That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.025
- La Morte Non è il Peggiore dei Mali
Meissa Sherton
Hogwarts, Highlands - mart. 18 gennaio 1972
Annego... la bocca piena di alghe e sabbia...
L’acqua salmastra e oscura mi serra le membra straziate, le
vesti inzuppate mi tirano giù, annaspo, nel vano tentativo
di tenermi a galla, di continuare a cercare, pregare, trovare. Il mare
s’ingrossa, mi solleva di nuovo e mi ributta sugli scogli,
porto le mani alla testa, per proteggermi dalle punte più
aguzze dei massi affioranti. Poi un colpo secco, in mezzo alla schiena,
un dolore così potente da perdere i sensi… e
andare giù.
Sempre più giù… sempre
più giù…
Mi svegliai di
soprassalto, nel mio baldacchino, fradicia di sudore, la
bocca atteggiata a un urlo che non si era ancora staccato dalla mia
gola. Cercai di recuperare il fiato, sentivo un’oppressione
insistente sul petto. Myrddin, acciambellato all’altezza
delle mie ginocchia, si stiracchiò sulla coperta, fissandomi
con i suoi occhi a mandorla, assonnati, eppure già pronto a
strusciarsi addosso a me e a farmi coraggio.
Di nuovo quel sogno… ancora una volta… sempre lo
stesso…
Un sogno che non
poteva essere solo ciò che sembrava. Ero
sempre stanca, spossata, dopo. E carica d’angoscia,
perché sapevo di dover trovare qualcosa, qualcosa
d’importante, fondamentale, che aveva un valore vitale per
me, ma quel turbinio di acque oscure m’impediva di vederlo e
di trovarlo. E anche quando lo intravvedevo, qualcosa mi svegliava
prima che capissi cosa fosse e lo afferrassi.
Non avevo avuto il
coraggio di parlarne con Rigel, in quei giorni: mi
aveva detto di tacere, di aspettare e, soprattutto, di non pensare. Era
certo che nulla di quello che gli altri ci dicevano fosse reale, che
fosse tutto un inganno e che noi dovevamo fare finta di crederci.
Eppure, col passare dei giorni, mi sembrava che anche lui, come me, non
fosse più così sicuro delle proprie idee.
E di quell’anello che stringe sempre in tasca, che quasi
venera, come fosse una divinità, l’unica ragione
per cui valga la pena vivere o morire, illuso che io non
veda…
Era cambiato tutto,
non poteva essere diversamente. Era cambiato anche
mio fratello...
Era successo quando,
in un giorno di cui ormai non ricordavo neppure la
data, l’indomani dell’apocalisse che ci era caduta
addosso, il Daily Prophet aveva parlato della morte di Murchadh
Mackendrick, il nostro Medimago e, in un’edizione speciale,
la sera stessa, aveva annunciato che il Signore Oscuro aveva attaccato
di nuovo la mia famiglia, dando alle fiamme anche il nostro maniero
nelle campagne di Amesbury. Quando era venuto a parlarci, la sera
stessa, Orion Black, il nostro padrino, era quanto mai scosso e
provato, incapace di dire altro che delle stupide formalità.
Assuefatta a quella sequela di orrori, non ero stata in grado di
esprimere neanche il mio dolore o la mia confusione. Ero bloccata,
attonita, irraggiungibile in un mondo che gli altri non potevano
toccare, fatto di speranza e di paura, di ricordi felici e di angoscia
per il domani.
Sapevo soltanto una
cosa e a quella mi aggrappavo con tutte le forze,
per non farmi travolgere e non impazzire: quell’inferno non
poteva essere opera di Mirzam, non quello che era successo a Londra e
ad Amesbury, non la sparizione della mia famiglia, non la loro presunta
morte, tantomeno gli omicidi, questi sì certi, del nostro
Decano, del nostro Guaritore e persino del padre di William e Janine
Emerson. Mirzam non poteva esserne la causa ed io avrei testimoniato
sempre la sua innocenza, davanti a tutti.
Benché
tutti, ormai, gli puntassero addosso l’indice accusatore.
A partire da quello che
un tempo era il mio migliore amico.
A partire da Sirius
Black.
***
Deidra Sherton
Amesbury, Wiltshire - dom. 16 gennaio 1972
[… Abbassai lo
sguardo sul cortile innevato. Fu allora che la vidi: ai miei piedi, al
centro del rettangolo chiuso dal porticato, si ergeva una figura
immobile, simile a uno spettro, il viso in parte nascosto da un
cappuccio. Era rivolto verso di me: pur da lontano, ne percepivo gli
occhi, che mi fissavano animati da un fosco bagliore. Quando fece
scivolare a terra mantello e copricapo, riconobbi Alshain, aveva ancora
il pigiama addosso, i capelli scarmigliati e il volto tumefatto.
Restava fermo lì, inespressivo, a guardarmi. Gli occhi vuoti
di un morto. I ricordi, tutti i ricordi dell'ultima giornata, mi
esplosero nella testa nitidi, inesorabili, efferati. Ebbi un capogiro,
temetti di perdere i sensi, quando tornai a sporgermi per controllare,
mio marito non c'era più. Tesi l'orecchio e il sangue mi
diventò ghiaccio: i suoi passi rimbombavano lenti e pesanti
mentre saliva le scale… ]
Salazar...
Che cosa ti hanno fatto, Alshain? E i bambini? Dove sono i nostri figli?
Rabbrividii, il cuore pulsava veloce, spaventato. La mia mente diceva
che era lui, che le mie paure erano infondate, l'istinto invece mi
urlava di scappare: non capivo come fosse possibile, date le sue
condizioni, ma già solo osservandone gli occhi, ero certa
che fosse responsabile di quanto accaduto al nostro Guaritore.
E ora farà
lo stesso a te... ammazzerà anche te...
Tentai di Smaterializzarmi, almeno nell'altra ala del maniero. Non ci
riuscii.
Mi guardai intorno, individuai la cassapanca vicino all'ingresso,
lanciai un fugace Nox, mentre mi ci acquattavo dietro, la bacchetta
stretta in pugno, in attesa: appena fosse entrato, l'avrei colpito con
un Petrificus e sarei scivolata fuori, alle sue spalle, mettendomi in
salvo e chiedendo poi aiuto a qualcuno per ritrovare i bambini.
Nell'istante stesso in cui mi nascosi, però, la porta fu
strappata via dai cardini dal suo Reducto, andò a
schiantarsi contro la parete di fronte e ricadde a terra, ridotta a un
cumulo di schegge e polvere. Mi morsi la mano per non urlare,
terrorizzata.
È questa,
dunque la verità.
Non c'erano più dubbi, i sospetti che turbavano Orion,
Mackendrick e me, dalla sera precedente, trovavano una terribile
conferma. Nessuno poteva più illudersi su cosa fosse
successo a mio marito dopo lo scontro con Lord Voldemort, a Londra, su
quali fossero ora le intenzioni e le condizioni di Alshain. Mi
raggomitolai di più, concentrandomi perché
l'incantesimo fosse potente a sufficienza, così che mio
marito non mi trovasse, consapevole che fosse impazzito o sotto
Imperius. E pregai... pregai che il Nox non mi permettesse di vederlo
in volto.
... il suo amatissimo
volto, ormai alterato dalla follia...
Non avevo paura di morire: da quando al capezzale di Mirzam, avevo
offerto la mia vita pur di salvare la sua, non era della mia morte che
avevo il terrore, temevo piuttosto di morire senza riuscire a
proteggere i nostri figli, temevo quello che Alshain mi avrebbe fatto
prima di uccidermi e, soprattutto, di scoprire che, folle, aveva
infierito su Wezen e Adhara. Improvvisa, una mano gelida mi
serrò il cuore, al pensiero di cosa sarebbe accaduto dopo,
quando mio marito fosse tornato cosciente di se stesso e si fosse reso
conto delle proprie azioni.
“Sono sempre
stato convinto che la morte non sia il peggiore
dei mali, Deidra... ”
Lo ripeteva spesso Alshain, tutti quelli che lo conoscevano sapevano
che ragionava così. Farglielo provare sulla pelle sarebbe
stata la vittoria del Lord. L'uomo che infestava le pagine dei giornali
con storie di morte e sangue aveva preso Alshain, ne aveva alterato la
mente, rendendolo un fantoccio nelle proprie mani e gli aveva imposto
di eliminarci, solo per godere della sua rovina, vederlo straziato dai
propri demoni, piegato dal dolore e dal rimorso, una volta recuperata
la ragione.
Non puoi permettere che
accada questo, Deidra! Devi reagire! Devi
salvarlo da se stesso!
Feci un respiro fondo, dovevo tornare lucida, se volevo trovare una via
d'uscita. Anche se il Signore Oscuro aveva violato la mente di mio
marito, infatti, astuzia e prudenza in lui erano rimaste inalterate: un
chiarore tremulo emerse lentamente dal corridoio, attraverso l'uscio
ormai vuoto, a riprova che Alshain aveva prodotto un incantesimo per
contrastare gli effetti del mio Nox, qualcosa che, seppur in maniera
limitata, rendeva l'oscurità a tratti meno densa, una luce
che si muoveva, angolata e ondivaga, in modo da stanarmi e, al tempo
stesso, celare la sua posizione a me. Sebbene l’istinto mi
dicesse di osare, di alzarmi e colpire in direzione della probabile
sorgente, mi appiattii ancora di più e aspettai: non era
possibile intuire con sicurezza dove si trovasse, pertanto, se fossi
uscita, se avessi colpito e fallito il bersaglio, mi sarei esposta
invano, facendo il suo gioco.
“Pazienza
Deidra... Sii sempre paziente e prudente...
”
Erano quelle le parole del vecchio Decano McFiggs, quando
m’istruiva per affrontare la foresta di Herrengton e mi
guidava per ottenere le mie Rune. Mi nascosi meglio che potessi in
attesa dell'occasione di fare la sola mossa a mia disposizione, quella
che il mio cuore si rifiutava di compiere: il raggio d'azione della
luce era esiguo, Alshain non poteva esserne molto lontano, pertanto,
quando il chiarore avesse raggiunto la parete, mio marito si sarebbe
trovato oltre il centro della stanza... ed io sarei stata dietro di
lui. Allora mi sarei alzata e l'avrei Schiantato.
Lanciagli uno
Stupeficium alle spalle, Deidra! È da
vigliacchi, certo… ma salveresti te stessa e i bambini!
Sbirciai fuori dal mio nascondiglio, con circospezione, lento il
chiarore era passato, mi aveva superato e stava per raggiungere la
parete più lontana: anche se non c'era un riverbero a
tradirlo, mio marito doveva essere nella stanza e trovarsi ormai
lontano dall'uscio. Avevo una via di fuga.
Alshain non concede mai
una via di fuga ai nemici, Deidra. E oggi... il
suo nemico sei tu!
Guardai verso lo stipite, ripercorrendo mentalmente i possibili
ostacoli che avrei intercettato al buio prima di raggiungerlo, fu
così che notai una strana
“oscurità” addensata lì,
più profonda del mio incantesimo: la fissai più e
più volte, per assicurarmi che non fosse frutto della mia
suggestione, finché compresi. Era una figura umana. Era
Alshain. Era nascosto di là della soglia, in agguato. Stava
usando solo una luce galleggiante, per farmi uscire allo scoperto e
colpirmi... Il cuore mancò un battito, lacerato: la Magia
Oscura e l'odio di Lord Voldemort erano dunque così potenti
da cancellare in Alshain persino la memoria del nostro amore? Ero sola,
ero rimasta sola a difendere i bambini? Strinsi i pugni fino ad
affondare le unghie nella carne, il sangue che riprendeva a pompare
veloce, sempre più, la gola arida, il sudore freddo che
scorreva lungo la schiena, i sensi più vigili, efficaci,
primordiali. Fissai la massa informe che si celava oltre lo stipite,
abituai gli occhi fino a metterla a fuoco: forse era solo suggestione,
la mia, ma, nonostante il buio, credevo di percepire i lenti movimenti
della mano, impegnata, circospetta, in ampi cerchi fatti con le dita.
«Deidra... vieni da me... ho
bisogno di te... »
La voce proveniva sia da fuori sia dal centro della stanza, distorta da
un incantesimo o dalla mia paura; serrai la bacchetta, decisa a gettare
uno Stupeficium oltre lo stipite e fuggire, ma mentre puntavo il
profilo fermo sull'arco della porta divelta, sentii il pianto di Adhara
in lontananza.
I bambini! Sono ancora
qui! In casa! Salazar, fa che Adhara pianga solo
perché ha fame!
Dovevo agire, non c'era più tempo: con la coda dell'occhio
vidi la luce galleggiante raggiungere la parete opposta, ondeggiare,
affievolirsi, mi sollevai lentamente, sicura di non essere visibile in
quell'oscurità tornata piena, superai cauta la cassapanca,
trattenendo il fiato. La voce pronunciò ancora il mio nome e
la stessa richiesta d'aiuto, ero a un passo dallo stipite, concentravo
energie per formulare un incantesimo che lo stordisse senza ferirlo
gravemente, quando il pianto di Adhara si spense, improvviso com'era
iniziato, e il mio bersaglio si dissolse a terra in un mucchio di
stracci, come un fantoccio.
Atterrita, mi bloccai. La luce galleggiante, dietro di me, divenne
abbagliante e, complice la mia paura, cancellò gli effetti
del mio Nox, illuminando la stanza a giorno. Spinta dal pensiero dei
bambini, superai d'un balzo i cenci a terra, fuggii nel corridoio,
verso le scale, senza guardarmi indietro, saltando gli ostacoli che gli
Stupeficium di Alshain, alle mie spalle, ponevano dinanzi a me. Infine
incespicai e caddi, sul tappetto che aveva fatto arrotolare ai miei
piedi. Mi fu subito addosso.
Gridai il suo nome, pregando che la mia voce risvegliasse la sua
coscienza, ma la sua mente era lontana da me, irraggiungibile. Mi
afferrò la caviglia e mi tirò indietro, persi la
bacchetta, cercai di aggrapparmi al sostegno di un tavolo ma me lo
rovesciai addosso e mollai la presa. Mi dibattei, mentre mi trascinava
verso la nostra stanza, provai a ruotare sui fianchi per trovarmi di
fronte a lui, ma mi colpì con uno Stupeficium che mi
stordì. Dolorante e malconcia, finsi di essere svenuta, in
attesa di recuperare energie sufficienti per un altro tentativo.
Alshain si fermò infine presso lo stipite della porta
divelta, lasciò la mia caviglia e si avvicinò:
appena sentii le sue mani che mi sollevavano da terra, mi voltai,
pronta a reagire. Il suo sguardo si accese di sorpresa e sconcerto nel
trovarmi ancora cosciente. Nonostante mi avesse riconosciuta,
però, nulla cambiò nei suoi intenti.
«Salazar... come puoi farmi
questo, Alshain?»
Non ottenni risposta. Rapidi, disperati, rabbiosi, pronunciammo i
nostri incantesimi. Quasi all'unisono.
«Stupeficium!»
«Stupefic... »
***
Alshain Sherton
Morvah, Cornwall - sab. 15 Gennaio 1972
«Hai
ancora voglia di ridere, Sherton?»
La voce di Bellatrix
Lestrange mi sussurrò cantilenante
all'orecchio, un istante dopo una secchiata d'acqua gelida
m'infradiciò fino al midollo.
Dovevo essere
svenuto, dopo il nostro ultimo “scambio di
opinioni”: vedermi sogghignare, mentre parlavano del Lord,
aveva dato la scusa a Rodolphus per “ridere” a
lungo, con me. Con l'occhio che riuscivo ancora, a malapena, a
socchiudere, l'avevo studiato: odio vero, motivato, il suo, non la
pazzia del padre, né l'esaltata fissazione per Milord della
moglie. Odio che sgorgava dalle viscere, nato per riversarsi su un
obiettivo preciso, obiettivo che neanche ero io, per questo non provava
una vera soddisfazione, nel massacrarmi. Non sapevo come Mirzam avesse
suscitato tutto quell'odio nel suo “ex miglior
amico”, ma se quella belva assassina fosse piombata su di
loro, per Sile e per mio figlio non ci sarebbe stato scampo, neppure
con tutte le diavolerie inventate da Fear per proteggerli.
Rodolphus
Lestrange brama il vostro sangue con fin troppo ardore, figlio mio,
devo fare tutto ciò che è in mio potere per
impedirgli di trovarvi.
Tossii. Erano
già scesi due volte a gettarmi addosso acqua
gelida, in apparenza per sfregio, ma stavolta... c'era più
acqua, molta di più, troppa di più. Forse quel
folle di Riddle aveva deciso di farmi morire annegato… o
forse non era folle per niente, forse Emerson gli aveva detto tutto e
portarmi a un passo dalla morte serviva solo a fargli capire se fosse
Wezen l’erede di Hifrig. Annaspai, cercai di spostarmi, di
proteggermi il volto, ma Lestrange mi fu addosso come una fiera, mi
premette a terra con tutto il suo peso, impedendomi di muovermi, di
contorcermi. Di respirare. Tentai di girare la testa, ma anche
Bellatrix si affrettò a tenermi fermo, sotto l'acqua che
cadeva incessante.
«Basta!
Basta! Finirete con
l'ucciderlo così... »
«Quante
volte devo dirti di
tacere, Pucey?»
«Ti
avverto, Lestrange...
andrò di sopra e dirò a Milord che cosa state
facendo!»
«Vai!
Fallo! Così
sarai il prossimo a morire!»
Mentre i passi
nervosi di Pucey si allontanavano, Rodolphus mi
ferì al fianco con una Fattura ustionante, io lottai per non
gridare, Bellatrix scoppiò a ridere.
Bloccato a terra,
finii col bere e respirare acqua salata... Per alcuni
infiniti istanti credetti che fosse finita, che stessi morendo
soffocato... poi riuscii a tossire... recuperai un poco di fiato,
sputai... non so come, ma riuscii a resistere allo stordimento, a
riemergere dal nulla che stava per afferrarmi... Il tempo necessario a
tornare pienamente cosciente e capace di respirare e tutto
ricominciò dall’inizio.
Il turno di Bellatrix...
La maledetta Strega
mi Cruciò di nuovo. E poi ancora...
E
ancora...
E ancora...
*
Inerme, la febbre mi bruciava le membra, avevo la gola arida e la testa
confusa. Bellatrix rideva, l'udito la percepiva lontana, ma doveva
essere vicino a me, sentivo, vivido, l'intenso profumo di pelle di
Drago dei suoi stivali. La morsa di Rodolphus, rapida e dolorosa, si
serrò attorno al mio polso, lo sollevò, prese
entrambe le mie mani tra le sue. Uscii dalla semi incoscienza in cui
ero ancora mezzo sprofondato quando un dolore stordente
s'infilò nel mio cervello e il suono secco delle mie dita
spezzate, una a una, pervase quel luogo. Continuò a lungo,
Rodolphus Lestrange, lento e inesorabile; amava la tortura, il vecchio
amico di mio figlio: neanche questo nuovo gioco, però, gli
dava la gratificazione che cercava. Meticoloso, devastava le mie ossa e
mi fissava ghignando, eppure il suo sorriso era fermo sulle labbra, non
saliva mai agli occhi. Non capivo che cosa gli fosse successo, cosa
l'avesse reso così, forse la vita con il Signore Oscuro era
tollerabile solo quando si annegava nel nulla quel minimo di raziocinio
e umanità che alberga anche nelle anime più
crudeli.
Anche
per questo è preferibile la morte a una vita passata a farti
da servo, Riddle...
Ne sostenni lo sguardo, trattenendo le urla, chiudendo il mio cuore e
la mia mente, cercando di non dargli alcun genere di soddisfazione. Per
completare il “lavoro”, Lestrange
schiacciò i miei palmi sotto gli stivali, nella melma,
ripetutamente: sopportai lo strazio dando fondo alle poche forze che mi
restavano, finché la Magia con cui cercavo di oppormi e
proteggermi non fu più sufficiente, il dolore
dilagò incontrastato nel mio cervello e, sfinito dallo
sforzo e dal tormento, svenni di nuovo.
*
La testa mi girava: avevo gli occhi chiusi e una sensazione di
vertigine, come se ruotassi su me stesso, di continuo.
Sono
stati i colpi di Rodolphus o le Cruciatus di sua moglie? O l'acqua del
mare? Forse vi hanno disciolto una pozione stordente...
Probabilmente era solo l'effetto della febbre: doveva essere alta, mi
sentivo scuotere dai brividi. Ed ero debole. Troppo. Tremavo dal
freddo, avevo anche pochissime vesti, ormai, addosso, e tutte fradice
d'acqua... sentivo la ruvidezza grezza della pietra, intrisa dell'odore
di alghe putrefatte, sotto di me, a irritare la pelle lacerata del mio
torace: ero sdraiato su quella che sembrava la superficie viscida e
frastagliata di uno scoglio, il salmastro del mare si mischiava al
tanfo ferroso, nauseante, del mio sangue raggrumato sulla faccia.
Sii forte…
Dai tempo a Deidra di denunciarli!
Porterà Moody da te, dai nostri figli...
Resisti... Sei ancora
vivo e non hai detto una sola parola... continua
così…
Devi fare solo
questo... devi fare solo questo...
Resistere!
*
«CRUCIO!»
Serrai le labbra e strinsi i denti, imponendomi di non urlare. Provai
ad aprire gli occhi, ma erano sigillati sotto una crosta di sangue
secco; colto alla sprovvista, mi avevano quasi strappato un grido dal
petto: mi sarei maledetto da solo se quei due dannati bastardi ci
fossero riusciti! Affondai le unghie nei palmi, con
difficoltà, e mi concentrai, ricominciai dalla prima e presi
di nuovo a ripetere tutti i nomi delle nostre Rune, per fissare la
mente e per impregnarmi della loro Magia. Mi era estremamente difficile
riuscirci, forse perché ero troppo debole ormai: per la
prima volta nella mia vita, nel momento in cui, disarmato della mia
bacchetta, avevo più bisogno di fare ricorso alla Magia
delle mie Terre, a un diversivo, a un’alternativa, sembrava
che il potere offensivo delle Rune mi sfuggisse, offuscato da qualcosa.
«Per l'ultima volta,
Sherton... parla! Dov'è tuo figlio?»
«Perdi tempo, Pucey, la feccia
amica dei Babbani non parla mai con le buone! CRUCIO!»
Il secondo colpo mi fece piegare le ginocchia, scivolai a terra, non mi
ero neanche accorto che mi avevano tirato di nuovo in piedi. L'aria
faticava a entrarmi nel corpo, le membra tremavano, ridotte a un
groviglio di dolore e debolezza. Borbottai un insulto in gaelico senza
neanche riconoscere chi avessi di fronte. Si arrabbiarono ancora di
più, ripresero a colpirmi ed io, folle e spavaldo, ghignai.
Mi fecero sputare altro sangue, per quell'insulto. Ed io ghignai ancora
di più.
Sii
forte... Il mondo attorno a te ha di nuovo un sopra e un
sotto… e la tua testa ha smesso di girare…
Resisti... per tutto
ciò che di sacro c'è nella
tua vita... Resisti!
*
«CRUCIO!»
La voce di Bellatrix tradiva rabbia ed esasperazione, ormai: torturare
un uomo era estenuante e lei aveva di fronte qualcuno spinto a non
cedere da tutti i più sacri motivi del mondo. Avevo i miei
cari che mi guidavano, che mi sostenevano, mi aggrappavo ai volti dei
miei figli, all'amore di Deidra, all'amicizia di Orion. E alla forza
delle mie convinzioni, alla voce di mia madre, al senso di rivalsa che
mi opponeva ancora a mio padre. Dalle mie labbra spaccate
gorgogliò una timida risata che nonostante la sofferenza e
lo sfinimento, riuscì a farsi via via più alta e
sicura... ridevo, di loro, dei loro dubbi, della loro incertezza, della
loro impazienza. Perché io ero lì, massacrato e
debole, indifeso e confuso, certo, ma sempre indomito, con tutte le mie
convinzioni intatte. La Strega attaccò di nuovo, con
più rabbia, io continuai a ridere, finché il
pugno di Lestrange, allo stomaco, mi mozzò il respiro... Fu
il primo di una nuova, devastante serie: quando sentii le costole
spezzarsi sotto quei colpi, persi il conto. Crollai a terra, presi
altri calci, boccheggiai, tremante di freddo e di dolore, il sangue
rigurgitato m’impastò la bocca e
disegnò rune purpuree sulla mia pelle. Cercai di nuovo di
reagire con la mia Magia, di fargli a mia volta del male, per farlo
smettere e potermi riprendere ma, di nuovo, le Rune non risposero alla
mia volontà, sostenendomi solo nel debole tentativo di
assorbire e dissipare i colpi più violenti. Non capivo che
cosa mi stesse succedendo, non poteva trattarsi solo delle mie
condizioni fisiche, altrimenti non sarei neanche riuscito a contenere i
danni di tutte quelle ore di violenza.
C’è qualcosa di strano intorno a me… in
questo luogo… qualcosa che…
«Hai ancora voglia di ridere,
bastardo?»
Digrignai i denti rossi di sangue, facendo ricorso a quel poco di forza
e di volontà che mi restava per potergli ridere in faccia.
«Di tuo... padre... e delle...
pedine come... te... Lestrange? Sì... sì...
mille... volte... sì... di tutti... voi... io...
riderò... sempre! Sempre!»
«E allora... ridi!»
Rodolphus mi prese per i capelli e mi sferrò un ultimo
pugno, dietro l'orecchio: all'improvviso tutto diventò
notte, tutto si fece silenzio.
Attorno a me. Dentro di
me.
Li cercai, li chiamai, ma i volti e i nomi dei miei cari di colpo si
fecero sfocati, inafferrabili, irraggiungibili... lontani, fino a
sparire. Anche le loro voci, anche i suoni già deboli delle
mie Rune ammutolirono. Il cuore accelerò, sotto il morso
improvviso, furioso, della paura: mi sentivo cadere in un baratro senza
fondo, silenzioso e oscuro. Annaspai, cercando un appiglio cui
aggrapparmi per poi risalire. Provai a gridare mentre cadevo. Aprii le
labbra per urlare. Non uscì suono, non avevo più
una voce, né una bocca, né un corpo.
Non c'è
più… niente...
Io… non sono
più... niente...
Lord Voldemort
Morvah, Cornwall - sab. 15 Gennaio 1972
Se
Sherton morisse
ora… e l’erede fosse Mirzam... avrei perduto le
Terre...
Dannati Lestrange!
Avevo infinite domande da fare al mio prigioniero, non solo sulla
Confraternita o dove fossero Mirzam e quella maledetta Fiamma di
Habarcat. C'erano vecchie questioni tra noi, che andavano chiarite da
quasi trent'anni, non ultimo che cosa diavolo fosse successo quella
mattina, nella casa di Essex Street, a Londra, quando la mia Magia,
d'un tratto, si era come rivoltata contro di me, quasi fosse passata
sotto il momentaneo controllo di Sherton. Non potevo ignorare una
realtà così inquietante. E al tempo stesso
così intrigante, se solo ne avessi compreso il
funzionamento. L’unica cosa di cui fossi quasi certo era che
la spiegazione doveva trovarsi non nella Magia delle Terre ma nel
nostro comune legame con Salazar Slytherin.
Devo ancora sapere...
tanto... troppo... devo ancora impossessarmi
della Magia e dei segreti racchiusi nell’anello di Salazar...
Un cimelio che sarebbe
anche un contenitore perfetto per una porzione
della mia anima...
Abraxas Malfoy mi aveva invitato a sollevare una tenda e a scendere
lungo la galleria che portava alla grotta tra gli scogli (4). Restava solo
questo, una tenda e una galleria a separarmi dalla soluzione di tutti i
miei dubbi. Sherton era in mio potere, non poteva più
sfuggirmi o sottrarsi, né intralciare in alcun modo la mia
ascesa. Avevo vinto. Si trattava solo di farglielo riconoscere: sarei
stato magnanimo, gli avrei concesso di scegliere come piegarsi a me,
collaborando o distruggendosi… poi avrei teso la mano e
avrei preso tutto ciò che Salazar aveva consegnato agli
Sherton secoli prima perché lo custodissero per me. Il suo
unico, vero, erede.
... e invece... sta
andando tutto storto…
L'avevamo trovato incosciente, più morto che vivo.
All'inizio ero rimasto incredulo, poi il sangue mi era andato al
cervello, avevo convocato Pucey, l'unico ancora nel Cornwell, tra
quanti avevano il compito di sorvegliare Sherton, avevo appena spedito
i Lestrange a Londra a occuparsi di Orion Black. Ero furibondo con
loro, deciso a punirli, persino se Sherton si fosse salvato. Eppure, in
quel momento, anche la gratificazione legata ai pensieri vendicativi,
passava in secondo ordine, dietro al profondo senso di scoramento,
incredulità e delusione.
Ammazzarlo spettava a
me! Solo a me! Una soddisfazione attesa da anni,
che mi sarei goduto con comodo, una volta preso tutto il resto!
Una volta che l’avessi
umiliato in ogni modo…
Avevo ordinato ad Abraxas di avvicinarsi, io ero rimasto in disparte a
rimuginare su come il mio piano perfetto fosse stato rovinato, ancora
una volta, dalla “stupidità” dei miei
seguaci. Malfoy, l'uomo che aveva il ghiaccio al posto del sangue e mai
si scomponeva, appariva a sua volta sconvolto: aveva messo una mano sul
polso del cugino, cercandone il battito, invano, aveva fatto no con la
testa ed io avevo stretto i pugni, cercando di soffocare l'ira;
esitante, aveva poi estratto il pugnale, aveva posto la lama sotto il
naso di Sherton, aveva atteso, infine, quando ormai stavo per perdere
la speranza e la pazienza, mi aveva fatto un timido cenno di assenso.
«Ve l'avevo detto, ero sicuro
che fosse ancora vivo, anche se a prima vista... »
«TACI, CANE! NON ERA QUESTO
CIÒ CHE VI AVEVO ORDINATO DI FARE!»
Fulminai Pucey con lo sguardo, trattenendomi a stento da lanciargli
contro una Cruciatus.
«Nessuno, mai, vi ha dato il
compito, tanto meno il permesso, DI PRENDERVI Ciò CHE
è MIO!»
«Mio Signore… I
Lestrange... sono loro che... sono stati loro a... »
«E TU ERI CON LORO! Ho dato a
tutti e tre pari responsabilità nel controllare il mio
prigioniero... »
«Mio Signore... siete voi che
mi avete mandato... »
Lo afferrai per un braccio, spazientito e violento, lo trascinai
accanto a Sherton, lo gettai a terra e gli imposi di guardarlo.
«È stato torturato
per ore! TU SAPEVI E NON SEI INTERVENUTO! Ora... Prega che quest'uomo
non muoia prima che io gli abbia parlato, Pucey, altrimenti tu, al pari
degli altri, ne pagherai… DOLOROSAMENTE… le
conseguenze! E ora… SPARISCI DALLA MIA VISTA!»
Non mi curai oltre di Pucey, un lurido ratto che aveva riguadagnato
l'uscita a tutta velocità, incespicando sui propri piedi,
pallido come un morto; mi voltai verso Malfoy, sperando di ricevere
buone notizie: il Mago negò con la testa.
«Mio Signore, non ho ancora
finito di verificare ma... ho già visto una brutta lesione
alla nuca... ho esperienza di ferite simili e... spesso provocano danni
irreversibili al cervello... »
«Maledizione!»
«Mio Signore... se posso
esprimermi… dovreste provvedere in qualche modo...
Lestrange... è... è... solo un animale!»
«Basta così,
Abraxas... Lestrange è stato... ampiamente... provocato...
»
«Mente, mio Signore... Sherton
non ha mai... »
«Basta così, ho
detto! Penserò dopo... ai Lestrange…
Ora… fai tutto ciò che puoi per…
migliorare le sue condizioni… »
Abraxas annuì, poco convinto, io Materializzai un tavolaccio
su cui feci levitare il prigioniero, perché Malfoy lavorasse
più comodamente. Accesi dei falò, sperando che il
calore migliorasse la situazione. Mi avvicinai alle fiamme e le
ammirai, turbato. Vagai con il pensiero, mentre aspettavo.
Lestrange è
stato ampiamente provocato...
Mi aveva incuriosito l'atteggiamento di Rodolphus, quando avevo
convocato lui e sua moglie per spedirli da Orion Black: c'era il solito
entusiasmo in lei e una strana, cupa ritrosia in lui, ora potevo
spiegarla anche con la paura per la mia vendetta, quando avessi
scoperto cosa avevano appena fatto a Sherton ma... Lestrange si
comportava in modo strano fin dal suo ritorno da Essex Street: era
stato l'ultimo a rientrare da Londra, perciò, prima di
lasciarlo andare, gli avevo voluto parlare in privato, per avere il
resoconto delle sue ultime mosse e ricostruire insieme alcuni dettagli
della fuga di Deidra Sherton che ancora non comprendevo. Rodolphus mi
aveva raccontato di come la casa fosse esplosa e di come lui avesse
lanciato il mio segno sui cieli della città. Era turbato.
Profondamente turbato. Serrava i pugni nelle tasche, gli chiesi di
mostrarmi che cosa tenesse con tanta disperazione. Mi aveva fissato
addosso occhi vuoti, annunciandomi la morte di suo padre: mi aveva
mostrato la bacchetta del nostro prigioniero e aveva detto che Roland
era stato ucciso con quella, che era stato Sherton a farlo. Il suo
sguardo era cambiato quando mi aveva consegnato il legno, spiegandomi
in che modo intendesse sfruttare la situazione, favorendo i miei
progetti e traendo un beneficio per il suo casato, quando l'avesse
usato per ricattare il Mago del Nord: avrebbe costretto Sherton a
dargli la figlia in sposa, per suo fratello. Avevo annuito. L'avevo
rassicurato e consolato. L'avevo elogiato. Gli avevo promesso che
Sherton avrebbe pagato per quanto aveva sottratto a lui e a Rabastan.
In cuor mio, però, non avevo alcuna intenzione di fare
quanto mi suggeriva Lestrange. Avevo ben altri programmi su Alshain
Sherton e, soprattutto, sui suoi figli. Con un sorriso incoraggiante,
carico di promesse, l'avevo lasciato andare. Avevo già
capito tutto: era stato il figlio a uccidere suo padre.
Ha osato mentirmi,
guardandomi dritto negli occhi...
Rodolphus Lestrange ha
ucciso suo padre... poi ha cercato…
di ingannare... ME...
***
Alshain Sherton
Morvah, Cornwall - sab. 15 Gennaio 1972
Non ero ancora del
tutto cosciente, anzi, non ero neppure certo di
essere ancora vivo, iniziai ad averne il sospetto solo
perché percepivo di nuovo la testa, soprattutto il dolore
concentrato lì, e il senso di vertigine e nausea che mi
tormentava. Galleggiavo inerte nel mio mare fatto solo di sofferenza e
confusione, e da lì, da quel nulla liquido, ci misi un po' a
sentire le voci: non le riconobbi subito, ovattate e distorte
com'erano, tanto meno riuscii a comprendere il significato delle
parole. Probabilmente erano solo l’indizio che stessi per
svenire di nuovo e forse, stavolta, mi sarei perso per sempre in quel
mare gelatinoso da cui avevo già rischiato di non riemergere
più. All'improvviso, però, tornai consapevole
anche del mio corpo, per un dolore intenso al costato; addirittura, pur
privo di forze, tentai di reagire, quando una mano molle e gelida
iniziò a tastarmi la testa e la faccia, scese sul torace e
il ventre e parve voler proseguire… fin
“troppo”, per i miei gusti. Fu quel contatto
sgradevole a riportarmi alla vita e alla consapevolezza.
Malfoy…
Le labbra non
avevano la capacità di modulare quel nome, ma
riecheggiò improvviso, a lungo, nella mia testa. Non lo
vedevo, ancora, ma lo riconoscevo… ci riuscivo da sempre,
distinguevo quell’individuo tra mille: esisteva, infatti, in
tutto il Mondo Magico, un solo fottuto coglione vanesio capace di
tuffarsi in una vasca piena di profumo pregiato prima di andare ad
ammazzare gente.
E quel fottuto coglione… sei tu, mio
“amato”, viscido, cugino…
Afferrai un lembo di
toga che mi sfiorava la gamba sinistra e tentai,
con dolore, di sollevarmi; la mano di Abraxas mi costrinse a
ridistendermi su una superficie rigida, forse un tavolaccio di legno,
su cui era stato sistemato un tessuto ruvido ma asciutto. Sospirai a
fondo per recuperare il fiato, reso corto da quel piccolo movimento,
che mi causava dolori terribili al petto. A poco a poco recuperai
coscienza di molti altri dettagli: mi avevano spogliato dei pochi cenci
fradici che mi erano rimasti, avevo sentito più o meno
distintamente tre voci che ora si erano ridotte a due e subivo il
fastidio intollerabile di quella mano morta che mi tastava ovunque.
Riprovai a sollevarmi, senza riuscirci.
«A quanto
pare, Malfoy, non ci
siamo liberati di lui, neanche stavolta… Sherton si sta
dimostrando il solito infingardo mentitore... »
Riddle? Anche lui è qui? Lui... in carne e ossa... qui? Il
maledetto… è vivo… e si è
già ripreso...
«Evidentemente,
nonostante
tutto, le Rune sono state abbastanza potenti da evitargli il peggio...
non ho mai visto uno scempio simile... Ha cinque costole rotte, le mani
martoriate... e quella lesione alla testa che non so come non abbia...
Un trattamento... babbano, mio Signore... possiamo concludere che il
figlio è pazzo quanto il padre… »
Denigri davanti al tuo Signore il figlio del tuo storico compagno di
scorribande?
Salazar... non perdi occasione per essere il solito dannato ipocrita
manipolatore, Malfoy…
«Puoi
forse biasimarlo? Non
avrà voluto sprecare la propria Magia con questo... che cosa
sei Sherton? Un lurido Babbanofilo? O un semplice mentecatto?
Nonostante tutto, vorrei che lo curassi, Abraxas: non deve morire prima
di avermi detto tutto ciò che sa; inoltre... è da
tanto che vorrei dargli di persona una bella lezione... ma... non
così... con un miserabile invalido che non riesce neanche a
reagire... come potrei divertirmi?»
Stavo per
rispondergli con una sonora insolenza, ricordandogli come io,
l'amico dei Babbani, l'invalido, il mentecatto, avessi messo in
difficoltà lui, il grande Lord Oscuro, davanti ai suoi
scagnozzi, a Essex Street, ma i bambini erano ancora in mano a Malfoy,
quindi ebbi il buon senso di tacere e non commettere nuove imprudenze.
Soprattutto in quel momento, in cui, forse per l’esagerato
sforzo sostenuto a Londra, proprio contro Riddle, la Magia delle Rune
non voleva saperne di agire come desideravo.
Dal poco che
intravvedevo attraverso le palpebre peste, Abraxas
annuì, serio, mentre il Lord si avvicinò curioso
alle sue spalle, per controllare il suo lavorio rapido e preciso.
Se
solo avessi conservato un po’ di forze! Se solo la mia Magia
fosse la stessa di sempre… Avrei potuto colpire... ora che
nessuno dei due se l'aspetta... dannazione!
Sospirai. Avevo
sprecato troppo di me per resistere ai Lestrange,
dovevo stare calmo, recuperare le forze e la concentrazione, altrimenti
non sarei mai riuscito a creare qualcosa di decente per
combatterli… o almeno per resistere alle diavolerie che
Riddle aveva di certo ideato per me. Malfoy, ignaro dei miei propositi,
puntò la bacchetta su vari punti del mio costato,
provocandomi un dolore intenso, seguito da un calore bruciante, poi
usò un unguento viscido e odoroso, freddo sulla pelle, lo
spalmò e di nuovo un calore penetrante sì
irradiò là dove prima c'era solo tormento. Poco
alla volta il dolore al torace si spense, ma la testa rimase
intorpidita e vuota. Le Rune silenziose.
Forse
devo solo attendere... forse, ora che il dolore si è
placato, sarò di nuovo capace di…sentirle...
«Riesci a
curare facilmente
queste ferite “babbane”… ma se ti
chiedessi... di sistemare le lesioni in un modo... a noi
più... propizio?»
«Mio
Signore... non
fraintendetemi… si può fare tutto…
ma temo non servirebbe a molto: secondo mio padre, i Maghi del
Nord sono capaci di resistere al dolore fisico fino a morirne, senza
dare prima segni di cedimento... se... come dire...
“accettano” di provarlo... »
«Abraxas,
per favore... Sono
stanco delle favolette sui portentosi Maghi del Nord! Io li ho visti,
sono fatti di carne e sangue, come tutti! Anzi... Quella vecchia
cariatide del Decano mi è addirittura morto davanti...
“guaendo”... sì, direi proprio
guaendo… come un bastardo qualsiasi!»
Strinsi i pugni,
sentendo parlare in quel modo di Reginald McFiggs, il
venerabile Decano della Confraternita, uomo cui ero legato da lontani
vincoli di parentela e, soprattutto, da profonda stima e affetto. Il
Lord dovette notare il mio ennesimo vano tentativo di reazione, si
chinò su di me, ghignando, mi fissò e
sembrò leggermi dentro.
«Dovevi
esserci, Sherton...
come mi pregava, il maiale... com’era pronto a venderti a me,
pur di salvarsi la vita... »
«Menzogne!
Tu non sei... degno
di... baciare nean... che la terra su... cui camminano... uomini...
simili!»
«I tuoi
uomini,
già... tutti così fedeli... come il tuo amico
Emerson... o così morti… come il tuo vecchio
Decano... E tu? Tu cosa sei, Sherton? Un morto che cammina o un verme
che supplica e striscia? Mi pregherai anche tu di smetterla? Ti vedrei
bene, sai... a pregare… a strisciare… a
venderti… tu, da sempre così pieno di ottusa
ostinazione e stupido orgoglio... Avanti, sveliamo l'arcano... vediamo
chi abbiamo di fronte… Abraxas, dammi prova delle tue nobili
arti… “curative”…
ahahahahah... Ti prometto una “rossa” distrazione,
come ricompensa, se lo farai gemere e frignare come una
femmina!»
Riuscii a sputargli
addosso un’inutile maledizione e a
scalciarlo, suscitando le sue risate, poi le mie ossa iniziarono a
scricchiolarmi dentro il petto e mi pervase un dolore allucinante:
Malfoy, apparentemente immune e sordo agli sproloqui e alle promesse
del suo padrone, stava di nuovo applicando la bacchetta nel punto in
cui Lestrange si era accanito con i colpi più violenti, ma
stavolta non lo faceva per curare la frattura, no, la stava rendendo
più dolorosa, spingeva l’osso a premermi contro la
carne, dall'interno, lo piegava dentro il mio torace per farlo
esplodere fuori, per lacerare, dilaniare, macellare. Strinsi i denti
così forte, per resistere a quel tormento, che temetti di
spezzarmeli tutti.
Non devi emettere un gemito, Alshain.
Non di fronte a lui... mai di fronte a lui... mai di fronte al
mezzosangue!
Salazar, rendimi piena la mia forza! Fammi resistere… Deidra
tra poco arriverà e ci salverà...
Il dito del Lord si
abbassò sulla mia pelle, senza premere,
né toccare, l'altra mano scivolò leggera sulla
mia faccia, ripulendomi con un incantesimo del sangue rappreso e
scansandomi i capelli bagnati e sudati dagli occhi, così che
lo vedessi bene in viso, che ammirassi il suo sguardo beffardo. Gli
avrei volentieri sputato in faccia, di nuovo, ma ormai boccheggiavo,
senza fiato.
«Grida,
Sherton! Avanti! Fallo
per me! Fai qualcosa per me ed io... io concederò a te e ai
tuoi figli un'altra ora di vita… in mia compagnia! Voglio
essere buono... con te... »
«Va...
i... al... l'in...
ferno... Mezz... o... san... gue... »
«Solo
“Mezzosangue”? So che puoi fare di meglio, Sherton!
E anche tu, Malfoy... mettici più impegno, vediamo chi...
cede per primo… tra voi due... »
La tortura di
Malfoy, sempre preso e silenzioso, si fece più
intensa, sentii le ossa piegarsi ancora, deformarsi ancora, la
pressione sul polmone si sommò al dolore infernale, il
respiro divenne più difficoltoso. Richiamai le poche forze
che mi restavano, stringendo i denti per non urlare. Sicuro che
stavolta sarei impazzito.
«Sei
consapevole di aver
meritato tutto questo, Sherton? Hai permesso alla tua arroganza di
annebbiarti la ragione... Non hai mantenuto le promesse, amico
mio… non sei stato riconoscente… Eppure io ho
aiutato te, tuo figlio... »
Parlava e nella mia
testa vidi mio figlio, infermo, quando tutti
sostenevano che non avrebbe più camminato... ricordai la
disperazione di Donovan Kelly, quando gli avevano detto che in pochi
giorni Sile sarebbe morta... ricordai me stesso, nella grotta di
Herrengton, a pregare perché Mirzam, bambino, riaprisse gli
occhi, dopo l'aggressione dei finti Babbani. Lottai contro quelle
immagini, erano una via diretta per entrarmi nell'anima. Il Lord ora
parlava la lingua dei serpenti e le sue labbra non si muovevano
più, la sua voce era solo nella mia testa, mi stava scavando
dentro, cercando di abbattere le mie resistenze, di forzare il mio
autocontrollo, approfittando del dolore fisico per penetrare nei miei
ricordi, com’era già accaduto a Londra, quando il
timore per le sorti di Deidra e dei bambini mi aveva fatto abbassare la
guardia, avevo perso il contatto con le Rune e gli avevo consentito di
dilagare.
È successo qualcosa alla mia Magia, in quel momento? O si
è semplicemente esaurita quando ho tentato di ammazzare
questo bastardo?
Dovevo chiudere la
mente, sbatterlo fuori dai miei pensieri, ma il
dolore provocato da Malfoy e la potenza del Legilimens di Riddle erano
un carico difficile da sostenere. Dovevo distrarlo in qualche modo o
non avrei opposto resistenza ancora a lungo. E a quel punto tutto
sarebbe finito.
«Fot…t…
i… ti… »
«No... non
è molto
gentile, questo linguaggio, da parte tua... d'altra parte... Quando ti
raccomandi a Salazar, come stai facendo adesso… non stai
tradendo solo me, ma vieni meno ai giuramenti che tu e i tuoi antenati
avete fatto a lui… Lo sai che tutto questo è la
punizione per aver mancato di rispetto a lui prima che a me?»
«Tu...
non... sei...
Sal… zar! Sei... so... lo... Rid… le…
un mezz... sangue… un... Mago a... me…
tà… l’abo…minio...
stes… so… agli occhi… di... Salazar...
»
Voleva i miei
pensieri ed io glieli diedi, gli riversai addosso altri
miei ricordi, ricordi che ero certo non gli piacessero: il momento in
cui mi aveva puntato la bacchetta addosso, quella mattina, finendo
accerchiato dalle fiamme che voleva scatenarmi contro; un ricordo
lontano, dei tempi di Hogwarts, che non mi apparteneva, ma che un
“amico”, Alphard Black, aveva condiviso con me, il
futuro, pomposo, prefetto leccapiedi, ancora privo della sua cerchia di
sgherri, deriso da sua sorella, la spocchiosa Walburga Black, e dalle
sue amiche, per il suo cognome tutt'altro che magico, indegno dei
sotterranei di Salazar. E ancora, il momento in cui aveva indossato il
falso anello davanti ai suoi scagnozzi, illuso che fosse quello vero, e
non aveva ottenuto alcun risultato. Rividi lo stesso gelo rabbioso nei
suoi occhi purpurei, lo stesso con cui mi aveva fissato mentre mi
prendeva a schiaffi a casa di Lestrange, pochi mesi prima. Ghignai,
soddisfatto, quando lo vidi alzare la mano contro di me.
Avanti fallo, idiota! Non hai capito che è così
che ci ha difeso Salazar l'uno dall'altro? Il legame che esiste a causa
sua, tra noi, c’impedisce di creare Magia uno ai danni
dell’altro, senza che ci si ritorca contro... Avanti, fallo!
È ciò che voglio! Vederti bruciare per mano
tua... e magari da questo tuo errore le mie Rune riprenderanno
vigore…
«Mio
Signore, no! Non cadete
nella provocazione! Salazar, vi supplico… NO!
CRUCIO!»
Avevo resistito al
dolore e al Legilimens, avevo mantenuto la mente
fissa su quei pensieri, fino a far perdere a Riddle la pazienza e la
concentrazione necessaria a piegarmi: Malfoy si era intromesso, certo,
aveva trasformato la tortura precedente in una Cruciatus,
più dolorosa e devastante per il mio corpo ormai martoriato,
ma non gridai. Se avessi avuto fiato, gli avrei addirittura riso in
faccia. Ero riuscito a distrarre Riddle proprio quando ero ormai giunto
al limite, incapace di contenerlo ancora al livello più
superficiale dei miei pensieri. Adesso mi sentivo vuoto, senza
più la sua mente a frugare nella mia. Puntai i miei occhi
nei suoi, avevano perso la fissità ipnotica di qualche
istante prima: erano un lago di oscurità, un vuoto fatto di
odio e desiderio di vendetta.
«Cos’è?
Ti fai… parare... il culo… da questo…
bellimbusto... Mezz… san... gue?
Dov’è… la tua… Ma... gia?
Hai paura... di... usarla... su di… me?»
«Ti credi
scaltro, ma ti sono
rimaste solo l’arroganza, l’orgoglio e la
vanità... non
hai nient’altro... Sei prossimo alla tomba,
ormai... E non
sarai
solo in quella tomba… lo vedo nei tuoi occhi...
avrei dovuto strapparteli anni fa… ti avrei liberato dal tuo
stesso cancro... salvandoti dalla tua rovina!»
Avvicinò
la mano, mi dovetti mordere la lingua per non
insultarlo ancora. Eppure mi percorse anche un brivido, sentendogli
dire, solo nella mia mente, che non mi restava altro e, peggio ancora,
quel suo riferirsi al fatto che “non sarei stato solo in una
tomba”... non capivo fin dove si sarebbe spinto.
Non può fare del male alla mia famiglia e illudersi di
ottenere poi ciò che più desidera… No,
non può toccare i bambini... senza sapere…
Un ghigno trionfante
gli si dipinse in faccia, leggendo il mio tacito
timore e la mia incertezza, la mano però si ritrasse, appena
le sue dita mi sfiorarono le palpebre.
«Andiamo,
Abraxas…
Lasciamo questo... sciocco... così... a godersi la
sensazione del suo corpo che divora se stesso... lasciamolo solo, al
buio, al freddo, con questo dolore persistente, implacabile ma non...
mortale. Diamogli il tempo di capire cosa gli fa più
paura… chinare la testa... o impazzire... »
***
Lord Voldemort
Morvah, Cornwall - sab. 15 Gennaio 1972
“Accettare il dolore, per resistergli”
Buffonate! Stai solo cercando di prendere tempo per tua moglie, pensi
che lei possa trovarvi, tirarvi fuori di qui...
ILLUSO!
Io… ho solo iniziato con te… resistimi quanto
vuoi, sarò felice di farti sempre più
male… sempre di più...
Voglio piegarti, sì… voglio...
spezzarti…
Ti priverò di lei, della speranza... e di loro, del tuo
futuro...
Vediamo poi, senza più i tuoi cari a motivarti…
quanto senso avrà ancora, per te… resistere!
Nella foresteria, in
piedi davanti al falò, riflettevo su
quanto era accaduto: stando alle confessioni di Emerson, nel luogo in
cui ci trovavamo, Sherton poteva ricorrere alla Magia delle Rune solo
per difendersi e contenere i danni, non poteva in alcun modo servirsene
per nuocerci... per questo, nonostante le sue condizioni, non era morto
né era rimasto troppo “danneggiato” dai
colpi di Lestrange, anzi, era persino riuscito a opporsi al mio
Legilimens.
Ma
non puoi usare in eterno i tuoi dannati trucchi contro di me... resisti
pure... sarà solo l’estremo rantolo di un uomo
ormai finito...
In quelle lunghe
giornate, dalla battaglia di Herrengton all'assalto di
Essex Street, avevo pensato di abbandonare la questione della
Confraternita, andando avanti per la mia strada: era sempre stata mia
intenzione tenere in vita Sherton solo finché non avessi
preso Habarcat, le Terre e le conoscenze di Salazar Slytherin,
abbracciando quel destino che mille anni prima il mio antenato aveva
tracciato per tutti noi. Nelle ultime settimane, però,
esasperato dai continui contrattempi, mi ero chiesto quanto fosse
realmente necessaria l'investitura dell'antico fondatore, per i miei
progetti. Non avevo motivi logici per continuare, potevo liberarmi
dell'ossessione per Habarcat, per le Terre, per gli Sherton, e
proseguire sulla strada già intrapresa, quella degli Horcrux
e della conquista del Ministero; caduta Hogwarts, poi, ed eliminato
anche Dumbledore, avrei riaperto la Camera dei Segreti, svelando a
tutti le mie vere origini, se proprio avessi desiderato un
riconoscimento pubblico del mio legame con Salazar.
Ora,
però, non ero più convinto che la questione
avesse un valore solo formale, per me, tanto meno che non me ne
importasse più niente o che volessi fare a meno dei benefici
che Habarcat avrebbe apportato al mio Sangue, eliminando ogni traccia
degli errori commessi da mia madre. Nel momento in cui avevo rischiato
di perderla, avevo rivalutato la mia eredità: desideravo
appropriarmi di quei dannati segreti che Sherton si ostinava a celarmi,
di quelle antiche, sfuggenti, polverose conoscenze. Perché
era qualcosa di mio, solo mio, destinato a me, l'eredità
della mia famiglia, la mia identità, quella vera, quella
legata al mio passato glorioso, quella che attendeva me fin dalla notte
dei tempi. No, non intendevo rinunciarci, lasciarmela sfuggire,
perché mollare sarebbe stato concedere almeno una vittoria a
Sherton.
Sono l'unico erede di Salazar, l’unico degno della sua
Magia… non questo… inutile... cialtrone
arrogante... i segreti di Salazar appartengono solo a me!
«Puoi
riportare indietro il
pensatoio, Abraxas... ti ringrazio... »
Piegare Sherton si
era rivelato a lungo un problema e purtroppo
continuava a esserlo: persino in quel luogo particolare mi chiedevo se
potessi colpirlo con un Imperius e assoggettarlo, senza correre rischi,
com’era avvenuto a Londra… perché, dopo
aver visto la mia Magia reagire contro di me, quella mattina, e in
altre occasioni passate, come mi aveva ricordato il Pensatoio, avevo
degli scrupoli a puntare ancora la bacchetta su di lui. Anche Sherton
se ne era accorto o lo sapeva già... e per questo aveva
iniziato a provocarmi. Anche Malfoy aveva compreso qualcosa, se non
altro il mio turbamento, ed era intervenuto con la Cruciatus prima che
perdessi la pazienza, ma io non potevo certo lasciare che fosse lui a
Imperiare Sherton per me. Nessuno degli altri, inoltre, doveva
sospettare che tra noi ci fosse un legame di cui, ancora, non capivo
del tutto la natura. Tanto meno dovevano intuire che ero preoccupato da
questo mistero. Avrebbe minato la mia autorità e il timore
che nutrivano per me. Dovevo riprendere in mano la situazione.
Per
cautela... non userò la Magia per costringere Sherton
all'obbedienza… ma tutti dovranno pensare che la mia scelta
miri invece a umiliarlo, a impartirgli la giusta punizione per la sua
arroganza, per il suo insano entusiasmo verso il mondo babbano.
Dovevo trovare il
modo di non usare l'Imperius, di imporgli la mia
volontà “a freddo”, costringendolo a
diventare una marionetta nelle mie mani, facendolo restare cosciente
delle proprie azioni e della propria rovina. Nella sua vita, sarebbe
valso il suo motto, “la morte non è il peggiore
dei mali” inoltre, nulla più di uno schiaffo al
suo spropositato orgoglio sarebbe stata un'enorme soddisfazione per il
mio ego.
«Un uomo
ferito cui son stati
rapiti i figli non si oppone, mio Signore, ma si prostra e supplica! Io
temo abbia ancora... »
«Sherton
si
piegherà, Abraxas... con le buone o con le cattive... e
questo avverrà a breve, prima che gli altri tornino: ha
osato sfidarmi, dinanzi a tutti! Non gli permetterò certo
di... »
«Mio
Signore, siate
prudente... Sherton conta sul fatto che la moglie sia viva, pronta a
denunciarci a Crouch; sulla Traccia, che consentirebbe al Ministero di
ritrovare i mocciosi... e sul fatto che i figli siano tanto preziosi
per noi... Lui non sa dove siamo, per questo si ostina a farci perdere
tempo, crede che basti resistere, perché prima o poi il
Ministero lo salverà… ma nessuno verrà
e lui è ormai oltre le sue capacità…
c'è il rischio reale che possa morire: non sarebbe un
problema, per me, certo, ma… siete voi che avete detto che,
per il momento… vi serve ancora vivo… »
Mi voltai a
guardarlo, Malfoy abbassò subito gli occhi. Era
stato un autentico colpo di fortuna trovare quel sito in tempo: il
luogo in cui, per secoli, era stata custodita la Fiamma di Habarcat era
ancora talmente pregno di Magia Antica, che molti sciocchi incantesimi
del Ministero, compresa la tracciatura dei minorenni, lì non
funzionavano. E costituiva anche uno scudo verso se stessa, memoria dei
tempi antichi in cui tribù diverse e tra loro ostili, capaci
di annientarsi l’una con l’altra, si radunavano
lì, a onorare gli stessi dei e celebrare gli stessi riti:
per favorire la pace, si erano imposti incantesimi radicali che
impedivano loro di far ricorso al potere delle Rune per nuocersi
l’un l’altro. Emerson mi aveva confidato che
Sherton, dai tempi di Nobby Leach e della crisi tra Confraternita e
Ministero, era alla ricerca di questi luoghi carichi di Magia, in tutta
la Gran Bretagna, per creare una rete di nascondigli per i Maghi del
Nord e i loro manufatti, più o meno Oscuri. Era stato
sufficiente ripercorrere i suoi ultimi spostamenti e, soprattutto,
pazientare…
Un'altra antica conoscenza che sfrutterò meglio di loro. E,
oggi, ho addirittura l’opportunità unica di
verificare su Sherton le mie teorie...
«Hai paura
di lui, Abraxas? O
non ti fidi più di me? Ti vedo molto turbato... »
«Mio
Signore, non ho timore
per me... ma Sherton è già riuscito a ferirvi,
oggi, e sono successe cose... inaspettate... sono sconcertato dai
trucchi che conosce e che, nonostante la collaborazione con Emerson, mi
erano finora ignoti... solo per questo vi esorto a procedere
con… cautela: mio cugino sa essere irritante ed io temo
possa... provocarvi, spingendovi a commettere imprudenze... come poco
fa... »
«I suoi
trucchi saranno presto
i nostri, Abraxas, non temere... Ti consiglio di prepararti... tu sai
già che cosa devi fare... segui alla lettera il nostro
piano!»
Malfoy
annuì, ma non si mosse, restò
lì a fissarmi pensieroso. Alshain Sherton era un
manipolatore, già in passato aveva usato il figlio come un
cavallo di Troia contro di me, e pur amando mostrarsi onesto e santo,
era arrivato a Imperiarlo per i suoi scopi. Un uomo simile poteva aver
ingannato anche la moglie, facendole dimenticare tutto, per questo, pur
fidandomi di Abraxas, intendevo valutare di persona i ricordi della
Strega. Deidra Llywellyn mi serviva.
Sì… Quella dannata irlandese... può
essermi ancora utile in molti... moltissimi modi...
«Mio
Signore... quindi
riguardo alla moglie e ai figli... »
«Intendo
togliere al nostro
ospite tutte le certezze su cui poggia la sua tracotante arroganza...
vedere il terrore nei suoi occhi, quando capirà che questo
luogo, che è stato lui, involontariamente, a indicarci,
nasconde la Traccia di quei mocciosi su cui fa tanto affidamento. E
soprattutto... »
Lo fissai,
ghignando, consapevole che solo questo, alla fine,
più del dolore fisico e dell'umiliazione, più
della perdita delle sue Rune e il timore per i figli, poteva scardinare
tutte le sicurezze di Alshain Donovan Sherton.
«…
voglio
instillargli il timore che la sua adorata mogliettina in questo momento
sia… come dire… “preda di
guerra”… di... Roland Lestrange!»
***
Alshain Sherton
Morvah, Cornwall - sab. 15 Gennaio 1972
Il dolore e la
difficoltà a respirare mi portavano quasi a
rimpiangere i jmomenti passati con i Lestrange. Il mio corpo bruciava,
mi stava risalendo la febbre, con uno sforzo sovrumano sollevai una
mano, le mie dita erano ancora più deformate, a causa del
gonfiore. Quando udii i passi in lontananza e percepii un leggero
chiarore rossastro invadere l'estremità del mio campo
visivo, la mia forza di volontà, per la prima volta,
vacillò, insieme al mio coraggio: ero sfinito, se non fosse
stato per il pensiero dei bambini, ancora nascosti da Malfoy da qualche
parte, avrei mandato al diavolo la mia ostinazione e avrei cercato il
modo di farla finita da solo… o li avrei provocati, fino a
costringerli a uccidermi.
Perché
Deidra non ha ancora mandato Moody da me?
Salazar, ti prego, fa che non sia rimasta ferita tanto gravemente, a
casa, da essere…
No, ti prego… non voglio pensarci… NO!
Il Lumos mi fu
puntato sugli occhi, impedendomi di vedere, una mano
gelida mi arpionò il mento.
«Te lo
ricordi Hernie Duncan,
vero Sherton?»
Reagii appena udii
quel nome: muovendomi di scatto, il dolore al fianco
fu terribile, sconvolgente.
«A quanto
pare
sì... Bene! Abraxas, ordina al tuo Elfo di portare qui i
mocciosi!»
«Mio
Signore... »
«Basta con
le inutili
discussioni, Malfoy! Ne abbiamo parlato a sufficienza, ho
deciso!»
«Non
osare... non osare...
toccare nep... pure con un dito... i miei... figli... non…
»
Con le poche forze
che avevo, mi ero sollevato e aggrappato alla sua
toga, Riddle, nonostante uno strattone violento, non era riuscito a
liberarsi di me, con le mani massacrate ero risalito verso il suo
collo, deciso a fare qualcosa, qualsiasi cosa. Abraxas non aveva perso
altro tempo, mi aveva messo una mano proprio sotto la Runa del collo,
facendo pressione e stringendo sempre di più: il mio fiato
si fece ancora più corto, i miei sensi s'intorpidirono, in
breve mi rese inoffensivo; la devastazione di una sua Cruciatus, poi,
rapida e intensa, mi colpì là dove aveva giocato
con le mie costole, mettendo fine al mio inutile tentativo di assalto.
Il dolore e la paura provata per i bambini mi privarono
dell'autocontrollo: nonostante la mia determinazione a non cedere, non
riuscii a trattenermi oltre e urlai.
Riddle
ghignò, all’inizio, poi rise spudoratamente
e infine applaudì, schernendomi, trionfante.
«Finalmente!
Quanta inutile
sofferenza hai patito, Sherton, per finire esattamente dove volevo io?
Te l’ho detto: io ottengo sempre ciò che voglio.
Ti ho promesso un’ora di vita per un gemito, ma questo
è stato solo un gridolino appena decente, perciò
posso mantenere solo in parte la mia promessa: scegli… vuoi
che Abraxas ti curi quella costola o preferisci che…
allunghi di un'altra ora solo la vita dei tuoi figli? Puoi anche
decidere di essere ragionevole e iniziare a parlare di Mirzam... il
vero motivo per cui siamo qui… poi la maggior parte di noi
potrà tornare a casa propria per l’ora di
cena… Ti consiglio di riflettere bene... sulla mia
generosità… sull’eventuale prezzo della
tua salute... e su quello della tua ostinazione… »
«Alshain...
ascoltalo... digli
ciò che vuole sapere e alla tua famiglia non
accadrà quanto è toccato al figlio di Hernie
Duncan… »
«Io
non… accetto
nulla… da te… da voi… non…
faccio… patti... con te… Tu... saresti... il
più grande… Mago Oscuro… dei nostri
tempi? Sei solo... una lurida… carogna… un
bastardo vigl… iacco... un impo… tente che
com… pensa la sua medi… ocrità
prendendose… la… con i bambi... ni!»
«Ohhhh…
dovrei
sentirmi offeso, vero? Da te? Dal santo…
dall’innocente… dall’eroico Alshain
Sherton? Sei sempre stato bravo a cambiare la realtà delle
cose… ma non avevo idea che fossi tanto…
stupido… stupido oltre che arrogante… e
ipocrita… Se solo i tuoi cari aprissero gli occhi su di
te… se ti conoscessero come ti conosco io… che
terribile delusione saresti per loro! Ma questi non sono affari
miei… Bene, se hai deciso per te stesso e per i tuoi figli
che vivere non è importante…
procediamo… »
«Mio
Signore, aspettate!
»
«No,
Malfoy… basta
aspettare… è questo ciò che lui
vuole… »
«Mio
Signore... per
favore… ho visto le ferite, credo non sia capace
di… rendersi realmente conto… mi offro di
garantire io per lui... mio cugino è testardo certo, ma...
non parlerebbe in modo così avventato se fosse in
sé… non quando in gioco c’è
la vita dei suoi figli... »
«Sono anni
che lo difendi,
Abraxas, e hai preso solo insulti da lui! Non sei ancora stanco di
quest’ingrato?»
«Mio
Signore, non sto
chiedendo nulla per me... ma… ha il mio stesso
Sangue… e… sareste voi a ricavarne
beneficio… concedetemi tempo per… farlo...
ragionare!»
Li fissai in
silenzio, incapace di capire che cosa complottassero, che
intenzioni avessero: ero certo che il Lord stesse bluffando, i miei
figli avrebbero potuto svolgere un ruolo importante nei suoi piani per
la conquista delle Terre, quindi era impossibile che corressero un
rischio reale... eppure... non potevo escludere che il Lord fosse
più pazzo di quanto immaginassi. Tra l’altro, dopo
tutte quelle ore di sofferenze fisiche e torture psicologiche, non ero
certo di riuscire a riconoscere la presenza di una trappola, neanche se
Riddle si fosse mostrato mentre me la tendeva proprio davanti agli
occhi.
«Antiche e
nobili
famiglie… dannati voi e le vostre decadenti tradizioni!
Mezzora, Malfoy, non un minuto di più... poi
inizierò a gettarli in pasto ai pesci! Approfittane per
rimetterlo in sesto, voglio che abbia occhi per vedere bene…
e mente lucida per ricordare questa notte… per
sempre… »
Il Lord
uscì dal mio campo visivo e ci lasciò
soli. Accanto a me Abraxas dapprima sbuffò poi si
voltò e, senza una parola, a sorpresa, colpì con
violenza entrambi i pugni sul tavolaccio su cui ero disteso.
*
«Potrebbe finire subito: se
fossi ragionevole, saresti presto a casa con i tuoi figli, davanti al
caminetto grande di Herrengton… se invece continuassi su
questa strada… sarebbe la tua intera vita a diventare un
inferno, fatto d’incubi e rimorsi terribili…
Io… io al tuo posto non vorrei rischiare… un
epilogo simile... »
Erano state quelle le uniche parole di Abraxas, dopo aver preso a pugni
il tavolo: aveva perso l'autocontrollo per pochi istanti, a sorpresa,
non l'aveva mai fatto e non sapevo come interpretare quell'episodio,
forse era una recita, una trappola, forse aveva realmente paura. Tutto
poi era tornato alla normalità, Malfoy aveva recuperato il
solito distacco e aveva ripreso a sistemarmi qualche ferita, lavorando
al costato, alle mie mani e alla mia testa. Io non avevo parlato,
né l'avevo guardato, anche quando il dolore alla testa era
diminuito, avevo preferito lasciare gli occhi chiusi: eravamo alla resa
dei conti, dovevo raccogliere ogni energia, senza farmi confondere
dalle sue contraddizioni. Con delicatezza, a un certo punto, aveva
posato la mia mano destra sul mio torace: molti dei tormenti fisici
impostimi dai Lestrange e dal Signore Oscuro erano stati sanati.
Per ricompensarti delle
“gradite” attenzioni che mi
hai rivolto, oggi, cugino, vorrei tanto Cruciarti… darti un
anticipo di quello che meriti e che prima o poi ti
farò… ma la mia Magia continua a essere debole,
offuscata da qualcosa che, a quanto pare, è esterno a
me… non dipende solo dalla mia sofferenza…
«Guardami!»
Aprii gli occhi, mi trovai a fissare lo stesso sguardo di luna che mi
era tanto caro, sul volto del mio Mirzam. Strinsi i pugni.
A volte il destino sa
essere un dannato bastardo…
«Vale la pena comportarsi da
pazzo? Ti rendi conto di aver messo in pericolo la tua famiglia? Per
che cosa? È così terribile per te chinare la
testa? Sei un fottuto bastardo arrogante, Alshain, lo so… ma
non sei uno stupido! Non puoi ricacciarti in gola il tuo stramaledetto
orgoglio, almeno per questa volta, e fare un passo indietro? Vuoi
veramente far fare una fine orribile ai tuoi bambini solo per non
piegarti? Salazar… fossi solamente tu… la tua
scelta si riflettesse solo su di te… potrei
capirti… ma quelli sono i tuoi figli! Le persone che dici di
amare!»
Non gli risposi, conoscevo i suoi monologhi, li aveva ripetuti tante
volte, inutilmente, ormai non si aspettava più neanche una
risposta da parte mia. Non sapevo se cercasse di sfogarsi, di
giustificarsi, o fosse un altro tentativo di farmi abbassare la
guardia, io non gli avrei dato soddisfazione.
Quando però, all'improvviso, iniziò a parlarmi di
cose che solo in parte conoscevo già, di come fosse stato
raggirato Hernie Duncan, mesi prima, di come suo figlio fosse caduto
preda di uno strano male incurabile, di come, giorno dopo giorno, fosse
deperito fino a morire nel sonno, la mia volontà riprese a
vacillare, sferzata da dubbi atroci. Con fatica riuscii a trattenere le
lacrime: Hernie era stato uno dei miei più cari amici
d'infanzia, un giovane Pozionista pieno di vita, un uomo forte e
coraggioso. Era una pena indicibile ripensare a come si fosse ridotto
per la malattia del suo unico figlio e ricordare lo strazio della
moglie quando l'aveva trovato impiccato, travolto dal senso di colpa.
Hernie era stato un uomo fin troppo orgoglioso di se stesso e delle
proprie idee… come me… e aveva pagato con la vita
di suo figlio e, in seguito, con la propria, la colpa di non avere
soddisfatto le richieste di Lord Voldemort.
Sei pronto a vivere
un’esperienza simile Alshain? Vuoi
davvero far conto solo sull’ambizione sfrenata di Riddle, per
la salvezza dei tuoi figli?
E se ragionasse in modo
diverso da come ti aspetti? Se arrivasse a
rinunciare a Habarcat, solo per togliersi la soddisfazione di farti del
male?
Respirai a fondo e strinsi i pugni. Non potevo vacillare. Non ora.
«Al tuo posto, Malfoy, io non
penserei alla mia sorte ma alla tua... Sono ore che state cercando
Deidra, invano... a ogni ora che passa, in te aumenta la
paura… Non t’invidio: il mestiere
dell’equilibrista è difficile, non sai quando, non
sai da che parte, ma sai per certo che, prima o poi, cadrai... E tu non
sei un uomo che ama il rischio… lo sai che stavolta ci sono
ottime probabilità che tu cada dalla parte
sbagliata… Deidra ti ha visto in faccia, ora probabilmente
è da Dumbledore o da Moody o da Crouch e sta facendo nomi e
cognomi di chi ci ha aggredito... di chi ci ha portato via i bambini...
Hanno la Traccia, i miei figli… non quella del Ministero,
che magari sapete come confondere... hanno la nostra, anzi, la MIA...
come funziona quella, lo so soltanto io: quando devo proteggere chi
amo, non vado a raccontare i miei segreti al primo Emerson che passa...
Se il Signore Oscuro non prenderà il potere in tempi
brevi... e visto quanto tempo sta perdendo qui con me non credo che
l’evento si realizzerà entro domani… il
Ministero verrà a stanarti a casa, Malfoy, e a quel punto il
tuo prezioso nome e la tua vita e la fortuna tua e di tuo figlio
finiranno calpestati nella polvere... Ora, cugino... dimmelo
tu… ne vale davvero la pena?»
Mi fissò a lungo, silenzioso e immobile, si fece
portare dal suo Elfo una caraffa d’acqua, preparò
un bicchiere per me, che non accettai, e bevve, sia il mio sia il suo.
Poi tornò vicino a me, sempre guardandomi fisso, con la
solita espressione impenetrabile.
«Ti compatisco, sai? Si vede
che credi realmente alle cavolate che dici… ti sei chiesto
perché tutto questo non è ancora successo? Che
cosa c’è che non va? Perché non riesci
a reagire con la tua Magia? Eppure ne hai di rabbia in corpo! E
perché non trovano la Traccia dei tuoi figli?
Perché il Ministero non ti sta cercando? Non hanno ascoltato
Deidra? No, non l’hanno ascoltata e non la cercano,
perché la considerano morta… proprio come
considerano morto te e morti i tuoi figli… nessuno ha
più speranze per voi, dopo che hai fatto esplodere la tua
casa a Londra. Tua moglie, cugino, mi è sempre piaciuta ed
è per lei, solo per lei... che… mi dispiace che
sia finita così… ma per quanto mi riguarda,
ormai, non può più farmi un bel niente!»
«Non la cercano,
d’accordo, ma quando lei si presenterà da
loro… lo vedranno che non è morta! Sapranno che
non siamo morti!»
«E perché non
l’ha ancora fatto? Una donna che lotta per i propri
figli… non perde tutto questo tempo… »
Mi guardava come fossi un pazzo visionario: tutta quella sicurezza era
un bluff, lo sapevo, eppure sentii il mio cuore stringersi, mi chiesi
se sapesse qualcosa di cui ero all’oscuro, mi chiesi ancora
una volta se le ferite inferte da Emerson a Deidra non fossero troppo
gravi... se lei non fosse... o se... qualcuno l'avesse trovata
e…
No, non è
possibile... non c'è modo di entrare
nel capanno di...
Interruppi quella linea di pensiero, guardingo, non dovevo in alcun
modo pensare a quel luogo.
«E poi… fammi
capire… io come dovrei entrarci, per il Ministero, in questa
storia? Non sarai così stolto da credere di trovarti a casa
mia, nel Wiltshire, vero? O nella mia villa estiva nel
Cornwall… Non sono un idiota, cugino, non ho portato i tuoi
figli da me, con tutte le protezioni che, note o sconosciute, tu avrai
di certo piazzato loro addosso! Ti dai arie da saccente… ma
non hai idea di dove ti trovi adesso, vero? Non hai proprio idea di
quanto sia più avanti di te il Signore Oscuro! Di questo,
però, ti parlerà lui… più
tardi… aspetta questo momento da tanto… se ha
sprecato il suo tempo a curarti, è solo per vedere la tua
faccia, quando saprai… ritornando a tua moglie... »
Fece una pausa... una lunga pausa, magistrale, che nonostante tutti i
miei sforzi per restare razionale, riuscì a farmi sollevare
i peli della schiena.
« ... il tuo Elfo
è stato intercettato, cugino… Doimòs
è morto… Deidra è stata prelevata dal
vostro nascondiglio, prima che ci arrivassimo anche noi…
Cuor di Coniglio non è molto bravo a tenere i segreti, sotto
pressione… sapevamo dove cercarla… ma lei non
c’era più… Uno dei nostri... nascosto
in casa tua… si deve essere Smaterializzato con loro nel
pieno della confusione… e se proprio vuoi
saperlo… di tutti noi... l'unico che non si è
presentato qui, alla fine della missione… è...
»
Di nuovo una pausa a effetto: volevo saltargli alla gola e costringerlo
a dirmi la verità. Al tempo stesso volevo ucciderlo
all’istante per impedire a quella voce di andare avanti,
perché sentire quel nome, quelle parole, avrebbe reso tutto
più vero... ed io sapevo già di chi stava
parlando.
Lestrange…
è l’unico che non si trovi qui…
è l’unico che non si sia ancora “servito
al banchetto” che il Signore Oscuro ha allestito con le mie
membra…
«È... Roland...
Lestrange... Io non so nulla, per certo, su cosa è capitato
a Deidra, ma posso fare delle supposizioni dalle informazioni che ho...
e se quello che temo fosse vero... lo puoi immaginare anche
tu… che cosa le starebbe facendo quel maiale in questo
momento… Te la senti di continuare a perdere tempo qui, con
Milord e con me, in stupide guerre verbali in nome di un'antipatia
scoppiata tra noi da ragazzi? Ne vale la pena Alshain? Al tuo posto
farei quello che va fatto per uscire da qui al più presto e
correre da lei! Forse non è ancora troppo tardi!»
«Tu stai mentendo! Se fosse
questa la verità, avreste giocato subito questa carta, per
farmi parlare… Tu... stai cercando in tutti i modi di
pararti il culo, come tuo solito, Malfoy!»
«Sì, è
vero... vorrei potermi parare il culo, stavolta più di tutte
le altre! Lo vorrei con tutte le mie forze...
perché… anch’io sono stato ingannato...
quando sono uscito da casa, stamani, non era per rapire bambini,
violentare donne o massacrare cugini stupidi…
c’erano solo ricordi da prelevare, mettere in una boccetta e
consegnare... ma ora la realtà, schifosa, ripugnante quanto
vuoi, è diventata questa… L’hai fatto
incazzare come una belva, con quello scherzo a Londra, Alshain! E ora
vuol fartela pagare, è questa la
verità… se io ti parlo di Deidra, ora che forse
c’è ancora una possibilità di salvarla,
sto andando contro il suo volere… lui non intendeva far del
male alla tua famiglia, per questo ha mandato me, da voi… ma
a un certo punto… Lestrange è sfuggito al
controllo di tutti… fin dall'inizio mirava a lei, solo per
colpire te... ormai è successo e neanche Milord
può tornare indietro… e… temo che
fartela trovare morta sia la punizione che intende infliggerti per la
tua arroganza, Alshain… indipendentemente dalle decisioni
che prenderai da questo momento in avanti… »
Sapevo che non era vero, Lestrange non poteva aver fatto nulla alla mia
Deidra, lei era nascosta a...
E se invece...
Potrebbero aver
agganciato Doimòs...
O aver minacciato
Orion... o semplicemente... averlo seguito... mentre
ci cercava nei boschi...
«Io, è vero, se
andasse male… potrei finire ad Azkaban, per tutto
questo… ma una volta preso il bacio del Dissennatore, non
ricorderei più nulla, sarei come morto… e sarei
mille volte più fortunato di te… oppure potrei
trovare un bravo Magislegale che riuscirebbe a dimostrare che mi hanno
Imperiato… e me la caverei… i soldi
sai… possono fare tutto… e
chissà… muovendo le leve giuste…
potrebbe salvarsi persino Roland… mentre tu… chi
ti salverebbe da te stesso? Chi pagheresti per far tacere i tuoi
pensieri? Tu passeresti il resto della tua vita a rimpiangere questo
momento e a maledirti... a scongiurare i tuoi figli di perdonarti... a
pensare solo a quanto è durato il martirio du Deidra, a
quanto l’ha fatta soffrire quel porco prima di ammazzartela,
a quand’è che lei ha capito che non avresti fatto
in tempo a salvarla, che non avrebbe più rivisto te e i
bambini, e che… la causa ultima di tutto il suo dolore sei
sempre stato tu, soltanto tu… »
«Basta! Smettila! »
Deidra non
può essere con Roland... no... Deidra...
è... è...
Non lo volevo più ascoltare, ma non riuscivo a non
ascoltarlo... non riuscivo a non ascoltare tutta la verità
che usciva da quella fogna di bocca… il tarlo che Deidra
fosse nelle mani di Lestrange si era ormai fissato nella mia mente. E
mi sconvolgeva e dilaniava e massacrava più di tutte le
Cruciatus, i pugni, le torture subite in quella giornata.
«Non augurerei una morte
simile nemmeno a un nemico, figurarsi alla donna che amo, Alshain... tu
ricordi cosa mi è successo dopo che Yvonne… So di
cosa sto parlando… e per te sarebbe mille volte
peggio… Non comportarti da folle, non mettere il tuo
orgoglio dinanzi a lei... Chiedi perdono a Milord... aiutalo e tutto
sarà dimenticato... persino le colpe di tuo figlio... Lui
sarà magnanimo con Mirzam... il ragazzo è ancora
giovane... ingenuo... è normale commettere degli
errori… inoltre… posso aiutarti a fargli credere
che è stato malconsigliato da quel vecchio pazzo…
da Fear… incolpiamo a lui, Alshain… neanche tuo
padre si fidava del vecchio… ha ucciso tua madre, in
fondo… è una storia credibile… Milord
è disposto alla più grande generosità
e al più orrendo dei delitti, pur di avere te, Alshain...
Pensaci… Quale altra scelta hai? Ormai da qui non puoi
uscire vivo senza avergli prima detto di sì... lui ti
avrà comunque, che tu lo voglia o meno… non puoi
sfuggirgli... Sta a te scegliere come: distrutto nel corpo e
nell’anima, facendo soffrire ogni pena alla tua famiglia? O a
testa alta, al suo fianco, con i tuoi cari al sicuro, godendo di tutti
i privilegi che ti spettano e, forse, dico forse, solo con un
po’ di orgoglio ammaccato?»
«Basta così,
Malfoy… basta così… ho
capito… ho capito… »
Vidi la luce del sollievo accendergli lo sguardo. Cercai di reprimere e
schiacciare il sospetto, la paura, il dolore, sempre più in
profondità, Malfoy non poteva sapere nulla, mi stava solo
riempiendo di paure e sospetti e menzogne, per tendermi una
trappola… Forse anche il Lord era lì, con noi,
fuori dal mio campo visivo, nascosto nell'oscurità, pronto a
penetrare di nuovo nei miei pensieri, appena avessi ceduto al terrore o
alle lusinghe, appena avesse percepito un varco da sfruttare per
piegarmi.
Forse… se
cercassi un diversivo…
«… ho capito,
sì… E ora… devi capire qualcosa anche
tu… Qualsiasi cosa tu volessi fare, cugino,
oggi… è andata male…
»
«Che cosa? Allora avevo
ragione io... I colpi di Lestrange ti hanno danneggiato il cervello,
è evidente… »
«No, sono sanissimo e proprio
per questo non posso credere a una sola delle tue parole...
ma… riconosco che… sei stato
“generoso” a “curarmi”,
oggi… e in nome del Sangue che ci accomuna…
permettimi ora di darti un consiglio e farti una proposta…
rendimi i miei figli e permetti loro di tornare a casa... sai che non
mi umilierei mai a chiederti aiuto... ma... sono costretto a
farlo… mi rendo conto della situazione… da solo
non ci riuscirei mai… una volta a Herrengton
convincerò Deidra a non correre da Crouch a
denunciarti… o a ritrattare tutto, se l’avesse
già fatto… Se... temi per la tua vita e per
quella di tuo figlio, per avermi aiutato…
garantirò a entrambi un passaggio verso un luogo sicuro, a
tua scelta, attraverso le Terre... in attesa che il Ministero fermi
quell’impostore! Garantirò per te anche se...
Crouch dovesse avere prove delle tue attività, al servizio
di Riddle... hai la mia parola, Abraxas... Ne uscirai pulito e
integro… oppure... riporta tu i miei figli a
Deidra… io resterò in mano tua, come ostaggio, se
questo può aiutarti a fidarti di me… Questa
è la mia unica e ultima proposta… mi conosci...
sarei morto pur di non arrivare a questo… ma i miei
figli… non hanno colpe… proprio come il tuo
Lucius… »
Lo fissai a lungo, cercando di capire le reali reazioni a quelle mie
parole ma la sua faccia era la solita maschera impenetrabile e il suo
sguardo freddo, morto.
«Salazar... tu sei pazzo...
completamente e irrimediabilmente pazzo! Tu e i tuoi figli non avrete
altre possibilità, lo capisci? Lui è troppo forte
per te, per tutti noi, per chiunque!»
«Troppo forte… per
NOI, cugino? Ora siamo diventati “NOI”? Per quanto
mi riguarda, tutti VOI vi vendete e vi piegate… mentre IO...
io sono stato a tanto così, oggi, da uccidere lui e tutti
voi... Valeva la pena tentare, mi chiedi? Certo! E lo
rifarei… mille e mille volte lo rifarei... tenterei
ancora… e morirei, se necessario, portandovi con
me... tutti... pur di non vedere il Mondo Magico prostrato ai
piedi di quell’impostore! TU… certo tu, inutile
pagliaccio vigliacco, oggi ti saresti salvato… i Malfoy
cadono sempre in piedi... ma senza più il TUO Signore a
pararti il culo, cugino, avresti subito liberato i MIEI figli appena
Deidra avesse minacciato di denunciarti!»
Ci fissammo. Da sempre, Abraxas
era bravo a recitare ma, in quel momento, il suo terrore e il suo
turbamento erano sinceri. Gli avevo già visto quello sguardo
solo una volta, il giorno in cui l'avevo messo spalle al muro dicendo
che sapevo tutto sulla morte di mio fratello. Non sapevo niente, in
realtà, anzi ero certo che a uccidere Ronald e sua moglie
Elladora fosse stato Roland Lestrange, tutte le prove che avevo trovato
portavano a lui... Eppure... eppure era bastato uno strano sguardo
colpevole e terrorizzato di Abraxas per farmi sospettare una
verità diversa, così l'avevo sbattuto contro una
parete, il coltello alla gola, per approfondire quella
storia… finché Deidra, in lacrime, temendo che
potessi finire ad Azkaban, mi aveva strappato da lui ed io... io non
ero stato più in grado di dissipare i miei sospetti.
«Che cos’hai di
malato, Sherton? Non sei un babbanofilo, sei solo un eccentrico dai
gusti strani... Sei uno Slytherin, c'è sangue di Salazar
nelle tue vene, c'è persino sangue Malfoy nelle tue vene!
Ragioni e ti comporti come tale, ti conosco… E allora?
Vorresti il potere per te stesso? No… non sei neanche
ambizioso… sei solo così... presuntuoso da
considerarti al di sopra di tutti noi, da credere che il tuo giudizio
debba essere legge per tutti quanti gli altri… Salazar!
Abbassa la testa, una buona volta! Accetta il tuo destino e accogli
l'erede di Salazar, come la tua famiglia si è impegnata a
fare da secoli! Herrengton non sarà mai tua per sempre, puoi
rallentare gli eventi, ma a che scopo? Vuoi forse avere anche le Terre
contro di te e la tua famiglia? Non ti bastano i nemici che
già hai? Quelli che consideri i tuoi uomini hanno giurato
fedeltà a Salazar, non a te, ricordalo! Che segreto
avrà mai la Confraternita da rischiare il tuo stesso Sangue
per difenderlo? Smettila di fare lo sbruffone e ragiona: hai ancora
una… sola… esigua…
possibilità di uscire vivo da questa situazione e salvare
anche tua moglie e i tuoi figli! Non fare il coglione! Stringi la mano
a Milord! Sa che siete i prediletti di Salazar, sa che gli puoi essere
di grande aiuto... non gettare via i tuoi diritti e i tuoi privilegi
solo per orgoglio!»
«Il tuo ragionamento non fa
una grinza, Malfoy…»
Lo guardai. Sorrisi. E alla fine annuii. Stavolta, però,
l'occhiata che mi rivolse Malfoy era guardinga, ansiosa... e
soprattutto sospettosa.
«… Tutto semplice e
lineare, per te… Tutto bianco o nero… Io,
però, non sono te, il mio sangue è Malfoy solo in
minima parte, e quella minima parte, quando Artemis ha sposato mio
nonno, è stata purificata grazie ad Habarcat di tutte le
blasfeme contaminazioni con Babbani e Sanguesporco che avete portato
avanti per secoli… Chi era quel gran
“campione”, tra i tuoi avi, che era disposto a
sposarsi pure quella Babbana della regina d’Inghilterra?
Salazar… Io non intendo mettermi a pecora come fai tu, come
fate tutti voi, per un osso o una poltrona… a quelli come te
riesce molto bene, da sempre, lo so… persino di fronte a
Babbani e Mezzosangue vi siete piegati… ma la mia
famiglia… ed io… non lo faremo mai! A
volte… davvero… mi chiedo come facciate voi
Malfoy a vivere con voi stessi!»
Vidi nei suoi occhi balenare il furore, mentre la sua faccia restava
pietrificata, inespressiva, morta, come sempre. Ghignai. Sapevo quanto
facesse male sentirsi sbattere in faccia la verità, agli
ipocriti come lui. Mi prese per i capelli, strinse, mi piegò
la testa all'indietro, facendomi un male cane, quando tirò
tanto da strapparmene una folta ciocca, fissando i suoi occhi gelidi
nei miei.
«Come facciamo noi Malfoy a
vivere con noi stessi? Di sicuro meglio e più a lungo degli
idioti come te, Sherton... io ho fatto quello che potevo, per te, ma
contro tanta stupidità, non conosco rimedio... l'hai voluto
tu... e ora…
salutami l’inferno!»
***
Lord Voldemort
Morvah, Cornwall - sab. 15 Gennaio 1972
«Allora?
È servito
a qualcosa fare ricorso ai fantasmi di Duncan e di Lestrange?»
«No, mio
Signore…
Sherton è rimasto… quasi del tutto…
inamovibile… »
Mi voltai a
guardarlo, continuando a giocare distratto con la bacchetta
di Alshain Sherton che Rodolphus Lestrange mi aveva consegnato poco
più di un’ora prima. Malfoy era stranamente
turbato, il cugino doveva essere riuscito a superare il ghiaccio che
gli serrava cuore e mente e a farlo incazzare. Fin da quando eravamo
ragazzini, Sherton era l’unico che ci riuscisse. Per questo
avevo deciso di usare Abraxas con lui: mi divertiva sempre portare al
limite le persone e veder crollare miseramente le certezze dietro cui
si barricavano e guardavano il mondo con supponenza. Ghignai.
«Sei
riuscito almeno a
carpirgli, nel momento di… maggiore
vulnerabilità... un indizio su dove possa trovarsi la
Strega?»
«Neanche.
Dubito sappia che
Roland è morto ma non mi ha comunque creduto, neppure per un
istante… »
«Per
mettere le mani sulla
Strega, a questo punto, dovrò aspettare il ritorno dei
Lestrange da Black Manor, sperando che pressare “Cuor di
Coniglio” non sia un altro buco
nell’acqua… credevo che Sherton fosse
più sensibile a proposito dei familiari… Forse
non gli interessa poi tanto di sua moglie e dei suoi figli…
è lecito desumerlo, visto il suo comportamento
irresponsabile… »
«Al
contrario, mio
Signore… Mio cugino… è
molto… sensibile… sotto
quest’aspetto… e le pressioni e le minacce hanno
avuto più successo delle due ore di tortura inflittagli dai
Lestrange… come ho detto prima… è
rimasto… “quasi del tutto”…
inamovibile… Ha tentato di… corrompermi... Mi ha
fatto capire che… ha bisogno di aiuto... perché
da solo non riuscirebbe a portare se stesso e i figli via da
qui… lo conosco... è spaccone,
arrogante… e mi odia... se non temesse per le sorti della
sua famiglia, non si sarebbe umiliato a provarci… »
«Ha
davvero tentato di
corrompere… te? Salazar! Te la meriti davvero quella...
“rossa ricompensa”, Abraxas... molto bene...
dunque, opportunamente sollecitato, è anche capace
di… scendere a compromessi… questa sì
che è una sorpresa… »
«Senza un
ulteriore… stimolo… però... potrebbero
servire ore o giorni di trattative… mio Signore…
ha senso perdere tutto questo tempo con un uomo, solo per umiliarlo? La
soluzione più semplice e sbrigativa per risolvere la
questione Sherton è l’Imperius… ci
direbbe subito cosa vogliamo sapere e farebbe per noi tutto
ciò che ci serve… Che senso ha aspettare ancora?
Ogni secondo che passa la vostra posizione rischia d’indeb...
di apparire incerta... anche agli occhi dei vostri seguaci…
»
Trattenni un impeto
d’ira, a stento. Abraxas mirava a
Imperiare suo cugino da quando lo conoscevo, ma a me continuava a
sembrare troppo poco, troppo semplice… e al tempo stesso
troppo difficile… E soprattutto, dopo quello che era
successo tra noi quel giorno, Sherton meritava una lezione esemplare.
Gliela
impartirò, anche se ciò vorrà dire
andare incontro a non pochi rischi.
Sei così arrogante e orgoglioso, Sherton… voglio
spiazzarti, mostrandoti quanto per me la vita di tutti voi sia priva di
ogni valore…
«Hai
ragione,
Abraxas… nessuno può prendersi gioco di me e
pensare di cavarsela… d’altra parte, è
inutile perdere tanto tempo con un uomo solo... perciò la
finiremo qui, con l'opzione… drastica… portalo
fino agli speroni di roccia, e prendi anche i figli... io vi
raggiungerò tra poco… »
«Mio
Signore, non…
intenderete… davvero… ?»
«Mi stai
annoiando, Abraxas,
sono stanco di ripeterti l’ovvio… Sì,
intendo farlo! Sherton ha sempre fatto conto sul mio interesse per la
Confraternita, io gli dimostrerò che ha solo commesso errori
su errori nella sua patetica esistenza… Ho studiato i
ricordi dei nostri lontani giorni a Hogwarts, al Pensatoio…
ho rivisto quello strano incidente a scuola, nei bagni…
quando c'era anche Black… è successo qualcosa di
simile a quanto accaduto oggi, ma a parti invertite… ma
soprattutto… il vecchio Sherton non ha potuto fargli visita
per giorni, benché il moccioso fosse in gravi condizioni...
e questo perché in quel momento si stava riprendendo da un
infarto… al che mi chiedo... E se… il nuovo erede
si “svelasse” quando il precedente è in
punto di morte? Lestrange oggi, come hai detto tu, l’ha quasi
ammazzato… ora dimmi, Abraxas… ti pare che a uno
dei due marmocchi sia successo qualcosa di rilevante? No…
Nessuno dei due, quindi, neanche il maschio, non solo la bambina, mi
è di qualche utilità per i miei progetti su
Herrengton… Ho mandato i Lestrange da Black, non solo per
capire dove si trovi la Strega ma anche per sapere se uno dei due
mocciosi a Hogwarts oggi è stato poco bene… Se
anche lì fosse tutto tranquillo, Abraxas, significherebbe
che l’uomo da cercare, ancora una volta, è
Mirzam… potrei prendermi la soddisfazione di ammazzargli i
poppanti sotto gli occhi, a quel bastardo! Altro che
Imperius… »
«Mio
Signore…
ma… sono… hanno… sangue
puro… e… avete detto… la nostra
causa… »
«Hai
finito di balbettare? Sei
ridicolo! Facciamo fuori babbanofili purosangue tutti i giorni,
Malfoy... ci sono alcuni... che abbiamo ammazzato per molto meno... non
vorrai farmi credere che tieni così tanto a tuo cugino da
opporti a me?»
«Mio
Signore…
MAI… ma... se… se… l’ipotesi
di partenza fosse errata? Rischiate di perdere le Terre… con
questo… azzardo… Noi non abbiamo idea di dove si
trovi Mirzam… e se neppure la Strega lo sapesse…
o se fosse stata ferita troppo gravemente per… come faremmo
a … »
Ghignai, lascivo,
non ascoltavo più il blaterare patetico di
Malfoy, tutto preso com’ero dal pensiero di una nuova sottile
tortura da infliggere a Sherton, che si materializzava a poco a poco
nella mia immaginazione.
«Te la
stai facendo sotto a
tal punto che sei diventato sordo, Malfoy... Ti ricordo che noi abbiamo
l'attuale erede di Hifrig, quindi persino Mirzam, tolta la confessione
su dove ha nascosto la Fiamma, non mi serve pressoché a
niente... Lo lascerò a Lestrange, è persino
più interessato di me a prendersi cura di quel
traditore… Il mio impegno sarà tenere in vita
Alshain Sherton, Abraxas… e ti assicuro che sarà
particolarmente divertente per me farlo... costringerlo ad assistere
allo scempio che farò della sua famiglia… oh,
sì... rimpiangerà amaramente tutto il tempo che
mi ha fatto perdere in questi anni con la sua presunzione... gli
passerà la voglia di fare il gradasso... Seguimi…
comincerò con la lezione numero uno: l'erede di Salazar non
sa che farsene dei pagliacci del Nord!»
***
Alshain Sherton
Morvah, Cornwall - sab. 15 Gennaio 1972
Tutto attorno a me,
il baratro mi chiamava, avvolto
nell’oscurità del tardo pomeriggio invernale,
squarciata a tratti dai fulmini della tempesta ormai prossima e
rischiarata dalle fiaccole, accese tra gli scogli dall’Elfo
di mio cugino. Ero in piedi, a metà altezza
dell’irta scogliera, su una sottile lingua di terra, uno
sperone di roccia che si protendeva verso l’oceano su tre
lati. Il mare s’incuneava tra gli scogli e turbinava sotto di
me, furioso. Immobile, ero in attesa che il Lord eseguisse la sua
condanna. Stava dritto di fronte a me, a bloccare l’unica
direzione che mi avrebbe consentito la fuga, teneva la mia bacchetta
tra le mani, ci giocava, in silenzio, e non mi degnava neanche di uno
sguardo.
Sospirai. Avevo
mandato al diavolo Abraxas e il suo padrone, non sarei
mai sceso a patti con nessuno di loro, mai... mi ero già
pentito persino di quel patetico tentativo di corrompere mio cugino,
non sapevo proprio che cosa mi fosse preso.
Hai solo tentato di… fare ciò che ti pareva
ragionevole, per salvare i tuoi figli… solo questo,
Alshain… esattamente come ogni volta che hai mandato
informazioni su Riddle e sui suoi Mannari a Dumbledore, di
nascosto… o quando hai voluto tentare un approccio con
Longbottom per fermare questo bastardo…
E allora, se ti sei avvicinato già a Mezzosangue e
Babbanofili… perché non…
perché non scendere a compromessi anche con Riddle?
La mia risata
esplose alta e limpida nella mia testa. Anche le mie
labbra, nonostante tutto, si arricciarono lievemente alle
estremità.
Con Riddle… Mai! Con Riddle… meglio la morte!
Hai visto il teatrino che ha messo in piedi? Ti crede uno stupido? Come
avresti potuto fidarti di chi ti ha fatto irruzione in casa e ha quasi
ucciso tua moglie? E come avrebbero potuto fidarsi loro di te, della
lealtà di un uomo che aveva appena tentato di sterminarli,
che li disprezza e li odia da anni? Quella recita serviva solo a dargli
la soddisfazione di vederti gettare alle ortiche la tua
dignità… perché... anche se gli avessi
dato ciò che vuole… lui sarebbe andato fino in
fondo…
Strinsi i pugni. Non
avevo commesso errori a rifiutare le
“presunte offerte di pace” di Malfoy, pur tuttavia,
c’erano troppe cose che avrei lasciato in sospeso, morendo,
troppe cose che sarebbero sfuggite al mio controllo. Troppi margini di
rischio, soprattutto, per le persone cui volevo bene.
Sei folle a pensare che si accontenti della tua vita,
Alshain…
È finita… stai per morire… e devi
pregare che tutto vada bene… che Deidra giunga qua in tempo
con Moody…
Salazar… Deidra… spero che un giorno capirai
che... io non li ho abbandonati… non ti ho
abbandonato… te lo giuro…
Perdonami, amore mio… perdonami…
Digrignai i
denti… Non riuscivo a non pensare alla storia
raccontata da Abraxas, su Deidra e Lestrange: ero sicuro che fosse
priva di fondamento, che servisse solo a costringermi a cedere.
Sospirai ancora, riempiendomi i polmoni risanati dell'aria salmastra
dell'oceano, così da scacciare i timori che mi stringevano
il petto. Mi percorrevano brividi, avevo paura, ma non per me.
Forse avrei dovuto evitare di tirare la corda e mettermi da solo in un
vicolo cieco, ma…
Riddle è sempre stato ambizioso e le sue origini sono sempre
state una vulnerabilità, un motivo di vergogna e una fonte
d’insicurezza per lui. Habarcat da secoli, ripulisce il
Sangue magico di ogni imperfezione, oltre a essere legata a Salazar e
quindi al suo passato… per lui è la strada per
sanare la sola mancanza che vede nella propria esistenza grandiosa e
perfetta. La Fiamma è di primaria importanza per lui, per
questo non può permettersi di fare del male a nessuno dei
ragazzi, non sa chi di loro potrà servirgli, alla mia
morte… i miei figli saranno l’unica
possibilità che gli resterà per mettere le mani
su Habarcat e sulle Terre, quando io non ci sarò
più...
Tutto questo, però, non
proteggerà Adhara dalla sua follia... Emerson gli ha detto
che non ha ancora le sue Rune...
Sentivo freddo, ero
scosso dai brividi, eppure sudavo… era
la tensione, la paura, nonostante tutti i discorsi e pensieri logici
che facevo tra me e me, non ero mai stato tanto terrorizzato in vita
mia come in quel momento.
No, non temere... Deidra riavrà Wezen e Adhara al
più presto, troppo alto per Malfoy e per gli altri
è il rischio che vada a testimoniare…
Mirzam è lontano, la Fiamma è nascosta, l'anello
è diviso e introvabile, Fear è al suo posto, e
due nuovi custodi stanno crescendo, per aiutare le Terre e la mia
famiglia… Meissa e Rigel sono al sicuro, sotto la custodia
di Dumbledore.
E Orion sarà sempre un aiuto prezioso per Deidra e i
ragazzi.
Quanto a Regulus e Sirius… Salazar… non ho finito
con loro… mi volevano bene, ma sarà un motivo
sufficiente perché non si compia per loro quel destino di
Oscurità, che ho letto nelle Pietre Veggenti e che mi ha
spinto a invitarli a Herrengton?
Sì, basterà… quando sapranno che il
loro padrino è stato ucciso dal Signore Oscuro, nessuno dei
due dedicherà mai la propria vita al fine sbagliato. Ne sono
certo…
Potevo sentirmi
sicuro, dovevo sentirmi sicuro… potevo
morire sereno, avevo comunque vinto. Anche se mi lasciavo indietro una
marea di rimpianti.
Sarebbe stato bello continuare a vivere e veder crescere i
ragazzi… riabbracciare ancora una volta Deidra, tenerla tra
le mie braccia…
O vedere questo giorno finire in modo diverso, con la morte del Lord...
O almeno vivere abbastanza da assistere comunque alla sua caduta, per
mano di qualcun altro.
Non ci sono riuscito, ma sono in pace con me stesso, perché
ci ho provato e ho il conforto di lasciare dietro di me amici e figli
capaci di portare avanti ciò che Longbottom ed io abbiamo
appena iniziato...
«Allora,
Sherton? Morire
è quello che desideri oltre ogni altra cosa,
giusto?»
Sì... posso morire lieto…
«Se la tua
idea è
annegarmi, Riddle… mi spiace deluderti, ma ho sempre nuotato
molto bene... »
«Ne sono
felice per
te… non credo si possa, però, dire lo stesso dei
tuoi figli... Pucey, renditi utile, una volta nella tua vita...
»
Dall'imboccatura
della grotta da cui eravamo emersi, vidi un uomo
incappucciato che teneva in braccio due fagotti, appena sentii piangere
Adhara, compresi e, all'istante, il cuore iniziò a pulsare
velocemente, pericolosamente.
È
solo un bluff, Alshain, non temere… è
l’ultimo bluff del Signore Oscuro per piegarti…
Resisti!
Pucey, dopo aver
messo i due fagotti in due ceste identiche, ne cedette
una ad Abraxas e scese tra gli scogli fino a raggiungere un altro
sperone alla mia sinistra, dall'altro lato del precipizio; mio cugino,
con l’altra cesta, salì su una propaggine alla mia
destra, a pari distanza da me. Appena intuii le loro intenzioni e mi
resi conto dell'aria seria e preoccupata di mio cugino, entrai nel
panico. Non sapevo che cosa potessi fare per uscirne, neanche ascoltavo
più gli sproloqui che mi riversava addosso Riddle a
proposito delle mie colpe e dei miei tradimenti, ero concentrato a
valutare la situazione: anche se fossi stato capace di abbattere il
Signore Oscuro e di correre su quei massi scivolosi, senza finire in
acqua, forse sarei riuscito a raggiungere solo uno dei bambini... solo
uno dei due… l’altro nel frattempo sarebbe stato
buttato nel baratro.
Come potresti sacrificare un figlio per il bene dell'altro? Come
faresti a scegliere chi salvare?
Salazar… sono preparato a
tutto… ma non questo!
«Cosa dici
sempre, Sherton?
“La morte non è il peggiore dei mali”?
Credo tu abbia ragione: sono arrivato alla conclusione che ammazzarti
sia poco, umiliarti sia poco… Far fuori i tuoi figli, uno
dopo l’altro, invece... vederti soffrire…
è questo il prezzo più equo per il tuo
tradimento… Tu hai osato tentare di privarmi della mia
eredità, Sherton… Ora io ti priverò
dei tuoi eredi!»
Sudavo freddo,
rabbrividivo, non potevo credere di essermi messo in un
casino del genere. Eppure, neanche in quel momento, piegarmi a Riddle
era un’opzione che riuscivo a prendere in considerazione.
«Se solo
avessi la Magia delle
Rune dalla tua, vero Sherton? Un bell'incantesimo per spazzarmi via...
o qualcosa per strappare i tuoi figli dalle loro mani e riportarli a
te... invece... persino la gloriosa Magia dei tuoi avi, oggi, ti ha
abbandonato: tu magari pensi che io stia bluffando, che ti stia dando
un ulteriore incentivo per farti cedere, pensi che non lo farei mai,
perché i due marmocchi potrebbero aiutarmi nella scalata al
potere… uno dei due, il maschio, potrebbe essere il tuo vero
erede... ma non è così… Non
è più così: siamo andati oltre,
adesso… Delle vostre pagliacciate del Nord non me ne frega
più nulla, Sherton… Se questa potente Magia ti
è completamente inutile in un momento fondamentale come
questo, perché dovrei prendermi il disturbo di apprendere
qualcosa di tanto inaffidabile? No, non ci siamo… »
Rimasi ammutolito,
il bastardo aveva ragione: mai come in quel momento
la Magia del Nord mi sarebbe stata utile per creare un incantesimo tra
quelle rocce, che servisse a eliminare chi minacciava i miei bambini,
purtroppo, però, dopo quarant’anni sprecati a
soddisfare tutte le regole e gli insegnamenti, le mie antiche credenze
e conoscenze, le Rune mi avevano abbandonato proprio nel momento del
bisogno.
Ho sacrificato parte della mia vita, ho rinunciato al piacere di vivere
in pace a Londra con Deidra e i ragazzi… per
niente…
«Prima di
iniziare lo
spettacolo, però… vorrei darti un ulteriore
motivo per maledire te stesso… Hai capito che cosa ti sta
succedendo, Sherton? O borioso come sei, intelligente come sei, non ci
sei ancora arrivato? Siamo nel Cornwell, a Morvah…
L’hai cercata anche tu, questa grotta, pochi mesi
fa… se fosse giorno, guardando a destra, più in
alto, vedresti il profilo dei ruderi che hai controllato con Fear,
senza trovare nulla… »
«Salazar...
no…
l'antico sepolcro di Habarcat... »
«Esattamente…
vedo
che hai capito: qui siamo alla pari, le tue conoscenze, le tue Rune,
non ti servono a nulla… a parte forse prolungare la tua
agonia… di nuovo la sorte è dalla mia
parte… trovo sia una bella punizione, che tu sia stato
punito dalla tua stessa Magia… è la giusta pena
per chi si ostina a non ridarmi ciò che mi spetta di
diritto, quel quaderno pieno di formule magiche che Salazar Slytherin,
il mio antenato, non il tuo, ha destinato a me, al suo
erede… Non ho mai incontrato nessuno più stolto e
arrogante di te, Sherton: quando Emerson mi ha parlato di questo posto,
non potevo crederci… la vita a volte ha una fantasia
perversamente meravigliosa… »
Mi maledissi da
solo, per la mia stupidità, per non aver
bloccato Emerson in tempo, quando avevo iniziato a sospettare di lui,
per non aver cercato meglio questo luogo. E provai persino una timida
ammirazione per quel dannato Mezzosangue, pensando alla crudele
perfidia e perfezione della sua vendetta: credendomi un Babbanofilo, mi
aveva fatto pestare come fanno tra loro i Babbani, e mi avevano portato
lì, incapace di difendere proprio
le persone che più amavo con
quella Magia di cui mi ero sempre vantato con tutti.
Ha ragione…
ha proprio ragione… Sei solo un
coglione, Alshain… un inutile dannato pallone gonfiato,
nulla di più…
«Se vuoi… posso
continuare… credo che Abraxas ti abbia già detto
della situazione in cui si trova ora tua moglie… Roland si
sta divertendo molto ma gli ho fatto promettere di rendermela...
quasi... integra… mi serve ancora, lei… al
contrario di te… sai come si dice: “quando pensi
di aver toccato il fondo…”: ho mandato i Lestrange
da Black, per farmi dare dei dettagli utili su di te, ho detto loro di
minacciargli i figli, poi ho pensato che in fondo… si tratta
pur sempre della famiglia di Bellatrix, non mi sembrava
educato… così ho cercato un altro modo
per… indurlo a collaborare… ma che cosa?
Ricordando gli anni della scuola, mi è passato per la testa
di fargli un’offerta bizzarra e non ci crederai
mai… ha accettato senza indugi, appena gli ho prospettato la
tua rossa vedova inconsolabile nel suo letto! Che cosa ti dicevo anni
fa, Sherton, a proposito delle tue capacità di sceglierti
gli amici? Il tuo caro Cuor di Coniglio! L’amico di sempre!
Ed io che temevo fosse un Mago troppo esoso per le mie tasche!
Ahahahahah... »
Non lo ascoltavo più, Riddle ormai sragionava a tal punto
che le sue minacce erano diventate grottesche, assurde, totalmente
prive di ogni credibilità. Lui non ci conosceva, azzardava e
falliva e a me non passava neanche per l'anticamera del cervello che
Deidra fosse in mano a Lestrange o che Orion ci avesse fatto una
vigliaccata simile, nulla di quel ridicolo blaterare aveva importanza,
per me, serviva solo a confondermi, spaventarmi, rendermi incapace di
concentrarmi e trovare una via d’uscita…
Esisteva invece un’unica cosa reale, tangibile, importante
per me: quel baratro. E lo stratagemma che impedisse ai miei figli,
chiusi in quelle ceste di vimini, di caderci dentro.
«…
L’unico, vero esoso sei sempre stato solo tu, Sherton... Per
rispettare la volontà di Salazar, ho sprecato mesi a
offrirti cariche, potere, ricchezza per averti al mio
fianco… non ti ho mai minacciato, ti ho offerto la scuola di
Hogwarts, la testa di Dumbledore e di chiunque altro tu volessi, e
onori, denaro, proprietà, antichi manufatti…
tutto questo, benché tu non avessi alcun merito personale
particolare, solo per il nome che porti… E TU, SE BEN
RICORDI, HAI ACCETTATO! O non eri forse tu, quella notte, sulla tomba
di Peverell?»
Non c'è modo
di raggiungere uno di questi due bastardi prima
che faccia cadere la cesta… figurarsi raggiungerli in tempo
entrambi…
Forse, nonostante la debolezza, potrei
creare un incantesimo sufficiente a tendere delle reti, tra loro e gli
scogli acuminati, sottostanti... ma, quanto sarebbero affidabili queste
reti, viste le mie condizioni? Rischierei la loro vita, ancora di
più…
«… AVEVAMO UN
ACCORDO, SHERTON! Un accordo che non si sa come, o
perché… TU a un certo punto non hai
più RISPETTATO… Mi hai invece insultato, mentito,
boicottato. Chiunque dotato di logica avrebbe solo pensato a come
eliminarti, da quel momento… Io, invece, nel pieno rispetto
di Salazar, ti ho offerto ancora l'occasione per redimerti e
collaborare… e tu? A queste mie dimostrazioni di buona
volontà, hai risposto ancora picche! No, Sherton... basta...
non mi piace sprecare Sangue Puro... ma tu… sei stato tu a
spingermi a questo... sei tu il mandante, il vero responsabile della
sorte dei tuoi figli... tutti i tuoi figli! Ed è giusto che
tu viva nel rimorso… »
…
C’è solo una cosa da fare a questo
punto… una soltanto… svelare il suo
bluff…
«Hai ragione,
Riddle… e non hai bisogno di aggiungere altro… mi
hai convinto… la morte davvero… non
è… il peggior dei mali… »
Non dissi altro, non sentii altro, non vidi altro, non ragionai su
altro, dovevo convincermi che fosse un bluff, e non pensare a quanto
stessi rischiando in quel momento, al fatto che potessi solo
immaginare, ma non sapere, che cosa avesse in mente Riddle.
Non
c’è via d’uscita... E a questo
punto… tanto vale rischiare il tutto per tutto…
Impercettibilmente indietreggiai, quando sentii il bordo del costolone
sotto i miei piedi, mi lasciai cadere all'indietro, nel baratro che si
apriva alle mie spalle.
Mi abbandonai nel buio, a braccia aperte, mi sentii avvolgere
dall’aria, sferzare dal vento, finché non sentii
l’impatto violento e gelido del mare sulle mie reni.
Non trovai rocce acuminate a fermarmi, scesi giù, sempre
più giù, mi lasciai inghiottire dal mare in
tempesta, semi stordito, poi la corrente mi riportò su,
nella bolgia, tornai a respirare, a lottare con l’impeto
dell’oceano.
Quando le orecchie tornarono a funzionare, esplosero le urla dietro di
me, sopra di me... mi cercavano, ma l’oscurità e
il caos mi celavano ai loro occhi.
A lungo sentii solo il fragore delle onde e le maledizioni che Riddle e
gli altri mi lanciavano dall’alto.
Cercai di combattere contro la violenza del mare, mosso non tanto dalla
razionale volontà di resistere, quanto
dall’istinto animale di sopravvivere, ma non avevo
più forze per combattere… sapevo che non sarei
mai riuscito a raggiungere gli scogli e a mettermi in salvo.
Perdonami, Deidra...
perdonam...
Ero ormai pronto a lasciarmi andare al torpore, al gelo dell'acqua,
alla violenza degli urti, alla stanchezza e al dolore, quando quella
cacofonia fatta dalle onde spezzate sugli scogli, dagli sconquassi
profondi dei tuoni, dalle urla dei miei nemici e dalla tetra risacca,
fu rotto da un sibilo leggero e sinistro seguito da due lievi tonfi,
cupi, prodotti da qualcosa di leggero che precipitava poco lontano da
me, in due direzioni opposte.
A quel punto i pianti dei bambini si fusero alle urla
dell’oceano. E subito tutte le fiaccole accese sulla
scogliera furono spente.
«NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO…
»
L’urlo belluino, che racchiudeva tutti i no della terra, si
liberò dal mio petto, quando l'ultimo barlume di
consapevolezza mise a fuoco quanto era accaduto.
Hai sbagliato tutto,
Alshain...
Hai scommesso tutto… e hai
perso tutto…
Reso lucido dal terrore e dalla disperazione, annaspai, bevvi acqua e
quasi annegai, mi mossi con difficoltà per il dolore, nel
buio tentai di percepire qualcosa, mi guardai intorno, cieco, senza
vedere nulla in quell'inchiostro denso e profondo.
Nell’oscurità la mia voce rotta, tremante, pregava
e gridava, il terrore diventava gelo sulla mia pelle e
m’intorpidiva.
Udivo un pianto procedere in lontananza, alto e impetuoso, sulla mia
sinistra, l’altro era più vicino, ma appariva
flebile e in parte soffocato: m’indirizzai verso quello,
sicuro che fosse la piccola Adhara, cercai di raggiungerla, ma dopo
alcune, poche, dolorose bracciate persi la forza e il pianto smise di
risuonare. Lo sentii dopo alcuni terrificanti minuti, molto
più lontano, e stranamente nell’altra direzione,
vicino al secondo pianto.
Disperato, confuso, le onde mi ghermirono, mi sollevarono e
trascinarono via, rovesciandomi contro le rocce.
È
frutto di un incantesimo… mi hanno confuso i
sensi… non so più qual è la
verità…
Devo tornare indietro
dai miei figli, ma non capisco dove si trovano.
Ormai vaneggiavo ma mi feci forza e ritentai, l’acqua mi
travolse ancora e stavolta mi portò sotto.
Bevvi, tanto… per un istante, folle, vidi il volto di
Deidra, in lacrime, squarciare l’oscurità con una
soffusa luminescenza dorata.
Balbettando, le chiesi perdono e bevvi ancora acqua, tanta, tantissima
acqua. E lacrime.
Che cosa cazzo hai
fatto, Alshain? Che cosa cazzo hai fatto ai miei
bambini?
C’era ormai un solo pianto, lontano, flebile. Nella folla di
grida delle onde non riuscivo più a capirne la direzione,
sembrava venisse da ogni luogo, sembrava che fossi circondato da pianti
e da sussurri.
Tentai ancora un paio di bracciate, le onde mi riportarono sotto.
Ero più vicino alla costa, adesso, sentii delle rocce
strusciarsi vicino alla mia testa, alzai con difficoltà le
braccia, nel tentativo di proteggermi dai colpi più
violenti.
Una nuova onda, più alta e forte, mi ghermì e mi
risputò fuori, sentii una sferzata violenta centrarmi in
mezzo alla schiena, un colpo così feroce da togliermi il
respiro e lasciarmi stordito.
Urlai e bevvi.
Poi non ci fu più niente.
***
Deidra Sherton
XX, Wiltshire - dom. 16 gennaio 1972
Quando
riaprii gli occhi, non mi trovavo più ad Amesbury. Ero stata
adagiata su un divano, le mani giunte sul ventre, avevo addosso la mia
camicia da notte e la mia vestaglia, e c’era un plaid non mio
a tenermi calda. Alla mia destra, a breve distanza, c'era un tavolo
basso, su cui erano stati lasciati tre caraffe ancora fumanti, tazze e
piattini appartenenti a un servizio di porcellana finissima, vassoi
ricolmi di frutta, biscotti e panini caldi di forno, un paio di
tortiere che proteggevano una torta di mele e una Sacher. Mi sollevai,
intorno a me, in quel salottino raccolto, tutto era illuminato dalla
luce tenue del giorno, che penetrava attraverso due ampie finestre e
tende ricamate finemente: pochi mobili di legno chiaro, dalle delicate
decorazioni floreali, un enorme tappeto persiano, una consolle molto
femminile, ingentilita da due vasi ricolmi di fiori, un lampadario
piccolo ma sfarzoso, pieno di cristalli di Venezia. Quando mi alzai per
raggiungere le finestre, sapevo già che dal balconcino avrei
visto l'ampia distesa di un giardino all’inglese circondato
da alti cipressi e sullo sfondo morbide colline innevate: quella in cui
mi trovavo, infatti, era uno dei salottini degli appartamenti privati
di Yvonne de Bois, la moglie di Abraxas, morta da circa dieci anni nel
dare alla luce la loro bambina, nata troppo prematura.
Conoscevo bene Malfoy Manor, nel Wiltshire: quando non vivevamo ancora
a Herrengton ma ad Amesbury, Alshain ed io organizzavamo feste quasi
ogni fine settimana per amici parenti e conoscenti e partecipavamo ai
ricevimenti che suo cugino e sua moglie davano a villa Malfoy, quasi
con la stessa frequenza con cui eravamo soliti frequentare i Black a
Grimmauld Place. Ripensai alle serate sfarzose di Yvonne, ai discorsi
fatti con Elladora, mia cognata, e con Natalie Duprés, la
sventurata moglie di Roland Lestrange, proprio in quel salottino.
Alshain deve avermi
portato qui per ordine del Signore
Oscuro… probabilmente gli Aurors andranno a raccogliere
indizi nella nostra casa di Amesbury, dopo l’omicidio di
Mackendrick…
La porta si aprì, io per reazione misi mano alla manica
della veste, dove di solito celavo la bacchetta, ma la camicia da notte
era vuota, non perché mi avessero disarmato, ma
perché avevo perso io stessa la mia bacchetta, tentando di
fuggire. Quasi svenni dalla paura e dal raccapriccio, quando un uomo
coperto dalla testa ai piedi con un mantello nero e una maschera
d’argento in faccia, a renderlo irriconoscibile,
riempì tutto lo spazio della porta, con la sua altezza. Mi
feci forza e cercai di dimostrare una sicurezza che non avevo.
«Siete sveglia…
servitevi e seguitemi, milady... »
«Pretendo di sapere dove sono
i miei figli! E di vederli!»
«Se non intendete mangiare, vi
condurrò subito nell’altra stanza…
siete attesa… »
«Non vi seguirò da
nessuna parte se non mi direte prima dove sono i miei figli!»
«Seguitemi con le buone,
milady… o sarò costretto a portarvici…
alla mia maniera… abbiamo già perso fin troppo
tempo, con tutte queste… inutili…
cortesie!»
Rabbrividii e cercai di sottrarmi, quando la mano guantata mi
arpionò l’avambraccio senza tante cerimonie e
l’uomo mi trascinò fuori quasi di peso. Lo fissai,
cercando di capire chi si celasse dietro quella maschera:
dall’altezza e dalla corporatura esigua non poteva essere
Abraxas, né uno di quei dannati Lestrange, probabilmente era
solo uno dei tanti sciocchi ragazzotti che in quel periodo credevano
che per diventare uomini bastasse andare in giro a terrorizzare la
gente, mascherati in quel mondo. Con un brivido pensai a mio figlio:
Mirzam era stato a un passo dal restare coinvolto in storie simili.
Mirzam…
spero tu sia lontano mille miglia da tutto questo...
Percorremmo alcuni saloni, silenziosi e in penombra, trasudanti lusso e
ricchezza, come ogni cosa toccata da Abraxas Malfoy.
A un certo punto restai stranita, sospesa tra terrore e speranza quando
sentii una musica librarsi in quel silenzio tetro: riconoscevo la
melodia di un pianoforte, uno degli strumenti che più amava
mio marito. Alshain suonava molto spesso per me… ed io
… avevo iniziato a vedere il mondo dei Babbani con i suoi
occhi proprio a partire dalla loro musica. Quella però era
musica dei Maghi, uno dei notturni più celebri
dell’altrettanto celebre Freya Ravenclaw, vissuta nel XIX
secolo e intelligente come la sua antenata, Rowena, di cui era
discendente diretta: tra le altre cose, Freya aveva inventato un
pianoforte capace di replicare e tradurre in linguaggio umano il canto
degli usignoli.
Non
immaginavo che un uomo freddo come Abraxas Malfoy perdesse tempo a
suonare…
Per un istante la follia mi fece sperare che in fondo a quel corridoio,
oltre quella porta, ci fosse mio marito, ad attendermi, poi ricordai
cos’era successo l’ultima volta che avevo
incrociato i suoi occhi vuoti: mi aveva spaventata a morte, aveva
tentato di colpirmi, mi aveva inseguita e fatta cadere a terra,
trascinata e infine stordita con alcuni Stupeficium… poi
priva di sensi doveva avermi portato e segregato nella villa di suo
cugino.
Non riesco ancora a
crederci… non può essere
stato lui… eppure… era lui…
L’uomo mascherato bussò e aprì, mi
spinse dentro e richiuse la porta dietro di me. Quando
blaterò un incantesimo che impediva di aprire
dall’interno, il gelo mi scivolò lento lungo la
schiena e un senso di profonda angoscia mi piombò addosso
come una cappa soffocante. Rapida, la testa andò in
confusione, quando, attorno a me, misi a fuoco molti oggetti che
conoscevo bene, oggetti che appartenevano alla mia casa: ero nella
villa di Malfoy, ma per qualche strano motivo in quella stanza
c’erano mobili e suppellettili che fino a poco prima si
trovavano ad Amesbury.
Che cosa significa tutto questo? Che cosa sta succedendo qui?
Il salone era molto grande, una doppia altezza in cui una selva di
colonne sosteneva il livello sovrastante: il salone delle feste di
Malfoy Manor. Il piano continuava a suonare ma non potevo vederlo,
stava dall’altra parte, rispetto a me, vicino alla porta
vetrata che dava sul giardino, nascosto dal marmo della scalinata
monumentale che portava di sopra. L'ultima nota fu suonata con un colpo
deciso sulla tastiera, interrompendo la melodia in maniera disarmonica,
quasi il pianista volesse non smettere di suonare, ma mozzare la testa
a un condannato. Rabbrividii.
«Ti sei risvegliata,
finalmente!»
Mi sporsi e guardai in quella direzione e a stento cacciai un urlo
disperato, preda com’ero del raccapriccio.
«Salazar… non
è possibile… tu! Sei sempre stato tu!»
Abraxas Malfoy era seduto al piano e teneva gli occhi di ghiaccio fissi
su di me, gli effetti della Pozione Polisucco stavano svanendo
lentamente, così i suoi lineamenti duri e pesanti non erano
ancora incorniciati dai suoi lunghissimi capelli, talmente biondi da
sembrare bianchi, ma da quelli corvini di Alshain, che gli sfioravano
appena le spalle. Istintivamente mi accostai a una delle colonne, come
se bastasse un po' di pietra antica a proteggermi dalla Magia e dalla
crudeltà di quell'uomo. Ero spaventata, dopo quanto era
accaduto nelle ultime ore, non poteva essere altrimenti... Ero
terrorizzata, perché a questo punto non riuscivo a capire
che cosa ne fosse di mio marito e dei miei figli, eppure ero anche in
parte rincuorata nel sapere che nulla di quanto era accaduto quella
mattina fosse opera di Alshain, ma dell’essere diabolico che
avevo di fronte.
M’imposi di non piangere né supplicare ma, come
una brava Llywelyn prima ancora che da brava Sherton, di lottare con le
unghie e con i denti per la mia famiglia.
«Che cosa significa tutto
questo? Dove sono mio marito e i miei figli? Perché hai
queste cose, le mie cose… in casa tua?»
«Ho dovuto appiccare un
incendio ad Amesbury, per cancellare ogni mia eventuale traccia, mi
dispiace… e visto che mi sembrava un peccato distruggere
alcune cose così… belle… le ho portate
via, insieme a te… »
«Salazar Santissimo! Ascolti
quello che stai dicendo, Abraxas? Come hai potuto fare tutto
questo?»
Lo bisbigliai all’inizio, così che mi
sentì appena, poi a mano a mano la mia voce si
librò più alta e decisa, mossa dalla disperazione
e dalla rabbia. Dovevo, volevo sapere, avevo paura, certo, ma dovevo
affrontare quell'uomo. Malfoy sorrise e lentamente si alzò,
lentamente si avvicinò, mentre io mi accostavo ancora di
più a quella stupida colonna, come se potesse fare qualcosa
per salvarmi.
«Davvero avresti preferito che
fosse tuo marito a darti la caccia come ho dovuto fare io? Sarebbe
stato divertente, certo… ma quando ci sei di mezzo tu, tuo
marito è capace di combinare ogni genere di sciocchezza,
tipo fuggire da casa… Ed io non avevo tempo per rischiare,
non potevo permettermi che la lussuria, che lo spinge continuamente tra
le tue cosce, superasse persino gli effetti di una maledizione tanto
potente come l’Imperius!»
«Come
osi…»
Gli avrei tirato uno schiaffo o graffiato la faccia, per togliergli
quell’espressione repellente e ironica, ma il terrore per la
sorte di Alshain a quel punto, superava ogni altra considerazione.
«Non ti facevo,
però, così ingenua… hai davvero
creduto che un uomo conciato in quel modo tornasse a casa, riportandoti
persino i bambini, senza che ad aiutarlo ci fosse… un
amico?»
«E ora magari dovrei anche
credere che tu saresti… un amico!»
«Mi ferisce questo tuo tono
incredulo, Deidra… pensa a cosa è accaduto a casa
tua, ieri, con Lestrange: voleva aggredirti e sono stato io a
difenderti. Non si comporta così un vero amico? Tuo marito
ha sempre fatto l’errore di sottovalutare l’affetto
che provo nei vostri confronti e ti ha messo in testa le sue stesse
idee balzane… Che cosa può saperne lui
dell’amicizia? Lui che ha sempre amato circondarsi solo
di… impiastri… come quel Black!»
Ghignò, provocatorio, alludendo al nostro caro Orion, la
bile mi salì alla gola, mentre mi dava le spalle e andava a
versarsi del Firewhisky, quello che, lo riconoscevo, aveva rubato dalla
vetrinetta dei liquori di mio marito: ero scioccata, infuriata e
sconvolta dal suo comportamento, sembrava volesse dire che tutto
ciò che era di Alshain ora era suo. Vedendo
l’espressione torva con cui lo fissavo, mi chiese se ne
volessi, io guardai dall'altra parte, risoluta e furente.
Tornò ad avvicinarsi, io non mi mossi, si sedette sulla
scrivania vicino a me, anch’essa rubata dallo studiolo di
Alshain, mostrando una naturalezza che mal si accordava con l'immagine
ufficiale di Abraxas Malfoy, uomo sempre iper controllato, che
dimostrava almeno venti anni più della sua vera
età. Lì, nella sua casa, vestito ancora in
maniera assurda per lui, il pigiama che Doimòs aveva dato a
mio marito, cioè allo stesso Abrxas, la notte prima,
sembrava così a suo agio da riempirmi ancora più
d'inquietudine.
«Tuo marito è
diventato… pazzo… non un pazzo normale, un pazzo
furioso, scatenato… dubito esista un reparto adatto a
contenere i malati come lui persino al San Mungo… »
Rabbrividii, ripensando ai vari casi letti sui giornali, di persone
attaccate dai Mangiamorte, ripetutamente sottoposti a ogni genere di
maledizione e fattura, che avevano perso il lume della ragione dopo
quel genere di torture. Repressi a stento lacrime e singhiozzi, al
pensiero che Alshain avesse subito una sorte analoga.
«Non so che cosa gli sia
preso: ha trasformato la vostra casa di Londra non solo in una
roccaforte, piena di scappatoie per mettervi in salvo… e
questo sarebbe stato normale, per chi vive nella paranoia di essere
accerchiato dai nemici… nemici che esistono solo nella sua
testa, sia chiaro… No, non gli bastava rendersi ridicolo...
doveva diventare pericoloso! Ha reso la vostra dimora di Londra, la
casa dei suoi antenati Ravenclaw, una trappola perfetta, per uccidere,
per abbattere il Signore Oscuro... »
«Non starai cercando di dirmi
che il Signore Oscuro è... morto?»
Salazar! Fa che Alshain
ci sia riuscito… fa che Abraxas non
lo sapesse, quando mi ha aggredito e rapito…
Fa che tutto questo sia
una recita solo per convincermi a non farlo
massacrare da mio marito, quando ci troverà… ti
prego… ti prego…
«Morto? Figurati! Come poteva
un Mago da strapazzo come Alshain sconfiggere l’unico vero
glorioso erede del grande Salazar Slytherin? Tuo marito non ha mai
voluto credere alla mia sincerità, alle mie buone intenzioni
nei vostri confronti... è sempre stato malevolo, ingeneroso,
e questo lo sapevamo tutti… ma Merlino
santissimo… stavolta... stavolta quel pazzo furioso
ha… esagerato... non credevo fosse un esaltato simile... e
sì che lo conosco da quarant’anni!»
«Smettila con questo ridicolo
teatrino, Malfoy! Dimmi che ne è di Alshain e dei miei
figli!»
«Tuo marito ha rifiutato
l'aiuto che gli offrivo, ecco cosa gli è
successo… Io ho fatto di tutto per farlo ragionare, negli
ultimi mesi… Ma no... lui doveva seguire come un mulo quello
che gli dettava la sua arroganza, la sua vanità... doveva
giocare a fare l'eroe con quel coglione di Black! Talmente pieno di
sé, da mettere sul piatto il suo sacrificio, pur di non
piegarsi!»
«Per l'ultima volta...
dov'è Alshain?»
«Deidra... voglio che tu
capisca... tuo marito… ha programmato... di morirci... in
quell'incendio, portandosi dietro quante più persone
possibile... »
Non è
vero… Orion ha detto che non hanno trovato
Alshain in quella casa…
... e se Abraxas
polisuccandosi si è presentato coperto di
lividi, significa che qualcuno ha perso tempo a pestarlo, dopo averlo
portato via da Essex Street...
I miei occhi, però, nonostante la ragione mi dicesse di
sperare ancora, si riempirono di lacrime e la mia sicurezza
andò a farsi benedire.
«… un eroe, per
tutto il Mondo Magico... un eroe... certo… ma ci ha pensato
a te? Ai vostri figli? No... lui non pensa mai alle conseguenze...
vanità, arroganza, il suo nome nella storia … e
tu? E i ragazzi? Vi ha lasciati soli ad affrontare il mondo senza di
lui... che eroe!»
«Smettila, Abraxas...
smettila! Che cosa vuoi da me? Dimmi dov'è
Alshain?»
Abraxas scivolò giù dalla scrivania e si
portò davanti a me, fissandomi addosso i suoi occhi vuoti.
Io li abbassai, incapace di affrontarlo, spaventata per la
verità che stava per dirmi. Si fece più vicino,
mi appoggiò la mano sul viso, perché lo
sollevassi e lo guardassi: sentii un disagio che non provavo da
più di vent'anni.
«Vedi Deidra… il
Signore Oscuro a me… deve moltissimo... e sapendo da sempre
della mia debolezza per te... mi ha mandato, con le sembianze di tuo
marito, a chiudere questa storia: gli devo solo portare i tuoi ricordi,
quelli veri, non quelli che Alshain ti ha di certo alterato…
in cambio… il mio premio sei tu... “una rossa
ricompensa” ti ha definito il mio Signore… ho
già tutto, lo sa, voleva premiarmi con uno sfizio
che voglio togliermi da tantissimo tempo… »
«Neanche
morta!»
Scattai indietro, lontano da lui, sottraendomi alla sua presa, andando
a sbattere sulla colonna che era alle mie spalle. Tese le braccia per
sostenermi. O forse per bloccarmi aspettandosi uno schiaffo che non
riuscii a dargli, tanto ero sconvolta dalle sue parole.
«Calma... prima devo
meritarlo, questo premio... Noi crediamo che tu sappia dove si trova
Mirzam, per questo Milord tiene così tanto a te e ai tuoi
ricordi… te l’ho detto anche ieri… non
abbiamo cattive intenzioni... l’unico problema era... che una
volta scappata con Doimòs, non sapevamo come
trovarti… per questo tuo marito, catturato a Essex Street e
portato nel nostro nascondiglio, è stato picchiato per ore
dai Lestrange ma, naturalmente, lo conosci, più lo
colpivano, meno era disposto a dire dove fossi… io
gliel’avevo detto, a Milord, che i Lestrange sono solo
animali privi di cervello, però ormai il danno era
fatto… »
«Quale
danno? Come sta ora
Alshain?»
«Oh...
quisquilie... nulla che non sia
stato in grado di
curare... alla
fine, il Signore Oscuro, ha deciso di ascoltarmi e mi ha ceduto il
prigioniero… L’ho torturato in un modo che i
Lestrange nemmeno saprebbero sognarselo, ahahah... »
Allungai la mano per centrarlo in piena faccia con un manrovescio, lui
si scostò in tempo e mi bloccò, smise di ridere,
ma restò con la stessa espressione ironica in faccia, tipica
di chi sa di meritarlo e per questo è ancora più
orgoglioso di averlo evitato.
«Stai buona,
Deidra... non ti conviene!
Alla fine, dicevo, eccomi qua: al dolore fisico, quella capra di tuo
marito fingeva di non reagire, ma... so io dov'è che gli fa
male... c'è stato un breve momento, mentre gli parlavo delle
brutte cose che ti stava facendo Lestrange, dopo averti rapita, in cui
il cuginetto ha perso il controllo, spaventato che tu fossi davvero nei
sotterranei del vecchio maiale a patire di tutto… In quel
breve istante sono riuscito a scoprire l'esistenza del capanno nel
bosco. Non ne ho parlato a nessuno, neanche al Signore
Oscuro… sai com'è... dovevo prendere tempo,
decidere come agire... per ottenere il massimo per me e la mia
famiglia... »
Mi lasciò le mani e si voltò, andò a
versarsi altro FireWhisky e me ne offrì, io negai ancora con
un cenno del capo.
Da alcuni minuti, mi rendevo conto che aveva smesso con le buffonate e
mi stava dicendo la verità. Soprattutto
quell’ultima frase, che aveva detto in un fil di voce, quasi
incurante, aveva più valore di tutto il resto.
“Dovevo
prendere tempo, decidere come agire per ottenere il massimo per me e la
mia famiglia.” ... mi sta forse dicendo che era disposto a
valutare chi gli avrebbe offerto di più, tra Milord e mio
marito? Mi sta dicendo che ora è qui per trattare con me?
«Dannazione! Poteva essere un
lavoretto pulito e mi sarei pure divertito con te per tutta la
notte… certo, tu avresti pensato di essere tra le braccia di
tuo marito e questo mi avrebbe tolto buona parte della soddisfazione,
ma meglio di niente! E invece chi ho trovato nel capanno con te, al mio
arrivo? Quel dannato impiastro di Black, naturalmente! Si
può sapere come riesce quell’inutile damerino snob
a trovarsi sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato, quando ci
sei tu di mezzo? Sono vent’anni che mi chiedo come sia
possibile... che me lo trovi sempre tra le palle ... quando sto per
metterti le mani addosso?!»
Abbassai gli occhi, sentii nuove lacrime affacciarsi e scivolarmi sulle
guance: al pensiero di Orion, mi pervase un senso di calore e
gratitudine e fui felice che fosse stato lui, alla fine, l'ultima
persona amata che il destino mi aveva concesso di abbracciare.
«Perché... al
contrario di te… al contrario di tutti voi, Orion Black
è sempre stato un vero uomo, un gentiluomo e
soprattutto… un ottimo amico… »
«Chi, Cuor di
Coniglio?
Ahahahah... ma per favore! Io direi piuttosto un vigliacco, un codardo
spaventato persino dalla sua ombra… un senza palle incapace
di affrontare le conseguenze… Il
“gentiluomo”, quando ti guarda o ti abbraccia, come
faceva ieri sera, si fa... gli stessi pensieri che per anni ci siamo
fatti su di te Roland ed io, fidati!»
Non ne potevo più, non pensai alle conseguenze, rapido mi
partì lo schiaffo. E stavolta lo centrai in pieno. Si
portò la mano alla faccia e alzò l'altra, come se
volesse subito reagire, ma non lo fece, anzi mi sorrise,
benché nei suoi occhi non ci fosse più ironia, ma
il fuoco dell'ira.
«Sei sempre veloce di mano,
come un tempo, piccolo topo irlandese!»
«Hai memoria,
Malfoy… ma solo per quello che ti fa comodo ricordare:
è stato proprio con uno schiaffo dato a te, per le tue
insolenze, cui nessuno voleva credere, che è iniziato
tutto… perché invece quel... coglione...
quel senza palle,
come lo chiami tu... ovvero la persona migliore che io conosca, dopo
Alshain... Orion Black, lui, mi ha creduto e se ben ricordo, ti ha
anche affrontato e umiliato... e ti ha pure fatto passare dei guai con
Dippet… E siccome è tutto fuorché un
viscido ipocrita come te, siccome lui sa che cos’è
davvero l’amicizia, anche se ne è rimasto
dispiaciuto, ha reagito come il gentiluomo che è...
quando ha capito che Alshain ed io ci eravamo innamorati…
»
«Se vuoi raccontartela
così… io penso non vedesse l'ora di staccarsi di
dosso un'arrampicatrice sociale che rischiava di metterlo nei guai con
il padre... ma questi non sono affari miei, hai ragione…
avrei dovuto sistemare Black anni fa, però, così
ieri sera non l'avrei trovato lì a rovinarmi la festa... ma
succede sempre qualcosa di strano a chi cerca di mettere le mani
addosso ai dannati Toujours Pur... far sparire l'unico figlio maschio
di Arcturus Black, persino oggi che la sua stella è
parecchio appannata, non è facile come appendere al
lucernaio un insulso Medimago di Inverness... »
«Salazar... dunque sei stato
tu?»
«Potevo lasciar andare in giro
persone che avevano visto vivi te, i bambini e Alshain? Non potevo
rischiare che gli Aurors ci fossero addosso in piena notte! Sono andato
e tornato mentre dormivi... Che profonda tentazione, allungare le mani
e… lasciamo perdere... tra l'altro far fuori Mackendrick mi
ha dato un po' di tempo... ora gli altri penseranno che l'ho fatto
fuori mentre cercavo di sapere dove fossi... ho un vantaggio di circa
mezza giornata, ora... senza che in loro possa nascere il sospetto che
abbia tenuto informazioni per me stesso… »
«Tu... Tu stai ingannando
persino il Signore Oscuro? Non posso crederci!»
«Ingannare... che parole
grosse... Sono solo realista... e pragmatico... Nel piano originale
c'erano diverse piccole pecche, che andavano sanate... tra l'altro un
problema dovuto come al solito a Black: gli ho chiesto di non parlare
di me, dei mocciosi e di te, ma lo conosci, ti pare che è
rimasto zitto? Di sicuro tuo figlio saprà già
dell'anello e che tu sei viva... quindi, prima o poi, dovremo farti
saltare fuori, e in un modo tale che non si facciano troppe domande...
è possibile mettere nel sacco Crouch, ma secondo te, se tuo
figlio andasse da Dumbledore a parlargli dell'anello, il vegliardo lo
manderebbe via senza farsi delle domande? No... Inoltre... potrei
sempre usare l'Oblivion, certo, ma magari ti farebbero delle analisi
approfondite e prima o poi il mio nome potrebbe saltare fuori... no,
meglio non fidarsi... il bel piano che il Lord aveva progettato era
troppo... appariscente e pieno di insidie... lui voleva far fuori tutti
i tuoi pargoli per vendetta... ma con Dumbledore che tiene
Hogwarts, come avremmo potuto mettere le mani sui due mocciosi che
vanno a scuola? E Mirzam? No... troppe incognite… il mio
piano, invece, non presenta tutti questi rischi... ed è...
dannatamente più redditizio... almeno per me... Certo,
magari all'inizio si incazzerà un pochino, ma quando
godrà anche lui dei risultati... »
«Sono stanca dei tuoi
sproloqui, Malfoy... dimmi dove sono Alshain e i miei bambini... mi
stai dicendo che tutto questo mira a farti ottenere un vantaggio, che
non è completamente opera del Signore Oscuro... ma se
così fosse, non ci sarebbe un tuo collega Mangiamorte, qui
con te!»
«Chi?
Adam? Quello è il mio giardiniere Magonò! Gli ho
promesso un extra se si fosse prestato a recitare la parte del duro,
con una delle mie... come dire... amichette!»
Ero infuriata, presi il biccheire che aveva posato sulla consolle
accanto a me e glielo tirai addosso, poi tentai di nuovo, preda di una
crisi di nervi, di colpirlo. Lui non mi fermò,
aspettò che la crisi si placasse da sola poi riprese,
lentamente.
«Basta così,
Deidra... Hai ragione... è ora di smetterla con le
chiacchiere e queste... amenità... il tempo stringe... per
il Signore Oscuro tuo marito è... disperso, molto
probabilmente morto… e così i tuoi figli... in
realtà loro sono vivi e al sicuro... e questo solo grazie a
me... e finché lo vorrò io... naturalmente... »
Si versò ancora del Firewhisky e lo bevve, mi
fissò, poi risalì di nuovo con la mano a
raccogliere una mia ciocca e se l'arricciò attorno alle
dita.
«... lo
vorrò, fintanto che tu sarai disposta a
concedermi… il tuo aiuto, Deidra... »
Salazar, no! Non
credevo esistesse un vile più viscido e
ripugnante di Roland Lestrange e invece… Salazar... ma come
è possibile che un uomo come Malfoy...?
«So cosa stai pensando... No,
Deidra... potevi essere un gradito spasso per una notte, ma... ora come
vedi… è di nuovo giorno… ed
è da molti anni che non siamo più a Hogwarts, tu
ed io… e questo significa che soddisfare dei semplici sfizi
non ha più la stessa importanza, quando sul piatto si
possono mettere cose più... sostanziali... il Signore
Oscuro, stando a contatto con uomini come Roland... certe cose non le
capisce... ma tu lo sai... che io non faccio parte di quegli uomini
che... volano basso... con le donne... »
Lo fissai: di nuovo stava parlando una lingua che suonava di
verità. Avevo capito cosa intendesse dire. Quel riferimento
al volare basso era un'espressione che usava sempre Yvonne, e mirava a
sottolineare che stranamente, il suo non era stato un matrimonio di
solo interesse. Ricordavo bene il funerale di Yvonne, ricordavo bene i
mesi successivi, ricordavo quanto fosse stato faticoso per Abraxas
fingere di essere il solito pezzo di ghiaccio. Ricordavo, soprattutto,
come era cambiato il suo atteggiamento nei confronti di Lucius: fino a
quel momento era rimasto particolarmente distaccato, nei suoi
confronti, poi ne aveva fatto il fulcro unico della sua vita.
«Io
voglio ben altro… qualcosa che puoi darmi solo
tu… qualcosa che durerà tutta la mia vita e tutta
la tua... l’unica cosa che tu ed io abbiamo in comune...
»
Si avvicinò alla porta che si apriva dietro di lui e mi fece
cenno di seguirlo: Yvonne diceva che quello era il suo angolo privato,
qualcosa di più intimo dello studiolo, dove non era concesso
neanche a lei entrare.
Abraxas aprì la porta e levò la bacchetta, le
pesanti tende di broccato verde si sollevarono lentamente facendo
apparire un ambiente piccolo e spoglio, in penombra, in cui riuscivo a
distinguere solo due forme rettangolari, una bassa e lunga, forse un
divano, e un'altra più simile a un quadrato, tipo il profilo
di una grossa scatola. Le tende si sollevarono ancora e, improvviso, un
grido mi si levò dal petto quando vidi Alshain disteso sul
divano, coperto di lividi e addormentato. Corsi da lui, mi avviciani,
lo toccai, ma non ottenni alcuna reazione. Appoggiai l'orecchio sul suo
petto e con un sospiro di solievo sentii il suo cuore battere.
«Mamma...
»
Il cuore mi fece un altro tuffo quando una manina sollevò
dall'interno un lembo del tessuto che copriva la scatola e vidi Wezen
occhieggiare divertito, come se stesse giocando a nascondino. Mi rimisi
in piedi e sollevai quella specie di tovaglia, lasciando scoperto un
box per i bambini, in cui c'era anche Adhara, distesa sul fianco, a
dormire. Presi in braccio Wezen, che mi tendeva le manine desideroso di
essere coccolato, poi mi voltai verso Malfoy, cercando in tutti i modi
di contenere lo sconvolgimento che provavo in quel momento, per evitare
che il bambino si spaventasse.
«Che
cosa stai facendo qui, con loro? Che cosa significa tutto questo?»
«Tuo marito ha promesso che mi
avrebbe parato
il cu... mi avrebbe aiutato a evitare problemi, se ti avessi riportato
i bambini... Ed io... beh... li vedi... eccoli qui... Ora... Aiutami a
fargli mantenere quella promessa, Deidra... e avrai più dei
cinque minuti che ho deciso di concedervi adesso... Al contrario, se,
come suo solito, tuo marito farà il coglione, beh...
sarò costretto a riprendermeli... e riportarli là
dove Milord li ha visti l'ultima volta e... lasciare che il loro
destino si compia... poi ritornare da te, prenderti i ricordi e poi...
sì... visto che Lui mi chiederà se ne
è valsa la pena... mi toccherà prendermi tutte le
soddisfazioni che voglio, con te... Non puoi avere idea di cosa sto
parlando, lo so... perciò serviti del mio Pensatoio... gli
ho prelevato i ricordi, così vedrai che cosa
è successo ieri pomeriggio a tuo marito e ai tuoi figli, dal
punto di vista di Alshain… Sono sicuro che quando saprai
tutto, di questa storia... la prospettiva per te meno raccapricciante
sarà... »
Si
avvicinò al mio orecchio,
abbassò la voce e bisbigliò, con un tono carico
di falsa pudicizia.
«... farti
sbattere, notte e giorno, in ogni modo,
da me... »
*continua*
NdA:
Ciao a tutti,
di nuovo scusate per il ritardo, spero di essermi fatta perdonare con
questo ricco capitolo pieno di elementi che fanno luce su momenti del
passato e aprono prospettive su vari scenari futuri. Ringrazio tutti
per letture, recensioni, seguito, ecc
ecc. e approfitto per farvi fin da ora i miei in bocca al lupo per gli
imminenti impegni scolastici e universitari. A presto.
Valeria
Scheda
Immagine
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