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Autore: PaolaDP    12/07/2008    4 recensioni
"All'improvviso, la ragazza fu investita da una tremenda verità, una consapevolezza pericolosa e terribile: il dr. Gelo voleva fare di loro esseri simili a quelli che stavano affrontando..." C 17 e C 18 non sono sempre stati androidi. La storia di due vite serene, due vite poi distrutte dalla follia di un pazzo.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, 18, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Coincidenze?

L'Agguato

Ehi! Salve a tutti!” esclamò Brian entrando in casa. Chiuse la porta dietro di sé e si pulì le scarpe sullo zerbino, appoggiò chiavi e cellulare su un tavolino lì vicino e si tolse il cappotto.

Bentornato.” gli disse la moglie entrando nell'ingresso. Gli prese la ventiquattr'ore e il cappotto e li appoggiò su un divano della sala. “Com'è andato il lavoro oggi?”

Niente di che. Dove sono i ragazzi?” rispose l'uomo guardandosi attorno.

Sono su. Penso che stiano leggendo.”

Brian sorrise: credeva di conoscere il genere di lettura prediletta dal figlio... Salì a passo rapido le scale e percorse il corridoio. Si fermò davanti ad una porta alla sua sinistra.

Posso?” chiese aprendola ed affacciandosi nella stanza.

Ciao, Papà!” esclamò il ragazzo, seduto sul letto, intento a leggere una delle sue innumerevoli riviste di motori.

Tua sorella?” domandò l'uomo, dato che si aspettava che fossero assieme.

E' in camera sua.” rispose il figlio puntando un dito alla propria sinistra per poi ri-immergersi nella sua rivista.

Il padre richiuse la porta e si voltò: di fronte a lui c'era un'altra porta. La aprì.

Buonasera, signorina.” esclamò.

La stanza era molto spaziosa. Al centro c'era un letto con un piumino rosso, una cassapanca di legno; sulla parete di fronte c'era una scrivania con un computer portatile, degli scaffali colmi di libri, un grande armadio che copriva gran parte della parete; la stanza aveva un balcone che si affacciava sul giardino della casa.

La ragazza era seduta alla scrivania e stava parlando al telefono.

Aspetta un attimo...” disse rivolgendosi alla cornetta. “Ciao, Papà! Come va?”
“Tutto bene. Senti, fra un po' dobbiamo andare a ristorante, preparati.” le ricordò Brian alzando un dito ammonitore.

Senti, ti spiace se ti richiamo io domani?” continuò la figlia parlando al suo interlocutore. “D'accordo... Ciao!”

Appoggiò la cornetta e si alzò. “D'accordo, adesso mi preparo.”

Allora ti lascio.” esclamò il padre richiudendo la porta ed allontanandosi.

La ragazza si diresse verso uno dei suoi armadi bianchi e lo aprì. All'interno c'erano per lo più abiti blu o neri, soprattutto di jeans, materiale che piaceva molto sia a lei che al fratello. Fece scorrere le dita sui numerosi ometti appesi pensando a quale fosse il capo più adatto per l'occasione. Alla fine optò per un abito verde scuro, lungo fino alle ginocchia. La scollatura era praticamente nulla, copriva il petto fino alla gola, e lasciava le spalle e le braccia scoperte. Per fortuna non c'era molto freddo! Abbinò delle ballerine dello stesso colore. Quanto ai capelli, legò dietro alla nuca le prime ciocche sulla fronte con un fermaglio verde. Prese un cappotto beige e si avviò lungo il corridoio, dove incontrò il fratello.

Ma come ci siamo vestiti eleganti!” le disse lui con un sorriso di scherno.

Anche tu.” rispose pacatamente lei indicando la camicia bianca che indossava il ragazzo.



Ma vi rendete conto?! Aveva completamente dimenticato il nome del beneficiario del testamento, suo figlio!” concluse Brian, con un sorriso incredulo. La compagnia scoppiò sonoramente a ridere. Suo fratello Lex e la moglie, Lila, che erano andati con lui, Cidonia e i due ragazzi, replicarono con qualcosa come “queste cose capitano solo a te...”; si erano sposati da poco, nonostante non fossero giovanissimi. Lex era alto e magro,con occhi scurissimi. Lila era molto minuta e di media corporatura, con scurissimi e corti capelli ricci; come il marito, portava degli spessi e grandi occhiali. Oltre a loro, seduti al tavolo de “La Cicogna” c'erano due colleghi di Brian, uno alto e piuttosto incarne, con i capelli grigi e un completo scomposto, con la cravatta messa di traverso, di nome Rin, l'altro completamente calvo, con una perfetta giacca nera e un cravattino rosso, che si chiamava Lionell.

Alla fine se ne è ricordata?” domandò Lex, con un sorriso obliquo.

Se ne è ricordato il figlio stesso quando è venuto a prenderla.” rispose Brian, ammiccando: andava molto orgoglioso del suo lavoro.

Dall'altra parte del tavolo, seduti l'uno fianco all'altro, c'erano i due ragazzi, lei con il suo abito verde, lui con la sua camicia bianca nuova di zecca. Avevano pensato di organizzare quella serata per festeggiare la scoperta della gravidanza di Lila, Cidonia aveva pensato a tutto.

Congratulazioni a tutti e due!”

Ma soprattutto alla mamma...”

La serata era trascorsa allegramente, all'insegna delle risate e della buona cucina.

Cento di questi giorni!”

Il tavolo era in un'ottima posizione: si trovava esattamente di fronte alla vetrata del ristorante, permettendo così di vedere tutta la strada di fronte, dove erano posteggiate alcune automobili.

La ragazza continuò a chiacchierare con i convitati, ma suo fratello rimase silenzioso e taciturno; mangiò poco, e tenne gli occhi puntati sul marciapiede oltre il vetro.

Ma si può sapere che hai?” gli chiese lei, incuriosita dal suo atteggiamento: era sempre stato un ragazzo taciturno, ma quella sera sembrava profondamente turbato. “Non hai praticamente toccato cibo...”

Non ho fame.” rispose con tono piatto il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dalla vetrata.

Si vede.” disse la sorella; il suo non era un rimprovero: era semplicemente una constatazione disinteressata. La sua espressione non tradiva alcun sentimento.

Non te ne sei accorta?” replicò lui , alzando finalmente lo sguardo e fissandola inespressivamente negli occhi .

Accorta di cosa?”

Il ragazzo rimase silenzioso per qualche istante, poi tornò a fissare la vetrata. “Quell'auto” iniziò, indicando con discrezione un'automobile nera molto particolare “ha percorso tutto il tragitto dietro di noi, ha posteggiato dopo di noi e nessuno ne è uscito. I finestrini sono oscurati, non ho idea di chi possa essere.”

Sua sorella riabbassò la testa, ma puntò discretamente lo sguardo sull'automobile posteggiata qualche metro più in là. Non le aveva prestato attenzione, ma effettivamente doveva aver già visto quella macchina, da qualche parte...

Alla nostra Lila, che diventerà madre!”

Il ragazzo si unì al brindisi proposto da suo padre, ma sua sorella rimase china, sistemandosi il tovagliolo sulle ginocchia, senza prestarci veramente attenzione: i suoi occhi erano puntati sull'automobile. Le parve, alla luce di scorgere un movimento al suo interno, e intravide il volto di un uomo alto e muscoloso, giovane, con i capelli brizzolati e lunghi. Sul petto, sul suo gilè, c'era stampato qualcosa simile ad un fiocco colorato di rosso, con sopra due R bianche. I suoi occhi erano azzurri, di ghiaccio, e le ricordavano... le ricordavano terribilmente i suoi e quelli di suo fratello.


Tutti sembravano felici e spensierati nel ristorante “La Cicogna”: tavoli colmi di pietanze gustose e sofisticate, capannelli di amici che chiacchieravano animatamente, ridendo, scherzando, inventando storie sciocche e assurde solo per divertirsi, camerieri sorridenti disposti a tutto pur di accontentare i clienti rendendo quella serata il più piacevole possibile. Eppure, ad un tavolo davanti alla vetrina, due ragazzi molto simili, silenti e tesi, non prestavano attenzione ai propri genitori o ai propri amici, ma gettavano fugaci occhiate ad un'auto scura posteggiata nella strada di fronte, un'auto avvolta da un alone di mistero. Un'auto il cui autista portava l'insegna del Fiocco Rosso.


La ragazza si passò una mano fra i capelli. Aveva passato una notte insonne osservando il soffitto candido della sua stanza e pensando... Forse, aveva esagerato: farsi rovinare la nottata da una sciocchezza come un'automobile che, casualmente, aveva la sua stessa destinazione! Era giunta alla conclusione che qualcuno doveva pur essere sceso da quel veicolo, forse suo fratello non se ne era accorto. Nonostante cercasse di convincersi del fatto che tutto doveva essere una coincidenza, la ragazza non riusciva ad abbandonare un senso di tensione, un presentimento: sentiva che qualcosa di terribile stava per accadere.

Sfilò i piedi da sotto le lenzuola e li infilò nelle sue pantofole calde. Si alzò dal letto e uscì in corridoio. Si fermò di fronte alla porta che le stava davanti, abbagliata dalla luce proveniente dalla finestra alla sua destra, leggermente attenuata dalle tende bianche. Socchiuse gli occhi. Era indecisa se bussare o no, ma entrò.

La stanza era piuttosto luminosa a quell'ora. Le pile di riviste erano state abbandonate per terra per fare spazio, nel letto, al loro proprietario, che era ora immerso in un sonno profondo. La ragazza si avvicinò silenziosamente e si sedette ai piedi del fratello, scuotendolo dolcemente per svegliarlo.

Ehi, fratellino? Sveglia, ho bisogno di parlarti.”

Dopo qualche scossone particolarmente forte, il ragazzo strinse ancora più forte il cuscino, affondandoci la faccia, e mormorò, senza aprire gli occhi “che ore sono?” Il suo tono tradiva una nota di esasperazione...

Ecco... abbastanza presto.” Gettò uno sguardo all'orologio appoggiato sul comodino lì a fianco: c'era scritto “06.17”.

Suo fratello aprì gli occhi, sotto ai quali c'erano due profonde occhiaie. Sollevò il busto con molta fatica e si mise a sedere, fissando la ragazza con aria risentita. Prese distrattamente la sveglia fra le dita e, dopo aver visto l'ora, la riappoggiò con uno sbuffo di incredulità e rassegnazione. “Abbastanza presto?!” esclamò, tornando a fissare la responsabile della brusca interruzione del suo sonno.

Lo so, ma ho bisogno di parlarti..” replicò lei, corrugando la fronte.

Parlare?” disse il ragazzo alzando le sopracciglia.

Sì. Quello che è successo ieri mi ha turbata. Insomma...” aggiunse, di fronte all'aria persa del fratello “... riguardo alla macchina.”

Il ragazzo si lasciò cadere contro il muro, accasciandosi sulla schiena. “E mi hai svegliato per questo?!” esclamò con incredulità.

Senti, tu ieri eri anche più pensieroso di me, quindi non minimizzare! Io almeno mi sono goduta la serata.”

Ma non la nottata, vero?”

Cosa vuoi dire?” gli domandò, guardandolo storto.

Hai delle occhiaie tremende, si vede lontano un miglio che non hai chiuso occhio.” replicò lui, alzando una mano per indicare qualcosa evidentemente molto visibile sotto i suoi occhi.

Di fronte all'aria imbarazzata della sorella, il ragazzo decise di iniziare a parlare.

Hai ragione, sono rimasto colpito anch'io.” le disse, facendosi improvvisamente serio.

La ragazza tornò a fissarlo: l'espressione di suo fratello, in genere così sicura di sé, così consapevole e matura, era cambiata. Era un misto di preoccupazione e di paura, un qualcosa che né lui né tanto meno lei avevano mai provato. Era stato tutto una coincidenza? Era inutile preoccuparsi, si erano spaventati per niente?

Il suo gemello era sempre stato un punto di riferimento per lei, il punto fermo della sua vita. In qualche modo, era sempre stata sicura che, in caso di necessità, lui sarebbe stato lì, con la sua aria pacata, tranquilla ed onnisciente per consolarla e, talvolta, spingerla a fare qualcosa che temeva ma che era necessario. Adesso aveva davanti un ragazzo teso, incerto, dubbioso che non sapeva nemmeno di cosa aver paura e se fosse giusto averne.

Che siano dei rapinatori che ci hanno presi di mira?” gli chiese, dubitando lei stessa di ciò che aveva detto.

No, non credo: ho avuto l'impressione che... No, escluderei che si tratti di ladri.” Si era interrotto, ma sua sorella sapeva perfettamente che cosa stava per dire, era proprio quello che stava pensando lei: qualcosa le diceva che non potevano essere comuni scassinatori, ma qualcosa di molto, molto peggio...

Senti, non preoccupiamoci: è possibilissimo che qualcuno sia sceso e che io non l'abbia visto, è possibilissimo che qualcuno abbia casualmente seguito il nostro stesso percorso, non dobbiamo temere.” le disse, posandole delicatamente una mano sulla spalla. “E' stata una coincidenza, tutto qui.”

La ragazza rimase a fissarlo negli occhi: non era convinto di ciò che stava dicendo, lo stava facendo solo per tranquillizzarla e per comodità. Sì, per avere la comodità di poter dire di esserne veramente persuaso, per potersi sentire autorizzato a far finta di nulla. Sorrise debolmente, ed annuì.

Comunque, io ho l'impressione di aver già visto quella macchina...”

Salve a tutti! Eccomi di nuovo qui, a proseguire con questa storia. Come vedete, il tarlo del dubbio si sta facendo sentire, i gemelli (sapete già 

perché li chiamo solo così) stanno iniziando ad intuire cosa accadrà. Mi raccomando, lasciate un commento!

Grazie per avere letto anche questo capitolo.

  
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