Cap 9
L' ultima lacrima
IX.
Quando
aprì gli occhi si sentì avvolta da un dolce
tepore. Non
riconobbe il luogo che l'accoglieva e cercò con lo sguardo
qualcosa che l'aiutasse a orientarsi.
La
trovò su una seggiola
vicino a quello che sembrava uno scrittoio. La trovò nel
capo
assopito del capitano Rogers, poggiato sulle sue stesse braccia.
Si
tirò a sedere scoprendo
che il tepore che sentiva era causato dalla morbida consistenza di una
pelliccia che le avevano poggiato addosso. Era una cosa bizzarra. Non
aveva mia visto una pelliccia priva di peli, così liscia al
tatto eppure così calda.
Pensò
che doveva aver perso i sensi.
Ricordava
solo il viso di Lady Sigyn e le sue braccia che la sostenevano.
Poi un
profumo forte e deciso che
l'aveva accompagnata fin dentro all'universo in cui aveva
sognato l'oro del palazzo e il sorriso della sua sovrana.
Passò
le dita sul tessuto grigio e sollevò ancora lo sguardo sul
volto del giovane soldato.
Quel
profumo era ancora in quella stanza bianca: era quello del capitano
Rogers.
Aveva
vegliato il suo sonno?
Si
sentì una sciocca a pensarlo. Semplicemente l'aveva vigilata.
Era
un'estranea. Non
apparteneva a quel mondo, era giusto e saggio che le venisse affidato
un custode per controllare i suoi passi.
Ad Asgard
era usanza adottare simili prudenze con ogni forestiero.
Si
portò la pelliccia
più vicino e le fu concesso di indugiare sul viso assopito
del
midgardiano. Sembrava stanco e bisognoso di riposo, sembrava che quel
sonno lo stesse cullando dolcemente.
Le labbra
quasi sorridevano.
Avrebbe
potuto tranquillamente
camminare al fianco dei soldati della guardia reale senza alcuna
difficoltà. Non deficeva per nessuna dote: corporatura,
forza, coraggio... bellezza.
Con indosso
l'oro di Asgard avrebbe potuto competere con la magnificenza del suo
principe.
Si
sentì arrossire a quel pensiero e scosse il capo per
rimproverarsi.
«Sei
sveglia?»
Notò
solo allora, sulla
soglia della porta, la figura della valchiria dalle rosse chiome. Non
si chiese da quanto fosse lì, da quanto la stesse
osservando.
Aveva paura che rispondersi avrebbe solo aumentato il timore che ella
le suscitava.
«Ho
perduto i sensi?» chiese abbassando lo sguardo sulla
pelliccia che stringeva fra le dita.
«Sì.
Thor dice che è normale visto che è stato il tuo
primo viaggio.»
Annuì
ancora a capo chino. «Perdonatemi per avervi arrecato tanto
disturbo.»
«Figurati...
di solito le
visite che riceviamo non sono molto gradite, anche perché il
più delle volte hanno come unico scopo quello di
annientarci.» La stranezza di quelle parole le fece alzare
gli
occhi sul viso della donna e lo trovò segnato da un sorriso.
«Quando arriva qualcuno con delle buone intenzioni siamo ben
felici di ospitarlo.»
La fierezza
del suo sguardo non
impedì a un'insospettata dolcezza di attraversarlo e Linn
fu felice che la bella guerriera l'avesse ritenuta degna di
quella concessione.
Un
brontolio si sollevò dello scrittoio e capì che
il sonno del capitano doveva essere stato spezzato.
«Capitano,
alla
buonora!» Udì scherzare la donna e
osservò come il
busto del soldato si sollevava con movimenti apparentemente ancora
stanchi.
«Credo
di essermi appisolato...» La sua voce ancora incerta aveva un
suono stranamente dolce.
«Infatti,
e non ci hai fatto una bella figura con la nostra ospite.»
A quel
punto incrociò gli
occhi azzurri del soldato e se non avesse d'istinto scostato i
suoi avrebbe visto il rossore che aveva imporporato le sue guance.
«Oh,
io...» Un colpo di tosse. «Sei sveglia? Bene...
Come ti senti?»
«Ristorata,
capitano. Grazie per il vostro gentile interessamento.»
«Fury
ti vuole nel suo
ufficio.» La guerriera parlò ancora e il viso del
capitano
si fece serio. «Resto io con lei, tu vai. Non credo che
stavolta
sarà veloce.»
Non
capì cosa volesse dire.
Vide solo il capitano avviarsi alla porta e regalarle un ultimo sguardo
prima di imboccare il corridoio a sinistra.
Non avrebbe
voluto che andasse via,
ma sapeva non poteva chiedere che uno dei guerrieri più
valorosi
di Midgard fosse regresso al servizio di guardia, non per una semplice
messaggera come lei.
*
Sentì
dei passi arrivare dal fondo delle scale e poco dopo scorse il viso di
Clint.
«Sapevo
di trovarti qui.» Lasciò che si avvicinasse.
«Hai letto la lettera di tua madre?»
«Sì»
ammise guardandola ancora fra le sue dita.
«Dice
qualcosa che potrebbe esserci d'aiuto?»
Alzò
il viso per incrociare i suoi occhi e scosse la testa.
«Mi
spiace.»
Clint prese
un profondo respiro e
portò lo sguardo all'orizzonte, lo stesso in cui aveva
annegato il suo nelle ultime ore.
«Neanche
qualcosa che può essere d'aiuto a te?»
Clint le
ricordava Fandral. Anche
lui, come il suo buon amico, nascondeva la profondità dei
suoi
pensieri e delle sue emozioni sotto una maschera di spavalderia, non
ostentata come quella dello spadaccino, ma comunque mirata al solo
scopo di non mostrare quanto a fondo e lontano potesse giungere il suo
cuore.
Clint aveva
una spiccata sensibilità eppure sapeva tenerla sotto chiave.
Era una
difesa e poteva talvolta essere un'arma.
Non si
stupì perciò della sua domanda così
sottile eppure decisa.
«Forse»
rispose sollevandosi da terra e lo vide sorridere.
«Allora
è andata bene
comunque.» Riflesse il suo sorriso mentre adesso i raggi del
sole
cocevano come fiamme. «Fury mi ha affidato al controllo e
alla
supervisione delle tue interazioni all'interno e
all'esterno della squadra.»
Non
riuscì a decifrare
velocemente quell'espressione ma fu Clint a chiarirla con un
ennesimo sorriso. «In parole povere vuole che ti spii come
una
carogna e che gli riporti ogni tuo movimento... Inutile dire che
può sognarselo.»
Non chiese
per quale motivo, era chiaro anche a chi non aveva mai brillato per i
fini ragionamenti: non si fidava.
Fury non si
fidava, forse neanche Steve si fidava più.
Lo aveva
letto nei suoi occhi, nelle domande che non aveva fatto e nelle
risposte che non aveva voluto udire.
Non poteva
dar loro neanche torto, la loro sfiducia era solo conseguenza del suo
comportamento limaccioso.
Stark aveva
avuto anche la schiettezza di dirlo apertamente.
«Ti
sono grato per la tua lealtà, Clint»
sospirò con sincerità.
Clint
rispose con un piccolo sorriso.
«Sai
perché mi piace
osservare dall'alto le cose?» Scosse il capo in silenzio.
«Perché assumono una forma diversa, non
perché
sembrano più piccole - quella è una cazzata da
psicoanalisi - ma perché hanno contorni più
netti. In
qualche maniera è come se fossero più
reali.»
«Più
facili da combattere, quindi.»
«Esattamente.
Quando sai dove
colpire è difficile sbagliare mira, la questione a quel
punto
è solo una.»
Aspettò
qualche istante
prima di chiedere una risposta che sapeva aver trovato già
sul
fondo di ghiaccio dei suoi occhi.
«Se
sei pronto a colpire?»
Il suo
compagno scosse il capo sciogliendo le braccia che teneva incrociate
sul petto.
«Se
sei pronto ad affrontare ciò che accade dopo aver
colpito.»
Se sei pronto a prenderti le
responsabilità per le tue azioni.
Dall'alto
di quel maestoso
edificio riuscì a vedere il cuore di Loki, i suoi contorni
netti
e la crepa che lo lacerava.
Suo padre
non si era preso la responsabilità di quel fendente.
Sua madre
aveva tentato di curarlo ma non era stata lei ad affondare la lama.
Quell'elsa
l'aveva tenuta prima Odino e poi Thor.
Thor non si
era preso la responsabilità di quel fendente.
Adesso,
toccava a Sigyn farlo.
*
Jane aveva
afferrato una brioche e
l'aveva guardata a lungo, aveva provato a portarla alla bocca ma
non era riuscita neanche a tirar via un misero morso.
Pepper
aveva preso un aereo qualche ora prima.
Le aveva
chiesto scusa ma doveva
andare. Le aveva detto di sentirsi come a casa sua, di chiedere a
Jarvis qualsiasi cosa di cui avesse bisogno.
Poi aveva
mandato Happy a comprare delle brioche e Happy gliele aveva portate
calde e profumate.
Pepper,
elegante come sempre, era
sparita dietro alle porte dell'ascensore. Il viso tondo di Happy
l'aveva seguita subito dopo.
Jane era
rimasta sola in quell'enorme casa con l'unica compagnia di una voce
elettronica.
Forse non
proprio sola: sul divano del soggiorno, Bruce ancora dormiva.
Erano ormai
le 10.00 passate di mattina e la brioche era diventata fredda.
Thor non
era ancora tornato.
La bella
donna forse lo avrebbe fatto presto. Thor non sarebbe tornato
altrettanto presto.
«Dottoressa Foster?»
Era
sobbalzata a quella voce e il dolce le era caduto dalle dita.
«Che
succede?» Dal
divano anche Bruce si era svegliato. «Dannazione, mi sono
addormentato di nuovo...» brontolò stropicciandosi
gli
occhi con le dita. «Scusa, Jane, è che-»
«Sei
solo stanco, Bruce. Non devi scusarti.»
Ma Bruce si
era scusato ancora e
Jane aveva preferito sorridergli piuttosto che ripetergli per
l'ennesima volta che non ce n'era bisogno.
«Dottoressa Foster, ho il signor
Stark in linea per lei.»
Stavolta i
suoi nervi avevano retto.
«Oh...va
bene. Cosa devo
fare?» Si guardò attorno confusa sentendosi
paradossalmente impacciata a essere una scienziata che aveva
così poca familiarità con delle attrezzature
informatiche
all'avanguardia.
«Credo
che basti rispondere
“pronto?”» Le suggerì Bruce
con un sorriso
stiracchiato che però in quel momento sembrò
scaldarla.
Sorrise a
sua volta e sollevò lo sguardo al soffitto.
«Ehm...
pronto?» ridacchiò imbarazzata mentre vedeva il
sorriso di Bruce allargarsi.
«Jane? Sono Tony, Tony Stark.
Ricordi? Il bell'uomo vestito Ferragamo sul quale hai rovesciato
lo champagne all'ultimo ringraziamento? »
Incredibile...
ancora voleva
continuare con quella storia. Come se il ricordo della sua
imbranataggine non fosse già abbastanza.
«Sì,
mi ricordo di te,
Tony» sospirò mentre Bruce la guardava
con
solidarietà. Se c'era qualcosa che li accomunava oltre
l'amore per i numeri e la scienza, era l'essere totalmente
fuori posto praticamente ovunque.
«Bene, allora se il dottor
Banner è ancora in sé vorrei che ci raggiungeste
allo
S.H.I.E.L.D. C'è qualcosa che necessita del tuo
cervellone, dottoressa.»
«Cosa?»
chiese Bruce precedendola.
«Stelle e pianeti, o meglio,
pianeti spariti misteriosamente all'occhio del Grande
Fratello asgardiano.»
Non
capì molto chiaramente ma non sembrava nulla di positivo.
«Cosa
significa?»
domandò ormai abbandonando l'idea di fare una colazione
anche solo per calmare il brontolio del suo stomaco.
«Significa che la Stark Tower
molto presto finirà per essere il più lussuoso
albergo di Midtown.»
Scambiò
uno sguardo confuso con Bruce quando la chiamata si spense.
«Credo
che tradotto voglia dire: altri guai in vista»
sentenziò a quel punto Bruce grattandosi un orecchio.
Jane
sospirò soltanto mentre seguiva con gli occhi il contorno
della sua testa arruffata.
«Thor
sarà lì.»
Bruce
annuì e lei inghiottì ogni altro sospiro.
No, Thor
non era lì. Thor non era più lì.
*
«Mia
madre dice che Midgard
è celata ai loro occhi, questo vuol dire che con ogni
probabilità c'è una qualche barriera mistica che
impedisce perfino a Heimdall di far giungere i suoi occhi fino a
noi.»
«Opera
di Loki, presumo.» Steve sospirò e
osservò il viso dei suoi compagni.
Il silenzio
di Natasha, quello di Clint. Il silenzio di Tony...
Il silenzio
di Tony era la prova che la cosa aveva una sua gravità.
«Celarsi
ai nostri sistemi di
videosorveglianza in fin dei conti è roba che un buon hacker
potrebbe fare senza bisogno di trucchetti magici.» Tony
decise di
uscire da quel insolito mutismo sedendo su una scrivania.
«Per
Loki deve essere stato semplice, ma addirittura nascondere tutta la
Terra... Può farlo davvero?»
Thor scosse
la testa. «Per
quanto grande possa essere il suo potere, il suo seiðr non
può espandersi così tanto... almeno
credo.»
«Se
lui non ha questa capacità magari è stato aiutato
dalla sua bella bionda.»
Thor non
disse nulla e sembrava stesse cercando qualcosa nello sguardo perso al
pavimento.
«Non
c'è davvero
niente che possa aiutarci in quella lettera, Thor? Magari tua madre ti
ha lasciato qualche messaggio cifrato» ipotizzò
Natasha.
«Potrebbe
essere.» E
Clint appoggiò la sua riflessione. «Nel caso fosse
caduta
nelle mani sbagliate.»
La
richiesta era implicita: volevano leggere con i loro occhi le parole
scritte su quei fogli.
Steve aveva
chiesto a Linn di mostrargliele, lei aveva rifiutato.
Thor aveva
solo riportato il
contenuto ma teneva stretta fra le mani quella lettera con la palese
intenzione di non porla in quelle di qualcun altro.
Steve era
sicuro che Thor non
avesse omesso nulla di quelle parole, e insistere affinché
gliele mostrasse sembrava una costrizione bella e buona e Thor era un
amico, un amico in difficoltà, non certo un nemico.
«Questa
lettera era diretta a
me, e mia madre conosce bene le pieghe del mio cuore così
come
conosce quelle della mia perspicacia.»
«In
altre parole non sei il
tipo da leggere fra le righe.» Tony saltò
giù dalla
scrivania e lo raggiunse. «E la tua amica asgardiana? Neanche
lei
ne sa niente?»
«Linn
ha solo eseguito il
compito che le è stato affidato e avrebbe messo in gioco la
sua
vita per portarlo a termine. Non sa nulla che possa aiutare le tue
ricerche, Stark.»
Thor si era
messo sulla difensiva e
Steve lo aveva avvertito. Aveva avvertito il senso di protezione e di
responsabilità che provava verso quella ragazza.
Linn
sembrava importante per Thor, lo era.
Non si
perse in pensieri di natura
maliziosa, non era come Tony, ma soprattutto aveva letto solo sincero
affetto e gratitudine negli occhi di Thor.
«Nessuno
chiederà
risposte a Linn, Thor. Stai tranquillo» lo
rassicurò con
fermezza. «Aspetteremo l'arrivo della dottoressa Foster e
vedremo se almeno lei può capirci qualcosa.»
«Sperate
sia
così.» Il tono di Fury li sorprese con ancora
più
sicurezza. «Questa storia si sta protraendo anche troppo e
ormai
non riesco a tenere a bada tutti quei paparazzi che gironzolano come
mosche attorno a quel martello.»
«Non
credo che questa sia la priorità, Nick. I paparazzi poi
fanno solo il loro lavoro.»
«Se
permetti decido io quali
siano le priorità qui, Stark, e farti tenere quella bocca
chiusa
è una di quelle che mi impegnerò a far rispettare
di
persona.»
Tony decise
di non controbattere stavolta e rispose solo con un sorriso arrogante.
Steve
gliene fu grato, non aveva voglia di subirsi un altro dei loro screzi,
soprattutto non avrebbe portato a nulla di buono.
«Chiamatemi
quando la dottoressa sarà qui.»
«Sissignore.»
E con il
saluto di Clint il direttore li lasciò nuovamente, non prima
di
aver regalato a ognuno di loro un'occhiata di monito.
Steve prese
un altro respiro profondo mentre Tony propose qualche altra stramba
teoria che nessuno condivise.
Poco dopo
dalla porta si affacciò il viso di Bruce, accanto a lui
quello di Jane.
Gli occhi
di Thor si coprirono ancora una volta di un'inspiegabile tristezza.
*
Linn aveva
sentito parlare della
bella midgardiana che aveva rapito il cuore del suo principe. Ne aveva
sentito decantare la bellezza e le eccellenti doti intellettuali.
La
osservò in silenzio, seduta sulla sua sedia di metallo, e
parlò solo quando le veniva chiesto.
Non aveva
risposte che sembrassero
di utilità. Si sentì lei stessa davvero solo un
ulteriore
incomodo alle già ardue vicissitudini che stavano
attraversando
i midgardiani.
Cercavano
un modo per riportare
indietro Thor, così dicevano, per spezzare l'incantesimo
che lo teneva chiuso in quel corpo.
L'incantesimo
gettato da un principe perduto, un principe dallo sguardo triste e dai
sorrisi studiati.
Un principe
perduto che lei ricordava di aver visto un tempo bello e vivo. Felice.
Ciò
che accadde quando il principe Loki tradì, sembrò
non sorprendere quasi nessuno.
Era
malvagio, si diceva ad Asgard. Il suo cuore nascondeva solo inganni, la
sua lingua era madre di menzogne.
Aveva
tradito e aveva perduto il
senno. Aveva rinnegato il suo passato e la sua stessa famiglia per
abbracciare le profondità dell'oscura magia.
Linn vide
solo gli occhi della sua regina piangerlo, solo il silenzio del
principe Thor ricordarlo.
Nella
solitudine della sua piccola
camera, anche lei versò lacrime per quel ragazzo a cui fu
destinato il titolo di Signore del Caos.
Ma i
midgardiani non sapevano, non
sapevano della giovane donna che aveva scaldato il cuore di un figlio
dei ghiacci. Non sapevano di un fratello che aveva amato davvero, e nel
fondo degli occhi di Lady Sigyn, Linn capì che non voleva
sapessero.
La sua
lingua avrebbe legato ogni parola, e non c'era tortura o minaccia che
potesse far vacillare la sua fedeltà.
Se anche la
morte l'avesse
aspettata alla fine di quel viaggio, con lei avrebbe portato quel
segreto così come lo aveva custodito nel corso dei secoli,
così come neanche l'occhio del Grande Padre era riuscito a
estirparlo dalla sua bocca.
«Heimdall
non può
sentirmi. Ho provato a invocare il suo nome e chiedere l'accesso
al Bifrost ma non ho ricevuto risposta.»
«Abbiamo
provato prima sul
tetto e non è successo niente.» L'arciere
parlò con voce grave verso la donna che avrebbe dovuto
essere la
dama del cuore del principe Thor.
Lei la
osservò ancora e
cercò di comprendere cosa avesse permesso a quella gracile
creatura di entrare con tale prepotenza nell'anima del suo
signore.
Sul grande
tavolo c'erano
tanti fogli, tante carte diverse con segni che non riconosceva, e
ascoltava parole che non capiva.
Lady Jane
parlava con calore e passione, tanta, troppa passione per un fisico
così minuto.
Forse era
stata quella passione ad averlo rapito.
«I
satelliti non mostrano
anomalie e non è stata rilevata alcuna stranezza per quanto
riguarda l'orbita della Terra né degli altri corpi
celesti. È tutto perfettamente ordinato... Anche
troppo.»
«Cosa
vuoi dire?»
L'uomo che
aveva accompagnato
la donna era lo studioso che serbava una bestia indomabile
nell'anima. Così aveva detto il principe Thor in uno dei
suoi racconti.
Linn non
riusciva a credere che un uomo così mite e dallo sguardo
buono fosse in realtà solo un falso involucro.
«Ogni
giorno orbitano attorno
alla Terra infiniti corpi celesti: asteroidi, comete, frammenti di
diversa natura. I nostri satelliti servono a monitorare il loro
percorso anche per evitare che essi possano essere attratti dalla
gravità terrestre e finire con il collidere contro la Terra
stessa. Dai rilevamenti delle ultime 72 ore, però non
è
stato riscontrato un solo movimento critico di corpi celesti nella
nostra orbita.»
«Che
vuoi dire, che non ci sono più meteoriti nello
spazio?»
«No,
è questo il
punto, Bruce: i meteoriti e gli asteroidi ci sono ancora. Vedi? Sono
stati rilevati dai nostri satelliti ma nessuno di essi è
più entrato neanche lontanamente in contatto con la nostra
orbita.»
«Ci
stanno evitando? È questo che volete dire?»
Il viso del
capitano Rogers si
piegò in un'espressione confusa che Linn condivideva
perché non riusciva a seguire il discorso di Lady Jane.
«No,
Rogers, è che non ci vedono.»
«Esattamente.»
Uno strano
silenzio scese nella
stanza e lei si sentì così fuori posto che
avrebbe solo
voluto tornare nella stanza ad abbracciare la pelliccia priva di pelo
con cui era stata scaldata quella prima notte su Midgard.
«Ecco
quello che voleva dire
tua madre con “La terra è celata.” Loki
ci ha
nascosto non solo dalla vista del tuo guardiano, ma dall'universo
stesso.»
«Questo
non è possibile, Clint.»
«A
quanto pare lo è, capitano.»
«Ma
se il tuo mondo non
può vederci e quindi collegarsi al nostro, Thor, come ha
fatto
Linn a giungere da noi?»
Alla
domanda del capitano, Linn si
sentì investire da una moltitudine di occhi e
finì con
l'abbassare i propri.
Non aveva
risposte per quei quesiti.
«Non
lo so...» La voce
di Lady Sigyn era così inquieta che si sentì
stringere il
cuore. Non voleva udirla così, voleva udirla allegra e
spensierata così come la ricordava da bambina, eppure da
quando
l'aveva rivista le era sembrava così diversa, la sua amata
signora, così triste, così persa...
«Sono
stata convocata dal
guardiano e dalla mia regina e mi è stato intimato di
affrettarmi.» Iniziò a chiarire di sua iniziativa
e
sentì un collettivo silenzio rispondere. Sollevò
lo
sguardo e cercò quello di Lady Sigyn. «Ho udito
Heimdall
ribadire più volte che non vi era più
tempo.»
«Non
c'era tempo per cosa?» le chiese il capitano.
Linn scosse
il capo. «Non conosco altro, mi spiace.»
«Una
crepa.» Fu la
midgardiana a parlare. «La barriera eretta da Loki deve
essersi
fratturata e questo ha permesso al tuo mondo di vederci e di aprire il
ponte.»
«Cosa
vuoi dire con fratturata, Jane?»
«Pensaci,
Thor: Loki ha come
inglobato l'intero pianeta in una scatola chiusa, ma per qualche
ragione si deve essere creata un'apertura e tua madre ne ha
approfittato per inviare Linn e permetterle di recapitarti la sua
lettera. Con ogni probabilità la barriera è stata
richiusa e adesso non è più possibile collegare i
due
mondi. Lo so, lo so che sono solo ipotesi prive di dati che possano
accreditarle, ma credo che sia questa la strada giusta da seguire per
chiarire la situazione... Se solo potessi studiare i cambiamenti
astrali almeno degli ultimi 20 giorni... Ma avrei bisogno di
tempo.»
«Ha
tutto il tempo che vuole,
dottoressa Foster, e i laboratori dello S.H.I.E.L.D. sono a sua
disposizione. Faccia ogni ricerca che ritiene necessaria e chieda ogni
risorsa utile affinché questa faccenda veda un punto di
svolta.»
L'uomo
dalla pelle nera le
incuteva timore. L'aveva osservata a lungo e le aveva chiesto
cose a cui non aveva saputo - voluto - rispondere.
«Jane,
non serve che tu resti qui. Non hai l'obbligo di farlo...»
«Non
è un obbligo,
Thor. Voglio restare qui e rendermi utile. So che posso esserlo. Questo
è il mio mondo, non ricordi? Pianeti, stelle...
Alieni.»
Aveva un sorriso dolce, Lady Jane.
Dolce
quanto quello che le restituì la sua signora.
«Perfetto,
immagino che anche tu, Bruce, prenderai casa nel laboratorio dello
S.H.I.E.L.D., giusto?»
«Se
non ti conoscessi, direi che mi stai cacciando dalla Stark
Tower.»
«Perspicace,
dottore. Ora che abbiamo un altro ospite devo liberare una
stanza.»
«Ci
sono almeno dodici piani vuoti nella tua torre, Tony, non serve
sfrattare il dottor Banner.»
«Da
quando sei così
preoccupata per il destino di Bruce? Non dirmi che batte un cuore in
quel gelido corpo da spia?»
«Vedrai
cosa batterà nel tuo quando ti avrò infilato una
granata lì dove sai...»
La rossa
guerriera aveva abbandonato la stanza seguita da un sorridente arciere.
«Siamo
sulle tracce di quello svitato, se avete bisogno di noi.»
«Tranquillo,
falco, vivremo bene anche senza il tuo culo nei paraggi.»
Linn
pensò che i midgardiani avevano uno strano modo di
comunicare...
Lady Sigyn
le si avvicinò e lei si alzò intrecciando le dita
delle mani.
«Mia
signora, mi spiace arrecarvi fastidio.»
«Nessun
fastidio, Linn. Tony
ha cortesemente messo a disposizione la sua dimora e lì
sarai al
sicuro finché non riusciremo a trovare il modo di aprire il
Bifrost cosicché tu possa tornare ad Asgard.»
Non senza di voi...
Lo
pensò ma restò fermò sulla punta della
lingua.
«Come
desiderate, Lady Sigyn.»
«Continui
a chiamarmi
così anche adesso che sai...» La vide sospirare
debolmente
con le labbra ancora piegate verso l'alto.
«Perdonatemi,
se volete che smetta-»
«No...
no, va bene, Linn. Va bene.»
Avrebbe
voluto cancellare
l'ombra buia nei suoi occhi, avrebbe voluto cancellare il
tormento e la sofferenza che avevano spento quel piccolo dolce sorriso.
*
Tony era
stato gentile ancora una volta.
Aveva
accolto Linn nella sua casa
senza fare troppe domande e le aveva messo a disposizione ogni strano
attrezzo terrestre che perfino lei
faceva ancora fatica a comprendere.
Jane era
rimasta allo S.H.I.E.L.D.,
insieme a Bruce. Gliene fu grata, avrebbe voluto dirgli ancora grazie;
sperò che i suoi occhi lo avessero fatto.
Steve li
aveva accompagnati fino alla torre e poi era tornato indietro per
seguire Natasha e Clint nella loro ricerca di Loki.
Sapeva,
sarebbe stato inutile,
perché Loki non si sarebbe più fatto trovare
almeno che
non lo avesse ritenuto utile per i suoi fini.
I suoi fini
non li conosceva,
temeva di chiedersi realmente quali fossero, temeva di chiedersi quale
fosse il ruolo di Amora in tutto ciò.
«Ti
ho fatto un piccolo regalo, così magari stendi un po' i
nervi. Mi sembra che tu ne abbia bisogno.»
Si
voltò verso il viso sorridente di Tony mentre guardava Linn
che prendeva confidenza con la tivù.
«Mi
occupo io di lei. Ho
intenzione di insegnarle a usare il microonde. Sono certo
sarà
un'allieva più promettente di te.»
«Non
ho bisogno di dormire. Grazie comunque per l'offerta, Tony»
rispose sapendo di mentire.
Aveva
bisogno di chiudere gli
occhi, aveva bisogno di dimenticare almeno dietro all'illusione
di due palpebre chiuse tutta quell'ondata di emozioni che
l'avevano investita così all'improvviso. Aveva
bisogno di chiudere gli occhi e sentirsi ancora Thor, invece di
continuare ad avvertire il suo nome abbandonare sempre più
la
sua pelle, e con l'arrivo di Linn, Sigyn
era diventata sempre
più forte.
«Oh,
ma io non parlavo di dormire.»
Non
capì.
Tony si
alzò dal tavolo e raggiunse Linn che sedeva ancora
diffidente sul divano di casa sua.
«Allora,
piccola Linn, Thor ti ha parlato della pay TV?»
«No,
signor Stark.»
«Bene,
allora iniziamo dal principio - e non chiamarmi “Signor
Stark”, mi fai sentire un vecchio.»
«Non
volevo offendervi, mio signore.»
«Sbagliato
ancora, Linn: “non volevo offenderti, Tony.”
Chiaro? Io Tony, tu Linn.»
Linn era
arrossita ma aveva annuito. «Va bene, Tony.»
Le sue
labbra si sollevarono in un
sorriso stanco mentre ascoltava Tony dilettarsi in ciò che
sapeva fare meglio: ostentare la sua infinita conoscenza.
Quando
raggiunse la sua camera, capì in cosa consisteva il regalo
di cui aveva parlato Tony.
Nel grande
bagno la vasca in marmo
rosa era completamente colma d'acqua calda e dei piccoli
bastoncini bruciavano spandendo nell'aria un odore così
buono che le regalò un breve momento di quiete.
Non avrebbe
dovuto prendersi quel
lusso, non era tempo di cedere al torpore del corpo e della mente,
eppure era così invitante quell'angolo di pace...
I suoi
fratelli di armi stavano
investendo ogni loro risorsa per aiutare la sua causa. La sua Jane,
stava ricurva su carte e numeri per cercare qualche risposta. Sua madre
di certo stava cantando preghiere per raccomandare alle Norne la sua
sicurezza e suo padre... Se sapeva, stava affrontando la cosa come un
re: nel silenzio del giudizio, nella riflessione della giusta sentenza
da pronunziare.
Non avrebbe
dovuto, potuto, voluto
abbandonarsi al becero richiamo di qualche attimo di sciocco riposo.
Vigliaccamente
cedette.
Fece
scivolare via ogni abito, ogni
stoffa che aveva tenuto coperto quel corpo che non riusciva a far
tacere, che aveva richiamato memorie credute perdute, e sentimenti,
bisogni, creduti ormai dimenticati.
Quando
l'ultimo tessuto abbandonò la sua pelle osservò
l'immagine della donna riflessa allo specchio.
Sfiorò
con la mano il viso, il seno, il ventre.
“Perché
non mi hai permesso di nascere?”
Quella
piccola voce che le parve di udire nelle orecchie condusse il suo
sguardo lontano da quell'immagine.
Perdonami...
Affondò
un piede
nell'acqua calda e subito sentì il bisogno di immergere
ogni angolo di pelle nell'abbraccio quasi ustionante di quel
bagno.
Si immerse
fino a che il pelo dell'acqua non coprì anche i suoi capelli.
Riemerse
qualche attimo dopo quando si accorse che i polmoni non avevano
più la resistenza che rammentava.
Prese brevi
e veloci respiri e quando il battito rallentò
poggiò il capo sul bordo di marmo chiudendo gli occhi.
Non aveva
badato al suo polso e ora
anche la fasciatura era completamente bagnata. Le medicine che le aveva
dato Bruce avevano attenuato il dolore sebbene ne avesse sentito
l'eco aumentare nelle ultime ore.
Avrebbe
dovuto chiedergli di medicarlo nuovamente, avrebbe dovuto chiedere a
Bruce di lasciare Jane.
Decise che
poteva rifare anche da
sé quella fasciatura, aveva combattuto abbastanza battaglie
da
saper come medicare un arto ferito.
Thor ha combattuto quelle
battaglie...
Aprì
gli occhi al soffitto bianco.
«Thor...»
sospirò volendo risentire ancora addosso quel nome.
Non
sembrava calzarlo più.
*
Natasha
sapeva cosa voleva dire quello sguardo e sapeva anche che Clint avrebbe
saputo leggere il suo.
«Non
le hai chiesto nulla?»
«Esattamente»
rispose
percorrendo con gli occhi i risultati dell'ennesima ricerca
infruttuosa comparsa sul monitor.
«Perché?
Sei stata in quella stanza con lei per un'ora.»
«Non
sa nulla che può aiutarci e ciò che sa non lo
avrebbe detto ugualmente.»
Quando
Steve l'aveva lasciata
da sola con Linn, Natasha aveva ovviamente pensato di poter
approfittare di quell'occasione.
Il
direttore era stato chiaro:
quella ragazza non era una semplice messaggera. A lei il compito di
scoprire tutto ciò che poteva sul suo conto.
Avrebbe
portato a termine il suo ordine, però aveva capito da subito
che non sarebbe stato facile.
“La mia
fedeltà è cieca quanto indissolubile.”
Non le
erano sfuggite quelle parole
e quindi era stato chiaro che la catena che teneva la lingua di Thor,
avrebbe tenuto stretta anche quella di Linn.
Linn era un
soldato, forse non nel temperamento e di certo non per le
capacità sul campo, ma di cuore sì.
Ed era un
soldato dei più leali e fidati, un soldato che neanche il
dolore di una tortura avrebbe fatto vacillare.
«Solo
perché non ho fatto domande, non vuole dire che non abbia
avuto risposte, Clint.»
La
osservò dubbioso e poi scosse la testa.
«Io
credo che dovremmo essere più diretti.»
«Ah
sì?» Si voltò a guardarlo e sorrise.
«Tu lo sei stato con Thor?»
Non le
rispose. «Colpa del
tuo debole per le bionde, agente Barton.» Lo
provocò
sfoggiando un sorriso compiaciuto.
Clint
ghignò di rimando. «Che stronza...» E
riprese a cercare un qualche indizio che li conducesse a Loki.
«Ricorda
che per quanto vuoi affondare un relitto, prima o poi qualche rottame
torna sempre a galla.»
«Ti
sei data agli aforismi, Nat? La compagnia del capitano ha un cattivo
effetto.»
Non
trattenne un risolino
divertito. «Sarà, ma qualcosa mi dice che la
nostra
messaggera la gradisca particolarmente.»
Clint
arrestò il suo lavoro e la guardò incuriosito.
«Te
l'ho detto: non mi serve fare domande.»
La Vedova Nera scopre sempre
ciò che le serve sapere.
«È
una fortuna non
averti come avversaria...» Si scambiarono un sorriso
complice.
«Non più.»
«Chissà,
forse un giorno rimpiangerai di non avermi fatta fuori quando ne hai
avuto occasione...»
«È
molto più
probabile che rimpianga quella notte a Budapest quando non ho
approfittato della tua sbronza per portarti a letto.»
E pensare
che fu l'unica missione che Natasha Romanoff fallì.
«Come
se ti fosse stato possibile...»
Ma questo
Clint, non l'avrebbe mai saputo.
*
Quando
riaprì gli occhi e sentì l'acqua fredda bagnare
il corpo, capì di essersi addormentata.
Non sapeva
quanto tempo fosse passato, si rimproverò per quella
debolezza.
Doveva
tornare da Linn, doveva tornare dai suoi compagni.
«Non
è saggio addormentarsi in acqua.»
Il cuore le
arrivò in gola ma seppe celare la sua reazione.
Sulla
soglia del bagno lui la guardava senza alcun'espressione.
«Sapevo
che saresti
tornato» affermò sentendo i brividi di freddo
coprire le
sue braccia e avvertì il polso dolere quando
tentò di
muoverlo.
«Mi
conosci bene.»
«Non
quanto credevo...» Non
quanto avrei voluto.
Deglutì
nel vederlo avvicinarsi.
Non sapeva
quale significato dare ai suoi gesti, non sapeva quali sarebbero stati
i suoi gesti.
Ma Loki
raccolse solo il bianco telo in spugna dalla sedia e glielo porse.
Lo
guardò a lungo non
riuscendo a impedire alle labbra di tremare per la sensazione
dell'acqua ormai fredda che l'abbracciava.
«Non
è tempo per il pudore, Sigyn... Non credi?»
Sentì
la rabbia - e la
vergogna - cancellare ogni gelo e si sollevò dalla vasca
cercando di non gemere per il dolore che le attraversò il
polso
quando fece perno su di esso.
Strappò
via dalle sue mani la stoffa candida senza smettere di guardarlo negli
occhi.
«Sei
qui per spezzarmi anche
l'altro braccio?» Legò la stoffa attorno ai seni e
lo fronteggiò tentando si mostrare quanta più
fermezza
potesse fingere.
Non era mai
stata brava a mentire, e davanti a Loki ogni sua menzogna sarebbe
presto crollata.
«Come
sei melodrammatica...» Le sorrise. «Sono qui per
chiedere i tuoi servigi.
Ricordi il nostro discorso? Purtroppo siamo stati interrotti.»
«Non
credevo la follia ti avesse vinto fino a questo punto, Loki.» Fratello.
Quella
parola era rimasta ferma nella gola e non era scesa sulla lingua.
“Non sono tuo
fratello...”
«Non
importa quante ossa avrai intenzione di spezzarmi, ribadirò
il mio no più forte ogni volta.»
«Oh...
Sigyn... » Loki scosse la testa e sorrise ancora.
«Non sono le tue ossa che spezzerò.»
Sapeva cosa
volevano dire quelle parole.
Sentì
il corpo attraversato
da un nuovo brivido e stavolta non a causa della poca stoffa che la
copriva né per l'acqua che continuava a grondare fredda
dai suoi capelli.
Loki le si
avvicinò di un passo e lei provò desiderio di
farne uno indietro.
«Taglierò
la testa a
ogni stupido midgardiano che mi abbia sfidato e la farò
rotolare
davanti ai tuoi piedi.» Ancora un passo.
«Inizierò
da Stark, poi sarà il turno di Rogers, a seguire tutti gli
altri... e per ultima sarà la testa di Jane a
macchiare di
sangue il pavimento.»
«Non
oserai-»
«Oserò!»
La rabbia
montò avida nelle
vene e il desiderio di stringere le mani attorno al suo collo crebbe a
ogni centimetro di distanza che lui distruggeva.
«Una
dopo l'altra...
Ogni tuo no sarà un cadavere che mi lascerò
dietro. Ogni
tua resistenza sarà una vita presa a questo stupido mondo,
finché da quelle labbra non udirò ciò
che voglio
udire.»
«Con
quale nome devo chiamare
la bestia che ha preso il posto di mio fratello? Dimmelo,
cosicché possa maledirlo fin quando avrò fiato in
gola!»
Affannò
per la collera e
l'incapacità di contrastarla, per
l'incapacità di contrastare la sua sanguinaria promessa.
«Qualunque
nome deciderai di
pronunciare, suonerà come è sempre suonato sulla
tua
lingua, Sigyn: come una preghiera, come la supplica di una
sgualdrina.»
Bruciò
in un fiato la distanza che li separava colpendolo dritto al mento con
un pugno.
Non
sentì neanche il dolore alle nocche, il gelo del suo sguardo
aveva coperto ogni altra sensazione.
«Cosa
sei diventato? Da quando il veleno delle tue parole ha corroso anche il
tuo cuore?»
Loki non
rispose, restò a guardarla arrogante.
Scosse il
capo stringendo le dita
in un pugno che faceva male. «Conosco i miei torti e te ne ho
chiesto perdono, ti ho chiesto perdono anche per quelli che non avevano
sfiorato le mie mani, anche per quelli che portavano il nome di nostro
padre!»
«Credi
che il perdono basti?
Che basti chiederlo e ottenerlo? Credi che qualche parola gettata al
vento con sprezzo possa cancellare un'intera vita di
menzogne?»
Gli occhi
di Loki dissero più di quanto avevano alitato le labbra e
lei sentì i suoi pungere.
«Credi
che basti questo per placare la mia rabbia, Sigyn?»
«Ti
ho concesso la mia stessa vita per placarla...»
«Non
era una vita che volevo.» Era altro...
Riuscì
solo ad abbassare lo
sguardo sulla sua mano che tremava, con la benda ormai sciolta e il
polso sempre più gonfio.
Lo so...
«Porgimela.»
Quando lo
rialzò non
riuscì a impedirgli di prenderla, di far scorrere le sue
dita
sulla pelle infreddolita e umida, e liberarla da quella stoffa ormai
inutile. Non gli impedì di sibilare qualcosa di inudibile
fra le
labbra.
Osservò
il suo viso vicino e
gli occhi chiusi dietro le palpebre. Poi Loki li riaprì ed
erano
così verdi che le parve di non averli veduti da una lunga
vita.
E le erano
mancati.
Le dita
abbandonarono il polso che smise di pulsare e di far male, smise di
tremare.
«Indossa
qualcosa. Ho bisogno di parlarti.»
Perdonami...
Voleva
chiederglielo ancora.
Perdonami per averti lasciato
solo, per non aver compreso i tuoi silenzi e i tuoi falsi sorrisi.
Perdonami per aver guardato ma
non aver mai visto, per aver ascoltato senza mai
sentire.
Perdonami per averti avvolto
in
troppo amore, un amore che non era quello che chiedevi, non era quello
di cui avevi bisogno, ma l'unico che la mia codardia mi ha
concesso di donarti.
Perdonami...
Le sue
labbra sospirarono solo l'ultima parola.
«Fratello...»
*
La sua
pelle era fredda e coperta
di brividi e lui avrebbe voluto scaldarla. Avrebbe voluto asciugare una
per una le gocce d'acqua che piangevano sul suo corpo.
Il suo
cuore non aveva battuto, si era semplicemente spezzato, spezzato in
mille frammenti affilati e aveva fatto male.
Perché
quegli occhi non avrebbero dovuto lasciarlo, lei non avrebbe dovuto
lasciarlo.
Tutto quel
vuoto non avrebbe mai
dovuto divorare la sua anima e l'oscurità che gli era
stata destinata per fato non sarebbe mai dovuta esistere.
Ma le Norne
avevano deciso di
tessere un disegno beffardo e crudele e lui avrebbe solo dovuto
recitare la parte che era stata scritta, come un fantoccio.
Loki non
era un fantoccio, il Dio
del Caos non recitava un copione che non portasse la sua firma e questo
lo avrebbe ribadito con il sangue e tutti, il fato incluso, si
sarebbero piegati al suo volere.
«Fratello...»
Il suo
cuore si spezzò ancora una volta.
«Vestiti.»
Si
allontanò. Allontanò le sue mani, le sue labbra,
i suoi occhi.
Diede loro
le spalle e le nascose il fuoco che bruciava nei suoi, fuoco nero come
pece e cremisi come lava.
«Non
permetterò che tu faccia loro del male.»
Sorrise
celandole anche quel sorriso.
«Allora
fa' ciò
che ti chiederò senza attentare alla mia
pazienza.» Quando
si voltò lei lo guardava con lo stesso fuoco che tingeva il
suo
cuore. E non avrebbe potuto desiderarla più di
così.
«Parla
dunque.»
Sorrise.
«La
tua risolutezza deve portarmi a credere che tu abbia deciso di
collaborare?»
Chiese una
risposta che non necessitava.
«Parla.»
***
NdA.
Ben trovati ❤
Spero abbiate passato delle serene festività.
Grazie moltissime a tutte le persone meravigliose che hanno inondato la
mia mail di auguri e pensieri bellissimi.
Mi avete scaldato il cuore davvero! Ho i migliori lettori del mondo, mi
spiace per le altre autrici, ma è così u.u
...
Tornando a noi, Loki ha fatto la sua mossa...
E adesso?
...
Adesso si gioca... *-^
Kiss kiss Chiara
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