Coincidenze?
L'Agguato
“Ehi!
Salve a tutti!” esclamò Brian entrando in casa. Chiuse la
porta dietro di sé e si pulì le scarpe sullo zerbino,
appoggiò chiavi e cellulare su un tavolino lì vicino e
si tolse il cappotto.
“Bentornato.”
gli disse la moglie entrando nell'ingresso. Gli prese la
ventiquattr'ore e il cappotto e li appoggiò su un divano della
sala. “Com'è andato il lavoro oggi?”
“Niente
di che. Dove sono i ragazzi?” rispose l'uomo guardandosi attorno.
“Sono
su. Penso che stiano leggendo.”
Brian
sorrise: credeva di conoscere il genere di lettura prediletta dal
figlio... Salì a passo rapido le scale e percorse il
corridoio. Si fermò davanti ad una porta alla sua sinistra.
“Posso?”
chiese aprendola ed affacciandosi nella stanza.
“Ciao,
Papà!” esclamò il ragazzo, seduto sul letto, intento
a leggere una delle sue innumerevoli riviste di motori.
“Tua
sorella?” domandò l'uomo, dato che si aspettava che fossero
assieme.
“E'
in camera sua.” rispose il figlio puntando un dito alla propria
sinistra per poi ri-immergersi nella sua rivista.
Il
padre richiuse la porta e si voltò: di fronte a lui c'era
un'altra porta. La aprì.
“Buonasera,
signorina.” esclamò.
La
stanza era molto spaziosa. Al centro c'era un letto con un piumino
rosso, una cassapanca di legno; sulla parete di fronte c'era una
scrivania con un computer portatile, degli scaffali colmi di libri,
un grande armadio che copriva gran parte della parete; la stanza
aveva un balcone che si affacciava sul giardino della casa.
La
ragazza era seduta alla scrivania e stava parlando al telefono.
“Aspetta
un attimo...” disse rivolgendosi alla cornetta. “Ciao, Papà!
Come va?”
“Tutto bene. Senti, fra un po' dobbiamo andare a
ristorante, preparati.” le ricordò Brian alzando un dito
ammonitore.
“Senti,
ti spiace se ti richiamo io domani?” continuò la figlia
parlando al suo interlocutore. “D'accordo... Ciao!”
Appoggiò
la cornetta e si alzò. “D'accordo, adesso mi preparo.”
“Allora
ti lascio.” esclamò il padre richiudendo la porta ed
allontanandosi.
La
ragazza si diresse verso uno dei suoi armadi bianchi e lo aprì.
All'interno c'erano per lo più abiti blu o neri, soprattutto
di jeans, materiale che piaceva molto sia a lei che al fratello. Fece
scorrere le dita sui numerosi ometti appesi pensando a quale fosse il
capo più adatto per l'occasione. Alla fine optò per un
abito verde scuro, lungo fino alle ginocchia. La scollatura era
praticamente nulla, copriva il petto fino alla gola, e lasciava le
spalle e le braccia scoperte. Per fortuna non c'era molto freddo!
Abbinò delle ballerine dello stesso colore. Quanto ai capelli,
legò dietro alla nuca le prime ciocche sulla fronte con un
fermaglio verde. Prese un cappotto beige e si avviò lungo il
corridoio, dove incontrò il fratello.
“Ma
come ci siamo vestiti eleganti!” le disse lui con un sorriso di
scherno.
“Anche
tu.” rispose pacatamente lei indicando la camicia bianca che
indossava il ragazzo.
“Ma
vi rendete conto?! Aveva completamente dimenticato il nome del
beneficiario del testamento, suo figlio!” concluse Brian, con un
sorriso incredulo. La compagnia scoppiò sonoramente a ridere.
Suo fratello Lex e la moglie, Lila, che erano andati con lui, Cidonia
e i due ragazzi, replicarono con qualcosa come “queste cose
capitano solo a te...”; si erano sposati da poco, nonostante non
fossero giovanissimi. Lex era alto e magro,con occhi scurissimi. Lila
era molto minuta e di media corporatura, con scurissimi e corti
capelli ricci; come il marito, portava degli spessi e grandi
occhiali. Oltre a loro, seduti al tavolo de “La Cicogna” c'erano
due colleghi di Brian, uno alto e piuttosto incarne, con i capelli
grigi e un completo scomposto, con la cravatta messa di traverso, di
nome Rin, l'altro completamente calvo, con una perfetta giacca nera e
un cravattino rosso, che si chiamava Lionell.
“Alla
fine se ne è ricordata?” domandò Lex, con un sorriso
obliquo.
“Se
ne è ricordato il figlio stesso quando è venuto a
prenderla.” rispose Brian, ammiccando: andava molto orgoglioso del
suo lavoro.
Dall'altra
parte del tavolo, seduti l'uno fianco all'altro, c'erano i due
ragazzi, lei con il suo abito verde, lui con la sua camicia bianca
nuova di zecca. Avevano pensato di organizzare quella serata per
festeggiare la scoperta della gravidanza di Lila, Cidonia aveva
pensato a tutto.
“Congratulazioni
a tutti e due!”
“Ma
soprattutto alla mamma...”
La
serata era trascorsa allegramente, all'insegna delle risate e della
buona cucina.
“Cento
di questi giorni!”
Il
tavolo era in un'ottima posizione: si trovava esattamente di fronte
alla vetrata del ristorante, permettendo così di vedere tutta
la strada di fronte, dove erano posteggiate alcune automobili.
La
ragazza continuò a chiacchierare con i convitati, ma suo
fratello rimase silenzioso e taciturno; mangiò poco, e tenne
gli occhi puntati sul marciapiede oltre il vetro.
“Ma
si può sapere che hai?” gli chiese lei, incuriosita dal suo
atteggiamento: era sempre stato un ragazzo taciturno, ma quella sera
sembrava profondamente turbato. “Non hai praticamente toccato
cibo...”
“Non
ho fame.” rispose con tono piatto il ragazzo, senza distogliere lo
sguardo dalla vetrata.
“Si
vede.” disse la sorella; il suo non era un rimprovero: era
semplicemente una constatazione disinteressata. La sua espressione
non tradiva alcun sentimento.
“Non
te ne sei accorta?” replicò lui , alzando finalmente lo
sguardo e fissandola inespressivamente negli occhi .
“Accorta
di cosa?”
Il
ragazzo rimase silenzioso per qualche istante, poi tornò a
fissare la vetrata. “Quell'auto” iniziò, indicando con
discrezione un'automobile nera molto particolare “ha percorso tutto
il tragitto dietro di noi, ha posteggiato dopo di noi e nessuno ne è
uscito. I finestrini sono oscurati, non ho idea di chi possa essere.”
Sua
sorella riabbassò la testa, ma puntò discretamente lo
sguardo sull'automobile posteggiata qualche metro più in là.
Non le aveva prestato attenzione, ma effettivamente doveva aver già
visto quella macchina, da qualche parte...
“Alla
nostra Lila, che diventerà madre!”
Il
ragazzo si unì al brindisi proposto da suo padre, ma sua
sorella rimase china, sistemandosi il tovagliolo sulle ginocchia,
senza prestarci veramente attenzione: i suoi occhi erano puntati
sull'automobile. Le parve, alla luce di scorgere un movimento al suo
interno, e intravide il volto di un uomo alto e muscoloso, giovane,
con i capelli brizzolati e lunghi. Sul petto, sul suo gilè,
c'era stampato qualcosa simile ad un fiocco colorato di rosso, con
sopra due R bianche. I suoi occhi erano azzurri, di ghiaccio, e le
ricordavano... le ricordavano terribilmente i suoi e quelli di suo
fratello.
Tutti
sembravano felici e spensierati nel ristorante “La Cicogna”:
tavoli colmi di pietanze gustose e sofisticate, capannelli di amici
che chiacchieravano animatamente, ridendo, scherzando, inventando
storie sciocche e assurde solo per divertirsi, camerieri sorridenti
disposti a tutto pur di accontentare i clienti rendendo quella serata
il più piacevole possibile. Eppure, ad un tavolo davanti alla
vetrina, due ragazzi molto simili, silenti e tesi, non prestavano
attenzione ai propri genitori o ai propri amici, ma gettavano fugaci
occhiate ad un'auto scura posteggiata nella strada di fronte, un'auto
avvolta da un alone di mistero. Un'auto il cui autista portava
l'insegna del Fiocco Rosso.
La
ragazza si passò una mano fra i capelli. Aveva passato una
notte insonne osservando il soffitto candido della sua stanza e
pensando... Forse, aveva esagerato: farsi rovinare la nottata da una
sciocchezza come un'automobile che, casualmente, aveva la sua stessa
destinazione! Era giunta alla conclusione che qualcuno doveva pur
essere sceso da quel veicolo, forse suo fratello non se ne era
accorto. Nonostante cercasse di convincersi del fatto che tutto
doveva essere una coincidenza, la ragazza non riusciva ad abbandonare
un senso di tensione, un presentimento: sentiva che qualcosa di
terribile stava per accadere.
Sfilò
i piedi da sotto le lenzuola e li infilò nelle sue pantofole
calde. Si alzò dal letto e uscì in corridoio. Si fermò
di fronte alla porta che le stava davanti, abbagliata dalla luce
proveniente dalla finestra alla sua destra, leggermente attenuata
dalle tende bianche. Socchiuse gli occhi. Era indecisa se bussare o
no, ma entrò.
La
stanza era piuttosto luminosa a quell'ora. Le pile di riviste erano
state abbandonate per terra per fare spazio, nel letto, al loro
proprietario, che era ora immerso in un sonno profondo. La ragazza si
avvicinò silenziosamente e si sedette ai piedi del fratello,
scuotendolo dolcemente per svegliarlo.
“Ehi,
fratellino? Sveglia, ho bisogno di parlarti.”
Dopo
qualche scossone particolarmente forte, il ragazzo strinse ancora più
forte il cuscino, affondandoci la faccia, e mormorò, senza
aprire gli occhi “che ore sono?” Il suo tono tradiva una nota di
esasperazione...
“Ecco...
abbastanza presto.” Gettò uno sguardo all'orologio
appoggiato sul comodino lì a fianco: c'era scritto “06.17”.
Suo
fratello aprì gli occhi, sotto ai quali c'erano due profonde
occhiaie. Sollevò il busto con molta fatica e si mise a
sedere, fissando la ragazza con aria risentita. Prese distrattamente
la sveglia fra le dita e, dopo aver visto l'ora, la riappoggiò
con uno sbuffo di incredulità e rassegnazione. “Abbastanza
presto?!” esclamò, tornando a fissare la responsabile della
brusca interruzione del suo sonno.
“Lo
so, ma ho bisogno di parlarti..” replicò lei, corrugando la
fronte.
“Parlare?”
disse il ragazzo alzando le sopracciglia.
“Sì.
Quello che è successo ieri mi ha turbata. Insomma...”
aggiunse, di fronte all'aria persa del fratello “... riguardo alla
macchina.”
Il
ragazzo si lasciò cadere contro il muro, accasciandosi sulla
schiena. “E mi hai svegliato per questo?!” esclamò con
incredulità.
“Senti,
tu ieri eri anche più pensieroso di me, quindi non
minimizzare! Io almeno mi sono goduta la serata.”
“Ma
non la nottata, vero?”
“Cosa
vuoi dire?” gli domandò, guardandolo storto.
“Hai
delle occhiaie tremende, si vede lontano un miglio che non hai chiuso
occhio.” replicò lui, alzando una mano per indicare qualcosa
evidentemente molto visibile sotto i suoi occhi.
Di
fronte all'aria imbarazzata della sorella, il ragazzo decise di
iniziare a parlare.
“Hai
ragione, sono rimasto colpito anch'io.” le disse, facendosi
improvvisamente serio.
La
ragazza tornò a fissarlo: l'espressione di suo fratello, in
genere così sicura di sé, così consapevole e
matura, era cambiata. Era un misto di preoccupazione e di paura, un
qualcosa che né lui né tanto meno lei avevano mai
provato. Era stato tutto una coincidenza? Era inutile preoccuparsi,
si erano spaventati per niente?
Il
suo gemello era sempre stato un punto di riferimento per lei, il
punto fermo della sua vita. In qualche modo, era sempre stata sicura
che, in caso di necessità, lui sarebbe stato lì, con la
sua aria pacata, tranquilla ed onnisciente per consolarla e,
talvolta, spingerla a fare qualcosa che temeva ma che era necessario.
Adesso aveva davanti un ragazzo teso, incerto, dubbioso che non
sapeva nemmeno di cosa aver paura e se fosse giusto averne.
“Che
siano dei rapinatori che ci hanno presi di mira?” gli chiese,
dubitando lei stessa di ciò che aveva detto.
“No,
non credo: ho avuto l'impressione che... No, escluderei che si tratti
di ladri.” Si era interrotto, ma sua sorella sapeva perfettamente
che cosa stava per dire, era proprio quello che stava pensando lei:
qualcosa le diceva che non potevano essere comuni scassinatori, ma
qualcosa di molto, molto peggio...
“Senti,
non preoccupiamoci: è possibilissimo che qualcuno sia sceso e
che io non l'abbia visto, è possibilissimo che qualcuno abbia
casualmente seguito il nostro stesso percorso, non dobbiamo temere.”
le disse, posandole delicatamente una mano sulla spalla. “E' stata
una coincidenza, tutto qui.”
La
ragazza rimase a fissarlo negli occhi: non era convinto di ciò
che stava dicendo, lo stava facendo solo per tranquillizzarla e per
comodità. Sì, per avere la comodità di poter
dire di esserne veramente persuaso, per potersi sentire autorizzato a
far finta di nulla. Sorrise debolmente, ed annuì.
“Comunque,
io ho l'impressione di aver già visto quella macchina...”
Salve
a tutti! Eccomi di nuovo qui, a proseguire con questa storia. Come
vedete, il tarlo del dubbio si sta facendo sentire, i gemelli (sapete
già
perché li chiamo solo così) stanno iniziando ad intuire cosa accadrà. Mi raccomando, lasciate un commento!
Grazie per avere letto anche questo capitolo.
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