CAPITOLO
5: La Fine della Reborn
Brightgate
chiuse gli occhi con forza e digrignò i denti, cercando di
isolare i suoi sensi dall’ambiente circostante.
Poteva
percepire distintamente la presenza di suo fratello nella sua testa,
come se il pony fosse di fronte a lui in carne e ossa.
Concentrarsi
insieme, per potenziare il legame telepatico, per loro era come
fluttuare immersi in una nebbia densa e palpabile, attraverso la quale
più le loro menti si avvicinavano, più era
intenso il contatto che erano in grado di raggiungere.
Dissipata
la foschia che aleggiava tra di loro, Bright aprì gli occhi,
e si trovò solo momentaneamente abbagliato dalla
luminescenza della sala del trono dell’Impero di Cristallo.
-
Ci
sono, riesco a sentirvi. –
Disse
Blu, confermando che da quel momento poteva ascoltare attraverso le sue
orecchie gli stessi suoni che sentiva il fratello.
Il
canale di comunicazione che tenevano aperto costringeva entrambi a un
sacrificio di energie ancora più elevato di quanto
già non ne esigesse la comunicazione telepatica, ma senza
più minacce immediate nei dintorni, era uno sperpero che
potevano comunque permettersi. In questo modo, anche Deepblue sarebbe
stato partecipe delle grandi rivelazioni che Bibski Doss avrebbe
divulgato da un momento all’altro ai presenti nella sala.
Il
piccolo stallone dal manto dorato e dal cutie mark lampadina si trovava
qualche metro più in là, assistito dalla
Principessa Cadance, che con il suo corno avvolto da un alone incantato
celeste, stava applicando su di lui un incantesimo curativo che aveva
quasi completamente cancellato i lividi e le escoriazioni dal suo
manto. Una variante molto più avanzata della sua,
constatò l’unicorno alto.
Gli
altri pony attendevano la fine di quell’operazione vicino al
maestoso trono, chiusi in un silenzio che emanava imbarazzo ma anche
ogni genere d’incertezze. Solo Celestia dava dimostrazione di
avere una certa padronanza della situazione.
In
quel momento gli occhi dell’unicorno grigio-cenere e della
Principessa del Sole s’incontrarono, e una scoccata
reciproca, invisibile a chiunque meno che a loro, fu trasmessa da
pupilla a pupilla.
Celestia
ricordava bene i trascorsi di Brightgate, e glielo stava comunicando
apertamente attraverso lo sguardo, ma lo stesso non si poteva dire
delle Custodi degli Elementi, né tanto meno dei Reali del
castello. Altrimenti, pensò lui, difficilmente Shining Armor
e Princess Cadance gli avrebbero concesso di accedere nella sala.
Tuttavia, l’avvertimento che gli venne lanciato fu chiaro e
lampante: dovevano rigare dritto, o l’armistizio sarebbe
crollato, e con esso anche le loro speranza di un accordo.
Twilight
Sparkle non si sentiva a suo agio a trovarsi nella stessa sala con quei
due pony, e non solo per la reputazione che li precedeva, o per il
racconto delle lande ghiacciate riassuntole da suo fratello,
né tanto meno per la rocambolesca fuga durante la quale si
erano liberati di un’intera truppa di Guardie Reali. No, lei
aveva visto con i propri occhi le capacità di
quell’unicorno dal manto corvino, che aveva saputo tenere
testa a lei e ai suoi amici tutto da solo, e si rese conto che nemmeno
la grande unione delle Custodi degli Elementi avrebbe potuto fare nulla
in uno scontro diretto.
La
sua stazza era immensa, qualcosa che non aveva mai visto prima in
nessun pony che non fosse alicorno. Superava in altezza persino
Princess Luna e Cadance, e solo Celestia rivaleggiava con lui,
sovrastandolo di pochi centimetri. Persino suo fratello Shining Armor,
che lei aveva sempre osservato con un misto di stupore e ammirazione
per la sua grande prestanza fisica, degna di un grande Capitano, non
era nulla se messa al confronto con quella di Brightgate.
In
passato aveva incontrato in diverse occasioni pony che eccedevano
nell’altezza o nella massa fisica (uno tra tutti il buffo
Bulk Biceps, che qualcuno chiamava simpaticamente Snowflake), ma mai
nessuno finora aveva rivelato una tale armonia nelle forme come Bright.
Aveva lunghe e forti zampe, un fisico possente ma non sovrabbondante,
due occhi intensi e marmorei come quelli di una statua e un corno
sottile, lungo e tremendamente appuntito. Una macchina da combattimento
perfetta e infallibile, che per fortuna sembrava sostenuta da una mente
salda e riflessiva.
Di
ben altro registro era Bibski Doss, la cui infamia lo accompagnava
dovunque il suo nome andasse; aveva già trovato conferma dei
suoi pregiudizi nei primi minuti di conversazione che ebbero.
Al
contrario dell’unicorno, verificò la Principessa,
lui era gracile e basso (perfino più di lei), antipatico e
sbruffone, e all’apparenza non aveva dalla sua alcuna dote
particolare, a parte quel bizzarro cutie mark che occasionalmente, e
senza alcuna coerenza scientifica, s’illuminava.
La
Principessa dell’Armonia non poteva raccapezzarsi di come un
equino tanto perfetto quanto Brightgate potesse accettare di
accompagnare e persino prende ordini da un piccoletto come Doss. A una
prima analisi, sembravano sostenuti da un profondo legame, che in un
certo senso rivalutava la prima impressione che ebbe su di loro, ma
d’altra parte, da studiosa della Magia
dell’Amicizia, si domandava quale potesse essere la loro
storia, e cosa li avesse spinti ad arrivare a essere così
uniti e inseparabili.
Di
opinione più pragmatica era invece suo fratello Shining
Armor, che teneva un occhio teso e puntato su di loro, e uno sulle fila
di Guardie Reali di Flash Sentry, pronto a dare ordine di attaccarli
non appena avessero tentato qualche azione sospetta.
«Così
dovrebbe bastare.» Annunciò Cadance, disattivando
la magia curativa e arretrando di qualche passo.
Osservò
Bibski Doss, mentre si stiracchiava scricchiolandosi le ossa.
«È tutto a posto? Qualche problema ai nervi?
Dolori muscolari?» Domandò poi.
«Niente
di niente. Avrei desiderato rimanere con qualche cicatrice da pony
vissuto, ma a quanto pare è proprio vero che la Casta ha i
medici migliori!» Rispose
l’inventore con sprezzo, mentre si premurava a evitare le
saettate che gli stava lanciando Bright.
Cadance
si voltò verso il marito, che le fece discretamente cenno di
lasciar perdere, e quindi ansimò per mantenersi calma.
Dunque fece per andare verso di loro.
«Eh?
Ma come, niente lecca-lecca?» Continuò
imperterrito il pony di terra.
Nel
gruppo, un’altra giumenta s’illuminò al
sentir parlare di dolci, ma poi uno zoccolo di Applejack la
intimò di starsene buona. Pinkie Pie si sedette a terra,
mugugnando contrita.
Le
doppie ante del portone si spalancarono, e una Guardia Reale Unicorno
fece la sua entrata in scena, issando con la telecinesi
dell’attrezzatura a loro familiare. «Miei Signori.
Come richiesto, ho portato l’Equalizzatore.» Disse
dopo l’inchino
«OH
CELESTIA DANNATA, DAI QUI!» Si lanciò a capofitto
Bibski, afferrando la sua preziosa bardatura al volo senza dargli
neanche il tempo di avvicinarsi. Non gli importò nulla delle
punte di lancia che prontamente gli furono puntate contro,
né dell’imprecazione che si lasciò
sfuggire in presenza delle Principesse, e che fece desiderare a
Brightgate di sprofondare nel pavimento di cristallo in preda alla
vergogna. Bibski strinse la sua invenzione come un folle sotto
l’effetto di un incantesimo d’amore, e la
baciò più e più volte sul casco, lieto
di riaverla finalmente con sé.
Un
cenno poco convinto di Shining Armor ordinò ai soldati di
tornare ai loro posti. «Notizie sulle altre
Guardie?» Domandò poi al nuovo arrivato.
«Otto
feriti nei sotterranei e due nei corridoi inferiori, Signore. Uno di
loro è messo male.»
Shining
Armor nitrì. «Si riprenderà?»
«Difficile
a dirsi, Signore. Ha fratture multiple su tutto il corpo e diverse e
gravi lesione interne. I medici non sanno neppure se tornerà
a galoppare.»
Bright
incassò in silenzio il cenno di rimprovero che gli venne
rivolto dal Capitano.
«Mettetegli
una museruola al collo.» Commentò Bibski, intento
a indossare l’Equalizzatore. «Temo che per un
po’ non avrà altro modo per mangiare!
Ihihih!» Mentre ridacchiava, in meno di un minuto aveva
già indossato la sua imbracatura, che esibì sotto
gli sguardi basiti dei presenti. Un rapido controllo
all’indicatore della carica residua rivelò che la
cella energetica era ormai quasi esaurita, e l’apparecchio
inservibile. Per fortuna, sapeva che all’interno dello
Skybreaker era presente una piccola scorta di ricariche
d’emergenza. Quello che più gli fremeva in quel
momento era di essersi rimpossessato dell’Equalizzatore, il
resto erano solo dettagli.
Le
ali di metallo erano ripiegate sui fianchi, e da dentro il casco non
percepì alcun impulso elettrico, ma anche così si
sentì finalmente rinato.
Si
voltò di scatto, esibendo un sorriso sgargiante e una posa
piena di sé. «Molto bene. Ora possiamo
parlare!» Annunciò alla fine.
Brightgate
scosse la testa, spossato.
-
La
prossima volta ci vai tu con lui. - Disse
al fratello in ascolto.
-
Fossi
matto! -
«Fatemi
capire… » cominciò Rainbow Dash,
rivolgendosi alle alicorno Luna e Celestia « sarebbe quello
il “promettente
inventore di Equestria?” che
vi ha dato tante noie?!»
L’unica
risposta che ottenne fu una scrollata di spalle da parte della
Principessa della Notte.
«E
tu invece saresti la “promettente”
Prima
Cadetta dei Wonderbolts» aggiunse lui al loro posto,
avvicinandosi «nonché la “famosa”
Custode
dell’Elemento della Loltà,
Rainbow Dash?»
«LEALTÀ!!»
Nitrì lei, volandogli incontro rabbiosa.
Bibski
accolse la sfida con un ghigno sbeffeggiante. «Ah
sì? Devo averti confusa con l’altra Rainbow
Dash.» Disse mettendosi in posa riflessiva. «Quella
che il mese scorso è stata richiamata due volte dal Capitano
Spitfire durante gli esami di velocità alle due miglia
rettilinee!»
La
pegaso arcobaleno trasalì sentendo le proprie ali cederle, e
dovette adagiarsi a terra per non rischiare di schiantarsi.
«D-di cosa… s-stai parlando?!»
Farfugliò, piroettando lo sguardo dal piccolo stallone con
la strana bardatura alle altre Custodi, nessuno
al di fuori dell’accademia sapeva di quella storia!
«Pff,
per favore cara Dashie!
Non sta bene mentire così di fronte alle tue
amiche!» Bibski volse lo sguardo verso la giumenta col
cappello desperado. «Prendi esempio da Applejack,
così umile e onesta!»
La
cowgirl galoppò in soccorso dell’amica.
«Perché, hai qualcosa da dire contro di
me?» Chiese torva.
Bibski
corrugò la fronte. «Verso di te? Ma certo che
no!» Si voltò dall’altra parte,
godendosi solo per un momento le espressioni incendiarie delle Guardie
Reali e dell’amico Bright, che sembravano volergli appiccar
fuoco con lo sguardo. «A proposito, avete più
avuto problemi con Flim, Flam e la loro Super
Speedy Cider Squeezy 6000?»
Applejack
non capì dove volle andare a parare, ma decise di
rispondergli. «No. Non più. Ma tu che cosa ne
sai?»
«Oh,
Applejack. Ma è ovvio, no? Quella macchina l’ho
inventata io!»
«Tu?!»
Risposero in coro tutte e sei.
«Certo
che sì. Un aggeggio niente male, non trovate anche
voi?»
«Niente…
male… il… ?! Ahahah!» Rainbow Dash
cominciò a ridere, rotolandosi a terra .
«Ceerto!»
Annuì Applejack, sfregiante. «Se
l’intenzione era di provocare un completo disastro!»
«Au
contraire!» Si difese l’inventore, distaccato.
«Le mie macchine sono SEMPRE
perfette. Non è certo colpa mia se oggigiorno nessuno legge
più le istruzioni… disattivare il controllo
qualità per vincere una sfida che avevano praticamente in
zoccolo?! Pff… idioti.»
«Ohh
per la miseria Bibski! Ti vuoi decidere a spiegarci che diavolo ci
facciamo qui?!» Scoppio Brightgate d’improvviso,
spazientito. Ma la reazione non ebbe sul pony di terra alcun effetto.
«Tutto
a suo tempo, Bright. Prima fammi finire con le signorine.»
Respinse lui.
Rarity,
a bassa voce, si lasciò sfuggire un’ingiuria nei
suoi riguardi: «Che screanzato!» Finendo per cadere
nelle sue mire.
«Accidenti,
mi stavo quasi dimenticando di voi: Rarity e Fluttershy!»
A
entrambe le pony si rizzò il pelo, mentre gli sguardi di
tutti si spostavano su di loro.
«La
prossima volta che andrete alla Spa di Lotus e Aloe, per favore,
assicuratevi di non avere occhi indiscreti intorno a voi. Non sta bene
fare certe
cose
in locali pubblici.»
Di
qualunque cosa stesse parlando, fu abbastanza grave da spingere
entrambe ad abbracciarsi e mettersi a urlare come puledre disperate.
Spike, accanto, seguì quell’improvvisa reazione
senza però capirne il motivo.
Twilight
cominciò a provare una certa empatia verso Brightgate, che
proprio come lei, stava cominciando ad averne davvero abbastanza
dell’atteggiamento di Doss. Oltretutto, non riusciva a
spiegarsi come quel pony sapesse tante cose su di loro. Segreti di cui,
per alcune, nemmeno le stesse amiche erano a conoscenza. Si
sforzò di scacciare dalla mente le rivelazioni appena
apprese.
Dopo
di loro, fu il turno di Pinkie Pie, che nel suo caso fu lei stessa ad
andargli incontro. Gli si parò di fronte con un sorrisetto
ingenuo e saltellando sul posto. «Oh, oh, tocca a me adesso,
vero?? Che bello, che bello!!»
«Pinkie
Pie… » disse Bibski con scarse parole. Al
contrario delle altre, con lei sembrò avere più
difficoltà a comporre la frase. Alla fine, dopo averci
riflettuto per svariati secondi, tagliò corto con un unico,
lapidario commento: «La tua fama la dice già
lunga.» E si congedò.
L’allegra
pony dell’Elemento della Gioia si sedette di peso a terra,
con la chioma sgonfia. «Ed è un bene o un
male?» Chiese afflitta, rivolgendosi alle altre.
“Ora
è troppo!” pensò
Twilight, facendosi avanti con trotto deciso. «E di me
cos’hai da dire, Doss?!»
Si
posero uno di fronte all’altra, come rivali di vecchia data,
sebbene fossero al loro primo incontro a tu-per-tu. Entrambi si
conoscevano per fama, e avevano seguito le vicissitudini
l’uno dell’altra fino a quel fatidico momento.
Twilight
spalancò le proprie ali, in segno di sfregio, intenzionata a
impartirgli una lezione sulla differenza tra un vero alicorno e lui.
Bibski intuì le sue intenzioni e non accolse la
provocazione. In compenso, aveva la frase giusta per lei.
«Princess Twilight Sparkle.» Pronunciò,
accentuando per bene il nome. «Il fatto che un semplice
pony
di terra come me sia riuscito a costruire un dispositivo per imitarvi,
e che questo vi irriti così tanto, la dice lunga sul vostro status
symbol.»
Per non farsi mancare niente, scoccò un’allusione
malevola anche a Princess Celestia e Luna, che rimasero in silenzio.
Sebbene seccate, conoscevano a sufficienza Doss da sapere che era
meglio non ribattere.
Shining
Armor e Cadance andarono dietro alla loro stessa linea di pensiero, e
lasciarono che fosse Twilight parlare.
La
Principessa dell’Armonia grugnì, ma
s’impose di mantenere un atteggiamento rispettabile.
«Indossare quell’aggeggio non fa di te un
Alicorno!»
«Se
questo è vero, perché la cosa ti irriggidisce
tanto?» Insinuò divertito.
«Vogliamo
parlare di te, Bibski Doss? Violi le leggi di Canterlot
perché non accetti che ti venga dato un
“No” come risposta, fuggi dalle tue
responsabilità in una condizione di crisi come quella che
stiamo vivendo ora, evadi da una cella facendo del male a delle oneste
Guardie che svolgevano solo il loro dovere… »
«Sull’onestà
delle
Guardie avrei da ridire… »
«Zitto,
non ho finito!» Lo fermò, ponendosi a un palmo dal
suo muso. Il suo vantaggio in altezza le permise, una volta tanto, di
elevarsi su di lui con fare ancora più risoluto.
«Entri qui dentro insultando le Principesse, prendi in giro
le mie amiche dopo aver violato la loro privacy, manchi di rispetto a
mio fratello e alla mia cognata che ti hanno accolto malgrado la tua
condotta. E ultimo, ma non ultimo: fai sfoggio di quella diavoleria
credendo di essere superiore a TUTTE
noi, quando invece non vali NIENTE!»
«Ahm,
Twilight?» La chiamò Rainbow Dash, facendoli
voltare entrambi. «Dimentichi la storia della
rapina… » suggerì, con
l’intento di pareggiare i conti con Doss.
«Oh
già, la rapina!» Tornò a incombere su
di lui. «Mentre tutta Manehattan era in fermento per il primo
attacco dei Kaiju, con le famiglie che compiangevano i loro morti, tu e
i tuoi tirazoccoli avete avuto la brillante idea di mettere a ferro e
fuoco la banca centrale per poi dileguarvi come se niente
fosse!!»
Questa
volta l’odio dei presenti fu indirizzato anche verso
Brightgate, che fino a quel momento era stato spettatore quasi passivo
della scena.
-
E’
giunto il momento. - disse
la voce nella sua testa appartenente a Deepblue Whirl.
-
Mi
chiedevo quanto ci avrebbero messo a tirare il ballo la questione. - Rispose
l’unicorno nella sala del trono.
-
Pensi
che glielo dirà? Voglio dire… la
verità? -
Bright
scrollò d’istinto le spalle. - Non
vedo per quale motivo non dovrebbe. Ma nel caso, ci penserò
io. Questa faccenda è troppo importante per lasciarla negli
zoccoli di Bibski. -
Bright,
e con lui Blu, sentirono una breve frase uscire dalla bocca di Shining
Armor.
«Due
milioni, quattrocentocinquantaseimila e trecento monete
d’oro, per l’esattezza.»
Scandì per bene ogni singola cifra di quel numero da
capogiro.
Bibski
Doss si trovò a condividere col suo compagno
un’onda di marea di biasimi, scaturita dalle accuse della
famiglia Reale dell’Impero di Cristallo. Squadrò
le quattro Principesse che attendevano con solerte pazienza la sua
dichiarazione, mentre con la coda dell’occhio studiava gli
altri presenti nella sala.
Non
dovette riflettere molto sul come esporsi, aveva provato più
e più volte quel discorso in innumerevoli varianti, e ora
che i tempi erano finalmente giunti a maturazione, era il momento di
rendere reali quei pensieri. Dovette solo scegliere la frase giusta e
l’effetto ideale per introdursi. «Davvero volete
credere a tutte le frottole che vi propinano queste due?»
Disse, indicando con lo sguardo Princess Celestia, che
d’improvviso perse tutta la sua maestosa sicurezza. La vide
fremere, urtata dal violento impatto della sua controaccusa. Un gesto
che non mancò di coinvolgere anche Luna, e attirare su
entrambe la curiosità dei pony.
«Di
che cosa stai parlando?» Gli chiese Twilight, volgendo
però lo sguardo alla sua Mentore.
Bibski
sospirò e abbassò il capo (non era chiaro se per
infondere istrionicità alla scena o se davvero sentisse il
bisogno di farlo).
«Voi
ci accusate di aver rapinato la banca centrale di
Manehattan.» Alzò gli occhi
sull’alicorno fucsia. «Ebbene, non posso negarlo.
Ma prima di puntare lo zoccolo dovreste conoscere la
verità… » scoccò di sfuggita
un’occhiata a Bright «la NOSTRA
verità.»
Completò la frase.
La
Principessa dell’Armonia s’incupì, ma
non distolse lo sguardo dal pony, neanche per sondare i volti delle
amiche o delle altre Principesse.
Bibski
iniziò a parlare, e mentre parlava, il suo atteggiamento non
espose più alcuna sfrontatezza o sfacciataggine. Era
incredibile come quel pony sapesse balzare da uno stato
d’animo all’altro nel corso di poche frasi, come se
fosse pienamente coscienzioso del suo atteggiamento, e decidesse
scrupolosamente quali comportamenti adottare a seconda delle sue
necessità.
«Tutto
è cominciato quando il primo Kaiju aveva deciso di fare di
Manehattan il suo personale parco giochi …» disse
per cominciare «come immagino saprete, la Reborn Technologies
è stata tra gli edifici investiti dalla sua carica. Quel
giorno un terzo del nostro intero complesso è andato
distrutto nell’arco di pochi minuti.» Fece una
pausa, in vista di uno spiacevole ricordo che stava riaffiorando.
«Tra i nostri lavoratori, i più che si trovavano
negli altri reparti ne sono usciti incolumi, ma molti dei pony che
lavoravano nell’area abbattuta hanno trovato la morte sotto
quelle macerie.»
Nel
gruppo delle Custodi, qualcuna sospirò affranta, e
qualcun'altra non trattenne le lacrime. Avevano vissuto quelle scene.
Conoscevano fin troppo bene l’orrore della scoperta che
portavano con sé i corpi senza vita che riemergevano dalle
macerie. Un incubo a cui nessuno avrebbe mai voluto assistere.
«Quando
le squadre di soccorso si sono attivate per cercare superstiti tra le
rovine del Sentiero,
noi
della Reborn abbiamo messo al servizio tutta la nostra attrezzatura per
contribuire come potevamo per il recupero di quanti più
feriti era possibile. Ci era sembrato giusto fare la nostra
parte… »
Twilight
lo seguiva con la stessa perizia con la quale studiava un complicato
libro di alchimia d’alto livello, cercando di cogliere lievi
fremiti nel corpo e incrinazioni della voce che le potessero rivelare
se tutto quello che stava dicendo era simulatozione, o se invece fosse
sincero. Non notò nulla che le facesse dubitare della sua
onestà.
«Due
settimane dopo, il Kaiju era ormai stato abbattuto dal vostro
intervento, e in città la gente stava pian piano imparando a
farsene una ragione. Vennero celebrati i funerali delle vittime, e i
più fortunati tra i superstiti stavano cominciando a essere
dimessi dagli ospedali. Noi avevamo fatto il possibile per Manehattan,
aiutandola con tutto quello che avevamo, sebbene la Reborn Technologies
fosse ormai distrutta… in quei giorni l’ultima
cosa di cui ci preoccupavamo era pensare che le istituzioni di
Equestria potessero metterci i bastoni tra le ruote come loro
solito.»
Luna
e Celestia ascoltavano con curiosità, in vista di una parte
del racconto che anch’esse ignoravano.
«Venimmo
a sapere che il Municipio, su vostro ordine… »
riprese, rivolgendosi a loro «stava inviando risarcimenti
alle famiglie delle vittime e a tutti coloro che avevano perso qualcuno
durante il primo attacco. Tra i nostri pony, avevamo contato oltre
quaranta vittime, e i loro parenti da giorni ci stavano facendo
pressioni affinché gli dessimo delle risposte. Sapete, molti
di loro ci reputarono direttamente responsabili per le loro perdite,
come se fossimo stati noi
gli artefici delle malelingue che circolavano a nostro
riguardo.»
Celestia
e Luna non reagirono alla sua allusione.
«Naturalmente
noi avevamo avuto tutte le intenzioni di aiutarli.
Nell’attesa dell’invio degli aiuti economici,
avevamo iniziato a vendere gran parte delle nostre invenzioni salvatesi
e dei nostri brevetti ancora incompiuti, pur di racimolare qualche
soldo da devolverlo a loro, pensando che presto sarebbero arrivati gli
aiuti dalla capitale. Immaginatevi la nostra sorpresa quando ci hanno
comunicato che non avremmo visto una sola moneta di tutto quel
fondo.»
«Come
sarebbe a dire?!?» Esplose Princess Celestia, non riuscendo a
elaborare una rivelazione così assurda.
«Sarebbe
a dire, cara Celestia, che il Municipio di Manehattan subito dopo aver
ricevuto il denaro, aveva emanato che neppure un centesimo di quel
patrimonio venisse devoluto alle vittime dell’attacco che
avevano prestato servizio nella Reborn Technologies. Né
manovali, né elettricisti, neppure gli inservienti! Chiunque
aveva lavorato per noi non avrebbero avuto NIENTE
da
parte del Regno!»
Twilight
sentì cederle le gambe, e un velo di cupezza calò
sul suo volto. «P-Principessa… »
«Twilight,
ti assicuro che noi non ne sapevamo nulla!» Si
affrettò a rispondere.
«E
non è tutto.» Riprese Bibski. «Non solo
ci avevano negato il fondo inviato da Canterlot, ma scoprii che il
Sindaco aveva anche fatto sospendere le polizze vita e ogni altra forma
di risarcimento sottoscritti privatamente dai nostri
dipendenti!»
«M-ma…
com’è possibile?»
«Probabilmente,
Sparkle, grazie al sostegno di una carica ben più in alto di
quanto non lo sia mai stata quella vecchia zoccola
del
Municipio di Manehattan!»
«Ti
sbagli, Bibski.» Intervenne Princess Luna. «Noi non
abbiamo mai ordinato niente del genere!»
«COMUNQUE
SIA… » urlò il pony di terra, facendoli
sobbalzare.
Bright
si avvicinò, pronto ad intervenire qualora l’amico
avesse perso la testa.
Bibski
Doss capì la gravità della sua reazione, e
respirò profondamente per riprendere il controllo.
«Stavo dicendo: d’un tratto ci siamo ritrovati con
l’acqua alla gola e le istituzioni che ancora una volta
stavano cercando di far passare noi
per
i cattivi della situazione. E mentre tutto ciò avveniva, le
famiglie di quei pony, che contro il parere di tutti avevano scelto di
stare dalla nostra parte, erano state abbandonate da quello stesso
Sistema che fino ad allora aveva sempre giurato di proteggerci nei
momenti di difficoltà!» Si stoppò
ancora una volta, e fissò negli occhi le Principesse.
«Voi ancora insistete a dire che non eravate al corrente di
quanto stava accadendo?»
«Bibski,
sebbene la nostra carica può farlo credere, noi non abbiamo
giurisdizione totale su tutta Equestria.» Spiegò
Celestia, sicura delle sue parole e dei fatti, così come li
conosceva lei. «Ai tempi, avevamo delegato al Municipio la
responsabilità di sovrintendere la crisi, così
come avevamo fatto quando erano cessati i rapporti con la Reborn
Technologies. Se qualcuno ci avesse avvisato della linea di condotta
che stava intraprendendo il Sindaco, avremo preso immediatamente
provvedimenti!»
«L’ho
fatto!» Le informò. «Vi ho scritto
lettere su lettere supplicandovi di fare qualcosa per quelle famiglie,
e non è servito a niente!»
Luna
e Celestia incrociarono i propri sguardi, interrogandosi in silenzio.
Twilight
e gli altri, sempre più confusi e smarriti, erano stati
tagliati fuori dalla conversazione.
«Forse
comincio a capire.» Annunciò Princess Luna.
«Se non sbaglio, c’è un vincolo
particolare per la posta che viene recapitata al castello di
Canterlot?» Chiese rivolta alla sorella.
Princess
Celestia rifletté brevemente, e poi annuì.
«E così. Lo attuano in ogni ufficio postale del
regno quando un messaggio reca come destinatario il nostro indirizzo,
ma in genere è solo un processo burocratico che ha lo scopo
di tracciare i messaggi inviati al Castello… non starai
pensando che… ?»
«Non
vedo altre spiegazioni… » fece una pausa, colta da
un dubbio «a meno che tu non abbia emanato qualche ordinanza
particolare di cui non sono al corrente… »
«Non
pensarlo neanche! Non lo farei mai!»
Bibski
intuì ciò che Luna stava ipotizzando.
«Quella BASTARDA!»
Digrignò i denti, riferendosi alla condotta del Sindaco di
Manehattan. «Non solo ci ha tagliato fuori dai risarcimenti,
ma si è anche presa il lusso di censurare la nostra
posta!»
«Se
ho ben capito, quindi, la colpa è loro…
»
«Si
direbbe di sì, Bright. Colpo di scena:
è stato tutto un equivoco!»
L’unicorno
alto nitrì. «Io te l’avevo detto di non
calcare troppo lo zoccolo con lei… »
Ben
presto anche Twilight stava cominciando a capire i retroscena di
quell’assurda vicenda, ma nonostante tutto, un dubbio la
stava ancora tormentando. «Quindi… la rapina
è stata… ?»
Fu
Brightgate a risponderle con un cenno del capo. «Non vado
fiero di quello che abbiamo fatto» disse «ma viste
le condizioni, non avevamo molte alternative.»
Doss
riprese dal punto in cui avevano interrotto. «Se
c’è una cosa che la vita mi ha insegnato
è chi fa da sé, fa sempre per tre. Ci avevano
abbandonati a noi stessi, senza più risorse e senza gli
aiuti da parte della città. Dopo l’attacco, molti
dei nostri se n’erano andati, pensando che per la
società ormai non ci fosse più futuro. Io
cominciai a indagare di persona su ognuna delle vittime. Calcolai
quanto ognuno di loro guadagnava lavorando per noi, quali di loro
avessero stipulato assicurazioni e a quanto ammontavano le loro
polizze. Il bilancio delle loro famiglie. Feci ogni genere di conteggio
per cercare di capire quanto sarebbe ammontata la cifra spettante ai
loro parenti. Diedi fondo a tutte le mie ricchezze residue per
accumulare parte del denaro di cui avevano bisogno. Fu quello a segnare
il colpo di grazia alla Reborn Technologies, ma almeno avevamo fatto la
cosa giusta.»
Ammutolita
dal racconto del piccolo stallone, Twilight Sparkle trovò le
parole per completare un’ultima domanda. «A
quanto… ammontava il risarcimento?»
Bibski
sospirò con aria grave. «Beh, facendo la
differenza tra i fondi che siamo riusciti a raggranellare… e
i soldi che ancora spettavano alle famiglie, ci mancavano
esattamente… due milioni, quattrocentocinquantaseimila e
trecento monete d’oro.»
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