Il secondo prima che il loro nasi si
sfiorassero, Ryan schizzò via e si alzò di colpo in piedi.
"Scusa… sono claustrofobico." Si
giustificò, chinandosi a raccogliere i fogli sparsi sul pavimento.
"Da quando?" Chiese Kelsi, divertita,
accucciandosi accanto a lui.
"Da quando…" La voce di Ryan calò di un
tono. Come poteva spiegare qualcosa che lui stesso non capiva? E come era
successo? All’epoca, non aveva i pensieri molto chiari…
Il diciassettenne Ryan Evans barcollò sul posto, un bicchiere vuoto stretto
in mano. Non aveva idea di perché fosse andato alla festa di Chealsea, se non
che Sharpay lo aveva voluto lì. Aveva bevuto diversi bicchieri di quello che
qualcuno gli aveva comunicato essere un semplice punch di frutta e che, però,
non sembrava affatto
punch di frutta.
Gli occhi molto appannati, Ryan provò a
camminare in linea retta fino al divano per stendersi, ma il pavimento
continuava ad ondeggiare avanti e indietro. Era come se non avesse più alcun
controllo sul suo corpo. Accidentalmente, andò a sbattere contro una ragazza
piuttosto carina; la stessa ragazza, in effetti, che lo aveva invogliato a bere,
bicchiere dopo bicchiere, il cosiddetto punch.
"Scusi." Riuscì a biascicare e stava per
andarsene, quando la ragazza lo trascinò indietro.
"Non dirlo nemmeno." Sussurrò, seducente,
nel suo orecchio. "Vieni con me."
Trascinò un Ryan intontito e perplesso fino
ad una stanza vuota e chiuse a chiave la porta alle loro spalle. Prese con
delicatezza il bicchiere dalla sua mano e lo gettò in un cestino poco
lontano.
"Cosa…" Riuscì a mormorare il ragazzo, prima di perdere tutto lo spazio
personale che avesse mai avuto. Era tutto intorno a lui: la bocca che si muoveva
sulla sua, le sue mani che gli correvano lungo tutto il corpo, la sua camicia
improvvisamente sparita, la camicia di lei improvvisamente sparita. Il suo mondo non
divenne altro che una macchia nel momento esatto in cui lei lo fece cadere sul
letto.
"Da… da un po’." Evitando lo sguardo
interrogativo di Kelsi, Ryan raddrizzò i file nelle proprie mani. "In che parte
dell’armadio li dovrei mettere?"
Con gli argomenti imbarazzanti lasciati
alle spalle, Kelsi si accorse ben presto che era incredibilmente facile parlare
con Ryan di qualunque cosa (escluso il modo in cui Lilly era venuta al mondo).
I due riportarono alla mente i tempi del
liceo, accennando appena alla vecchia indifferenza.
"Avevi paura di io e Sharpay?"
"Di me e
Sharpay. E sì, ne avevo, che tu ci creda o no."
"Capisco e condivido la tua paura di Shar;
ma perché anche di me?"
"Non è che tu fossi spaventoso o minaccioso
come Sharpay… è solo che eri talmente distante…Nessuno ti parlava molto, non hai
mai davvero avuto relazioni sociali oltre alla tua gemella; immagino che tutti
noi non abbiamo mai tentato di conoscerti perché eri… bizzarro."
"Non sapevo che la tranquillità ispirasse
terrore." Scherzò Ryan.
Kelsi arrossì.
"Perché l’ho fatto?" Si ragguagliò
mentalmente "Stupida Kelsi; bel modo di gridare al vento i tuoi
sentimenti!"
Ryan sbattè un paio di volte le palpebre,
senza avere idea di perché Kelsi fosse arrossita.
Dopo aver brevemente ripassato i piani per
il semestre, i due giovani insegnanti decisero di andare ad un vicino Starbucks.
Chiacchierarono davanti ai loro drink, discutendo di musica, arte, film e libri
e semplicemente divertendosi un mondo. Scoprirono di avere gusti musicali
piuttosto simili (escluso il modo di cantare "What I’ve been looking for") e lo
stesso desiderio di assistere ad alcuni spettacoli di Broadway.
Fin troppo presto per Kelsi, Ryan controllò
l’orologio sul display del cellulare, rendendosi conto di quanto tardi si stesse
facendo.
Scusandosi per aver parlato così tanto ("Non farlo, è stato bello!"), Ryan
uscì dal bar, lasciando un’ammutolita, felicissima, spumeggiante, brillante,
radiosa, estatica Kelsi Nielsen seduta al tavolo. Nel momento in cui il
click della porta
avvertì che questa si era chiusa, Kelsi recuperò dalla borsa il proprio
cellulare e chiamò una della poche ragazze di cui sapeva di potersi
fidare.
"Ehi, Gabbi? Sì… Non indovinerai mai chi la signora Shepherd ha assunto come mio
assistente…"
Nemmeno venti minuti dopo, la signora
Richards camminò pesantemente fino alla porta e la aprì, trovandosi davanti una
ragazzo in età da college immerso in un bomber nero di parecchie taglie troppo
grande su cui si poteva leggere DRAMA in grandi lettere bianche.
"Buongiorno." La salutò. "Sono venuto a
prendere Lilly."
"Oh, certo, solo un minuto. Vieni dentro,
le ragazze sono di sopra a guardare Nickelodeon."
Ryan camminò oltre la soglia della casa a
tre piani.
"Così, tu devi essere il fratello maggiore di Lilly, giusto?" Lui aprì la
bocca per rispondere, ma, evidentemente, la signora Richards considerava la
propria domanda come puramente retorica. "Sì, sì; Daphne adora giocare con la tua sorellina. Lilly
è una bambina così dolce…"
"Grazie, ma io non sono…"
"Mi potresti lasciare, per favore, il
vostro numero di telefono e l’indirizzo prima di partire?"
Ryan affondò le mani nelle tasche dei
pantaloni cargo, cercando un pezzo di carta o una penna, ma la signora Richards
lo aveva battuto sul tempo. Gli porse un’elegante penna ed una piccola
agenda.
"Vediamo… L-i-l-l-y…E-v-a-n-s…e qual è il
vostro numero di telefono…uhmm…e l’indirizzo?"
"4675 Kempwood Boulevard PO Box
#7923"
La penna esitò e Ryan notò una dolorosa
espressione di sdegno sul viso fiero della donna. Tuttavia, finì di scrivere le
informazioni, prima che due bambine ridacchianti corressero giù per la scala a
chiocciola.
"PAPY!" Squittì Lilly, approdando tra le
sue braccia aperte. Uno sguardo terrorizzato stravolse il viso della signora
Richards.
"Schizzo!" Ryan abbracciò forte la
bambinetta, baciandola sui capelli chiarissimi. "La ringrazio così tanto per
aver lasciato venire Lilly a casa sua, signora Richards. Sembra essersi
divertita un mondo; dovremmo farlo di nuovo. Arrivederci!" Uscì, poi, chiudendo
precipitosamente la porta sull’espressione mortificata della madre della
migliore amica di sua figlia.
"Voglio venire e giocare ancora!" Esclamò
Lilly, agitandosi, felice, tra le braccia di suo padre. Ryan guardò indietro,
verso l’alta casa.
"Ho paura che vedrai Daphne solo a scuola,
per un po’."
"Ma perché? Sono stata brava!" Piagnucolò
la piccola.
"Lo so, tesoro, non è colpa tua. È mia. È
tutta colpa mia."
®
Quando Lilly saltò sulle sue gambe, Ryan
riuscì miracolosamente a non far cadere la gigantesca scodella di
glassa.
"Tanti auguri a me! Tanti auguri a me!"
Cantò forte, zampettando per tutta la cucina.
"La ragazza che compie gli anni non avrà
una torta di compleanno se non la smette di stare tra i piedi al suo povero
padre." Rise Ryan.
Lilly ridacchiò e scomparve dalla
stanza.
Scuotendo la testa, il giovane continuò a
mescolare la glassa al cioccolato fatta in casa.
Il telefono squillò.
"Se continuo così, la torta non sarà mai
pronta." Si lamentò Ryan e, dopo aver sistemato la ciotola in equilibrio su una
gamba piegata ed essersi leccato un po’ di cioccolato dalle dita, afferrò la
cornetta. "Villa Evans, chi parla?"
"Ciao Ryan, sono Kelsi."
"Ehi, Kelsi, che succede?"
"Chiamavo per fare gli auguri a Lillian.
Posso parlarle?"
"Sì, ti prego, fallo. Sta rimbalzando su
tutti i muri e io sto provando a preparare una torta." Detto ciò, chiamò la
bambina e le porse il telefono. Dieci minuti dopo Lillian, coprendo
delicatamente con una mano il ricevitore del telefono, tirò un po’ la stoffa dei
pantaloni del padre.
"Papà, non hai detto che potevo invitare
un’amica a venire con noi a Fiesta Texas questo pomeriggio?"
Sussurrò.
"Sì."
"Possiamo portare la signorina Kelsi con
noi?"
"Ehm… immagino di sì…" Rispose Ryan, incerto. "Vuoi davvero portare un’insegnante al tuo
viaggio di compleanno a San Antonio?"
"Ma lei non è solo un’insegnante!" Ritorse Lilly. "È davvero divertente!"
Ryan rise.
"Ok, può venire."
"Evvai!" Lilly spostò la mano dal microfono. "Signorina Kelsi, vuoi venire
con me e il mio papà a Fiesta Texas?" Un altro rumoroso suono di giubilo
confermò che la signorina Kelsi li avrebbe accompagnati durante la loro
escursione di compleanno.
Kelsi raggiunse l’appartamento degli Evans
in perfetto orario, in mano dei biscotti e un regalo incartato a regola d’arte.
Quando la sopra citata carta fu strappata, il dono rivelò di essere una piccola
arpa da braccio, completa di un libro di esercizi.
"Così puoi avere un tuo strumento da
suonare quando vuoi."
"E cosa si dice, Capitano?"
"Grazie!" Lilly si sistemò l’arpa tra le
braccia e corse al davanzale più vicino per provarla.
Ryan sorrise a Kelsi, comunicandole
attraverso gli occhi cristallini tutta la gratitudine che provava nei suoi
confronti.
Una volta che il piatto di deliziosi
biscottini al cioccolato fu completamente vuoto, tutti e tre si sistemarono
nella piccola macchina della piccola famiglia Evans. Dato che il veicolo non era
provvisto di un lettore CD e che la ricerca di un canale radio decente fu presto
abbandonata, la maggior parte del lungo viaggio fu spesa cantando. Kelsi non
rimase colpita solamente dal numero di canzoni che Lilly conoscesse, ma da
quanto fosse migliorata la voce di Ryan. Non che avesse mai avuto una brutta
voce, ma in qualche modo era diventata ancora più pura e più forte. Ogni nota la
faceva rabbrividire, specialmente quelle basse, che ora venivano raggiunte con
grande facilità.
Fu veramente dura trattenere l’entusiasmo
di Lilly quando il parco entrò nel suo campo visivo, dato che non era mai stata
in un posto del genere prima di allora. Si agitò sul sedile, afferrando una
manica della maglia di Ryan e pregandolo di aumentare l’andatura.
Armato di uno zaino contenente soldi,
snack, un kit di primo soccorso, tutti i loro costumi, gli asciugamano, la crema
solare e due buoni libri, Ryan si spostò gli occhiali da sole sulla
testa.
"Ho idea che sarà un lungo, lungo giorno."
Sospirò, facendo ridere Kelsi.
Dato che era mezzogiorno, il momento più
caldo della giornata, il gruppetto decise di dirigersi per prima cosa verso il
parco acquatico. Quando riemersero dalla loro permanenza in bagno, Kelsi
indossava un carinissimo costume verde con corti calzoncini dello stesso colore,
Lilly un costume intero a fantasia floreale e Ryan un paio di calzoncini da
bagno neri e una canottiera bianca un po’ spiegazzata, oltre ad un ben visibile
sguardo di ammirazione nei confronti di Kelsi.
"Che cosa guardi?" Domandò la ragazza, le
guance in fiamme per l’imbarazzo, sistemandosi i pantaloncini, ben conscia del
proprio aspetto.
"Niente… è che sei… molto carina." Rispose
Ryan debolmente, tossicchiando. "Bene. Lilly, che vuoi fare?"
Non contava quanto intensamente ci avesse
provato; Kelsi trovava veramente difficile non scannerizzare Ryan dalla testa ai
piedi.
Specialmente dopo
che ebbe raggiunto gli scivoli acquatici.
Lilly insistette affinché sia Ryan sia
Kelsi scivolassero insieme a lei e il tutto si era concluso con loro tre che si
schizzavano a vicenda nella piscina in un ammasso confuso.
A quel punto, la giovane maestra di musica
mandò al diavolo tutti i tentativi di evitare ogni contatto fisico con Ryan:
Lilly era davvero determinata a passare l’intero giorno del suo compleanno con
le sue due persone preferite e davvero non capiva perché, all’inizio, Kelsi
fosse così restia a salire sullo scivolo dietro a Ryan e a sistemare le gambe
intorno ai suoi fianchi.
Dopo due ore di intensi giochi d’acqua,
Ryan le guidò ad una piccola piscina per bambini, così che lui e Kelsi potessero
riposarsi senza doversi preoccupare eccessivamente di Lilly.
La loro crema solare doveva aver già smesso
di fare effetto da un po’e Ryan domandò alla ragazza, con fare casuale, di
riapplicargliela. E così di nuovo, la timida, modesta Kelsi si ritrovò a doversi
mordere le labbra quando lui si tolse la maglietta, rivelando il torace magro ma
muscoloso.
Le sue mani quasi tremavano quando si
spruzzò un po’ della fredda crema sui palmi ed iniziò a stenderla sul collo e
sulla schiena di lui.
"Uff…" Mormorò Ryan sul proprio
asciugamano.
"Cosa?"
"Hai le mani fredde."
"Fattene una ragione." Rise lei,
continuando a spalmare la lozione.
"Sembra più uno scrub che un’applicazione
di crema solare." Commentò il giovane dopo un po’.
"Potresti smettere con i commenti, per
favore?" Rise Kelsi, dando un leggero pizzicotto alla pelle diafana. "Dovresti
essermi semplicemente grato perché ti sto aiutando." Detto ciò, scese dalla
sdraio. "È il mio turno ora."
Lui sollevò la testa di scatto.
"Come, prego?"
Lei sorrise con un pizzico di
perfidia.
"Tu ti sei fatto mettere la crema sulla
schiena e ora devi ricambiare il favore." Rispose, picchiettando con una mano la
tela della sdraio dietro di lei. Deglutendo, Ryan raccolse la crema, si sedette
e spremette un po’ il tubetto. Mentre le sue grandi mani le massaggiavano la
schiena, la pelle d’oca si fece strada, non notata, sulle braccia della
compositrice.
Tutt’ad un tratto, la ragazza lanciò un
gridolino.
"Che succede?" Chiese Ryan,
preoccupato.
"Fa il solletico!" Lei ridacchiò,
agitandosi sull’asciugamano.
Uno sguardo vagamente malvagio si
impossessò del viso del signor Evans.
"Cosa, questo?" Chiese, muovendo le dita di
nuovo sui suoi fianchi.
"Sì, quello!"
"Oh, di certo questo non fa il solletico!"
Rise lui, continuando con la sua piccola tortura. Lei squittì, tentando di
spingerlo via.
"Smettila!" Esalò la ragazza, provando
senza successo a riprendere fiato. Lui rise più forte, ma non si
fermò.
Le coppie più vecchie si sorridevano a
vicenda, ammirando con tenerezza la sconfitta ragazza con il costume verde e il
ragazzo con i calzoncini neri impegnati nella loro disperata battaglia a colpi
di solletico.
Nella vicina piscina, Lilly delucidò i suoi
nuovi amici.
"Vedete?" Domandò, orgogliosa. "Il mio papà è innamorato della signorina
Kelsi. Mi chiedo se si baceranno… così poi dovranno solo sposarsi!"
"Ryan?" Chiamò piano Kelsi, mentre i tre
stavano tornando alla macchina.
Lilly si era velocemente addormentata tra
le braccia di suo padre: la prima, avventurosa giornata del suo quinto anno
aveva letteralmente sfinito la piccola Evans.
"Da quanto lavoriamo insieme, ormai?
Quattro mesi?"
"Tre." La corresse lui.
"…Ryan?"
"Mmmh?"
"Grazie per avermi portata con voi oggi. Mi
sono davvero divertita tanto."
Il sorriso di Ryan avrebbe facilmente
sciolto un panetto di burro."
"Nessun problema. Non sarebbe stato nemmeno
lontanamente così bello senza di te."
Kelsi arrossì violentemente e nessuno dei
due disse un’altra parola finché non furono alla macchina.
Ryan depositò l’addormentata Lilly sul
sedile della macchina e chiuse la portiera. Kelsi raggiunse la parte opposta e
allungò un braccio per afferrare la maniglia, ma il giovane uomo catturò la sua
mano.
Lei lo guardò, curiosa, negli occhi
chiari.
Prendendo tra le mani tiepide il suo
piccolo viso, Ryan si chinò a baciare Kelsi sulle labbra –il suo primo vero
bacio da quattro anni e per, lei, il primo in assoluto.
Ora, da che mondo è mondo, si dice che i
primi baci fanno schifo, ma nel caso di Kelsi e Ryan non fu affatto così. Nacque
come dolce ed innocente, per poi crescere velocemente in intensità.
Ben presto, le braccia di Kelsi erano attorno al collo di Ryan e lui era
appoggiato alla macchina , le proprie braccia intorno alla vita di lei. La sua lingua
si mosse appena su quella di lei e, quasi senza che i due se ne accorgessero, il
bacio divenne sempre più profondo finché, alla fine, non si separarono in cerca
d’aria.
"…wow…" Esalò Kelsi, prima di catturare
ancora le irresistibili labbra di Ryan con le proprie, desiderando che potessero
restare così per sempre, persi in un intenso bacio in mezzo ad un parcheggio
deserto.
®
Insultandosi per la propria orrenda
calligrafia, Ryan tentò di decifrare la lista della spesa nel reparto cereali
del grande magazzino HEB.
Era passata una settimana da quando lui e
Kelsi si erano baciati nel parcheggio del Fiesta Texas e Lilly al momento si
trovava a casa di un’amica (non Daphne) così che lui potesse sbrigare alcune
faccende. Non le aveva ancora detto quello che provava per Kelsi, dato che anche
lui doveva ancora dare un nome preciso ai propri sentimenti.
Sospirando, scelse una grande scatola di
Kix e fece un salto dalla sorpresa quando un volto fin troppo familiare apparve
al posto dei cereali.
"Gabriella!" Esclamò Ryan, lasciando cadere
la scatola. Piccole e gialle palline golose e per niente salutari presero a
rotolare sul pavimento.
Ignorando la sorpresa dipinta sul viso di
lui, la ragazza guardò il contenitore di cartone con disapprovazione.
"Kix? Oh, no, signor Evans, i Kix non sono
una buona colazione per una bambina piccola."
Ryan aprì la bocca per protestare ma, con
suo sommo terrore, Gabriella posò una mano delicata ma forte sulla sua nuca,
portando le labbra su quelle di lui.
La scatola di cereali che era stata appena
raccolta, cadde di nuovo dalle sue mani paralizzate.
Contro la sua volontà e malgrado il suo
cervello strillasse in protesta, Ryan chiuse gli occhi, permettendo a Gabbi di
baciarlo e baciandola a sua volta.