La prossima lezione sarebbe cominciata tra qualche ora.
Avevamo ancora tempo.
E visto che Giò aveva appena collezionato una delusione in
amore, decidemmo di dare ufficialmente inizio alla stagione di caccia.
"Tony … Non lo so… Mi devo ancora
riprendere… Sara mi ha lasciato … Per di
più… al telefono!"
"È che non ci sai fare con le donne. Devi essere
più … devi atteggiarti da figo. E devi essere un
po' bastardo."
"Ma con Sara non ha funzionato…"
"Be', sai, ci vuole intelligenza con le donne. C'è chi ha la
bellezza e chi ha il cervello. E con me la natura è stata
doppiamente gentile. Dai, serve qualcosa che ti distragga. Guarda!"
indicai le due ragazze che avevo visto prima a lezione, quella mora e
quella bionda, che sedevano sulla stessa panchina studiando sullo
stesso libro di medicina.
Presi una moneta. "Se esce testa," dissi "tu quella mora, io quella
bionda. Se esce croce, tu quella bionda, io quella mora. Ci stai?"
"Vai!" disse lui eccitato.
"Eeee…" momento di suspance "testa! Sei pronto,
Giò?"
"Puoi scommetterci!"
Ci avvicinammo lentamente e con discrezione alla panchina. Io mi
sedetti a sinistra, accanto alla ragazza bionda, mentre Giò
si mise all'estremo opposto della panchina, accanto all'altra ragazza.
Le due non alzarono nemmeno gli occhi dal libro.
Giò gesticolava per cercare di attirare la mia attenzione.
'Che si fa?' sillabò con la bocca.
Sorrisi sollevando le sopracciglia. 'Sta' a guardare.'
Mi schiarii la gola per attirare l'attenzione della mia tipa. Non mi
degnò di uno sguardo.
Allora accennai a un colpo di tosse.
Nulla.
Riprovai, ma senza nessun risultato.
Presto i miei colpi di tosse si trasformarono in un bombardamento
laringo faringeo.
"Ti stai strozzando? Ti serve dell'acqua?" disse lei con gli occhi
perennemente incollati sul libro, con il tono un po' scocciato.
Io, tutto rosso per lo sforzo, annaspando per riprendere fiato, dissi:
"Veramente… mi chiedevo se ti andava di … uscire,
uno di questi giorni."
Finalmente mi guardò. Aveva un viso dolce e solare, gli
occhi azzurri come i miei, e le labbra bellissime e rosee. Non mi ero
accorto che fosse così bella.
Cominciò ad annuire, poi inclinò la testa da una
parte, come facevo sempre io, poi scosse la testa, poi
arricciò il naso, poi aggrottò le sopracciglia
con aria pensosa, poi si mise un dito sulle labbra, poi
cominciò a lisciarsi i capelli, tutto nel giro di tre
secondi.
Le donne sono sistemi operativi con supporto per il multitasking.
"Ok." disse. "Si può fare. Ti darò la conferma."
"Ah, comunque piacere, io sono Tony." dissi tendendo la mano.
Lei la strinse. "Sono Mia."
"Sei … single?"
"Ah… be', sì." disse sorridendo.
"Ah … bene…" dissi ridacchiando come uno scemo.
Dall'altra parte, Giò sembrava aver conquistato la sua
donna. Mi stava superando! Dovevo darmi da fare.
Misi una mano sulla coscia di Mia. Baciami…
baciami…
"Non toccarmi, porco!"
Dio, che sberla…
Mia si alzò e se ne andò. Giò invece
aveva conquistato la sua tipa e se ne stavano abbracciati.
"Ci vediamo domani sera, allora!" disse la ragazza mora chiudendo il
libro e alzandosi.
"D'accordo" disse Giò. "A domani, Victoria."
"Allora?" mi disse Giò. "Chi era lo sfigato?"
"La fortuna del principiante!" gli urlai contro.
"Non te la prendere, vieni, andiamo al bar, ti offro qualcosa."
Mi portò nel bar dell'Università. Era davvero un
bel posto, caldo, accogliente e rilassante.
Giò mi offrì una cioccolata calda mentre lui
prese un cappuccino.
"Vieni" e mi condusse verso il tavolo più grande del locale,
quello dove di solito si riunivano tutti gli studenti che avevano
voglia di rilassarsi un attimo tra una lezione e l'altra.
Stranamente non c'era quasi nessuno. Eravamo io, Giò, Mia,
Victoria, il ragazzo castano che avevo visto in aula che messaggiava e
il ragazzo biondo dallo sguardo glaciale con il suo cubo di Rubik in
mano.
Mia era ancora arrabbiata con me mi guardò male.
Giò si presentò: "Io sono Giò e questo
è il mio amico Tony. Piacere".
Victoria si presentò ai due ragazzi del nostro corso: "Io
sono Victoria."
"Io sono Mia."
"Piacere, io sono Leo" disse il ragazzo castano alzandosi e
stringendoci la mano.
A quel punto il nostro sguardo cadde sul ragazzo biondo che in silenzio
risolveva e scomponeva il suo cubo. Per qualche attimo regnò
il silenzio mentre aspettavamo una sua risposta.
Lui sentendosi gli occhi addosso, ma senza alzare lo sguardo, disse:
"Mm… Alan…"
"Piacere" dissi io. "Che avete intenzione di fare dopo
l'Università?"
"Io voglio fare il chirurgo." disse Leo.
"Anche io!" sorrise Giò.
"Io non lo so, mi basta trovare un lavoro e fare qualcosa di
socialmente utile." disse Mia.
"Sono d'accordo" disse Victoria.
"Anch'io" replicai.
Occhiata gelida di Mia.
Sguardi puntati su Alan. Momento di silenzio.
"Mi specializzerò in psichiatria."
Grugniti di assenso.
"È stato un piacere conoscervi, ma adesso dobbiamo proprio
andare" disse Mia guardando l'orologio e prendendo Victoria per un
polso.
Anche io e Giò ci alzammo.
Verso l'uscita dissi: "Mia, mi dispiace, non volevo."
"Potevi pensarci prima." e se ne andò.
Mi dispiace offendere le persone, ma di solito non sto a pensarci
più di tanto, le lascio stare aspettando che passi
l'incazzatura. Ma quella volta invece, stavo male davvero per aver
offeso Mia, specialmente per una cosa così stupida.
"Non ci pensare, amico" disse Giò notando il mio disagio.
"Capita."
I miei pensieri vennero interrotti dalla vista di un vecchio che si
avvicinava, come se cercasse qualcosa. Era basso, capelli grigi, un
tempo forse erano stati biondi, e occhi azzurri. Indossava un camice da
medico e aveva nel taschino delle medicine.
"Salve ragazzi. Sono il professore di psichiatria, avete visto le mie
pillole?"
"Ha detto di psichiatria?" disse Alan, dietro di noi.
"Bravo, ragazzo, proprio quelle!" e indicò dei medicinali
che Alan aveva appena preso da terra.
"Devono essermi cadute quando ho preso qualcosa al bar." e se le fece
restituire.
"Tony, sono psicofarmaci…" mi sussurrò
Giò "Questo è matto."
"Lei è il professore di psichiatria?" ripeté Alan.
"Sì, ragazzo. Ti interessa?"
"Sì. Vorrei specializzarmi in psichiatria una volta finito
gli studi di medicina."
"Allora avrò l'onore di averti come allievo! Vuoi fare una
passeggiata?"
Alan e il professore se ne andarono camminando insieme.
"Sai, ragazzo, ho quasi settant'anni e insegno qui da più di
30."
"Ha settant'anni?"
"Pensavi che fossi più vecchio, eh? Già, a volte
lo penso anch'io. Quanti anni hai, ragazzo?"
"Diciannove."
"Eh… a 19 anni sei giovane e ridicolo… Dopo sarai
solo ridicolo."
"Cos'erano quelle pillole, signore?"
"Prendo stabilizzatori dell'umore e gli antipsicotici contro la
schizofrenia. Ma dopotutto, chi meglio di un pazzo può
insegnare psichiatria?"
Io e Giò ce ne andammo. Giò guardava quella
strana coppia perplesso, io ero ancora deluso dall'incomprensione con
Mia e me ne fregavo.
Così deluso che non vidi il professor Conti che camminava a
grandi passi e che mi venne addosso.
"Scusi, professore".
"Guarda dove metti i piedi, pivello".
"Tony," disse Giò "Mi presti il cellulare? Voglio chiamare
mio cugino per sfotterlo. Non pensava che sarei arrivato
all'università!"
Presi il cellulare dalla tasca senza un commento. Lo diedi a
Giò. Poi notai un foglio per terra che doveva essermi
scivolato dalla tasca mentre prendevo il cellulare. Chissà
come era finito nella mia giacca.
Era un foglio quadrato, 10 cm x 10 cm, azzurro. Lo aprii. Diceva:
"Offrile un caffè e vedi che ti perdona, scemo, non fare
quella faccia da depresso. -Il Fogliettista, il tuo nuovo amico."
Mi guardai intorno circospetto. Mi sentivo osservato. Chi era che mi
teneva sotto controllo? Come faceva a saperlo? Doveva essere per forza
stato Giò.
"E invece ci sono arrivato! Alla faccia tua." e Giò chiuse
la chiamata.
"Adoro rendere ridicolo mio cugino."
"E i tuoi amici."
"Certo, anche quello. Come quella volta che in discoteca ti ho versato
addosso il mio cocktail e ho detto a tutti che ti eri pisciato addosso."
"Non intendevo quello, Giò, ma grazie per avermelo
ricordato. Non ti viene in mente nient'altro?"
"Sinceramente… non so dove tu voglia andare a parare, amico."
Non vidi traccia di menzogna nei suoi occhi. Era sincero.
Il mio nuovo amico rimaneva un mistero.
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