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Autore: kiara_star    25/02/2014    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap15
L' ultima lacrima



XV.





Quando era giunta la comunicazione dall’osservatorio di Houston, Jane stava controllando l’ennesima catasta di dati apparentemente inutili, chiedendosi che fine avesse fatto Bruce e perché  nessuno in quel maledetto piano sembrasse conoscere la risposta.
Stava di certo accadendo qualcosa ed era più che pronta a chiedere spiegazioni se non avesse ricevuto per l'appunto quella comunicazione.
La rilesse più volte sentendo il cuore battere forte nel petto.
La stampò immediatamente precipitandosi fuori dal laboratorio.
«Dottoressa Foster, non può allontanarsi da questo reparto.» Fu praticamente fermata non appena aveva messo il piede fuori dalla porta.
«Devo trovare il dr. Banner!»
L'agente l'aveva afferrata per un polso impedendole di fare anche un passo e lei lo aveva guardato con sgomento.
«Devo parlare immediatamente con il dr. Banner! O lo portate qui o portate me da lui.»
«Ho l'ordine di non farle lasciare la struttura, dottoressa.»
Strattonò il polso per liberarsi dalla presa ma fu solo perché l'agente allentò la morsa delle sue dita che ci riuscì.
Strinse forte nel pugno la mail che aveva stampato e gliela piantò dritta davanti agli occhi.
«Il direttore Fury mi ha promesso la massima libertà di lavoro e adesso che ho delle comunicazioni importanti non posso neanche fare due metri senza essere arrestata?!»
«Non la sto arrestando.»
«Allora mi lasci andare dal direttore. Parlerò direttamente con lui.»
L'agente la studiò a lungo, Jane sapeva la stava letteralmente studiando. Stava mettendo in pratica quelle tecniche strane da superspie per capire se stavi mentendo o dicevi la verità. Per sua fortuna non ci volle molto per decidere.
«Va bene. L'accompagnerò personalmente dal direttore Fury.»
«Grazie.» Ma non c'era gratitudine nella sua voce, solo fastidio, e per capirlo non era necessario essere una superspia.
Lesse ancora i dati che aveva fra le mani mentre seguiva l'uomo attraverso il corridoio.
Qualunque cosa stesse facendo Bruce al momento aveva poca importanza adesso che finalmente aveva trovato qualcosa, e qualcosa di davvero significativo.
Si chiese se Thor fosse lì o se fosse ancora da Tony nella sua torre, insieme a quella ragazza.
Linn.
Era bella e dolce, e sembrava nata per essere una di quelle docili mogliettine che vivono per rendere felici il loro uomo. Ed era soltanto un'ancella.
Come poteva competere con un mondo dove perfino una semplice domestica era bella e raffinata come una principessa?
Sei solo il capriccio di questa vita. Si stancherà anche di te.
Le parole che Loki le sibilò in uno dei loro sempre spiacevoli incontri, erano risuonate più volte in quegli ultimi giorni, sebbene la sua eco non l'avesse mai davvero abbandonata.
Un capriccio.
Il capriccio di chi vive cento vite in una, di chi governa fulmini e tempeste, bello e perfetto come solo un dio può essere.
E altrettanto impossibile.
«Direttore? La dottoressa Foster ha delle novità che vuole comunicarle...» Aveva udito l'agente parlare attraverso il suo auricolare. Non sapeva cosa stesse rispondendo Fury ma vide l'uomo assentire con il capo. «Va bene, signore.» E poi tornò nel suo silenzio mentre le porte dell'ascensore si chiudevano.
«Allora?» Lo incitò quando qualcosa le insinuò per l'ennesima volta il dubbio che stesse accadendo qualcosa di cui non era conoscenza. «Che sta succedendo? Dov'è finito Bruce?...» Di Thor non poteva chiedere, lo sapeva, e quella domanda fu costretta a mandarla giù.
Dove sei, Thor?
«Il direttore non vede l'ora di udire le sue scoperte, dottoressa Foster.»
Al suo sorriso sollevò un sopracciglio scettica.
«Non rispondete mai alle domande da queste parti?»
L'agente allargò il sorriso quando le porte si aprirono al piano selezionato.
«Mi segua, dottoressa.»
«Lo prendo come un no» mormorò tenendo il suo passo lesto.
Fra le mani forse il primo passo per risolvere quel rebus. Il primo passo per ritrovarlo.



*



«Questi sono gli attuali ordini da seguire e rispettare. Non accetterò sbagli, stavolta. Sono stato chiaro? Perché in caso contrario fareste meglio a deporre le vostre armi sul tavolo e a uscire da quella porta, ma se prendere questa decisione state pur certi che il vostro nome sarà il primo sulla mia lista nera e io amo particolarmente il nero.»
Tony si umettò le labbra e guardò attentamente il volto dei suoi compagni: nessuno osava fiatare.
Ma lui non era nessuno e, soprattutto, aveva qualcosa da dire non solo da fiatare.
«Chiarissimo, Nick. Ora veniamo al dunque: che ne facciamo di quello lì?»
E se gli occhi di Thor avessero potuto sputare fiamme, Tony era convinto che in quel momento sarebbe diventato pura cenere.
«Quello lì,» iniziò Nick con lo stesso occhio a vulcano. «È una mia questione, da adesso in avanti. Nessuno entri in quella stanza, nessuno provi anche solo a poggiare la mano sul pomello della porta perché gliela faccio saltare per aria.»
«Ho necessità di parlare quanto prima con Loki.»
Alle parole di Thor, Sigyn o dio solo sapeva come diavolo avrebbe dovuto chiamarla ora, scese nella stanza l'ennesimo silenzio.
Quando Nick li aveva raggiunti in tutto il suo splendore da “sono incazzato nero e ‘fanculo la politically correct” era stato chiaro a tutti che il tempo dei sotterfugi era finito. Tony non avrebbe mai pensato di dirlo, ma era stato grato a Nick di quello.
Ok, si era beccato la ramanzina sul suo piccolo operato da guardone così come si era beccato l'occhiataccia di Steve e l'ennesima di Thor, il quale aveva però avuto la decenza di starsene zitto ed evitare altre brillanti e inutili scuse come “l'ho fatto per il bene di Midgard.”
Che lo avesse fatto per il bene di qualcuno era chiaro, di certo non era quello della Terra.
Il suo bene, il bene di Loki, o di quel segreto ballerino che a quel punto era anche ridicolo cercar di tenere sotto al tappeto.
Tutta la questione ancora mezza confusa di cuore, corpo e anima che aveva millantato Thor, Fury aveva preferito non udirla neanche. Voleva solo ritrovare quel martello e vedere Loki dietro una gabbia, stavolta d'acciaio, magari senza finestre e vie di fuga e interrata a cento metri nel sottosuolo.
La notizia della momentanea e inspiegabile perdita delle sue capacità extra umane era stato invece da subito motivo di sospetto.
Loki si era anche svegliato dall'operazione, così avevano riferito i medici, ma Nick non aveva permesso a nessuno di avvicinarlo, ribadendo che questa volta se ne sarebbe preoccupato di persona.
Se non fosse stato un piccolo bastardo anche lui, Tony forse avrebbe anche provato della compassione per quel povero squilibrato che di lì a poco avrebbe avuto a che fare con la Furia di Fury.
Ma quel povero squilibrato era Loki e se anche Tony Stark fosse stato uno stinco di santo alla Rogers, avrebbe comunque goduto nel saperlo nelle mani sadiche di Nick.
Nessuno si era opposto, nessuno a parte Miss Asgard.
Come se si fosse aspettato il contrario.
«Thor, l'ordine è per tutti. Nessuno metterà piede in quella stanza.»
«Queste questioni riguardano me e io devo parlare con lui prima che sia tardi. Non sai cosa ha scatenato davvero Loki. Midgard è in pericolo ma lo è anche Asgard. Non chiedermi di stare qui in attesa, non posso rispettare la tua volontà stavolta.»
La faccenda si era un tantinello complicata, anzi si era decisamente complicata.
Alla fine, sebbene gli costasse ammetterlo, Thor aveva ragione. Doveva parlare con Loki lui di persona visto che da quel che aveva riportato Cap, il terzo tizio che aveva fregato il suo martello era una vecchia conoscenza di entrambi.
Era una questione asgardiana fra Loki, Thor e tutti i loro sporchi segreti con vecchie ex e amici di dubbia sincerità.
Loro non c'entravano nulla, come al solito. La Terra era solo un campo di battaglia come un altro, un palcoscenico dove interpretare l'ennesimo dramma shakespeariano.
Il problema era che erano sempre loro a pagare il biglietto e a raccogliere i cocci al termine dello show.
Quella storia aveva stancato un po' tutti.
«Dopo il casino che hai combinato recuperando per lui quella dannata sfera, starei attento a dettare legge.» Fury sembrava furibondo, probabilmente lo era. «Mi allontano qualche ora e trovo la situazione peggio di come l'ho lasciata. E voi sareste la squadra su cui dovremmo contare nei casi peggiori?»
«Non siamo mai stati la soluzione migliore, Nick. Questo lo sai bene anche tu» intervenne a quel punto. «Tutta quest'idea è stata una scommessa fin dall'inizio, e le scommesse si possono perdere.» Si alzò dalla sedia e osservò il volto di Nick con una nota stonata.
Tony ci aveva creduto nella squadra, ci credeva in quella squadra di strambi personaggi così diversi eppure così simili. Credeva che collaborare alle volte poteva anche essere utile – e divertente. Credeva nei Vendicatori.
«Getti la spugna, Stark?»
Alla sua domanda sorrise con fierezza.
«Io? Mai.» Sfiorò poi il legno del tavolo con un gesto annoiato. «Dicevo che le scommesse si possono perdere, Nick, non che la nostra sia una di queste.»
Clint sollevò un angolo delle labbra e scambiò uno sguardo d'intesa con la Romanoff. A Tony non sfuggì.
Non sfuggì il sospiro di Cap, troppo concentrato a capirci qualcosa per preoccuparsi dei suoi capelli che stavano assumendo un'inquietante ondulatoria naturale che non gli donava – aveva appena trovato la ragazza e adesso rischiava di perderla per colpa dell'acconciatura.... destino infame, povero Cap.
A Tony non sfuggì neanche il cenno del capo di Bruce che valeva mille parole e mille rimproveri e altri mille consigli da ignorare, ovvio.
Non gli sfuggì il silenzio di Nick e quello di Thor. Il silenzio di Sigyn che pesava come forse neanche quel martello nella mano.
«Vai da Loki e metti in pratica la tua tecnica di interrogatorio, Nick. Se funziona, bene, altrimenti dai un taser alla nostra bionda e mandala dentro.»
«Stark...»
Capitano, lasciami fare.
«Tony, non ho tempo per giocare.»
«Nessuno vuole più giocare, Nick, è questo il problema.» Guardò poi Thor che ricambiò il suo sguardo e forse i suoi stessi pensieri. «Nessuno.»
«Abbiamo bisogno di risposte, signore» sentenziò la Romanoff.
«E quelle risposte le possiede solo lui.» Sulla conclusione scontata ma purtroppo corretta di Clint, anche Nick tacque.
Fu un lungo minuto, forse qualche secondo in più, qualcuno in meno.
Poi il sibilo dell'auricolare di Nick.
«Dimmi... D'accordo, portala nel mio ufficio.»
Tony scambiò uno sguardo con Bruce nel mentre che Nick raggiungeva la porta.
«La Foster ha delle novità e se siamo fortunati saranno anche positive.»
«Che genere di novità?» chiese Bruce ma Nick, al solito, non rispose.
«Il monito è sempre valido: prima che ritorni, nessuno metta piede in quella stanza. Ho telecamere puntate in ogni angolo del corridoio e anche una decina di agenti di guardia, se per caso a qualcuno venisse la brillante idea di insinuarsi nei nostri sistemi di videosorveglianza e metterli fuori uso.»
Tony alzò la mano. «Ehm, vorrei ricordarti che l'unico con tale hobby è attualmente il protagonista della nuova puntata di “Non sapevo di essere umano”.»
Solo Clint sorrise.
«Stark, non mi riferivo a Loki.»
Sì, lo sapevo.
«Oh, allora come non detto.» Fece una smorfia di finto imbarazzo e aspettò che il direttore uscisse.
Quando la porta si chiuse gli parve che le spalle di Cap si abbassassero come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento, conoscendolo non era qualcosa di così troppo lontano dalla realtà.
«Jane non sa nulla...» sospirò Thor ma ci pensò Bruce a tranquillizzarlo.
«Fury non le dirà nulla in ogni caso. Vorrà sapere cosa ha scoperto e poi agirà di conseguenza. È chiaro che deve sapere, ma cerchiamo prima di inquadrare la situazione.»
Thor assentì con il capo e un nuovo silenziò invase la stanza.



*



Linn era rimasta seduta su quella panca per un tempo che non aveva contato. Steve aveva detto che doveva attendere lì. Lady Sigyn aveva evitato di dirle una qualsiasi parola e fu a quel punto che la voce di Natasha era risuonata nella sua testa.
Esserle amica.
Ma come poteva se era così palpabile la distanza che stava mettendo fra di loro?
Era a causa del principe Loki? A causa di ciò che stava succedendo in quella stanza in cui le era stato vietato l'accesso?
Come poteva chiedere se non aveva modo di parlarle?
Il soldato a cui era stata affidata la guardava dall'alto al basso, nonostante le lenti scure dietro cui si riparava, Linn percepì i suoi occhi su di lei in più di un'occasione.
Voleva solo sapere cosa stava accadendo, voleva semplicemente sapere.
Sapere di Steve, sapere di Lady Sigyn, sapere delle condizioni in cui versava il suo principe.
Umano, privo di poteri, privo del suo seiðr.
«Posso cortesemente chiedere notizie sul principe Loki?»
Era stata educata, aveva usato un tono basso e appena accennato eppure aveva ricevuto come risposta una risata di sfregio.
«Principe?» Le fece il verso l'uomo e di istinto abbassò lo sguardo sulle sue mani poggiate sulle ginocchia. «Sta bene, il tuo principe, non preoccuparti. Per nostra sfortuna quello ha il brutto vizio di non crepare mai.»
Un brivido le aveva attraversato la pelle e il suo respiro era diventato affannoso. Tentò di regolarizzarlo ma udì ancora il soldato ridere e chiuse le palpebre.
Steve aveva ragione, Midgard aveva subito gravi perdite per mano sua e quindi era naturale che non ci fosse alcun sentimento magnanimo e gentile per lui, eppure fu impossibile ignorare la fitta al petto nell'udire ancora parole di scherno e cattiveria nei suoi confronti.
«Lo sai? Cinque dei miei compagni sono morti sotto le macerie di Midtown tre anni fa, altri sono morti carbonizzati da qualsiasi stregoneria sia capace di fare. Dodici erano a Chicago quando il tuo principe ha stretto alleanza con quel pazzo di Doom, e due ore fa altri sette uomini sono finiti dritti in ospedale per colpa sua! Risparmiami domande sulla sua salute perché deve soltanto ringraziare che nessuno sia entrato in quella stanza a staccargli la morfina per fargli provare una per una tutte le ferite che ha inflitto a ognuno di loro!»
«Io non volevo-»
«Non volevi cosa? Non volevi dire che la vita di quel bastardo vale più di quella di qualsiasi altro uomo?»
Strinse forte le dita e non riuscì a sollevare il capo per guardarlo nonostante tutta la sua rabbia l'aveva investita come una tormenta affilata.
«Mi dispiace...»
«Ascoltami bene, ragazzina.» Se l'era ritrovato inginocchiato di fronte, non aveva più lenti nere e ora i suoi occhi castani erano dritti nei suoi e dentro vi trovò annegato un denso rancore. «Non so cosa farmene delle tue scuse, chiaro? Non so neanche che diavolo ci fai qui. Dovresti startene nel tuo mondo insieme a tutti i mostri che avete mandato da noi. Tu e quell'altro genio con il martello, visto che è colpa sua se tutta questa storia ha avuto inizio.»
«Il principe Thor non ha colpe per le azioni compiute da altri.» Lo difese sentendo la rabbia convogliare anche nelle sue vene.
L'uomo la guardò a lungo e sorrise con sdegno per poi alzarsi. Lei stavolta lasciò che i suoi occhi seguissero quel viso.
«Oh, sì che ha colpa, perché sarebbe bastato uccidere Loki quando ne ha avuto occasione e nessuno si sarebbe fatto male.»
Strinse la mascella ricacciando indietro le lacrime.
L'uomo indossò ancora le sue lenti nere. «Ma stai serena, forse è arrivato finalmente il momento che qualcuno stacchi la testa dal collo di quell'animale.»
Quanto odio, quanta rabbia, quanto rancore...
Fu troppo da sopportare. Linn non sentiva più neanche il battito del suo cuore, era solo un martellare furioso fin dentro le tempie e fu solo perché udì una nuova voce che non scappò da lì all'istante.
«Che sta succedendo?» Era la sua voce, la voce di Steve.
«Nulla, capitano.»
Quando lo guardò capì che Steve aveva compreso il suo stato d'animo e così fu glaciale l'occhiata che lasciò al soldato.
«Cosa le hai fatto?»
«Nulla.»
Steve osservò a lungo il volto dell'uomo e poi lo congedò.
«Torna al tuo reparto, qui resto io.»
«Sissignore.» Il soldato fece un cenno con il capo e andò via senza dire più niente.
A quel punto Linn nascose il viso fra le mani, così fu più facile ingoiare ogni lacrima e non lasciare che le bagnassero il suo viso. Basta piangere, aveva detto Natasha e lei sapeva che era ciò che avrebbe dovuto fare.
Basta piangere.
«Ti ha fatto qualcosa?»
Spostò i palmi incrociando i suoi occhi, belli e caldi nonostante il cielo azzurro che li tingeva.
Scosse il capo e sorrise. «No» mentì e Steve parve crederle.
«Non è stata una giornata tranquilla per nessuno» sospirò e lei assentì.
Era in ginocchio davanti a lei, i suoi capelli avevano assunto una leggera ondulatura ed erano ancora umidi sebbene avesse cambiato la maglia e i pantaloni.
Linn provò l'istinto di sfiorarli, di far scorrere le dita fra il suo biondo e sentirne il profumo.
Ancora poteva avvertire la sua mano che stringeva forte e rassicurante la sua. Le sue braccia che l'avvolgevano per proteggerla.
La sua carezza sul viso per assicurassi che stesse bene.
«Dovresti riposarti.»
Sorrise ancora. «Non credo di aver fatto altro dacché sono qui... Riposare e asciugarmi.»
E il sorriso di Steve era più dolce di ogni nuvola rosa che potesse assaggiare.
«Steve...»
Sentì le dita tremare e il cuore battere forte.
«Cosa c'è?»
Sollevò piano la mano e gli sfiorò il viso.
Vide la sua gola sussultare e gli occhi velarsi di incertezza.
Poi sfiorò finalmente i suoi capelli umidi e morbidi e le labbra di Steve smisero lentamente di sorridere.
«Linn...»
Il suo nome non le era mai sembrato più bello.
«Grazie» sospirò.
«Per cosa?»
Non sapeva cosa stava facendo, sapeva solo che voleva farlo, che aveva bisogno di farlo.
Si sporse in avanti e lo baciò, con le palpebre chiuse e le labbra tremanti, con un'innocenza che non aveva più ma che le parve di ritrovare contro la sua bocca.
Un bacio innocente come non ne aveva più dati a nessuno, come non ne aveva più neanche il ricordo.
Quando riaprì le palpebre gli occhi di Steve erano di un azzurro quasi più intenso. Il suo viso arrossato e le labbra ancora vicine alle sue.
«Per tutto, Steve...» Gli sorrise. «Grazie per tutto.»



*



«Ne è sicura?»
«Più che sicura. Dall'osservatorio astronomico di Houston hanno rilevato una pioggia di meteoriti nella zona della Louisiana e da Mosca arrivano le medesime rilevazioni. Guardi.»
Nick si ritrovò qualche foglio svolazzare sotto al naso e lo studiò velocemente, ma le carte avevano poco valore quando non ne capivi il contenuto. Ciò che importava era che la dottoressa Foster ne fosse sicura.
«Mi sta dicendo che siamo prossimi all'ennesima catastrofe cosmica? È questo, dottoressa?»
Strano come una donna così minuta potesse guardarlo con un tale sguardo irritato.
Nick doveva darle atto che aveva del temperamento.
«Sto dicendo che dopo giorni di silenzio lo spazio è tornato a parlarci. Il che vuol dire solo una cosa.»
Ah ecco, adesso l'aveva capito. Con tutto il casino che quelle teste calde avevano combinato il suo acume aveva subito qualche botta d'arresto. Si sarebbe ripreso molto presto.
Strappò dalle mani della donna le carte e le lesse velocemente.
«La barriera di Loki» borbottò restituendogliele.
La dottoressa assentì con fermezza.
«Di certo nelle prossime ore avremo altre comunicazioni come questa, il che vuol dire che non c'è più alcuna barriera mistica, almeno per il momento. Non so perché, a dire il vero, ma ciò che conta è che adesso possiamo metterci in contatto con Asgard. Thor può tornare nel suo mondo e chiedere aiuto.»
Troppo ottimismo... che brutta abitudine.
Nick sospirò riflettendo bene sulla questione.
La dottoressa Foster lo guardava aspettandosi forse un salto di gioia o un abbraccio di ringraziamento.
Sì, come no...
«Non so per quanto durerà, perciò, direttore, sarebbe meglio informare subito Thor e Bruce, e tutti gli altri! Non c'è tempo da perdere!»
«Si calmi, dottoressa. Ho capito, ma non possiamo muoverci in questo momento.»
E lui non aveva tempo per stare a sorbirsi il suo sguardo confuso con quegli occhioni nocciola.
«Perché? Che sta succedendo? Perché qui nessuno mi dice niente?»
«Agente Stumber?» Si rivolse all'agente al fianco della donna. «Accompagna la dottoressa nella sala al dodicesimo piano e lascia che informi i Vendicatori di quanto sta accadendo, e assicurati che loro informino lei.»
«Sissignore.»
«Aspetti! Informarmi su cosa?»
«Chieda al suo fidanzato.»
Si avviò verso l'ascensore deciso a chiarire una volta per tutte quella situazione.
E pensare che un tempo aveva creduto che dirigere lo S.H.I.E.L.D. sarebbe stato interessante.
Nick, sei un coglione!
Aspettò che la discesa finisse e si diresse verso il reparto di infermeria.
Stavolta si sarebbe tolto la soddisfazione.



*



Ammettere con Natasha ciò che era accaduto a quel tempo pensava fosse stata la cosa più difficile, poi aveva visto Loki su quella barella, e poi aveva saputo di Styrkárr.
Sigyn credeva realmente di non poter affrontare nulla di peggio.
Ma Bruce aveva riportato quella nuova verità: Loki era umano, il che voleva dire che non aveva più alcun potere per sistemare le cose.
Per sistema cosa? Il mio corpo? Il mio cuore?
Questo sentimento così sbagliato e folle?
Come poteva ancora restare in quella stanza con loro senza crollare, non sapeva come fosse possibile.
Come poteva non sfondare la porta e raggiungere Loki senza necessitare di alcun permesso, era ancora più assurdo.
Quando Jane entrò da quella porta con un enorme sorriso sulle labbra, Sigyn capì.
Aveva paura, una spasmodica e incontrollabile paura.
Paura di dire qualsiasi cosa, di fare qualsiasi cosa, di udire qualsiasi parola.
Paura della verità che ne sarebbe venuta fuori.
Paura semplicemente di scoprire chi fosse realmente.
Steve entrò nella stanza, con lui c'era anche Linn.
Non riusciva neanche a guardarla, non dopo ciò che era accaduto, non dopo aver saputo con quanto fervore aveva chiesto a Steve di salvare Loki, con quanta abnegazione gli era rimasta accanto e lo aveva medicato e poi accompagnato fin lì.
Non sapeva dirle grazie, perché se l'avesse fatto avrebbe spezzato la maschera che stava indossando sul viso e sul cuore.
Linn la guardò e le sorrise e Sigyn scostò lo sguardo con codardia.
«La barriera di Loki è sparita? Ne sei certa?»
«Non ho la sicurezza matematica, ma deve essere così, Bruce. Deve essere così.»
E poi anche Jane aveva sorriso e tutto ciò che Sigyn era riuscita a fare fu uscire da quella stanza senza voltarsi.
Qualcuno chiamò il suo nome.
«Thor?»
Il nome sbagliato.



*



Aveva studiato tanto per trovare una soluzione, aveva sbattuto la testa su quelle carte perché sapeva di essere utile, aveva ignorato il mal di testa e il bruciore agli occhi perché Thor aveva bisogno che lei scoprisse cosa stava accadendo.
Jane aveva fatto tutto solo ed esclusivamente per lui.
«Cosa significa...?»
E il mondo le era crollato addosso ancora una volta.
«Jane, lo so che sembra una cosa assurda, ma è ciò che ha fatto Loki.»
Fu costretta a sedersi e lasciò che Bruce le si accomodasse accanto.
«Non è Thor...» sibilò ancora incredula.
«Certo che è Thor.»
Sul volto di Bruce non trovava rassicurazione però, nella sua voce non riusciva a sentire il calore.
Era svuotata da ogni sensibilità. Era svuotata da ogni emozione.
Era vuota.
«Non è Thor...»
E lei lo aveva capito da subito.



*



Tony si avvicinò all'orecchio di Clint con riservatezza.
«Senti, Barton, io me la squaglio.»
«Dove credi di andare?» lo rimproverò quest'ultimo con un bisbiglio. «Già è sparito Thor, e Fury sarà qui a momenti.»
Ma la tragedia che si stava consumando di fronte a lui portò Tony a varcare quella soglia prima con il pensiero e poi con le gambe.
«Coprimi.»
Alla fine non servì.
Tutti si accorsero della sua uscita e la verità fu che non importò niente a nessuno.
Il dramma emotivo della dottoressa Foster sembrava di certo una questione più importante.
Per fortuna.



*



Gli stavano bucando un altro braccio, questa volta il sinistro.
Un altro lungo ago stava perforando la sua pelle prima e la sua vena dopo ed era fastidioso.
Dolore... sì, c'era anche quello e attraversava quasi tutto il suo corpo, soprattutto l'addome.
Di tanto in tanto lo sentiva scemare e poi aumentare ancora. Poi tornare a diminuire.
Osservò i medici che controllavano le loro carte e poi i macchinari accanto al suo letto.
Sorrise divertito.
Gli avevano salvato la vita e ora lo stavano curando.
Avrebbe riso e avrebbe riso forte se solo ne avesse avuto la forza.
Sul fondo della camera le due guardie erano cambiate sebbene sembrassero tutte uguali per abiti e maniere.
Lo avevano minacciato, lo aveva insultato e avevano cercato di spaventarlo.
Loki avrebbe solo voluto ridere ogni singola volta.
«Quanto dolore senti?» Gli chiese un uomo con il camice bianco, occhiali sul naso e pochi capelli ai lati della testa.
«Da uno a dieci?... Direi sette» rispose con beffa ma l'uomo non si curò della sua ironia e a Loki piacque quella reazione.
I medici di Midgard erano di certo più temprati dei suoi difensori, a cui bastava una parola detta con la giusta intenzione per infiammarli come cerini.
«Fra un'ora verranno a cambiarti la medicazione.» Appuntò qualcosa sui suoi fogli e lo guardò con gelido distacco. «Non fare movimenti bruschi.»
Loki sorrise. «Tenterò.»
Il medico uscì e lui tornò di nuovo sotto lo sguardo delle due guardie.
Il suo piano aveva dovuto subire una piccolo cambio ma non aveva importanza. Aveva sempre un asso nella manica e il gioco di Amora non sarebbe andato che a suo favore.
Non aveva neanche iniziato a sentire le ennesime minacce di morte, tortura o altre poco fantasiose intimidazioni che la porta si era aperta nuovamente.
Stavolta non era nessun medico, stavolta era un volto che conosceva bene.
«La mia prima visita... quale onore che sia tu in persona, direttore Fury.»
«Fuori.» Al comando dell'uomo i due agenti abbandonarono la stanza.
Pochi passi e gli era accanto.
«Vuoi soffocarmi con un cuscino? Perché è stata la prima idea dei tuoi uomini e, detto fra noi, non è molto originale.»
Fury sorrise con la sua solita aria che avrebbe voluto essere terrificante e invece era poco più che divertente. Loki stirò semplicemente le labbra.
«Lo sai? Abbiamo dovuto scomodare un genio come Richards per costruire quelle catene che hai mandato in frantumi all'istante e adesso... guardati.» Il sorriso di Fury si allargò. «Obbligato in un letto d'ospedale con delle semplici manette di caro vecchio acciaio.»
«Non per merito tuo, Nick. Gustati il risultato ma non prendertene l'onore.»
«Giusto. Sono stati i tuoi amici a farti questo bel regalo: una ferita niente male, la perdita dei tuoi poteri... Per non parlare dell'imbarazzo per l'ennesimo fallimento.»
Provò a ridere sebbene sentisse il petto ardere. Cercò di mitigare ogni smorfia di dolore.
«I miei amici... devono dire anche grazie a te per la loro riuscita. Non è stato facile trovare la sfera ma tu, caro il mio Nick, hai saputo tenerla al sicuro adeguatamente.» Ingoiò una fitta all'addome e continuò a sorridere. «A me è bastato prenderla.»
Il sorriso di Nick però sparì in fretta e il suo viso si fece più vicino.
«Non so quali siano i tuoi piani, pazzo squilibrato, né quale siano quelli dei tuoi due compari, ma ascoltami bene.» La mano si poggiò sul lenzuolo in corrispondenza della sua ferita e sentì la pressione premere contro di essa.
Strinse i denti e trattene ogni gemito di dolore.
«Thor vuole riavere il suo martello e io voglio riavere Thor, perciò, prima che questa ferita sia solo l'inizio di una lunga serie, farai meglio a parlare e a dirci dove possiamo trovare quei due, altrimenti non basterà tutta la morfina degli Stati Uniti per evitarti il dolore che ti infliggerò con le mie stesse mani.»
Trattenne il respiro finché Fury non rallentò la pressione.
Il dolore era insopportabile.
Odiava quella nuova condizione, odiava quella fastidiosa debolezza.
«Se anche ti dicessi dove sono, non potresti raggiungerli.»
Lo udì ridere con soddisfazione.
«Forse non hai ricevuto le ultime notizie ma pare che la tua bella barriera sia evaporata, immagino sia stato per via del tuo incidente con l'immortalità. In ogni caso non abbiamo problemi di trasporto, per cui, pensa a parlare e noi penseremo ai passaporti.»
Nick si avviò alla porta e lo osservò un'ultima volta con superbia.
«Ti lascio riposare. La notte porta consiglio.»
Quando si chiuse la porta alle spalle Loki non riuscì a negarsi l'ennesima risata e quel dolore poteva anche sopportarlo con piacere.
La barriera si era infranta.
Perfetto.
Aveva soltanto bisogno di avere una conferma.
E adesso poteva agire di conseguenza.



*



Linn attraversò il corridoio e svoltò a destra. Pareti bianche, uomini vestiti del medesimo colore.
Tornò indietro e imboccò la svolta opposta.
Il suo cuore sussultò quando scorse Lady Sigyn seduta su una sedia con le mani fra i capelli.
Quando l'aveva vista uscire dalla stanza senza dire nulla aveva provato l'istinto di seguirla ma poi aveva udito Jane chiedere spiegazioni e Bruce dargliele, e quelle spiegazioni le avevano azzerato il respiro.
Linn conosceva di quali poteri fosse in possesso l'Incantatrice così come conosceva quelli del principe Loki eppure non credeva possibile potessero giungere a tanto.
Il suo principe e la sua signora erano due entità diverse.
L'una era lì con loro, l'altra era stesa dormiente in un letto lontano.
Il principe Thor e Lady Sigyn non erano più la stessa persona.
È il suo cuore, il cuore di Thor. È sempre lui” ribadiva convinto Bruce e la midgardiana lo guardava con il viso di chi vorrebbe credere a quelle parole. Forse lo credeva, forse cercava di crederlo.
Linn no, Linn non credeva che Thor e Sigyn fossero la medesima persona, non adesso, non dopo ciò che aveva appena udito.
Va' da lei.” Era stata Natasha a ordinarglielo... Non a ordinarglielo, a chiederglielo.
Aveva annuito e aveva lasciato la stanza.
Steve non le aveva chiesto nulla e l'aveva guardata allontanarsi.
Linn l'aveva cercata in quei corridoi luminosi tutti uguali finché non l'aveva trovata.
«Lady Sigyn...»
La vide alzare il capo e guardarla.
«Linn... che ci fai qui?»
«Vi cercavo» rispose sedendosi accanto a lei. «Ero preoccupata.»
«Non serviva. Sto bene.»
I suoi occhi lucidi, il viso stanco, i capelli in disordine, l'inquietudine a piegare le sue labbra.
«No, non state bene, mia signora.»
Lady Sigyn la osservò in silenzio e non disse nulla. Abbassò lo sguardo e lasciò andare un sospiro.
«Come puoi essermi seduta accanto e guardarmi così quando sai la verità , Linn?» Di nuovo il viso coperto da una mano. «Come puoi ignorare la vergogna che mi copre come una seconda pelle?»
«Io non ignoro nulla, Lady Sigyn, per il semplice motivo che non vi è alcuna vergogna in voi.»
Non le aveva mai parlato così, con tale libertà e con tale sincerità, forse. E Lady Sigyn pensò lo stesso perché la guardò con sguardo dolce e perso allo stesso momento.
«Era mio fratello... è mio fratello...»
Le prese la mano e la strinse. Le sorrise e scosse il capo.
«Che importanza può avere?»
Il sorriso che si dipinse sul viso della sua signora raccontava invece di una sofferenza che non aveva forse neanche più una dignità, neanche più un margine di guarigione.
«Ha importanza, invece. Per Asgard, per me... per Loki.»
Strinse forte le dita attorno alla sua mano.
«No, mia signora, non ne ha mai avuta. Non per il principe Loki.»
«Linn...»
«Ascoltatemi, io ho vissuto a palazzo per tutta la mia vita, sono nata e cresciuta sotto l'oro della vostra casa e mai vidi giorni più paghi di quelli in cui conobbi voi.»
I suoi occhi azzurri sembrarono inumidirsi e così fecero i propri.
«Mai ho visto il principe Loki più felice come quando era in vostra compagnia... mai.» Linn sorrise ancora. «Come poteva essere sbagliato? Come può esserlo? Quale vergogna può esistere nel vivere un sentimento che rende vivi e pieni?»
Lady Sigyn strinse gli occhi e Linn scorse una sola piccola lacrima abbandonarli.
«Non era una vergogna allora, non lo è adesso, mia signora. Adesso che voi siete davvero Sigyn.»
Le palpebre si aprirono e lasciarono andare altre lucciole di sale.
«Io... io sono solo il risultato di una magia... Loki ha dimenticato quel tempo così come ho fatto io, Linn. Non c'è più Sigyn... non più...»
Quando le sue lacrime aumentarono Linn strinse ancora le sue mani con coraggio e affetto.
Essere un'amica. Essere qualcuno che poteva comprendere quell'amore sbagliato.
«Non siete mai andata via dal cuore del principe Loki come non avete mai abbandonato il mio.»
Era un pianto muto, il suo, un pianto che raccontava di tanti altri affogati nel silenzio. I pianti muti di un principe d'oro più fragile di quello che avrebbe creduto, di quello che aveva voluto credere.
«Potete ancora chiedere a quel cuore. Il principe non vi negherà risposte.»
«Ci sono risposte che possono uccidere più di una spada...» Le udì sospirare mentre la guardava con il viso umido e arrossato.
Linn portò via con delicatezza quelle lacrime dalle sue guance. Le scostò i capelli dal viso e le sorrise ancora.
«Avete ragione, ci sono risposte e verità che possono ferire, ma non c'è male peggiore di quello che può partorire il silenzio e la negazione.»
Le accarezzò ancora il viso e le baciò le mani con tenerezza.
«Non abbiate paura. Non di lui...»
«Gli errori che ha commesso Loki portano anche il mio nome.»
«È vero, ma se ha sbagliato per voi, rimedierà per voi.»
Le lacrime erano sfumate eppure non un briciolo di quel dolore aveva abbandonato i suoi occhi.
«Esiste davvero rimedio, mia Linn?... Io non lo credo, non lo credo più.»
«C'è sempre speranza... Sempre.» Quelle parole sembrarono accendere qualcosa nel suo viso, nel suo cuore.
Linn sentì Lady Sigyn stringere a sua volta forte le sue mani. «C'è sempre speranza...»
Assentì. «Sempre e per chiunque.»
Ancora una lacrima abbandonò i suoi occhi eppure stavolta le sue labbra sorrisero.



*



Tony lasciò andare un sospiro mentre poggiava le spalle contro la parete.
Stava cercando il modo di aggirare la squadra di sorveglianza posta davanti le stanze di Loki ed era finito invece per incrociare i passi di Linn.
L'aveva seguita.
Dietro quell'angolo aveva finalmente udito le risposte che gli erano state negate fino a quel momento.
Quelle risposte pesavano come un badile di scorie radioattive ed erano altrettanto pericolose.
Loki e Thor avevano giocato a fare i Lannister[1] e la cosa era inquietate e anche parecchio disturbante, soprattutto perché fra i due, a conti fatti, era Thor quello con la coscienza più lorda.
Loki si era trovato davanti un metro e ottanta di bionda, con due belle tette e gli occhi da cerbiatta. Ok, ci stava. Con una sorella così anche Tony avrebbe rischiato di cadere in tentazione, ma Thor...
Dannazione, Thor!
Si passò una mano sul viso.
Tuo fratello, Point Break! Ma come ti è saltato in mente di scopartelo?
Sapeva bene non era una domanda che avrebbe mai potuto fare.
Linn e Sigyn - ormai doveva considerarla un'altra persona altrimenti avrebbe rischiato di farsi venire la nausea ogni volta che la chiamava Thor - stavano ancora parlando. Linn le stava dicendo qualche altra frase fatta sull'universalità dei sentimenti, sul non avere timore e altri inutili blateramenti asgardiani.
Sigyn l'ascoltava annuendo e di tanto in tanto accennava a un sorriso.
Tony guardò le sue labbra piegarsi senza riuscire a non pensare a Loki che le baciava.
Brivido raccapricciante.
Fra tanti asgardiani con cui poteva provare le gioie dell'essere donna, ma proprio con quell'egocentrico psicolabile pallido doveva finire a letto?!
No, tutta quella storia l'avrebbe decisamente fatto impazzire.
Cercò di concentrarsi su altro, cercò di immaginarsi la faccia di Bruce all'udire di quella notizia. Non che volesse andarsene in giro a spettegolare, ma Bruce era Bruce. Doveva sapere, doveva dirgli che Sherlock aveva avuto conferma delle sue ipotesi incestuose.
In verità aveva creduto che Loki avesse avuto un debole per le grazie di sua sorella, ma non credeva che poi sua sorella gliele avesse concesse allegramente...
In realtà non sono davvero fratelli, giusto?
Vallo a raccontare alla nausea che gli stava inacidendo lo stomaco.
Uno scotch, ecco cosa ci voleva.
Sentì il sibilo nel suo auricolare e si allontanò di qualche passo per non farsi udire.
«Stark?»
Era Nick.
Probabilmente aveva scoperto della sua evasione e voleva fargli il cazziatone.
«Non ora, Nick. Sono al gabinetto» rispose stancamente.
«Allora sbrigati a scrollarlo perché ho bisogno di te.»
«Hanno rapito di nuovo il Presidente?» Ma dov'era Rhodey quando serviva?[2]
«Non dire scemenze. Voglio che tu parli con Loki.»
Forse aveva capito male.
«Io?»
«Sì, tu
«Hai già abbandonato la strada di Torquemada, Nick? Te l'avevo detto che la tortura è fuori moda ormai.»
«Personalmente la reputo un evergreen, e comunque ho bisogno che tu gli faccia saltare i nervi.»
«E cosa ti fa credere che sia io la persona giusta?»
«...»
Sorrise con una certa soddisfazione.
«Ok. Ma di' ai tuoi uomini di non spararmi addosso. Chiaro? Sono disarmato.»
«Sono stati avvisati. Sbrigati.»
«Ehi, Nick?» Lo chiamò prima che interrompesse la chiamata.
«Parla in fretta, Stark.»
Si voltò di spalle verso il muro che celava Linn e Sigyn.
«Niente...»
Lo udì borbottare dall'altra parte prima che la connessione cadesse.
Non poteva dirlo a Nick, come minimo avrebbe voluto la testa di Thor su un piatto e avrebbe tagliato altro a Loki. Non che la seconda gli potesse poi importare molto, anzi, era una scelta punitiva che aveva un suo fascino dantesco.
Controllò l'ora. Aveva saltato la cena anche quella volta e Pepper aveva anche evitato di chiamarlo.
Voleva solo accoccolarsi fra le sue braccia e chiederle di cacciare via tutti i brutti pensieri.
Lei gli avrebbe dato per l'ennesima volta del bambino ma lo avrebbe accontentato.
«Jarvis?»
Dopo, dopo lo avrebbe di certo fatto.
«Signore?»
«La camera di Loki è video sorvegliata, dico bene?»
«È corretto. Ci sono quattro telecamere e microfoni nella medesima quantità.»
Come aveva immaginato.
«Vuole che attivi il protocollo H?»
Sorrise mentre si avviava verso il corridoio.
«Mi leggi nel pensiero, Jarvis.»
«Ogni qualvolta mi pone questa domanda, in caso di esito positivo, mi chiede di attivare il protocollo H
«Sono così scontato?»
Girò l'angolo e vide subito gli agenti sparsi su ogni lato del corridoio.
«È solo il risultato di un algoritmo, signore.»
Erano otto uomini tutti armati e con poca voglia di sorridere.
«Hai attivato il protocollo?» chiese sistemandosi il colletto della camicia.
«Operazione eseguita con successo
«Bene.» Almeno avrebbe evitato di dover parlare per metafore.



*



Jane si torturò le dita delle mani senza neanche accorgersene, solo quando le unghie graffiarono troppo forte la pelle e vide piccole gocce di sangue, se ne rese conto.
Dov'era Thor?
Dov'era questo luogo dove se ne stava steso su un letto privo di sensi?
Come poteva anche solo respirare pensandolo in quella situazione?
Bruce le aveva portato un bicchiere d'acqua, Natasha le aveva detto che stavano facendo il possibile, Clint asseriva che ormai che avevano Loki era solo questione di tempo prima di avere risposte e soluzioni.
Steve non aveva detto nulla.
Jane aveva cercato i suoi occhi e aveva trovato gli stessi timori. Ma Steve era un soldato leggendario ed era capace di celarli, lei era solo una donna innamorata e la sua paura distruggeva anche la patina di raziocinio che le dava un dottorato in astrofisica.
Guardò la porta aprirsi e Linn entrare. Guardò il viso della donna al suo fianco, il viso di Sigyn.
Trattenne le lacrime solo perché non ci sarebbe stato lui a lavarle via con una carezza, non ci sarebbe stato lui a stringerla e a sussurrarle di non tremare.
«Jane...»
Un nodo spigoloso le scese in gola.
«Noi raggiungiamo Fury.» Natasha parlò ancora ma lei aveva lo sguardo fisso in quello azzurro a pochi metri.
Con la Romanoff anche Clint lasciò la stanza e poi fu il turno di Steve.
Linn seguì il capitano non prima di averla guardata con una strana tristezza che non aveva tempo né forza di spiegarsi.
Bruce fu l'ultimo ad andare via, fu l'unico che però le sorrise.
La porta si chiuse e in quella stanza Jane avrebbe solo voluto che quegli occhi azzurri appartenessero a Thor.



*



Entrò lentamente nella stanza e subito si ritrovò la canna di una pistola contro la tempia.
Alzò entrambe le mani con un sorriso.
«Calma, ragazzi. Mi manda papà Fury.» Gli occhi saettarono al letto al centro e al viso assopito che vi giaceva.
«Hai cinque minuti, Stark. Sono questi gli ordini.» Gli intimò l'agente alla sua destra.
«Basteranno.»
Abbassò le mani e aspettò che i due uscissero.
Nick doveva confidare molto nelle sue videocamere altrimenti non gli avrebbe lasciato quella libertà. Nick era un po' troppo ingenuo per essere a capo di un'agenzia di intelligence che aveva la pretesa di difendere il mondo da minacce terrestri e aliene.
O forse era Tony a essere un po' troppo stronzo per lavorarci - anzi, per farvi beneficienza, dal momento che nessuno gli passava un verdone.
Guardò la stanza bianca e sterile e i macchianti accanto al letto.
Loki dormiva.
Le braccia nude stese sul lenzuolo e l'ago di una flebo nel braccio destro. Le manette che legavano i polsi alle sbarre d'acciaio laterali.
Bruce gli aveva detto della sua ferita all'addome, ma non ci teneva proprio a scostare il lenzuolo per sincerarsene.
Si avvicinò con passi tranquilli osservando le telecamere all'angolo che stavano riprendendo la scena ma che, chissà per quale motivo, avrebbero avuto qualche problemino sia d'audio che di video.
Sapeva che Nick non avrebbe apprezzato la sua idea di insinuarsi per l'ennesima volta nei suoi sistemi, ma poteva sempre dare la colpa a Loki. Si poteva sempre dare la colpa a Loki un po' per tutto.
Quando raggiunse il letto guardò il viso pallido e il taglio sulla fronte. Il labbro spaccato e i lividi sulle spalle.
Lo avevano mazzolato per bene.
Sollevò un angolo della bocca e gli schiaffeggiò una guancia un paio di volte.
«Ehi, Gray's Anatomy, svegliati» sospirò schiaffeggiando leggermente anche l'altra.
Ci fu dapprima un brontolio e poi uno sbattere infastidito di palpebre.
In realtà pensava stesse fingendo di dormire. Doveva essersi sbagliato.
Sembrava essere messo abbastanza male, eppure rimaneva diffidente a ogni suo comportamento. Quello lì ne sapeva sempre una più del diavolo.
«Andiamo, ho solo cinque minuti» brontolò incrociando le braccia e aspettando che Loki lo mettesse a fuoco.
«Stark...»
«Mi hai riconosciuto. Bene. Possiamo escludere danni alla corteccia celebrale, anche se mi preoccupano più quelli di natura psicologica.»
Un debole sorriso gli piegò le labbra.
«Fury vuole usare la tua compagnia per torturarmi?... Che uomo sadico.»
Sospirò allontanandosi di qualche passo e sedendosi su tavolo posto al lato della stanza.
«Immaginavo avresti preferito la compagnia di qualcun altro. Devi accontentarti. Quando tenti di invadere un pianeta una decina di volte di solito le persone non sono propense a darti quello che vuoi.»
Loki lo ascoltava con il capo leggermente reclinato di lato.
Deglutì un paio di volte mal celando una smorfia sofferente.
«Se evitassi di morire nei prossimi minuti te ne sarei grato.»
Lo vide sorridere e osservarlo con la solita arroganza.
Quanto poteva essere insopportabile anche in quel momento?
«Sei qui per chiedermi di Mjolnir?... Ti risparmio tempo: non ho idea di dove sia.»
Arrogante e scontato.
«Sbagliato! Non sono qui per il martellone di tuo fratello - che detta così suona anche ambiguo.»
Loki sollevò un sopracciglio visibilmente diffidente e Tony sapeva avrebbe avuto ben poco da fare il diffidente fra un po'.
Saltò giù dal tavolo e prese a gironzolare per la stanza.
«Ambiguo! Ecco, era proprio di questo che volevo parlare.»
Loki non rispose. Dovette però intuire che voleva andare a parare da qualche parte.
Loki era irritante e fastidioso, ma mai uno stupido. Dannato lui...
«Falla breve, Stark, vorrei dormire.»
«Sarò una scheggia! Vorrei che rispondessi solo a due domande.» Arrestò il suo vagare e lo fissò con finta curiosità. «La prima: quanto devi essere messo male per dover tramutare tuo fratello in una donna per poter scopare? E due: che droga hai usato per convincerla?... Perché non credo che qui sulla Terra ne esistano di così forti.»
Loki lo guardava senza lasciar trapelare nulla. Era bravo, su questo non poteva dire nulla.
«Sei qui per chiedermi consigli sulle donne, Stark? Non mi dirai che la bella Virginia non è soddisfatta adeguatamente... vero?»
Ghignò scuotendo il capo.
«Ho capito, non ne vuoi parlare. Beh, hai ragione. Hai assolutissimamente ragione! Neanche a me andrebbe di parlare del modo in cui ho giocato al dottore con mio fratello quando è diventato mia sorella, però devi farlo perché, non so se l'hai notato, ma qui sulla Terra ne abbiamo un po' le scatole piene di te e dei tuoi trucchetti.» Non ci fu più spazio per i sorrisi e le battute. Non c'era più spazio per niente che non fosse la verità. Tony lo sapeva, Loki anche.
«O mi dici ora i dove, i perché e i per come senza tralasciare nulla, o vado dalla tua Sigyn e le faccio qualsiasi domanda mi passi per la testa e credimi, ne ho alcune davvero delicate.»
Loki non aveva più sorrisi sul viso né arroganza nello sguardo, eppure non mostrò un solo singolo tentennamento.
I polsi bloccati dalle manette non si mossero di un centimetro, la gola non sussultò, nessun fremito, nessuna piccola traccia di rabbia.
Solo il semplice e apatico niente.
«Fa' pure, Stark.»
Quella risposta fece nascere un ringhio sulla sua lingua ma lo inghiottì. Credeva avrebbe funzionato. Credeva che toccare lei avrebbe portato a parlare lui.
«Falle tutte le domande che ti passano per la testa. Chiedile di Amora, di Styrkárr... di noi.» Un piccolo sorriso piegò le labbra screpolate di Loki. «Chiedile anche quante volta l'ho posseduta, forse ricorda il numero esatto... o forse no. Sai, sono state un numero considerevole...»
Non credeva davvero a quello che stava sentendo. In verità non voleva sentire nulla di quella storia.
«Chiedile di come gemeva il mio nome, di come mi supplicava di prenderla ancora e ancora... Chiedile della facilità con cui ha allargato le gambe alla prima occasione, e di come ha goduto nel farlo.»
Scosse il capo disgustato e quel disgusto dovette trapelare dalla sua espressione perché il ghigno inquietante sul viso di Loki si accentuò.
«Vuoi risposte, Stark?... Chiedile al tuo caro Thor.»
La porta si aprì ma Tony non osservò i due agenti rientrare. Gli occhi sul quel viso e su quell'espressione sprezzante che gli stava rivoltando lo stomaco.
«Tempo scaduto.»
Sorrise ancora nauseato e lasciò quella stanza senza dire una parola.



*



Quando la porta si chiuse alle spalle di Stark, le due guardie ripresero il loro posto.
Loki deglutì a vuoto e lasciò che il viso perdesse ogni curva di sorriso, di falso e ingannevole sorriso.
Respirò a fondo.
Sigyn...
Nella sua mente disegnò ogni dettaglio del suo viso, l'azzurro dei suoi occhi lo abbagliò.
Poi quegli occhi divennero più infantili e splendevano su un viso tondo.
Fratello, sbrigati!
Era Thor che correva per le colline di Yord. Era Thor che gli tendeva la mano per aiutarlo a salire. Era il sorriso di un bambino spavaldo eppure dolce come nessun altro, che gli baciava la fronte prima di addormentarsi al suo fianco, che gli giurava che lo avrebbe difeso da ogni pericolo.
Era il sorriso e gli occhi di un fratello che aveva amato più di ogni altra cosa nella sua vita.
Sulle colline di Yord, sotto l'arancio del tramonto, lui e Thor sospiravano sogni di fanciulli, disegnavano futuri dorati da re e condottieri.
Erano solo Loki e Thor.
Non era più stato così.
Quel fratello era morto secoli dietro, era molto fra le risate di Fandral e gli scherni di Sif, era morto nelle battute di Volstagg e le occhiate di Hogun. Era morto su ogni bocca che aveva baciato, nel gemito di ogni donna che gli aveva scaldato prima il letto e poi il cuore.
Il Thor che affermava ancora con fastidiosa convinzione di essere suo fratello era solo l'ombra di un ricordo lontano.
E Loki aveva smesso di cercare quell'ombra, aveva smesso di inseguirla.
Se quel fratello era perduto, così non era stato per la donna che aveva amato. L'unica, la sola.
Sua e di nessun altro.
Thor è perduto.
Era sua la voce che lo ribadiva forte.
Sigyn è mia.
Sollevò le palpebre con un sospiro. «Che ore sono?»
«È ora che chiudi quella bocca.»
Irritanti midgardiani.
«Voglio solo sapere quanto devo aspettare affinché queste dannate luci si oscurino, cosicché possa dormire lontano dalla vista fastidiosa delle vostre facce.»
La guardia sulla destra fece qualche passo e raggiunse il letto.
«Di' ancora una sola parola e ti pianto un proiettile in testa e allora dormirai tutto il tempo che vuoi. Chiaro?»
Sorrise divertito ma l'uomo tornò alla sua posizione senza cedere.
«Chiaro» sospirò chiudendo nuovamente le palpebre.
Qualche attimo dopo scese una tenue penombra che sebbene non potesse chiamare buio, gli concesse comunque di tenere le palpebre aperte senza che i due lo notassero.
Un solo volto in quelle ombre, un solo nome fermo sulla punta della lingua.











***






Note:
[1] Lannister. È ovviamente un riferimento all'opera letteraria “Games of Thrones” in cui i fratelli Cersei e Jaime hanno una relazione di natura incestuosa.
[2] Rhodey, ovvero James Rhodes/War Machine, amico di Tony. L'episodio del rapimento del Presidente è una citazione al film Iron Man 3.









NdA.
Loki diventa sempre più simpatico, tanto per citare Bruce.
Tony ha aperto il vaso di Pandora, la barriera è sparita, Linn ci ha messo un po' di lingua e Jane sta per farmi causa.
Nel prossimo capitolo reazioni, azioni e inevitabili conseguenze.
^-*
Kiss kiss Chiara
  
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