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Autore: kiara_star    22/12/2013    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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Capp8
L' ultima lacrima



VIII.





Si era appena fermato davanti a un semaforo quando sentì il bip della chiamata.
Lasciò che Jarvis facesse il suo lavoro e la trasferisse sull'impianto comunicazione dell'Audi.
«Rogers, stanotte sei in vena di chiacchiere? Non è il caso di assumere uno psicologo o di chiamare una squillo? Fury ti passa un bello stipendio, puoi permetterti qualche lusso da star» scherzò lanciando un'occhiata a Thor seduto accanto che sembrava aver deciso di tenere le labbra incollate fra di loro.
Non aveva detto molto da quando avevano sentito Steve l'ultima volta.
L'unico scambio, se così si poteva chiamare, lo avevano avuto quando Thor era uscito dalla stanza con indosso l'orrenda t-shirt di Captain America e Tony lo aveva obbligato a rimettere la canotta a pois perché no, era meglio che a Steve venisse qualche pensiero poco morale sulle curve di Thor piuttosto che lasciarlo gongolare ancora su quell'imbarazzante scheletro che Pepper aveva avuto la brillante idea di portare fuori dal suo armadio.
L'aveva lasciata addormentata nel suo letto, Pepper.
A Jarvis il comando di avvisarla non appena si fosse svegliata. In verità sperava di cancellare quell'ordine prima che lei aprisse le palpebre.
Tony aveva scoperto anche che Thor aveva qualche riflesso di codardia sotto tutto quel senso dell'onore, perché alla dottoressa Foster, lui, non aveva lasciato neanche un misero post-it.
Avevano chiesto a Bruce di restare alla Tower come lady-sitter. Steve non aveva chiesto la sua presenza e di certo Bruce era più che felice di starsene rintanato nella sua bella gabbietta.
«Ehi, Stark, c'è Thor?» La voce era di Clint.
«Posso sapere da quando sono diventato il segretario personale di Thor? È già la seconda volta che qualcuno mi chiama per chiedermi di lui. Cos'è, fra un po' mi comanderete di chinarmi sulla scrivania per leggere gli errori battuti a macchina?[1]» brontolò fingendo offesa ma Thor non sorrise, non alzò un sopracciglio, non fece nulla di “simpatico”.
Sembrava una di quelle stronze che aveva accompagnato a casa troppo spesso, quelle snob con la puzza sotto al naso che quando regalava loro un diamante Tiffany richiudevano annoiate la scatola sospirando un “carino”.
E Dio solo sapeva se non aveva la stessa voglia di sbatterlo a calci nel sedere fuori dalla sua macchina...
Ma perché bastano due tette e una vagina per rendere qualcuno così insopportabile?!
«Parla pure, Clint. Sono qui.»
Oh, sì, una bella pedata in quel suo sedere gli avrebbe di certo risollevato la serata.
«Ehi, amico, abbiamo trovato una ragazza che viene dalle tue parti. Ha qualcosa per te...»
«Thor, non sapevo avessi un passato da Casanova» sorrise mentre un paio di clacson gli suonarono alle spalle. Gettò distrattamente un occhio allo specchietto retrovisore da cui si riflettevano i fari di una vecchia utilitaria.
«Dice di chiamarsi Linn. La conosci, Thor? Possiamo fidarci?» udì chiedere ancora da Clint.
Thor, se possibile, si fece ancora più serio. Non era un buon segno.
«Sì, è un'ancella del palazzo di mio padre. Non è pericolosa, è solo... è solo Linn.» La stronza parve andare via per qualche attimo mentre il clacson tornò prepotente insieme a un'altra decina. «Dov'è? Sta bene?»
«È qui e sta bene. Il capitano si sta prendendo cura di lei e pare che sia un compito che gradisca
«Falco, non dirmi che Rogers ci sta provando con una donna!»
«Adesso sogni, Stark... Comunque stiamo per atterrare allo S.H.I.E.L.D.»
La chiamata si chiuse.
Nel frattempo era scattato il verde.
«Perché un'ancella di tua madre dovrebbe venire a cercarti? E per darti cosa?» Tony si immise nel traffico della notte newyorkese salutando l'utilitaria alle sua spalle con una sgommata sull'asfalto.
Thor non rispose e lui provò di nuovo la voglia di gettarlo dall'auto in corsa. «Potresti smetterla di fare così?»
«Di fare cosa? Di non rispondere a interrogativi di cui ignoro la risposta?»
Per un solo istante a Tony parve di vedere un po' di Loki in quegli occhi, un po' di insopportabile Loki. Forse non era vero che non erano fratelli di sangue, forse qualche spruzzata di stronzaggine scorreva anche nelle vene di Thor.
Evitò di parlare per tutto il tragitto, ringraziando gli AC/DC per la gentile compagnia.
Arrivarono presto allo S.H.I.E.L.D. e Tony non fu mai più felice di vedere una bionda scendere dalla sua auto.



*



Era un luogo freddo, quasi più freddo della neve che l'aveva accolta.
Una volta scesa dal grande volatile d'acciaio su cui aveva viaggiato, Linn fu accompagnata all'interno di un alto palazzo, attraverso corridoi bianchi cosparsi di tanti occhi rossi.
Aveva paura e aveva cercato di nasconderlo. La presenza del capitano Steve al suo fianco l'aveva aiutata in quell'impresa.
Non era come lo aveva immaginato.
Dalle parole che aveva udito dalle labbra del suo principe, Linn aveva creduto che Steve Rogers fosse un uomo dal grande coraggio e dalla profonda lealtà, ma non anche un ragazzo gentile.
Un ragazzo gentile.
Se c'era una dote che le aveva sempre scaldato il cuore era quella: la gentilezza.
Ne aveva conosciuta poca nella sua vita, forse ne aveva bisogno più del normale, sapeva solo che non avrebbe mai smesso di bramarla.
«Scusa per le manette, ma è il protocollo.»
Lei neanche aveva badato a quei ferri che le abbracciavano i polsi.
Aveva scosso la testa e bevuto ancora un sorso di gentilezza dal sorriso del capitano Steve.
Quando il passo si arrestò, vide le guardie midgardiane allontanarsi e lasciarla in compagnia solo del capitano e degli altri due prodi soldati: l'arciere di cui aveva sentito decantare le abilità sul campo e la bella donna dalla chioma rossa, che nulla avrebbe dovuto invidiare a una valchiria per grazia e valore, così diceva il suo amato principe.
«L'agente Steward ha detto che Stark è appena arrivato.»
«E il direttore?»
«Sarà qui a momenti.»
Li udì parlare e non sapeva quale senso dare alle loro parole. Non le comprendeva, non avrebbe potuto farlo.
Si guardò ancora intorno cercando di trovare similitudini con il suo mondo, con il palazzo reale in cui era nata e crescita.
Era tutto così diverso.
C'era una luce quasi accecante in ogni stanza benché all'esterno la notte fosse lontana dall'abbandonarli. Avrebbe voluto vedere Midgard di giorno, vedere con i suoi occhi le albe che tanto aveva amato sentir narrare, i tramonti rossi e infiniti in cui si era perduto per tante volte lo sguardo del suo principe.
«Stanno scendendo ora. C'è anche Thor con Stark.» Quando udì quel nome saettò con gli occhi sul volto della bella donna incrociando il suo sguardo. Non riuscì a reggerlo.
Sembrava denso, denso come lava eppure freddo come i ghiacciai eterni. Lo sguardo di un guerriero. Lo stesso sguardo che tingeva gli occhi di Lady Sif.
«Vieni.» Il capitano le fece cenno di camminare verso l'interno di una stanza e poi le sciolse le catene. «Non c'è più necessità di queste adesso.» Non si massaggiò neppure i polsi, la sua attenzione fu tutta per la lettera che teneva fra le pieghe del mantello. La tastò per sincerarsi della sua presenza e prese un respiro.
«Capitano, quando potrò avere udienza dal mio principe?»
La sua domanda sembrò confonderlo eppure le sorrise.
«Siediti pure, Thor sarà qui a breve.»
Eseguì il suo ordine.
Gli altri due soldati erano spariti fra i freddi corridoi e Linn rimase a guardare la porta aperta chiedendosi quando avrebbe visto entrarvi il principe Thor.
Il capitano era però rimasto accanto a lei con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo pensieroso.
Indossava una strana armatura di un intenso color ceruleo priva di reali spallacci e gambali.
Provò a immaginarselo in battaglia e si disse che per qualche ragione non ne avrebbe avuto bisogno.
Sembrava forte e impavido e di certo una guida saggia per qualsiasi esercito.
Non avrebbe dovuto arrivare a conclusioni tanto presto, forse si era lasciata condizionare dai tanti racconti che aveva udito su di lui, forse si era lasciata condizionare dalla sua gentilezza.
Non sapeva dirlo, sapeva solo che al suo fianco quella fredda stanza sembrava scaldarsi almeno un po'.



*



«È una lettera. Dice che è da parte di tua madre.»
Una lettera da parte di sua madre.
Ascoltò quelle parole come fossero graffiate dritte sulla pelle.
Una lettera di sua madre fra le mani di Linn.
Perché? Quale crudele beffa poteva mai essere?
La vista del guardiano non può giungere fino a te...
Doveva aver mentito, come sempre.
Heimdall aveva visto.
Sua madre aveva visto. Suo padre aveva visto.
Quell'oscuro segreto che aveva annegato nel cuore per secoli era sotto gli occhi di Asgard. La sua vergogna, il suo fallimento.
Loki sapeva e aveva agito di conseguenza.
Aveva deciso di gettare anche la memoria nell'abisso in cui aveva gettato il suo cuore.
Aveva deciso che non c'era nulla che valesse la pena salvare, neanche un ricordo, per quanto sporco e folle, il solo che ancora li univa.
Non c'era più nulla adesso.
E allora di chi erano gli occhi che aveva incrociato in quella cella? Di chi era il sorriso sincero?
Dove sei adesso, Loki?
Chi sei?
...
Chi sono...?
«Dov'è?» chiese a Natasha.
«È con Rogers.»
Il tempo dei segreti non poteva più scorrere.
«Portami da lei.»
«Lei vuoi vedere il principe Thor.»
Le parole di Natasha fecero nascere un triste sorriso sulle sue labbra.
«Portami da lei.»



*



«Hai freddo?» Linn scosse la testa. «I tuoi vestiti sono umidi...»
«Sto bene, capitano, grazie per il vostro interessamento.»
«Non c'è di che.» Steve si schiarì la voce con un colpo di tosse e tornò a guardare il corridoio privo di agenti. «Ehm... e così sei un'ancella?»
Il silenzio l'aveva sempre avuto come compagno, sapeva dargli il suo giusto valore, sapeva dirgli grazie perché alle volte parlava più delle parole. Eppure in quella stanza senza occhi né orecchie Steve aveva sentito il bisogno di aprire bocca e darle aria.
L'atteggiamento che aveva sempre rimproverato a Tony ora lo stava indossando senza un vero motivo.
«Sì, capitano. Principalmente mi occupo dei bisogni della mia regina, ma capita sovente che venga affidata ai servizi delle cucine.»
Linn gli rispose con sorprendente tranquillità, quella che lui in quel momento non sentiva di possedere perché tutta quella situazione stava minando anche l'acciaio dei suoi nervi.
«Ah, certo... capisco.»
Lei abbassò il capo nascondendo un accenno di sorriso e Steve per l'ennesima volta sentì quel silenzio pesare.
«Capitano?» Fu Linn a spezzarlo e non seppe se fosse un bene. Aspettò che rialzasse il viso e lo guardasse stavolta con una luce più triste, spaventata forse, negli occhi. «È accaduta qualche disgrazia al mio principe?»
Deglutì ma scosse la testa. «Perché me lo chiedi?»
Quindi non sapeva? Ad Asgard non erano giunte notizie su quanto accaduto a Thor?
«Non ho mai visto alcun'aurora che non fosse fra i cieli di Asgard e d'improvviso la mia amata sovrana mi investe di un così alto incarico come quello di consegnare una sua diretta missiva.» Le labbra tremarono eppure Steve vide solo una grande forza in quel tremore. «Cosa gli è accaduto, Steve?»
Quando pronunziò il suo nome deglutì ancora e ora aveva bisogno di quel denso silenzio.
Cosa gli era accaduto?
Non sapeva rispondere, avrebbe voluto conoscere anche lui quella risposta.
Dove era finito Thor? E perché non riusciva a trovarlo nel fondo di quello sguardo chiaro?
«Thor sta bene, puoi credere alle mie parole, ma sì, non nego che abbiamo qualche problemino qui sulla Terra. Cercheremo di risolverlo.» Accompagnò quelle parole con un sorriso.
Cercheremo una risposta finché non la troveremo.
«È verità? Non che voglia mettere in dubbio la vostra parola ma-»
«È la verità.»
E poi fu Linn a sorridergli.
«Steve?»
Natasha comparve sulla soglia e lui non si era neanche accorto del suo arrivo. La guardò in cerca di una domanda e la lesse nel suo sguardo.
Thor è qui. Cosa facciamo ora?
Ma fu proprio Thor a rispondere quando entrò nella stanza.
In quel momento Steve non sapeva dire quale fosse l'espressione sul viso di Linn, sapeva solo che stava piangendo.



*



Non poteva essere. Non poteva essere vero.
Sentì le mani tremare così come tremarono le gambe quando si alzò dalla seggiola di metallo.
«Voi?» Tremò la voce e tremarono le dita quando coprirono le labbra. «Voi, mia signora?»
Le lacrime le bagnarono le ciglia e le guance eppure in quella foschia salata Linn riconobbe il viso gentile della sua signora, l'oro dei suoi capelli, la dolcezza del suo sorriso.
«Linn...» Il calore della sua voce.
Quanto aveva sognato di rivederla? Quante le notti in cui le Norne avevano ascoltato e ignorato le sue preghiere? Quante le mattine in cui le era parso di scorgere i suoi occhi su un viso che non avrebbe dovuto appartenerle?
Ora sapeva, le era sempre appartenuto.
Il pensiero folle e sciocco di una ragazzina era sempre stato verità.
«Mia signora!» Colmò la distanza che le divideva con pochi veloci passi. Le prese le mani senza rifletterci troppo e le baciò con tutta la devozione che aveva sempre provato e che mai aveva avuto modo di mostrarle, con tutta la gratitudine per quei giorni di calore che avevano abbracciato una piccola bambina senza importanza, per il ricordo che aveva fatto compagnia a una giovane donna.
«Linn, non piangere.»
I suoi occhi...
Quei begli occhi ora si specchiavano nei suoi.
«Non sapete quanto lunga è stata l'attesa, mia signora, eppure adesso tutto sembra solo un battito di ali.»
Le sorrise e non riuscì a impedire ad altre lacrime di scivolare giù dalle guance.
Lady Sigyn le asciugò con dolcezza e poi le sorrise ancora.
«Linn, è giusto che tu sappia...»
Non le permise di continuare. Spostò la sua mantella ancora umida e raccolse la lettera che celava fra le sue pieghe. Lady Sigyn la guardò apparentemente incerta.
«Vostra Madre vi manda questa missiva.»
«Io...» Sembrò che le sue lacrime si fossero specchiate anche negli occhi di Lady Sigyn eppure il suo viso rimase asciutto. Le porse la lettera con riverenza. «Per me?»
Annuì a capo chino. «La mia sovrana mi ha comandato di consegnarla solo nelle mani del principe Thor.»
Le dita di Lady Sigyn sfiorato le sue quando presero la missiva.
«Come hai...?» Fu un breve fiato. «È stata la regina a informarti?»
Quando riguardò quel viso che tanto le era mancato sorrise ancora fra la lacrime. «No, non sapevo che vi avrei rincontrato qui su Midgard, ma non ho mai dimenticato le sfumature dei vostri occhi... Forse la mia regina lo sapeva.»
«Linn...»
«E io voglio che voi sappiate che la mia fedeltà è cieca quanto indissolubile, mia signora.»
Il suo sguardo disse più di quanto fece la lingua.
Lady Sigyn comprese e se trattene le sue di lacrime, era solo perché nelle sue vene scorreva il sangue di un principe di Asgard.
«Grazie.»



*



Tony prese un respiro e guardò verso Clint.
«So quello che stai per dire» sospirò Barton e lui sorrise. «Abbiamo qualcuno con delle risposte.»
«E non ne sei felice?»
Clint gli lanciò un'occhiataccia e poi tornò a guardare l'interno della stanza dove Thor, o meglio, Sigyn, stava ancora chiacchierando con la sua vecchia amica.
«In parte sì, in parte ho paura che alla fine di questa storia dovrò andare in analisi...»
«Faremo delle sedute di gruppo, tranquillo» rispose con un ghigno soddisfatto.
La Romanoff aveva seguito la scena in silenzio ma Tony fu rapito più volte dalla faccia assurdamente interdetta di Steve.
Povero Cap, se la faccenda assomigliava solo lontanamente a quella che aveva ipotizzato lui, probabilmente neanche le sedute di gruppo sarebbero servite.
Ma ora non aveva importanza, ciò che contava era che finalmente era giunta la persona giusta e, destino magnanimo, al momento giustissimo.
Non restava che fare le domande, e Tony aveva stilato da tempo una bella lista.



*



Steve avrebbe voluto chiedere spiegazioni, Steve aveva bisogno di spiegazioni per capire cosa si celava dietro quello che era appena accaduto davanti ai suoi occhi, dietro la reazione di Linn, dietro a quella di Thor.
Non ebbe tempo neanche per formulare una cortese ma bisognosa richiesta ché vide Linn accasciarsi fra le braccia di Thor.
«Linn?» Thor chiamò il suo nome mentre cadeva in ginocchio per sostenerla.
«Cos'ha?» chiese a quel punto avvicinandosi e sentendo un'inquietudine che non capiva tingere il suo viso mentre osservava quello privo di sensi della ragazza.
«È stato il viaggio.» Thor le sfiorò la fronte e poi una guancia ancora umida di lacrime. «Linn non ha mai viaggiato oltre le mura di Asgard. Deve essere stato spossante per il suo corpo. Necessita di riposo e di abiti asciutti.»
Steve incrociò quegli occhi azzurri e forse non riuscì a impedire alle domande, alla diffidenza, ai dubbi di trapelare dai suoi perché Thor riabbassò presto lo sguardo sul volto assopito della ragazza mentre scioglieva i piccoli nastri che tenevano stretto il mantello ormai zuppo.
Le parole di Clint risuonavano nella sua testa: “Thor non ci sta dicendo tutto.”
Era verità.
Thor aveva segreti chiusi fra le labbra e non aveva intenzione di pronunciarli.
Quei segreti avrebbero forse dissipato le nebbie che circondavano le azioni di Loki e della sua alleata o, nel peggiore degli scenari, ne avrebbero create di nuove.
«Qualcuno mi aggiorni. Cosa sta succedendo?» Il direttore Fury era giunto anch'egli ma Steve non badò molto alla sua presenza. Flesse un ginocchio e distese le braccia attorno al corpo di Linn.
«Me ne occupo io, Thor.» Intrecciò i suoi occhi solo per brevi istanti mentre si rialzava tenendo fra le braccia il corpo così leggero della ragazza.
«Grazie.»
«Capitano?»
Lo sguardo di Fury non riuscì a evitarlo, e non evitò neanche di dargli una risposta alla sua domanda muta.
«Signore, questa ragazza non è una minaccia.»
«Questo lascialo decidere a me.»
«Certo, signore, ma mentre lei decide renderò onore all'ospitalità della Terra facendola riposare su un letto anziché su un pavimento gelido.»
Varcò la soglia ignorando i successivi richiami e dirigendosi verso il reparto di infermeria, l'unico con delle brande. Sentì la voce di Natasha prendersi l'incarico di spiegare ogni accaduto.
«Wow, Rogers! Ho avuto un'erezione, giuro!»
La compagnia coattiva di Stark era l'ultima cosa di cui necessitava ma non fece nulla per impedirgli di andargli dietro.
Sapeva che Fury avrebbe fatto il terzo grado a tutta la squadra e poi lo avrebbe chiamato per fargli una lavata di capo, l'ennesima, per il suo comportamento.
Avrebbe affrontato a testa alta ogni sua parola, ciò che gli premeva adesso era capire almeno un po' quella situazione.
«La faccia di Nick era stupenda, sensazionale! - Jarvis, hai recuperato le immagini dalla telecamera nell'angolo ovest del corridoio?.... Oh perfetto, le voglio in HD sul mio palmare il prima possibile.»
Trattene un ringhio mentre lanciava un'occhiata spazientita al compagno, ma Stark aveva dalla sua un'irriducibile capacità di menefreghismo che, doveva ammettere, gli aveva invidiato più volte.
Quando raggiunsero l'ascensore e le porte si chiusero alle loro spalle, non poté più evitare la sua presenza.
«Dovresti ammutinarti più spesso, Rogers, dico sul serio! Hai un lato sovversivo che ignoravo. Sicuro che non fumi erba di tanto in tanto?»
«Stark, anche se ho le mani occupate questo non vuol dire che non possa rifilarti un calcio nel sedere se dici ancora mezza parola.»
Tony sorrise alzando le mani con fare scenico.
«Come vuoi, Cap. Come vuoi.»
Sapeva che non avrebbe mantenuto fede a quella parola.
Mentre i piani si intervallavano sulla parete frontale, Steve guardò il viso della ragazza che stringeva fra le braccia, le ciocche ramate che le ricadevano sul viso e rivide le lacrime che le avevano bagnato le ciglia pochi attimi prima.
Il modo in cui Linn aveva guardato e poi parlato con Thor raccontavano di qualcosa che andava oltre il rispetto, la stima e l'obbedienza che si riserva a un capo, a un Padrone - per quanto lo disturbasse quella parola. Se avesse voluto cercare un termine corretto, probabilmente ne avrebbe usato uno alquanto blasfemo: fede.
Tutto sommato, non era poi così blasfemo, ma per ammetterlo avrebbe dovuto mettere in discussione parecchie certezze e non era né il momento né il luogo adatto, soprattutto non quando aveva addosso lo sguardo sornione di Tony.
«Carina, eh?»
«Sto per alzare il piede.»
Tony sorrise ancora. «Non metterti sulla difensiva, Steve, non c'è nulla di male ad ammettere che una donna è attraente, anzi, se lo facessi potresti anche mettere a tacere tutte quelle voci sulla tua presunta omosessualità.»
Si sentì avvampare e d'istinto serrò la presa sul corpo sottile di Linn.
«Ma ch- Chi osa mettere in giro simili voci?» Era esterrefatto e indignato. La sua vita privata doveva restare tale e non capiva perché ci fosse quel continuo interesse a ficcanasare nei suoi affari. Non era un Don Giovanni e forse con le donne non sapeva neanche come parlare, ma questo non voleva assolutamente dire che avesse qualche tipo di strana inclinazione.
«Ehm... Sono stato io in effetti, però anche Clint- Ahi!»
Stavolta il calcio non fu solo una minaccia a vuoto. Steve gli colpì uno stinco con decisione e Tony per poco non svegliò la ragazza con il suo urlo.
«Ma che diavolo, Rogers! Vuoi rompermi una gamba? Sono già convalescente. Non hai visto il taglio sulla fonte? Ho anche il cerotto! Lo vedi?» brontolò Tony mentre si indicava un ridicolo cerotto rosso che sarebbe stato bene solo sulla fronte di un bambino, non certo su quella di un sedicente genio, miliardario playboy e quello che era.
«Se la gente ti tira scarpe e ti prende a calci non è il caso che ti fai un esame di coscienza? Magari quelle scarpe e quei calci li meriti, Stark» sentenziò mal celando un sorriso di beffa.
«Ah sì?» Le porte si aprirono e fu solo per questo che Tony riuscì a evitare il secondo calcio che Steve avrebbe voluto rifilargli quando riaprì bocca: «E tu meriti di restare vergine per il resto della tua vita!»
«Stark!»





₪₪





«La barriera è ristabilita.»
«Bene.» Styrkárr sospirò a fondo guardando il suo stesso riflesso nell'enorme specchio che tagliava in due la parete. «La falla però potrebbe essere stata avvertita, anzi, sicuramente è stato così.»
Amora lo affiancò con le braccia incrociate sul petto e osservò i suoi occhi attraverso la lastra riflettente.
«Cosa facciamo?»
«Nulla, ragazza mia, nulla. Loki deve ancora fare la sua parte e questo è il motivo per cui gli perdoniamo questa piccola disattenzione.»
«Insopportabile arrogante... ha osato mettere in dubbio le mie capacità quando non sa controllare neanche le reazioni delle sue braghe.»
Styrkárr rise di gusto e si voltò per incrociare il viso imbronciato della donna.
«Oh, Incantatrice... Abbiamo bisogno di lui ancora per un po'. Poi...»
Non continuò ma riuscì a disegnare un sorriso sulle sue labbra. «Spero lascerai a me un tale onore.»
«Non oserei mai negartelo, Amora, lo sai bene.»
«E io non te lo permetterei, Styrkárr.»
Amora gli piaceva, avevano lo stesso modo di vedere le cose, la stessa determinazione nel ribadire ciò che apparteneva loro e nessuno scrupolo a usare ogni mezzo per rispettare quella proprietà.
Per questo in qualche maniera gli spiaceva doverle tagliare il collo una volta che non avesse più avuto bisogno di lei. Ma avrebbe mantenuto la sua parola: non avrebbe negato a lei il diritto di tagliare quello di Loki.
«Data questa piccola inconvenienza sopraggiunta accidentalmente, abbiamo bisogno di accorciare i tempi.»
«Notizia meravigliosa. Non vedo l'ora di chiudere questa storia. Non sopporto più di averlo davanti a gli occhi.» La donna alzò lo sguardo verso il soffitto e non nascose un'espressione di puro disgusto che Styrkárr condivideva. «Non sopporto più neanche questo sudicio posto che si ostina a chiamare palazzo.»
«Per un ratto anche una fogna è una casa, Incantatrice.»
«Un ratto ha più buon gusto.»
Condivisero anche una risata mentre Styrkárr si diceva ancora una volta che sarebbe stato veloce e preciso e Amora non avrebbe sofferto troppo. Sarebbe stato il suo modo per ringraziarla della sublime compagnia.



*



Loki strinse forte i pugni sentendo le unghie conficcarsi nel palmo delle mani.
Serpi velenose...
Sapeva bene con chi aveva stretto quel patto, sapeva bene quale sarebbe stato il loro ruolo all'interno della sua commedia, sapeva bene come avrebbe fatto scontare a ognuno di loro ogni parola, ogni sguardo, ogni singola risata.
Serpi velenose... Io lo sono di più.
Spinse le porte e attraversò il salone raggiungendo i due che lo accolsero uno con un sorriso e l'altra con espressione seria.
«Pronto, giovane re?» lo beffeggiò senza decenza Styrkárr.
Loki sorrise serafico. «Mai stato più pronto.»
«Bene, allora vedi di non farti distrarre stavolta.»
Conficcarle una lama in gola, sarebbe stata la sua più grande soddisfazione.
«Amora, non dovresti dubitare del nostro alleato. Siamo giunti fin qui perché abbiamo completa fiducia nelle sue doti. Non è così? Se non fossimo stati certi che avere il suo aiuto fosse stato utile ma mai quanto necessario, non avremmo neanche osato disturbarlo.»
Conficcare una lama nella gola di Styrkárr sarebbe stata una soddisfazione ancora più grande.
«Quando sarò su Midgard sarò celato anche ai vostri occhi. Spero non sia un problema.»
«Oh, assolutamente, Loki.»
Amora sorrise con sfregio. «Nessuno di noi ha interesse a vedere quali mezzi deciderai di usare per convincerla a collaborare.»
«Fa' ciò che devi, ragazzo, e torna vittorioso. So già che lo farai.»
Loki si congedò con un cenno del capo e un sorriso sulle labbra.
Conficcare una lama nella gola di entrambi sarebbe stata una soddisfazione sublime, lasciare che se la conficcassero a vicenda, però, le avrebbe superate tutte.










L'alba aveva appena accarezzato il cielo. Rosso e arancio si abbracciavano come vecchi amanti mai stanchi.
Nelle sue mani sentiva la rigidità della carta e l'odore di casa solleticò le narici.
Aveva chiesto un po' di solitudine e aveva deciso di cercarla sulla cima del palazzo, sull'enorme spiazzo su cui sovente atterravano gli uccelli ferrosi dello S.H.I.E.L.D.
Infilò una ciocca di capelli dietro a un orecchio e si sedette a terra con le spalle contro un muro.
Ai suoi piedi la bellezza algida della città chiamata Grande Mela.
Aveva sempre trovato bizzarro quel nome ma aveva altresì sempre amato guardarla in compagnia del silenzio; che fosse sul terrazzo di casa di Tony o sul tetto di quel freddo edificio, o fra le braccia di Jane, non avrebbe mai smesso di lasciarsi sfuggire brevi sospiri di piacere.
Sollevò gli occhi al cielo ancora una volta sentendo il pallido sole incapace di scaldare la sua pelle inumidita ancora dalla brezza del primo mattino.
La lettera fra le sue mani era ancora chiusa.
Osservò a lungo il sigillo laccato di rosso, le linee fuse nella ceralacca che riportavano le iniziali di sua madre.
Lo ruppe sentendo una profonda inquietudine guidare le sue dita.
Quando ne spiegò la carta prese ancora un profondo respiro mentre scorreva con gli occhi le parole che sua madre aveva deciso di affidare a Linn, la sua piccola Linn.
Linn era parte di quel sogno andato in frantumi, parte di quell'illusione consumata in secoli lontani, non abbastanza lontani da non fare ancora male.
Ma Linn era anche la prova che non era stata un'illusione.
Linn era la testimonianza che un tempo aveva avuto davvero l'amore di suo fratello.
Non sono tuo fratello, non lo sono mai stato.”
E se quella menzogna non fosse mai stata detta?
Se avessero sempre saputo che non era sangue ciò che li legava ma altro? Che quell'altro non era un peccato?
Se quella notte di tanti secoli prima, Sigyn fosse rimasta, forse le cose...
Scosse la testa per sbarazzarsi di quel pensiero.
Sogni, speranze, utopie che non doveva più far germogliare né nella testa né nel suo cuore.
Avrebbe fatto solo altro male, avrebbe fatto male a troppe persone.
Mentre leggeva quella lettera, parve che la voce di sua madre fosse lì, che lei fosse lì a sospirargliele all'orecchio mentre faceva scorrere le dita fra i suoi capelli.
E quanto ne avrebbe avuto il bisogno ora, neanche sapeva dirlo.

Qualunque sia la trama scritta dal fato, Thor, figlio mio, solo tu puoi toccare il cuore di Loki...”

Non c'era quel nome, non veniva menzionata lei in nessuna riga, eppure era presente in ogni singola parola.
Sentiva che sua madre sapeva, per questo aveva inviato Linn su Midgard.
Ma aveva sempre saputo? Anche allora? Anche quando aveva indossato quel nome e quel cuore? Anche in quel tempo in cui aveva vissuto un vita e una passione tanto intensa quanto sbagliata?
Sua madre sapeva quando aveva asciugato le sue lacrime dopo l'inganno di Loki? Quando aveva pianto la sua morte e aveva sospirato fra le sue braccia quanto sentisse la mancanza di suo fratello? Quanto amasse suo fratello?
E suo padre sapeva, quando rigido e regale aveva comunicato la crudele verità delle origini di un bambino rubato al suo mondo e cresciuto e cullato in una calda e atroce menzogna?
Temeva quale fosse la risposta.

Sono ombre nere quelle che abbracciano il destino di Midgard e quello del resto dei Nove Regni. Sono nere le ombre che abbracciano il cuore di Loki. Sono ombre antiche e cariche di rancore, un rancore che può distruggerlo...

Aiutami a capire, Madre, aiutami a scogliere quelle ombre...
Ma non c'era soluzione in quelle parole, c'era solo una richiesta.

Pensa come fratello ma agisci come un Re. Cerca la forza nel fondo del tuo cuore e non avere paura di usarla...

Usarla contro chi, Madre? Contro cosa?

Midgard è celata alla nostra vista. Tutto è celato eppure il mio sguardo non ti abbandonerà, figlio mio, non abbandonerà nessuno di voi.
Anche le tenebre più fitte possono essere squarciate da un semplice raggio.
Ricordalo, bambino mio...

Sollevò gli occhi al cielo sempre più caldo e sospirò le ultime parole che sua madre aveva scritto.
«...C'è sempre speranza.»











***



Note:
[1] La battuta di Tony è un riferimento alla famosa scena del bellissimo film “Secretary”.








NdA.
Eccoci qui, ormai la verità è lì lì per essere scoperta...
...
Sìììì, credeteci XDDD
Più che altro iniziamo a smuovere le cose anche perché Lokino tornerà a fare danni, e che danni, signore mie u.u
E Linn si è presa una cotta per Cap, e Tony pure si è preso qualcosa per (colpa di) Cap, diciamo un livido sotto al ginocchio OxO
Io invece soffro di crisi da felicità natalizia e vorrei solo abbracciare tutti coloro che stanno seguendo questo sequel perché vi voglio bene e voglio bene a questa storia e la sto scrivendo con cuore e pancia *^*
Un abbraccio anche a quelle due serpi di Amora e Styrkárr perché grazie a loro posso bullizzare Loki senza troppi sensi di colpa XDDD
Il piccolo principe mi perdonerà, mi farò perdonare, promesso...
Ok, sparisco io e le mie demenze da xmas-addict.

Vi auguro un felice e sereno natale e, se non dovessimo leggerci, buona fine e miglior inizio!
Vi voglio bene <3
Kiss kiss Chiara
  
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