La porta si spalancò non
appena sfiorò la maniglia rivelando l’orrore che si stava consumando tra le
mura millenarie della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
La Sala Grande che aveva
frequentato così spesso era irriconoscibile di fronte a lui: i tavoli erano
spaccati e addossati alle pareti mentre le tende avevano preso fuoco accanto
alle finestre.
La grande vetrata che
incorniciava la mensa dei professori e dove, di sera, si era spesso fermato a
guardare la luna, era ora una serie di frammenti di vetro, alcuni ancora
fissati all’intelaiatura metallica, i più sparpagliati sul pavimento. Il suono
del cristallo che si frantuma era persistente mentre veniva attaccato dai
fuocherelli e, tuttavia, appena percepibile nella baraonda generale.
Degli stendardi delle Case e
del grande gonfalone col simbolo di Hogwarts che sovrastava le loro teste
c’erano dolamente brandelli sfilacciati e affumicati con i fili colorati del
prezioso tessuto che si muovevano penduli come rami di salice sul laghetto,
tracciando spirali di fumo sopra le teste di chi già si era lanciato nella
mischia.
Ovunque, per terra, erano le
persone ormai ferite dallo scontro: riconobbe alcuni dei suoi compagni di corso
e ragazzi più piccoli mentre gli Auror, anche se pochi, erano all’opera tentando
di arginare l’invasione di mangiamorte che si era accanita contro la scuola.
Il suo ex professore di
Difesa contro le Arti Oscure, Remus Lupin, era alle prese con una specie di
minotauro mutante che brandiva una pericolosa ascia in fondo al salone; la sua
strampalata e rinnegata cugina, Nimphadora Tonks, si stava dando da fare a
contrastare due incappucciati e la sua chioma fucsia risaltava vivamente contro
il nero delle tonache mentre lei si muoveva agilmente cercando di schivare i
colpi messi a segno dai due.
Ora toccava a lui.
Solo contro il mondo, solo
contro tutti.
Non poteva contare su
nessuno, non poteva permettersi di sperare su nessuno, sarebbe immancabilmente
rimasto deluso.
Se la mezzosangue fosse stata
con lui avrebbe fatto affidamento su di lei, ma lei non c’era più.
Lei si fidava, lei credeva
che riuscisse ad andare avanti da solo.
Ce l’avrebbe fatta.
Non per lei, ma perché era la
sua natura ad essere così e la rabbia che gli montava dentro non era
minimamente paragonabile ad un sentimento facilmente gestibile.
Prima ancora che il gruppo di
allievi appena arrivati riuscisse a prendere effettiva considerazione della
situazione, spalancò il mantello, estrasse la bacchetta e si lanciò più veloce
che poté sul campo di battaglia.
I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and I walk alone
I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
Where the city sleeps
and I'm the only one and I walk alone
Udì un grido strozzato dietro
di lui mentre schivava appena per un soffio la scia verdastra di uno
schiantesimo che era stato lanciato mentre lui attraversava lo spazio di
duello.
La riconobbe: era Pansy e
contro di lei nientemeno che suo zio.
Non gli importava chi fosse, non
si sarebbe fermato.
Tutto quello sarebbe
terminato solo a battaglia conclusa. O con la sua morte.
Ormai non c’era più niente
che l’avrebbe frenato.
Vide in lontananza la zia
Bellatrix a bordo di una specie di veicolo metallico simile a quelli che aveva
visto nel mondo babbano eppure a forma di drago.
Dall’altezza lanciava
incantesimi distruttivi verso la platea, protetta dal fatto che difficilmente
degli studenti inesperti e dei professori poco allenati sarebbero riusciti a
colpirla.
Non gli importava che fosse
in vantaggio, che avesse più anni e più esperienza.
Neppure che fosse spietata.
Era sua zia, era crudele: se
lo era lei, poteva esserlo anche lui.
Non aveva paura di lei perché
era come se la figura altera e dignitosa di sua madre, biondissima, gli
camminasse al fianco e gli intimasse di non abbassare lo sguardo di fronte a
sua sorella.
Non aveva mai saputo se
Narcissa approvasse oppure no la faccenda di Lord Voldemort, certo non le
piaceva sua sorella, insidiata da quel sentimento di rivalità che in loro due
era così spiccato.
In una famiglia dove la
rivalità, anche tra parenti stretti, è il sentimento dominante, non era
possibile pensare che anche loro ne fossero esenti.
Andromeda le aveva lasciate,
erano rimaste Bellatrix e Narcissa e la battaglia era tutta tra loro due.
Non aveva neppure mai visto
sua madre combattere, ma sapeva che in quel momento, da qualunque parte stesse,
pro o contro, avrebbe distrutto Bellatrix.
Lui aveva molti motivi per
odiarla e, come la bionda ultimogenita dei Black, non si sarebbe tirato
indietro.
C’erano tanti pesci in quel
mare, troppo piccoli, lui voleva il re degli abissi ed era lei.
-
Accio scopa!
La Nimbus 2001 comparve dal
nulla mandando in frantumi l’ennesimo vetro della sala e piombando dritta tra
le sue mani.
Sua zia si accorse di lui e
si girò appena in tempo per schivare una maledizione senza perdono a lei
indirizzata.
Sfoderando il suo ghigno
malefico, rise di un riso stridulo e isterico, voltandosi e preparandosi a
ripagarlo con la stessa moneta.
Draco rifletté su cosa
avrebbe dovuto fare: scansarsi era prioritario per schivare il colpo che, di
sicuro, non gli avrebbe fatto tanto bene, tuttavia doveva elaborare al più
presto una tattica perché sapeva che se sua zia avesse cominciato ad
infervorarsi nella battaglia, difficilmente gli avrebbe lasciato il tempo per
contrattaccare, lo avrebbe assillato con continui incantesimi e lui avrebbe
avuto molto meno tempo per concentrarsi su una possibile strategia per
abbatterla.
Con ogni probabilità, perso
il loro spietato leader, i mangiamorte si sarebbero dispersi, entrando nel
panico, e sarebbero stati facile preda delle trappole che i prof avevano
disseminato per l’intero edificio.
I'm walking down the line
That divides me somewhere in my mind
On the border line
Of the edge and where I walk alone
Read between the lines
What's fucked up and everything's alright
Check my vital signs
To know I'm still alive and I walk alone
Vide sua zia voltarsi verso
di lui con la bacchetta già illuminata dalla luce verdeggiante dello
schiantesimo pronto a partire.
Per un attimo i suoi occhi
azzurri incontrarono quelli scuri della parente e mentre lei ghignava, lui
aggrottava le sopracciglia, pensando e ripensando.
Vide il braccio sinistro
piegarsi, chiaro sintomo del gesto che avrebbe fatto partire la magia, sua zia,
infatti, era una delle poche persone del mondo magico che combatteva con la
bacchetta stretta nella mano sinistra.
Era inusuale, generalmente la
mano dominante era la destra anche per coloro che erano mancini di scrittura ma
lei, come Lord Voldemort, lo ricordava perfettamente, usavano l’altra mano.
Sua madre gli aveva detto di
diffidare delle persone che combattono con la sinistra perché sono sleali;
difficile dire se fosse stata una frase dettata dall’odio che intercorreva tra
sorelle o se lo avesse davvero voluto mettere in guardia se mai si fosse
confrontato con uno di loro.
Un rumore metallico attirò la
sua attenzione un poco sotto e sentì un ronzio sospetto mentre il drago
metallico di Bellatrix si inclinava pericolosamente facendole perdere in parte
l’equilibrio; costretta a richiamare la magia per concentrarsi sulla propria
incolumità, la primogenita Black cominciò ad armeggiare con le redini di cuoio
che reggeva in una mano.
Draco non perse l’occasione e
si accanì contro di lei cercando di non farla fuggire.
Bella scappò saltando sul
pavimento.
Draco fece per seguirla ma
vide sugli spessi stucchi del soffitto una figura muoversi furtiva e
rapidissima: che non fosse un altro mangiamorte, non aveva tempo da perdere con
quegli sciocchi, doveva pensare a LEI, a Bellatrix, per ucciderla come LEI
aveva fatto con Hermione.
Prima ancora che se ne
accorgesse, però, una sagoma si materializzò sul drago cigolante e sbilenco di
fronte a lui.
Una ragazza impassibile lo
stava fissando e nella mano sinistra reggeva qualcosa come una lancia la cui
punta era conficcata con forza nelle scaglie metalliche e scariche elettriche
percorrevano tutta la superficie visibile apparentemente senza fare del male
alla ragazza.
Non ricordava di averla mai
vista né a scuola né altrove, era alta per una donna, lunghi capelli scuri,
carnagione abbronzata e pantaloni di bianchi a cui erano fissati due cinturoni
dove erano assicurate due pistole magiche.
Le conosceva, le avevano in
dotazione solo i mercenari: che i mangiamorte fossero arrivati ad assoldare
perfino della gente pagata solo per uccidere?
In genere erano sempre stati
piuttosto severi sull’ideologia che doveva muovere i membri della setta, ma
probabilmente in caso di necessità ci si faceva andare bene di tutto…
La sconosciuta gli sorrise e
lui si avvide che gli occhi della ragazza avevano le iridi chiarissime, quasi
bianche
-
Non saluti la zia? – gli domandò
tranquilla facendo comparire un fucile di precisione da dietro la schiena e,
mollando l’alabarda, lo caricò con i proiettili che portava a tracolla sul
petto
Draco la fissò ammutolito:
quale zia?
-
Chi sei? – indagò perplesso. Uno
schiantesimo lanciato da lontano fece per dirigersi proprio contro loro due che
stavano discorrendo, ma venne deviato da una barriera invisibile magicamente
sorta lì attorno
-
Mana Tatsumiya – si presentò
sorridendogli. Il suo sorriso era molto materno, peccato che l’espressione del
viso fosse impassibile. Uno scatto secco indicò la chiusura del caricatore. Chi
era e cosa voleva? – per te, “zia” Mana – aggiunse lei
-
“zia” Mana? – domandò sentendosi
più che altro preso in giro
-
Faccio da rimpiazzo a tua zia,
quella vera. Quella – e allungando un braccio indicò Bellatrix nella mischia
-
Sei qui per combattere? Non ho
tempo da perdere con te – scandì lapidario
-
L’esatto contrario.
Doveva essergli sfuggito
qualche passaggio importante, non riusciva a raccapezzarsi nel discorso di
questa Mana.
-
Sono la tua tutrice legale –
aggiunse la ragazza di pelle scura che, sempre sorreggendosi al drago metallico
instabile, fissò un piccolo treppiede e si accovacciò sul pavimento puntando il
mirino
-
Cosa stai facendo? – domandò
ancora confuso
-
La uccido. – c’era una naturalezza
strana in come lei aveva pronunciato la parola “uccido”. E neppure lui sarebbe
riuscito ad essere tanto tranquillo mentre preparava un colpo come quello.
Mana invece pareva stare
prendendo un tè in giardino e non trovarsi in mezzo al casino stratosferico di
una Hogwarts invasa dai nemici con gente che voleva fare la pelle a tutti gli
altri.
-
Io la devo… uccidere – scandì il
biondo posando una mano sul fucile e sollevandolo. Era molto più pesante di
quanto sembrasse a prima vista e la ragazza, invece, lo alzava in tutta
tranquillità, come se si trattasse di una sacca da mare.
-
Va bene. Posso uccidere gli altri?
Era basito?
Era rimasto a bocca aperta?
Chiunque gli avesse sentito
dire una cosa del genere avrebbe cominciato a gridare che certe cose non si
fanno e che uno come lui non le avrebbe dovute fare perché ormai era un
BUONO.
Mana invece, tranquillissima,
aspettava una risposta.
Non era sconvolta, solo
sorridente come prima. E continuava a pensare che quello non fosse il posto più
adatto per sorridere a quel modo.
Non aveva fatto una piega
alla parola “uccido” come non ne aveva fatte quando lei stessa l’aveva
pronunciata.
Beh, meglio così.
-
Tutti quelli che vuoi – le rispose
La bocca di lei si storse in
una smorfia soddisfatta. Si gettò i lunghi capelli scuri dietro le spalle,
spostò appena la mano candida dello Slytherin dal suo fucile, avvicinò l’occhio
al mirino, premette il grilletto e fece centro.
Uno dei mangiamorte in fondo
alla sala, seminascosto dietro un tavolo che si azzuffava con un grifondoro
cadde a terra morto. Centro perfetto.
In realtà la morte di una
persona non era proprio cosa di cui gioire, ma quella tipa lo stava stupendo
parecchio.
-
Ti copro le spalle – aggiunse poi
la morta sparando ancora una volta e riuscendo a colpire l’ennesimo seguace del
Lord Oscuro.
Non aveva dubbi che l’avrebbe
fatto e probabilmente nel frattempo si sarebbe occupata anche degli altri.
Chissà chi era e cosa voleva.
Non ricordava di aver mai avuto un tutore, dopotutto i suoi genitori erano
ancora vivi e lui maggiorenne… però sentiva di potersi fidare di quella stramba
ragazza stesa lassù in cima che si stava rivelando un autentico cecchino!
* * *
Vedendo sua zia finalmente a
piedi decise che poteva anche fare momentaneamente a meno della scopa.
Scese e, con la bacchetta in
pugno, si diresse a grandi falcate verso la donna che, nel frattempo, stava
brandendo il suo legno come se fosse stata una clava lanciando schiantesimi a
destra e a manca nel tentativo di frenare l’orda di creature che il professore
di Difesa le aveva aizzato contro.
Perfetto, la situazione era
propizia, non gli sarebbe importato molto di ucciderla di schiena o quando gli
voltava le spalle, quello che aveva fatto ad Hermione era stato molto peggio
perché aveva chiesto a qualcuno di uccidere LUI da parte sua. Non si era
neppure scomodata, la maledetta, credeva che fosse facile eliminarlo, ma si
sbagliava!
A dispetto di tutti lui era
ancora lì, più che disposto a dimostrarle che non era così facile toglierlo di
mezzo e, ovviamente, arrabbiato come non mai per quello che era successo alla
sua compagna.
Hermione era completamente
estranea a quella faccenda e non doveva entrarci neppure di striscio, ma per
colpa sua e di sua zia ne era venuta a conoscenza e ne aveva anche pagato le
conseguenze.
Per lui.
Non poteva sopportarlo.
Correndo più che poteva si lanciò
con tutto se stesso contro la parente mentre la bacchetta saettava di raggi
pericolosi.
-
Fermati! – gli intimò Fenrir
Greyback afferrandolo in malo modo per il polso e strattonandolo.
Era meglio per lui se
l’avesse lasciato andare, le persone sagge sanno sempre quando è arrivato il
momento di ritirarsi, il peggio dei mangiamorte era che non avevano il senso
della misura e credevano di poterla spuntare su tutti essendo i più potenti.
Il lupo mannaro che lo
stringeva e credeva di poterlo sbattere a terra ghignò mentre sottili fili di
bava gli colavano dalla bocca spalancata con i denti aguzzi in mostra: doveva
essere tramontato il sole, ma non esserci la luna.
-
Piccolo sciocco – mormorò il lupo
Draco ghignò a sua volta
mentre, sottilmente, uno strato di fiammelle cominciava a ricoprire l’intero
suo corpo diventando sempre più alto e spesso e la cui temperatura aumentava ad
ogni istante.
-
Brucia! – sibilò senza trasporto
mentre, improvvisamente, tutte le fiammelle divennero lingue di fuoco che
andarono a ricoprire l’intera sagoma del mangiamorte, avvolgendolo e
straziandolo
Allontanandosi di un passo,
vide il rogo circondare l’uomo-bestia e la sagoma contorcersi dal dolore mentre
le fiamme lo consumavano.
Sapeva di dover usare quel
potere con parsimonia, se lo ripeteva ogni volta, ma… se non lo utilizzava
adesso, se non lo usava quando poteva, a che cosa serviva?
My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Til then I walk alone
Spostò nuovamente
l’attenzione su sua zia, ancora alle prese con le dispettose creature del prof
e fece per lanciarsi nuovamente contro di lei, più determinato che mai, quando
una voce cavernosa e profonda non scosse i presenti attirando gli sguardi in
alto.
Dall’altro capo della sala,
l’imponente e massiccia forma di Rodolphus stava in piedi nella sua consueta
veste nera di pelle con le tempie striate di bianco e le mani fasciate da
guanti: sapeva che il marito di sua zia aveva le braccia completamente
deturpate a causa di un incendio che era stato appiccato ad Azkaban e da cui
era stato salvato troppo tardi.
Ma guardando quello che stava
facendo, si pentì per coloro che l’avevano tratto dal fuoco e maledisse che le
fiamme dell’inferno non lo avessero consumato come stava accadendo al suo
compare.
Nella mano sinistra, infatti,
retto appena per il collo, Rodolphus reggeva un bambino fasciato solo dalla
tutina bianca e dal lenzuolo che ancora gli pendeva sulla schiena.
Nella mano destra,
saldamente, era impugnata la bacchetta che già sfavillava del bagliore
verdastro dell’Avada Kedavra, la maledizione senza perdono per eccellenza.
Come era facile prendersela
con un bambino indifeso… ma loro erano mangiamorte, senza regole e senza onore e
non avrebbero rispettato nessun codice pur di ottenere ciò che volevano e quel
qualcosa era la Elder Wand.
Si guardò attorno mentre il
caos era ammutolito e perfino sua zia taceva, forse colpita dalla perfidia di
cui il suo consorte era capace.
La maggior parte dei presenti
non poteva riconoscere il neonato quasi soffocato tra le grosse mani del mago,
ma per lui era come se lo sapesse da una vita: era Devlin, il nipote di
Silente.
E non poteva permettersi che
morisse.
Se, tuttavia, erano riusciti
a rapire di nuovo il bambino, ebbene, Silente doveva essere morto.
Attorno a sé tutto era
quieto, ma denso di terrore, nessuno sapeva: Mana, dall’alto della sua
postazione, stava cercando la posizione migliore per colpire l’uomo che,
tuttavia, si stava facendo scudo col corpo indifeso di un fanciullo.
Dall’altra parte della sala,
Harry Potter era impietrito e perfino il suo avversario ora guardava il suo
leader con terrore.
Forse Voldemort non era stato
il mago più crudele della terra, ma lo erano diventati i suoi seguaci.
Guardò meglio la bacchetta
tra le mani dello zio e, d’un tratto, la riconobbe con la lucidità che colpisce
quando ci si ricorda di un particolare episodio prima confuso: non era la
bacchetta di Rodolphus, era quella di Silente!
Ma allora era davvero morto!
E quel bastardo maledetto avrebbe usato la sua stessa arma di difesa per
uccidere la cosa più cara che il preside avesse!
No, non poteva
permetterglielo
-
Non muoverti, Draco! – intimò
ancora il mangiamorte muovendo un passo e sentendosi in netta posizione di
superiorità.
Draco rimase immobile,
sapendo che lui era in vantaggio, ma doveva pur esserci una soluzione, doveva
assolutamente salvare quel bambino perché era questo che aveva implicitamente
promesso a se stesso lanciando contro la sua stessa famiglia il potere della
Reliquia.
Aveva fatto in modo che i
mangiamorte non potessero entrare in possesso della Pietra e, quindi, non
potessero spegnere il fuoco che la circondava.
La Bacchetta era l’unica che
potesse spegnerlo e la Bacchetta la possedeva la famiglia di Silente.
Silente e i suoi familiari,
quindi, non dovevano morire sennò qualunque cosa fatta sarebbe stata
vanificata.
Quindi, se Silente era morto,
altrettanto non sarebbe dovuto accadere a Devlin, ora e per i prossimi suoi
undici anni.
-
Bella, mia cara, vuoi occupartene
tu? – chiese mellifluo il marito alla devota seguace di Voldemort
Come avrebbe reagito lo zio
Rodolphus se avesse saputo che Bellatrix se la faceva con metà dei mangiamorte?
Certo nessuno si era preoccupato di dirglielo.
Quello, però, non era il
momento di pensare agli scandali da rivista rosa perché sua zia in quel
medesimo momento stava pensando a come ucciderlo il più in fretta possibile e
quello che riconosceva sulla punta della sua bacchetta era proprio un Cruciatus
e quello subito dopo un meraviglioso Sectumsempra.
Merda.
Schivò la prima maledizione,
ma la seconda, lo sapeva, era mirata proprio a lui e difficilmente sarebbe
riuscito ad evitarla.
Anche qui riusciva a pensare
solo ad una cosa.
Con la mano ancora libera
tracciò un arco immaginario di fronte a sé e, un istante prima che la
maledizione lo raggiungesse, questo prese fuoco fungendo da scudo e rispedendo
alla strega il suo stesso incantesimo.
Bellatrix bestemmiò
schivandolo appena mentre Rodolphus gli intimava di non fare mai più una cosa
del genere
-
O il bambino morirà – aggiunse.
Inutile dire che quella povera creatura sarebbe morta ugualmente perché loro
dovevano recuperare la Bacchetta.
Si guardò attorno.
Cazzo.
Sì, lo sapeva che la
mezzosangue non avrebbe approvato e lui stava diventando il tripudio del
turpiloquio, ma lei ora non c’era e la situazione era appena poco più che
TRAGICA!
Non poteva neppure rispedire
gli incantesimi che altrimenti avrebbe rischiato inutilmente di mettere in
pericolo la vita del piccolo Devlin.
La Granger lo avrebbe deriso,
se fosse stata lì, lei senz’altro avrebbe avuto una qualche idea vincente per
sconfiggere quel manipolo di matti.
Si guardò sospettoso attorno,
se gli avessero lanciato un altro incantesimo non avrebbe potuto fare molto.
Inaspettatamente uno
schiantesimo lo fece barcollare e finire a terra.
Era riuscito a rialzare la
barriera solo all’ultimo e quello aveva sortito i suoi danni.
Era stata sua zia, lo sapeva,
nessuno in quel momento si sarebbe sognato di disobbedire agli ordini di
Rodolphus, neppure gli altri mangiamorte perché lui aveva espressamente
richiesto che fosse sua moglie a sistemarlo.
E così, al centro della sala,
con gli alleati schierati e i nemici pure, stava aspettando di trovare un’idea.
Un altro incantesimo, ma
questa volta rinunciò a difendersi: a cosa sarebbe servito? Non poteva fare
nulla e non poteva salvare il bambino. Non poteva badare a se stesso senza
metterlo in pericolo.
Rodolphus ghignò.
-
Vedo che stai cominciando a capire
da che parte tira il vento… - soffiò malevolo
Draco si rialzò sulle
ginocchia constatando che del suo mantello non era rimasto granché.
Lo fissò truce e fece il
possibile per rimettersi in piedi, anche se barcollante.
-
Un altro – scandì l’uomo
all’indirizzo della moglie e un nuovo schiantesimo lo raggiunse.
Questa volta il dolore fu
atroce.
Sentì il sangue colare giù da
una tempia e sulle mani, sopra il Marchio Nero che bruciava come se un ferro
incandescente gli fosse stato appoggiato sul braccio.
Dovevano saperlo, maledetti,
LORO lo dovevano sapere!
Eppure, nonostante tutta
quella sofferenza, non era pentito di averli traditi e di essere entrato
nell’Ordine.
Ancora uno e un altro ancora.
I vestiti a brandelli, le
ferite ovunque, i capelli scarmigliati e gli occhi pesti.
Aveva senz’altro una buona
resistenza agli schiantesimi, ma quello che temeva di più era il Crucio.
E sapeva che sarebbe arrivato
presto, per ucciderlo con dolore.
-
Ma guardati, e tu saresti Draco
Malfoy? – lo canzonò il mangiamorte agitando il marmocchio tra le mani –
l’altero figlio di Lucius? Il traditore? Quasi mi vergogno di essere qui ad
aspettare che tu muoia
-
Non morirò così presto – sputò il
biondo mettendosi a sedere come poteva, il suo orgoglio sarebbe di certo morto
un secondo dopo di lui e non voleva assolutamente dare a suo zio la
soddisfazione di quanto detto. L’avrebbe costretto a rimanere lì finchè le sue
membra non fossero state gelide perché era l’unico, ormai, che poteva davvero
rappresentare un pericolo per loro.
Sentiva quasi il fremito che
Potter stava avendo nelle mani e il suo desiderio di intervenire, ma, come lui,
non poteva fare nulla.
-
Hai la pelle dura, eh? Bella,
ancora uno!
E un altro incantesimo,
distruttivo quanto i precedenti, si accanì contro la sua schiena mandandolo a
gambe all’aria al centro della sala, sbattendo contro un tavolo e sopra i cocci
del lampadario.
Draco aprì gli occhi sperando
di essere morto, ma ritrovandosi ancora in quell’inferno, sempre solo.
Desiderò di non essere mai
venuto al mondo se la sua vita fosse finita in una sofferenza simile, ma,
dall’altra parte, ringraziò di essere nato per aver fatto del suo meglio, alla
fine.
Questo era l’insegnamento che
gli aveva trasmesso inconsciamente la mezzosangue, peccato che lei non fosse
riuscita a cogliere ciò che lui invece voleva trasmetterle.
Il prossimo, probabilmente,
sarebbe stato un sectumsempra o un crucio, ad ogni modo il suo
colpo di grazia.
Richiuse gli occhi e inspirò
profondamente mentre la risata satanica dello zio riempiva l’aria
rimbombandogli nelle orecchie stordite.
Riaprì gli occhi e si preparò
alla sua fine: come si era sentita la Granger un attimo prima di toccargli la
mano? Come si era sentita quando, alla fine, si era accasciata sul letto
mollemente?
Come lui?
C’era una cosa, però, che voleva
fare prima di morire ed era vedere di nuovo la neve. Era curioso come il
custode del Fuoco che Brucia in Eterno fosse tanto affascinato dal suo
corrispettivo e opposto naturale.
Serviva del coraggio per
riaprire gli occhi e guardare ancora lo strazio e lo scempio consumato in
quella sala. Avvertiva quasi il respiro smorzato degli altri presenti e perfino
quello esterrefatto dei mangiamorte.
Era come se ogni suono gli
giungesse alle orecchie amplificato e purificato: il battito del suo cuore, un
poco scoordinato. Il fruscio della veste.
Le mani di qualcuno che si
fregano l’uno contro l’altra.
Il respiro di Rodolphus,
pesante.
Il rumore dei capelli di sua
zia che cascavano sulla veste.
Una scarpa fregata sul
pavimento con la suola.
Il mormorio del vento oltre
la finestra.
Il suono metallico di
qualcosa che sbatacchiava col vento.
Eppoi un misto strano di
musica e rumore come il suono della celesta, un ronzio fastidioso che strideva
con il tutto e di cui non riusciva a identificare la provenienza: era quello
ciò che si sentiva prima della morte? In verità non assomigliava molto alle
Trombe del Giudizio…
Aprì gli occhi un’ultima
volta pregando che fosse l’ultima.
Si sentiva profondamente
inutile per aver frustrato a quel modo le aspettative di Hermione, dopotutto
lei aveva dato la sua vita perché lui potesse combattere e distruggere i nemici
e, invece, tutto quello che era riuscito a fare era farsi ammazzare
pietosamente.
La palpebra sinistra si
sollevò prima dell’altra e mise a fuoco la sagoma scura dello zio, ancora in
piedi di fronte a lui, ad una certa altezza.
Il ronzio continuava ad
essere persistente, costante, fastidioso: ma cos’era? Da dove veniva?
Dalla sua destra, così
sollevò anche l’altra palpebra cercando di abituarsi alla luce, seppur fioca,
che ancora circondava l’ambiente.
-
Sei pronto a morire? – gli chiese
Lestrange
E improvvisamente capì.
Draco ghignò, riuscendo a
riconoscere un qualcosa di cui, probabilmente, né lo zio e né la zia si erano
ancora accorti.
-
Illusi, forse potete uccidere me,
ma questa è la vostra fine…
-
Che cosa vuoi dire, razza di
pazzo? – strillò Bellatrix gesticolando furiosamente
-
Quello… quello che ho detto – e
sollevando a fatica l’indice lo puntò sulla mano sinistra del mago, ancora
allungata in avanti a stringere il collo sottile del bimbo che aveva in braccio
Draco tossì e dalle sue
labbra uscì sangue, ma adesso non voleva ancora morire, voleva VEDERE.
Chissà come, chissà perché…
forse la Granger era diventata il loro Angelo Custode.
Fatto sta che non sarebbe
stata la fine del mondo.
E facendosi forza e
appoggiandosi al tavolo, si mise malamente a sedere.
Bellatrix, colpita, fece per
lanciargli l’ennesimo schiantesimo quando, dalla mano serrata del mangiamorte
suo marito partì un fascio di luce rossa come rubino.
E subito dopo un altro e un
altro ancora finchè una raggiera vermiglia non cominciò a propagarsi dal pugno
serrato come a volerlo fare esplodere.
Rodolphus, spaventato,
allontanò più che poté la mano dal corpo cercando di capire cosa stesse
accadendo, ma, nello stesso tempo, resto a liberarsi dell’unico ostaggio che
gli dava veramente la forza di dettar legge.
Aveva ancora la Bacchetta,
però!
E la puntò malamente al petto
del nipote
-
Che cosa hai fatto, Malfoy? Che
cosa sta architettando la tua testa?
-
Io proprio niente – rispose lui
mentre sulla bocca si dipingeva il ghigno made-in-malfoy – ma qualcun altro
senza dubbio ci ha pensato…
-
Taci, bastardo!
E in preda alla collera e
alla frustrazione di un incantesimo che non sapeva gestire, partito da chissà
dove, sentì la stretta al polso allentarsi, come se qualcuno tentasse di
aprirgli la mano serrata.
Lanciò una maledizione contro
il nipote che, tuttavia, seppur pesto, con un ultimo gesto dall’aria alquanto
svogliata lo respinse con l’ennesimo muro di fuoco che glielo rimandò indietro.
Nero di rabbia, Rodolphus
pestò i piedi e digrignò i denti come un cane mordace costretto in gabbia.
-
Ora morirai, maledetto Malfoy! –
sbraitò di nuovo
E la punta della bacchetta
che aveva in mano si colorò di verde, il colore della maledizione senza perdono
che non poteva essere evitata, Draco non sarebbe riuscito a metterlo nel sacco
con i suoi trucchetti da prestigiatore!
Piegò il braccio come il
tiratore di baseball che si prepara al lancio, dopodiché lo stese e fece per
lanciare finalmente la magia quando dal nulla comparve una voce seria e quasi
spettrale
-
Fermo – disse senza colore tanto
da gelargli il sangue nelle vene. Mai nella sua vita aveva udito qualcosa di
così freddo, neppure la voce di Lord Voldemort. E subito dopo, dal nulla,
comparve una mano che gli afferrò il polso e poi la luce rossa cominciò a
dissolversi, lasciandogli scoprire che tra le mani non aveva più un neonato
piangente, ma un ragazzino sui dodici, tredici anni appeso per la gola.
Nonostante la posizione
decisamente sfavorevole, lo sconosciuto ghignava mentre il suo avversario lo
squadrava inorridito a cominciare dai capelli bianchissimi e albini di cui era
incorniciato il volto e due profondi occhi verdi come smeraldo in cui non
riusciva a leggere nessuna emozione, ma dove poteva riconoscere la sua sagoma,
piccola e derisa dai pensieri del ragazzino.
-
Pazzo – aggiunse ancora lo
sconosciuto e, spostando la mano lungo il braccio del mangiamorte, la fece
scorrere fin sul dorso quando, finalmente, entrò in contatto con il legno di
sambuco della bacchetta che l’uomo reggeva in mano e che aveva sottratto
nientemeno che a Silente.
In quel momento, quando dal
nulla comparve quella figura che ancora andava materializzandosi davanti agli
occhi increduli dei presenti e toccava appena la Elder Wand, la Reliquia della
Morte, una violenta scarica magica investì Rodolphus Lestrange, scosso da
tremiti e brividi di quella forza magica che veniva dalla Bacchetta che lo
rigettava quale padrone.
E lui lo sapeva.
E anche lo sconosciuto.
Lo faceva perché non era il
padrone legittimo.
-
Chi…. Chi sei – farfugliò a fatica
il mago, stupito che al ragazzo fosse invece permesso toccare l’oggetto.
Questi, ancora appeso per la gola, pareva non provare dolore, ma anzi,
dall’alto della posizione in cui lo reggeva, con le gambe a penzoloni che non
toccavano, stava squadrando dall’alto in basso, con aria di estrema
superiorità, lo stregone straziato che non lasciava la presa
-
Il mio nome – disse facendo una
pausa il ragazzo albino – è Devlin Derek Dumbledore e sono il legittimo
possessore della Elder Wand.
E mentre pronunciò quelle
parole sfilò la bacchetta dalle dita callose di Rodolphus che lasciò infine la
presa facendolo cadere in piedi sul pavimento mentre lui si accasciava mezzo
morto sul pavimento e lo misurava con aria pietosa dal basso mentre gli occhi
verdi e privi di pietà erano posati con freddezza e distacco su di lui.
Il ragazzo ghignò e agitando
il legno come solo i migliori incantatori sapevano fare, finì per posare appena
la punta, quasi sfiorando, la fronte del seguace di Voldemort; subito non
accadde nulla, ma l’istante seguente fu come se una forza spaventosa spingesse
l’uomo lontano finchè non andò a scontrarsi con la dura parete delle mura e
cadde tramortito sul pavimento.
Solo allora Devlin si permise
di alzare lo sguardo sugli altri rivelando finalmente i suoi occhi e la sua
espressione.
* * *
Spazio autrice: ciao a tutti! Eccomi di nuovo (casualmente in
ritardo) con un nuovo capitolo… no, al momento non ho ancora resuscitato Hermione
e, francamente, sto davvero pensando a come poterlo fare, mica è cosa da poco
anche se io sono l’autrice…
Comunque, torniamo alla
storia: come promesso alla sua bella, Draco entra nella battaglia preso come
non mai, più che deciso ad ammazzare almeno una dozzina di persone, ha però due
sorprese più o meno belle, ovvero la comparsa della “zia” Mana (e qui Akamatsu
viene a linciarmi personalmente) e Rodolphus Lestrange che gli fa un bello
scherzetto riuscendo a prendere l’unico ostaggio che contava davvero qualcosa
(chissà perché ma in genere gli ostaggi non contano mai nulla), comunque se l’è
davvero vista brutta, questa volta, e vi è andata bene che ero pure di luna
dritta e non l’ho ammazzato malamente…
Però Draco è ancora vivo (ho
letto troppe fic dove moriva, ringraziate anche loro) e quindi suppongo che a
questo punto debba seriamente mettermi a riflettere su Devlin, o meglio, credo
che dobbiate mettervici voi.
Con questo scappo perché sono
sempre di fretta e senz’altro mi sarò dimenticata qualcosa, ad ogni modo
scusatemi e ci vediamo al prox aggiornamento!
Un bacione!
PS: per quanto riguarda il
numero totale di capitoli… non credo che andrà avanti moltissimo, siamo agli
sgoccioli…
PS2: qualcuno mi ha chiesto
degli spoiler sulle Relazioni e, anche se non è la sede più indicata e io in
genere non ne faccia, non credo di potervi levare almeno qualche piccolo
indizio.
Come si poteva chiaramente
capire dal finale che ho scritto, protagonisti di questa nuova avventura
saranno i due figli di Draco ed Herm, Leonard e Gardis, e tutta la nuova
generazione alle prese con qualche mistero proveniente dal passato (chi ha
orecchie per intendere intenda), ma, soprattutto, mooooooooolti nuovi casini
creati ex novo per loro.
Spero che verrete a leggerla
in tanti quando mi deciderò a pubblicarla, nel frattempo ringrazio tutti quelli
che stanno seguendo questa storia!
PS3: la canzone con cui è
inframmezzata la storia è Boulevard of Broken Dreams dei Green Day,
pescata dal mio strampalato repertorio che, tuttavia, mi sembrava piuttosto
indicata per rappresentare lo stato d’animo quasi di abbandono che Draco prova
nei confronti delle cose adesso che Herm non c’è più e sta combattendo come un
matto.
Anche se sono una scrittrice
[in erba] e raccontare è il mio lavoro, credo che questa canzone esprima molto
meglio le cose che centinaia delle mie descrizioni prosastiche e noiosissime.
Non entro nel merito dei
gusti, so che ad alcuni potrebbe non piacere, io spero che riusciate a leggere
il parallelismo ^_^
Luana1985: direi di no, Draco ha davvero ben poco tempo per
pensare al suo eroico quanto sconsiderato gesto, direi che prima è basilare
cercare di portare a casa la pelle perché pare che i mangiamorte siano
piuttosto intenzionati, invece, a spedirlo sottoterra.
Mi dispiace di averti
sconvolta, scusami, comunque mi auguro che ti piaccia anche questo nuovo
capitolo, ciao e un kiss! Nyssa
Vavva: credo che l’incombente fine della storia sia l’unica
cosa che mi salva dalla persecuzione a vita per quello che ho fatto ad Herm, ma
su, abbiate un po’ di fiducia, sono un’autrice dalle mille risorse! (in verità
ancora a riflettere su come rimediare al casino, ma di questo se ne discuterà
in futuro).
Mi fa molto piacere che la
vicenda narrata nel precedente cappy ti sia piaciuta, in effetti Herm è stata
grandiosa e, come ripeto sempre, sconsiderata: sappi che non approvo per
niente quello che ha fatto, ma avevo determinate esigenze di copione e alla
fine mi sono decisa a farle fare qualcosa che non mi andava.
Nel precedente capitolo si guarda
parecchio dentro alle persone: Draco, Herm, Blaise e la McGranitt, ciascuno ha
la sua vita e le sue motivazioni per fare ciò che fa ed è un po’ come tirare le
fila di tutta la storia, dall’altra parte, però, in questo ventiquattresimo
capitolo si descrive molto, invece, ciò che accade fuori.
Penso che in una battaglia
sia più calzante vedere la vicenda, anche perché immagino che la mente sia
impegnata a fare altro piuttosto che lunghi flashback come in Holly e Benji…
Mi auguro che ti piaccia
ugualmente e aspetto quindi una tua opinione! Ciao e un bacione grandissimo,
Nyssa
Fragola1991: i colpi di scena cominciano a comparire un po’ in
questo perché nell’altro bisognava spiegare tutta la situazione, ad ogni modo
non disperare, ci saranno tantopiù che siamo quasi all’inizio e non mi gira
molto di lasciare la nostra Herm stecchita in infermeria…
Come richiesto, ho aggiornato
il prima possibile, mi auguro che l’attesa non sia stata eccessiva e ne
approfitto anche per ringraziarti di tutti i complimenti che mi ha fatto,
grazie davvero di cuore!
Adesso ti saluto, un bacio,
Nyssa
Lord Martiya: chiaro e conciso. Per la prima cosa, come vedi, ho
cominciato perché la nostra bella Mana è finalmente arrivata sulla scena, anche
se penso che qualche accanito fan del sensei vorrà ammazzarmi per come le ho un
po’ storpiato il carattere, ma ricado sempre nella solita scusa di “esigenze di
copione”.
Per quanto riguarda salvare
Hermione ci sto lavorando, anche se capirai bene che non è molto facile, ma ho
in mente una cosuccia…
Spero che il cappy ti sia
ugualmente piaciuto e aspetto di conoscere la tua opinione a proposito, ma
premetto che la battaglia non è ancora finita, eheheh!
Ciao e a presto! Nyssa
Jocker666: ciao e benvenuta! È bello sapere di avere tanti
assidui lettori e lettrici che seguono la storia anche se non la commentano!
Credimi, ti capisco benissimo, pure io sono rincorsa giorno e notte dalle
scadenze e ogni volta rischio di essere in ritardo con la pubblicazione del
capitolo ed è bruttissimo visto che tutti mi chiedono sempre di aggiornare
sempre…
Ad ogni modo grazie per tutti
i bei complimenti che mi hai fatto! Per quanto riguarda la pesantezza ammetto
che è uno dei miei grandi difetti, non solo quando scrivo di storie, se poi ci
sono mille altre storie dentro alla Storia, beh, mi trovo sempre costretta a
sprecare più spazio del previsto per chiarire i dettagli poco chiari che sono
sempre troppi.
Spero che anche gli ultimi
capitolo che nella scorsa recensione non avevi ancora letto ti siano piaciuti e
mi auguro che sia lo stesso anche con questo, quindi spero di vedere presto il
tuo nome tra le recensioni per avere un tuo parere.
Nel frattempo ti saluto e ti
mando un bacio, Nyssa
Giuliabaron: anche io sono totalmente favorevole agli happy
ending, il problema è riuscire a costruirne uno credibile dopo quanto ho fatto
succedere… non posso certo fare una cosa campata per aria che non sta né in
Cielo e né in Terra… ad ogni modo, come ho già detto, ci sto lavorando sopra e
spero di riuscire a trovare la soluzione ideale per accontentare tutti i
cultori di lieti fini, me per prima.
Spero che il capitolo ti
piaccia, aspetto di sapere! Ciao e un bacio grande, Nyssa
Shavanna: innanzi tutto un grazie con inchino per le belle
parole con cui hai iniziato la recensione, credimi, sono davvero commossa,
quasi che non smetterò di scrivere solo per ricevere ancora dei commenti così
=^_^=
Ehehe, la vicenda finale non
è molto intricata e piano piano si stanno dipanando i fili della matassa,
probabilmente avrai già capito che cosa è accaduto e, se non è così, stai
tranquilla che nel prox aggiornamento spiegherò tutto per filo e per segno,
dopotutto credo che i tempi siano maturi.
Mi piace da morire quando mi
chiami “regina degli enigmi”, tu si che sai come adulare l’ego smisurato di una
scrittrice come me!
Comunque aspetto di avere la
tua opinione su questo primo pezzo della battaglia, a presto quindi! Ciao e un
bacione grande grande grande! Nyssa
Akiko: interrogativo interessante, in effetti me lo sono
posta anche io qualche volta, ma poi ho sempre liquidato il problema visto che
non era molto rilevante per la vicenda… comunque chissà che una volta o l’altra
non mi giri di dirlo da qualche parte… ecco un’altra cultrice dell’happy
ending: come ho già detto sono io la prima ad amarli, ma bisogna costruirli
bene sennò rovinano tutta una storia di sacrifici e idee, quindi mi ci metto
d’impegno appena ho tempo e invento qualcosa di sensato che non sia proprio
cascato dal Cielo.
Probabilmente stai per dire
che sono pazza, ma non preoccuparti, riuscirò a terminare il tutto, è solo
l’ansia pre verifica che mi assale alle nove di sera… l’esame si avvicina,
spero di riuscire a completare la storia per allora in modo da lanciarmi a cuor
leggero, intanto ti faccio un in bocca al lupo anticipato per la maturità
dell’anno prossimo!
Per quanto riguarda cappy e
spoiler, invece, sono nella sezione spazio autrice.
Mi auguro che il capitolo ti
piaccia, aspetto di sapere! Un bacione grande, Nyssa