Capitolo Quattordicesimo: Addii e Benvenuti
I bauli sono stati caricati sulla carrozza, la zia Camille ha pianto un
po’ e Lord Henry ha fatto promettere loro che sarebbero tornati a trovarli. Alexandra,
pensierosa e sospirante come non mai, se ne sta a braccia incrociate appoggiata
alla porta d’ingresso, in attesa, come tutti quanti gli altri. Tutto è pronto.
Loro sono stati bravi e puntuali: si erano svegliati presto, lei aveva cacciato
lui dal letto a malincuore ed erano scesi per la colazione separatamente, non
volendo dare un ulteriore stoccata al cuore del vecchio Generale. A saperlo che
non sarebbe sceso per la colazione, pensa Oscar, avrei dormito dieci minuti in
più.
Aveva passato una notte
piuttosto agitata, nonostante Andrè le continuasse a ripetere di stare ferma e
dormire. Invece, si era girata nel letto per delle ore immaginando
l’ultima, catastrofica scenata che il padre stava ruminando in quegli stessi momenti.
Continuava a vedere tazze e cucchiai volare durante la colazione, o peggio,
sfoderi di spade e pistole in contemporanea all’arrivo di brioche e latte
caldo. Non la spaventava tanto dover affrontare per l’ennesima volta l’ira di
suo padre, ma quanto doverla condividere con Andrè ed il resto della famiglia,
e dubitava che i Donington avessero mai avuto a che fare con padri in preda a
raptus omicidi prima delle dieci del mattino.
- Pensa a dormire – le aveva
bofonchiato Andrè in un orecchio, mezzo addormentato.
- E se ti butta in mare? –
l’ipotesi non le sembrava così impossibile, ma Andrè aveva ridacchiato
impudentemente di fronte a questa drammatica eventualità.
- Sono un ottimo nuotatore – le
aveva baciato la cima della testa, facendosela vicina. Lei aveva infilato la
testa sotto le coperte, gli aveva morso il braccio che le cingeva la vita e si
era lasciata cadere nel sonno imbronciata, perché la tranquillità di Andrè le
dava sui nervi.
Il ritardo di suo padre la
turba. Suo padre non riesce ad essere in ritardo neanche quando vuole, o quando
può, e non nasconde una certa apprensione quando sente la zia mandare una
cameriera a controllare. Niente potrebbe sconvolgerla: aveva scampato ad una
pallottola per convincerla ad andare ad un ballo, non si sarebbe di certo
fermato davanti alla possibilità di impedirle di stare con Andrè se crede che
farsi trovare appeso al lampadario possa servire. Ma no, la cameriera dice che
tra pochi minuti scenderà: niente tentativi di suicidio per questa volta.
- Devi promettermi che
tornerete – stava dicendo Alexandra ad Andrè.
- Non dipende esattamente da
me, lo sai.
- Tu promettilo lo stesso.
- E tu prometti di salutare
Sebastian da parte mia – Alexandra si incupisce.
- Lo farò quando tornerà. È di
nuovo a Londra – Andrè le sorride. Quella ragazza decisa e insicura è la
versione edulcorata della sua Oscar.
- Tornerà presto da te – le
bisbiglia.
- Torna sempre – Alexandra
arrossisce e gli sorride.
Poi si sente uno scivolare di
tessuto e ferro sulle scale, e passi veloci: il Generale è arrivato.
- Alla buonora – lo rimprovera
Lady Donington.
- Andiamo, sorellina, non mi
dai pace neanche negli ultimi minuti che ci restano? – e per la prima volta, i
due si sorridono. – E tutto pronto? – dice, a nessuno in particolare.
- Tutto pronto – risponde
pronto Lord Donington. – Spero di rivedervi presto.
- Spero di averne ancora la
forza la prossima primavera – risponde Jarjayes, stringendogli la mano. –
Arrivederci, cara nipote – bacia la mano ad Alexandra, devia la figlia e punta
alla sorella.
- Augustine.
- Mille.
- Sono contenta che tu sia
venuto. Voglio che ritorni – Per tutta risposta, il Generale abbraccia Lady
Donington, sull’orlo, entrambi, delle lacrime.
- Sai a chi saresti piaciuta? –
domanda Oscar ad Alexandra, mentre si avviano verso la carrozza che li attende
fuori.
- A chi?
- Ad un mio soldato. Un amico
di Andrè, si chiama Alain.
- Un nobile?
- No, i soldati che comando ora
non lo sono. Ma è intelligente, è dannatamente furbo e non ha il senso né della
misura né delle regole – Gli occhi di Alexandra si illuminano. – E se lo vuoi
sapere, ha anche un certo non so che... .
- Questa quando torniamo gliela
dico – mormora Andrè, contrariato. Alexandra ridacchia ed abbraccia la cugina,
sentendosi un po’ triste.
Minuti ed abbracci più tardi,
il Generale Jarjayes, con figlia, attendente e cavalli al seguito, sono sulla
carrozza diretti al porto, dove prenderanno la nave per tornare, finalmente, in
Francia. Oscar ed Andrè sono seduti vicini, mentre il Generale siede gambe
larghe, braccia incrociate e occhi chiusi davanti a loro. Nonostante la
sfrontata sicurezza che ha avuto fino a quel momento, Andrè fissa il vecchio
padrone con insistenza, aspettandosi la tanto temuta reazione che Oscar ha
preventivato. Oscar prova a tenere lo sguardo fuori dal finestrino, ma ad ogni
respiro volta lo sguardo verso il padre.
- La mia testa non sta per
scoppiare – borbotta il Generale ad un certo punto, ed entrambi si
irrigidiscono per essere stati scoperti e cercano di guardare qualsiasi cosa
tranne che davanti a loro, sentendosi tutti di circa vent’anni più giovani.
Ma il viaggio è lungo, ed ad
ogni minuto che passa l’ansia di Oscar aumenta. Non sa come la vede Andrè, ma
la calma di suo padre accresce il suo timore, più che diminuirlo, e non ricorda
ci volesse così tanto tempo da Donington a Liverpool.
- Proprio lungo questo
viaggio... – butta lì.
- Sono solo trenta miglia –
risponde suo padre. Oscar sospira.
Venti minuti più tardi,
Jarjayes ordina al vetturino di fermare la carrozza.
- Voglio dirlo una volta sola,
e non voglio ripeterlo mai più – inizia il Generale, mentre Oscar ed Andrè
rabbrividiscono. – Non vi approvo, non accetto il vostro comportamento e non ho
la benché minima intenzione di provare a cambiare il mio modo di vedere le cose
solo per piacere a voi due. Pur tuttavia, non ho né intenzione di uccidervi né
di far finta di non vedervi – finalmente, apre gli occhi.
Fissa i due ragazzi che ha
davanti come se li vedesse per la prima volta.
– Niente smancerie in
pubblico, niente dimostrazioni d’affetto di fronte a me soprattutto, e questa
storia non deve uscire da casa. Tu – punta il dito verso la figlia – ricordati
chi sei e che il rispetto dei propri soldati è la prima cosa per un
comandante. E tu – passa il dito verso Andrè – tu... una sola lacrima, Andrè, e
non basterà una raccomandazione né di tua nonna né della Santa Vergine per
salvarti dalla mia ira – e si riferiva ad Oscar. Entrambi annuiscono, come di
cera. Jarjayes pare soddisfatto, perché ordina al vetturino di ripartire e
torna nella sua posizione iniziale.
Se non spaventasse suo padre,
Oscar si getterebbe volentieri tra le sue braccia – per la prima volta da
quando è venuta è al mondo. Possono farlo. Possono convivere tutti senza
necessariamente uccidersi a vicenda. È triste che non possano gridare al mondo
che si vogliono bene, ma Oscar preferisce che Andrè scivoli di notte in camera
sua, piuttosto che avere la soddisfazione di dare altro scandalo.
Il Generale ha fatto il suo
dovere. Ha salvato capre e cavoli e può ritenersi soddisfatto. È andato a
trovare sua sorella in Inghilterra, godendosi i liquori ed i dolci locali; ha
trovato una sistemazione per sua figlia – anzi, come al solito, sua figlia ha
fatto tutto da sola, e questa scelta non deve per forza essere così drammatica.
Voleva qualcuno che potesse restare vicino ad Oscar senza mutare la duplice
natura di lei, che fosse abbastanza fedele alla famiglia e che avesse la stessa
testa dura della figlia, e, tutto sommato, ce l’ha. Gli resta ancora il dilemma
su come ed a chi affidare i suoi beni, ma conosce dei buoni e fidati avvocati
che possono giocare con la legge abbastanza in fretta da mettere tutto
intestato ad Oscar nonostante sia donna e legata sentimentalmente ad un
popolano. Una volta tenuta fuori Marguerite da tutta la faccenda, sarebbe stato
come infilare un coltello nel burro.
- Un’altra cosa – il Generale
si rovista nelle tasche, ma non caccia fuori la pistola, come stava suggerendo
la mente di Oscar. – Non ho intenzione di passare tre notti in bianco come
l’ultima volta – porge un pacchetto ad Andrè. Il ragazzo allunga piano la mano
e prende l’involucro. Ne vengono fuori tre rametti. – Liquirizia. Asciuga lo
stomaco – spiega il Generale. Andrè pensa che non ha mai visto niente di più
stupefacente.
- Grazie – riesce a dire.
- Dovere – risponde il
Generale.
Oscar guarda il padre e crede
sia solo un effetto della sua immaginazione se ha come l’impressione che gli
angoli della bocca di lui siano piegati all’insù, come se fosse un sorriso.
POSTFAZIONE:
Lily1013 e Lady Oscar
Versailles no Bara è sicuramente nella mia top five degli
anime preferiti in assoluto, anche se il periodo ed il contesto storico non
sono esattamente i miei preferiti, resto una Illuminista un po’ Romantica, vagamente
alla Jane Austen, una specie di contraddizioni in termini. In ogni caso, ho
amato Lady Oscar nel passato e continuerò a farlo nel futuro, e se non me ne
vergogno adesso che ho ventun’anni, figuriamoci a trenta.
Lily1013 e l’Inghilterra
Ho letto tutti i romanzi della cara vecchia Austen, sono
convinta di avere la stessa emicrania di Virginia Wolf e penso di essere una
delle poche liceali ad averla seriamente imparata, la letteratura inglese. Cosa
dirvi? Il grande amore, la lettura per eccellenza, là dove c’è lo spazio per
hobby e passatempi ci sono loro, i grandi scrittori inglesi moderni, da
Shakespeare ai giorni nostri. Per me la Gran Bretagna è un posto mitico, un
mondo inarrivabile, perfetta nelle sue imperfezioni, minime ed ideali. E poi,
penso di avere una cotta per il giovane e rosso Harry :P
Lily1013 ed il Generale Jarjayes
Chi ha letto la mia precedente fanfic, Quella Dannata
Cosa, probabilmente ha capito che ho una cottarella anche per lui. Razionalmente,
so due cose: la prima, che un padre così meglio perderlo che trovarlo (infatti
sono anni che mi chiedo chi mai abbia avuto l’idea malsana di cantare il
buon padre voleva un maschietto), e la seconda, che senza la sua follia non
avrebbe avuto senso tutto il manga, figuriamoci l’anime. Così, nonostante
tutto, non riesco a pensarlo cattivo. Lo so, è molto out of character,
ma io gli voglio bene, al vecchio bastardo.
Lily1013 e Alexandra
Okay, okay: non ci voleva mica la maga per capire che forse
il personaggio di Alexandra è vagamente ispirato alla sottoscritta. Le differenze
sono enormi: Alexandra è bella ed alta, Alexandra è inglese ed Alexandra ha Sebastian.
L’autrice non corrisponde a niente di tutto ciò, quindi questo mantiene fede al
proposito di farla restare una fanfic di pura invenzione, e non vediamo come
mi relazionerei a Lady Oscar. Anche perché, a questo punto, l’autrice trarrebbe
molto più giovamento a relazionarsi con il fedele e dolce Andrè, e non so se mi
spiego.... .
Lily1013 e le fanfic
Scrivo da sempre, e ho pubblicato qualcosa di completamente
diverso in altri siti quand’ero giovane. La mia scrittura è cambiata perché io
sono cambiata e maturata in questi anni, e per ora mi trovo a mio agio tra
pistole, intrighi e bei soldati privi di un occhio. Quindi, mi dispiace, ma
penso che dovrete sopportarmi ancora per un po’.
Lily1013 e Il Centro del Mondo
All’inizio voleva essere una songfic con la canzone di
Ligabue come sottofondo, ma più scrivevo e più mi allontanavo dal proposito
iniziale. Poco sesso, molti dialoghi, parecchi personaggi inventati, e
soprattutto, un finale apertissimo! Quattordici capitoli per quattordici
giorni, due settimane, di permanenza dei nostri in quel dell’Inghilterra:
troppo poco per far terminare tutto nei tempi stabiliti. Ho cercato di
riallacciarmi molto all’inizio, ai piani del Generale soprattutto, e certamente
non avevo mai avuto idea di mettere insieme Alexandra e Sebastian prima del
tempo. Non so se continuerò Il Centro del Mondo prima o poi, ci sarebbe
troppa carne da mettere al fuoco, ma chi lo sa, magari un giorno lo farò. O qualcun
altro lo farà per me. Chissà.
Grazie per aver letto Lily1013!