felice di
starsene rintanato nella sua bella gabbietta.
«Ehi,
Stark, c'è Thor?» La voce era di
Clint.
«Posso
sapere da quando sono diventato il segretario personale di Thor?
È già la seconda volta che qualcuno mi chiama per
chiedermi di lui. Cos'è, fra un po' mi comanderete di
chinarmi sulla scrivania per leggere gli errori battuti a macchina?[1]»
brontolò fingendo offesa ma Thor non sorrise, non
alzò un sopracciglio, non fece nulla di
“simpatico”.
Sembrava una di quelle
stronze che aveva accompagnato a casa troppo spesso, quelle snob con la
puzza sotto al naso che quando regalava loro un diamante Tiffany
richiudevano annoiate la scatola sospirando un
“carino”.
E Dio solo sapeva se
non aveva la stessa voglia di sbatterlo a calci nel sedere fuori dalla
sua macchina...
Ma
perché bastano due tette e una vagina per rendere qualcuno
così insopportabile?!
«Parla pure,
Clint. Sono qui.»
Oh, sì, una
bella pedata in quel suo sedere gli avrebbe di certo risollevato la
serata.
«Ehi,
amico, abbiamo trovato una ragazza che viene dalle tue parti. Ha
qualcosa per te...»
«Thor, non
sapevo avessi un passato da Casanova» sorrise mentre un paio
di clacson gli suonarono alle spalle. Gettò distrattamente
un occhio allo specchietto retrovisore da cui si riflettevano i fari di
una vecchia utilitaria.
«Dice di
chiamarsi Linn. La conosci, Thor? Possiamo fidarci?» udì
chiedere ancora da Clint.
Thor, se possibile, si
fece ancora più serio. Non era un buon segno.
«Sì,
è un'ancella del palazzo di mio padre. Non è
pericolosa, è solo... è solo Linn.» La stronza parve andare via per qualche
attimo mentre il clacson tornò prepotente insieme a un'altra
decina. «Dov'è? Sta bene?»
«È
qui e sta bene. Il capitano si sta prendendo cura di lei e pare che sia
un compito che gradisca.»
«Falco, non
dirmi che Rogers ci sta provando con una donna!»
«Adesso
sogni, Stark... Comunque stiamo per atterrare allo S.H.I.E.L.D.»
La chiamata si chiuse.
Nel frattempo era
scattato il verde.
«Perché
un'ancella di tua madre dovrebbe venire a cercarti? E per darti
cosa?» Tony si immise nel traffico della notte newyorkese
salutando l'utilitaria alle sua spalle con una sgommata sull'asfalto.
Thor non rispose e lui
provò di nuovo la voglia di gettarlo dall'auto in corsa.
«Potresti smetterla di fare così?»
«Di fare
cosa? Di non rispondere a interrogativi di cui ignoro la
risposta?»
Per un solo istante a
Tony parve di vedere un po' di Loki in quegli occhi, un po' di
insopportabile Loki. Forse non era vero che non erano fratelli di
sangue, forse qualche spruzzata di stronzaggine scorreva anche nelle
vene di Thor.
Evitò di
parlare per tutto il tragitto, ringraziando gli AC/DC per la gentile
compagnia.
Arrivarono presto allo
S.H.I.E.L.D. e Tony non fu mai più felice di vedere una
bionda scendere dalla sua auto.
*
Era un luogo freddo,
quasi più freddo della neve che l'aveva accolta.
Una volta scesa dal
grande volatile d'acciaio su cui aveva viaggiato, Linn fu accompagnata
all'interno di un alto palazzo, attraverso corridoi bianchi cosparsi di
tanti occhi rossi.
Aveva paura e aveva
cercato di nasconderlo. La presenza del capitano Steve al suo fianco
l'aveva aiutata in quell'impresa.
Non era come lo aveva
immaginato.
Dalle parole che aveva
udito dalle labbra del suo principe, Linn aveva creduto che Steve
Rogers fosse un uomo dal grande coraggio e dalla profonda
lealtà, ma non anche un ragazzo gentile.
Un
ragazzo gentile.
Se c'era una dote che
le aveva sempre scaldato il cuore era quella: la gentilezza.
Ne aveva conosciuta
poca nella sua vita, forse ne aveva bisogno più del normale,
sapeva solo che non avrebbe mai smesso di bramarla.
«Scusa per
le manette, ma è il protocollo.»
Lei neanche aveva
badato a quei ferri che le abbracciavano i polsi.
Aveva scosso la testa
e bevuto ancora un sorso di gentilezza dal sorriso del capitano Steve.
Quando il passo si
arrestò, vide le guardie midgardiane allontanarsi e
lasciarla in compagnia solo del capitano e degli altri due prodi
soldati: l'arciere di cui aveva sentito decantare le abilità
sul campo e la bella donna dalla chioma rossa, che nulla avrebbe dovuto
invidiare a una valchiria per grazia e valore, così diceva
il suo amato principe.
«L'agente
Steward ha detto che Stark è appena arrivato.»
«E il
direttore?»
«Sarà
qui a momenti.»
Li udì
parlare e non sapeva quale senso dare alle loro parole. Non le
comprendeva, non avrebbe potuto farlo.
Si guardò
ancora intorno cercando di trovare similitudini con il suo mondo, con
il palazzo reale in cui era nata e crescita.
Era tutto
così diverso.
C'era una luce quasi
accecante in ogni stanza benché all'esterno la notte fosse
lontana dall'abbandonarli. Avrebbe voluto vedere Midgard di giorno,
vedere con i suoi occhi le albe che tanto aveva amato sentir narrare, i
tramonti rossi e infiniti in cui si era perduto per tante volte lo
sguardo del suo principe.
«Stanno
scendendo ora. C'è anche Thor con Stark.» Quando
udì quel nome saettò con gli occhi sul volto
della bella donna incrociando il suo sguardo. Non riuscì a
reggerlo.
Sembrava denso, denso
come lava eppure freddo come i ghiacciai eterni. Lo sguardo di un
guerriero. Lo stesso sguardo che tingeva gli occhi di Lady Sif.
«Vieni.»
Il capitano le fece cenno di camminare verso l'interno di una stanza e
poi le sciolse le catene. «Non c'è più
necessità di queste adesso.» Non si
massaggiò neppure i polsi, la sua attenzione fu tutta per la
lettera che teneva fra le pieghe del mantello. La tastò per
sincerarsi della sua presenza e prese un respiro.
«Capitano,
quando potrò avere udienza dal mio principe?»
La sua domanda
sembrò confonderlo eppure le sorrise.
«Siediti
pure, Thor sarà qui a breve.»
Eseguì il
suo ordine.
Gli altri due soldati
erano spariti fra i freddi corridoi e Linn rimase a guardare la porta
aperta chiedendosi quando avrebbe visto entrarvi il principe Thor.
Il capitano era
però rimasto accanto a lei con le braccia incrociate sul
petto e lo sguardo pensieroso.
Indossava una strana
armatura di un intenso color ceruleo priva di reali spallacci e gambali.
Provò a
immaginarselo in battaglia e si disse che per qualche ragione non ne
avrebbe avuto bisogno.
Sembrava forte e
impavido e di certo una guida saggia per qualsiasi esercito.
Non avrebbe dovuto
arrivare a conclusioni tanto presto, forse si era lasciata condizionare
dai tanti racconti che aveva udito su di lui, forse si era lasciata
condizionare dalla sua gentilezza.
Non sapeva dirlo,
sapeva solo che al suo fianco quella fredda stanza sembrava scaldarsi
almeno un po'.
*
«È una lettera. Dice che è da parte di
tua madre.»
Una lettera da parte di sua madre.
Ascoltò quelle parole come fossero graffiate dritte sulla
pelle.
Una lettera di sua madre fra le mani di Linn.
Perché? Quale crudele beffa poteva mai essere?
“La vista del
guardiano non può giungere fino a te...”
Doveva aver mentito, come sempre.
Heimdall aveva visto.
Sua madre aveva visto. Suo padre aveva visto.
Quell'oscuro segreto che aveva annegato nel cuore per secoli era sotto
gli occhi di Asgard. La sua vergogna, il suo fallimento.
Loki sapeva e aveva agito di conseguenza.
Aveva deciso di gettare anche la memoria nell'abisso in cui aveva
gettato il suo cuore.
Aveva deciso che non c'era nulla che valesse la pena salvare, neanche
un ricordo, per quanto sporco e folle, il solo che ancora li univa.
Non c'era più nulla adesso.
E allora di chi erano gli occhi che aveva incrociato in quella cella?
Di chi era il sorriso sincero?
Dove sei adesso, Loki?
Chi sei?
...
Chi sono...?
«Dov'è?» chiese a Natasha.
«È con Rogers.»
Il tempo dei segreti non poteva più scorrere.
«Portami da lei.»
«Lei vuoi vedere il principe Thor.»
Le parole di Natasha fecero nascere un triste sorriso sulle sue labbra.
«Portami da lei.»
*
«Hai freddo?» Linn scosse la testa. «I
tuoi vestiti sono umidi...»
«Sto bene, capitano, grazie per il vostro
interessamento.»
«Non c'è di che.» Steve si
schiarì la voce con un colpo di tosse e tornò a
guardare il corridoio privo di agenti. «Ehm... e
così sei un'ancella?»
Il silenzio l'aveva sempre avuto come compagno, sapeva dargli il suo
giusto valore, sapeva dirgli grazie perché alle volte
parlava più delle parole. Eppure in quella stanza senza
occhi né orecchie Steve aveva sentito il bisogno di aprire
bocca e darle aria.
L'atteggiamento che aveva sempre rimproverato a Tony ora lo stava
indossando senza un vero motivo.
«Sì, capitano. Principalmente mi occupo dei
bisogni della mia regina, ma capita sovente che venga affidata ai
servizi delle cucine.»
Linn gli rispose con sorprendente tranquillità, quella che
lui in quel momento non sentiva di possedere perché tutta
quella situazione stava minando anche l'acciaio dei suoi nervi.
«Ah, certo... capisco.»
Lei abbassò il capo nascondendo un accenno di sorriso e
Steve per l'ennesima volta sentì quel silenzio pesare.
«Capitano?» Fu Linn a spezzarlo e non seppe se
fosse un bene. Aspettò che rialzasse il viso e lo guardasse
stavolta con una luce più triste, spaventata forse, negli
occhi. «È accaduta qualche disgrazia al mio
principe?»
Deglutì ma scosse la testa. «Perché me
lo chiedi?»
Quindi non sapeva? Ad Asgard non erano giunte notizie su quanto
accaduto a Thor?
«Non ho mai visto alcun'aurora che non fosse fra i cieli di
Asgard e d'improvviso la mia amata sovrana mi investe di un
così alto incarico come quello di consegnare una sua diretta
missiva.» Le labbra tremarono eppure Steve vide solo una
grande forza in quel tremore. «Cosa gli è
accaduto, Steve?»
Quando pronunziò il suo nome deglutì ancora e ora
aveva bisogno di quel denso silenzio.
Cosa gli era accaduto?
Non sapeva rispondere, avrebbe voluto conoscere anche lui quella
risposta.
Dove era finito Thor? E perché non riusciva a trovarlo nel
fondo di quello sguardo chiaro?
«Thor sta bene, puoi credere alle mie parole, ma
sì, non nego che abbiamo qualche problemino qui sulla Terra.
Cercheremo di risolverlo.» Accompagnò quelle
parole con un sorriso.
Cercheremo una risposta
finché non la troveremo.
«È verità? Non che voglia mettere in
dubbio la vostra parola ma-»
«È la verità.»
E poi fu Linn a sorridergli.
«Steve?»
Natasha comparve sulla soglia e lui non si era neanche accorto del suo
arrivo. La guardò in cerca di una domanda e la lesse nel suo
sguardo.
“Thor
è qui. Cosa facciamo ora?”
Ma fu proprio Thor a rispondere quando entrò nella stanza.
In quel momento Steve non sapeva dire quale fosse l'espressione sul
viso di Linn, sapeva solo che stava piangendo.
*
Non poteva essere. Non poteva essere vero.
Sentì le mani tremare così come tremarono le
gambe quando si alzò dalla seggiola di metallo.
«Voi?» Tremò la voce e tremarono le dita
quando coprirono le labbra. «Voi, mia signora?»
Le lacrime le bagnarono le ciglia e le guance eppure in quella foschia
salata Linn riconobbe il viso gentile della sua signora, l'oro dei suoi
capelli, la dolcezza del suo sorriso.
«Linn...» Il calore della sua voce.
Quanto aveva sognato di rivederla? Quante le notti in cui le Norne
avevano ascoltato e ignorato le sue preghiere? Quante le mattine in cui
le era parso di scorgere i suoi occhi su un viso che non avrebbe dovuto
appartenerle?
Ora sapeva, le era sempre appartenuto.
Il pensiero folle e sciocco di una ragazzina era sempre stato
verità.
«Mia signora!» Colmò la distanza che le
divideva con pochi veloci passi. Le prese le mani senza rifletterci
troppo e le baciò con tutta la devozione che aveva sempre
provato e che mai aveva avuto modo di mostrarle, con tutta la
gratitudine per quei giorni di calore che avevano abbracciato una
piccola bambina senza importanza, per il ricordo che aveva fatto
compagnia a una giovane donna.
«Linn, non piangere.»
I suoi occhi...
Quei begli occhi ora si specchiavano nei suoi.
«Non sapete quanto lunga è stata l'attesa, mia
signora, eppure adesso tutto sembra solo un battito di ali.»
Le sorrise e non riuscì a impedire ad altre lacrime di
scivolare giù dalle guance.
Lady Sigyn le asciugò con dolcezza e poi le sorrise ancora.
«Linn, è giusto che tu sappia...»
Non le permise di continuare. Spostò la sua mantella ancora
umida e raccolse la lettera che celava fra le sue pieghe. Lady Sigyn la
guardò apparentemente incerta.
«Vostra Madre vi manda questa missiva.»
«Io...» Sembrò che le sue lacrime si
fossero specchiate anche negli occhi di Lady Sigyn eppure il suo viso
rimase asciutto. Le porse la lettera con riverenza. «Per
me?»
Annuì a capo chino. «La mia sovrana mi ha
comandato di consegnarla solo nelle mani del principe Thor.»
Le dita di Lady Sigyn sfiorato le sue quando presero la missiva.
«Come hai...?» Fu un breve fiato.
«È stata la regina a informarti?»
Quando riguardò quel viso che tanto le era mancato sorrise
ancora fra la lacrime. «No, non sapevo che vi avrei
rincontrato qui su Midgard, ma non ho mai dimenticato le sfumature dei
vostri occhi... Forse la mia regina lo sapeva.»
«Linn...»
«E io voglio che voi sappiate che la mia fedeltà
è cieca quanto indissolubile, mia signora.»
Il suo sguardo disse più di quanto fece la lingua.
Lady Sigyn comprese e se trattene le sue di lacrime, era solo
perché nelle sue vene scorreva il sangue di un principe di
Asgard.
«Grazie.»
*
Tony prese un respiro e guardò verso Clint.
«So quello che stai per dire» sospirò
Barton e lui sorrise. «Abbiamo qualcuno con delle
risposte.»
«E non ne sei felice?»
Clint gli lanciò un'occhiataccia e poi tornò a
guardare l'interno della stanza dove Thor, o meglio, Sigyn, stava
ancora chiacchierando con la sua vecchia amica.
«In parte sì, in parte ho paura che alla fine di
questa storia dovrò andare in analisi...»
«Faremo delle sedute di gruppo, tranquillo» rispose
con un ghigno soddisfatto.
La Romanoff aveva seguito la scena in silenzio ma Tony fu rapito
più volte dalla faccia assurdamente interdetta di Steve.
Povero Cap, se la faccenda assomigliava solo lontanamente a quella che
aveva ipotizzato lui, probabilmente neanche le sedute di gruppo
sarebbero servite.
Ma ora non aveva importanza, ciò che contava era che
finalmente era giunta la persona giusta e, destino magnanimo, al
momento giustissimo.
Non restava che fare le domande, e Tony aveva stilato da tempo una
bella lista.
*
Steve avrebbe voluto chiedere spiegazioni, Steve aveva bisogno di
spiegazioni per capire cosa si celava dietro quello che era appena
accaduto davanti ai suoi occhi, dietro la reazione di Linn, dietro a
quella di Thor.
Non ebbe tempo neanche per formulare una cortese ma bisognosa richiesta
ché vide Linn accasciarsi fra le braccia di Thor.
«Linn?» Thor chiamò il suo nome mentre
cadeva in ginocchio per sostenerla.
«Cos'ha?» chiese a quel punto avvicinandosi e
sentendo un'inquietudine che non capiva tingere il suo viso mentre
osservava quello privo di sensi della ragazza.
«È stato il viaggio.» Thor le
sfiorò la fronte e poi una guancia ancora umida di lacrime.
«Linn non ha mai viaggiato oltre le mura di Asgard. Deve
essere stato spossante per il suo corpo. Necessita di riposo e di abiti
asciutti.»
Steve incrociò quegli occhi azzurri e forse non
riuscì a impedire alle domande, alla diffidenza, ai dubbi di
trapelare dai suoi perché Thor riabbassò presto
lo sguardo sul volto assopito della ragazza mentre scioglieva i piccoli
nastri che tenevano stretto il mantello ormai zuppo.
Le parole di Clint risuonavano nella sua testa: “Thor non ci
sta dicendo tutto.”
Era verità.
Thor aveva segreti chiusi fra le labbra e non aveva intenzione di
pronunciarli.
Quei segreti avrebbero forse dissipato le nebbie che circondavano le
azioni di Loki e della sua alleata o, nel peggiore degli scenari, ne
avrebbero create di nuove.
«Qualcuno mi aggiorni. Cosa sta succedendo?» Il
direttore Fury era giunto anch'egli ma Steve non badò molto
alla sua presenza. Flesse un ginocchio e distese le braccia attorno al
corpo di Linn.
«Me ne occupo io, Thor.» Intrecciò i
suoi occhi solo per brevi istanti mentre si rialzava tenendo fra le
braccia il corpo così leggero della ragazza.
«Grazie.»
«Capitano?»
Lo sguardo di Fury non riuscì a evitarlo, e non
evitò neanche di dargli una risposta alla sua domanda muta.
«Signore, questa ragazza non è una
minaccia.»
«Questo lascialo decidere a me.»
«Certo, signore, ma mentre lei decide renderò
onore all'ospitalità della Terra facendola riposare su un
letto anziché su un pavimento gelido.»
Varcò la soglia ignorando i successivi richiami e
dirigendosi verso il reparto di infermeria, l'unico con delle brande.
Sentì la voce di Natasha prendersi l'incarico di spiegare
ogni accaduto.
«Wow, Rogers! Ho avuto un'erezione, giuro!»
La compagnia coattiva di Stark era l'ultima cosa di cui necessitava ma
non fece nulla per impedirgli di andargli dietro.
Sapeva che Fury avrebbe fatto il terzo grado a tutta la squadra e poi
lo avrebbe chiamato per fargli una lavata di capo, l'ennesima, per il
suo comportamento.
Avrebbe affrontato a testa alta ogni sua parola, ciò che gli
premeva adesso era capire almeno un po' quella situazione.
«La faccia di Nick era stupenda, sensazionale! - Jarvis, hai
recuperato le immagini dalla telecamera nell'angolo ovest del
corridoio?.... Oh perfetto, le voglio in HD sul mio palmare il prima
possibile.»
Trattene un ringhio mentre lanciava un'occhiata spazientita al
compagno, ma Stark aveva dalla sua un'irriducibile capacità
di menefreghismo che, doveva ammettere, gli aveva invidiato
più volte.
Quando raggiunsero l'ascensore e le porte si chiusero alle loro spalle,
non poté più evitare la sua presenza.
«Dovresti ammutinarti più spesso, Rogers, dico sul
serio! Hai un lato sovversivo che ignoravo. Sicuro che non fumi erba di
tanto in tanto?»
«Stark, anche se ho le mani occupate questo non vuol dire che
non possa rifilarti un calcio nel sedere se dici ancora mezza
parola.»
Tony sorrise alzando le mani con fare scenico.
«Come vuoi, Cap. Come vuoi.»
Sapeva che non avrebbe mantenuto fede a quella parola.
Mentre i piani si intervallavano sulla parete frontale, Steve
guardò il viso della ragazza che stringeva fra le braccia,
le ciocche ramate che le ricadevano sul viso e rivide le lacrime che le
avevano bagnato le ciglia pochi attimi prima.
Il modo in cui Linn aveva guardato e poi parlato con Thor raccontavano
di qualcosa che andava oltre il rispetto, la stima e l'obbedienza che
si riserva a un capo, a un Padrone - per quanto lo disturbasse quella
parola. Se avesse voluto cercare un termine corretto, probabilmente ne
avrebbe usato uno alquanto blasfemo: fede.
Tutto sommato, non era poi così blasfemo, ma per ammetterlo
avrebbe dovuto mettere in discussione parecchie certezze e non era
né il momento né il luogo adatto, soprattutto non
quando aveva addosso lo sguardo sornione di Tony.
«Carina, eh?»
«Sto per alzare il piede.»
Tony sorrise ancora. «Non metterti sulla difensiva, Steve,
non c'è nulla di male ad ammettere che una donna
è attraente, anzi, se lo facessi potresti anche mettere a
tacere tutte quelle voci sulla tua presunta
omosessualità.»
Si sentì avvampare e d'istinto serrò la presa sul
corpo sottile di Linn.
«Ma ch- Chi osa mettere in giro simili voci?» Era
esterrefatto e indignato. La sua vita privata doveva restare tale e non
capiva perché ci fosse quel continuo interesse a ficcanasare
nei suoi affari. Non era un Don Giovanni e forse con le donne non
sapeva neanche come parlare, ma questo non voleva assolutamente dire
che avesse qualche tipo di strana
inclinazione.
«Ehm... Sono stato io in effetti, però anche
Clint- Ahi!»
Stavolta il calcio non fu solo una minaccia a vuoto. Steve gli
colpì uno stinco con decisione e Tony per poco non
svegliò la ragazza con il suo urlo.
«Ma che diavolo, Rogers! Vuoi rompermi una gamba? Sono
già convalescente. Non hai visto il taglio sulla fonte? Ho
anche il cerotto! Lo vedi?» brontolò Tony mentre
si indicava un ridicolo cerotto rosso che sarebbe stato bene solo sulla
fronte di un bambino, non certo su quella di un sedicente genio,
miliardario playboy e quello che era.
«Se la gente ti tira scarpe e ti prende a calci non
è il caso che ti fai un esame di coscienza? Magari quelle
scarpe e quei calci li meriti, Stark» sentenziò
mal celando un sorriso di beffa.
«Ah sì?» Le porte si aprirono e fu solo
per questo che Tony riuscì a evitare il secondo calcio che
Steve avrebbe voluto rifilargli quando riaprì bocca:
«E tu meriti di restare vergine per il resto della tua
vita!»
«Stark!»
₪₪₪
«La
barriera è ristabilita.»
«Bene.» Styrkárr sospirò a
fondo guardando il suo stesso riflesso nell'enorme specchio che
tagliava in due la parete. «La falla però potrebbe
essere stata avvertita, anzi, sicuramente è stato
così.»
Amora lo affiancò con le braccia incrociate sul petto e
osservò i suoi occhi attraverso la lastra riflettente.
«Cosa facciamo?»
«Nulla, ragazza mia, nulla. Loki deve ancora fare la sua
parte e questo è il motivo per cui gli perdoniamo questa
piccola disattenzione.»
«Insopportabile arrogante... ha osato mettere in dubbio le
mie capacità quando non sa controllare neanche le reazioni
delle sue braghe.»
Styrkárr rise di gusto e si voltò per incrociare
il viso imbronciato della donna.
«Oh, Incantatrice... Abbiamo bisogno di lui ancora per un
po'. Poi...»
Non continuò ma riuscì a disegnare un sorriso
sulle sue labbra. «Spero lascerai a me un tale
onore.»
«Non oserei mai negartelo, Amora, lo sai bene.»
«E io non te lo permetterei, Styrkárr.»
Amora gli piaceva, avevano lo stesso modo di vedere le cose, la stessa
determinazione nel ribadire ciò che apparteneva loro e
nessuno scrupolo a usare ogni mezzo per rispettare quella
proprietà.
Per questo in qualche maniera gli spiaceva doverle tagliare il collo
una volta che non avesse più avuto bisogno di lei. Ma
avrebbe mantenuto la sua parola: non avrebbe negato a lei il diritto di
tagliare quello di Loki.
«Data questa piccola inconvenienza sopraggiunta
accidentalmente, abbiamo bisogno di accorciare i tempi.»
«Notizia meravigliosa. Non vedo l'ora di chiudere questa
storia. Non sopporto più di averlo davanti a gli
occhi.» La donna alzò lo sguardo verso il soffitto
e non nascose un'espressione di puro disgusto che Styrkárr
condivideva. «Non sopporto più neanche questo
sudicio posto che si ostina a chiamare palazzo.»
«Per un ratto anche una fogna è una casa,
Incantatrice.»
«Un ratto ha più buon gusto.»
Condivisero anche una risata mentre Styrkárr si diceva
ancora una volta che sarebbe stato veloce e preciso e Amora non avrebbe
sofferto troppo. Sarebbe stato il suo modo per ringraziarla della
sublime compagnia.
*
Loki strinse forte i pugni sentendo le unghie conficcarsi nel palmo
delle mani.
Serpi velenose...
Sapeva bene con chi aveva stretto quel patto, sapeva bene quale sarebbe
stato il loro ruolo all'interno della sua commedia, sapeva bene come
avrebbe fatto scontare a ognuno di loro ogni parola, ogni sguardo, ogni
singola risata.
Serpi velenose... Io lo
sono di più.
Spinse le porte e attraversò il salone raggiungendo i due
che lo accolsero uno con un sorriso e l'altra con espressione seria.
«Pronto, giovane re?» lo beffeggiò senza
decenza Styrkárr.
Loki sorrise serafico. «Mai stato più
pronto.»
«Bene, allora vedi di non farti distrarre stavolta.»
Conficcarle una lama in gola, sarebbe stata la sua più
grande soddisfazione.
«Amora, non dovresti dubitare del nostro alleato. Siamo
giunti fin qui perché abbiamo completa fiducia nelle sue
doti. Non è così? Se non fossimo stati certi che
avere il suo aiuto fosse stato utile ma mai quanto necessario, non
avremmo neanche osato disturbarlo.»
Conficcare una lama nella gola di Styrkárr sarebbe stata una
soddisfazione ancora più grande.
«Quando sarò su Midgard sarò celato
anche ai vostri occhi. Spero non sia un problema.»
«Oh, assolutamente, Loki.»
Amora sorrise con sfregio. «Nessuno di noi ha interesse a
vedere quali mezzi deciderai di usare per convincerla a
collaborare.»
«Fa' ciò che devi, ragazzo, e torna vittorioso. So
già che lo farai.»
Loki si congedò con un cenno del capo e un sorriso sulle
labbra.
Conficcare una lama nella gola di entrambi sarebbe stata una
soddisfazione sublime, lasciare che se la conficcassero a vicenda,
però, le avrebbe superate tutte.
₪₪₪
L'alba aveva appena
accarezzato il cielo. Rosso e arancio si abbracciavano come vecchi
amanti mai stanchi.
Nelle sue mani sentiva
la rigidità della carta e l'odore di casa
solleticò le narici.
Aveva chiesto un po'
di solitudine e aveva deciso di cercarla sulla cima del palazzo,
sull'enorme spiazzo su cui sovente atterravano gli uccelli ferrosi
dello S.H.I.E.L.D.
Infilò una
ciocca di capelli dietro a un orecchio e si sedette a terra con le
spalle contro un muro.
Ai suoi piedi la
bellezza algida della città chiamata Grande Mela.
Aveva sempre trovato
bizzarro quel nome ma aveva altresì sempre amato guardarla
in compagnia del silenzio; che fosse sul terrazzo di casa di Tony o sul
tetto di quel freddo edificio, o fra le braccia di Jane, non avrebbe
mai smesso di lasciarsi sfuggire brevi sospiri di piacere.
Sollevò gli
occhi al cielo ancora una volta sentendo il pallido sole incapace di
scaldare la sua pelle inumidita ancora dalla brezza del primo mattino.
La lettera fra le sue
mani era ancora chiusa.
Osservò a
lungo il sigillo laccato di rosso, le linee fuse nella ceralacca che
riportavano le iniziali di sua madre.
Lo ruppe sentendo una
profonda inquietudine guidare le sue dita.
Quando ne
spiegò la carta prese ancora un profondo respiro mentre
scorreva con gli occhi le parole che sua madre aveva deciso di affidare
a Linn, la sua piccola Linn.
Linn era parte di quel
sogno andato in frantumi, parte di quell'illusione consumata in secoli
lontani, non abbastanza lontani da non fare ancora male.
Ma Linn era anche la
prova che non era stata un'illusione.
Linn era la
testimonianza che un tempo aveva avuto davvero l'amore di suo fratello.
“Non sono
tuo fratello, non lo sono mai stato.”
E se quella menzogna
non fosse mai stata detta?
Se avessero sempre
saputo che non era sangue ciò che li legava ma altro? Che quell'altro non era un
peccato?
Se quella notte di
tanti secoli prima, Sigyn fosse rimasta, forse le cose...
Scosse la testa per
sbarazzarsi di quel pensiero.
Sogni, speranze,
utopie che non doveva più far germogliare né
nella testa né nel suo cuore.
Avrebbe fatto solo
altro male, avrebbe fatto male a troppe persone.
Mentre leggeva quella
lettera, parve che la voce di sua madre fosse lì, che lei
fosse lì a sospirargliele all'orecchio mentre faceva
scorrere le dita fra i suoi capelli.
E quanto ne avrebbe
avuto il bisogno ora, neanche sapeva dirlo.
“Qualunque sia la trama scritta
dal fato, Thor, figlio mio, solo tu puoi toccare il cuore di Loki...”
Non c'era quel nome,
non veniva menzionata lei in nessuna riga, eppure era presente in ogni
singola parola.
Sentiva che sua madre
sapeva, per questo aveva inviato Linn su Midgard.
Ma aveva sempre
saputo? Anche allora? Anche quando aveva indossato quel nome e quel
cuore? Anche in quel tempo in cui aveva vissuto un vita e una passione
tanto intensa quanto sbagliata?
Sua madre sapeva
quando aveva asciugato le sue lacrime dopo l'inganno di Loki? Quando
aveva pianto la sua morte e aveva sospirato fra le sue braccia quanto
sentisse la mancanza di suo fratello? Quanto amasse suo fratello?
E suo padre sapeva,
quando rigido e regale aveva comunicato la crudele verità
delle origini di un bambino rubato al suo mondo e cresciuto e cullato
in una calda e atroce menzogna?
Temeva quale fosse la
risposta.
“Sono ombre nere quelle che
abbracciano il destino di Midgard e quello del resto dei Nove Regni.
Sono nere le ombre che abbracciano il cuore di Loki. Sono ombre antiche
e cariche di rancore, un rancore che può distruggerlo...”
Aiutami
a capire, Madre, aiutami a scogliere quelle ombre...
Ma non c'era soluzione
in quelle parole, c'era solo una richiesta.
“Pensa come fratello ma agisci
come un Re. Cerca la forza nel fondo del tuo cuore e non avere paura di
usarla...”
Usarla
contro chi, Madre? Contro cosa?
“Midgard è celata alla
nostra vista. Tutto è celato eppure il mio sguardo non ti
abbandonerà, figlio mio, non abbandonerà nessuno
di voi.
Anche le tenebre
più fitte possono essere squarciate da un semplice raggio.
Ricordalo, bambino
mio...”
Sollevò gli
occhi al cielo sempre più caldo e sospirò le
ultime parole che sua madre aveva scritto.
«...C'è
sempre speranza.»
***
Note:
[1] La
battuta di Tony è un riferimento alla famosa scena del
bellissimo film “Secretary”.
NdA.
Eccoci qui, ormai la verità è lì
lì per essere scoperta...
...
Sìììì, credeteci XDDD
Più che altro iniziamo a smuovere le cose anche
perché Lokino tornerà a fare danni, e che danni,
signore mie u.u
E Linn si è presa una cotta per Cap, e Tony pure si
è preso qualcosa per (colpa di) Cap, diciamo un livido sotto
al ginocchio OxO
Io invece soffro di crisi da felicità natalizia e vorrei
solo abbracciare tutti coloro che stanno seguendo questo sequel
perché vi voglio bene e voglio bene a questa storia e la sto
scrivendo con cuore e pancia *^*
Un abbraccio anche a quelle due serpi di Amora e Styrkárr
perché grazie a loro posso bullizzare Loki senza troppi
sensi di colpa XDDD
Il piccolo principe mi perdonerà, mi farò
perdonare, promesso...
Ok, sparisco io e le mie demenze da xmas-addict.
Vi auguro un felice e sereno natale e, se non dovessimo leggerci, buona
fine e miglior inizio!
Vi voglio bene <3
Kiss kiss Chiara
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