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Autore: kiara_star    02/01/2014    9 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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Cap 9
L' ultima lacrima



IX.





Quando aprì gli occhi si sentì avvolta da un dolce tepore. Non riconobbe il luogo che l'accoglieva e cercò con lo sguardo qualcosa che l'aiutasse a orientarsi.
La trovò su una seggiola vicino a quello che sembrava uno scrittoio. La trovò nel capo assopito del capitano Rogers, poggiato sulle sue stesse braccia.
Si tirò a sedere scoprendo che il tepore che sentiva era causato dalla morbida consistenza di una pelliccia che le avevano poggiato addosso. Era una cosa bizzarra. Non aveva mia visto una pelliccia priva di peli, così liscia al tatto eppure così calda.
Pensò che doveva aver perso i sensi.
Ricordava solo il viso di Lady Sigyn e le sue braccia che la sostenevano.
Poi un profumo forte e deciso che l'aveva accompagnata fin dentro all'universo in cui aveva sognato l'oro del palazzo e il sorriso della sua sovrana.
Passò le dita sul tessuto grigio e sollevò ancora lo sguardo sul volto del giovane soldato.
Quel profumo era ancora in quella stanza bianca: era quello del capitano Rogers.
Aveva vegliato il suo sonno?
Si sentì una sciocca a pensarlo. Semplicemente l'aveva vigilata.
Era un'estranea. Non apparteneva a quel mondo, era giusto e saggio che le venisse affidato un custode per controllare i suoi passi.
Ad Asgard era usanza adottare simili prudenze con ogni forestiero.
Si portò la pelliccia più vicino e le fu concesso di indugiare sul viso assopito del midgardiano. Sembrava stanco e bisognoso di riposo, sembrava che quel sonno lo stesse cullando dolcemente.
Le labbra quasi sorridevano.
Avrebbe potuto tranquillamente camminare al fianco dei soldati della guardia reale senza alcuna difficoltà. Non deficeva per nessuna dote: corporatura, forza, coraggio... bellezza.
Con indosso l'oro di Asgard avrebbe potuto competere con la magnificenza del suo principe.
Si sentì arrossire a quel pensiero e scosse il capo per rimproverarsi.
«Sei sveglia?»
Notò solo allora, sulla soglia della porta, la figura della valchiria dalle rosse chiome. Non si chiese da quanto fosse lì, da quanto la stesse osservando. Aveva paura che rispondersi avrebbe solo aumentato il timore che ella le suscitava.
«Ho perduto i sensi?» chiese abbassando lo sguardo sulla pelliccia che stringeva fra le dita.
«Sì. Thor dice che è normale visto che è stato il tuo primo viaggio.»
Annuì ancora a capo chino. «Perdonatemi per avervi arrecato tanto disturbo.»
«Figurati... di solito le visite che riceviamo non sono molto gradite, anche perché il più delle volte hanno come unico scopo quello di annientarci.» La stranezza di quelle parole le fece alzare gli occhi sul viso della donna e lo trovò segnato da un sorriso. «Quando arriva qualcuno con delle buone intenzioni siamo ben felici di ospitarlo.»
La fierezza del suo sguardo non impedì a un'insospettata dolcezza di attraversarlo e Linn fu felice che la bella guerriera l'avesse ritenuta degna di quella concessione.
Un brontolio si sollevò dello scrittoio e capì che il sonno del capitano doveva essere stato spezzato.
«Capitano, alla buonora!» Udì scherzare la donna e osservò come il busto del soldato si sollevava con movimenti apparentemente ancora stanchi.
«Credo di essermi appisolato...» La sua voce ancora incerta aveva un suono stranamente dolce.
«Infatti, e non ci hai fatto una bella figura con la nostra ospite.»
A quel punto incrociò gli occhi azzurri del soldato e se non avesse d'istinto scostato i suoi avrebbe visto il rossore che aveva imporporato le sue guance.
«Oh, io...» Un colpo di tosse. «Sei sveglia? Bene... Come ti senti?»
«Ristorata, capitano. Grazie per il vostro gentile interessamento.»
«Fury ti vuole nel suo ufficio.» La guerriera parlò ancora e il viso del capitano si fece serio. «Resto io con lei, tu vai. Non credo che stavolta sarà veloce.»
Non capì cosa volesse dire. Vide solo il capitano avviarsi alla porta e regalarle un ultimo sguardo prima di imboccare il corridoio a sinistra.
Non avrebbe voluto che andasse via, ma sapeva non poteva chiedere che uno dei guerrieri più valorosi di Midgard fosse regresso al servizio di guardia, non per una semplice messaggera come lei.



*



Sentì dei passi arrivare dal fondo delle scale e poco dopo scorse il viso di Clint.
«Sapevo di trovarti qui.» Lasciò che si avvicinasse. «Hai letto la lettera di tua madre?»
«Sì» ammise guardandola ancora fra le sue dita.
«Dice qualcosa che potrebbe esserci d'aiuto?»
Alzò il viso per incrociare i suoi occhi e scosse la testa.
«Mi spiace.»
Clint prese un profondo respiro e portò lo sguardo all'orizzonte, lo stesso in cui aveva annegato il suo nelle ultime ore.
«Neanche qualcosa che può essere d'aiuto a te?»
Clint le ricordava Fandral. Anche lui, come il suo buon amico, nascondeva la profondità dei suoi pensieri e delle sue emozioni sotto una maschera di spavalderia, non ostentata come quella dello spadaccino, ma comunque mirata al solo scopo di non mostrare quanto a fondo e lontano potesse giungere il suo cuore.
Clint aveva una spiccata sensibilità eppure sapeva tenerla sotto chiave.
Era una difesa e poteva talvolta essere un'arma.
Non si stupì perciò della sua domanda così sottile eppure decisa.
«Forse» rispose sollevandosi da terra e lo vide sorridere.
«Allora è andata bene comunque.» Riflesse il suo sorriso mentre adesso i raggi del sole cocevano come fiamme. «Fury mi ha affidato al controllo e alla supervisione delle tue interazioni all'interno e all'esterno della squadra.»
Non riuscì a decifrare velocemente quell'espressione ma fu Clint a chiarirla con un ennesimo sorriso. «In parole povere vuole che ti spii come una carogna e che gli riporti ogni tuo movimento... Inutile dire che può sognarselo.»
Non chiese per quale motivo, era chiaro anche a chi non aveva mai brillato per i fini ragionamenti: non si fidava.
Fury non si fidava, forse neanche Steve si fidava più.
Lo aveva letto nei suoi occhi, nelle domande che non aveva fatto e nelle risposte che non aveva voluto udire.
Non poteva dar loro neanche torto, la loro sfiducia era solo conseguenza del suo comportamento limaccioso.
Stark aveva avuto anche la schiettezza di dirlo apertamente.
«Ti sono grato per la tua lealtà, Clint» sospirò con sincerità.
Clint rispose con un piccolo sorriso.
«Sai perché mi piace osservare dall'alto le cose?» Scosse il capo in silenzio. «Perché assumono una forma diversa, non perché sembrano più piccole - quella è una cazzata da psicoanalisi - ma perché hanno contorni più netti. In qualche maniera è come se fossero più reali.»
«Più facili da combattere, quindi.»
«Esattamente. Quando sai dove colpire è difficile sbagliare mira, la questione a quel punto è solo una.»
Aspettò qualche istante prima di chiedere una risposta che sapeva aver trovato già sul fondo di ghiaccio dei suoi occhi.
«Se sei pronto a colpire?»
Il suo compagno scosse il capo sciogliendo le braccia che teneva incrociate sul petto.
«Se sei pronto ad affrontare ciò che accade dopo aver colpito.»
Se sei pronto a prenderti le responsabilità per le tue azioni.
Dall'alto di quel maestoso edificio riuscì a vedere il cuore di Loki, i suoi contorni netti e la crepa che lo lacerava.
Suo padre non si era preso la responsabilità di quel fendente.
Sua madre aveva tentato di curarlo ma non era stata lei ad affondare la lama.
Quell'elsa l'aveva tenuta prima Odino e poi Thor.
Thor non si era preso la responsabilità di quel fendente.
Adesso, toccava a Sigyn farlo.



*



Jane aveva afferrato una brioche e l'aveva guardata a lungo, aveva provato a portarla alla bocca ma non era riuscita neanche a tirar via un misero morso.
Pepper aveva preso un aereo qualche ora prima.
Le aveva chiesto scusa ma doveva andare. Le aveva detto di sentirsi come a casa sua, di chiedere a Jarvis qualsiasi cosa di cui avesse bisogno.
Poi aveva mandato Happy a comprare delle brioche e Happy gliele aveva portate calde e profumate.
Pepper, elegante come sempre, era sparita dietro alle porte dell'ascensore. Il viso tondo di Happy l'aveva seguita subito dopo.
Jane era rimasta sola in quell'enorme casa con l'unica compagnia di una voce elettronica.
Forse non proprio sola: sul divano del soggiorno, Bruce ancora dormiva.
Erano ormai le 10.00 passate di mattina e la brioche era diventata fredda.
Thor non era ancora tornato.
La bella donna forse lo avrebbe fatto presto. Thor non sarebbe tornato altrettanto presto.
«Dottoressa Foster?»
Era sobbalzata a quella voce e il dolce le era caduto dalle dita.
«Che succede?» Dal divano anche Bruce si era svegliato. «Dannazione, mi sono addormentato di nuovo...» brontolò stropicciandosi gli occhi con le dita. «Scusa, Jane, è che-»
«Sei solo stanco, Bruce. Non devi scusarti.»
Ma Bruce si era scusato ancora e Jane aveva preferito sorridergli piuttosto che ripetergli per l'ennesima volta che non ce n'era bisogno.
«Dottoressa Foster, ho il signor Stark in linea per lei.»
Stavolta i suoi nervi avevano retto.
«Oh...va bene. Cosa devo fare?» Si guardò attorno confusa sentendosi paradossalmente impacciata a essere una scienziata che aveva così poca familiarità con delle attrezzature informatiche all'avanguardia.
«Credo che basti rispondere “pronto?”» Le suggerì Bruce con un sorriso stiracchiato che però in quel momento sembrò scaldarla.
Sorrise a sua volta e sollevò lo sguardo al soffitto.
«Ehm... pronto?» ridacchiò imbarazzata mentre vedeva il sorriso di Bruce allargarsi.
«Jane? Sono Tony, Tony Stark. Ricordi? Il bell'uomo vestito Ferragamo sul quale hai rovesciato lo champagne all'ultimo ringraziamento? »
Incredibile... ancora voleva continuare con quella storia. Come se il ricordo della sua imbranataggine non fosse già abbastanza.
«Sì, mi ricordo di te, Tony» sospirò mentre Bruce la guardava con  solidarietà. Se c'era qualcosa che li accomunava oltre l'amore per i numeri e la scienza, era l'essere totalmente fuori posto praticamente ovunque.
«Bene, allora se il dottor Banner è ancora in sé vorrei che ci raggiungeste allo S.H.I.E.L.D. C'è qualcosa che necessita del tuo cervellone, dottoressa.»
«Cosa?» chiese Bruce precedendola.
«Stelle e pianeti, o meglio, pianeti spariti misteriosamente all'occhio del  Grande Fratello asgardiano.»
Non capì molto chiaramente ma non sembrava nulla di positivo.
«Cosa significa?» domandò ormai abbandonando l'idea di fare una colazione anche solo per calmare il brontolio del suo stomaco.
«Significa che la Stark Tower molto presto finirà per essere il più lussuoso albergo di Midtown.»
Scambiò uno sguardo confuso con Bruce quando la chiamata si spense.
«Credo che tradotto voglia dire: altri guai in vista» sentenziò a quel punto Bruce grattandosi un orecchio.
Jane sospirò soltanto mentre seguiva con gli occhi il contorno della sua testa arruffata.
«Thor sarà lì.»
Bruce annuì e lei inghiottì ogni altro sospiro.
No, Thor non era lì. Thor non era più lì.



*



«Mia madre dice che Midgard è celata ai loro occhi, questo vuol dire che con ogni probabilità c'è una qualche barriera mistica che impedisce perfino a Heimdall di far giungere i suoi occhi fino a noi.»
«Opera di Loki, presumo.» Steve sospirò e osservò il viso dei suoi compagni.
Il silenzio di Natasha, quello di Clint. Il silenzio di Tony...
Il silenzio di Tony era la prova che la cosa aveva una sua gravità.
«Celarsi ai nostri sistemi di videosorveglianza in fin dei conti è roba che un buon hacker potrebbe fare senza bisogno di trucchetti magici.» Tony decise di uscire da quel insolito mutismo sedendo su una scrivania. «Per Loki deve essere stato semplice, ma addirittura nascondere tutta la Terra... Può farlo davvero?»
Thor scosse la testa. «Per quanto grande possa essere il suo potere, il suo seiðr non può espandersi così tanto... almeno credo.»
«Se lui non ha questa capacità magari è stato aiutato dalla sua bella bionda.»
Thor non disse nulla e sembrava stesse cercando qualcosa nello sguardo perso al pavimento.
«Non c'è davvero niente che possa aiutarci in quella lettera, Thor? Magari tua madre ti ha lasciato qualche messaggio cifrato» ipotizzò Natasha.
«Potrebbe essere.» E Clint appoggiò la sua riflessione. «Nel caso fosse caduta nelle mani sbagliate.»
La richiesta era implicita: volevano leggere con i loro occhi le parole scritte su quei fogli.
Steve aveva chiesto a Linn di mostrargliele, lei aveva rifiutato.
Thor aveva solo riportato il contenuto ma teneva stretta fra le mani quella lettera con la palese intenzione di non porla in quelle di qualcun altro.
Steve era sicuro che Thor non avesse omesso nulla di quelle parole, e insistere affinché gliele mostrasse sembrava una costrizione bella e buona e Thor era un amico, un amico in difficoltà, non certo un nemico.
«Questa lettera era diretta a me, e mia madre conosce bene le pieghe del mio cuore così come conosce quelle della mia perspicacia.»
«In altre parole non sei il tipo da leggere fra le righe.» Tony saltò giù dalla scrivania e lo raggiunse. «E la tua amica asgardiana? Neanche lei ne sa niente?»
«Linn ha solo eseguito il compito che le è stato affidato e avrebbe messo in gioco la sua vita per portarlo a termine. Non sa nulla che possa aiutare le tue ricerche, Stark.»
Thor si era messo sulla difensiva e Steve lo aveva avvertito. Aveva avvertito il senso di protezione e di responsabilità che provava verso quella ragazza.
Linn sembrava importante per Thor, lo era.
Non si perse in pensieri di natura maliziosa, non era come Tony, ma soprattutto aveva letto solo sincero affetto e gratitudine negli occhi di Thor.
«Nessuno chiederà risposte a Linn, Thor. Stai tranquillo» lo rassicurò con fermezza. «Aspetteremo l'arrivo della dottoressa Foster e vedremo se almeno lei può capirci qualcosa.»
«Sperate sia così.» Il tono di Fury li sorprese con ancora più sicurezza. «Questa storia si sta protraendo anche troppo e ormai non riesco a tenere a bada tutti quei paparazzi che gironzolano come mosche attorno a quel martello.»
«Non credo che questa sia la priorità, Nick. I paparazzi poi fanno solo il loro lavoro.»
«Se permetti decido io quali siano le priorità qui, Stark, e farti tenere quella bocca chiusa è una di quelle che mi impegnerò a far rispettare di persona.»
Tony decise di non controbattere stavolta e rispose solo con un sorriso arrogante.
Steve gliene fu grato, non aveva voglia di subirsi un altro dei loro screzi, soprattutto non avrebbe portato a nulla di buono.
«Chiamatemi quando la dottoressa sarà qui.»
«Sissignore.» E con il saluto di Clint il direttore li lasciò nuovamente, non prima di aver regalato a ognuno di loro un'occhiata di monito.
Steve prese un altro respiro profondo mentre Tony propose qualche altra stramba teoria che nessuno condivise.
Poco dopo dalla porta si affacciò il viso di Bruce, accanto a lui quello di Jane.
Gli occhi di Thor si coprirono ancora una volta di un'inspiegabile tristezza.



*



Linn aveva sentito parlare della bella midgardiana che aveva rapito il cuore del suo principe. Ne aveva sentito decantare la bellezza e le eccellenti doti intellettuali.
La osservò in silenzio, seduta sulla sua sedia di metallo, e parlò solo quando le veniva chiesto.
Non aveva risposte che sembrassero di utilità. Si sentì lei stessa davvero solo un ulteriore incomodo alle già ardue vicissitudini che stavano attraversando i midgardiani.
Cercavano un modo per riportare indietro Thor, così dicevano, per spezzare l'incantesimo che lo teneva chiuso in quel corpo.
L'incantesimo gettato da un principe perduto, un principe dallo sguardo triste e dai sorrisi studiati.
Un principe perduto che lei ricordava di aver visto un tempo bello e vivo. Felice.
Ciò che accadde quando il principe Loki tradì, sembrò non sorprendere quasi nessuno.
Era malvagio, si diceva ad Asgard. Il suo cuore nascondeva solo inganni, la sua lingua era madre di menzogne.
Aveva tradito e aveva perduto il senno. Aveva rinnegato il suo passato e la sua stessa famiglia per abbracciare le profondità dell'oscura magia.
Linn vide solo gli occhi della sua regina piangerlo, solo il silenzio del principe Thor ricordarlo.
Nella solitudine della sua piccola camera, anche lei versò lacrime per quel ragazzo a cui fu destinato il titolo di Signore del Caos.
Ma i midgardiani non sapevano, non sapevano della giovane donna che aveva scaldato il cuore di un figlio dei ghiacci. Non sapevano di un fratello che aveva amato davvero, e nel fondo degli occhi di Lady Sigyn, Linn capì che non voleva sapessero.
La sua lingua avrebbe legato ogni parola, e non c'era tortura o minaccia che potesse far vacillare la sua fedeltà.
Se anche la morte l'avesse aspettata alla fine di quel viaggio, con lei avrebbe portato quel segreto così come lo aveva custodito nel corso dei secoli, così come neanche l'occhio del Grande Padre era riuscito a estirparlo dalla sua bocca.
«Heimdall non può sentirmi. Ho provato a invocare il suo nome e chiedere l'accesso al Bifrost ma non ho ricevuto risposta.»
«Abbiamo provato prima sul tetto e non è successo niente.» L'arciere parlò con voce grave verso la donna che avrebbe dovuto essere la dama del cuore del principe Thor.
Lei la osservò ancora e cercò di comprendere cosa avesse permesso a quella gracile creatura di entrare con tale prepotenza nell'anima del suo signore.
Sul grande tavolo c'erano tanti fogli, tante carte diverse con segni che non riconosceva, e ascoltava parole che non capiva.
Lady Jane parlava con calore e passione, tanta, troppa passione per un fisico così minuto.
Forse era stata quella passione ad averlo rapito.
«I satelliti non mostrano anomalie e non è stata rilevata alcuna stranezza per quanto riguarda l'orbita della Terra né degli altri corpi celesti. È tutto perfettamente ordinato... Anche troppo.»
«Cosa vuoi dire?»
L'uomo che aveva accompagnato la donna era lo studioso che serbava una bestia indomabile nell'anima. Così aveva detto il principe Thor in uno dei suoi racconti.
Linn non riusciva a credere che un uomo così mite e dallo sguardo buono fosse in realtà solo un falso involucro.
«Ogni giorno orbitano attorno alla Terra infiniti corpi celesti: asteroidi, comete, frammenti di diversa natura. I nostri satelliti servono a monitorare il loro percorso anche per evitare che essi possano essere attratti dalla gravità terrestre e finire con il collidere contro la Terra stessa. Dai rilevamenti delle ultime 72 ore, però non è stato riscontrato un solo movimento critico di corpi celesti nella nostra orbita.»
«Che vuoi dire, che non ci sono più meteoriti nello spazio?»
«No, è questo il punto, Bruce: i meteoriti e gli asteroidi ci sono ancora. Vedi? Sono stati rilevati dai nostri satelliti ma nessuno di essi è più entrato neanche lontanamente in contatto con la nostra orbita.»
«Ci stanno evitando? È questo che volete dire?»
Il viso del capitano Rogers si piegò in un'espressione confusa che Linn condivideva perché non riusciva a seguire il discorso di Lady Jane.
«No, Rogers, è che non ci vedono.»
«Esattamente.»
Uno strano silenzio scese nella stanza e lei si sentì così fuori posto che avrebbe solo voluto tornare nella stanza ad abbracciare la pelliccia priva di pelo con cui era stata scaldata quella prima notte su Midgard.
«Ecco quello che voleva dire tua madre con “La terra è celata.” Loki ci ha nascosto non solo dalla vista del tuo guardiano, ma dall'universo stesso.»
«Questo non è possibile, Clint.»
«A quanto pare lo è, capitano.»
«Ma se il tuo mondo non può vederci e quindi collegarsi al nostro, Thor, come ha fatto Linn a giungere da noi?»
Alla domanda del capitano, Linn si sentì investire da una moltitudine di occhi e finì con l'abbassare i propri.
Non aveva risposte per quei quesiti.
«Non lo so...» La voce di Lady Sigyn era così inquieta che si sentì stringere il cuore. Non voleva udirla così, voleva udirla allegra e spensierata così come la ricordava da bambina, eppure da quando l'aveva rivista le era sembrava così diversa, la sua amata signora, così triste, così persa...
«Sono stata convocata dal guardiano e dalla mia regina e mi è stato intimato di affrettarmi.» Iniziò a chiarire di sua iniziativa e sentì un collettivo silenzio rispondere. Sollevò lo sguardo e cercò quello di Lady Sigyn. «Ho udito Heimdall ribadire più volte che non vi era più tempo.»
«Non c'era tempo per cosa?» le chiese il capitano.
Linn scosse il capo. «Non conosco altro, mi spiace.»
«Una crepa.» Fu la midgardiana a parlare. «La barriera eretta da Loki deve essersi fratturata e questo ha permesso al tuo mondo di vederci e di aprire il ponte.»
«Cosa vuoi dire con fratturata, Jane?»
«Pensaci, Thor: Loki ha come inglobato l'intero pianeta in una scatola chiusa, ma per qualche ragione si deve essere creata un'apertura e tua madre ne ha approfittato per inviare Linn e permetterle di recapitarti la sua lettera. Con ogni probabilità la barriera è stata richiusa e adesso non è più possibile collegare i due mondi. Lo so, lo so che sono solo ipotesi prive di dati che possano accreditarle, ma credo che sia questa la strada giusta da seguire per chiarire la situazione... Se solo potessi studiare i cambiamenti astrali almeno degli ultimi 20 giorni... Ma avrei bisogno di tempo.»
«Ha tutto il tempo che vuole, dottoressa Foster, e i laboratori dello S.H.I.E.L.D. sono a sua disposizione. Faccia ogni ricerca che ritiene necessaria e chieda ogni risorsa utile affinché questa faccenda veda un punto di svolta.»
L'uomo dalla pelle nera le incuteva timore. L'aveva osservata a lungo e le aveva chiesto cose a cui non aveva saputo - voluto - rispondere.
«Jane, non serve che tu resti qui. Non hai l'obbligo di farlo...»
«Non è un obbligo, Thor. Voglio restare qui e rendermi utile. So che posso esserlo. Questo è il mio mondo, non ricordi? Pianeti, stelle... Alieni.» Aveva un sorriso dolce, Lady Jane.
Dolce quanto quello che le restituì la sua signora.
«Perfetto, immagino che anche tu, Bruce, prenderai casa nel laboratorio dello S.H.I.E.L.D., giusto?»
«Se non ti conoscessi, direi che mi stai cacciando dalla Stark Tower.»
«Perspicace, dottore. Ora che abbiamo un altro ospite devo liberare una stanza.»
«Ci sono almeno dodici piani vuoti nella tua torre, Tony, non serve sfrattare il dottor Banner.»
«Da quando sei così preoccupata per il destino di Bruce? Non dirmi che batte un cuore in quel gelido corpo da spia?»
«Vedrai cosa batterà nel tuo quando ti avrò infilato una granata lì dove sai...»
La rossa guerriera aveva abbandonato la stanza seguita da un sorridente arciere.
«Siamo sulle tracce di quello svitato, se avete bisogno di noi.»
«Tranquillo, falco, vivremo bene anche senza il tuo culo nei paraggi.»
Linn pensò che i midgardiani avevano uno strano modo di comunicare...
Lady Sigyn le si avvicinò e lei si alzò intrecciando le dita delle mani.
«Mia signora, mi spiace arrecarvi fastidio.»
«Nessun fastidio, Linn. Tony ha cortesemente messo a disposizione la sua dimora e lì sarai al sicuro finché non riusciremo a trovare il modo di aprire il Bifrost cosicché tu possa tornare ad Asgard.»
Non senza di voi...
Lo pensò ma restò fermò sulla punta della lingua.
«Come desiderate, Lady Sigyn.»
«Continui a chiamarmi così anche adesso che sai...» La vide sospirare debolmente con le labbra ancora piegate verso l'alto.
«Perdonatemi, se volete che smetta-»
«No... no, va bene, Linn. Va bene.»
Avrebbe voluto cancellare l'ombra buia nei suoi occhi, avrebbe voluto cancellare il tormento e la sofferenza che avevano spento quel piccolo dolce sorriso.



*



Tony era stato gentile ancora una volta.
Aveva accolto Linn nella sua casa senza fare troppe domande e le aveva messo a disposizione ogni strano attrezzo terrestre che perfino lei faceva ancora fatica a comprendere.
Jane era rimasta allo S.H.I.E.L.D., insieme a Bruce. Gliene fu grata, avrebbe voluto dirgli ancora grazie; sperò che i suoi occhi lo avessero fatto.
Steve li aveva accompagnati fino alla torre e poi era tornato indietro per seguire Natasha e Clint nella loro ricerca di Loki.
Sapeva, sarebbe stato inutile, perché Loki non si sarebbe più fatto trovare almeno che non lo avesse ritenuto utile per i suoi fini.
I suoi fini non li conosceva, temeva di chiedersi realmente quali fossero, temeva di chiedersi quale fosse il ruolo di Amora in tutto ciò.
«Ti ho fatto un piccolo regalo, così magari stendi un po' i nervi. Mi sembra che tu ne abbia bisogno.»
Si voltò verso il viso sorridente di Tony mentre guardava Linn che prendeva confidenza con la tivù.
«Mi occupo io di lei. Ho intenzione di insegnarle a usare il microonde. Sono certo sarà un'allieva più promettente di te.»
«Non ho bisogno di dormire. Grazie comunque per l'offerta, Tony» rispose sapendo di mentire.
Aveva bisogno di chiudere gli occhi, aveva bisogno di dimenticare almeno dietro all'illusione di due palpebre chiuse tutta quell'ondata di emozioni che l'avevano investita così all'improvviso. Aveva bisogno di chiudere gli occhi e sentirsi ancora Thor, invece di continuare ad avvertire il suo nome abbandonare sempre più la sua pelle, e con l'arrivo di Linn, Sigyn era diventata sempre più forte.
«Oh, ma io non parlavo di dormire.»
Non capì.
Tony si alzò dal tavolo e raggiunse Linn che sedeva ancora diffidente sul divano di casa sua.
«Allora, piccola Linn, Thor ti ha parlato della pay TV?»
«No, signor Stark.»
«Bene, allora iniziamo dal principio - e non chiamarmi “Signor Stark”, mi fai sentire un vecchio.»
«Non volevo offendervi, mio signore.»
«Sbagliato ancora, Linn: “non volevo offenderti, Tony.” Chiaro? Io Tony, tu Linn.»
Linn era arrossita ma aveva annuito. «Va bene, Tony.»
Le sue labbra si sollevarono in un sorriso stanco mentre ascoltava Tony dilettarsi in ciò che sapeva fare meglio: ostentare la sua infinita conoscenza.


Quando raggiunse la sua camera, capì in cosa consisteva il regalo di cui aveva parlato Tony.
Nel grande bagno la vasca in marmo rosa era completamente colma d'acqua calda e dei piccoli bastoncini bruciavano spandendo nell'aria un odore così buono che le regalò un breve momento di quiete.
Non avrebbe dovuto prendersi quel lusso, non era tempo di cedere al torpore del corpo e della mente, eppure era così invitante quell'angolo di pace...
I suoi fratelli di armi stavano investendo ogni loro risorsa per aiutare la sua causa. La sua Jane, stava ricurva su carte e numeri per cercare qualche risposta. Sua madre di certo stava cantando preghiere per raccomandare alle Norne la sua sicurezza e suo padre... Se sapeva, stava affrontando la cosa come un re: nel silenzio del giudizio, nella riflessione della giusta sentenza da pronunziare.
Non avrebbe dovuto, potuto, voluto abbandonarsi al becero richiamo di qualche attimo di sciocco riposo.
Vigliaccamente cedette.
Fece scivolare via ogni abito, ogni stoffa che aveva tenuto coperto quel corpo che non riusciva a far tacere, che aveva richiamato memorie credute perdute, e sentimenti, bisogni, creduti ormai dimenticati.
Quando l'ultimo tessuto abbandonò la sua pelle osservò l'immagine della donna riflessa allo specchio.
Sfiorò con la mano il viso, il seno, il ventre.
    “Perché non mi hai permesso di nascere?
Quella piccola voce che le parve di udire nelle orecchie condusse il suo sguardo lontano da quell'immagine.
Perdonami...
Affondò un piede nell'acqua calda e subito sentì il bisogno di immergere ogni angolo di pelle nell'abbraccio quasi ustionante di quel bagno.
Si immerse fino a che il pelo dell'acqua non coprì anche i suoi capelli.
Riemerse qualche attimo dopo quando si accorse che i polmoni non avevano più la resistenza che rammentava.
Prese brevi e veloci respiri e quando il battito rallentò poggiò il capo sul bordo di marmo chiudendo gli occhi.
Non aveva badato al suo polso e ora anche la fasciatura era completamente bagnata. Le medicine che le aveva dato Bruce avevano attenuato il dolore sebbene ne avesse sentito l'eco aumentare nelle ultime ore.
Avrebbe dovuto chiedergli di medicarlo nuovamente, avrebbe dovuto chiedere a Bruce di lasciare Jane.
Decise che poteva rifare anche da sé quella fasciatura, aveva combattuto abbastanza battaglie da saper come medicare un arto ferito.
Thor ha combattuto quelle battaglie...
Aprì gli occhi al soffitto bianco.
«Thor...» sospirò volendo risentire ancora addosso quel nome.
Non sembrava calzarlo più.



*



Natasha sapeva cosa voleva dire quello sguardo e sapeva anche che Clint avrebbe saputo leggere il suo.
«Non le hai chiesto nulla?»
«Esattamente» rispose percorrendo con gli occhi i risultati dell'ennesima ricerca infruttuosa comparsa sul monitor.
«Perché? Sei stata in quella stanza con lei per un'ora.»
«Non sa nulla che può aiutarci e ciò che sa non lo avrebbe detto ugualmente.»
Quando Steve l'aveva lasciata da sola con Linn, Natasha aveva ovviamente pensato di poter approfittare di quell'occasione.
Il direttore era stato chiaro: quella ragazza non era una semplice messaggera. A lei il compito di scoprire tutto ciò che poteva sul suo conto.
Avrebbe portato a termine il suo ordine, però aveva capito da subito che non sarebbe stato facile.
    “La mia fedeltà è cieca quanto indissolubile.
Non le erano sfuggite quelle parole e quindi era stato chiaro che la catena che teneva la lingua di Thor, avrebbe tenuto stretta anche quella di Linn.
Linn era un soldato, forse non nel temperamento e di certo non per le capacità sul campo, ma di cuore sì.
Ed era un soldato dei più leali e fidati, un soldato che neanche il dolore di una tortura avrebbe fatto vacillare.
«Solo perché non ho fatto domande, non vuole dire che non abbia avuto risposte, Clint.»
La osservò dubbioso e poi scosse la testa.
«Io credo che dovremmo essere più diretti.»
«Ah sì?» Si voltò a guardarlo e sorrise. «Tu lo sei stato con Thor?»
Non le rispose. «Colpa del tuo debole per le bionde, agente Barton.» Lo provocò sfoggiando un sorriso compiaciuto.
Clint ghignò di rimando. «Che stronza...» E riprese a cercare un qualche indizio che li conducesse a Loki.
«Ricorda che per quanto vuoi affondare un relitto, prima o poi qualche rottame torna sempre a galla.»
«Ti sei data agli aforismi, Nat? La compagnia del capitano ha un cattivo effetto.»
Non trattenne un risolino divertito. «Sarà, ma qualcosa mi dice che la nostra messaggera la gradisca particolarmente.»
Clint arrestò il suo lavoro e la guardò incuriosito.
«Te l'ho detto: non mi serve fare domande.»
La Vedova Nera scopre sempre ciò che le serve sapere.
«È una fortuna non averti come avversaria...» Si scambiarono un sorriso complice. «Non più.»
«Chissà, forse un giorno rimpiangerai di non avermi fatta fuori quando ne hai avuto occasione...»
«È molto più probabile che rimpianga quella notte a Budapest quando non ho approfittato della tua sbronza per portarti a letto.»
E pensare che fu l'unica missione che Natasha Romanoff fallì.
«Come se ti fosse stato possibile...»
Ma questo Clint, non l'avrebbe mai saputo.

 

*



Quando riaprì gli occhi e sentì l'acqua fredda bagnare il corpo, capì di essersi addormentata.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, si rimproverò per quella debolezza.
Doveva tornare da Linn, doveva tornare dai suoi compagni.
«Non è saggio addormentarsi in acqua.»
Il cuore le arrivò in gola ma seppe celare la sua reazione.
Sulla soglia del bagno lui la guardava senza alcun'espressione.
«Sapevo che saresti tornato» affermò sentendo i brividi di freddo coprire le sue braccia e avvertì il polso dolere quando tentò di muoverlo.
«Mi conosci bene.»
«Non quanto credevo...» Non quanto avrei voluto.
Deglutì nel vederlo avvicinarsi.
Non sapeva quale significato dare ai suoi gesti, non sapeva quali sarebbero stati i suoi gesti.
Ma Loki raccolse solo il bianco telo in spugna dalla sedia e glielo porse.
Lo guardò a lungo non riuscendo a impedire alle labbra di tremare per la sensazione dell'acqua ormai fredda che l'abbracciava.
«Non è tempo per il pudore, Sigyn... Non credi?»
Sentì la rabbia - e la vergogna - cancellare ogni gelo e si sollevò dalla vasca cercando di non gemere per il dolore che le attraversò il polso quando fece perno su di esso.
Strappò via dalle sue mani la stoffa candida senza smettere di guardarlo negli occhi.
«Sei qui per spezzarmi anche l'altro braccio?» Legò la stoffa attorno ai seni e lo fronteggiò tentando si mostrare quanta più fermezza potesse fingere.
Non era mai stata brava a mentire, e davanti a Loki ogni sua menzogna sarebbe presto crollata.
«Come sei melodrammatica...» Le sorrise. «Sono qui per chiedere i tuoi servigi. Ricordi il nostro discorso? Purtroppo siamo stati interrotti.»
«Non credevo la follia ti avesse vinto fino a questo punto, Loki.» Fratello.
Quella parola era rimasta ferma nella gola e non era scesa sulla lingua.
    “Non sono tuo fratello...
«Non importa quante ossa avrai intenzione di spezzarmi, ribadirò il mio no più forte ogni volta.»
«Oh... Sigyn... » Loki scosse la testa e sorrise ancora. «Non sono le tue ossa che spezzerò.»
Sapeva cosa volevano dire quelle parole.
Sentì il corpo attraversato da un nuovo brivido e stavolta non a causa della poca stoffa che la copriva né per l'acqua che continuava a grondare fredda dai suoi capelli.
Loki le si avvicinò di un passo e lei provò desiderio di farne uno indietro.
«Taglierò la testa a ogni stupido midgardiano che mi abbia sfidato e la farò rotolare davanti ai tuoi piedi.» Ancora un passo. «Inizierò da Stark, poi sarà il turno di Rogers, a seguire tutti gli altri...  e per ultima sarà la testa di Jane a macchiare di sangue il pavimento.»
«Non oserai-»
«Oserò!»
La rabbia montò avida nelle vene e il desiderio di stringere le mani attorno al suo collo crebbe a ogni centimetro di distanza che lui distruggeva.
«Una dopo l'altra... Ogni tuo no sarà un cadavere che mi lascerò dietro. Ogni tua resistenza sarà una vita presa a questo stupido mondo, finché da quelle labbra non udirò ciò che voglio udire.»
«Con quale nome devo chiamare la bestia che ha preso il posto di mio fratello? Dimmelo, cosicché possa maledirlo fin quando avrò fiato in gola!»
Affannò per la collera e l'incapacità di contrastarla, per l'incapacità di contrastare la sua sanguinaria promessa.
«Qualunque nome deciderai di pronunciare, suonerà come è sempre suonato sulla tua lingua, Sigyn: come una preghiera, come la supplica di una sgualdrina.»
Bruciò in un fiato la distanza che li separava colpendolo dritto al mento con un pugno.
Non sentì neanche il dolore alle nocche, il gelo del suo sguardo aveva coperto ogni altra sensazione.
«Cosa sei diventato? Da quando il veleno delle tue parole ha corroso anche il tuo cuore?»
Loki non rispose, restò a guardarla arrogante.
Scosse il capo stringendo le dita in un pugno che faceva male. «Conosco i miei torti e te ne ho chiesto perdono, ti ho chiesto perdono anche per quelli che non avevano sfiorato le mie mani, anche per quelli che portavano il nome di nostro padre!»
«Credi che il perdono basti? Che basti chiederlo e ottenerlo? Credi che qualche parola gettata al vento con sprezzo possa cancellare un'intera vita di menzogne?»
Gli occhi di Loki dissero più di quanto avevano alitato le labbra e lei sentì i suoi pungere.
«Credi che basti questo per placare la mia rabbia, Sigyn?»
«Ti ho concesso la mia stessa vita per placarla...»
«Non era una vita che volevo.» Era altro...
Riuscì solo ad abbassare lo sguardo sulla sua mano che tremava, con la benda ormai sciolta e il polso sempre più gonfio.
Lo so...
«Porgimela.»
Quando lo rialzò non riuscì a impedirgli di prenderla, di far scorrere le sue dita sulla pelle infreddolita e umida, e liberarla da quella stoffa ormai inutile. Non gli impedì di sibilare qualcosa di inudibile fra le labbra.
Osservò il suo viso vicino e gli occhi chiusi dietro le palpebre. Poi Loki li riaprì ed erano così verdi che le parve di non averli veduti da una lunga vita.
E le erano mancati.
Le dita abbandonarono il polso che smise di pulsare e di far male, smise di tremare.
«Indossa qualcosa. Ho bisogno di parlarti.»
Perdonami...
Voleva chiederglielo ancora.
Perdonami per averti lasciato solo, per non aver compreso i tuoi silenzi e i tuoi falsi sorrisi.
Perdonami per aver guardato ma non aver mai visto, per aver ascoltato senza mai sentire.
Perdonami per averti avvolto in troppo amore, un amore che non era quello che chiedevi, non era quello di cui avevi bisogno, ma l'unico che la mia codardia mi ha concesso di donarti.
Perdonami...
Le sue labbra sospirarono solo l'ultima parola.
«Fratello...»



*



La sua pelle era fredda e coperta di brividi e lui avrebbe voluto scaldarla. Avrebbe voluto asciugare una per una le gocce d'acqua che piangevano sul suo corpo.
Il suo cuore non aveva battuto, si era semplicemente spezzato, spezzato in mille frammenti affilati e aveva fatto male.
Perché quegli occhi non avrebbero dovuto lasciarlo, lei non avrebbe dovuto lasciarlo.
Tutto quel vuoto non avrebbe mai dovuto divorare la sua anima e l'oscurità che gli era stata destinata per fato non sarebbe mai dovuta esistere.
Ma le Norne avevano deciso di tessere un disegno beffardo e crudele e lui avrebbe solo dovuto recitare la parte che era stata scritta, come un fantoccio.
Loki non era un fantoccio, il Dio del Caos non recitava un copione che non portasse la sua firma e questo lo avrebbe ribadito con il sangue e tutti, il fato incluso, si sarebbero piegati al suo volere.
«Fratello...»
Il suo cuore si spezzò ancora una volta.
«Vestiti.»
Si allontanò. Allontanò le sue mani, le sue labbra, i suoi occhi.
Diede loro le spalle e le nascose il fuoco che bruciava nei suoi, fuoco nero come pece e cremisi come lava.
«Non permetterò che tu faccia loro del male.»
Sorrise celandole anche quel sorriso.
«Allora fa' ciò che ti chiederò senza attentare alla mia pazienza.» Quando si voltò lei lo guardava con lo stesso fuoco che tingeva il suo cuore. E non avrebbe potuto desiderarla più di così.
«Parla dunque.»
Sorrise.
«La tua risolutezza deve portarmi a credere che tu abbia deciso di collaborare?»
Chiese una risposta che non necessitava.
«Parla











***













NdA.
Ben trovati ❤
Spero abbiate passato delle serene festività.
Grazie moltissime a tutte le persone meravigliose che hanno inondato la mia mail di auguri e pensieri bellissimi.
Mi avete scaldato il cuore davvero! Ho i migliori lettori del mondo, mi spiace per le altre autrici, ma è così u.u
...
Tornando a noi, Loki ha fatto la sua mossa...
E adesso?
...
Adesso si gioca... *-^
Kiss kiss Chiara
  
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