Parola di LL 2
2. DI CUGINI NON MOLTO SVEGLI E PICCOLI INDIZI
«Come è andata?» chiese Matt quella sera a casa Lawson.
Lily
affondò nei cuscini del divano e borbottò contrita. «A meraviglia. Tra
una ragazzina che mi accusa di essere grassa e una che sembra uscita
dal film Deprimiamoci insieme, non potrebbe andare meglio.»
«Non l'ho mai visto. È bello?» chiese interessato.
«Matt, se non migliori un po' le ragazze ti schiacceranno come un purè.»
Matt
sembrò illuminarsi tutto d'un tratto. Si alzò e cercò di stare calmo,
nonostante fosse ovvio stesse tramando qualcosa. «Voglio uscire.»
Lily
riafforò dai cuscini e sollevò le sopracciglia. «Non usciamo mai. È la
cena famigliare, di solito giochiamo a carte con i nostri genitori e li
facciamo contenti.»
L'adorato cugino assunse un'espressione da cane bastonato - o da purè schiacciato, a seconda dei casi.
«Andiamo a fare un giro. Mi annoio.»
Lily sbuffò. «Dobbiamo proprio? Fa freddo fuori.»
Matt annuì e si infilò la giacca. Lily sospirò e alzò gli occhi al cielo.
«Facciamo questo giro.»
L'opzione
anti-noia di Matt altro non era che un giretto in macchina fino alla
parte opposta della cittadina in cui vivevano. Matt parcheggiò e scese.
Lily lo seguì confusa finché lui non si fermò di colpo e osservò delle
abitazioni a cento metri da lì.
«Matt, ma sei scemo? Quasi mi
spaccavo il naso a venirti addosso!» lo accusò Lily massagiandosi la
parte lesa indolenzita dal freddo. Suo cugino neanche l'ascoltava e
cominciò a parlare a macchinetta. «Una ragazza mi aveva invitato ad
uscire stasera. Le ho detto che non potevo, tua madre mi ammazzava se
saltavo la cena mensile. Quindi lei mi ha detto "passa da me se ce la
fai".»
Lily cominciò a capire.
«Mi hai trascinata fino a qui per andare da lei?»
Lui
annuì e fece un sorriso da casanova cominciando ad avviarsi verso la
casa della sua presunta fiamma. Lily lo afferrò per un braccio.
«E
mi abbandoni così? Cosa dovrei fare io?» chiese sconvolta. Lui estrasse
un paio di banconote dalla tasca dei jeans e le mise nelle sue mani.
«Torno subito, te lo giuro. Un saluto, un bacetto e poi sono qui.
Venti minuti al massimo. Vai a prenderti un gelato.»
Lily
strinse i denti per evitare di gridargli contro e lo lasciò andare. «Un
quarto d'ora» sibilò minacciosa. Matt annuì convinto e se ne andò prima
che sua cugina lo prendesse a schiaffi. Sbuffò innervosita stringendosi
la sciarpa al collo e lo guardò scomparire.
Il suono di un violino
le arrivò alle orecchie congelate. Dall'altra parte della strada un
musicista improvvisato stava trattenendo un paio di coppie con una
melodia romantica, che fece fare una smorfia a Lily. Troppo romantica. Osservò
gli innamorati che lo ascoltavano rapiti e si chiese cosa ci trovassero
di tanto interessante in quella musica mielosa. La custodia aperta ai
piedi del lampione conteneva un bel po' di banconote. Niente male, constatò Lily.
Un attimo.
Lei la conosceva. Era verde, con i bordi rossi. L'aveva già vista.
Alzò
gli occhi al violinista e lo riconobbe. Lo sconosciuto! Avrebbe
scommesso il suo piede destro che lo strumento che stava suonando
l'aveva preso in una casa che lei stava cominciando a conoscere bene.
Attraversò la strada velocemente, rischiando di farsi investire. Si
fermò davanti a lui e fece finta di essere coinvolta nel brano che
stava suonando, nonostante le stesse per venire il diabete.
Quando
finì, lui alzò il capo e fece un mini sorriso. Una coppia lasciò delle
monete nella custodia e se ne andò, l'altra si complimentò con lui e
rimase lì accanto.
Lo sconosciuto spostò lo sguardo e quando vide Lily il sorriso lasciò il posto ad una smorfia ironica.
«Non è possibile.»
«Carino questo pezzo, mi ha davvero rubato il cuore» disse Lily assotigliando gli occhi. «Di chi è?»
Il ragazzo - o uomo - colse l'antifona e sollevò un sopracciglio.
«Mio. È stato un vero colpo di testa.»
Lily incassò la frecciatina e arricciò le labbra. La
coppia se ne andò a braccetto e rimasero le uniche anime vive in
vista.
«Non pensavo fossi un tale sdolcinato.»
Lo sconosciuto mise i soldi in tasca e ripose il violino nella custodia.
«È
quello che piace alla gente» disse. La guardò tranquillo per qualche
secondo e le fece una smorfia scocciata. «Non hai nient'altro da fare?»
chiese, in un implicito invito ad andarsene.
«A quanto pare no. Sei un maniaco?» chiese.
«No.»
«Uno spacciatore?»
«No.»
«Un serial killer?»
«Non ancora» rispose velenoso.
«Bene.
Allora starò qui ancora per un po'» concluse. Non che l'idea la
compiacesse, ma era terrorizzata all'idea di rimanere sola.
«Fai come vuoi.» Lo sconosciuto prese la custodia e fece per andarsene.
«Te ne vai?» gridò Lily balbettando. «Non lasciarmi qui sola!»
Lui fece spallucce. «Non hai bisogno di qualcuno per tenerti compagnia. Parli per quattro persone.» disse. E se ne andò.
Lily infilò
le mani nel cappotto e sbuffò creando una nuvoletta nel buio. Si guardò
intorno e constatò che non c'erano bar né negozi aperti. Decise allora
di tornare nel parcheggio, forse Matt aveva lasciato la macchina
aperta. Non era da escludere, conoscendolo. Quando arrivò, però, della
macchina di suo cugino non c'era traccia. Tirò fuori il cellulare dalla
tasca dei jeans e provò a chiamarlo. Era spento. Provò altre due volte,
ma il risultato fu lo stesso.
«Matt, io ti uccido» sibilò al
telefono. Aspettò un paio di minuti, ma quando si rese conto che il
quarto d'ora era già passato da un po' e che forse suo cugino si era
dimenticato di lei, si abbandonò all'idea di dover tornare a casa a
piedi.
Mentre percorreva la strada verso casa velocemente, la sua
mente cominciò a registrare ogni singolo rumore dietro di lei e a
vederlo come una minaccia. Come previsto, si ritrovò a sobbalzare ad
ogni singolo fruscìo. Arrivò su un marciapiede buio. Vide davanti a lei
un bar affollato, con un gruppo di uomini al di fuori. Si strinse le
braccia al petto e ripeté dentro la sua testa che sarebbe arrivata a
casa in poco più di un quarto d'ora e che quelle persone non le
avrebbero fatto alcun male. Aveva visto decisamente troppi film
dell'orrore. Sentiva il proprio cuore battere nelle orecchie mentre li
superava e quando pensò finalmente di essere passata inosservata una
voce la chiamò.
«Ehi, tu!»
Lily schizzò via come una saponetta e
girò l'angolo cominciando a correre come se stesse facendo la maratona.
Si guardò indietro per assicurarsi di non essere seguita e inciampò
contro un piccolo palo di ferro che spuntava dal lato della strada.
Cadde a terra come un sacco di patate. Strinse gli occhi per
l'improvviso dolore e si morse il labbro gemendo. Si sentiva osservata,
mentre si metteva seduta sul marciapiede e appoggiava la schiena ad un
muretto.
«Forse hai bisogno di me.»
Alzò
la testa e vide lo sconosciuto che si avvicinava con un sorriso.
Gemette stendendo la gamba dolorante e distolse lo sguardo per la
vergogna.
«Derek!» Una voce profonda fece voltare lo sconosciuto.
Un omone stava venendo verso di loro. «La signorina ha perso la
sciarpa! Volevo dirglielo, ma è scappata via!» disse.
Lo sconosciuto - anzi, Derek - lo raggiunse e prese la sciarpa che gli stava porgendo l'uomo. «Grazie.»
L'uomo
notò Lily seduta per terra, ma prima che potesse dire qualcosa Derek
sminuì il tutto con la mano. «Me ne occupo io, non preoccuparti.»
L'omone
annuì, un po' alticcio, e li salutò. Lily abbassò gli occhi sulla sua
gamba e vide del sangue imbrattarle i jeans. Derek si accoccolò accanto
a lei e sorrise. Perché sorrideva? Non c'era niente di divertente.
«Ti ho vista cadere. Possibile che tu sia così
goffa?» Allungò le mani verso la gamba di Lily, ma lei la
ritrasse.
Derek alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Voglio solo controllare.»
Lily la ridistese con una smorfia. Arrotolò l'orlo dei jeans fino a che la ferita non fu completamente visibile.
«Ahia.
Non è molto carino da vedere» disse lui. Un taglio lungo attraversava
in diagonale la parte sotto al ginocchio. Non era molto profondo, ma il
sangue continuava a sgorgare. Derek appoggiò la sciarpa accanto a loro
e portò le sue dita fredde sulla pelle di Lily. Osservò con insistenza
chirurgica.
«E così ti chiami Derek» disse infine Lily.
Lui alzò il capo e puntò gli occhi chiari in quelli
di Lily. «Che perspicacia» commentò ironico.
Toccò
un punto più delicato e Lily si lamentò. Derek sospirò. «Ce la fai ad
alzarti?» chiese mettendosi in piedi e tendendole la mano che non
stringeva la sua sciarpa.
«Certo che ce la faccio» protestò Lily.
Cercò di farlo da sola, senza nessun aiuto, ma alla fine si vide
costretta ad afferrare la mano di Derek. Quest'ultimo fece passare il
braccio di Lily dietro il suo collo e cominciò a camminare.
«Dove vai? Lasciami, devo andare a casa» disse Lily stridula mentre lui la trascinava verso la parte opposta.
«Ci andrai. Ma prima devi pulire il taglio e metterci un cerotto.»
Camminarono
fino ad una macchina blu. Derek lasciò Lily per aprire la portiera del
passeggero. «Siediti e non muoverti di lì.» Sparì nel buio, lasciando
Lily confusa. Lei, dal canto suo, non vide altra scelta che sedersi
nell'abitacolo. Lasciò la gamba a penzolare fuori per evitare di
sporcare i sedili e aspettò impaziente. Osservò quello che la
circondava. Era un piccolo parcheggio per non più di cinque macchine,
davanti a lei c'era il retro di una lunga e bassa costruzione, ma non
riuscì a capire cosa fosse.
Un paio di minuti dopo Derek tornò.
Diede a Lily dei fazzoletti così che lei pulisse il sangue che era
sceso fino alla sua caviglia. Aveva la calza e la scarpa sporchi, oltre
ai pantaloni.
«Si può sapere perché stavi correndo come una
disgraziata?» le chiese Derek mentre bagnava un batuffolo di cotone con
del disinfettante. Sembrava divertito.
Lily fece una smorfia imbarazzata e prese il batuffolo. «Autosuggestione... Niente di importante.»
Pulì
la ferita e ci applicò due cerotti. Derek fece il giro dell'auto e salì
nel posto del conducente. Lilì lo guardò preoccupata e a disagio.
«Che stai facendo?»
«Ti porto a casa.»
Si
mosse agitata sul sedile e posò il piede sull'asfalto, pronta ad
uscire. «Senti, grazie per il cerotto e tutto il resto, ma non accetto
passaggi da persone che non conosco.»
«Ci metteresti il doppio a piedi. Me l'hai già chiesto:
non sono un ricercato, né un maniaco, né uno
spacciatore...»
«Ho capito» borbottò Lily, senza però mettere la gamba nella macchina.
Derek aveva un'espressione indecifrabile. «Conosco tuo cugino.»
Questo sorprese davvero Lily. «Lo conosci?» chiese incredula.
Lui fece cenno di sì. «Matt Lawson.»
«Come fai a conoscerlo?» domandò.
«Lunga storia. Alto, muscoloso, gentile ma non molto sveglio.»
Il perché fosse in quella situazione tornò in mente a Lily, che annuì furiosa. «Direi per niente sveglio» borbottò.
«Non ho tutta la notte, Lily. Accetti o no?» chiese impaziente Derek.
Lily spostò lo sguardo dalla gamba all'interno della macchina, indecisa.
«Va bene.» Infilò la gamba nell'abitacolo e Derek partì.
Il
silenzio regnò sovrano fino a casa di Lily, ad esclusione delle sue
indicazioni per arrivarci. Derek si fermò nel viale di fronte e spense
il motore.
«Grazie di tutto» disse Lily aprendo la portiera. Uscì e
si girò verso di lui. «E vedi di riportare quel violino.
Immediatamente.»
«Ovviamente» rispose Derek con un sorriso falso.
Prima
che lei riuscisse a chiudere completamente la portiera una sciarpa
appallottolata le arrivò dritta in faccia e poi cadde ai suoi piedi.
Guardò il ragazzo - o uomo - sconvolta, con un punto di domanda
stampato dritto in faccia.
«Questo è per il libro dell'altra volta»
spiegò Derek dopo aver abbassato il finestrino. E se ne
andò.
«Cosa hai fatto?» le chiese Frederick quel pomeriggio, vedendo Lily zoppicare leggermente.
«Sono
caduta» disse Lily sorridendo e cercando di nascondere il nervoso. La
sera prima aveva, oltretutto, dovuto coprire quel fesso di Matt, dopo
essere arrivata a casa. Aveva detto ai quattro genitori che lei aveva
incontrato una vecchia compagna di classe e che lui era andato con un
suo amico a bere qualcosa, quindi le loro strade si erano divise.
Ovviamente Annabeth ebbe alcuni dubbi, ma non disse nulla e credette
anche alla storia secondo la quale Lily era caduta a causa del cane
della presunta compagna di classe. Matt aveva chiamato Lily, dopo
un'ora, per dirle che era dovuto scappare perché i genitori di quella
povera ragazza che aveva avuto il coraggio di uscire con lui stavano
tornando a casa; quindi i due piccioncini si erano rifugiati in
macchina ed erano scappati per andare in chissà quale pub.
«Dov'è finita Marley?» chiese Lily curiosa. «Era qui fino a due secondi fa.»
Frederick fece spallucce. «Forse è lì» disse indicando la cucina.
Lily si alzò per seguire il consiglio di Fred ma, sfortunatamente, trovò Nicole che frugava nel frigo.
«Non
puoi mangiare, sono solo le tre» disse Lily, andando verso di lei e
chiudendo il frigorifero forzatamente. Guardò Nicole severa.
«Posso. Non puoi dirmi quello che posso o non posso fare» rispose.
«No, ma tua madre mi ha incaricata di farlo per lei.»
Nicole
improvvisamente diventò tutta rossa di rabbia. «Non puoi essere mia
madre!» urlò furiosa e corse di sopra, sbattendo contro la spalla di
Lily.
Lily si appoggiò al muro e sbuffò frustrata. Perché non riusciva mai a fare un passo avanti con lei?
Tralasciò quel piccolo incidente e decise di continuare a cercare la più piccola donna DeLight.
Bussò alla camera di Marley ed entrò sorridente. Marley
era seduta alla sua piccola scrivania e stava disegnando con i pastelli.
«Eccoti qui» disse con un sorriso. Si inginocchiò accanto a lei e osservò quello che stava facendo.
«Cosa stai disegnando?»
Marley
non rispose, ma continuò a colorare quella che sembrava essere un'auto.
«Posso vedere questi altri disegni?» chiese Lily gentilmente, e quando
Marley annuì prese una decina di fogli sparpagliati sopra il tavolino.
Il
primo raffigurava un uomo - sembrava un uomo - che guidava un'auto. Il
secondo raffigurava una donna con i capelli come il fuoco che versava
lacrime enormi. Il terzo era uguale al primo, il quarto al secondo.
Era una successione di macchine e lacrime, senza nessun elemento nuovo.
Lily deglutì e ripose i fogli sulla scrivania. Guardò Marley con compassione.
«Chi sono queste persone, Marley?» chiese, cercando di mantenere lo stesso tono solare.
La piccola Marley non rispose e finì il suo disegno. Lily
capì che non le avrebbe detto una parola a quel proposito.
Prese le piccole mani nelle sue e la guardò negli occhi.
«Ti va di giocare a 'un, due, tre, stella!' con me e Fred?»
Marley fece un piccolo broncio. «Non so giocare» disse triste.
Lily
scosse la testa. «Non importa, ti insegno. È molto divertente. Ci
giocavo sempre con i miei cugini» disse accennando una risata. Marley
annuì sorridendo.
Prima o poi avrebbe scoperto perché le piccole DeLight erano
rotte e avrebbe cercato di aggiustarle, parola di Lily Lawson.
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