“Alcuni dicono che chi guarda le stelle è come se cercasse la sua dimensione nell’universo”.
:le pennellate nere spiccavano sull’intonaco bianco, ogni giorno.
La stanza era disadorna, le poche proprietà di Wyrda erano sparse alla rinfusa sul letto e sulle sedia imbottita e sulla scrivania di legno i pastelli allineati e i fogli impilati erano disposti agli angoli del ripiano, in modo che le estremità di questo coincidesse con la punta di un pastello e con l’angolo di un foglio.
Osservava rapita le scaglie di cielo stellato, fra le inferriate della finestra .
Una stella , che un momento prima brillava immobile, cadde.
Anzi inciampò e scomparve, inghiottita dall’oscurità .
“Non esprimi un desiderio, Wyrda?” , sussurrò dolcemente una voce alle sue spalle.
Wyrda si voltò.
Dietro di lei seduto nel mezzo del letto , se ne stava un uomo.
Non aveva capelli, dalla sua fronte si diramavano delle linee nere che intrecciandosi come rovi sul capo,si ricongiungevano alla base del collo, il resto del volto invece era straziato la profonde cicatrici : sembrava un eroe, di un altro tempo e di un altro spazio.
Gli occhi erano azzurri, con una sfumatura verdastra, malsana, come delle volte, il letto de fiumi.
Il giovane le sorrideva , gli occhi freddi rischiarati dal sentimento che traboccava dalle sue pupille.
Wyrda non si mosse, e sorrise tristemente, tornando a guardare il cielo.
“ Vorrei che tu fossi reale.”
Ancora prima di girarsi, seppe che lui non c’era più.
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