Primo aggiornamento del 2014!!!
Perdonate il ritardo, sto ancora concludendo
il trasloco. ç_ç
Devo solo precisare che gli
orari e i tempi di risposta degli sms che leggerete, da questo capitolo in poi,
sono una scelta ragionata e prima della fine vi spiegherò il perché; anche se,
comunque, non vi cambierà la vita se preferite non farci caso…
Doverosamente
dedicata al cucciolo d’uomo che mi renderà presto una zia orgogliosa.
Un pensiero speciale a chi
ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
A mindyxx, FlameOfLife,
Barby_Ettelenie_91, hiromi_chan, chibimayu,
Burupya, Orchidea Rosa, misfatto, crazyclever_aveatquevale, katia emrys, Eresseie93, aria, DevinCarnes, Raven Cullen, Yuki Eiri
Sensei e areon.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Waiting for you
Capitolo VI
La domenica mattina era trascorsa pigramente, Arthur si era
svegliato con calma, Aithusa aveva aspettato
pazientemente che facesse colazione, e poi l’aveva portata fuori per una
passeggiata e un’altra (infruttuosa) ricognizione nel vicinato.
L’unica cosa rimarchevole era stata, in realtà, un
incidente: quando un grosso cagnaccio aveva cercato di molestarla, Arthur aveva
difeso il suo onore come il più valoroso dei cavalieri, e aveva fatto tutta la strada di ritorno con la cagnetta in braccio.
Nel pomeriggio l’aveva spazzolata per bene, col risultato
che il pelo si era gonfiato ancor di più, ma era diventato morbido e setoso
all’inverosimile: chiunque avrebbe potuto passarci le mani per ore intere. Era come una droga. Uhm… il che non
escludeva l’idea del narcotraffico… ma, francamente, Arthur scartava
l’ipotesi di qualcuno che fosse così disperato da leccare il mantello di un
cane per farsi un trip improvvisato.
All’imbrunire, il campanello dell’appartamento trillò e il
giovane Pendragon, mezzo appisolato sul divano con la
cagnetta sullo stomaco e un film ignorato, saltò per la sorpresa.
Aithusa abbaiò in
risposta ad una seconda scampanellata, mentre il suo ignaro padrone si faceva
prendere da un’improvvisa ansia.
Non aspettava nessuno.
Quindi… che fosse il proprietario della bestiola,
venuto a riprendersela?
No, cazzo. Non era
pronto a dirle addio. Non così.
Fu con un gesto nervoso che Arthur scavò nella tasca dei
pantaloni da casa, ma non trovò il consueto flaconcino degli ansiolitici.
Con stupore, realizzò che si era
scordato di prenderli, dal giorno prima, perché era stato troppo impegnato a
gestire il sacco di pulci.
Eppure non ne aveva mai sentito il bisogno da che si era
alzato; non aveva provato neppure un filo d’ansia, mentre era con lei. Forse – beh, dannazione, ma sarebbe morto prima di
ammetterlo! – il dottor Dumbo aveva ragione nel
dire che un animale da affezione avrebbe potuto giovare sulla sua apprensione.
Qualcuno bussò direttamente contro lo stipite della porta – qualcuno che aveva scavalcato la
recinzione, per arrivarci. Arthur sussultò e, con un lungo respiro, si
preparò a dar battaglia allo sconosciuto visitatore.
“Oh, Principessa! Finalmente! Pensavamo che fossi caduto nella tazza del cesso!” lo salutò Gwaine, facendosi largo sulla soglia, appena socchiusa,
senza permesso.
Arthur sbatté le palpebre. “Ma che
diavolo…?”
Il suo dipendente preferito
cliccò sul display del citofono e un rumore metallico avvertì che il
cancelletto esterno era stato aperto.
Qualche istante dopo, anche Gwen
fece la sua – imbarazzata – comparsa.
“Pizza?” suggerì, muovendo la testa riccia, come offerta o
scusante, sollevando verso di lui tre cartoni da asporto.
“Ma che…?” ritentò Pendragon.
“Morivamo dalla voglia di vederti, non ci basta subire le
tue angherie ogni giorno in ufficio, quindi… ci siamo detti che autoinvitarci
da te, per cena, era una buona idea!” spiegò O’Green, con la consueta spavalderia.
“Devi metterci la birra, però!” precisò poi, puntando un indice a mezz’aria,
come ammonimento.
“La verità è che eravamo curiosi di vedere la tua preziosa
ospite”, aggiustò Gwen, con un sorriso di
giustificazione.
E così Arthur fece le presentazioni, e il suo cane (che non era suo, ma un
po’ lo era) s’era fatta spupazzare da tutti, mentre lui raccontava
la sua odissea – preventivamente corretta – dal veterinario (Quello è tutto matto, Gwen!),
per concludere con Will, del Pet Shop.
“Quindi… te la tieni?” Come
d’abitudine, le domande di Gwaine arrivavano sempre
al sodo. Pungevano esattamente il fantomatico nervo scoperto, non importava di chi o dove fosse.
“Fino a domani, sì”, ripose Arthur, distogliendo poi lo
sguardo colpevole dalla cesta di Aithusa, ingoiando
un trancio di pizza con doppio formaggio filante.
“E perché non la tieni per sempre?” propose Guinevere, che si era innamorata a prima vista della
cagnetta.
“È tutto più complicato di così…” soffiò, con un senso di ineluttabilità. “Ho promesso di occuparmene per un paio
di giorni… ma, per esempio, domattina non so neppure a chi lasciarla!”
“Ti aiuteremo noi!” replicò la sua segretaria, prontamente.
“Oh, sì, Principessa!” confermò Gwaine,
con un sorriso malandrino. “Sono pronto a sacrificarmi e resterò qui a farle da
dog sitter mentre tu vai al lavoro!”
“Gwaine!” sbottarono all’unisono
gli altri due.
“Che c’è?!” si difese, stringendosi
nelle spalle.
“Lavativo!” “La riunione!” si sovrapposero nuovamente le
altre voci.
“Beh… ma non era una brutta idea!” protestò.
“Arthur…” ritentò Guinevere, più
pacatamente. “Puoi portarla in ufficio con te… le troveremo uno spazio
adeguato… ci organizzeremo per le passeggiate e i bisognini…”
“Sì, capo! In fondo la Pendragon
Company è tua, adesso!”
“Se mio padre lo venisse a sapere, morirebbe all’istante e me
lo ritroverei sulla coscienza…” obiettò, con poco impegno, in verità.
“Ok, allora è deciso!” deliberò Gwaine,
ignorando la protesta.
Gwen sorrise concorde. “Lascia fare a noi!” lo rincuorò, battendogli
una mano sulla spalla.
“È proprio per questo che non mi fido!” rise Arthur,
sentendosi però assurdamente più leggero.
***
Quando la sveglia suonò, Arthur si era già alzato da un po’.
Sentendosi come un padre single il primo giorno di scuola
della sua pupilla, aveva preparato tutto il necessario per rendere confortevole
la permanenza di Aithusa: copertina, cuscini, giochini, cibo, ciotole...
Ci aveva pensato su parecchio, una volta che i suoi amici ficcanaso se n’erano andati.
C’era l’anticamera del suo bagno privato, dove la cagnetta
avrebbe potuto dormire e giocare in pace, senza essere vista da chi entrava nel
suo ufficio.
Certo, non era una
soluzione ottimale, ma era un buon compromesso.
E così l’aveva fatta entrare nel
trasportino – per prudenza e perché non poteva continuare a farla
viaggiare in uno scatolone, miseria ladra! – e si era diretto alla sede molto
prima dell’orario consueto.
Con passo furtivo (quanto lo consentivano tutti i borsoni
addosso e il cane sottobraccio), era salito in ascensore, schivando occhi
indiscreti.
Non si aspettava, però, di trovare nel suo ufficio una cesta
già predisposta, persino delle ciotole in attesa di essere riempite e un bel
cartello che diceva: “Sono la pupa del
boss”.
Arthur scoppiò a ridere, intuendo che ci fosse stata la mano
di Gwaine dietro a tutto
quello.
Prima o dopo, avrebbe
dovuto dargli un aumento… oppure l’avrebbe licenziato per la sua impudenza.
Poi, senza sapere esattamente perché, sfilò il cellulare
dalla tasca della giacca e scattò una foto del quadretto d’accoglienza e la
inoltrò al numero del dottor Emrys, che aveva
memorizzato per scrupolo.
Non capiva perché
l’aveva fatto.
Ma non se ne pentì.
Forse poteva
dimostrare di non essere così totalmente incapace, no?
Gwen era arrivata poco dopo, con
il familiare ticchettio delle scarpe e il suo caffè doppio latte con caramello.
E la loro frenetica giornata lavorativa era incominciata.
***
Era chiaro che il suo sporco
segreto peloso non sarebbe rimasto tale per molto – c’erano decisamente troppe donne che lavoravano in quel piano dello
stabile –, ma Arthur non si era aspettato di vederle litigare per decidere chi dovesse portare Aithusa
a passeggio e quando.
Mithian e Sophia
si erano quasi accapigliate davanti alla macchinetta del caffè alle dieci, e il
suo ufficio non era mai stato così trafficato neppure nel periodo dei Revisori
dei Conti. Tutti erano curiosi di vedere La Novità
(che era riuscita a fregare quel babbeo
di Pendragon, era il sottinteso) e facevano a
gara per inventare una scusa qualsiasi, che motivasse un accesso alla stanza e
la sua attenzione, mentre loro sbirciavano alle sue spalle, in cerca del
succulento gossip.
A mezzogiorno, Arthur aveva preferito saltare il pranzo che
di solito consumava nel ristorante dirimpetto al loro stabile, in favore di
un’insalata che Gwen si era procurata per lui, con un
sorriso di scuse e un’occhiata di solidarietà.
Alle due, finita la pausa, il fermento era cresciuto a
dismisura, tanto che egli si sentì in dovere di prendere in mano la situazione.
Letteralmente.
Quindi afferrò Aithusa e spalancò
la porta facendo sussultare tre dipendenti che non si aspettavano
la sua improvvisa comparsa.
Fanculo la riservatezza.
Schiarendosi la voce, Arthur richiamò l’attenzione di tutti
i presenti che, dalle loro postazioni, allungarono il collo con curiosità.
“Gradirei due minuti del vostro tempo!” premise, impostando
poi il tono ‘da comando’ che suo padre gli aveva
insegnato sin da ragazzo. Poi spiegò brevemente perché il cane fosse lì.
Alla fine, però, erano state le moine della cagnetta a
conquistare tutti, e ognuno dei sottoposti le regalò una carezza o uno sguardo
d’affetto, anche per rispetto della sua triste condizione.
E tutti avevano giurato e spergiurato che il segreto sarebbe
rimasto tra quelle mura: era superfluo menzionare che il vecchio Pendragon non avrebbe mai approvato una simile ingerenza.
***
La scelta si era rivelata una mossa vincente,
perché finalmente poté concentrarsi sul suo lavoro per il resto del pomeriggio,
senza venire interrotto ogni due minuti da un fastidioso bussare alla porta, o
dall’interfono con cui Gwen lo avvisava che qualcuno
– ancora – aveva bisogno di lui.
Arthur aveva stabilito dei rigidi turni, per cui le sue
impiegate non avrebbe più dovuto litigare e Aithusa si sarebbe sgranchita le zampette con regolarità.
Fu solo alle sei e mezzo, quando Gwen
fece capolino dalla soglia, che lui s’accorse
realmente di che ora era. Il piano doveva
essersi già svuotato da un po’, ma lui era sempre l’ultimo a rincasare.
“Posso andare?” domandò lei. “Ho quasi finito il mangime di Lancelot e vorrei…”
Sentendo nominare l’animale, Arthur rammentò di colpo che
era stato così assorbito dai suoi dipendenti impiccioni e dalla novità da non
aver più controllato il suo cellulare.
“Sì, ci vediamo domani”, la salutò,
distrattamente, armeggiando nella tasca della giacca, drappeggiata sulla
spalliera della sua poltrona girevole.
Nuovo messaggio
Da: Merlin
7:50
Ha allungato le sue
zampe nel tuo mondo, eh?
Arthur sorrise.
Risposta: Ha allungato
zampe, pelo e bava. Tutto il pacchetto, insomma.
D’istinto, però, anziché digitare l’invio, premette per il
tasto di chiamata.
“Ehi!” l’accolse la voce calda del
veterinario.
Arthur si morse il labbro inferiore, incerto. Forse non era stata poi un’idea così buona…
“Ciao…”
“Come va?”
“È lunedì”, rispose lapidario. Tutti i lunedì erano duri, no?
Ma di colpo s’accorse che l’altro
aveva frainteso le sue parole.
“Il lunedì è sempre il giorno peggiore, in ufficio”,
raddrizzò, sentendo un sospiro sollevato all’altro capo della linea.
“E la nostra signorina? Si è comportata bene?” s’interessò Merlin, restando sul vago.
“Ha fatto breccia nel cuore di tutti, senza neppure
sculettare!” rise.
“Beh, il cartello di stamattina metteva le cose in chiaro!”
replicò il medico, in maniera scherzosa.
“Ho dei dipendenti idioti…” si giustificò Pendragon, stiracchiando le labbra con divertimento.
“Chissà cosa si inventeranno
domattina!” considerò Merlin, per gioco.
“Oh, in caso, te lo saprò dire…” confermò Arthur, di
rimando, col medesimo tono allegro. Poi, però, un silenzio cupo cadde tra loro.
“Ehmm… senti… odio doverlo
chiedere… ma c’è stata qualche novità?” domandò il veterinario, con
apprensione.
“No. Nessuno si è fatto vivo. Eppure mezza città è tappezzata
col suo muso…”
“È lunedì. Cosa… cosa intendi fare?”
Arthur inspirò a fondo, perché dirlo
era diverso dal pensarlo.
“Due giorni sono pochi. La tengo in
consegna fino a domani…”
“Domani?”
“Sì, forse le cose cambieranno…” ipotizzò, anche se era il
primo a non crederci.
“Ok, è un buon compromesso”, concordò il dottor Emrys. “Per favore, chiamami se ci sono
novità”.
Arthur promise che l’avrebbe fatto, poi gli augurò una buona
serata e si apprestò a rincasare.
Non ricordava neppure
quand’era stata l’ultima volta che era uscito dall’ufficio prima delle venti, ma oggi avrebbe fatto uno strappo alla regola.
Aithusa, scodinzolando, sembrava essere d’accordo
con lui.
***
La mattina successiva, il cartello diceva: “Sono una vera cagna e me ne vanto!”
Arthur arcuò un sopracciglio per il dubbio gusto di Gwaine in fatto di pessime battutacce, ma – per dimostrare
il suo punto – scattò nuovamente una foto e la inviò a Merlin.
Il veterinario aveva risposto poco dopo, con uno smile che ammiccava.
Quella sera, alla fine del lavoro, l’aveva chiamato di nuovo
e la prima cosa che si era sentito uscire dalle labbra
era stata: “Un giorno ancora”.
***
Mercoledì l’annuncio affermava: “Il capo mi adora. (E) Posso avere
ciò che voglio. Tu, no”.
Arthur rise di cuore e inoltrò un
mms al dottor Emrys.
Al momento di andarsene, ben dopo il tramonto, digitò un
messaggio.
Messaggio
inviato
A: Merlin
18:55
Un giorno ancora.
Nuovo messaggio
Da: Merlin
18:57
Ottima idea! ;)
Arthur si sentì sorridere. Forse stava impazzendo. Non era da lui messaggiare
ad un uomo sconosciuto – d’accordo, semisconosciuto calzava meglio? – e perdersi in quelle
frivolezze.
Forse lo stava
infastidendo. Forse… beh, in tal
caso, sarebbe stato il veterinario a farglielo capire. E, comunque, quel gioco sarebbe finito con l’addio alla cagnetta.
***
Giovedì, il marchio di Gwaine
divenne palese: “Sono la principessa
della Principessa”.
E probabilmente il dottor Emrys
non avrebbe mai capito il sottinteso di quella frase, ma gliela inoltrò comunque,
per dovere di cronaca.
Nuovo messaggio
Da: Merlin
8:02
Non sapevo che anche
tu avessi sangue reale! Dov’è il tuo pedigree?
Arthur scosse la testa, divertito.
Messaggio
inviato
A: Merlin
8:03
Il mio pedigree è così
puro che farebbe impallidire anche i Windsor!
PS. Dio salvi comunque la
Regina.
Nuovo messaggio
Da: Merlin
8:05
Non l’avrei mai detto,
sai? La tua umiltà era così abbagliante!
PS. Lunga vita alla
Regina. (Ma io sono Repubblicano! LOL)
Messaggio
inviato
A: Merlin
8:05
Merlin! O_O
Nuovo messaggio
Da: Merlin
8:06
Eh, lo so! Le
apparenze ingannano… ;D
Messaggio
inviato
A: Merlin
8:08
Che idiota! XD
Nuovo messaggio
Da: Merlin
8:09
Zitto, Principessa!
LOL
Messaggio
inviato
A: Merlin
8:10
Merlin!!! è_é
Non osare, sai?!
Nuovo messaggio
Da: Merlin
8:12
LOL.
Scappo in ambulatorio.
Buona giornata.
PS. Una grattatina per Aithusa da parte
mia?
Messaggio
inviato
A: Merlin
8:14
Anche a te.
PS. Provvedo
immediatamente.
Messaggio
inviato
A: Merlin
19:03
Un giorno ancora.
***
Venerdì mattina non c’era alcun cartello al solito posto.
Arthur controllò due volte, per scrupolo. Sollevò persino il cuscino nella
cuccia. Poi ispezionò anche i dintorni, e la propria scrivania… ma niente.
Una piccola, squilibrata
parte di lui ne fu quasi delusa.
Delusa perché – si
sarebbe portato il segreto nella tomba, beninteso – quella era diventata
una specie di piacevole routine. Si divertiva a verificare quali fossero i
livelli di idiozia che Gwaine
avrebbe potuto raggiungere.
Forse, invece, la sua vena creativa si era già esaurita. Ma avrebbe dovuto aspettare l’arrivo (come sempre in
ritardo) di quel mentecatto per chiedergli spiegazioni.
“Beh, pazienza…” bofonchiò, amareggiato anche dal fatto che
– suo malgrado – oggi non aveva nessun pretesto per inviare un messaggio al
dottor Emrys.
Cioè… non che lui
fosse tenuto a farlo, eh! Ma si era preso la briga di
aggiornarlo ogni mattina e ora anche Merlin sarebbe rimasto scontento come
lui...
Guinevere bussò discretamente alla
porta, entrando con il suo solito caffè.
“Gwaine stavolta si è superato,
eh?” constatò, mezza ammirata e mezza divertita.
Arthur si accigliò.
“E perché, di grazia?”
“Come? Non l’hai vista?!” domandò lei, indicando l’uscio.
“Visto cosa?”
Gwen girò sui tacchi, uscendo, e
lui le andò dietro.
Appeso in bella vista sul pannello di noce, giusto sotto al suo nome:
Mr. A. Pendragon - CEO
vi era un’altra targhetta dorata e
finemente cesellata:
Lady A. Pendragon - PA
Arthur scoppiò in una risata.
“Gwen! Aithusa ti ha
soffiato il posto!” le annunciò, riferendosi alla sigla di Assistente
Personale.
“Con tutte le ore che passa con te, dovevo aspettarmelo!”
esclamò, teatrale, fingendosi tradita. “Ma insegnale a
portarti il caffè, poi ne riparliamo!” lo avvertì, prima di scivolare alla sua
scrivania per accendere il computer.
Arthur ammiccò di rimando, e subito estrasse il cellulare
allegando un sms alla foto.
Messaggio
inviato
A: Merlin
8:20
Spiacente per il
ritardo.
Nuovo messaggio
Da: Merlin
8:25
Stasera festeggerete
la promozione?
Messaggio
inviato
A: Merlin
8:26
Ovviamente sì!
Ma è incinta e non può bere alcolici.
Brinderemo con acqua naturale.
Nuovo messaggio
Da: Merlin
8:30
Uomo saggio.
***
Il venerdì era sacro
ad Arthur per vari motivi: perché era l’anticamera del weekend, perché aveva
litigato a sangue con suo padre affinché anche la Pendragon
Company si adeguasse al Casual
Friday (e per una volta, aveva vinto la battaglia)
e perché, generalmente, tutte le rogne trovavano un aggiustamento in tempo
utile per la chiusura della settimana lavorativa.
Arthur amava fare i bilanci del venerdì e sentire che era
sopravvissuto e che poteva portare – per un’altra settimana ancora – il peso
della responsabilità che il vecchio Uther gli aveva
affidato, senza restarne schiacciato.
Per una qualche forma di autoconservazione, non osava
programmare niente di più lungo. Guardava il calendario da tavolo suddiviso di
sette in sette e, inspirando aria e coraggio, si diceva che andava bene così.
Quella settimana, poi, sarebbe finita negli annali delle
straordinarietà e nei memoriali dell’azienda.
L’arrivo di Aithusa aveva
rivoluzionato il suo mondo – personale e lavorativo –, ma non poteva che
ritenersi felice della sua scelta. E
niente avrebbe guastato il suo buonumore.
Ogni volta che aveva avuto
tempo, Arthur se l’era coccolata. Oppure aveva avuto uno stuolo di collaboratori
pronti a farlo.
Aithusa era servita e riverita come una regina.
Persino l’austera e
inflessibile Annis, stretta nel suo rigido chignon,
aveva ceduto ai suoi mugolii, il terzo giorno.
Quella cagna si rigirava
tutta la Pendragon
Company attorno ad un dit-
unghietta.
Ma, ovviamente, come in tutte le
cose che filavano lisce, doveva esserci un’anomalia.
***
Verso le cinque del pomeriggio, l’interfono ronzò e Gwen gli annunciò l’arrivo di uno degli esperti del Settore Marketing, ma non aveva fatto a tempo a dirgli
il nome, che la porta del suo ufficio si era spalancata di malagrazia,
interrompendo un colloquio che stava avendo con Gwaine,
a proposito della nuova offerta di un investitore.
“Pendragon! Ho
sentito la novità!” lo apostrofò l’uomo, sondando la stanza con malevola
curiosità. “Adesso ti presenti al lavoro con una cagnetta spocchiosetta?”
“Spocchiosetta sarà tua sorella, Val!” gli sibilò contro Gwaine,
prima ancora che Arthur potesse aprir bocca.
Valiant Snakeshield
fece un sorriso untuoso e se ne andò senza replicare.
Quel viscido – grazie a Dio! – se ne sarebbe tornato, entro
la fine della settimana successiva, nella filiale di Honk
Hong, quindi non avrebbero più dovuto sopportare il suo brutto muso per almeno
sei mesi.
Val non poteva essere licenziato,
perché era figlio di uno dei soci; ma, in ogni succursale in cui finiva a
lavorare, lo chiamavano tutti ‘Il Serpente’ e un motivo c’era di sicuro (e no, non riguardava il suo cognome).
“Non ti offendere, principessa…”
esclamò nuovamente Gwaine, con tono consolatorio.
“Quello lì non capisce un cazzo…”
Arthur era pronto a rimbrottarlo per l’ennesima volta su
quel nomignolo inappropriato, quando s’accorse che,
per una volta, non era rivolto a lui, ma alla cagnetta che si stava godendo un
giochino, nascosta sotto alla scrivania.
Pendragon sbuffò, scuotendo la
testa con divertita rassegnazione. Gwaine aveva un debole
per le femmine. Di qualsiasi tipo. Era il loro cavalier servente per eccellenza.
Quasi tutti i suoi amici, sin dall’infanzia, erano figli dei
colleghi di suo padre, amicizie costruite sulla convenienza più che per
autentico affiatamento.
Ma Guinevere,
Elyan e Gwaine costituivano
l’eccezione a questa regola.
Malgrado lui e Morgana non avessero avuto un carattere
facile (e lo sapevano entrambi) questi tre ragazzi si erano affezionati a loro
e, col tempo, ne era nata una solida, sincera amicizia, anche se Arthur era – a
tutti gli effetti – anche il loro datore di lavoro.
“Ehi, Principessa!” la voce di O’Green lo distrasse dai suoi
pensieri. “Stavolta dico a te!”
“Gwaine!” lo sgridò, esasperato.
“Spero che Il Serpente
finisca mangiato in qualche bettola di Honk Hong. Ai
cinesi piace cucinare i vermi che hanno
fatto carriera!”
Arthur contrasse le labbra in un ghigno.
“Dubito che sarebbe commestibile
anche da cotto. È troppo velenoso!”
“Sì, beh… non doveva permettersi di offendere la nostra
mascotte”, puntualizzò, con uno sguardo d’affetto verso la cagnetta.
“Vattene a casa, Gwaine! E porta con te la tua armatura glitter!” lo
cacciò Pendragon, predisponendo le ultime cose prima
di lasciare a sua volta.
Quella sera, anziché inviare il solito messaggio, Arthur
prese il coraggio a due mani e telefonò.
“Che ne dici se domani te la porto
per un controllo?” propose.
“È un’ottima idea”, concordò Merlin. “Vieni per mezzogiorno,
così facciamo le cose con calma…”
“Affare fatto!”
Continua...
Disclaimer: I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
E a Laura, che si sciroppa le
anteprime con un entusiasmo che mi commuove.
Note: Le varie
nozioni veterinarie e le informazioni sulla gravidanza canina riportate sono prese da siti web specializzati.
CEO è una sigla straniera per chief
executive officer (visto che
la fic è ambientata a Londra, ho preferito mantenere
quella originale), è equiparato al nostro Amministratore Delegato ed è
comunemente usato in ambito internazionale.
PA è, allo stesso modo di sopra, un Personal Assistent, quindi un segretario privato.
Casual Friday è l’usanza di
vestire con più libertà in ufficio il venerdì, che è l’ultimo giorno di lavoro
della settimana. Niente giacca e cravatta, per capirci, ma magari un
maglioncino.
Alle donne è consentito qualsiasi abito (purché
appropriato). All’estero è diffusissimo, in Italia ancora poco, ma so per
esperienza diretta che le imprese giovani e all’avanguardia lo applicano.
Il cognome di Valiant l’ho creato
ovviamente prendendo spunto dall’omonima puntata 1x02 e dallo scudo di
serpenti. Non da ultimo, perché lui è viscido come loro.
Com’è noto, i cinesi (per amor di precisione, solo nel Sud
della Cina) cucinano e mangiano serpenti.
La frase “Ai cinesi piace cucinare i vermi che hanno fatto
carriera!”
Fa il verso ad una battuta di
umorismo di qualche anno fa:
-
Sai che cos’è un serpente?
-
Cos’è?
-
È un verme che ha fatto carriera!
Un’ultima cosa. Ancora una volta, Arthur accenna ad Aithusa come ignaro corriere della droga.
Molti di voi mi hanno detto nei commenti che davvero Arthur
ha volato troppo con la fantasia, ma – come ho già spiegato a qualcuno – in
realtà la sua ipotesi non è così folle, perché di recente si è scoperto che
molti trafficanti nascondono la droga fra i capelli, nelle treccine vicino al
cuoio capelluto, quindi la sua idea del pelo sporcato di droga non è poi così
folle! XD
E poi c’era gente che leccava i rospi sulla schiena, per
assorbire una sostanza allucinogena e farsi un trip gratis, quindi la follia
umana non ha confine!
Comunque garantisco: la povera Aithusa
non è mai stata uno spacciatore! XD
Ecco ben QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
Messaggio
inviato
A: Strega
12:19
Ehi, Balena! Come va?
Nuovo messaggio
Da: Strega
12:20
Fratello disgraziato.
Potrei essere già morta, per quello che te ne importa!
Messaggio
inviato
A: Strega
12:21
Ti penso ogni giorno,
Morgana cara. Vivo in quella cazzo di casa delle
bambole che mi hai lasciato!
(...)
Arthur avrebbe detto
di essersi sbagliato. Ma – siccome lui non sbagliava
mai – era piuttosto una questione di congiunzioni astrali sfavorevoli e di
calendari. Cause di Forza Maggiore, o forse era Destino, che dir si voglia.
Com’era noto, però, il lunedì era il giorno peggiore della
settimana e le decisioni prese in quel giorno – secondo la sua esperienza
personale – erano sempre le più infauste.
Era ovvio, quindi, che non potesse scegliere sventatamente
sulla sorte di Aithusa e dei suoi cuccioli di lunedì.
Non era senza cuore, lui.
E nei giorni immediatamente precedenti, come aveva
anticipato al suo veterinario, aveva avuto una sessione intensissima di impegni che avevano scandito ogni istante del suo tempo
sia il sabato sia la domenica: fancazzismo ad
oltranza imparato da Gwaine, pomeriggi stravaccati
sul divano a sonnecchiare, una passeggiatina di rito con Aithusa,
e coccole, coccole, coccole.
Perciò… non sarebbe stato tanto male… procrastinare un altro
po’ non avrebbe ucciso nessuno. Letteralmente.
(...)
Tre giorni. Tre giorni
era durato il silenzio di Arthur.
Probabilmente, se non fosse stato concentrato su un brutto
caso di maltrattamento che aveva dovuto denunciare, Merlin avrebbe dovuto chiedersi perché ci fosse improvvisamente calma
piatta, quando – sul più bello – la suoneria che aveva associato ad Arthur Pendragon era risuscitata.
“Mi chiedevo”, aveva esordito l’uomo, senza preamboli. “Stiamo
andando incontro all’inverno: dici che dovrei comprarle un cappottino da
indossare?”
“Buongiorno anche a te!” aveva ironizzato il dottor Emrys. “Io sto bene, grazie. E tu?”
“Whatever”, fu la risposta annoiata di Arthur. “I preamboli sono noiosi…”
“I preamboli sono indispensabili
nelle comunicazioni… So che sei abituato a comandare, ma sarebbe carino – o
perlomeno cortese – fingere di interessarti al tuo interlocutore, prima di
subissarlo di domande!”
“Giornata pesante?” lo pungolò Pendragon.
“Pensavo vivessi per il tuo lavoro!”
“Testa di cavolo!” sibilò Merlin.
“Ehi!” si risentì Arthur. “Io ho intavolato una discussione,
ma tu non collabori!”
“Senti, devo andare. Ci risentiamo…”
“Merlin? Merlin?! Ehi, MERLIN!”
Ma dall’altro capo il segnale suonava
vuoto.
(...)
“Penso che Paris Hilton potrebbe
darti l’indirizzo del negozio che usa per il suo Tinkerbell…
Non frequentate forse gli stessi ambienti spocchiosi?”
“Ma il suo è un odioso chihuahua! Non ha niente a che spartire con Aithusa!”
esclamò, scandalizzato.
“Ora che ci penso… Ho letto da qualche
parte che lei lo veste solo Chanel! Vedi, già vi
trovate con le idee!” lo canzonò il veterinario.
“Bleah!” rumoreggiò Pendragon, esprimendo il proprio disgusto. “Potrei offendermi, sai? Di sicuro Aithusa
è offesa con te, per averla associata a quel topo viziato!”
“Per te, sono tutti topi, Arthur…” gli fece notare Merlin, quasi con dolcezza.
“Beh, ora so la differenza: Aithusa
è un topo finto, quello è un topo vero!”
precisò, per amor proprio.
Il dottor Emrys rise a tal punto
che la penna con cui stava scrivendo bucò il foglio.
“Com’è che siamo partiti dal ‘cappottino
sì, cappottino no’, per arrivare allo ‘Chanel a tutti i costi’?
Devo essermi perso un passaggio…”
“Non importa. Davvero, non importa. Credo
che farò un salto da Will”.
“Will non
vende Chanel. Lo
sai, vero?” puntualizzò.
~ ~
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Ringrazio i 20 utenti che hanno messo
la fic fra i ‘preferiti’, i 6 ‘da ricordare’ e i 91
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Su, non siate timidi! Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne
pensate! ^_=
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