cap15
L' ultima lacrima
XV.
Quando era giunta la
comunicazione dall’osservatorio di Houston, Jane stava
controllando l’ennesima catasta di dati apparentemente
inutili, chiedendosi che fine avesse fatto Bruce e
perché nessuno in quel maledetto piano sembrasse
conoscere la risposta.
Stava di
certo accadendo qualcosa ed era più che pronta a chiedere
spiegazioni se non avesse ricevuto per l'appunto quella comunicazione.
La rilesse
più volte sentendo il cuore battere forte nel petto.
La
stampò immediatamente precipitandosi fuori dal laboratorio.
«Dottoressa
Foster, non può allontanarsi da questo reparto.»
Fu praticamente fermata non appena aveva messo il piede fuori dalla
porta.
«Devo
trovare il dr. Banner!»
L'agente
l'aveva afferrata per un polso impedendole di fare anche un passo e lei
lo aveva guardato con sgomento.
«Devo
parlare immediatamente con il dr. Banner! O lo portate qui o portate me
da lui.»
«Ho
l'ordine di non farle lasciare la struttura, dottoressa.»
Strattonò
il polso per liberarsi dalla presa ma fu solo perché
l'agente allentò la morsa delle sue dita che ci
riuscì.
Strinse
forte nel pugno la mail che aveva stampato e gliela piantò
dritta davanti agli occhi.
«Il
direttore Fury mi ha promesso la massima libertà di lavoro e
adesso che ho delle comunicazioni importanti non posso neanche fare due
metri senza essere arrestata?!»
«Non
la sto arrestando.»
«Allora
mi lasci andare dal direttore. Parlerò direttamente con
lui.»
L'agente la
studiò a lungo, Jane sapeva la stava letteralmente
studiando. Stava mettendo in pratica quelle tecniche strane da
superspie per capire se stavi mentendo o dicevi la verità.
Per sua fortuna non ci volle molto per decidere.
«Va
bene. L'accompagnerò personalmente dal direttore
Fury.»
«Grazie.»
Ma non c'era gratitudine nella sua voce, solo fastidio, e per capirlo
non era necessario essere una superspia.
Lesse
ancora i dati che aveva fra le mani mentre seguiva l'uomo attraverso il
corridoio.
Qualunque
cosa stesse facendo Bruce al momento aveva poca importanza adesso che
finalmente aveva trovato qualcosa, e qualcosa di davvero significativo.
Si chiese
se Thor fosse lì o se fosse ancora da Tony nella sua torre,
insieme a quella ragazza.
Linn.
Era bella e
dolce, e sembrava nata per essere una di quelle docili mogliettine che
vivono per rendere felici il loro uomo. Ed era soltanto un'ancella.
Come poteva
competere con un mondo dove perfino una semplice domestica era bella e
raffinata come una principessa?
“Sei solo il capriccio di questa
vita. Si stancherà anche di te.”
Le parole
che Loki le sibilò in uno dei loro sempre spiacevoli
incontri, erano risuonate più volte in quegli ultimi giorni,
sebbene la sua eco non l'avesse mai davvero abbandonata.
Un
capriccio.
Il
capriccio di chi vive cento vite in una, di chi governa fulmini e
tempeste, bello e perfetto come solo un dio può essere.
E
altrettanto impossibile.
«Direttore?
La dottoressa Foster ha delle novità che vuole
comunicarle...» Aveva udito l'agente parlare attraverso il
suo auricolare. Non sapeva cosa stesse rispondendo Fury ma vide l'uomo
assentire con il capo. «Va bene, signore.» E poi
tornò nel suo silenzio mentre le porte dell'ascensore si
chiudevano.
«Allora?»
Lo incitò quando qualcosa le insinuò per
l'ennesima volta il dubbio che stesse accadendo qualcosa di cui non era
conoscenza. «Che sta succedendo? Dov'è finito
Bruce?...» Di Thor non poteva chiedere, lo sapeva, e quella
domanda fu costretta a mandarla giù.
Dove sei, Thor?
«Il
direttore non vede l'ora di udire le sue scoperte, dottoressa
Foster.»
Al suo
sorriso sollevò un sopracciglio scettica.
«Non
rispondete mai alle domande da queste parti?»
L'agente
allargò il sorriso quando le porte si aprirono al piano
selezionato.
«Mi
segua, dottoressa.»
«Lo
prendo come un no»
mormorò tenendo il suo passo lesto.
Fra le mani
forse il primo passo per risolvere quel rebus. Il primo passo per
ritrovarlo.
*
«Questi
sono gli attuali ordini da seguire e rispettare. Non
accetterò sbagli, stavolta. Sono stato chiaro?
Perché in caso contrario fareste meglio a deporre le vostre
armi sul tavolo e a uscire da quella porta, ma se prendere questa
decisione state pur certi che il vostro nome sarà il primo
sulla mia lista nera e io amo particolarmente il nero.»
Tony si
umettò le labbra e guardò attentamente il volto
dei suoi compagni: nessuno osava fiatare.
Ma lui non
era nessuno e, soprattutto, aveva qualcosa da dire non solo da fiatare.
«Chiarissimo,
Nick. Ora veniamo al dunque: che ne facciamo di quello
lì?»
E se gli
occhi di Thor avessero potuto sputare fiamme, Tony era convinto che in
quel momento sarebbe diventato pura cenere.
«Quello
lì,» iniziò Nick con lo stesso occhio a
vulcano. «È una mia questione, da adesso in
avanti. Nessuno entri in quella stanza, nessuno provi anche solo a
poggiare la mano sul pomello della porta perché gliela
faccio saltare per aria.»
«Ho
necessità di parlare quanto prima con Loki.»
Alle parole
di Thor, Sigyn o dio solo sapeva come diavolo avrebbe dovuto chiamarla
ora, scese nella stanza l'ennesimo silenzio.
Quando Nick
li aveva raggiunti in tutto il suo splendore da “sono
incazzato nero e ‘fanculo la politically correct”
era stato chiaro a tutti che il tempo dei sotterfugi era finito. Tony
non avrebbe mai pensato di dirlo, ma era stato grato a Nick di quello.
Ok, si era
beccato la ramanzina sul suo piccolo operato da guardone
così come si era beccato l'occhiataccia di Steve e
l'ennesima di Thor, il quale aveva però avuto la decenza di
starsene zitto ed evitare altre brillanti e inutili scuse come
“l'ho fatto per il bene di Midgard.”
Che lo
avesse fatto per il bene di qualcuno era chiaro, di certo non era
quello della Terra.
Il suo
bene, il bene di Loki, o di quel segreto ballerino che a quel punto era
anche ridicolo cercar di tenere sotto al tappeto.
Tutta la
questione ancora mezza confusa di cuore, corpo e anima che aveva
millantato Thor, Fury aveva preferito non udirla neanche. Voleva solo
ritrovare quel martello e vedere Loki dietro una gabbia, stavolta
d'acciaio, magari senza finestre e vie di fuga e interrata a cento
metri nel sottosuolo.
La notizia
della momentanea e inspiegabile perdita delle sue capacità
extra umane era stato invece da subito motivo di sospetto.
Loki si era
anche svegliato dall'operazione, così avevano riferito i
medici, ma Nick non aveva permesso a nessuno di avvicinarlo, ribadendo
che questa volta se ne sarebbe preoccupato di persona.
Se non
fosse stato un piccolo bastardo anche lui, Tony forse avrebbe anche
provato della compassione per quel povero squilibrato che di
lì a poco avrebbe avuto a che fare con la Furia di Fury.
Ma quel
povero squilibrato era Loki e se anche Tony Stark fosse stato uno
stinco di santo alla Rogers, avrebbe comunque goduto nel saperlo nelle
mani sadiche di Nick.
Nessuno si
era opposto, nessuno a parte Miss Asgard.
Come se si
fosse aspettato il contrario.
«Thor,
l'ordine è per tutti. Nessuno metterà piede in
quella stanza.»
«Queste
questioni riguardano me e io devo parlare con lui prima che sia tardi.
Non sai cosa ha scatenato davvero Loki. Midgard è in
pericolo ma lo è anche Asgard. Non chiedermi di stare qui in
attesa, non posso rispettare la tua volontà
stavolta.»
La faccenda
si era un tantinello complicata, anzi si era decisamente complicata.
Alla fine,
sebbene gli costasse ammetterlo, Thor aveva ragione. Doveva parlare con
Loki lui di persona visto che da quel che aveva riportato Cap, il terzo
tizio che aveva fregato il suo martello era una vecchia conoscenza di
entrambi.
Era una
questione asgardiana fra Loki, Thor e tutti i loro sporchi segreti con
vecchie ex e amici di dubbia sincerità.
Loro non
c'entravano nulla, come al solito. La Terra era solo un campo di
battaglia come un altro, un palcoscenico dove interpretare l'ennesimo
dramma shakespeariano.
Il problema
era che erano sempre loro a pagare il biglietto e a raccogliere i cocci
al termine dello show.
Quella
storia aveva stancato un po' tutti.
«Dopo
il casino che hai combinato recuperando per lui quella dannata sfera,
starei attento a dettare legge.» Fury sembrava furibondo,
probabilmente lo era. «Mi allontano qualche ora e trovo la
situazione peggio di come l'ho lasciata. E voi sareste la squadra su
cui dovremmo contare nei casi peggiori?»
«Non
siamo mai stati la soluzione migliore, Nick. Questo lo sai bene anche
tu» intervenne a quel punto. «Tutta quest'idea
è stata una scommessa fin dall'inizio, e le scommesse si
possono perdere.» Si alzò dalla sedia e
osservò il volto di Nick con una nota stonata.
Tony ci
aveva creduto nella squadra, ci credeva in quella squadra di strambi
personaggi così diversi eppure così simili.
Credeva che collaborare alle
volte poteva anche essere utile – e divertente.
Credeva nei Vendicatori.
«Getti
la spugna, Stark?»
Alla sua
domanda sorrise con fierezza.
«Io?
Mai.» Sfiorò poi il legno del tavolo con un gesto
annoiato. «Dicevo che le scommesse si possono perdere, Nick,
non che la nostra sia una di queste.»
Clint
sollevò un angolo delle labbra e scambiò uno
sguardo d'intesa con la Romanoff. A Tony non sfuggì.
Non
sfuggì il sospiro di Cap, troppo concentrato a capirci
qualcosa per preoccuparsi dei suoi capelli che stavano assumendo
un'inquietante ondulatoria naturale che non gli donava –
aveva appena trovato la ragazza e adesso rischiava di perderla per
colpa dell'acconciatura.... destino infame, povero Cap.
A Tony non
sfuggì neanche il cenno del capo di Bruce che valeva mille
parole e mille rimproveri e altri mille consigli da ignorare, ovvio.
Non gli
sfuggì il silenzio di Nick e quello di Thor. Il silenzio di
Sigyn che pesava come forse neanche quel martello nella mano.
«Vai
da Loki e metti in pratica la tua tecnica di interrogatorio, Nick. Se
funziona, bene, altrimenti dai un taser alla nostra bionda e mandala
dentro.»
«Stark...»
Capitano, lasciami fare.
«Tony,
non ho tempo per giocare.»
«Nessuno
vuole più giocare, Nick, è questo il
problema.» Guardò poi Thor che ricambiò
il suo sguardo e forse i suoi stessi pensieri.
«Nessuno.»
«Abbiamo
bisogno di risposte, signore» sentenziò la
Romanoff.
«E
quelle risposte le possiede solo lui.» Sulla conclusione
scontata ma purtroppo corretta di Clint, anche Nick tacque.
Fu un lungo
minuto, forse qualche secondo in più, qualcuno in meno.
Poi il
sibilo dell'auricolare di Nick.
«Dimmi...
D'accordo, portala nel mio ufficio.»
Tony
scambiò uno sguardo con Bruce nel mentre che Nick
raggiungeva la porta.
«La
Foster ha delle novità e se siamo fortunati saranno anche
positive.»
«Che
genere di novità?» chiese Bruce ma Nick, al
solito, non rispose.
«Il
monito è sempre valido: prima che ritorni, nessuno metta
piede in quella stanza. Ho telecamere puntate in ogni angolo del
corridoio e anche una decina di agenti di guardia, se per caso a
qualcuno venisse la brillante idea di insinuarsi nei nostri sistemi di
videosorveglianza e metterli fuori uso.»
Tony
alzò la mano. «Ehm, vorrei ricordarti che l'unico
con tale hobby è attualmente il protagonista della nuova
puntata di “Non sapevo di essere umano”.»
Solo Clint
sorrise.
«Stark,
non mi riferivo a Loki.»
Sì, lo sapevo.
«Oh,
allora come non detto.» Fece una smorfia di finto imbarazzo e
aspettò che il direttore uscisse.
Quando la
porta si chiuse gli parve che le spalle di Cap si abbassassero come se
avesse trattenuto il fiato fino a quel momento, conoscendolo non era
qualcosa di così troppo lontano dalla realtà.
«Jane
non sa nulla...» sospirò Thor ma ci
pensò Bruce a tranquillizzarlo.
«Fury
non le dirà nulla in ogni caso. Vorrà sapere cosa
ha scoperto e poi agirà di conseguenza. È chiaro
che deve sapere, ma cerchiamo prima di inquadrare la
situazione.»
Thor
assentì con il capo e un nuovo silenziò invase la
stanza.
*
Linn era
rimasta seduta su quella panca per un tempo che non aveva contato.
Steve aveva detto che doveva attendere lì. Lady Sigyn aveva
evitato di dirle una qualsiasi parola e fu a quel punto che la voce di
Natasha era risuonata nella sua testa.
Esserle
amica.
Ma come
poteva se era così palpabile la distanza che stava mettendo
fra di loro?
Era a causa
del principe Loki? A causa di ciò che stava succedendo in
quella stanza in cui le era stato vietato l'accesso?
Come poteva
chiedere se non aveva modo di parlarle?
Il soldato
a cui era stata affidata la guardava dall'alto al basso, nonostante le
lenti scure dietro cui si riparava, Linn percepì i suoi
occhi su di lei in più di un'occasione.
Voleva solo
sapere cosa stava accadendo, voleva semplicemente sapere.
Sapere di
Steve, sapere di Lady Sigyn, sapere delle condizioni in cui versava il
suo principe.
Umano,
privo di poteri, privo del suo seiðr.
«Posso
cortesemente chiedere notizie sul principe Loki?»
Era stata
educata, aveva usato un tono basso e appena accennato eppure aveva
ricevuto come risposta una risata di sfregio.
«Principe?»
Le fece il verso l'uomo e di istinto abbassò lo sguardo
sulle sue mani poggiate sulle ginocchia. «Sta bene, il tuo
principe, non preoccuparti. Per nostra sfortuna quello ha il brutto
vizio di non crepare mai.»
Un brivido
le aveva attraversato la pelle e il suo respiro era diventato
affannoso. Tentò di regolarizzarlo ma udì ancora
il soldato ridere e chiuse le palpebre.
Steve aveva
ragione, Midgard aveva subito gravi perdite per mano sua e quindi era
naturale che non ci fosse alcun sentimento magnanimo e gentile per lui,
eppure fu impossibile ignorare la fitta al petto nell'udire ancora
parole di scherno e cattiveria nei suoi confronti.
«Lo
sai? Cinque dei miei compagni sono morti sotto le macerie di Midtown
tre anni fa, altri sono morti carbonizzati da qualsiasi stregoneria sia
capace di fare. Dodici erano a Chicago quando il tuo principe ha
stretto alleanza con quel pazzo di Doom, e due ore fa altri sette
uomini sono finiti dritti in ospedale per colpa sua! Risparmiami
domande sulla sua salute perché deve soltanto ringraziare
che nessuno sia entrato in quella stanza a staccargli la morfina per
fargli provare una per una tutte le ferite che ha inflitto a ognuno di
loro!»
«Io
non volevo-»
«Non
volevi cosa? Non volevi dire che la vita di quel bastardo vale
più di quella di qualsiasi altro uomo?»
Strinse
forte le dita e non riuscì a sollevare il capo per guardarlo
nonostante tutta la sua rabbia l'aveva investita come una tormenta
affilata.
«Mi
dispiace...»
«Ascoltami
bene, ragazzina.» Se l'era ritrovato inginocchiato di fronte,
non aveva più lenti nere e ora i suoi occhi castani erano
dritti nei suoi e dentro vi trovò annegato un denso rancore.
«Non so cosa farmene delle tue scuse, chiaro? Non so neanche
che diavolo ci fai qui. Dovresti startene nel tuo mondo insieme a tutti
i mostri che avete mandato da noi. Tu e quell'altro genio con il
martello, visto che è colpa sua se tutta questa storia ha
avuto inizio.»
«Il
principe Thor non ha colpe per le azioni compiute da altri.»
Lo difese sentendo la rabbia convogliare anche nelle sue vene.
L'uomo la
guardò a lungo e sorrise con sdegno per poi alzarsi. Lei
stavolta lasciò che i suoi occhi seguissero quel viso.
«Oh,
sì che ha colpa, perché sarebbe bastato uccidere
Loki quando ne ha avuto occasione e nessuno si sarebbe fatto
male.»
Strinse la
mascella ricacciando indietro le lacrime.
L'uomo
indossò ancora le sue lenti nere. «Ma stai serena,
forse è arrivato finalmente il momento che qualcuno stacchi
la testa dal collo di quell'animale.»
Quanto
odio, quanta rabbia, quanto rancore...
Fu troppo
da sopportare. Linn non sentiva più neanche il battito del
suo cuore, era solo un martellare furioso fin dentro le tempie e fu
solo perché udì una nuova voce che non
scappò da lì all'istante.
«Che
sta succedendo?» Era la sua voce, la voce di Steve.
«Nulla,
capitano.»
Quando lo
guardò capì che Steve aveva compreso il suo stato
d'animo e così fu glaciale l'occhiata che lasciò
al soldato.
«Cosa
le hai fatto?»
«Nulla.»
Steve
osservò a lungo il volto dell'uomo e poi lo
congedò.
«Torna
al tuo reparto, qui resto io.»
«Sissignore.»
Il soldato fece un cenno con il capo e andò via senza dire
più niente.
A quel
punto Linn nascose il viso fra le mani, così fu
più facile ingoiare ogni lacrima e non lasciare che le
bagnassero il suo viso. Basta piangere, aveva detto Natasha e lei
sapeva che era ciò che avrebbe dovuto fare.
Basta piangere.
«Ti
ha fatto qualcosa?»
Spostò
i palmi incrociando i suoi occhi, belli e caldi nonostante il cielo
azzurro che li tingeva.
Scosse il
capo e sorrise. «No» mentì e Steve parve
crederle.
«Non
è stata una giornata tranquilla per nessuno»
sospirò e lei assentì.
Era in
ginocchio davanti a lei, i suoi capelli avevano assunto una leggera
ondulatura ed erano ancora umidi sebbene avesse cambiato la maglia e i
pantaloni.
Linn
provò l'istinto di sfiorarli, di far scorrere le dita fra il
suo biondo e sentirne il profumo.
Ancora
poteva avvertire la sua mano che stringeva forte e rassicurante la sua.
Le sue braccia che l'avvolgevano per proteggerla.
La sua
carezza sul viso per assicurassi che stesse bene.
«Dovresti
riposarti.»
Sorrise
ancora. «Non credo di aver fatto altro dacché sono
qui... Riposare e asciugarmi.»
E il
sorriso di Steve era più dolce di ogni nuvola rosa che
potesse assaggiare.
«Steve...»
Sentì
le dita tremare e il cuore battere forte.
«Cosa
c'è?»
Sollevò
piano la mano e gli sfiorò il viso.
Vide la sua
gola sussultare e gli occhi velarsi di incertezza.
Poi
sfiorò finalmente i suoi capelli umidi e morbidi e le labbra
di Steve smisero lentamente di sorridere.
«Linn...»
Il suo nome
non le era mai sembrato più bello.
«Grazie»
sospirò.
«Per
cosa?»
Non sapeva
cosa stava facendo, sapeva solo che voleva farlo, che aveva bisogno di
farlo.
Si sporse
in avanti e lo baciò, con le palpebre chiuse e le labbra
tremanti, con un'innocenza che non aveva più ma che le parve
di ritrovare contro la sua bocca.
Un bacio
innocente come non ne aveva più dati a nessuno, come non ne
aveva più neanche il ricordo.
Quando
riaprì le palpebre gli occhi di Steve erano di un azzurro
quasi più intenso. Il suo viso arrossato e le labbra ancora
vicine alle sue.
«Per
tutto, Steve...» Gli sorrise. «Grazie per
tutto.»
*
«Ne
è sicura?»
«Più
che sicura. Dall'osservatorio astronomico di Houston hanno rilevato una
pioggia di meteoriti nella zona della Louisiana e da Mosca arrivano le
medesime rilevazioni. Guardi.»
Nick si
ritrovò qualche foglio svolazzare sotto al naso e lo
studiò velocemente, ma le carte avevano poco valore quando
non ne capivi il contenuto. Ciò che importava era che la
dottoressa Foster ne fosse sicura.
«Mi
sta dicendo che siamo prossimi all'ennesima catastrofe cosmica?
È questo, dottoressa?»
Strano come
una donna così minuta potesse guardarlo con un tale sguardo
irritato.
Nick doveva
darle atto che aveva del temperamento.
«Sto
dicendo che dopo giorni di silenzio lo spazio è tornato a
parlarci. Il che vuol dire solo una cosa.»
Ah ecco,
adesso l'aveva capito. Con tutto il casino che quelle teste calde
avevano combinato il suo acume aveva subito qualche botta d'arresto. Si
sarebbe ripreso molto presto.
Strappò
dalle mani della donna le carte e le lesse velocemente.
«La
barriera di Loki» borbottò restituendogliele.
La
dottoressa assentì con fermezza.
«Di
certo nelle prossime ore avremo altre comunicazioni come questa, il che
vuol dire che non c'è più alcuna barriera
mistica, almeno per il momento. Non so perché, a dire il
vero, ma ciò che conta è che adesso possiamo
metterci in contatto con Asgard. Thor può tornare nel suo
mondo e chiedere aiuto.»
Troppo
ottimismo... che brutta abitudine.
Nick
sospirò riflettendo bene sulla questione.
La
dottoressa Foster lo guardava aspettandosi forse un salto di gioia o un
abbraccio di ringraziamento.
Sì, come no...
«Non
so per quanto durerà, perciò, direttore, sarebbe
meglio informare subito Thor e Bruce, e tutti gli altri! Non
c'è tempo da perdere!»
«Si
calmi, dottoressa. Ho capito, ma non possiamo muoverci in questo
momento.»
E lui non
aveva tempo per stare a sorbirsi il suo sguardo confuso con quegli
occhioni nocciola.
«Perché?
Che sta succedendo? Perché qui nessuno mi dice
niente?»
«Agente
Stumber?» Si rivolse all'agente al fianco della donna.
«Accompagna la dottoressa nella sala al dodicesimo piano e
lascia che informi i Vendicatori di quanto sta accadendo, e assicurati
che loro informino lei.»
«Sissignore.»
«Aspetti!
Informarmi su cosa?»
«Chieda
al suo fidanzato.»
Si
avviò verso l'ascensore deciso a chiarire una volta per
tutte quella situazione.
E pensare
che un tempo aveva creduto che dirigere lo S.H.I.E.L.D. sarebbe stato
interessante.
Nick, sei un coglione!
Aspettò
che la discesa finisse e si diresse verso il reparto di infermeria.
Stavolta si
sarebbe tolto la soddisfazione.
*
Ammettere
con Natasha ciò che era accaduto a quel tempo pensava fosse
stata la cosa più difficile, poi aveva visto Loki su quella
barella, e poi aveva saputo di Styrkárr.
Sigyn
credeva realmente di non poter affrontare nulla di peggio.
Ma Bruce
aveva riportato quella nuova verità: Loki era umano, il che
voleva dire che non aveva più alcun potere per sistemare le
cose.
Per sistema cosa? Il mio
corpo? Il mio cuore?
Questo sentimento
così sbagliato e folle?
Come poteva
ancora restare in quella stanza con loro senza crollare, non sapeva
come fosse possibile.
Come poteva
non sfondare la porta e raggiungere Loki senza necessitare di alcun
permesso, era ancora più assurdo.
Quando Jane
entrò da quella porta con un enorme sorriso sulle labbra,
Sigyn capì.
Aveva
paura, una spasmodica e incontrollabile paura.
Paura di
dire qualsiasi cosa, di fare qualsiasi cosa, di udire qualsiasi parola.
Paura della
verità che ne sarebbe venuta fuori.
Paura
semplicemente di scoprire chi fosse realmente.
Steve
entrò nella stanza, con lui c'era anche Linn.
Non
riusciva neanche a guardarla, non dopo ciò che era accaduto,
non dopo aver saputo con quanto fervore aveva chiesto a Steve di
salvare Loki, con quanta abnegazione gli era rimasta accanto e lo aveva
medicato e poi accompagnato fin lì.
Non sapeva
dirle grazie,
perché se l'avesse fatto avrebbe spezzato la maschera che
stava indossando sul viso e sul cuore.
Linn la
guardò e le sorrise e Sigyn scostò lo sguardo con
codardia.
«La
barriera di Loki è sparita? Ne sei certa?»
«Non
ho la sicurezza matematica, ma deve essere così, Bruce. Deve
essere così.»
E poi anche
Jane aveva sorriso e tutto ciò che Sigyn era riuscita a fare
fu uscire da quella stanza senza voltarsi.
Qualcuno
chiamò il suo nome.
«Thor?»
Il nome
sbagliato.
*
Aveva
studiato tanto per trovare una soluzione, aveva sbattuto la testa su
quelle carte perché sapeva di essere utile, aveva ignorato
il mal di testa e il bruciore agli occhi perché Thor aveva
bisogno che lei scoprisse cosa stava accadendo.
Jane aveva
fatto tutto solo ed esclusivamente per lui.
«Cosa
significa...?»
E il mondo
le era crollato addosso ancora una volta.
«Jane,
lo so che sembra una cosa assurda, ma è ciò che
ha fatto Loki.»
Fu
costretta a sedersi e lasciò che Bruce le si accomodasse
accanto.
«Non
è Thor...» sibilò ancora incredula.
«Certo
che è Thor.»
Sul volto
di Bruce non trovava rassicurazione però, nella sua voce non
riusciva a sentire il calore.
Era
svuotata da ogni sensibilità. Era svuotata da ogni emozione.
Era vuota.
«Non
è Thor...»
E lei lo
aveva capito da subito.
*
Tony si
avvicinò all'orecchio di Clint con riservatezza.
«Senti,
Barton, io me la squaglio.»
«Dove
credi di andare?» lo rimproverò quest'ultimo con
un bisbiglio. «Già è sparito Thor, e
Fury sarà qui a momenti.»
Ma la
tragedia che si stava consumando di fronte a lui portò Tony
a varcare quella soglia prima con il pensiero e poi con le gambe.
«Coprimi.»
Alla fine
non servì.
Tutti si
accorsero della sua uscita e la verità fu che non
importò niente a nessuno.
Il dramma
emotivo della dottoressa Foster sembrava di certo una questione
più importante.
Per fortuna.
*
Gli stavano
bucando un altro braccio, questa volta il sinistro.
Un altro
lungo ago stava perforando la sua pelle prima e la sua vena dopo ed era
fastidioso.
Dolore...
sì, c'era anche quello e attraversava quasi tutto il suo
corpo, soprattutto l'addome.
Di tanto in
tanto lo sentiva scemare e poi aumentare ancora. Poi tornare a
diminuire.
Osservò
i medici che controllavano le loro carte e poi i macchinari accanto al
suo letto.
Sorrise
divertito.
Gli avevano
salvato la vita e ora lo stavano curando.
Avrebbe
riso e avrebbe riso forte se solo ne avesse avuto la forza.
Sul fondo
della camera le due guardie erano cambiate sebbene sembrassero tutte
uguali per abiti e maniere.
Lo avevano
minacciato, lo aveva insultato e avevano cercato di spaventarlo.
Loki
avrebbe solo voluto ridere ogni singola volta.
«Quanto
dolore senti?» Gli chiese un uomo con il camice bianco,
occhiali sul naso e pochi capelli ai lati della testa.
«Da
uno a dieci?... Direi sette» rispose con beffa ma l'uomo non
si curò della sua ironia e a Loki piacque quella reazione.
I medici di
Midgard erano di certo più temprati dei suoi difensori, a
cui bastava una parola detta con la giusta intenzione per infiammarli
come cerini.
«Fra
un'ora verranno a cambiarti la medicazione.»
Appuntò qualcosa sui suoi fogli e lo guardò con
gelido distacco. «Non fare movimenti bruschi.»
Loki
sorrise. «Tenterò.»
Il medico
uscì e lui tornò di nuovo sotto lo sguardo delle
due guardie.
Il suo
piano aveva dovuto subire una piccolo cambio ma non aveva importanza.
Aveva sempre un asso nella manica e il gioco di Amora non sarebbe
andato che a suo favore.
Non aveva
neanche iniziato a sentire le ennesime minacce di morte, tortura o
altre poco fantasiose intimidazioni che la porta si era aperta
nuovamente.
Stavolta
non era nessun medico, stavolta era un volto che conosceva bene.
«La
mia prima visita... quale onore che sia tu in persona, direttore
Fury.»
«Fuori.»
Al comando dell'uomo i due agenti abbandonarono la stanza.
Pochi passi
e gli era accanto.
«Vuoi
soffocarmi con un cuscino? Perché è stata la
prima idea dei tuoi uomini e, detto fra noi, non è molto
originale.»
Fury
sorrise con la sua solita aria che avrebbe voluto essere terrificante e
invece era poco più che divertente. Loki stirò
semplicemente le labbra.
«Lo
sai? Abbiamo dovuto scomodare un genio come Richards per costruire
quelle catene che hai mandato in frantumi all'istante e adesso...
guardati.» Il sorriso di Fury si allargò.
«Obbligato in un letto d'ospedale con delle semplici manette
di caro vecchio acciaio.»
«Non
per merito tuo, Nick. Gustati il risultato ma non prendertene
l'onore.»
«Giusto.
Sono stati i tuoi amici a farti questo bel regalo: una ferita niente
male, la perdita dei tuoi poteri... Per non parlare dell'imbarazzo per
l'ennesimo fallimento.»
Provò
a ridere sebbene sentisse il petto ardere. Cercò di mitigare
ogni smorfia di dolore.
«I
miei amici... devono dire anche grazie a te per la loro riuscita. Non
è stato facile trovare la sfera ma tu, caro il mio Nick, hai
saputo tenerla al sicuro adeguatamente.» Ingoiò
una fitta all'addome e continuò a sorridere. «A me
è bastato prenderla.»
Il sorriso
di Nick però sparì in fretta e il suo viso si
fece più vicino.
«Non
so quali siano i tuoi piani, pazzo squilibrato, né quale
siano quelli dei tuoi due compari, ma ascoltami bene.» La
mano si poggiò sul lenzuolo in corrispondenza della sua
ferita e sentì la pressione premere contro di essa.
Strinse i
denti e trattene ogni gemito di dolore.
«Thor
vuole riavere il suo martello e io voglio riavere Thor,
perciò, prima che questa ferita sia solo l'inizio di una
lunga serie, farai meglio a parlare e a dirci dove possiamo trovare
quei due, altrimenti non basterà tutta la morfina degli
Stati Uniti per evitarti il dolore che ti infliggerò con le
mie stesse mani.»
Trattenne
il respiro finché Fury non rallentò la pressione.
Il dolore
era insopportabile.
Odiava
quella nuova condizione, odiava quella fastidiosa debolezza.
«Se
anche ti dicessi dove sono, non potresti raggiungerli.»
Lo
udì ridere con soddisfazione.
«Forse
non hai ricevuto le ultime notizie ma pare che la tua bella barriera
sia evaporata, immagino sia stato per via del tuo incidente con
l'immortalità. In ogni caso non abbiamo problemi di
trasporto, per cui, pensa a parlare e noi penseremo ai
passaporti.»
Nick si
avviò alla porta e lo osservò un'ultima volta con
superbia.
«Ti
lascio riposare. La notte porta consiglio.»
Quando si
chiuse la porta alle spalle Loki non riuscì a negarsi
l'ennesima risata e quel dolore poteva anche sopportarlo con piacere.
La barriera
si era infranta.
Perfetto.
Aveva
soltanto bisogno di avere una conferma.
E adesso
poteva agire di conseguenza.
*
Linn
attraversò il corridoio e svoltò a destra. Pareti
bianche, uomini vestiti del medesimo colore.
Tornò
indietro e imboccò la svolta opposta.
Il suo
cuore sussultò quando scorse Lady Sigyn seduta su una sedia
con le mani fra i capelli.
Quando
l'aveva vista uscire dalla stanza senza dire nulla aveva provato
l'istinto di seguirla ma poi aveva udito Jane chiedere spiegazioni e
Bruce dargliele, e quelle spiegazioni le avevano azzerato il respiro.
Linn
conosceva di quali poteri fosse in possesso l'Incantatrice
così come conosceva quelli del principe Loki eppure non
credeva possibile potessero giungere a tanto.
Il suo
principe e la sua signora erano due entità diverse.
L'una era
lì con loro, l'altra era stesa dormiente in un letto lontano.
Il principe
Thor e Lady Sigyn non erano più la stessa persona.
“È il suo cuore, il
cuore di Thor. È sempre lui” ribadiva
convinto Bruce e la midgardiana lo guardava con il viso di chi vorrebbe
credere a quelle parole. Forse lo credeva, forse cercava di crederlo.
Linn no,
Linn non credeva che Thor e Sigyn fossero la medesima persona, non
adesso, non dopo ciò che aveva appena udito.
“Va' da lei.”
Era stata Natasha a ordinarglielo... Non a ordinarglielo, a
chiederglielo.
Aveva
annuito e aveva lasciato la stanza.
Steve non
le aveva chiesto nulla e l'aveva guardata allontanarsi.
Linn
l'aveva cercata in quei corridoi luminosi tutti uguali
finché non l'aveva trovata.
«Lady
Sigyn...»
La vide
alzare il capo e guardarla.
«Linn...
che ci fai qui?»
«Vi
cercavo» rispose sedendosi accanto a lei. «Ero
preoccupata.»
«Non
serviva. Sto bene.»
I suoi
occhi lucidi, il viso stanco, i capelli in disordine, l'inquietudine a
piegare le sue labbra.
«No,
non state bene, mia signora.»
Lady Sigyn
la osservò in silenzio e non disse nulla. Abbassò
lo sguardo e lasciò andare un sospiro.
«Come
puoi essermi seduta accanto e guardarmi così quando sai la
verità , Linn?» Di nuovo il viso coperto da una
mano. «Come puoi ignorare la vergogna che mi copre come una
seconda pelle?»
«Io
non ignoro nulla, Lady Sigyn, per il semplice motivo che non vi
è alcuna vergogna in voi.»
Non le
aveva mai parlato così, con tale libertà e con
tale sincerità, forse. E Lady Sigyn pensò lo
stesso perché la guardò con sguardo dolce e perso
allo stesso momento.
«Era
mio fratello... è mio fratello...»
Le prese la
mano e la strinse. Le sorrise e scosse il capo.
«Che
importanza può avere?»
Il sorriso
che si dipinse sul viso della sua signora raccontava invece di una
sofferenza che non aveva forse neanche più una
dignità, neanche più un margine di guarigione.
«Ha
importanza, invece. Per Asgard, per me... per Loki.»
Strinse
forte le dita attorno alla sua mano.
«No,
mia signora, non ne ha mai avuta. Non per il principe Loki.»
«Linn...»
«Ascoltatemi,
io ho vissuto a palazzo per tutta la mia vita, sono nata e cresciuta
sotto l'oro della vostra casa e mai vidi giorni più paghi di
quelli in cui conobbi voi.»
I suoi
occhi azzurri sembrarono inumidirsi e così fecero i propri.
«Mai
ho visto il principe Loki più felice come quando era in
vostra compagnia... mai.» Linn sorrise ancora.
«Come poteva essere sbagliato? Come può esserlo?
Quale vergogna può esistere nel vivere un sentimento che
rende vivi e pieni?»
Lady Sigyn
strinse gli occhi e Linn scorse una sola piccola lacrima abbandonarli.
«Non
era una vergogna allora, non lo è adesso, mia signora.
Adesso che voi siete davvero Sigyn.»
Le palpebre
si aprirono e lasciarono andare altre lucciole di sale.
«Io...
io sono solo il risultato di una magia... Loki ha dimenticato quel
tempo così come ho fatto io, Linn. Non c'è
più Sigyn... non più...»
Quando le
sue lacrime aumentarono Linn strinse ancora le sue mani con coraggio e
affetto.
Essere
un'amica. Essere qualcuno che poteva comprendere quell'amore sbagliato.
«Non
siete mai andata via dal cuore del principe Loki come non avete mai
abbandonato il mio.»
Era un
pianto muto, il suo, un pianto che raccontava di tanti altri affogati
nel silenzio. I pianti muti di un principe d'oro più fragile
di quello che avrebbe creduto, di quello che aveva voluto credere.
«Potete
ancora chiedere a quel cuore. Il principe non vi negherà
risposte.»
«Ci
sono risposte che possono uccidere più di una
spada...» Le udì sospirare mentre la guardava con
il viso umido e arrossato.
Linn
portò via con delicatezza quelle lacrime dalle sue guance.
Le scostò i capelli dal viso e le sorrise ancora.
«Avete
ragione, ci sono risposte e verità che possono ferire, ma
non c'è male peggiore di quello che può partorire
il silenzio e la negazione.»
Le
accarezzò ancora il viso e le baciò le mani con
tenerezza.
«Non
abbiate paura. Non di lui...»
«Gli
errori che ha commesso Loki portano anche il mio nome.»
«È
vero, ma se ha sbagliato per voi, rimedierà per
voi.»
Le lacrime
erano sfumate eppure non un briciolo di quel dolore aveva abbandonato i
suoi occhi.
«Esiste
davvero rimedio, mia Linn?... Io non lo credo, non lo credo
più.»
«C'è
sempre speranza... Sempre.» Quelle parole sembrarono
accendere qualcosa nel suo viso, nel suo cuore.
Linn
sentì Lady Sigyn stringere a sua volta forte le sue mani.
«C'è sempre speranza...»
Assentì.
«Sempre e per chiunque.»
Ancora una
lacrima abbandonò i suoi occhi eppure stavolta le sue labbra
sorrisero.
*
Tony
lasciò andare un sospiro mentre poggiava le spalle contro la
parete.
Stava
cercando il modo di aggirare la squadra di sorveglianza posta davanti
le stanze di Loki ed era finito invece per incrociare i passi di Linn.
L'aveva
seguita.
Dietro
quell'angolo aveva finalmente udito le risposte che gli erano state
negate fino a quel momento.
Quelle
risposte pesavano come un badile di scorie radioattive ed erano
altrettanto pericolose.
Loki e Thor
avevano giocato a fare i Lannister[1] e la cosa
era inquietate e anche parecchio disturbante, soprattutto
perché fra i due, a conti fatti, era Thor quello con la
coscienza più lorda.
Loki si era
trovato davanti un metro e ottanta di bionda, con due belle tette e gli
occhi da cerbiatta. Ok, ci stava. Con una sorella così anche
Tony avrebbe rischiato di cadere in tentazione, ma Thor...
Dannazione, Thor!
Si
passò una mano sul viso.
Tuo fratello, Point Break! Ma
come ti è saltato in mente di scopartelo?
Sapeva bene
non era una domanda che avrebbe mai potuto fare.
Linn e
Sigyn - ormai doveva considerarla un'altra persona altrimenti avrebbe
rischiato di farsi venire la nausea ogni volta che la chiamava Thor -
stavano ancora parlando. Linn le stava dicendo qualche altra frase
fatta sull'universalità dei sentimenti, sul non avere timore
e altri inutili blateramenti asgardiani.
Sigyn
l'ascoltava annuendo e di tanto in tanto accennava a un sorriso.
Tony
guardò le sue labbra piegarsi senza riuscire a non pensare a
Loki che le baciava.
Brivido
raccapricciante.
Fra tanti
asgardiani con cui poteva provare le gioie dell'essere donna, ma
proprio con quell'egocentrico psicolabile pallido doveva finire a
letto?!
No, tutta
quella storia l'avrebbe decisamente fatto impazzire.
Cercò
di concentrarsi su altro, cercò di immaginarsi la faccia di
Bruce all'udire di quella notizia. Non che volesse andarsene in giro a
spettegolare, ma Bruce era Bruce. Doveva sapere, doveva dirgli che
Sherlock aveva avuto conferma delle sue ipotesi incestuose.
In
verità aveva creduto che Loki avesse avuto un debole per le
grazie di sua sorella, ma non credeva che poi sua sorella gliele avesse
concesse allegramente...
In realtà non sono
davvero fratelli, giusto?
Vallo a
raccontare alla nausea che gli stava inacidendo lo stomaco.
Uno scotch,
ecco cosa ci voleva.
Sentì
il sibilo nel suo auricolare e si allontanò di qualche passo
per non farsi udire.
«Stark?»
Era Nick.
Probabilmente
aveva scoperto della sua evasione e voleva fargli il cazziatone.
«Non
ora, Nick. Sono al gabinetto» rispose stancamente.
«Allora sbrigati a scrollarlo
perché ho bisogno di te.»
«Hanno
rapito di nuovo il Presidente?» Ma dov'era Rhodey quando
serviva?[2]
«Non dire scemenze. Voglio che tu
parli con Loki.»
Forse aveva
capito male.
«Io?»
«Sì, tu.»
«Hai
già abbandonato la strada di Torquemada, Nick? Te l'avevo
detto che la tortura è fuori moda ormai.»
«Personalmente la reputo un
evergreen, e comunque ho bisogno che tu gli faccia saltare i nervi.»
«E
cosa ti fa credere che sia io la persona giusta?»
«...»
Sorrise con
una certa soddisfazione.
«Ok.
Ma di' ai tuoi uomini di non spararmi addosso. Chiaro? Sono
disarmato.»
«Sono stati avvisati. Sbrigati.»
«Ehi,
Nick?» Lo chiamò prima che interrompesse la
chiamata.
«Parla in fretta, Stark.»
Si
voltò di spalle verso il muro che celava Linn e Sigyn.
«Niente...»
Lo
udì borbottare dall'altra parte prima che la connessione
cadesse.
Non poteva
dirlo a Nick, come minimo avrebbe voluto la testa di Thor su un piatto
e avrebbe tagliato altro
a Loki. Non che la seconda gli potesse poi importare molto, anzi, era
una scelta punitiva che aveva un suo fascino dantesco.
Controllò
l'ora. Aveva saltato la cena anche quella volta e Pepper aveva anche
evitato di chiamarlo.
Voleva solo
accoccolarsi fra le sue braccia e chiederle di cacciare via tutti i
brutti pensieri.
Lei gli
avrebbe dato per l'ennesima volta del bambino ma lo avrebbe
accontentato.
«Jarvis?»
Dopo, dopo
lo avrebbe di certo fatto.
«Signore?»
«La
camera di Loki è video sorvegliata, dico bene?»
«È corretto. Ci sono
quattro telecamere e microfoni nella medesima quantità.»
Come aveva
immaginato.
«Vuole che attivi il protocollo H?»
Sorrise
mentre si avviava verso il corridoio.
«Mi
leggi nel pensiero, Jarvis.»
«Ogni qualvolta mi pone questa
domanda, in caso di esito positivo, mi chiede di attivare il protocollo
H.»
«Sono
così scontato?»
Girò
l'angolo e vide subito gli agenti sparsi su ogni lato del corridoio.
«È solo il risultato
di un algoritmo, signore.»
Erano otto
uomini tutti armati e con poca voglia di sorridere.
«Hai
attivato il protocollo?» chiese sistemandosi il colletto
della camicia.
«Operazione eseguita con successo.»
«Bene.»
Almeno avrebbe evitato di dover parlare per metafore.
*
Jane si
torturò le dita delle mani senza neanche accorgersene, solo
quando le unghie graffiarono troppo forte la pelle e vide piccole gocce
di sangue, se ne rese conto.
Dov'era
Thor?
Dov'era
questo luogo dove se ne stava steso su un letto privo di sensi?
Come poteva
anche solo respirare pensandolo in quella situazione?
Bruce le
aveva portato un bicchiere d'acqua, Natasha le aveva detto che stavano
facendo il possibile, Clint asseriva che ormai che avevano Loki era
solo questione di tempo prima di avere risposte e soluzioni.
Steve non
aveva detto nulla.
Jane aveva
cercato i suoi occhi e aveva trovato gli stessi timori. Ma Steve era un
soldato leggendario ed era capace di celarli, lei era solo una donna
innamorata e la sua paura distruggeva anche la patina di raziocinio che
le dava un dottorato in astrofisica.
Guardò
la porta aprirsi e Linn entrare. Guardò il viso della donna
al suo fianco, il viso di Sigyn.
Trattenne
le lacrime solo perché non ci sarebbe stato lui a lavarle
via con una carezza, non ci sarebbe stato lui a stringerla e a
sussurrarle di non tremare.
«Jane...»
Un nodo
spigoloso le scese in gola.
«Noi
raggiungiamo Fury.» Natasha parlò ancora ma lei
aveva lo sguardo fisso in quello azzurro a pochi metri.
Con la
Romanoff anche Clint lasciò la stanza e poi fu il turno di
Steve.
Linn
seguì il capitano non prima di averla guardata con una
strana tristezza che non aveva tempo né forza di spiegarsi.
Bruce fu
l'ultimo ad andare via, fu l'unico che però le sorrise.
La porta si
chiuse e in quella stanza Jane avrebbe solo voluto che quegli occhi
azzurri appartenessero a Thor.
*
Entrò
lentamente nella stanza e subito si ritrovò la canna di una
pistola contro la tempia.
Alzò
entrambe le mani con un sorriso.
«Calma,
ragazzi. Mi manda papà Fury.» Gli occhi saettarono
al letto al centro e al viso assopito che vi giaceva.
«Hai
cinque minuti, Stark. Sono questi gli ordini.» Gli
intimò l'agente alla sua destra.
«Basteranno.»
Abbassò
le mani e aspettò che i due uscissero.
Nick doveva
confidare molto nelle sue videocamere altrimenti non gli avrebbe
lasciato quella libertà. Nick era un po' troppo ingenuo per
essere a capo di un'agenzia di intelligence che aveva la pretesa di
difendere il mondo da minacce terrestri e aliene.
O forse era
Tony a essere un po' troppo stronzo per lavorarci - anzi, per farvi
beneficienza, dal momento che nessuno gli passava un verdone.
Guardò
la stanza bianca e sterile e i macchianti accanto al letto.
Loki
dormiva.
Le braccia
nude stese sul lenzuolo e l'ago di una flebo nel braccio destro. Le
manette che legavano i polsi alle sbarre d'acciaio laterali.
Bruce gli
aveva detto della sua ferita all'addome, ma non ci teneva proprio a
scostare il lenzuolo per sincerarsene.
Si
avvicinò con passi tranquilli osservando le telecamere
all'angolo che stavano riprendendo la scena ma che, chissà
per quale motivo, avrebbero avuto qualche problemino sia d'audio che di
video.
Sapeva che
Nick non avrebbe apprezzato la sua idea di insinuarsi per l'ennesima
volta nei suoi sistemi, ma poteva sempre dare la colpa a Loki. Si
poteva sempre dare la colpa a Loki un po' per tutto.
Quando
raggiunse il letto guardò il viso pallido e il taglio sulla
fronte. Il labbro spaccato e i lividi sulle spalle.
Lo avevano
mazzolato per bene.
Sollevò
un angolo della bocca e gli schiaffeggiò una guancia un paio
di volte.
«Ehi,
Gray's Anatomy, svegliati» sospirò schiaffeggiando
leggermente anche l'altra.
Ci fu
dapprima un brontolio e poi uno sbattere infastidito di palpebre.
In
realtà pensava stesse fingendo di dormire. Doveva essersi
sbagliato.
Sembrava
essere messo abbastanza male, eppure rimaneva diffidente a ogni suo
comportamento. Quello lì ne sapeva sempre una più
del diavolo.
«Andiamo,
ho solo cinque minuti» brontolò incrociando le
braccia e aspettando che Loki lo mettesse a fuoco.
«Stark...»
«Mi
hai riconosciuto. Bene. Possiamo escludere danni alla corteccia
celebrale, anche se mi preoccupano più quelli di natura
psicologica.»
Un debole
sorriso gli piegò le labbra.
«Fury
vuole usare la tua compagnia per torturarmi?... Che uomo
sadico.»
Sospirò
allontanandosi di qualche passo e sedendosi su tavolo posto al lato
della stanza.
«Immaginavo
avresti preferito la compagnia di qualcun altro. Devi accontentarti.
Quando tenti di invadere un pianeta una decina di volte di solito le
persone non sono propense a darti quello che vuoi.»
Loki lo
ascoltava con il capo leggermente reclinato di lato.
Deglutì
un paio di volte mal celando una smorfia sofferente.
«Se
evitassi di morire nei prossimi minuti te ne sarei grato.»
Lo vide
sorridere e osservarlo con la solita arroganza.
Quanto
poteva essere insopportabile anche in quel momento?
«Sei
qui per chiedermi di Mjolnir?... Ti risparmio tempo: non ho idea di
dove sia.»
Arrogante e
scontato.
«Sbagliato!
Non sono qui per il martellone di tuo fratello - che detta
così suona anche ambiguo.»
Loki
sollevò un sopracciglio visibilmente diffidente e Tony
sapeva avrebbe avuto ben poco da fare il diffidente fra un po'.
Saltò
giù dal tavolo e prese a gironzolare per la stanza.
«Ambiguo!
Ecco, era proprio di questo che volevo parlare.»
Loki non
rispose. Dovette però intuire che voleva andare a parare da
qualche parte.
Loki era
irritante e fastidioso, ma mai uno stupido. Dannato lui...
«Falla
breve, Stark, vorrei dormire.»
«Sarò
una scheggia! Vorrei che rispondessi solo a due domande.»
Arrestò il suo vagare e lo fissò con finta
curiosità. «La prima: quanto devi essere messo
male per dover tramutare tuo fratello in una donna per poter scopare? E
due: che droga hai usato per convincerla?... Perché non
credo che qui sulla Terra ne esistano di così
forti.»
Loki lo
guardava senza lasciar trapelare nulla. Era bravo, su questo non poteva
dire nulla.
«Sei
qui per chiedermi consigli sulle donne, Stark? Non mi dirai che la
bella Virginia non è soddisfatta adeguatamente...
vero?»
Ghignò
scuotendo il capo.
«Ho
capito, non ne vuoi parlare. Beh, hai ragione. Hai assolutissimamente
ragione! Neanche a me andrebbe di parlare del modo in cui ho giocato al
dottore con mio fratello quando è diventato mia sorella,
però devi farlo perché, non so se l'hai notato,
ma qui sulla Terra ne abbiamo un po' le scatole piene di te e dei tuoi
trucchetti.» Non ci fu più spazio per i sorrisi e
le battute. Non c'era più spazio per niente che non fosse la
verità. Tony lo sapeva, Loki anche.
«O
mi dici ora i dove,
i perché
e i per come
senza tralasciare nulla, o vado dalla tua Sigyn e le faccio qualsiasi
domanda mi passi per la testa e credimi, ne ho alcune davvero
delicate.»
Loki non
aveva più sorrisi sul viso né arroganza nello
sguardo, eppure non mostrò un solo singolo tentennamento.
I polsi bloccati dalle manette
non si mossero di un centimetro, la gola non sussultò,
nessun fremito, nessuna piccola traccia di rabbia.
Solo il
semplice e apatico niente.
«Fa'
pure, Stark.»
Quella
risposta fece nascere un ringhio sulla sua lingua ma lo
inghiottì. Credeva avrebbe funzionato. Credeva che toccare
lei avrebbe portato a parlare lui.
«Falle
tutte le domande che ti passano per la testa. Chiedile di Amora, di
Styrkárr... di noi.» Un piccolo sorriso
piegò le labbra screpolate di Loki. «Chiedile
anche quante volta l'ho posseduta, forse ricorda il numero esatto... o
forse no. Sai, sono state un numero considerevole...»
Non credeva
davvero a quello che stava sentendo. In verità non voleva
sentire nulla di quella storia.
«Chiedile
di come gemeva il mio nome, di come mi supplicava di prenderla ancora e
ancora... Chiedile della facilità con cui ha allargato le
gambe alla prima occasione, e di come ha goduto nel farlo.»
Scosse il
capo disgustato e quel disgusto dovette trapelare dalla sua espressione
perché il ghigno inquietante sul viso di Loki si
accentuò.
«Vuoi
risposte, Stark?... Chiedile al tuo caro Thor.»
La porta si
aprì ma Tony non osservò i due agenti rientrare.
Gli occhi sul quel viso e su quell'espressione sprezzante che gli stava
rivoltando lo stomaco.
«Tempo
scaduto.»
Sorrise
ancora nauseato e lasciò quella stanza senza dire una parola.
*
Quando la
porta si chiuse alle spalle di Stark, le due guardie ripresero il loro
posto.
Loki
deglutì a vuoto e lasciò che il viso perdesse
ogni curva di sorriso, di falso e ingannevole sorriso.
Respirò
a fondo.
Sigyn...
Nella sua
mente disegnò ogni dettaglio del suo viso, l'azzurro dei
suoi occhi lo abbagliò.
Poi quegli
occhi divennero più infantili e splendevano su un viso
tondo.
“Fratello, sbrigati!”
Era Thor
che correva per le colline di Yord. Era Thor che gli tendeva la mano
per aiutarlo a salire. Era il sorriso di un bambino spavaldo eppure
dolce come nessun altro, che gli baciava la fronte prima di
addormentarsi al suo fianco, che gli giurava che lo avrebbe difeso da
ogni pericolo.
Era il
sorriso e gli occhi di un fratello che aveva amato più di
ogni altra cosa nella sua vita.
Sulle
colline di Yord, sotto l'arancio del tramonto, lui e Thor sospiravano
sogni di fanciulli, disegnavano futuri dorati da re e condottieri.
Erano solo
Loki e Thor.
Non era
più stato così.
Quel
fratello era morto secoli dietro, era molto fra le risate di Fandral e
gli scherni di Sif, era morto nelle battute di Volstagg e le occhiate
di Hogun. Era morto su ogni bocca che aveva baciato, nel gemito di ogni
donna che gli aveva scaldato prima il letto e poi il cuore.
Il Thor che
affermava ancora con fastidiosa convinzione di essere suo fratello era
solo l'ombra di un ricordo lontano.
E Loki
aveva smesso di cercare quell'ombra, aveva smesso di inseguirla.
Se quel
fratello era perduto, così non era stato per la donna che
aveva amato. L'unica, la sola.
Sua e di
nessun altro.
Thor è perduto.
Era sua la
voce che lo ribadiva forte.
Sigyn è mia.
Sollevò
le palpebre con un sospiro. «Che ore sono?»
«È
ora che chiudi quella bocca.»
Irritanti
midgardiani.
«Voglio
solo sapere quanto devo aspettare affinché queste dannate
luci si oscurino, cosicché possa dormire lontano dalla vista
fastidiosa delle vostre facce.»
La guardia
sulla destra fece qualche passo e raggiunse il letto.
«Di'
ancora una sola parola e ti pianto un proiettile in testa e allora
dormirai tutto il tempo che vuoi. Chiaro?»
Sorrise
divertito ma l'uomo tornò alla sua posizione senza cedere.
«Chiaro»
sospirò chiudendo nuovamente le palpebre.
Qualche
attimo dopo scese una tenue penombra che sebbene non potesse chiamare
buio, gli concesse comunque di tenere le palpebre aperte senza che i
due lo notassero.
Un solo
volto in quelle ombre, un solo nome fermo sulla punta della lingua.
***
Note:
[1] Lannister.
È ovviamente un riferimento all'opera letteraria
“Games
of Thrones” in cui i fratelli Cersei e Jaime hanno una
relazione di
natura incestuosa.
[2] Rhodey,
ovvero James Rhodes/War Machine,
amico di Tony. L'episodio del rapimento del Presidente è una
citazione
al film Iron Man 3.
NdA.
Loki diventa sempre più simpatico, tanto per citare Bruce.
Tony ha aperto il vaso di Pandora, la barriera è sparita,
Linn ci ha messo un po' di lingua e Jane sta per farmi causa.
Nel prossimo capitolo reazioni, azioni e inevitabili conseguenze.
^-*
Kiss kiss Chiara
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