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CAPITOLO
4: La fuga
«Devo
dirtelo Bibski, più cerco di capirti e più mi
confondi le idee.»
«E
ancora ci provi?»
I
due fuggiaschi si trovarono a percorrere gli angusti corridoi del
sotterraneo, che si diramavano intorno a loro come tunnel dei cani
stana-diamanti, accompagnati solamente dalla fioca illuminazione dei
cristalli installati sul soffitto.
«Sei
sicuro che la direzione sia questa?»
Chiese Bright, scettico.
«Naturalmente.»
Gli rispose il pony di terra, abbacinato da una falsa sicurezza.
In
verità, Bibski non aveva idea di dove si trovassero. La
strada era più lunga di quanto non ricordasse, ma evitava
categoricamente di ammetterlo, affidando al suo istinto il compito di
guidarli verso l’uscita.
I
suoi zoccoli zampettavano pesantemente, provati dallo sforzo e dai
traumi diffusi sul corpo, rendendo la loro fuga ancora più
complessa di quanto già non lo fosse.
Si
addentrarono ancora di più nei claustrofobici tunnel di
cristallo, superando lunghe successioni di celle abbandonate e
imboccando nuove vie a ogni svolta, finché, giunti
all’ennesima deviazione, ultima ma non ultima di tante
simili, Bright vide il suo compagno e amico bloccarsi di colpo,
esitando di fronte alla prossima diramazione.
«Dove
si va ora?» Lo spronò a parlare.
Ma
la sua insicurezza era ora manifesta, e la salute cagionevole. Ormai
non aveva quasi più forza di reggersi sulle zampe. Ogni
punto del suo corpo era un livido scuro, pulsante, che sembrava pronto
a esplodere. «I-io… c-credo a sinistra…
no… a destra… » mosse la testa
affannosamente, non sapendo che direzione prendere «che
Celestia sia dannata!» L’imprecazione gli
provocò un attacco di tosse, che gli fece sputare un grumo
di sangue che non auspicava a nulla di buono. «Non eri tu
q-quello che osservava e v-valutava?!» Accusò
l’unicorno, come se potesse aiutarlo a riprendersi.
Lo
sguardo di Brightgate divenne grave, ma aveva anche un ché
di comprensivo. «Io ero fuori combattimento, non
ricordi?»
Bibski
non ricambiò lo sguardo. Invece, i suoi occhi erano
socchiusi, e la testa piegata in giù, smarrita nella
caligine della sofferenza.
L’unicorno
gli appoggiò il dorso della zampa sul collo, cercando di
percepire le pulsazioni del suo cuore. «Tu non stai bene! Il
tuo battito quasi non si sente! Non dovresti nemmeno essere in grado di
reggerti a questo punto!» Gli venne da chiedergli “Come
ci riesci?!” ma
lo tenne per sé.
In
uno scatto nervoso, il pony di terra lo spinse via, allontanandolo da
sé. «L-lasciami stare! Ce la faccio!»
«No
invece, guardati: non riesci neanche a stare fermo sul posto, e
oltretutto ti sei chiaramente perso!»
«Ti
ho detto che s-sto… » compì un paio di
passi, ma finì per inciampare su se stesso. Il dolore che
provò nella caduta lo fece contorcere come un bruco ferito.
“Chi
spera di prendere in giro?! È ridotto a pezzi! Ah
Bibski… stavolta temo tu abbia compiuto il salto
più corto della staccionata!”. Bright
si abbassò vicino a lui, e subito dopo cominciò a
caricarlo sulla sua groppa.
«C-che
stai facendo?»
«Evito
che ti uccida da solo.»
«B-bright…
non è necessario che… »
«Prova
soltanto a lamentarti e ti getterò a terra di peso,
t’avverto!»
Bibski
s’impietrì.
«Molto
bene, vedo che iniziamo ad andare d’accordo. Ora mettimi gli
zoccoli attorno al collo e stringiti forte.»
«Almeno
sai d-dove andare?» Gli chiese, mentre si sdraiava sul suo
dorso nella posizione più confortevole possibile.
«Non
ce n’è bisogno, stanno venendo a
prenderci.»
Il
pony di terra non capì. «C-chi? I due ragazzoni
che abbiamo stesso poco fa?»
«No.
Qualcun altro. Più numerosi.»
«Io
non sento… n-niente.»
«Ma
io sì. Seguiremo il loro eco.»
Galoppando
come non mai a ritroso attraverso la scia di celle percorsa
all’andata, nella direzione opposta a quella suggerita
dall’amico, Bright si fece guidare dalle sue orecchie - che
captavano come sonar le onde sonore di fondo – riuscendo
così ad eludere i corridoi intrapresi dai loro inseguitori,
girandovi attorno.
A
giudicare dal tempo trascorso, ma anche dall’improvviso
manifestarsi di suoni più concitati, le Guardie Reali
dovevano pressappoco essere ormai giunte alle loro celle, e
probabilmente avevano già ridestato i due pony carcerieri.
L’unica
cosa che non era data sapere era il numero di quanti fossero. I
corridoi erano relativamente stretti – appena quattro metri
da una cella all’altra – ma se erano davvero
famigerati quanto credeva, avrebbero dovuto aspettarsi un bel comitato
di benvenuto.
Sul
suo dorso Bibski si reggeva a malapena, sempre più
debilitato. Nelle sue condizioni dovevano a tutti i costi evitare lo
scontro diretto, o il rischio per lui di farsi ancora più
male sarebbe elevato di colpo.
Fino
all’ultimo, Bright sperò di poterli evitare,
localizzando la via di fuga prima di essere localizzati a loro volta.
Dal
canto suo, il pony di terra si sforzava di godersi la cavalcata,
cercando di non pensare alle frequenti fitte di dolore che lo
sferzavano a ogni galoppo dell’altro. Si sentiva strano a
trovarsi in quella posizione, a un’altezza che per lui era
completamente inusuale.
In
un impeto di genio il suo cutie mark scintillò per pochi
istanti, quando nella sua testa cominciò a prendere forma il
progetto di un potenziale esoscheletro per pony di bassa statura che
avrebbe potuto costruire una volta tornati a casa. Un’idea
che lo aiutò a distrarsi mentre tutt’intorno i
corridoio continuavano a susseguirsi, bivio dopo bivio, cella dopo
cella.
«Oh-ho.
Ci siamo.» Bisbigliò Bright, nascondendosi dietro
l’angolo.
Erano
ad appena un paio di tunnel di distanza dalle loro celle, molto vicini
al punto di partenza della loro goffa fuga, quando lungo la galleria
sulla loro sinistra, a una decina di metri più in
là, videro la truppa di Guardie Reali avanzare nella loro
direzione, in stato di allerta e con la guardia abbassata.
Erano
due pegasi e tre unicorni, un paio di essi armati di lance (un
ulteriore problema da considerare), ma fatto di maggior nota, erano
accompagnati dai due unicorni carcerieri.
«Dobbiamo
trovarli ad ogni costo!» Sbraitò il carceriere
anziano dalla voce roca (il bastardo che aveva quasi spedito Bibski
all’altro mondo), autoproclamatosi guida del gruppo, e che
nel frattempo stava soffiando getti di vapore furenti dalle narici,
come se non bramasse altro che la vendetta.
Bright
iniziò a provare verso di lui lo stesso risentimento.
Avrebbe avuto grano per i suoi denti.
«Q-quanti
sono?» farfugliò Bibski da sopra la sua groppa.
«Ne
conto sette. Ci sono anche i due tizi di prima.»
«Un
gioco da puledri… per te.»
«Già,
ma avrei preferito evitarlo.» Vedendoli avvicinarsi sempre di
più, Bright capì che non c’era
più tempo da perdere. «Forza, scendi.
Subito.» Lo appoggiò a terra.
Bibski
si sdraiò sul pavimento di pietra, incapace di reggersi.
«Non fargli troppo male» poi si corresse
«a parte a Mr. Voce Soave. L-lui puoi anche
distruggerlo.»
Bright
scricchiolò il collo, respirando profondamente.
«Mi assicurerò che ne escano vivi e umiliati. Tu
rimani qui.»
«Oh
tranquillo… n-non vado da nessuna parte.»
Bright,
quindi, avanzò oltre l’angolo, rivelandosi ai loro
occhi.
Le
Guardie Reali si fermarono di colpo, arretrando di un metro e
sguainando corni e lance.
«Altolà!
Non muovere un solo zoccolo!» Disse uno degli unicorni.
«Ve
lo dirò una volta sola» cominciò
Brightgate, impostato e solenne «levatevi dalla mia strada, o
rimpiangerete di avermi incontrato.»
Era
sembrato convincente, ma il carceriere anziano scoppiò in
una risata isterica e gutturale «Ahahah!! Ma guardatelo come
si atteggia!! Che ti prende? Credi di essere forte solo
perché siete riusciti a liberarvi?!»».
Non erano dello stesso parere gli altri soldati, che invece lo
puntavano con sguardo fermo ma tremolante.
«Come
se fosse stato difficile.» Lo schernì Bright di
risposta, ghignando di sottecchi.
L’avversario
grugnì. «Non alzare troppo la cresta, spilungone!
Vi è andata bene che ci avete colto alla sprovvista, ma non
succederà di nuovo! E a proposito, che fine ha fatto il tuo
capo? Scommetto che se l’è svignata non appena ha
avuto occasione di farlo!»
Da
dietro l’angolo, Bibski strisciò verso la soglia
per ascoltare meglio.
«Di
lui non ti devi preoccupare.» Ammonì
l’unicorno alto grigio-cenere.
«Oh,
ti rode vero? Da fastidio che il tuo boss se la sia data a zampe levate
lasciando il suo scagnozzo a prenderle di santa ragione?!»
Dietro
la copertura, Bibski sgranò gli occhi. “Scagnozzo
a Bright?! Quel tizio non immagina cosa lo aspetta!”.
«E
a te, invece?» Domandò l’unicorno dal
manto corvino.
«Cosa?!»
Il carceriere digrignò i denti.
«Ti
rode che siamo riusciti a farvela sotto il muso?»
Un
nitrito furente uscì dalla bocca del suo rivale, dando prova
di scarso autocontrollo. «Vedremo se adesso avrai ancora
voglia di parlare!!» Grattò la terra sotto lo
zoccolo, pronto a battersi.
Bright
compì un passo in avanti e si mise in posizione di
combattimento. «Dopo di te.»
Il
carceriere anziano partì alla carica, col corno abbassato e
puntato dritto sullo sterno di Bright, mentre i restanti rimasero in
posizione di guardia.
«Ti
distruggerò!!» Urlò imbizzarrito, con
tutti i muscoli del collo tesi.
A
un tiro di schioppo dallo scontro, Bright si sollevò
d’improvviso sulle zampe posteriori, ruotando verso sinistra
con l’agilità di un ballerino, scansando la carica
della Guardia Anziana con agili riflessi. Roteò la zampa
posteriore destra rasoterra, facendolo inciampare, e
nell’istante in cui l’avversario si trovava per
aria, lo schiacciò contro le sbarre della cella con un
calcio a zampa tesa, mettendolo K.O.
Con
calma glaciale e una concentrazione che raggiungeva lo Zen, mentre le
Guardie Reali rimanevano costernate dalla rapidità con cui
il loro leader era stato messo alla berlina, lasciò cadere
il corpo del suo avversario, che si accasciò a terra con un
chiassoso suono di carni e metallo che cozzavano tra di loro.
Tornato
al centro del corridoio, si pulì lo zoccolo con fare
annoiato e tornò a osservarli. «Allora, chi
è il prossimo?»
Dopo
un attimo di esitazione, uno degli unicorni di cristallo si fece avanti
sparandogli addosso col corno. Bright lo schivò con un
semplice movimento laterale del collo.
«Molto
bene.» Disse, balzando su di loro.
Le
Guardie Reali tentarono di colpirlo con altri due colpi, ma con scarsi
risultati. Bright li scartò entrambi e si lanciò
contro i militari, caricando un poderoso destro con lo zoccolo
anteriore.
Prima
d’impattare sul muso del soldato più vicino, il
pugno incontrò un ostacolo a mezz’aria –
un muro deflettore di magia azzurra, eretto all’ultimo
istante – che respinse il suo corpo.
Le
Guardie provarono nuovamente con degli attacchi magici, approfittando
della distrazione, ma Bright evitò anche i seguenti colpi
con due capriole all’indietro.
Una
Guardia pegaso in volo si fece avanti con veemenza aggressiva. Bright
studiò in una frazione di secondo la situazione, e decise la
sua prossima mossa; attese che il pegaso gli fosse vicino, quindi lo
placò e lo strinse in una morsa di sottomissione.
Un
altro unicorno era pronto a scagliare dei raggi, ma Bright si
servì dell’ostaggio come uno scudo equino, e
lasciò che l’attacco magico colpisse la Guardia
alata al suo posto.
Il
pegaso cadde addormentato, colpito in pieno dal colpo narcotizzante del
suo stesso commilitone.
Bright
approfittò del breve momento di smarrimento
dell’unicorno di cristallo per gettarsi su di lui e
attaccarlo. Per iniziare, lo colpì con entrambi gli zoccoli
anteriori sulle orecchie, stordendolo (e forse rompendogli i timpani),
poi lo azzoppò definitivamente calciandogli lo stinco
destro, e mentre questo crollava al suolo, ululante di dolore e
gambizzato, lo afferrò per il collo e lo proiettò
all’indietro con violenza inaudita.
Tre
su sette erano andati, ma rimanevano ancora gli altri.
Mentre
riprendeva fiato, i rimanenti pensarono vigliaccamente di colpirlo alle
spalle, cogliendolo di sorpresa. Grave errore e pessima scelta
strategica.
Schivò
tutti i loro colpi semplicemente abbassandosi e tornò a
correre verso il gruppo, collerico come non mai.
La
truppa frappose nuovamente la barriera tra loro e l’unicorno
alto, ma questa volta si fece trovare pronto: balzò in
avanti con un calcio volante a zampe unite e colpì la
barriera con tanta forza da sfondarla.
Le
Guardie unicorno si trovarono scaraventate via dall’onda
d’urto, mentre Bright atterrava elegantemente sui suoi
quattro zoccoli.
Diede
loro il tempo di risollevarsi e riorganizzarsi, mentre nel frattempo
riprendeva fiato.
«Attacchiamolo
insieme! Usate le lance!» Suggerì uno di loro, e
ben presto tutta la schiera si fece avanti su Bright.
Tentarono
di attaccarlo con le loro armi, usando la telecinesi per sferzare i
colpi. L’unicorno evitò un paio di affondi e
parò con zampe anteriori e posteriori ogni attacco corpo a
corpo o di mischia che gli veniva incontro.
Il
secondo pegaso sgusciò alle sue spalle, riuscendo ad
afferrarlo da sotto le ascelle e cercando di sollevarlo per aria per
renderlo vulnerabile alle offensive dei compagni. Bright
però era imponente e massiccio, mentre il suo nemico piccolo
e incosciente. Si tuffò all’indietro con un balzo
e cadde di schiena schiacciando il pegaso sotto di sé.
Da
quella posizione, bloccò tra le ginocchia un affondo che
stava mirando al suo ventre, e lanciò per aria la lancia
interrompendo l’impugnatura magica del suo aggressore.
Tornò
subito sugli zoccoli con un salto, e la prese al volo tra i denti prima
che lo facesse il legittimo proprietario.
Dando
prova di una destrezza suprema, con l’asta ben salda nel suo
morso, picchiò con l’estremità non
appuntita dell’arma la testa della Guardia, per terminare il
contrattacco con un poderoso pugno dall’alto, che fece
assaggiare all’avversario il sapore della nuda roccia sul
pavimento.
L’ultimo
unicorno rimasto in campo usò la sua lancia per disarmare
Bright, facendogli scivolare dalla bocca l’asta e
scagliandola via con la levitazione.
Fu
l’unica azione che Bright gli concesse.
Insistendo
con la strategia dell’affondo, il pony di cristallo
tentò nuovamente d’impalarlo con la punta, ma con
una semplice parata col dorso della zampa anteriore, Brightgate gli
fece perdere il controllo sull’arma, che quindi cadde a
terra. La pestò con lo zoccolo, e tanto fu il vigore da far
crepare il pavimento.
Costernato
e inerme, il soldato eresse di fronte a sé un altro muro
protettivo, arretrando senza riuscire a scostare gli occhi da Bright,
che invece lo squadrava con fare seccato.
«Certo
che voi non imparate mai.» Commentò sbuffando,
prima di infrangere la barriera con un’altra zoccolata.
L’unicorno
di cristallo tentò di parlare, forse di chiedersi cosa fosse
successo, prima che Bright lo caricasse sulle spalle cimentandosi ad
eseguire una mossa spezza-schiena con il ginocchio.
Il
metallo della corazza s’incrinò, per fortuna,
salvandogli la spina dorsale. Il soldato perse i sensi, tramutandosi in
un fantoccio senza vita tra le braccia dell’unicorno alto.
Sul
campo di battaglia non era rimasto più nessuno. Ogni soldato
giaceva a terra ridotto in condizioni catastrofiche. Umiliati e
sconfitti, proprio come aveva predetto Bright.
Contò
i corpi che si era lasciato intorno, colto da un dubbio improvviso, e
notò qualcosa che lo lasciò perplesso. Ne mancava
uno.
«Bright,
attento!!» L’urlo di Bibski lo mise in guardia
all’ultimo momento.
Riuscì
a girarsi giusto il tempo di ritrovarsi a tu per tu con il pesante
corpo di un pony di cristallo che lo gettava a terra
d’improvviso, dando il via a una tempesta di zoccoli che lo
investirono in pieno volto senza concedergli alcun lascito di tregua.
«TE
L’HO DETTO CHE TI AVREI DISTRUTTO!!» Il carceriere
anziano si accaniva su di lui con ferocia animalesca, che sembrava
provenire dagli abissi del Tartaro, eruttando nuvole di pura
malvagità dalle sue narici, e bava schiumosa dalla bocca.
Non aveva più importanza chi fosse, né quale
fosse il suo rango sociale. Il suo obiettivo era la morte del rivale,
la sua sete di sangue insaziabile.
Brightgate
non mosse un solo muscolo per evitare i suoi colpi.
L’unicorno
di cristallo si fermò solamente dopo un lungo minuto di
accecante follia. Si mise in ginocchio sopra il corpo di Bright e si
abbandonò a un’altra risata isterica, gustando il
nettare della vittoria.
«Hai
finito?» Sentì chiedere dal basso.
Guardò
Bright, che a sua volta lo scrutava immobile, e sbiancò di
paura. Sul manto grigio e solo leggermente scompigliato
dell’unicorno alto non c’era traccia di ferita,
nemmeno un graffio. Niente di niente.
«N-non
è possib… »
Il
carceriere avvertì un lancinante colpo sul rene sinistro,
infertogli con una zoccolata.
«Ora
mi hai stancato.» Disse Bright, calciandolo a due metri di
distanza.
Il
carceriere ansimò, mentre a fatica provava a rimettersi
sulle sue zampe.
Tornati
entrambi in posizione quadrupede, i due iniziarono a fissarsi a
vicenda, per un intenso confronto che durò per dieci lunghi
secondi.
La
debole luce dei cristalli sui soffitti si rifletteva sulle iridi
giallo-acido dell’unicorno alto, infondendogli una figura
sinistra e suggestiva. Persino Bibski ebbe paura a vedere
l’amico avvolto da quell’aura tenebrosa. Nei suoi
ricordi iniziarono a riaffiorare scene di un passato ormai lontano, che
da tempo cercavano entrambi di superare.
Al
termine del confronto, il carceriere anziano caricò Bright
con tutta la sua foga, e l’unicorno alto fece altrettanto. I
loro zoccoli anteriori s’incontrarono a mezz’aria,
cozzando l’uno contro l’altro.
In
breve tempo l’assalto iniziale si tramutò in una
sfida di forza bruta, in cui la regola era sormontare con la propria
massa l’avversario. Inutile dire che Brightgate partiva
già con un notevole vantaggio.
La
sua espressione era immota, statica. I suoi occhi gialli e penetranti
come quelli di un mostro, violavano la tenacia del suo oppositore, che
stava sudando copiosamente e annaspando sempre più allo
stremo, alla ricerca di una rimonta.
Dopo
pochi secondi di resistenza ostinata, le zampe posteriori del pony di
cristallo cedettero, costringendolo a prostrarsi.
Deglutì
nervosamente, mentre invano cercava di rialzarsi, ma si rese conto che
non solo non era in grado di farlo, ma che anche la pressa
d’acciaio del gigantesco unicorno lo teneva inginocchiato
senza alcuna possibilità di spostarsi. Era come se i suoi
zoccoli si fossero incastrati sotto quelli di Bright, rendendogli vana
qualunque possibilità di contrastarlo.
Quando
i due sembrarono giunti all’atto finale delle sfida, una
scintilla oscura brillò improvvisamente negli occhi di
Bright, e il carceriere ebbe solo un istante prima di rendersi conto
che per lui non c’era più alcuna speranza.
I
suoi zoccoli esplosero, sfondati da una tale forza impetuosa da ridurre
le ossa delle zampe a briciole inermi, che fuoriuscirono dalla carne
tra schizzi di sangue e pelo strappato.
Il
carceriere, che prima aveva recitato tanto bene la parte del bullo
tutto-d’un-pezzo, si gettò a terra devastato dal
dolore.
Non
era in grado di muoversi. Non aveva alcuna possibilità
scappare. Il semplice atto di appoggiare le zampe anteriori a terra per
tentare di alzarsi gli causava detonazioni di dolore e urla strazianti.
Se avesse provato parlare, probabilmente non sarebbe stato in grado di
farlo, quanto era intento a gridare.
Ma
nemmeno questo bastò a ripagare la sete di Bright, che
infatti avanzò con la punizione, colpendolo al mento con una
ginocchiata che lo fece volare per aria ancora una volta , per poi
arretrare con un leggero balzo all’indietro, mettendosi in
posizione per il colpo di grazia, e come atto finale,
concentrò tutta la sua energia sugli zoccoli anteriori,
infliggendogli un ultimo, implacabile attacco, sfondandolo con un
doppio pugno a braccia distese. Un colpo che ebbe la potenza di una
meteora all’impatto.
Il
carceriere venne spazzato via, lontano, diversi metri più in
là, e atterrò sulla nuda roccia senza emettere un
singolo gemito. Vivo o morto, a quel punto non aveva più
importanza.
«E
questa volta, stai giù.» Gli disse infine.
Bibski
uscì dal suo nascondiglio, esultando. «Wuhuu!
Performance niente male, amico mio! Certo… mi sarebbero
piaciuti dei pop corn, ma me ne faccio una ragione!»
«Ne
mancava uno.» Commentò Bright, voltandogli le
spalle.
«Oh
sì, il luccicoso che voleva farti nero» rivolse
un’occhiata al corpo straziato del carceriere, facendo una
smorfia stizzita «e che tu invece hai fatto…
rosso. Certo non pensavo che mi avresti preso alla lettera quando ti ti
ho detto di “farlo a pezzi”…»
Il ventre del soldato si alzava e abbassava debolmente, segno che era
vivo, ma le sue zampe, con le ossa esposte che impregnavano il manto di
scure chiazze rosso sangue, non sarebbero mai guarite del tutto. Non
sarebbe più tornato a combattere per l’Impero di
Cristallo e per i Reali del castello, né avrebbe fatto
più parte dei ranghi della legione.
«Non
mi riferivo a lui.» Lo avvertì Bright.
«Ah
no?»
«Ce
n’erano sette all’inizio. Due pegasi e cinque
unicorni. Mentre io qui ne conto solo sei.»
Bibski
si mise a conteggiarli a sua volta, sforzando gli occhi ancora gonfi e
contusi per mettere a fuoco le immagini nell’oscuro tunnel,
confermando le parole dell’unicorno. «Questa non ci
voleva. Sarà corso da Mamma
Celestia
a lamentarsi che gli abbiamo fatto la bua… »
«E
invece no.»
Bibski
gli si avvicinò, guardandolo confuso.
«È
là, dietro l’angolo. Si nasconde come un
topo» indicò di fronte a sé con lo
zoccolo «crede che non riesca a sentirlo, ma ha il fiato
pesante come quello di una locomotiva a vapore.» Brightgate
compì un metro verso la direzione, parlando con voce
autoritaria. «Vieni fuori, subito!» Ma dopo qualche
istante di attesa, nessun pony, né unicorno, né
pegaso, rispose al suo comando. Così fece da sé.
Camminò
lentamente fino alla fine del corridoio, lasciandosi alle spalle Bibski.
Dopo
che ebbe svoltato la galleria, Bibski sentì un grido di
paura echeggiare lungo i muri. Subito, vide il malcapitato unicorno di
cristallo venir scaraventato nel corridoio dallo stallone grigio-cenere.
“Se
la montagna non vien da te”. Pensò.
Riconobbe
la guardia carceraria più giovane. Strisciava a terra come
un’anguilla, perdendo pezzi di corazza a ogni passo.
«V-vi
prego, n-n-non u-uccidetemi!»
«Finiscila,
non abbiamo nessuna intenzione di farlo!» Disse Bright,
parandosi di fronte.
«Già,
a patto che tu ci dica come uscire di qui!» Si
avvicinò Bibski, con fare intimidatorio.
La
Guardia Reale si paralizzò per un momento
nell’osservarlo, come ipnotizzato da quel piccolo pony di
terra che nonostante fosse così deturpato, sembrava ancora
così sprizzante di vita.
Bright
pestò a terra con lo zoccolo. «Allora?!»
La
Guardia trasalì.
Come
se non bastasse, l’aspetto minaccioso di Bright, con il suo
manto grigio fosforescente, come quello di un fantasma, e i lunghi
capelli neri, pregni di polvere e sporcizia, uniti ai suoi occhi
giallastri, lo tramutavano nella ponyficazione stessa di un demone,
rendendo l’interrogatorio della Guardia Reale ancora
più teso e frustrante.
L’unicorno
in armatura scintillante deglutì rumorosamente, mentre
fissava quella creatura dalla massa imponente che aveva sterminato
tutto il suo plotone in meno di due minuti, e che ora era in attesa di
prendere anche lui.
«I-io…
» dentro di lui si combatté una cruda battaglia
interiore, per decidere se rendere onore alla sua corazza e combattere
fino alla fine (anche se invano), o salvarsi la pelle collaborando con
loro. Deglutì rumorosamente. «D-dovete andare di
là.» Indicò di scatto, nella direzione
opposta a Bibski.
«”Di
là” dove?» Domandò il pony di
terra.
«P-prendete
quella galleria… poi… p-percorretela fino ad
arrivare alla svolta. Andate a sinistra, poi avanti, destra e ancora a
destra… a-arriverete a una stanza con un tavolo in
legno… con delle porte e dei corridoi. Salite su quello che
va verso l’alto, lungo la scalinata, e vi ritroverete fuori,
a cento metri dal castello!»
I
due fuggiaschi si scambiarono un cenno d’intesa.
«Seguite
le mie indicazioni e non vi sbaglierete, lo giuro sulle
Principesse!» Disse forzando un sorriso a trentadue denti,
nell’estremo tentativo di conquistarsi la loro fiducia.
«Io
avevo fatto sinistra, avanti, destra e sinistra. In fondo non mi ero
sbagliato più di tanto.» Si vantò
Bibski a testa alta, per quanto i lividi che lo butteravano,
attribuivano a quel gesto un qualcosa di grottescamente comico.
«C’è
un’altra cosa» Bright fissò
l’altro unicorno, puntando con lo zoccolo i cristalli oscuri
che gli imprigionavano il corno «voglio che spezzi
l’incantesimo!»
La
Guardia Reale trasalì alla richiesta. «N-non posso
farlo… non c-conosco il controincantesimo…
soltanto il Capitano delle Guardie, Sir Shining Armor può
annullarlo… » parlò farfugliando,
temendo la loro reazione.
«E
noi dovremmo crederti?»
«I-io…
n-non ho il coraggio di mentirle… signore.»
Bright
sbuffò, ma del resto era un’eventualità
che aveva già preso in considerazione. Si rivolse a Bibski.
«Stiamo soltanto perdendo tempo con lui.»
«Già,
il mio Equalizzatore non aspetta i guaiti di un luccicoso che non ha
ancora imparato a cambiarsi il pannolino. Fanne quello che ti
pare.»
«Ehi,
no, un momento! Vi ho detto tutto quello che volevate! Che volete
farmi?!» Tentò di strisciare verso una delle
celle, ma finì per inciampare sul corpo di una delle Guardie
Reali pegaso svenute a terra.
Quando
aprì gli occhi, si trovò nuovamente
l’unicorno grigio-cenere sopra di lui.
«L-la
scongiuro… non…» supplicò.
«Farà
male solo per un istante.» Disse l’unicorno alto,
colpendolo con lo zoccolo alle terminazioni nervose sul lato del collo.
La
Guardia Reale gemette un momento e smise di muoversi.
Per
un po’ Bright rimase sul posto a guardarlo, chiedendosi se il
colpo fosse stato realmente indolore come gli aveva promesso. Tra tutti
i soldati che avevano tentato di attaccarlo, il giovane carceriere era
stato l’unico a essersi tirato indietro. In circostanze
normali lo avrebbe lasciato andare, ma in quella fuga il tempo era
costantemente contro di loro, e non potevano permettersi debolezze.
«Quando
si sveglierà, sembrerà che sia stato sconfitto in
combattimento. Ne uscirà da eroe… »
mormorò affranto, tra sé e sé.
«Già,
a patto che non gli venga in mente di dire la verità di
fronte alla corte marziale.» Lo guardò aggrottando
la fronte. «Lo hai detto come se ti sentissi in
colpa.»
L’unicorno
passò gli zoccoli sulla criniera, sistemandosela alla
bell’è meglio. «Lo sai che non mi piace
fare del male agli altri pony.»
«Lo
so. Infatti i nostri amici qui intorno sono tutti inciampati sui loro
ferri di cavallo.»
Lo
guardò con disappunto. «Sai benissimo che cosa
voglio dire! Piuttosto, non eri tu quello che fino a cinque minuti fa
era in fin di vita?!»
«Se
vuoi la verità, ho male dappertutto. Mi fa male quando
respiro, mi fa male quando cammino… » un conato di
tosse improvvisa gli ruppe la frase «e anche quando sto
fermo, se è per quello.»
L’unicorno
nitri, tornando ad aggiustarsi la chioma. «La mia criniera
come sta?»
«Davvero
adorabile
direi.
Potresti
sembrare Deepblue.»
«Fantastico…
» commentò l’altro, con sdegno, e
finì di ripulirsi «dai, andiamocene prima che ne
arrivino altri.»
Bibski
trottò allegramente fino ai suoi zoccoli. «Io sono
pronto, tirami su!»
L’amico
lo guardò con espressione torva.
«Sai,
sono ferito… in fin di vita.»
«Scordatelo!»
«Ok,
ok. Allora mettiamola così: hai dei peccati da espiare?
Allora fallo aiutando i deboli e gli indifesi a uscire dalle grotte buie
e
luccicanti!»
Restarono
per un po’ in silenzio, fissandosi a vicenda, dopo di che
l’unicorno strizzò gli occhi con dissenso.
«Ti odio.»
«Squee!»
Con
il pony di terra comodamente disteso sul suo dorso, Bright
proseguì lungo il percorso indicato dalla guardia
carceraria, raggiungendo finalmente l’uscita di
quell’intricato labirinto di gole, sotterranei ed ex-celle
per schiavi, fino ad arrivare di fronte a una piccola inferriata aperta
che dava sulla stanza descritta dall’unicorno di cristallo.
Era
un piccolo antro di non più di sei metri
d’ampiezza, che al contrario dei corridoi artificiali da cui
erano appena usciti, sembrava di origine naturale, almeno a giudicare
dall’irregolarità delle pareti e dalle
innumerevoli stalattiti e stalagmiti di calcare che si protendevano dal
soffitto e dal pavimento umidicci.
L’illuminazione
era garantita da una coppia di grandi cristalli di luce emergenti dal
terreno, alti circa quanto un pony e mezzo, e collocati agli estremi
della stanza. Uno dei due sembrava trovarsi lì da molto
tempo, forse formatosi spontaneamente nel corso dei millenni, ed era
circondato lungo la base da altri piccoli quarzi che ne rendevano la
luce intensa e predominante. Il secondo invece era fissato su un
supporto metallico sul terreno, collocato di proposito al fine di
rendere l’illuminazione omogenea e speculare.
Un
piccolo e discreto tavolo in legno, con sopra nient’altro che
la polvere e leggermente intaccato dalla muffa e dal tempo, decorava il
centro della stanza con quattro sedie mal-ordinate disposte intorno.
Sempre
di legno erano la rastrelliera posta a ridosso di una delle pareti e il
mobile libreria contenente alcuni vecchi tomi in pelle di drago.
Dall’alto della sua cultura (ma anche della groppa
dell’amico), Bibski si chiese se qualche soldato si fosse mai
preso la briga di sfogliarli almeno una volta.
Saltò
giù dal garrese di Bright e si guardò intorno.
Localizzò le porte accennate dal carceriere; erano tre, in
legno robusto e rinforzate col metallo. «Che razza di stanza
è questa?!»
«Sembrerebbe
una guardiola, o almeno qualcosa del genere.»
Ipotizzò Bright. «Anche se non credo abbia molto
senso allestirne una in una città dove il tasso di
criminalità è praticamente allo zero
percento.»
«Allo
Bright&Bibski
percento,
direi. Allora, come ci comportiamo? Quella dev’essere la
scalinata di cui parlava la Guardia. Andiamo fuori e CI
FAI
strada
attraverso il regno?»
Non
vedevano la fine dell’angusto passaggio che conduceva verso
l’alto, ma era l’unico a non essere sbarrato da una
porta, e l’unico, fino a prova contraria, ad avere dei
gradini.
L’unicorno
non accolse di buon grado la proposta del pony di terra.
«Senza rancore ma preferirei evitare di compiere un genocidio
solo per convincere le Principesse ad accettare il nostro aiuto…
» qualcosa appeso a una parete attirò la sua
attenzione «ehi, guarda qua!»
Bibski
si avvicinò. «Che roba è? Una mappa dei
sotterranei?» Chiese.
«Già…
ed è incredibile. Osserva tu stesso!»
Studiarono
insieme la piantina, che si districava in una rete infinita di condotti
e passaggi; chilometri e chilometri di gallerie, celle e stanze scavate
nel sottosuolo della città, che conducevano a ogni remoto
angolo dell’Impero di Cristallo.
Un
cerchio rosso, che faceva tanto stile “voi siete
qui”, indicava la loro posizione attuale, ma la
complessità generale dello schema era ben oltre le loro
più fantasiose previsioni!
«Armerie,
spogliatoi… oh cielo! Questi tunnel non sono solo delle
carceri, sono delle vere e proprie caserme!»
Bibski
restò di sasso. «Vuoi dire che i luccicosi di
cristallo vivono SOTTOTERRA?!»
«Beh,
le Guardie Cittadine sì, se vogliamo dar credito alla mappa.
Ma da un certo punto di vista ha un senso: ci sono pochi pegasi nella
legione. Nell’eventualità di
un’emergenza devono poter viaggiare attraverso la
città in fretta. Presumo che sia un’abitudine
risalente ai tempi del dominio di Re Sombra.»
«Il
che spiega il loro carattere gioviale.»
Alle
loro spalle una delle tre porte cigolò
all’improvviso, e una Guardia Reale unicorno comparve nella
stanza.
«Ma
che cosa… !» esclamò di stucco il
soldato, e si fiondò sul fianco destro della parete,
puntando a qualcosa che i due amici prima non avevano notato.
«Un
allarme! Bright, fermalo!!» Una fitta al petto
ricordò al pony di terra di essere ancora tecnicamente
ferito, ma la ignorò, come tutte quelle che
l’avevano preceduta.
L’unicorno
alto corse in fretta al centro della stanza, e calciò con
forza il tavolo di legno verso il pony di cristallo, schiacciandolo
contro il muro.
Sfortunatamente,
però, aveva agito troppo tardi, e l’eco della
sirena cominciò a propagarsi da tutte le parti.
Bibski
galoppò incespicando verso il pulsante
d’emergenza, provando senza successo a disattivarlo. Il
design del pulsante gli sembrò familiare, e decise di
studiarlo più a fondo. «Reborn
Technologies!» Lesse in rilievo sulla plastica rossa del
dispositivo «Questi tizi si permettono di usare i NOSTRI
sistemi
d’allarme dopo aver fatto a ME
la
ramanzina sull’Equalizzatore!»
Bright
tornò di corsa a studiare un punto della piantina dove prima
non aveva avuto il tempo di soffermarsi. Seguì il tracciato
che aveva di fronte a sé, partendo dalla loro posizione, e
arrivò a una deviazione che si congiungeva con quello che
aveva tutta l’aria di essere un piano interrato del castello,
proprio sotto uno dei quattro piloni che lo sostenevano.
Sulla
superficie, la città sembrava essere piombata nel subbuglio
più totale, almeno a giudicare dal fragore di zoccoli che
iniziarono a echeggiare attraverso la roccia, come se
l’allarme avesse scatenato un’ondata
d’isteria collettiva pari solo all’attacco di
qualche Kaiju. Se volevano andarsene senza dare troppo
nell’occhio, quello sarebbe stato il momento più
propizio.
«Bright.
Non vorrei metterti fretta, ma tra poco temo che sarai costretto a
tornare a combattere se non ci leviamo da qui prima di subito!»
L’unicorno
si voltò di scatto verso il piccolo pony di terra.
«Bibski, ho un piano!»
Puntò
lo zoccolo su quella che aveva individuato come la congiunzione con il
castello, e quando l’inventore capì, il suo cutie
mark prese a brillare. «Fantastico!!»
Si
diressero verso l’uscita lasciata aperta dalla Guardia Reale.
«Salimi
in groppa! Se ho ragione, questa ci condurrà direttamente
dentro la torre!»
«Busseremo
alle porte di Lor Maestà entrando direttamente dalla loro
cantina!!»
L’allarme
si diffuse velocemente, elevandosi fin sulle strade
dell’Impero di Cristallo.
Truppe
di ronda si operarono in fretta per mantenere l’ordine tra i
cittadini, che memori del loro passato di tirannia, ma anche dei
recenti attacchi dei Kaiju, iniziarono a correre a briglie sciolte
rischiando di scatenare il panico di massa.
Nel
castello, la grande famiglia Reale e le Custodi degli Elementi non
sapevano come comportarsi di fronte all’improvviso scenario.
Mentre
si domandavano a vicenda cosa stesse succedendo, una Guardia Reale
unicorno fece irruzione nella sala del trono ansimando.
«Maestà…
» iniziò, ma le parole gli soffocarono in gola.
Era talmente agitato da essersi persino dimenticato l’inchino
servile.
«Prendi
fiato e parla.» Disse la condiscendente Princess Cadance.
«Mia
Signora, ecco… » parlò rivolgendosi a
tutti «i prigionieri che sono stati catturati due giorni
fa… sono scappati!»
«Com’è
possibile?! Ho appena mandato un’intero plotone a prenderli!
Che fine hanno fatto??» Proruppe Shining Armor.
«Signore,
io non lo so, signore! So soltanto che tutta la milizia è in
fermento, e che i due sono entrati nella torre, Signore!»
Twilight
trasalì. «Nella torre?!»
In
quel momento tutti si voltarono a guardare Princess Celestia, che
sospirò affranta. «Sapevo che sarebbe successo.
Non c’è modo di tenere in gabbia quei due. La loro
fuga era solo questione di tempo.»
«Pensi
che stiano venendo qui per noi?» Domandò Luna alla
sorella maggiore.
Princess
Celestia socchiuse gli occhi e abbassò il capo.
«Bibski Doss non è uno stupido. Sono certa che
sappia del nostro arrivo. Quello che mi chiedo è se sia il
suo odio a spingerlo, o se miri invece ad altri fini.»
«C-cielo…
che cosa possiamo fare?»
«Mi
sembra ovvio, Fluttershy! Andiamo lì e gli facciamo vedere i
sorci verdi!»
«Ranbow
Dash ha ragione! Non possiamo starcene qui ad aspettare, dobbiamo
agire!» Disse Twilight, con vigore.
«No
Twily» Shining Armor fece un passo in avanti
«è compito delle Guardie Reali difendere il
castello dai pericoli che incombono sulle nostre mura. Voi statevene
qui, al sicuro!»
«Spiacente,
mio Capitano» obiettò lei con fermezza
«ma Princess Celestia ci ha volute qui per una ragione,
e… » si voltò verso le amiche, che
fatta eccezion per Fluttershy, sembravano preparate a entrare in azione
«beh, noi siamo pronte!»
«E’
giusto» annuì Celestia, rivolgendosi a lui
«hai visto con i tuoi occhi di cosa sono capaci quei due
pony. E t’invito a non ostentare sicurezza solo
perché sei riuscito a catturarli una volta. Brightgate non
è tipo da concedere una seconda possibilità ai
suoi avversari.»
Twilight
si soffermò a pensare al nome che aveva appena udito.
Conosceva Bibski quanto bastava per inquadrarlo, ma del suo aiutante
aveva ricevuto solo informazioni frammentate. A giudicare dalle parole
della Principessa, però, doveva trattarsi di un pony ben
più temibile di quanto già non apparisse.
Avvertì un fremito d’esitazione, che tuttavia
represse immediatamente. Non era il momento di tirarsi indietro.
«E
va bene, faremo così» si diede per vinto il
Capitano «Twilight!»
«Sì?»
«Tu
e le ragazze veniteci dietro.»
«D’accordo!»
Risposero tutte e sei in coro.
«Flash
Sentry, ti voglio in prime linea con me. Assumi il controllo
dell’unità!»
«Sissignore!
Regole d’ingaggio?»
«Autorizzazione
all’uso di colpi magici dirompenti. Non intendo correre altri
rischi!»
«Signore,
sissignore!» Alzò lo zoccolo sulla fronte, per poi
rivolgersi alle altre Guardie Reali. «Avete sentito il
Capitano?! Tutti gli unicorni con noi! I pony di terra e i pegasi
rimangano a proteggere le Principesse!»
«Signorsì
signore!» Risposero in coro.
Twilight
si girò trovandosi dinanzi a Spike, che sembrava in fermento
per scoprire il suo incarico. «Tu invece resterai QUI!
Sono
stata chiara?»
«Ehm…
c-cristallina.» Borbottò, non osando scavalcarla.
«Twilight.»
La chiamò Celestia, facendola sussultare. Voleva forse
rimproverarla per l’atteggiamento verso il draghetto?
«Sì…
?»
«Prestate
la massima cautela laggiù, mi raccomando!»
Trasse
mentalmente un sospiro di sollievo e sorrise determinata. «Lo
faremo!»
Custodi
e Guardie Reali si unirono nella missione e lasciarono la sala del
trono, con Shining Armor e Flash Sentry alla guida della comitiva.
I
destrieri che li accompagnarono erano quattro, tra cui il messaggero
che li aveva informati dell’incursione, a cui si aggiunsero
altri due unicorni incontrati lungo il corridoio.
Scesero
la prima scalinata a galoppo svelto, per poi rallentare il passo a
cominciare dal piano sottostante, incedendo da quel momento in poi con
maggior cautela.
Nei
piani inferiori del castello Bright abbatté altri due pegasi
che avevano tentato di frapporsi tra loro e la loro meta. Anche senza
la sua magia, erano ugualmente nemici di bassa lega. Nemmeno la
capacità di volare poteva pareggiare con le
abilità di combattimento marziale dell’unicorno
alto.
Bibski
Doss seguiva sotto sforzo la strada che l’amico spianava per
lui.
Le
poche energie recuperate nei sotterranei lo aveva già
abbandonato diversi piani sotto, e l’unica cosa che lo
spingeva a proseguire contro ogni possibilità, era la sua
resilienza.
Stesi
gli avversari, si trovarono ad affrontare un’altra
diramazione, alla quale il pony di terra non trattenne
un’imprecazione. «Un altro bivio in questa torre e
giuro che la prima cosa che farò quando sarò
fuori da qui sarà costruire qualcosa che la
demolisca!»
«Su
forza, siamo già saliti di due piani! Non dovrebbe mancare
molto!»
«D’accordo.
E allora… ehm… andremo a destra!»
«Ok,
a sinistra.
Muoviamoci!»
«Ehi
no, aspetta! Avevo detto… Bright!» Ma
l’unicorno era già scattato per la direzione
opposta. «Almeno rallenta… dannazione!»
Raggiunsero
finalmente una sala differente dalle altre, più ampia e con
un grande motivo a forma di fiocco di neve che decorava il lucido
pavimento. Due grandi coppie di colonne ad arco con dei cristalli in
rilievo decoravano la parete sulla sinistra. Sulla destra, una rampa di
scale collegava la stanza con il soppalco del piano superiore, mentre
in fondo, una volta a sesto acuto dava su un altro stretto passaggio,
non diverso dai monotoni corridoi che avevano appena oltrepassato.
Puntarono
subito alla scalinata, quando un trio di unicorni sbarrarono loro la
strada dall’alto, cominciando a sparargli contro sporgendosi
dalla balaustra del piano superiore.
Brightgate
afferrò Bibski tra le zampe anteriori e lo lanciò
sgraziatamente al fianco opposto, verso le colonne, facendolo atterrare
con un gemito di dolore, e mettendosi al riparo con lui dietro i
pilastri.
«Ti
venisse un accidente!» Mugugnò
l’inventore, appiattendosi contro la copertura.
«Almeno
ti ho salvato le chiappe, non disprezzare!»
«Già,
grande mossa! E adesso?!»
Bright
si sporse leggermente per guardare, finendo quasi centrato da un
proiettile di magia, che invece di evaporare al contatto,
rimbalzò sul cristallo scheggiandolo. «Colpi
dirompenti! Stavolta fanno sul serio!»
«In
questo momento avrei almeno una decina di battute pronte, ma sono
troppo preoccupato a sopravvivere!»
Bright
non si prese la briga di rispondergli.
Senza
la sua magia e con il fuoco dirompente delle Guardie di cristallo a
tenerli asserragliati, rischiare di esporsi lasciando Bibski da solo
era un’opzione che non si fidò di avvalorare.
Si
passò lo zoccolo sui cristalli oscuri che crescevano sul suo
corno, e cominciò a riflettere. Se soltanto fosse riuscito a
rimuoverli in qualche modo… sgranò gli occhi
d’improvviso!
Si
voltò verso la colonna, fissando solo per un momento il suo
volto specchiato sulla superficie, e cominciò scaricando una
prima violenta testata su di essa, che si scalfì
all’impatto col corno.
«Wow…
che ti prende?!» Il pony di terra lo guardò
attonito, mentre scaricava un altro colpo, questa volta flettendo
lateralmente il collo.
«Dobbiamo
rispondere al fuoco in qualche modo!» Seguì
un'altra testata. «Se riuscissi a spezzare questa dannata
maledizione, potrò finalmente tornare a usare la mia
magia!»
Testata.
«Beh
certo, ci farebbe comodo in questo momento, ma così rischi
di romperti anche il corno!» Un colpo magico
impattò vicino alla sua zampa posteriore, scottandogli lo
zoccolo. Soppresse un grido di dolore.
L’unicorno
insistette con un’altra testata.
«E’
un’idea stupida, Bright!»
Testata.
«Pensavo
fossi tu quello con le idee stupide.»
Testata.
«Esatto!
E tu sei quello che di solito me lo impedisce!» Un altro
colpo magico gli passò molto vicino al muso, scheggiando un
altro pezzo della colonna. «E VOIALTRI LASSÙ
SMETTETELA DI SPARARMI ADDOSSO!!»
Un’altra
testata e una crepa si aprì nella copertura di cristallo.
«Finirai
per romperti il collo così, Bright!!» Ma
l’unicorno non gli diede retta.
Un’altra
testata e un frammento di cristallo oscuro si staccò dalla
punta del suo corno. Bibski lo guardò tintinnare a terra e
rimase senza parole, ma solo per poco.
«Celestia
quella dannata, sta funzionando! Continua così,
più forte, più forte!!»
«Ah,
adesso non ti preoccupi più?» Ironizzò
Bright.
«Prima
era un’idea stupida, adesso è geniale,
sveltati!»
Un’altra
testata fece scheggiare un secondo pezzo di cristallo oscuro. Un cambio
d’inclinazione e al colpo successivo venne via
un’intera porzione.
Il
collo di Bright cominciò a dolergli, i capillari sulla punta
del corno pulsarono.
Testata.
Testata. Testata.
Avvertì
un principio di mal di testa, che si sarebbe presto tramutato in una
forte emicrania, se non fosse che dopo un ultimo frontale ogni scaglia
di cristallo rimasta finì per spezzarsi, mandando in
frantumi la maledizione. Un vapore nerastro evaporò dal
corno del pony, dissolvendosi nell’aria e liberandolo.
«Ce
l’hai fatta!! Ahaha pazzo spilungone bastardo, ce
l’hai fatta!!» Bibski nella foga quasi si espose ai
colpi nemici, che per poco non lo centrarono.
Brightgate
percepì i suoi poteri riaffiorare dal loro torpore e
permeare i suoi muscoli fin nel cuore dello spirito.
Una
voce che non sentiva ormai da giorni, e che per lui era quasi diventata
estranea, rimbombò nel suo cranio.
-
Bright?!
– Da
lontano, in un luogo ignoto di Equestria, Deepblue sembrò
sorpreso di risentirlo altrettanto quanto lo era lui.
-
Ciao Blu. È bello riaverti con me. -
-
Santo cielo, stavo cominciando a temere che fossi morto! I ragazzi
hanno detto che siete rimasti a combattere contro i soldati di
cristallo, e da allora non abbiamo più avuto vostre notizie!
-
-
Lo so, è una lunga storia, ma ti spiegherò dopo.
Ora ho da fare. –
-
Bibski? -
-
Sta bene, sta bene… beh… più o meno. -
Vide
il pony di terra dibattersi per chiamarlo. «Bright, non ti
distrarre! Avrai tutto il tempo del mondo per parlare con Deepblue dopo
che ce ne saremo andati!»
-
Blu, senti, dico davvero. Ora devo lasciarti. Rimani in attesa e avvisa
gli altri che stiamo tornando! -
-
Avvisarli… ? -
-
Se non vuoi parlare, trova un altro modo per farlo. -
-
D’accordo… -
-
Ti ricontatterò non appena sarà possibile. -
L’unicorno
alto scosse la testa. «Sono qui, eccomi.»
«Bene,
appena in tempo. Perché a meno che una commozione cerebrale
non mi stia traendo in inganno, stiamo per avere compagnia, un sacco!»
Bright
ascoltò in silenzio i passi e le voci di coloro che stavano
giungendo in rinforzo alle tre guardie del piano di sopra. Si
concentrò a isolare ogni singolo suono per stimare il loro
numero, ma gli fu impossibile trarre delle somme su quanti fossero. Su
una cosa però Bibski aveva avuto ragione: erano tanti, e la
loro situazione era già abbastanza precaria così
com’era.
Ancora
una volta, doveva agire in fretta.
«Ok,
ho un ALTRO
piano!» Disse l’unicorno.
«Sono
tutto orecchie, mio destriero.»
Bright
uscì dalla copertura e mandò a segno due colpi
narcotizzanti sulle Guardie Reali, per poi ritirarsi dietro la colonna.
«Bel
colpo!»
«Ascolta:
adesso raccogli tutte le tue forze e comincia a galoppare verso
quell’uscita laggiù più veloce che
puoi, senza fermarti!»
«E
tu che farai?»
«Creerò
un fuoco di soppressione con il corno mentre ti verrò
dietro, se tutto andrà liscio, dovremo riuscire a passare
senza essere colpiti!»
Bibski
diede un rapido sguardo alla volta in fondo alla stanza, calcolando
quanta forza avrebbe dovuto impiegarci per raggiungerla il
più velocemente possibile. «Che stiamo aspettando
allora? Procediamo!» Disse infine.
Shining
Armor, Twilight Sparkle, Flash Sentry e tutti gli altri raggiunsero la
squadra di Guardie Reali appostate sul soppalco, giusto in tempo per
vederne due cadere sotto i colpi del loro nemico.
«State
tutti giù!!» Urlò l’unicorno
rimasto, mentre i rinforzi militari si distribuivano lungo la balaustra.
La
situazione cambiò drasticamente, trasformando il loro
iniziale vantaggio numerico in uno stallo ad armi quasi pari.
Chiunque
non disponesse di un corno per rispondere al fuoco, fu costretto a
restare nella retrovia, il più lontano possibile dalla linea
di tiro e da chiunque ci fosse al piano di sotto.
Twilight
seguì suo fratello verso il pony di cristallo, lasciando
Flash e le sue amiche al riparo a qualche metro di distanza.
«Rapporto,
soldato!» Interpellò il Capitano.
«Erano
in trappola, signore! Bloccati dietro quelle colonne, ma sono riusciti
a rompere il suo sigillo!»
«Sigillo?»
Si accigliò l’alicorno viola.
«L’incantesimo
di annullamento della magia che Re Sombra ha usato su di me tre anni
fa, Twily. Ne ho ideata una variante più stabile per usarla
a mia volta. Anche se non ho idea di come abbiano potuto
infrangerla!»
«Come
sei riuscito a… » “produrre
un incanto del genere”, ma
la domanda di Twilight fu subito interrotta da un grido di uno dei
soldati che erano arrivati con loro.
«Signore,
sta succedendo qualcosa laggiù!».
Fratello
e sorella si sporsero per guardare.
Videro
il piccolo pony di terra dal manto dorato uscire allo scoperto
galoppando a perdifiato verso l’uscita alla fine della sala.
Era da solo.
I
corni dei militari puntarono subito su di lui, pronti a sparare, ma
qualcosa non quadrava. Twilight fu la prima a capirlo. «No,
fermi! Non fatelo!»
L’avvertimento
arrivò troppo tardi.
Un
enorme unicorno grigio-cenere – “Brightate?”
– fece
capolino fuori dalla copertura, cominciando a scagliare contro i
soldati una raffica immane di particelle magiche giallo-arancio, che
narcotizzò quattro di loro costringendo gli altri a tornare
ad accucciarsi.
«Stanno
scappando, signore!» Sbraitò la Guardia a loro
vicina.
«Non
per molto!» Riprese il Capitano a denti stretti.
I
suoi occhi acquisirono il tipico colore verde-oscuro della magia di
Sombra, e l’aura mefitica dell’incanto
ricoprì il suo corno, scatenando il sortilegio.
Uno
spauracchio colpì nell’animo la Principessa
dell’Armonia, mentre guardava il fratello compiere
l’incantesimo. Mai avrebbe creduto di vedere un giorno il suo
prode B.B.B.F.F. (*) cimentarsi con tanta disinvoltura in un
incantesimo di quel tipo.
(*B.B.B.F.F:
My
Big Brother, Best Friend Forever. Come Twilight lo chiama in lingua
originale. Non me ne vogliano i puristi della traduzione, ma proprio
non me la son sentita di mettere la sigla com’è
stata trasposta in italiano. I maliziosi del web capiranno.)
Il
piano di Bright stava funzionando. A ogni passo compiuto, Bibski si
avvicinava sempre di più all’agognato riparo,
mentre fitte di dolore indescrivibili, che prontamente rigettava,
tentavano di persuaderlo a fermarsi.
L’unicorno
era dietro di lui, e continuava a far fuoco contro l’esercito
di cristallo senza colpire nessuno, ma tenendoli sufficientemente
impegnati da impedirgli di contrattaccare.
Riuscirono
a percorrere altri quattro metri oltre la soglia della volta, quando
d’improvviso un grande muro di cristalli neri si
materializzò dal nulla davanti a loro, sfondando il
pavimento e ostruendo la loro unica via di fuga.
Bibski
Doss vi urtò il muso contro, riaprendosi quella fastidiosa
emorragia al naso che solo poco prima era coagulata. «E
adesso… questa che accidenti è?!?»
«Non
lo so ma fai attenzione!» Lo spinse a ridosso del muro.
Le
guardie non si fecero aspettare e subito un unicorno di cristallo scese
la rampa di scale puntando il corno. Bright riuscì ad
abbatterlo prima che questi avesse il tempo di dirigere contro di loro
un colpo dirompente.
«Qui
siamo un bersaglio troppo scoperto, dannazione! Mi dispiace, Bibski,
non l’avevo previsto…»
«Sì,
beh… ormai siamo qui e… tanto vale
difenderci…» sì sentì
spossato dalla corsa. Le poche forze recuperate si erano già
disperse.
«Tutto
bene?»
«Sì,
sì. Non preoccuparti. Mi sdraio solo un momento.»
«Senti,
Bibski… lasciamo perdere questa storia, non ha senso
rischiare oltre.»
Il
pony alzò lo sguardo con espressione di stupore e rifiuto.
«Di che cosa…
“coff”… diavolo stai
parlando?!»
«Ho
di nuovo la mia magia con me, se dicessi a Blu di prepararsi potremmo
usare il Ponte per andarcene da qui seduta stante! Basterà
solo che…»
«NO!
Non senza l’Equalizzatore!» Tentò di
rimettersi sulle zampe, riuscendo solamente a ricadere a terra.
«Non
fare l’idiota! Rifletti: se tornassimo al QG potremo curarti
e tornare qui più organizzati! E magari provare a risolvere
la faccenda in maniera diplom…»
«Non
esiste la diplomazia con loro!!» Gli mozzò la
frase «Specie se già prima non avevamo alcuna
chance! La prossima volta non ci faranno nemmeno avvicinare alla landa
ghiacciata!»
«Siamo
braccati come prede, e io devo portarti al sicuro! Cos’altro
ti aspetti che faccia, allora?!»
«Brightgate,
sei il più grande guerriero di questa dannatissima Nazione!
Esponi il tuo corno e fagli vedere a che cosa vanno incontro se ti
prendono per il verso sbagliato, è semplice!»
Bright
si ritrovò per un momento senza parole, incapace di
sciogliere i nodi che lo tenevano imbrigliato nella discussione. Se
avesse voluto, avrebbe semplicemente potuto condurre Bibski nel Ponte
con la forza, e risolvere così i suoi problemi in meno di un
minuto, ma una volta oltre, come l’avrebbe presa lui?
Probabilmente
sarebbe andato su tutte le furie, a livelli catastrofici, e una volta
sbollentata la rabbia, già lo vedeva fare fagotto e,
stoicamente, rimettersi sui propri piccoli zoccoli in direzione
dell’Impero, pronto anche a sacrificare la propria vita pur
di non ammettere una sconfitta tanto plateale.
Cionondimeno,
Bibski era anche l’unico ad aver dimostrato di possedere del
vero spirito d’iniziativa nella guerra contro i Kaiju, e dal
giorno dell’annuncio della sua misteriosa
“arma”, era diventato il pony più
importante di tutta Equestria.
Bright
sapeva che né lui né nessun altro in tutto il
regno poteva permettersi di mettere in gioco la sicurezza
dell’inventore. Qualcuno doveva assumersi l’onere
di proteggerlo, in modo che Bibski potesse salvarli tutti una volta che
la “bomba”
fosse detonata.
Dunque,
se per quel compito era stato scelto lui, lui lo avrebbe portato a
termine.
Con
l’aiuto della magia, i corpi delle Guardie Reali addormentate
furono allineati lungo la parete all’altro lato, fuori dalla
linea di tiro della balaustra.
Erano
rimasti in nove a contendersi il testa a testa con Bibski Doss e
Brightgate, e di questi solo quattro potevano effettivamente contare
sul supporto della magia (sempre che Rarity accettasse di prendere
parte all’azione).
Da
quell’angolazione non avevano visuale libera sui bersagli, ma
godevano a loro volta della medesima protezione rispetto agli attacchi
nemici.
«Allora
zuccherino, qual è la situazione?»
Twilight
si voltò, e vide Applejack, le sue amiche e Flash
avvicinarsi quatti, quatti a loro.
«Shining
Armor è riuscito a bloccarli in quel corridoio con un
incantesimo, ma non sappiamo come avvicinarci senza rischiare di essere
colpiti a nostra volta!» Spiegò in fretta e
gesticolando, ma facendo ben attenzione a non esporsi più
del necessario.
«Non
vedo dove sia il problema» si fece avanti Rainbow Dash, con
spavalda sicurezza «basterà scendere tutti insieme
con uno scudo magico alzato e scaricargli addosso tutto il nostro
armamentario!»
«Non
è così semplice» la informò
Shining Armor «non dimenticare che possono aprire dei portali
dimensionali per andarsene quando vogliono, e ora che Brightgate ha di
nuovo la sua magia, potrebbe succedere in qualunque momento!»
«Probabilmente
sperano ancora di riuscire ad avere accesso alla sala del trono delle
Principesse.» Disse Flash Sentry.
«Esatto,
ed è per questo che dobbiamo fare attenzione a non esagerare
con azioni troppo aggressive! Non possiamo rischiare che scappino
un’altra volta!»
Mentre
parlavano, nessuno di loro si accorse che Pinkie Pie si era
sporta dalla balaustra – spinta dalla curiosità
– per cercare di vedere i due pony con i quali stavano
giocando a “guardie e ladri”.
«Uhh,
certo che da qui la vista è magnifica!»
Commentò spensierata.
«Pinkie,
abbassati subito!» Le ordinò Twilight, burrascosa.
Brightgate
si protese leggermente dalla parete, puntando il corno verso il suo
bersaglio.
Riconobbe
la Custode dell’Elemento della Gioia, che si stava sporgendo
con la faccia rivolta verso di loro. Per un breve momento i loro occhi
s’incontrarono, e vide in lei le stesse iridi azzurre di suo
fratello Deepblue.
La
sentì fare un commento giulivo, completamente fuori luogo in
quel momento, dove la tensione la stava facendo da padrona. Dopo di che
la vide girarsi, forse per parlare con qualcuno.
Se
voleva agire, pensò, doveva colpirla in quel momento,
cogliere l’attimo. E per quanto l’idea di spararle
a tradimento colmava la sua coscienza di disappunto, era
l’unica occasione che gli era stata offerta.
Puntò
il corno e fece fuoco.
La
coda di Pinkie Pie fremette energicamente, avvertendola di un pericolo
imminente. Si accucciò all’istante, riuscendo a
evitare con abbondante anticipo il colpo narcotizzante sparato
dall’unicorno.
Si
scoprì nuovamente ed esultò con fare di sfida.
«Ahah! Mancato!»
Un
altro fremito la avvisò di tornare ancora una volta al
riparo, prima che il nemico del piano di sotto iniziasse a caricare il
nuovo attacco. Nel momento in cui il colpo partì, lei era
già raggomitolata dietro la copertura.
«Bene,
ti sei divertita. Adesso però, per favore, stai
giù!» Le ordinò Shining Armor. In
seguito fece un rapido cenno all’ultima Guardia Reale, e si
ersero insieme per contrattaccare.
Bright
si riparò dietro l’angolo per evitare
l’azione offensiva. Lo stallo ormai persisteva da diversi
minuti.
Lanciò
un ultimo colpo, e decise di ritirarsi temporaneamente.
«Così non andiamo da nessuna parte! Gli stiamo
solo dando il tempo per chiamare i rinforzi!
«La
sala del trono e soltanto qualche piano più su! Non possiamo
arrenderci proprio ora!»
Bright
guardò l’amico con biasimo. «Se decidono
di venire da noi in massa, io ti trascino fuori da questa sala seduta
stante! È chiaro?!»
«Se
dovessero arrivare in massa, ti autorizzo a stendermi e portarmi via
contro la mia volontà» il suo sguardo si fece
serio «ma fino ad allora noi NON
ci
muoveremo da qui!»
L’unicorno
sbuffò seccato. «E va bene.» Si
guardò alle spalle «Pronti per il terzo
round!»
Si
affacciò all’estremità della parete e
guardò un punto di fronte a sé verso le colonne.
Vide l’intero gruppo dei loro avversari, Capitano delle
Guardie e Custodi comprese, riflessi sul muro di cristallo del palazzo.
La
perseveranza di Bibski gli aveva appena fornito un vantaggio tattico
non indifferente.
Calcolò
la traiettoria e fece fuoco.
Il
raggio magico compì un angolo di novanta gradi, rimbalzando
sul soffitto della sala, vicino a un grande lampadario appeso. Da
lì deviò ancora, terminando la corsa contro la
spalla sinistra di unicorno di cristallo, che cadde narcotizzato.
Fluttershy
si fece scappare un nitrito, ma anche tutte le altre sussultarono
sgomente.
Applejack
si sistemò il cappello. «Per tutte le mele bacate,
ma che razza di mira ha quello?!»
«Ora
capite con chi abbiamo a che fare?!» Disse Shining Armor,
prima di sparare un altro colpo dirompente alla cieca.
«Ehm…
ascoltate… io… » Fluttershy
provò a dire qualcosa, ma la sua voce fu subito sopraffatta
da quella di Rainbow Dash.
«Io
non ci sto a starmene qui ad aspettare di essere stesa! Andiamo
lì e facciamogli vedere i sorci verdi!»
«Piano
sublime Dash, e come conti di fermarli?» Chiese Rarity,
disapprovando.
«Ci
sarà pure qualcosa che possiamo fare! Volete dirmi che con
tutte le difficoltà che abbiamo superato non siamo capaci di
prendere a calci due semplici pony disertori?!»
«Ragazze!»
finalmente la timida pony gialla riuscì a farsi notare.
«Sì,
Fluttershy?» Le diede campo libero Twilight.
«Beh…
stavo pensando… e se provassimo semplicemente ad andare a
parlarci? Voglio dire… senza intenti aggressivi?»
Applejack
inarcò un sopracciglio. «Cioè vorresti
andare là sotto senza scudi e protezioni di alcun
tipo?!»
«Ecco…
diciamo di sì?»
«Per
quanto mi riguarda, è meglio che starsene qui a non fare
niente. Andrò io!» Si offrì la pegaso
arcobaleno.
«Oh,
oh, oh! Rainbow Dash, Rainbow Dash!» La chiamò
Pinkie Pie, agitandosi. «Le ginocchia si sentono, qualcosa di
terribile sta arrivando. Io mi sposterei di un passo, se fossi in
te!»
«Cosa…
ohh!!» Dash per poco non venne colpita da un altro attacco
rimbalzato di Bright, che evitò per un soffio.
Gli
occhi dei presenti si spostarono verso la pegaso gialla.
«Sei
ancora convinta di voler andare là sotto?» La
sminuì il Capitano delle Guardie.
«Ihh!
Oh… ahm… come non detto…»
«Tuttavia…»
cominciò Flash, prendendo le sue difese «la sua
idea non è male. Capitano, mi permetta di provare! Se
l’azione dovesse fallire, rimarrete comunque voi a cercare
una nuova strategia!»
Shining
Armor spostò lo sguardo da lui al vuoto, varando seriamente
la possibilità di prendere in considerazione la proposta dei
due pegasi, ma non era l’unico della famiglia Reale ad aver
messo in moto il cervello. Twilight Sparkle cominciò a
scorrere nella sua lista mentale d’incantesimi, in cerca di
una formula che potesse tornar utile per la loro causa. Una magia,
magari, che desse zoccolo forte a Flash. O qualcosa da utilizzare come
piano di riserva.
«Un
momento, forse ho un’idea migliore!» Fece a tutti
segno di avvicinarsi e cominciò a parlare con voce bassa.
«Ascoltate, qui la questione non è arrivare a loro
prima che scappino nei portali! Il loro vantaggio sta tutto nel fatto
che non si separano mai, ma se riuscissimo a distanziarli in qualche
modo, diciamo, quanto basta per mettere gli zoccoli almeno su Bibski
Doss, anche se perdessimo Brightgate avremmo comunque catturato il
leader del gruppo!»
Shining
confermò con un cenno. «Infatti, è lui
che controlla tutta l’organizzazione. Ma temo che Brightgate
venderà cara la pelle prima di permetterci di catturarlo.
Che cos’hai in mente, Twily?»
«Conosco
un incantesimo che penso potrà aiutarci. È ancora
un po’ rudimentale, l’ho usato solo un paio di
volte, ma dovrei essere in grado di mantenerlo abbastanza a lungo da
consentirmi di avvicinarmi. State a guardare… »
chiuse gli occhi e concentrò la sua magia sul corno. Una
piccola gocciolina di sudore le colò giù dalla
fronte, per poi svanire subito dopo nel nulla. Lo stesso avvenne per
Twilight, che di punto in bianco si dissolse nell’aria, senza
lasciare di sé alcuna traccia.
«Ehi
ma… dov’è finita?!» La pegaso
arcobaleno si guardò intorno, cercando intorno a
sé senza riuscire a localizzarla.
«Sono
proprio qui, Rainbow Dash, davanti a te!» Rispose la voce
dell’alicorno, dallo stesso punto da cui era svanita.
«Un
incantesimo dell’invisibilità, ma
certo!» Comprese Shining Armor. Si trattava di una magia
simile all'incantesimo d'occultamento usato dalla truppa di Shining
Armor nella landa ghiacciata, ma di livello più avanzato,
che permetteva al mago che la utilizzava di acquistare una mimesi
totale con l'ambiente.
«Uhaaaa…
»
Rarity
e Applejack si precipitarono a tappare la bocca alla pony in rosa.
«Pinkie Pie, vuoi fare silenzio?!»
Saettò l’unicorno bianco-perla, rendendosi conto
solo in un secondo momento quanto fosse disgustoso infilare i propri
zoccoli nella bocca di un’altra pony.
«Ragazze,
prestate attenzione per favore! Non so per quanto ancora
riuscirò a mantenere l’incantesimo
attivo!»
Le
amiche tornarono a lei. «Scusaci zuccherino, dicci pure. Cosa
dobbiamo fare?»
Guardarono
il punto vuoto sul pavimento, dove presumevano si trovasse Twilight.
La
pony respirò profondamente, e si apprestò a
spiegare il suo piano. «Princess Celestia ci ha volute qui
per una ragione, perché sapeva che con la nostra amicizia
avremmo trovato il modo di risolvere anche questa emergenza. Quindi
dobbiamo agire insieme, e… » guardò
verso Shining Armor e Flash, che per ovvie ragioni non poterono seguire
il suo gesto «avremo bisogno anche del vostro
aiuto.»
I
due stalloni in un primo momento non capirono, ma dopo aver realizzato
che si era rivolta a loro, si scambiarono uno sguardo reciproco per
conciliare l’intesa.
«Noi
siamo pronti, mia Principessa. Dacci istruzioni.»
Affermò Flash Sentry, chinando il capo con un gesto servile.
Twilight
sentì le sue guance divampare, e ringraziò
l’incanto che la stava nascondendo in un momento
così imbarazzante.
«D’accordo… allora faremo
così…»
Bright
si scaraventò contro la parete di cristalli neri con uno
spaventoso calcio volante, riuscendo solo a malapena a scalfire alcune
piccole porzioni della superficie esterna. Troppo poco per sperare di
aprirsi un varco con la perseveranza, e l’ostacolo che si
frapponeva dinanzi a loro poteva essere spesso oltre due metri, per
quanto ne sapeva.
Collo
e cranio, inoltre, gli dolevano ancora per le violente testate che era
stato costretto a tirare per liberarsi dalla maledizione oscura.
Bibski
si era rialzato, e lanciava ogni tanto delle occhiate circospette verso
il soppalco. «Non riesco a capire. È da un sacco
che sono imbambolati lì a non far niente. Che cosa stanno
combinando lassù?!»
«Non
è evidente? Sono andati a chiamare i rinforzi!»
Bright colpì duramente con un’altra zoccolata,
prima di decidere di scartare definitivamente l’ipotesi della
fuga verso quella direzione. «Vedrai, da un momento
all’altro ci ritroveremo con un esercito di corni irrequieti
puntati sulle nostre teste!»
«E
allora noi ci abbassiamo e poi gli facciamo saltare tutti i
denti!»
«Ancora
non lo vuoi capire?!» Sfogò un potente pugno alla
parete accanto, aprendovi, stavolta, una spaccatura. «Non
c’è speranza di vincere questa volta!»
«Perché
non provi ancora quel tuo trucchetto del rimbalzo? O…. o
andare lassù e prenderli a zoccolate come hai fatto
prima… o… »
«No,
Bibski. È finita! Questa volta abbiamo perso, devi
rassegnarti!»
Il
pony di terra puntò gli zoccoli, pronto a ribattere, ma fu
sollevato per aria in un alone telecinetico, trovandosi
all’altezza di Bright. «Ho detto: è FINITA!»
E lo adagiò burberamente al suolo.
Cominciarono
a sfidarsi in una gara di sguardi rigidi e aspri, sulla quale
però vinse l’unicorno alto.
L’inventore
quindi si girò dall’altra parte, offeso e domato.
-
Blu.
È arrivo il momento. Attiva il Ponte e portaci fuori da qui.
- Disse
Bright, mettendosi in posizione.
L’incantesimo
fu eseguito in perfetta sincronia da entrambe le parti e il piccolo
globo di luce giallo-arancio divenne in pochi secondi la fenditura del
varco.
«Forza,
Bibski. Andiamo.» Lo chiamò.
«Promettimi
solo una cosa» disse il pony affranto, voltandosi con sguardo
severo «non appena mi avrete rimesso in sesto, torneremo qui
e ci riprenderemo l’Equalizzatore!»
ringhiò.
Bright
gemette, ma subito dopo annuì con convinzione e si
portò uno zoccolo all’altezza del petto.
«Lo giuro sul mio onore.»
Bibski
gli restituì un cenno poco convinto e cominciò a
incedere verso il portale.
Scrutò
oltre la fenditura, riconoscendo uno dei locali del loro campo base.
Dall’altra parte dello spazio, alcuni pony della squadra
manovale si era fermati davanti al portale, a qualche metro di
distanza, e lo guardarono con curiosità e un misto di
apprensione per il ritorno imminente dei due fuggiaschi.
Ancora
qualche passo e finalmente quella storia sarebbe finita.
Bright
si morse un labbro nello sforzo di mantenere aperto il passaggio. Anche
lui, come il pony di terra, era provato dagli sforzi della fuga, e
l’incantesimo dei portali richiedeva un dispiego di energie
considerevole.
Inoltre,
durante le fasi dell’incanto,
l’intensità del contatto mentale che raggiungeva
con suo fratello Deepblue ottenebrava quasi completamente
l’efficienza dei suoi sensi, impedendogli di essere vigile e
reattivo.
Quando
Twilight Sparkle si era posta alle sue spalle, muovendosi furtiva
quanto il suo corpo le aveva consentito, la Principessa non poteva
certo immaginare che il merito del suo successo sarebbe stato
attribuito alle scelta dei tempi, e non alla sua discrezione: in altre
circostanze non avrebbe mai potuto accostarsi a Brightgate abbastanza
vicino da tendergli un’imboscata.
L’alicorno
viola cominciò a convogliare tutta la sua magia sulla punta
del corno, rompendo anche l’occultamento che la teneva
celata, pur di recuperare il maggior numero possibile di risorse.
Bibski
Doss fu il primo ad accorgersi della Principessa, accelerando di corsa
verso il portale, ma prima di riuscire a varcarne la soglia, lei
scaricò su entrambi una forte deflagrazione magica, che
infranse il varco e li fece volare via, scaraventandoli in mezzo alla
sala.
Bright
atterrò sugli zoccoli, percependo l’adrenalina che
iniziava a fluirgli in circolo, Bibski invece rotolò a terra
per qualche metro, emettendo lamenti sofferenti prima di fermarsi, ma
non c’era tempo per correre in suo aiuto.
Un
pegaso arancione in armatura dorata e la giumenta arcobaleno che
corrispondeva all’Elemento della Lealtà volarono
in picchiata contro l’unicorno alto, pronti ad assalirlo. Li
fermò entrambi con la telecinesi e li fece schiantare a
terra.
L’alicorno
Twilight Sparkle lo colpì con un attacco dirompente sul
dorso, tanto rapido e intenso da non poter essere evitato, che
liberò i suoi compagni dalla morsa dell’alone
magico.
La
pony in rosa dai capelli cotonati apparve di fronte a Bright con un
sorriso candido in volto. Istintivamente, tentò di colpirla
con calci e zoccolate, ma nessun colpo andò a segno. Pinkie
Pie li schivò tutti divertendosi a crepapelle, invitandolo a
riprovarci ancora e ancora.
I
pegasi erano tornati alla carica, cercando di attaccarlo da entrambi i
lati. Parò i loro calci volanti con le zampe e si
allontanò con una capriola.
Un
lazo gli si avvolse al garrese come un cappio e lo strattonò
con violenza buttandolo giù. Bright girò la corda
intorno alla zampa anteriore destra e tirò a sua volta,
strappandola dalla bocca di Applejack.
Si
erse a quattro zampe e lanciò una raffica di attacchi
narcotizzanti sui presenti, ma altri due unicorni si aggiunsero al team
insieme alla loro Principessa dell’Armonia, creando una
cupola protettiva su tutti loro. Erano il Capitano Shining Armor e la
Custode dell’Elemento della Generosità, ai quali
poco dopo si aggiunse anche la timorosa Custode della Gentilezza,
tenutasi al riparo fino a quel momento.
In
poco tempo Bibski Doss e Brightgate si trovarono circondati da sette
tra i più potenti pony di tutta Equestria, oltre che da un
vigoroso pegaso Guardia Reale di rango elevato.
«Fine
dei giochi, Bibski Doss. Arrendetevi!» Tuonò
Twilight, con il corno già pronto per nuovi incantesimi.
Bright
lo aiutò a issarsi sulle zampe.
«Pensate
davvero che basti così poco per farmi desistere?
È ovvio che non mi conoscete abbastanza!»
Fluttershy
notò gli ematomi sul suo corpo, e non riuscì a
frenare un gemito.
Di
risposta, Bibski compì il gesto di guardarsi. «Ah,
questi? Un regalo da parte della servitù del castello. Voi
Reali sapete trattarli bene i vostri ospiti… AHI! Ma
che… ?» Bright lo azzittì dandogli uno
scappellotto sulla nuca.
«Questa
volta parlerò io!» Lo ammonì.
Dopo
un primo rifiuto, il pony di terra borbottò qualcosa e si
fece da parte.
L’unicorno
alto fissò negli occhi Shining Armor, porgendogli un cenno.
«Capitano.»
L’interlocutore
indirizzò il corno verso l’uscita chiusa dal muro
di cristalli, e attuò il contro-incantesimo che li infranse,
liberando il passaggio. A quel punto ricambiò il gesto
dell’unicorno grigio, e si guardò velocemente
intorno. «Avete dato proprio un bello spettacolo qua sotto.
Convalido tutto quello che ti dissi nella landa ghiacciata: saresti un
ottimo soldato se solo ti unissi a noi.»
«Ho
le mie valide ragioni per essere dalla sua parte, Signore»
sospirò e si voltò verso Bibski «e ad
ogni modo, non siamo venuti fin qui per cospirare contro
l’Impero.»
«Tsk.
Se quello che dici è vero, avete dei modi a dir poco
oltraggiosi per dimostrarlo!» Commentò Rarity, con
sdegno.
«Signorina»
iniziò Bibski, con un antipatico sorriso sornione stampato
sulle labbra «se tu fossi stata per due giorni nelle
condizioni in cui hanno tenuto noi, sono certo che anche tu avresti
raso al suolo questo posto.»
Il
piccolo stallone si mise a osservare Bright, che lo stava linciando con
un’occhiataccia scontenta. «Oh scusa, ho parlato
senza il tuo permesso?»
L’unicorno
alto si colpì al muso con lo zoccolo.
Twilight
riprese a parlare, con l’intento di sbrogliare la
conversazione. «Se non siete venuti qui per minacciare
l’Impero di Cristallo, allora perché tutto
questo?»
I
due ricercati si guardarono l’un l’altro, e il pony
di terra fece spallucce all’amico. «Glielo spieghi
tu o ci penso io?»
«Francamente
Bibski, non so nemmeno io che cosa ci facciamo qui.» Rispose
Bright mesto.
Il
pony allora fece qualche passo in avanti, fingendo di zoppicare e
divertendosi ad accentuare le sue menomazioni più del
necessario.
L’unicorno
alto roteò gli occhi, ma Applejack e Fluttershy abboccarono
abbastanza da cominciare a provare una certa pena per lui.
«D’accordo,
forse siamo partiti un po’ con lo zoccolo
sbagliato.» Disse in tono beffardo.
«Tu
credi?» Chiese Twilight, fissandolo.
«Per
cortesia, cara Principessa, il sarcasmo lascialo a me. Ad ogni modo,
beh, sì, ma abbiamo dovuto farlo. La circostanza richiedeva
una certa capacità d’improvvisazione, ed io ho
improvvisato.»
Twilight
alzò un sopracciglio mentre si preparava a fare la prossima
domanda. «Ed esattamente per cosa
avreste “improvvisato”?»
Il
pony di terra camminò in tondo, incrociando i loro sguardi e
riflettendo.
«Allora?»
Insistette l’alicorno dinanzi al suo silenzio.
Il
cutie mark del pony tornò a risplendere. Bright sapeva che
nelle ultime ore quel fatto aveva portato solo dei guai. Gli altri
invece, sebbene la luce che brillava sul suo fianco fosse smagliante,
non reagirono più di tanto. Forse ne erano già
informati, o forse la conversazione era semplicemente troppo tesa
perché si divagasse con domande superflue.
«Vi
propongo un accordo.» Suggerì Bibski Doss.
Twilight
sussultò. «Un… accordo?»
«Un
armistizio, per essere precisi.» La corresse. «Voi
date l’ordine alle vostre guardie luccicose di non darci
più la caccia, e noi risponderemo alle vostre domande
evitando di morderci le orecchie a vicenda.»
La
Principessa, perplessa, cercò l’appoggio di suo
fratello.
«E
perché mai dovremmo farlo?» Chiese Shining Armor.
Bibski
sorrise, come se non aspettasse altro che quella domanda.
«Perché due giorni fa volevate saperne di
più sulle attrezzature che stavamo installando nella landa.
E noi, beh, non abbiamo certo intenzione di spifferare i nostri segreti
senza un “pegno” che sancisca il vostro
appoggio.»
Per
un breve momento nessuno dei presenti rispose. Probabilmente
perché non c’era una risposta adeguata da porre.
Poi il capitano strizzò gli occhi, aspramente.
«Quando parli di voi
intendi
dire TU?»
«Naturalmente.»
Rispose Bibski, sorridente e perfido.
«E
al tuo braccio destro questa cosa sta bene?»
Bright
accolse l’insinuazione chiudendosi in un omertoso silenzio.
“Altro
che l’Elemento della Lealtà. QUESTO pony cederebbe
anche l’anima al Tartaro pur di compiacere il suo
capo.” Osservò
Shining Armor, sentendo su di sé il peso della scelta che
era chiamato a compiere. Bibski Doss era un ricercato in fuga
da anni, che si era approfittato della crisi di Manehattan per compiere
un misfatto imperdonabile ai danni delle innocenti vittime del
disastro, e non contento del suo crimine, si era dato alla macchia
fuggendo a ogni tentativo di cattura.
Ora
che finalmente l’Impero di Cristallo era riuscito a mettere
gli zoccoli su di lui, aveva dato prova della sua impenitenza
dimostrando ancora una volta quanto fosse restio a prendersi le sue
responsabilità.
Avrebbe
meritato i lavori forzati per anni, o peggio ancora, essere sbattuto
nelle segrete dell’Impero vita natural durante, e stavolta
senza possibilità di fuga, e non c’era una sola
motivazione, che fosse valida, che giustificasse il perdono che stava
pretendendo. Ma d’altronde, fino a che il suo assistente
Brightgate fosse rimasto con lui, il rischio che entrambi varcassero il
portale e tornassero alla clandestinità – mentre
la minaccia Kaiju si faceva sempre più incombente giorno
dopo giorno – era un ostacolo che non andava preso sottozampa.
Che
cosa doveva fare dunque Shining Armor? E qual era la soluzione migliore
per sua moglie e il suo regno?
Dagli
sguardi del suo gruppo, comprese di non essere l’unico a
condividere quei dilemmi, ma era l’unico tenuto a
sbrogliarli.
«Una
collaborazione, eh?» Cominciò a chiedere in
maniera retorica, con l’intento di prendere tempo.
Con
fare grandioso, Bibski sollevò una zampa e iniziò
a cantilenare a occhi socchiusi. «D’altronde che
cos’è un piccolo trattato di pace, di fronte alla
prospettiva di un equo baratto di saperi e conoscenze?»
Shining
Armor scrutò il cerchio di pony intorno a Bibski Doss e
Brightgate, focalizzandosi poi sulla distanza che separava i due,
l’uno rispetto all’altro.
Poco
dopo decise che li avrebbe colpiti, questa era la sua scelta.
Anche
se poi fossero fuggiti attraverso il varco dell’unicorno, le
conseguenze di una loro fuga sarebbero state comunque inferiori
rispetto all’idea di consegnar loro le chiavi del castello.
Incontrò
gli occhi di Brightgate, e capì che anche lui aveva capito.
Lo sguardo dell’unicorno grigio-cenere
s’indurì. La sua espressione concentrata e sicura
di sé lo stava invitando a provarci. Lo provocava. E il
Capitano l’avrebbe accolta, scegliendo quello che per lui era
il minore dei due mali, pronto ad affrontare le implicazioni del suo
gesto.
«Sai
cosa penso?» Gli si rivolse digrignando i denti?
«Sì?»
Chiese l’inventore, ricambiando l’atteggiamento.
«Penso
che oggi abbiate già combinato troppi danni al mio
regno!» Chinò quindi il corno, allineandolo col
corpo di Bright, preparandosi a colpire.
«NO!»
La voce di Princess Celestia rimbombò lungo la sala,
falciando il respiro dei presenti.
Shining
Armor spense subito il suo corno e si girò con gli altri
verso il soppalco del piano di sopra, da dove la grande alicorno bianca
si era materializzata da una coltre di luci incandescenti.
Alla
sua vista, Bibski grugnì scontento, ma scelse di fare buon
viso a cattivo gioco. «Princess Molest…
ehm volevo dire… Celestia!
Qual buon vento la porta qui?» Non fece caso alle frecciate
di disprezzo che gli vennero scagliate dal resto dei presenti (o fece
finta?).
«Io
mi domando perché i nostri incontri debbano sempre sfociare
in situazioni tanto drastiche, Bibski.» Rispose lei con voce
grave.
«Beh,
lo sai. Ho una personalità troppo spiccata
perché mantenga un profilo basso.
E a proposito, davvero bello il comitato di benvenuto che ci hai fatto
preparare. Forse un po’ zampeschi, sì, ma niente
che Bright qui presente non abbia saputo affrontare!»
La
Principessa fece una smorfia. Dal loro ultimo incontro,
constatò, l’inventore sembrava perfino peggiorato.
Ciò che invece restava uguale era la sua propensione a voler
avere sempre vinta, in qualunque contesto o situazione.
Ricordò
un tempo in cui trovava davvero simpatico quel suo tratto esuberante.
Addirittura lo ammirava per la sua forza di volontà. Ma ora,
cos’era diventato?
«Che
cosa vuoi da me, Bibski? Intendo dire, che cosa vuoi davvero
da
me?»
Gli chiese con voce cupa.
La
domanda, nella sua semplicità, sembrò toccare un
tasto dolente nella psiche del pony, spingendolo dopo un po’
a fare qualcosa che nessuno in quel momento era pronto ad aspettarsi
(nemmeno il suo fidato partner).
Cominciò
a fissare il pavimento a terra, meditando su qualcosa, ma senza dire
nulla. Nessuna battuta sprezzante, nessun tentativo di sfregiare i
presenti con il suo fare antipatico, nessuno dei suoi tipici vaneggi.
Poco dopo alzò il volto su Princess Celestia, guardandola
intensamente attraverso gli occhi gonfi di lividi. La sua espressione
era seria come non mai. «Vorrei solo parlare con te. E questa
volta, vorrei che tu mi ascoltassi.»
Un
attimo che sembrò durare un’eternità
scandì il tempo che trascorse da quel momento alla risposta
della Principessa. Celestia mostrò al pony un sorriso dolce
e comprensivo, annuendo alla sua richiesta. «Così
sia. Potete accedere alla sala del trono come pony liberi, a patto che
rispettiate l’accordo di reciproca pace.»
Bright
fu stupito di quella svolta improvvisa, ma sia lui che Bibski annuirono
a loro volta.
Dal
corno della Principessa sfoggiarono una serie di raggi splendenti, che
avvolsero di magia candida le Guardie di Cristallo, risvegliandoli dal
loro stato d’incoscienza. «Venite.» Disse
quindi, dirigendosi verso la porta, mentre i soldati si riprendevano
dalla narcolessia.
«Princess
Celestia, è certa che possiamo fidarci di loro?»
Chiese il Capitano delle Guardie, riluttante all’idea di
accogliere i suoi nuovi ospiti.
«Garantisco
io per loro, Shining Armor. Se dovesse succedere qualcosa, me ne
assumerò la completa responsabilità.»
Tornato
in sé, Bibski non si fece certo sfuggire
l’occasione per dire la sua. «Già, non
temere Capitan Luccicoso! Un giorno avrai la tua vendetta… a
patto naturalmente che tu riesca a trovarci! Ihihih!»
«Spero
per te che non stiate tramando qualcosa, altrimenti…
»
«Andiamo,
fratellone» gli si parò di fronte Twilight,
spingendolo via «sta solo cercando di provocarti!»
«E
non saresti nemmeno il primo di oggi!» Incalzò il
piccolo stallone. «Di questo passo potrò
candidarmi al record dei Primati Equestriani!»
Mentre
il gruppo si avviava, Bright ansimò rumorosamente, attirando
la sua attenzione.
«Qualcosa
non va, ragazzone?»
«Vorrei
poter dire che un giorno qualcuno ti rimedierà una lezione,
ma tanto ci sei già passato, e non è servito a
niente.»
«E
questo non fa forse di me un pony unico nel suo genere?»
Bright
si permise di sorridere.
Finalmente
liberi dalla persecuzione dei pony di cristallo, le battute
dell’inventore avevano riacquisito quel sapore dolce-amaro
che in altri scenari riuscivano sempre a strappargli una risata.
«Senti
Bright… dato che tra non molto è assai probabile
che mi rimetteranno in sesto, non ti dispiacerà, vero,
portarmi ancora una volta in groppa?»
“Non
si smentisce mai…” pensò
l’unicorno alto tra sé e sé.
«Forza, monta su.» Acconsentì,
sollevandolo con la levitazione e adagiandolo sul dorso, e si avviarono
al seguito dei padroni di casa.
«Sai,
devo ammettere che mi hai davvero sorpreso poco fa.»
Commentò Bright, con onesto stupore.
«Ah
sì? E a che proposito?»
«Mi
riferisco all’accordo che hai stipulato con Celestia. Non
avrei mai immaginato di vivere abbastanza a lungo da vederti capitolare
a lei tanto spontaneamente.»
Lo
sentì divincolarsi sulla groppa, avvicinandosi alle sue
orecchie.
«Cosa
ti fa pensare che io abbia capitolato?»
«Pff,
ti va di scherzare? Come la mettiamo con quella storia
dell’armistizio?»
«Appunto.
Un armistizio,
ossia:
“sospensione
delle ostilità concordata tra due parti belligeranti”.
Almeno è così che lo definisce il
dizionario.»
L’unicorno
non fu certo di aver capito. «Sì… e
allora?»
«Bright,
si tratta di una resa reciproca… »
L’unicorno
alto si fermò di colpo, sgranando gli occhi.
«…
al peggio possiamo definirlo una specie di pareggio, ma non
è una vera sconfitta. Almeno… non lo è
per me!»
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