Avvertimenti: Botte
da orbi
Raiting: Arancione
Personaggi: Toris
Laurinaitis, Gilbert Beilschmidt
14. Sul Ring.
Il pugnò volò a pochi millimetri dalla sua
faccia; la frizione delle nocche graffiò l’aria.
« Mancato!»
« Sta’ zitto!»
Gilbert continuò a ghignare dietro la guardia alta, gli
occhi rossi puntati sul giovane lituano che ora portava due dita alla
cravatta e allargava il nodo con uno strattone, passando poi ad aprire
i primi due bottoni.
Era successo di nuovo.
Toris si era ripromesso e ripromesso che mai più e mai poi
avrebbe lasciato cedere così i suoi nervi, poiché
essi erano allenati, fortificati da giorni e giorni di duro lavoro in
una situazione sgradevole come solo quella che l’Unione
Sovietica dopo la seconda guerra offriva. Mandare tutta quella calma
ferrea a farsi benedire per colpa di qualche stupida provocazione
uscita dalla bocca di Gilbert, che spesso e volentieri parlava prima
del cervello, era inutile, controproducente, una perdita di tempo e chi
più ne ha più ne metta.
Nonostante tutto questo, tre settimane prima era comunque avvenuto il
fattaccio: all’ennesima mancanza di rispetto, le gambe di
Toris si erano mosse per lui e prima che avesse potuto rendere conto
aveva visto il suo pugno sinistro sbattere contro il naso
dell’albino. Era accaduto in un attimo e per i
minuti a seguire tutto al lituano era sembrato ovattato: il suo respiro
affannato, i muscoli del corpo ancora tesi, Gilbert che, indietreggiato
di qualche passo, teneva la testa bassa e le mani sulla faccia; il
rumore delle gocce di sangue fuggite dalle sue falangi, che
picchiettavano sul pavimento lucido. Il moro era stato incapace di
pronunciare una qualunque parola. Poi, Gilbert aveva alzato la faccia,
mostrando i denti in un sorriso eccitato e gli occhi in cui il rosso
brillava più del sangue che gli colava fino al mento, e
aveva detto con voce roca ciò che Toris, in una parte molto
nascosta di sé, sperava di sentire.
“ Vogliamo
continuare? “
Ed avevano continuato; a dividerli, quella volta, quando già
entrambi avevano la faccia e le braccia piene di ematomi, era stato
Ivan, a cui nessuno dei due aveva saputo dare una spiegazione che non
fosse un ansimare affaticato e rabbioso. La seconda, invece, Eduard era
arrivato giusto in tempo per vederli crollare, esausti. La terza,
iniziata con uno strattone da parte del tedesco, più o meno
lo stesso.
Quella volta Toris non sapeva nemmeno perché avevano
iniziato; un motivo stupido di certo… oh
sì, le ceneri delle sigarette che Gilbert lasciava
cadere a terra, giusto, il motivo era quello. Beh, non importava,
tanto, comunque andasse, non aveva importanza, così come non
aveva importanza chi dei due avrebbe vinto. In quegli scontri non
c’erano vinti o vincitori, l’unica cosa che contava
era mirare bene prima di scagliare un gancio o un destro.
Adrenalina.
Ecco chi era da farla da padrone in ognuno dei loro occasionali ring.
Non c’entrava niente dimostrare la superiorità
sull’altro, e il rispetto, oh, quello lo avevano abbandonato
nell’esatto momento in cui avevano tirato il primo colpo!
Erano l’uno il capro espiatorio dell’altro: negli
occhi rossi di Gilbert, Toris vedeva specchiarsi ogni briciolo di
rabbia repressa, ogni moto d’ira che aveva soppresso, ogni
volta in cui si era morso la lingua. E nel controllo frantumato di
Toris, Gilbert trovava altro spazio ancora per far bruciare
la fiamma dell’odio che lo logorava dentro.
Nella violenza del combattimento tutto si annullava.
Erano liberi.
« Sei lento!»
Il ginocchio di Gilbert impattò con violenza
sull’addome dell’altro e un brivido gli corse lungo
la schiena quando poté giurare di aver sentito lo stomaco
muoversi sotto il suo colpo. Ma non poté godersi per molto
l’immagine del moro che sputava sangue e saliva,
perché un dolore lancinante gli si propagò sul
polmone sinistro e con uno schianto si ritrovò intrappolato
contro il piano lavoro della cucina e contro la mano sinistra di Toris,
ora stretta sul suo colletto.
Rise, allargando lo spacco sul labbro inferiore; avrebbe dovuto
guardargli quelle maledette mani e non la faccia.
L’odore del fiato sporco di ferro del lituano gli invase le
narici e solo allora comprese quanto gli fosse effettivamente vicino.
Toris, un pugno ancora alzato e il petto malmesso
che si gonfiava e si svuotava troppo velocemente, rinchiuso nella
camicia sporca e disastrata, deglutì un paio di volte e
cercò sotto tutto il sangue che gli era salito in gola le
parole.
« E tu… tu usi la bocca a sproposito. »
Gilbert portò immediatamente lo sguardo sul suo, fissando il
punto più profondo della pupilla verdazzurra. Ci fu silenzio
per uno, due, dieci secondi. Poi gli sorrise, sgraziato, inarcando le
sopracciglia candide e mettendo in mostra i canini.
« Non sono molto d’accordo. »
La mano sinistra del tedesco, fulminea, scattò e
si chiuse attorno al pugno di Toris, che d’istinto chiuso gli
occhi, preparandosi al colpo.
Le labbra di Gilbert erano ancora più secche
dell’ultima volta.
Con un mugolio, il petto di Toris aderì perfettamente a
quello dell’albino e le spalle si curvarono, lasciando che il
braccio dell’altro le circondasse fino a conficcare le unghie
nella camicia. Al primo respiro, la lingua si fece prepotentemente
spazio nella sua bocca e Toris la sentì esplorare il profilo
dei denti, fino a intrecciarsi con la propria, a cercare di dominarla,
a lasciarsi, per pochi attimi, dominare.
La mano destra di si fece spazio dietro la schiena di Gilbert,
stringendosi malamente attorno alla vita e accentuando ancor
più il contatto trai loro corpi. Il calore che emanavano, il
loro odore aspro, gli arrivava alle naso, schiacciato contro la faccia
del tedesco, e gli intrecciava le budella.
Sentì chiaramente le sue dita strisciargli dalle spalle al
collo e un fremito percorrere tutto Gilbert quando le portò
alle radici scure e bagnate di sudore dei suoi capelli lunghi, dentro
cui s’infiltrarono, perdendosi, sciogliendo la mezza coda e
lasciando i fili marroni appicciarsi alle loro facce. Li
tirò senza indugiò e la risposta che
ricevé furono gli incisivi dell’altro che
catturavano un pezzo del suo labbro inferiore e lo strattonavano.
Gilbert si liberò da quella piccola morsa, lasciandogli un
bacio umido sotto il mento e sul collo esposto, solo e unicamente
quando sentì il torace pungere in ogni punto e implorare per
avere ossigeno.
Adesso stavano ansimando ancor più di prima. Si accorse che
sulle braccia di Toris, quella parte lasciata esposta dalla camicia
arrotolata male in pochi attimi, le vene pulsanti erano tutte
un tremore e si concesse un piccolo sorriso, giusto quello che gli
serviva per farlo ricordare:
« Mi hai morso.»
Obiettò, portando la mano libera, quella che non era intorno
al suo collo, alle labbra. Toris tornò in un secondo a
corrugare le sopracciglia e stringere le palpebre; sentì
chiaramente tutti i suoi muscoli irrigidirsi di nuovo.
« T- Sei tu ad avermi tirato i capelli. »
« Ormai ho capito che ti piace.»
« Sta’ zitto. »
Toris distolse lo sguardo, lasciando Gilbert alle sue risatine. Nemmeno
quello era la prima volta che accadeva. Era iniziato la seconda volta,
quando il prussiano lo aveva atterrato e invece che con i pugni, lo
aveva aggredito con le labbra, e lui, da prima sconvolto, si era
ritrovato a contraccambiare con una passione che avrebbe giurato di
provare per chiunque, ma non certo per lui.
Non sapeva come o quando l’adrenalina del combattimento
finisse col trasformarsi in quella.. attrazione. Non lo comprendeva e
non era neanche certo fino infondo di volerlo comprendere. Era
semplicemente successo, questo si era ripetuto la prima volta, sarebbe
stato un fatto da mettere nel dimenticatoio.
Peccato solo che la cosa si fosse ripetuta un’altra volta. E
un’altra ancora.
« .. Non capisco.» Borbottò, pulendosi
il sangue dalle labbra umide e arrossate –ma non dai pugni-
il sangue. « Perché ogni volta deve finire ch-
»
« Che ci ficchiamo la lingua in gola? Beh, fatti due domande,
Litauen. » Gilbert quella che Toris avrebbe
definito come “l’ennesima cascata di parole non
filtrate dal cervello” mentre cercava di massaggiarsi il
collo. Finito il ben poco producente massaggio, andò ad
unire la mano alla sua gemella, ancora sulle spalle di Toris, alla
quale rimase allacciato, gli occhi fissi nei suoi.
« Se vuoi io posso dirti come dovremmo continuare la cosa.
Mh?»
Volente o nolente, Toris sentì il cuore salirgli in gola e
lì rimanere, incastrato nelle corde vocali, mentre
un’ondata di un calore tanto piacevole quanto fastidioso,
perché sbagliato, gli invadeva il corpo intero e il
cervello.
Non era la prima volta che riceveva quel genere di avances.
Gilbert già aveva approfittato delle passate lotte
–e conseguenti baci- per proporgli di, testuali parole,
“continuare i giochi a letto” e la risposta di
Toris era partita con un rifiuto sbigottito e, diciamolo, praticamente
urlato, fino a divenire un’occhiataccia fulminante. Eccolo
infatti recuperare la solita serietà e non dare a Gilbert
nessuna risposta se non uno sguardo glaciale dritto nelle fiammelle
delle altrui pupille.
« Piuttosto,» iniziò, evitando
totalmente la domanda e portando lo sguardo all’addome del
tedesco. « quando ti ho colpito ho sentito un rumore strano.
Controlla di non esserti fatto niente alla costola. »
« Da solo? »
« Non ne sei capace?»
« Potresti venire in camera mia ad aiutarmi. »
Gilbert rincarò senza indugio la dose, tornando con le nei
capelli del lituano, a cui, ne era certo, le guance adesso non
s’erano arrosate per la fatica. Ma Toris, deciso a non
mollare, buttò gli occhi al cielo e si divincolò
dalla presa dell’altro, allontanandosi di qualche passo dal
suo calore.
« Gilbert. No. »
« Non ti vedo molto convinto, sai? »
« Smettila d’insinuare cosa sono e cosa non sono!
»
« Io non insinuo nulla, leggo i fatti!»
Toris sospirò, esasperato, davanti alla
tranquillità con cui il tedesco gli proponeva certe cose
dopo averlo riempito di pugni senza indugio.
« Lo capisci che non ha senso?»
« Perché, tenermi totalmente incollato a te mentre
ti bacio ne ha, quindi? »
Toris si ritrovò ad aprire la bocca e non farne uscire alcun
suono, lasciando Gilbert nella meravigliosa consapevolezza di aver
centrato il punto. Si morse nervosamente un labbro, Toris, per poi
tornare a guardarlo negli occhi.
« Non sono come gli altri. Non faccio certe cose. Mi spiace,
io non ho intenzione di diventare il tuo passatempo o
giocattolo.»
Gilbert parve oscurarsi e far sparire il sorriso con la stessa
velocità con cui aveva iniziato a ridere prima. Toris
abbassò lo sguardo.
« E io non ti ho chiesto di diventare né il primo
né il secondo. »
Fu come se quelle parole si fossero tramutate in fulmine e scaricate
con violenza addosso al lituano, elettrizzando la pelle, le ossa, il
cuore. Rialzò immediatamente gli occhi su Gilbert e
cercò nelle sue pupille non la spiegazione di quella
affermazione, la conferma che essa avesse lo stesso significato che lui
gli aveva immediatamente conferito.
Il cuore, nel petto, pulsava più delle ferite.
« S… Santo cielo! Vi siete picchiati di nuovo?!
»
La voce tremante di preoccupazione del povere Raivis, appena rientrato
in casa con le braccia ricolme di una settimana di spesa, irruppe nella
cucina e interruppe il gioco di sguardi dei due astanti.
Gilbert allungò le braccia, lasciando le costole scrocchiare.
« Normale amministrazione, nanetto. Zitto con russo e pensa a
pulire.»
Toris avrebbe voluto rispondergli di non trattare così
Raivis e portargli rispettò, ma non riuscì a
trovare le parole per rispondere, perché adesso non riusciva
a pensarne altre che non fossero quelle della frase lanciatagli
dall’albino, che ora andava abbandonando la stanza, le mani
in tasca e l’aria disinteressata.
« E comunque non ti preoccupare, » disse, ormai
alla porta, tornando a guardare indietro, ma rivolgendo le pupille
scarlatte non al lettone, ma al moro. « Io e Toris potremmo
anche smettere a breve di giocare o passare il tempo e iniziare invece
a fare le persone serie. Con un senso. »
Gilbert sorrise, sbruffone, prima di voltarsi e andarsene
definitivamente dalla cucina, lasciando dietro di sé, come
uno strascico, un’ultima frase.
« Ma questo solo se Litauen non fa il ghiacciolo e si decide
a venire a trovarmi, stasera! »
Toris avvertì con chiarezza ogni goccia di sangue
ribollirgli nelle vene e pulsargli nelle tempie quando Raivis lo
guardò con un giusto fare confuso.
« … devo portarti delle garze e del disinfettante?
»
Accennò il più giovane dei baltici, forse per
sfuggire a tutta quella strana situazione. Toris ringraziò,
dicendogli di sì, e di mettere anche su l’acqua
per il caffè a bollire. Ne aveva bisogno.
Toris si passò entrambe le mani sulla faccia e poi le
portò alla testa, lasciandosi andare in un sospiro stanco e
esasperato.
Qualcosa gli diceva che adesso da quel ring non ci sarebbe mai
più sceso.
( nota: svariati anni
dopo, durante la loro convivenza scelta e non forzata, Gilbert
proporrà a Toris una serata film, dicendo di averne trovato
uno che gli ricordava “i loro vecchi tempi”.
La pellicola in
questione sarà “Fight Club” )
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...
ciao eh
Sì sono viva.
Solo che ho la costanza
di una che non si chiama costanza.
Non mi lianciate, non mi
picchiate, si sono picchiati già abbastanza loro.
Dai che vi voglio bene.
.... Sciao.
*A*"
ah sì, ho saltato il 13 perché a me il 13 fa
schifo
<3
___ Lucy.
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