III. La Villa
~
011.
É meglio di
quanto pensasse. La casa è enorme, nessuno lo disturba e
svolge i suoi compiti in autonomia.
Ci vuole tempo. Con
calma ricostruisce il proprio corpo – e la sua massa
muscolare torna in forma. Di sera è indolenzito, ma
passerà, esercitandosi meglio.
Dopo un paio di
settimane può addirittura di sistemare il laboratorio di
Kodou.
È la prima
volta che vede l'apparecchiatura W.I.L.D.
“Pensavo
fossero state abolite”.
Yukimura non lo
rimprovera, né lo punisce. S non domanda più
altro.
Di tanto in tanto
Chizuru passa a trovarlo. Arriva e sparisce prima che possa salutarla.
Prima di coricarsi
trova una caramella rosa nella tasca della divisa.
012.
Cerca le cesoie a
tentoni e trova, invece, un piedino scalzo. Sobbalzano tutti e due,
Chizuru per lo spavento; lui per la sorpresa...poi per l'orrore.
È in
ginocchio prima ancora di rendersene conto, a profondersi in scuse
prima che lei scappi in lacrime dal padre.
Chizuru lo guarda,
seduta per terra. Batte le palpebre, indica i bulbi con un
ditino paffuto.
“Sono
gigli?” chiede.
“...Sì?”
“Bianchi?”
S esita. Non lo sa,
non ha guardato la busta. Parla senza pensare.
“Ma certo,
ojou – san. Bianchi.”
Chizuru gli sorride.
Con tutto il cuore, e pochi dentini.
“Sono
belli,”soffia.
S prega che quei
maledetti fiori vengano su candidi.
013.
A nessuno dei due
piace essere lasciato a casa solo, ma Kodou è un uomo
impegnato, e la sua sembra più un incidente di percorso che
una famiglia.
Kaoru diventa ancora
più intrattabile. Sfascia due delle aiuole rifatte la
settimana scorsa e si rinchiude in camera.
Chizuru
tace. Per tutto il giorno. Fa i suoi compiti diligentemente
– una bambina
di quattro anni a studiare? Di già? - gioca
secondo le regole, è obbediente.
Quando la depone a
letto per la notte, però, non lo lascia.
“C'è
la Nebbia.” mormora.
“Siamo sotto
lo Schermo, ojou-san. Non può arrivare fin qui.”
“La
sento.”
Lo capisce, quel
terrore cieco.
Rimane.
014.
Si sveglia tre volte.
Due perché crede davvero che la coltre argentea sia
lì, a picchiettare contro la finestra – una
perché una mano di Chizuru gli si posa sulla guancia, alla
cieca. Allora si ricorda di essersi addormentato, inginocchiato vicino
al letto, in una casa troppo grande e troppo vuota per due bambini.
Il pavimento
è quasi comodo, coperto di soffice moquette. Fuori, il cielo
è un velluto liscio e uniforme.
Non
andartene docile in quella buona notte, i vecchi dovrebbero bruciare e
delirare al serrarsi del giorno;
Infuria,
infuria contro il morire della luce...
Le palpebre pesano. Si
raggomitola per terra, su un fianco.
Benché
i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta-
Il resto della poesia
non gli viene in mente. Shinpachi la ricordava tutta. Ma Shinpachi
è morto, e lui è solo S.
Chiude gli occhi,
dimenticandosi di tutto il resto.
Sogna la Nebbia.
015.
Arriva come l'ha vista
giungere nei territori esterni allo Schermo, durante la fuga: una marea
di volute senza consistenza, l'approcciare di un temporale senza
fulmini né rombi di tuono. Il silenzio gli riempie le
orecchie, dilaga nel suo naso. È umido, impalpabile, e
amplifica il battito del suo cuore al punto da fargli credere che se ne
nutra.
Sappiamo
com'è arrivata, non che cosa sia. Sappiamo che è
letale, non perché danneggi e aggredisca ogni creatura
vivente.
Nel sogno scopre
qualcosa che nessun antico rapporto ha svelato.
La Nebbia ha una voce,
e bisbiglia il suo nome.
È
di nuovo Sanosuke. Solo Sanosuke.
Si sveglia di scatto.
Qualcosa non va.
Angolo
Autore
Un nuovo
aggiornamento. Non in ritardo come temevo, ma mi scuso ugualmente per
aver rallentato il ritmo. Non voglio bruciare mettere troppa carne al
fuoco :)
Mi ritaglio una
piccola comunicazione riguardo Derail - entro la settimana mi
metterò a lavorare sul prossimo capitolo per rimetterlo a
nuovo. Nel frattempo, un ringraziamento a chi segue, legge e
recensisce, come sempre.
Non andartene docile in quella
buona notte: poesia di Dylan Thomas (1914 - 1953)
|