Samhain,
1992
Non sono più
riuscito a dormire la scorsa notte.
E come avrei
potuto?
Ho un altro
fratello... un altro fratello.
Un fratello
che non avevo mai visto prima e di cui ignoravo l'esistenza.
Mi sembra un
incubo. Un incubo da cui non riesco a svegliarmi.
Zia Shelagh
ha detto che il suo nome è Calhoun. Un nome gaelico, come il
mio. Un nome che
vuol dire "guerriero".
Non so più
cosa pensare.
Fuori
continua a piovere senza sosta. Il cielo è d’un
grigio intenso… plumbeo.
La volta
celeste sembra essere stata privata da una mano ignota di tutto il suo
colore.
È quasi
surreale. Un grigio spento che rispecchia in pieno ciò che
sento nel mio cuore.
È tutto così strano, assurdo.
Se penso al
giorno appena trascorso, mi sembra di non star vivendo la mia vita ma
quella di
un’altra persona. Tutto ha perso ogni familiarità.
Subito dopo
la rivelazione di zio Beck, sono stato rimandato a letto senza troppi
convenevoli nonostante le mie proteste. Volevo una spiegazione, subito,
ma zia
Shelagh ha preferito rimandare a quando saremmo stati tutti meno
scossi. Un’ora
così tarda non era di certo il momento giusto per quel
genere di conversazione…
e poi lei doveva pensare a Calhoun.
Athar mi ha
seguito, lanciando un ultimo sguardo carico di sospetto a quel bimbo
così
schivo. Ha iniziato a pormi domande assurde a raffica. Come potevo
risponderle
se nemmeno io capivo cosa stesse accadendo?
Ho trascorso
il resto della notte a fissare il vecchio orologio a pendolo. Il tempo
è volato
in un battito di ciglia. Continuavo a fissare quel maledetto orologio
con la
penna stretta nel pugno. Persino scrivere i miei pensieri era
impossibile.
Senza che me
ne accorgessi è giunta l’alba. L’avevo
attesa con ansia. Avevo così tanto da
chiedere. Presto, Linden ed Alwyn sarebbero scesi per la colazione.
Saremmo
stati tutti insieme.
Questo mi
rincuorava un pochino.
Quel bambino
era davvero mio fratello?
Come avevano
fatto i miei a tenercelo nascosto?
Ma il
pensiero che più mi faceva male era che non riuscivo a
prevedere la reazione
dei miei due fratelli minori. Non avrei permesso a nessuno di farli
soffrire.
Avevano già sofferto abbastanza.
Zio Beck e
zia Shelagh, però, non erano ancora tornati nonostante il
sole fosse finalmente
sorto.
Subito dopo
l'arrivo di Calhoun, o Cal come il Cacciatore aveva continuato a
chiamarlo, gli
zii erano usciti insieme a quello strano personaggio, incuranti la
tempesta.
Devo
ammetterlo: mi sono sentito quasi sollevato. Quell’uomo non
mi piaceva.
Gli zii mi
avevano detto di dover parlare ai capi della Congrega. Un incontro
speciale per
tentare di salvare la festa di oggi, ma era una scusa troppo assurda
perché ci
potessi credere.
Il viso
dello zio era tirato, strano, contorto in un’espressione che
non gli avevo mai
visto. Un misto di tristezza e dolore e qualcosa che non sono riuscito
a
capire. Forse, repulsione? Rancore?
Una sola
cosa mi era chiara. Tutto quel trambusto era per lui... per Cal.
Per mio
fratello.
Non appena il
pesante orologio antico ha scandito le sei, sono sgattaiolato fuori
dalla mia
stanza verso la piccola biblioteca adiacente alla cucina che lo zio
usava come
studio per i suoi incontri con gli altri membri della Congrega.
Cal era lì,
proprio dove la zia lo aveva lasciato. Rannicchiato vicino al fuoco,
avvolto in
una pesante coperta ricamata. Potevo vedere le lunghe maniche della
camicia
dello zio essere state risvoltate più volte per non impedire
a delle piccole
mani ghiacciate di tenere una fumante tazza di tisana.
Non so per
quanto tempo sono rimasto a fissarlo sull’uscio.
Cal mi ha scrutato
di rimando, inclinando leggermente la testa.
Mi stava
invitando ad avvicinarmi.
Sono entrato
in punta di piedi, circospetto.
Cal non ha
detto nulla. Si è limitato a bere un piccolo sorso della sua
tisana per poi
tornare a rannicchiarsi nella coperta.
Fissava il
liquido in quella tazza con una concentrazione quasi inumana.
Mi sono
seduto sul vecchio poggiapiedi dello zio, proprio di fronte a lui.
Siamo
rimasti così.
Eravamo due
bambole immobili, in attesa delle mani del burattinaio per proseguire
la loro
recita.
Di colpo, ho
sentito un brivido scendermi lungo la schiena, i corti capelli sul
collo
drizzarsi di colpo. Il suo sguardo, così intenso e
inquietante, era ora fisso
su di me.
Mi sono
sempre definito un tipo coraggioso, soprattutto dalla scomparsa dei
miei
genitori, ma questo nostro silenzio mi metteva i brividi.
Era… era innaturale!
I bambini non sono fatti per restare in silenzio.
Da quando
era arrivato, Cal non aveva proferito una sola sillaba. Era rimasto
barricato
dietro quel suo mutismo più totale, dandomi
l’impressione di volere studiarmi.
Quasi… quasi come se…
No, non solo
un sospetto il mio.
Cal non si
fidava di noi.
Quando la
zia gli aveva chiesto qualcosa, offrendogli un po’ di latte
caldo e
asciugandogli i capelli, lui si era limitato a rispondere solo con dei
cenni
del capo. Per il resto il nulla.
Non potevo
ancora crederci. Mio fratello… mio fratello.
Fisicamente
non ci somigliamo per niente. È difficile pensare che siamo
davvero fratelli.
Lui, con i
capelli scuri e la sua pelle abbronzata; io, biondo e dalla carnagione
nivea.
Gli occhi
poi... gli occhi di tigre che avevo visto nella mia visione.
L’acqua non
mi aveva mentito. Quel bambino esisteva, era reale, ed ora si trovava a
poco
più di un metro da me.
Un bambino
della mia stessa età.
Questo mi
lasciava perplesso. Com'era possibile? Sapevo che ci volevano dei mesi
per avere
un bambino, lo zio Beck mi aveva spiegato tutto quando la zia aveva
dovuto
aiutare una donna della Congrega a partorire. Me ne sarei accorto!
Non avevo
molti ricordi della nascita di Linden, ma ricordavo perfettamente la
mamma
andare in giro con un gran pancione prima della nascita di Alwyn.
Quindi, da
dove era venuto Cal?
Se fossimo
stati davvero fratelli, com’era possibile essere
così diversi?
Anche se io
e mia sorella abbiamo capelli ed occhi di un diverso colore, i nostri
tratti
sono quasi identici. Chi era davvero quel bambino che sembrava aver
tanto
timore di me?
Però… uno
strano pensiero si è fatto strada da un angolo remoto della
mia mente. Un
pensiero che non mi lasciava tregua. Continuava a sussurrarmi di
cercare
ancora, di ricordare. Ma cosa?
D’un tratto,
un’immagine di me più piccolo
s’è affacciata prepotente tra quel groviglio di
domande.
Una volta
tanto tempo fa, avrò avuto sì e no sei anni,
avevo sorpreso i miei genitori
discutere nel cuore della notte e mio padre ripetere spesso un nome che
non
avevo mai sentito prima: Selene. Non ricordo molto di quella
conversazione, ero
semplicemente sceso in cucina per prendere un bicchier d'acqua,
però ricordo
papà affermare che quella Selene era stata sua moglie.
Forse,
stavano insieme prima che lui avesse conosciuto la mamma?
Dopo
quell’occasione non ci avevo più pensato, troppo
intontito dal sonno per avere
piena coscienza di quei fatti. Ma ora?
Cal era
figlio di quella donna? Di quella Selene? Com’era possibile,
giacché potevamo
avere la stessa età?
Perché papà
non ci aveva mai parlato di lui? Ah, quante domande. Mi sta venendo
proprio un
bel mal di testa.
L’ombra di
una donna sconosciuta gravava su di noi ma cercavo di non pensarci.
Dovevo
pensare ai miei fratelli.
Dovevo
proteggerli da nuove sofferenze.
Sofferenze
tangibili, reali. Reali come il dolore che vedevo negli occhi di Cal.
Ore prima,
quando la zia Shelagh aveva portato Cal in biblioteca a cambiarsi
allestendo un
giaciglio di fortuna per farlo riposare, ho notato una benda bianca
avvolta
stretta intorno al suo fianco, fragile ed emaciato. Quasi come il
fianco di uno
che non mangia da molti, moltissimi giorni.
Cal, appena
si è reso conto della mia presenza, ha subito afferrato il
lembo della maglia
che la zia gli stava togliendo e l’ha ribassato di colpo.
I suoi occhi
erano spaventati. No, spaventati sarebbe stato poco. A dir poco,
terrorizzati.
Chissà cosa
gli è successo? Com’è rimasto ferito?
Un incidente? Era stato quello a
causargli il grande dolore che avevo visto nella mia visione?
Avrei voluto
porgli tutte queste domande ma lui continuava a tacere.
Quel suo
ostinato silenzio mi colpiva molto. Era snervante ma al tempo stesso mi
turbava.
Volevo delle risposte ma nel frattempo avevo paura di chiedere, di
sentirmi
dire che i miei erano morti e che non sarebbero più tornati.
Cal
continuava a tenere le ginocchia strette intorno al petto e a fissarmi
con quel
suo viso senza espressione.
Niente. Non
un cenno del capo, non uno sbadiglio. Sembrava non riuscire nemmeno a
sbattere
le ciglia. Immobile… freddo…
impassibile…
Inumano.
Qualunque
cosa stesse pensando, il suo viso non tradiva niente. Non pareva
nemmeno vivo.
Un
fantoccio… una delle bambole di Alwyn.
Che strano
bambino. Non avevo mai incontrato nessuno così. Tutti
ragazzini che conosco,
quelli di questa congrega, non riescono a stare fermi un istante. Per
loro
restare immobili è una sorta di punizione.
Ma per Cal,
no.
DONG DONG
DONG
Otto
rintocchi del vecchio orologio.
Solo in quel
momento mi sono accorto che era ufficialmente il giorno di Samhain, il
capodanno delle streghe. Una delle nostre feste più
importanti. Peccato che il
temporale avesse rovinato tutto. Ci eravamo impegnati tanto nei
preparativi!
Tuttavia,
devo dire che questa ricorrenza non è stata di certo senza
sorprese.
Cal
continuava a fissarmi.
Finalmente,
ho deciso di farmi coraggio e provare a parlargli. Non sopportavo
più quel
silenzio.
Mi sono
avvicinato a lui e gli ho chiesto se sapesse chi ero.
Lui nulla.
Sembrava
perso in un mondo tutto suo, come se non fosse nemmeno cosciente della
mia
presenza. Continuava a fissarmi, come se nascondessi chissà
quale mistero.
Anche se lì,
era lui il vero mistero.
Ho provato a
porgli altre domande; quanti anni avesse, se fossimo davvero fratelli,
se
sapesse cosa fosse successo ai miei genitori ma lui niente. Continuava
a
rimanere rannicchiato lì, su quella poltrona, respirando a
malapena.
Irreale.
Avrei voluto
dirgli altro, scuoterlo, ma le voci di Linden e Alwyn me lo hanno
impedito.
Si sono
catapultati al piano inferiore, battibeccando su qualcosa che non
riuscivo ad
afferrare. O, più precisamente, Linden si stava prendendo
gioco di nostra
sorella ancora una volta.
Un borbottio
assonnato e strani mugugni. Anche Athar si era svegliata.
Linden ed
Alwyn hanno spalancato la porta della biblioteca, la via più
rapida per la
cucina, continuando con i loro screzi fino a quando si sono accorti di
Cal.
"Hey,
chi è lo strano tipo?". Ha detto mio fratello nel suo solito
tono sfacciato.
"Lui… lui
è Cal". Ho mormorato, titubante.
BUM
Una porta
che sbatte, proprio come la notte scorsa.
La voce dei
miei zii e di quello strano uomo. Erano tornati.
Zia Shelagh
ci ha sorriso un istante, prendendo Cal da parte per dargli alcuni miei
vecchi
vestiti da indossare. Gli ha indicato un piccolo bagno in cui ripulirsi
per poi
sparire nel tinello a preparare la colazione.
Lo zio Beck insieme
al Cacciatore, che in seguito ho saputo chiamarsi Sean
O’Hara, ci ha ordinato
di lavarci viso e mani ed accomodarci a tavola senza aggiungere altro.
Dopo
mangiato, avremmo dovuto parlare di cose molto importanti, ha detto.
Noi
abbiamo semplicemente annuito.
Linden si è seduto
alla destra di Athar, lanciando occhiate strane e quasi canzonatorie a
Cal. Già
Cal…
Avete mai
sentito l’espressione "amore a prima vista"?
Credo di non
riuscire a spiegare meglio gli sguardi di pura gioia che mia sorella e
quel mio
nuovo, silenzioso fratello hanno iniziato a scambiarsi durante la
colazione.
Alwyn lo ha
letteralmente subissando di domande e, anche se lui non ha mai risposto
con
parole vere, lei sembrava capire in pieno cosa gli impercettibili
mutamenti del
volto di Cal volevano significare.
Pazzesco! Io
avevo trascorso ore senza ricavare un ragno dal buco e a lei bastavano
due
sorrisi per tirare le somme di quello strano rompicapo.
Assurdo!
Senza
aspettare nessuno, Alwyn ha preso la mano di Cal e lo ha fatto
accomodare
accanto a sé, ignorandoci completamente. Gli parlava della
sua bambola Lucy che
faceva i capricci e non voleva mangiare la purea di patate.
Cal, d’un
tratto, ha inclinato leggermente il capo e lei, fermandosi a pensare
per un
istante, ha annuito, affermando che aveva ragione. Se proprio a Lucy
non
piaceva la purea di patate, doveva provare con la farina
d’avena. Buona idea.
Ma quando
gliel’aveva detto?
Non potevo
crederci. Cal… Cal stava sorridendo. Un sorriso pieno di
gioia. Per Alwyn.
Il cucchiaio
mi è caduto dalle mani per la sorpresa… ma come
aveva fatto, Alwyn?
Non ero il
solo ad esserne sorpreso. Anche gli zii e il Cacciatore lo erano.
Con la coda
dell’occhio, ho notato quell’uomo annuire piano,
come se avesse intuito una
grande verità.
Fiona, ha
mormorato, osservando quella scena.
Fiona… mia
madre.
Il resto
della colazione è stato scandito dalla voce argentina di
Alwyn, dalle sue
storie e dai suoi racconti.
Lo sguardo
dello zio non ha mai abbandonato Cal, in nessun caso, e spesso mi
è parso che
lui ricambiasse quell’atteggiamento ostile attraverso i suoi
occhi inquietanti.
Gli occhi di chi è dovuto crescere troppo in fretta.
Lo zio è
sempre stato una persona severa, dura, ma mai astioso. Non sono ancora
riuscito
a capire perché facesse così.
Altre
domande, altri misteri. Non vedevo l’ora di ricevere le
risposte a cui tanto
anelavo.
Finito di
mangiare, i due uomini sono spariti nello studio dello zio, chiudendo
la porta
di legno a doppia mandata per evitare che qualcuno di noi bambini
decidesse si
sbirciare ancora una volta. Zia Shelagh ha preso a lavare i piatti,
canticchiando tra sé.
Io e gli
altri abbiamo riposto le stoviglie sporche nell’acquaio,
ognuno pronto a fare
la sua parte delle nostre faccende domestiche.
CRASH
Il rumore di
qualcosa che si rompeva.
"Ahi".
Alwyn!
Mi sono
voltato verso i miei fratelli e ho visto Alwyn china al suolo intenta a
succhiarsi un dito.
"Sempre
la solita!".
"Linden!"
Gli ha urlato Athar.
In un batter
d’occhio, Cal si è chinato accanto a mia sorella,
asciugandole le lacrime e
facendole una benda di fortuna con un fazzolettino ricamato che la zia
gli
aveva dato.
La
scollatura del maglione che aveva indosso gli lasciava scoperto il
collo. Quei
miei abiti erano troppo larghi per lui. Bisognava comprarne altri.
Piano, piano
ho visto gli occhi di Linden spalancarsi sempre di più, le
sue labbra
incresparsi in una muta espressione d’orrore.
"WOODBANE!
WOODBANE!". Ha iniziato a gridare.
Woodbane…
Cal ha
lasciato subito la mano di Alwyn e si è rannicchiato,
immobile al suolo. Con
una mano si è coperto un lato del collo e ha posato il suo
sguardo dorato su di
me.
Era come…
era come se mi stesse implorando… implorando di non fargli
del male. Come se si
aspettasse qualcosa da me. Qualcosa che non riuscivo a capire.
Linden ha
afferrato il braccio di Alwyn, scostandola da lui bruscamente mentre
Athar si è
parata al suo fianco.
Mia sorella
ha preso ad urlare, piangere, implorando Linden di lasciarla andare,
che le
stava facendo male ma io rimanevo lì, immobile come una
statua.
Alle lacrime
di Alwyn, non so, ma qualcosa è scattato dentro Cal. I suoi
occhi si sono
accesi minacciosamente ed un istante dopo Linden era a terra mentre
Alwyn
singhiozzava piano tra le sue braccia.
"Sto
bene, ora, Cal. Tranquillo". Gli sorrideva gentile, mia…
nostra sorella e
subito lo strano bagliore nello sguardo di quel bambino-tigre
è cessato
completamente.
Linden si è
alzato pronto ad un nuovo attacco ma la zia gli ha urlato di smetterla
e di
andare tutti nello studio dello zio. Lui ha guardato me ed Alwyn con un
sentimento molto simile al disprezzo e se n’è
andato in silenzio.
Prima di
sparire gli ho sentito mormorare una cosa: schifoso Woodbane.
Lo abbiamo
seguito senza dir nulla.
Anche noi
siamo Woodbane… o, almeno lo siamo per metà.
Nostro padre
è un Woodbane puro mentre nostra madre è una
Wyndekell. Questo ci rende degli
ibridi, cosa non inusuale di questi giorni.
Oramai sono
in pochi ad appartenere ad uno dei Sette Grandi Clan. La maggior parte
delle
streghe ereditarie sono ibridi oppure non sanno o non vogliono rivelare
la
verità sul loro Clan di appartenenza.
È una cosa
privata. Una cosa che si può rivelare solo a chi ci si fida
davvero.
Soprattutto
se sei un Woodbane.
Un
Woodbane, un Oscuro, uno che per molta
gente è considerato la feccia della Wicca.
Ci siamo
accomodati nello studio dello zio. Il camino era stato già
acceso nell’attesa
del nostro arrivo ed il Cacciatore ora si scaldava le mani vicino ad
esso.
Zio Beck ha
continuato ad osservarci severo, crucciato. Sono sicuro che si fosse
accorto
del trambusto che avevamo scatenato prima.
Ci ha fatto
accomodare sul piccolo divano di tessuto verde. Me,
Athar, Alwyn e Cal. Linden
ha preferito restare in piedi. Il suo disprezzo verso Cal
non era diminuito per nulla.
Poi è
sopraggiunta anche la zia. Finalmente, potevo sapere cosa stava
succedendo.
Zio Beck ha
tratto un profondo sospiro e si è passato una mano sul viso
stanco. Zia Shelagh
gli si è avvicinata serena e gli ha poggiato una mano su di
una spalla.
Sembrava quasi che stessero tenendo un discorso tutto loro solo con gli
occhi.
"Cal…".
Un attimo di pausa
mentre sentivo il
cuore riuscire a martellarmi fin dentro la gola. "Cal è
davvero vostro
fratello… o meglio, il vostro fratellastro".
"Com’è
possibile?". Ha chiesto Athar, interrompendolo bruscamente. Avrei
voluto
farlo io ma la mia bocca non riusciva ad articolare le parole. Era
impastata,
serrata.
"Daniel…
Daniel prima di conoscere Fiona era sposato con un’altra
donna. E questa donna
è la madre di Cal".
Altro attimo
di pausa. Le parole che uscivano dalla bocca dello zio erano pesate,
misurate.
Quasi controllate. Come se lo zio si stesse sforzando di tacere
qualcosa per un
motivo a me sconosciuto. Come se avesse voluto trovarsi a mille miglia
da
quella situazione.
"Mamma
e papà stanno bene? Perché non tornano?". Nuove
lacrime hanno minacciato
di segnare il viso di Alwyn ma Cal le ha stretto una mano e lei ha
ridacchiato
un pochino, la sua tristezza dimenticata ancora una volta.
"Delle
persone cattive vogliono fare loro del male e per il momento non
possono
tornare, piccolina". Ha continuato la zia.
Quali
persone?
"Perché
il Woodbane deve restare qui? Non c’è
l’ha una casa?".
Linden…
Non capivo… non
capivo il perché di tutto quel risentimento. Linden
è sempre stato un tipo da
prendere con le molle ma questo era davvero troppo.
Ho visto zia
Shelagh stringere ancora di più la sua presa sulla spalla
dello zio. Stava
tremando.
"La
madre di Calhoun è morta". Il Cacciatore ha preso la parola
per la prima
volta. Era chino sul fuoco, le braccia tese e poggiate sulla pietra
sopra il
camino. "Le stesse persone che vogliono fare del male ai vostri
genitori,
l’hanno uccisa e avrebbero fatto lo stesso con Daniel e Fiona
se Cal non li
avesse aiutati. Se i vostri genitori sono ancora vivi, lo dovete
soltanto a
lui".
Tutti noi ci
siamo voltati verso Cal ma lui è rimasto impassibile. Alwyn
si è fiondata tra
le sue braccia, ringraziandolo. Lui l’ha lasciata fare.
Il
Cacciatore si è girato, il suo aspetto ancora più
minaccioso.
"Doveva
essere affibbiato proprio a noi?" Linden…
Sean O’Hara
lo ha fissato a lungo e mi è parso quasi che mio fratello si
sia fatto piccolo
piccolo sotto quella muta accusa. "Calhoun non ha nessun altro. Voi
siete
i suoi parenti più prossimi. Fiona mi ha fatto giurare di
portarlo da voi sano
e salvo e di chiedervi di avere cura di lui".
"Io non
lo voglio qui!". Ha
continuato
Linden. "Non è uno di noi. È un Woodbane! Noi non
abbiamo bisogno di un
altro fratello… ma di nostra madre e nostro padre! Chi
cavolo lo vuole
lui!".
Con
un dito ha indicato Cal ancora stretto
nell’abbraccio di Alwyn. "Non è niente per me!"
"Sbaglio
o anche tu sei un Woodbane per metà?".
Il Cacciatore ha inarcato un sopracciglio, scettico.
Per la prima
volta potevo vedere l’ombra delle lacrime minacciare di
scendere sul viso di
Linden. Tutta quella sua rabbia, quella sua furia. Gli mancavano mamma
e papà,
solo ora lo capivo. Anch’io avrei voluto riaverli qui con me.
Linden se
n’è andato via stizzito, sbattendo con forza la
porta. Athar si è alzata per
seguirlo, non prima di avermi lanciato un’ occhiataccia. Ha
chinato il suo viso
vicino al mio, le sue parole cariche di furia.
"Non
scordarti chi è il tuo vero fratello. Quello con cui sei
cresciuto". Ha
sibilato, lasciandomi senza fiato.
Zio Beck ha
scosso la testa mentre la zia tratteneva a stento i singhiozzi.
L’aria si
era fatta molto pesante. Era elettrizzata, magnetica, carica di una
tensione
mal repressa.
Alwyn ha
preso Cal per mano e lo ha trascinato fuori, incurante se quella
riunione di famiglia
fosse finita o no. Anche lei doveva averlo percepito. Io avrei voluto
fare lo
stesso.
"Giomanach".
Ha detto il fratello di mia madre, richiamando la mia attenzione.
"D’ora
in poi, il tuo compito sarà più duro. Dovrai
tenere sempre d’occhio Calhoun. So
che siete fratelli e so che sei confuso. Ma gli altri membri della
Congrega non
saranno così ben disposti nei suoi confronti come lo siamo
noi. Ciò che Linden
ha detto è vero: lui è un Woodbane puro. Non
dovrai mai dimenticarlo".
Non sapevo
cosa rispondere a quelle parole. Dentro di me c’era e
c’è ancora solo il caos.
"Mia
madre mi ha chiesto di avere cura di lui. Ed è quello che ho
intenzione di
fare, zio Beck. Nulla di più, nulla di meno".
Per la prima
volta, lo zio ha accennato un’ombra di sorriso. "Sei un bravo
ragazzo,
Giomanach".
Senza
aggiungere altro, sono salito in camera mia. Le cose di Alwyn erano
già state
spostate nella stanza di Athar e i pochi effetti di Cal sistemati qua e
là. Di
Linden non c’era traccia.
Il resto
della giornata è trascorsa placida. Una bolla confusa in cui
tentavo di stare a
galla.
Cal…
Linden…
Non ci
capisco più niente!
Volevo
parlare con Linden, spiegarmi, ma lui è come scomparso.
Forse, ho continuato a
pensare, se gli avessi fatto sbollire prima la rabbia, dopo sarebbe
stato più
incline a parlare senza ricorrere alle maniere forti. Forse…
Una risata
argentina mi colpisce, fermando questa mia mano ormai stanca. Un lieve
bagliore, riflesso nel vetro della finestra. Una piccola torcia.
Due figure
chine su d’un libro di favole... una folta chioma rossa ed
una castana.
Anche
restando fermo qui, chino alla scrivania, posso scorgere nel riverbero
sul
vetro qualcosa...
Un cattivo
auspicio o un inizio?
Alwyn che
racconta una vecchia favola a questo nostro nuovo fratello.
A lei è
piaciuto da subito.
Linden,
invece, lo detesta spalleggiato da Athar.
Cosa devo
fare? Perché mia madre mi ha fatto carico di quest'altro
pesante fardello?
Cosa ha in
mente per me, la Dea?
Non lo so e
questo mi fa paura.
Giomanach
Vorrei
ringraziare
tutte le persone del mitico forum di SWEEP che mi hanno aiutato con i
loro
consigli, i loro incoraggiamenti e soprattutto tante notizie sue questa
meravigliosa serie. Senza di voi non ce l’avrei mai fatta.
Un altro
ringraziamento va a Mela_Avvelenata, Seferdi, kira988, SasuNaru83,
_Dana_, che
hanno recensito questa storia e l’hanno posta tra le loro
preferite.
Perdonatemi se non riesco ad aggiornare con molta frequenza e spero che
questo
capitolo sia di vostro gradimento!
Seferdi,
la tua
recensione è stata lunghissima e vorrei rispondere alle
domande che mi hai
posto (se volete spoiler sulla storia, sono a vostra disposizione!). Lo
so che
questo Cal è più chiuso e, come tu hai dedotto,
anch’io ho pensato che molto
del suo atteggiamento fosse dovuto alla magia oscura. Qui,
però, il nostro boy
adorato viene da un’esperienza traumatica (insomma "lei" ha
tentato
di disfarsi di lui, neanche suo padre lo voleva con sé e,
come avrai letto, il
primo impatto con la sua nuova famiglia non è di certo stato
dei migliori) e mi
è sembrato giusto che fosse molto sospettoso verso le altre
persone.
Lui è Hunter
sono molto uniti e Cal pone la sicurezza, ma soprattutto la
felicità, di suo
fratello sopra ogni altra cosa. Ora che incontreranno Morgan (nello
stesso giorno,
ma in due situazioni diverse) ne vedremo delle belle. Sarà
più forte il sangue
che li lega o l’amore verso quella che entrambi considerano
la loro muirn beata
dan?
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