Capitolo nove
“Dici sul
serio?” domando, guardandomi intorno.
“Che cosa
c’è che non va?” risponde lui, con
un’altra domanda, stranito.
Siamo nel mezzo del
nulla, ma proprio, del nulla; il nulla a Mystic Falls è
qualcosa di particolarmente frequente, ma questo … questo
nulla è davvero vuoto, e insensato.
Una collina, questa
è una specie di collina … dalla quale si riesce a
vedere l’intera città, a malapena illuminata per
via dell’ora tarda; le uniche luci fioche e giallognole
provengono da quella che deduco essere la piazza della città
nella quale, in questo periodo, allestiscono una serie di bancarelle
dell’artigianato. Sicuramente Caroline e Bonnie saranno
lì, quest’ultima entusiasta di osservare tutto nei
minimi particolari e Caroline che, annoiata, va alla ricerca di un
ragazzo da rimorchiare, che puntualmente non trova, ovviamente,
considerato che si tratta di una banale "festa di paese".
In ogni caso,
l’ambiente è particolarmente buio, ad eccezione
della luna che, piena e bianca, illumina malamente il cofano della
macchina sul quale siamo seduti ad osservare il cielo settembrino,
arricchito da una serie di nuvole grigie che, di tanto in tanto,
offuscano la poca luce che ci è concessa.
“Vuoi
violentarmi sul cofano della tua macchina?” chiedo.
Lui mi osserva; le
pupille leggermente dilatate e maledettamente chiare … come
fanno ad essere chiare persino di notte?
“Scherzi
vero?”
“Non so
– scrollo le spalle – non posso sapere cosa ti
passa per la testa.”
Segue un istante di
pausa, in cui arriccia le labbra e sbuffa, anzi, sospira, indeciso:
“Vengo qui quando …”
“Quando devi
uccidere una ragazza innocente.”
“No
– mi guarda truce – quando … mi accorgo
che la mia vita è uno schifo e ho bisogno di mandare al
diavolo il resto del mondo.” Ed è sincero,
stranamente. Sincero mentre osserva il vuoto di fronte a sé,
avendo seriamente paura di guardarmi negli occhi.
Sorrido amaramente:
“La vita di Damon Salvatore fa schifo? Che dici
…”
“Pensi che
sia tutta rose e fiori solo perché ho l’intero
liceo ai miei piedi? … non è … come
dire, importante … non quando … insomma, quando
la gente tiene a te solo perché ha bisogno di
qualcosa.”
“E tu ci stai
male?” inclino la testa.
“Io
… odio le persone, tutto qua – scuote la testa
– e tu – mi punta il dito contro – Elena
Gilbert, sei così perfetta come tutti dicono?”
accenna un sorriso, spostando gli occhi sulle mie labbra.
“Sono
… quella affidabile … a cui si chiedono i
compiti, quella che è già stata ammessa al
college e quella che è considerata ‘troppo
intelligente’ per poterci provare seriamente … che
non viene nemmeno presa in considerazione da quelli come te.”
“Perché
dici così?”
“Perché
io sono quella che si occupa del teatro e che fa la cheerleader, che
è negata in chimica e che ha il massimo in spagnolo
… non sono quella a cui la gente si interessa …
tantomeno tu.”
Lui si avvicina, lo
vedo con la coda dell'occhio, che si avvicina.
La mia mano, dapprima
posata sul cofano per sostenermi, è ora avvolta nella sua e
io le guardo, con il cuore che batte all’impazzata e una
serie di crampi allo stomaco estremamente piacevoli e quasi
terrificanti.
“Interessi a
me …” soffia, a pochi centimetri dalle mie labbra.
Saldo la stretta
intorno alle sue dita e mi faccio più vicina, al diavolo i
miei principi.
Lui inclina la testa di
lato, senza staccare lo sguardo da me, inumidendosi le labbra
con un pizzico di lingua prima di avvicinarsi.
Una suoneria che
riconosco essere quella del mio telefono ci fa sobbalzare, sbuffare ed
irritare.
La sua mano si
allontana rapidamente dalla mia, come se fossimo stati colti in
flagranza di chissà quale reato, mentre io afferro il
cellulare portandomelo all’orecchio.
“Il coprifuoco è
passato da mezz’ora, Elena … dove sei?”
“Ciao mamma
… io ehm … sto tornando” dico, fissando
le mie converse che ciondolano giù dal cofano.
“Sarà meglio, domani
c’è scuola.” Senza nemmeno
darmi il tempo di replicare, attacca. AH, Miranda e la
sua irascibilità quando non va a letto alle nove in punto.
Mi volto verso Damon,
il quale non smette di fissarmi.
“Ti spiace
riaccompagnarmi a casa?”
“In
realtà, pensavo di lasciarti qui … se non ti
dispiace.” Dice, ghignando.
***
“Beh … ci vediamo domani a scuola,
allora.” Inizio, voltandomi verso di lui.
Siamo davanti alla
porta d’ingresso di casa mia, dopo un viaggio in macchina
piuttosto rumoroso e divertente, ora è arrivato,
malauguratamente, il momento di salutarci.
“Ci vediamo
domani a scuola … e a teatro, e a ripetizioni di spagnolo
…” sorride lui.
Mi scappa un sorriso
complice, ed annuisco: “A domani.”
“Ehi ehm
– ecco che mi afferra di nuovo la mano – mi sono
divertito, stasera.”
“Scommetto
che lo dici a tutte quelle con cui esci …” dico,
sospirando.
“Che tu ci
creda o no … io non esco, preferisco rimanere in casa
… insomma.” Socchiude le palpebre mentre arriccia
le labbra in un espressione soddisfatta.
“Giusto.”
Annuisco.
Prima che possa
accorgermene, le sue labbra sono già posate sulla mia
guancia in un contatto rapido ma decisamente intenso, tanto da portarmi
a desiderare che fosse più di un semplice bacio sulla
guancia.
“Buona
notte.” Soffia, e poi si volta per andarsene. Ed io rimango
lì, sulla soglia della porta, fino a quando, risvegliata da
uno sbadiglio, mi decido a rientrare in casa.
È tutto
confuso, estremamente confuso e bello, particolarmente bello e potrei
giurare di non aver mai vissuto un appuntamento più bello;
nella sua semplicità.
E lui è
così … le sue labbra, il suo sorriso …
è così Damon da farmi addormentare sperando che
arrivi presto il giorno solo per poterlo rivedere.
Damon
Un bacio sulla guancia.
Mai fatta una cosa del
genere.
Eppure, in
quell’istante, mi sembrava la cosa più logica,
normale.
Un bacio sulla guancia.
Mai fatta una cosa del
genere.
Ma lì, in
quel momento, davanti a casa sua, non era il momento adatto, non
l’avrei baciata per la prima volta sul portico, ma in un
posto speciale, degno di lei, e di ciò che è
… la semplice e bellissima Elena.
Non è solo
intelligente … è anche un insieme di altri
miliardi di cose mixate al punto da renderla perfetta,
perché maledizione, lo è davvero.
Il problema
è che io non dovrei pensare a questo, io sono
quello che non prova niente, quello che va a letto con le donne per
scommessa e quello che non si innamora, ma per lei, per lei
… non so se la casa al lago valga quanto vale lei.
Forse non se lo merita,
forse dovrebbe scoprire la verità, ma se la scoprisse non
vorrebbe più parlarmi e se non mi parlasse probabilmente lo
sprazzo di luce che ha temporaneamente invaso la mia vita torni ad
essere nero.
Nero come
l’umore di mio fratello non appena mi vede rientrare in casa
con uno strano sorriso e una voglia matta di fare cose decisamente non
pure con Elena Gilbert che mi tortura la testa da quasi un mese, ormai.
“Dove sei
stato?”
“Oh mamma non
arrabbiarti – faccio una pausa e torno serio –
fuori, Stefan, vuoi un itinerario con riferimenti fotografici a dove
sono stato?” lo sfido.
“Sì,
se eri con Elena.”
“Non mi
sembra che stiate insieme, o sbaglio?”
“No ..
ma-”
“Ho la
risposta che volevo, Stefan … lasciala a chi sa come farla
stare bene.” Ringhio infastidito, buttando la giacca sul
divano.
“Lo sai
tu?” mi chiede, mentre mi accingo a salire le scale.
“Voglio
imparare a saperlo.”
Ed è
così, voglio scoprire che cosa la fa stare bene, voglio
sapere qual è il suo colore preferito e a cosa pensa durante
le lezioni di chimica per avere dei brutti voti; voglio sapere che cosa
le piace fare e che libri legge, voglio conoscerla. Sul serio, questa
volta.
***
Entro a scuola e prima che possa rendermene conto i miei occhi stanno
già cercando Elena, e tirano un respiro di sollievo quando
la trovano, intenta a posare un enorme volume di storia
dell’arte nell’armadietto. Sospiro pesantemente prima di
avviarmi verso di lei.
“Allora
– qualcuno posa una mano sulla mia spalla – come
procede?”
“Klaus
– mi volto rapidamente verso di lui, cercando di tenere
d’occhio Elena che adesso sembra essersi volatilizzata
– che cosa?”
“Come cosa, Salvatore
… la scommessa – sorride –
l’oggetto in questione come se la cava? Ci sta
cascando?”
“Lei non
è un oggetto, è Elena.” Ribatto,
rigido.
“Uh
… mi sa che qualcuno qui si è preso una bella
cotta, che cosa avrà di speciale quella ragazzina
…ah, chi lo sa.” Ghigna divertito, mostrando
l'ennesima espressione di sfida, facendomi innervosire.
“Non
… non è una ragazzina e io non ho una cotta per
lei, sta tranquillo – la scorgo uscire dal bagno mentre si
asciuga le mani umide sui jeans e io sorrido, come un dannato idiota
– prepara la casa al lago.”
Lui sorride, ancora
… pensieroso.
“Ma guarda
– dice, guardando oltre la mia figura –
Forbes!” esclama, ad alta voce, riferito a Caroline ed io ne
approfitto, per raggiungere Elena che adesso sta chiacchierando,
decisamente annoiata, con una ragazzina baffuta e con gli occhiali.
“Giorno!”
esclamo, avvicinandomi rapidamente, per evitare di vederla scappare
ancora.
“Ehi
– mi saluta, poi torna a rivolgersi alla ragazza –
te l’ho detto Debby, non posso … ho già
un bel po’ di casini a studiare da sola e do anche
ripetizioni … non riesco proprio ad aiutarti con storia
… mi dispiace.” Si stringe nelle spalle,
sospirando, più infastidita, che dispiaciuta.
“E chi
dovresti aiutare, sentiamo?” la sfida.
“In
realtà, me.” Rispondo io.
“Oh
– la ragazza, che sembra essersi accorta ora di me,
indietreggia di qualche passo e poi allarga le labbra in un orribile
sorriso – ciao Damon!”
Sollevo rapidamente gli
angoli delle labbra per poi tornare serio, a guardare Elena.
E non so
perché, giuro, non ne ho idea, la mia mano cerca la sua,
debolmente poggiata lungo il suo fianco e lei, dapprima stupita,
ricambia il contatto.
“Sarà
meglio che vada." Sento dire a Debby e la cosa non mi importa poi
così tanto, anzi, per niente. Sono solo impegnato a scorgere
i dettagli più insignificanti sul viso della ragazza che
adesso sta accarezzando il dorso della mia mano, senza la minima
intenzione di lasciarla andare.
“Mi spiace
Debby … sul serio!” dice un’ultima
volta, prima di osservare la ragazza andarsene.
“Insomma
– comincio – che cos’hai
adesso?” lei si volta verso di me e lancia una rapida
occhiata alle nostre mani intrecciate - la cosa assurda è
che a me sembra una cosa perfettamente normale e a quanto pare, anche a
lei.
“Beh ecco
spagnolo.” Accenna un sorriso.
“Pranziamo
insieme?”
Si sporge, ed il suo
sguardo punta dritto verso le sue amiche che la guardano ed annuiscono,
come se avessero capito di cosa stia parlando.
“Certo
… solo che … c’è teatro
dopo”
“Vorrà
dire che dovrai sopportarmi per un bel po’; oggi è
sabato … devi anche farmi ripetizioni di
spagnolo.” Accenno, soddisfatto e contento di passare del
tempo con lei. Elena accenna un sorriso e
scuote la testa: “Ovviamente – lascia andare la mia
mano al suono della campanella – ci vediamo dopo.”
Io la guardo
allontanarsi; i capelli che ondeggiano rapidi da una parte
all’altra e le gambe che, fasciate da un paio di jeans
maledettamente aderenti, si muovono alla perfezione.
Elena
“No, Jamie,
quella scena va lì, sul fondo, non davanti! Non vedi che non
può stare in piedi?” urla Caroline contro un
ragazzo raccattato al primo anno per aiutarci con la sceneggiatura.
Io sono davanti ad una
manciata di ragazzi ai quali sto assegnando i testi da imparare a
memoria per il musical, inutile dire che Rebekah non ha perso occasione
per esprimere le sue opinioni riguardo i riadattamenti
‘scadenti e poco professionali’ dei testi. Come se
mi interessasse sul serio cosa pensa.
“Questi sono
quelli che devi imparare, per ora.” Le porgo il testo di
‘Summer nights’ e ‘Hopelessly
devoted to you’.
“Devo per
forza?” domanda la bionda, schioccando la lingua.
Chiudo gli occhi ed
emetto un lungo sospiro.
“Se non hai
voglia, puoi sempre cambiare spettacolo, o istituto, o
universo.” Damon non mi permette di rispondere a dovere alla
ragazza che sicuramente penserà che non sono in grado di
ribattere per le rime.
“E come farai
a fare sesso con me Damon?” lo sfida lei, arricciando le
labbra.
A
quell’affermazione, il mio stomaco si contrae, in una serie
di crampi che mi fanno irritare per il semplice fatto che, sicuramente,
la biondona tutta tette ha affermato solo per aspettarsi una reazione
che mi sto sforzando di contenere.
“In ogni caso
– comincio – hai ragione, non dovresti per forza
impararli, è ovvio che non puoi comparare la voce di Olivia
Newton John – faccio una pausa – Harry –
gli porgo una copia dei testi – hai qualcosa da
dire?”
“Niente,
Elena.”
“Ecco e ora
mettetevi a lavoro, ho di meglio da fare, io.” Mormoro e mi allontano,
intenzionata a cercarmi qualcosa da fare.
“C’è
bisogno di me?” domando a Caroline, che nemmeno mi ascolta,
troppo impegnata ad imprecare, ancora, contro il povero Jamie che
sicuramente non verrà più domani.
Mi volto verso Bonnie,
sospirando: “Bonnie, posso fare qualcosa?”
“No grazie
tesoro, sto solo sistemando questi arrangiamenti con il pianoforte,
prendi pure una pausa.”
Niente pause,
assolutamente.
L’ultima
spiaggia è Rick, forse troppo impegnato con un giravite a
stella, del quale sembra non capire la funzione: “Ehi Rick
– lo richiamo – posso fare qualcosa?”
“In effetti
sì, dovresti andare dietro le quinte e controllare che tutte
le corde alle quali è allacciato il tendone siano avvitate
correttamente, ho appena finito ma – osserva ancora una volta
il giravite – non credo di averlo fatto
correttamente.”
Butto la testa
all’indietro e mi trascino verso le quinte, probabilmente
dovevo prendere in considerazione l’idea di fare una pausa.
Le quinte, in ogni
caso, sono decisamente più silenziose rispetto al caos che
c’è al di fuori di esse, i rumori provengono
ovattati ed in un certo senso ne sono felice perché fra gli
accordi del pianoforte, le urla di Caroline e la voce di Rebekah e
… Damon, non so cosa sia peggio.
“Non mi
saluti nemmeno? Sono la stessa persona con cui hai pranzato
oggi.” Ecco, appunto. Addio momento di pace,
benvenuto Damon.
“Me ne sono
accorta.” Ribatto, senza guardarlo e prestando particolare
attenzione alle corde scure che avvolgono una serie di aggeggi dei
quali non so nemmeno il nome.
“Senti
– eccolo che comincia con i suoi discorsoni
– lei ecco … Rebekah è stata prima di
… di te.” La parola ‘te’ viene
sussurrata e a dirla tutta non sono nemmeno sicura che
l’abbia detta, magari sto impazzendo.
“Non devi
darmi spiegazioni, Damon … non stiamo insieme.”
Rispondo io, incapace di voltarmi nella sua direzione.
“Invece devo,
perché, adesso … io …” si
blocca.
A quel punto mi volto,
curiosa di vederlo in faccia, per capire, magari, che cosa stia
pensando anche se, credo che Damon non lasci trapelare assolutamente
nulla di quello che pensa.
“Tu
cosa?”
“Voglio
baciarti.” Mormora, ed in un attimo è
lì, vicino a me, di fronte, per la precisione.
“Chi ti dice
che io voglia farlo?” sospiro, già a corto di
fiato.
“Nessuno, lo
so e basta ed in un certo senso – sorride – ci
spero.”
Si avvicina, ancora di
più, se è possibile. Siamo a quota due o tre
volte in cui ci ritroviamo in questa situazione decisamente
compromettente e sulla quale non c’è molto da dire
se non che entrambi desideriamo questo momento da chissà
quanto, forse da sempre, credo … non ne ho idea.
Con lui non ho idee,
non capisco, agisco e basta.
“Damon! Puoi
venire qui un secondo?” la voce di Caroline e potrei giurare
di non averla mai odiata, in tutta la mia vita, oggi sì.
Butta la testa
all’indietro e porta i suoi meravigliosi e surreali occhi
azzurri verso l’altro, emettendo un sospiro, misto ad una
grugnito di nervosismo.
“Credo che
non sia ecco – cerco le parole giuste – destino
… il nostro bacio.” Riprendo, con un pizzico di
rammarico e consapevolezza.
“Decido io
che cosa deve accadere o no, Elena.” Soffia.
E poi accade
… maledizione se accade.
È un fuoco
d’artificio, un esplosione, una bomba. È la prima
bambola regalata per il terzo compleanno, il primo giro in bicicletta
… è un mix di cose che non si possono descrivere
a parole, o forse si … bacio.
Un bacio …
non uno di quelli semplici, che si danno la sera prima di andare a
dormire né tantomeno uno di quelli che si danno prima di
andare a lezione; uno di quelli che ti fanno domandare come abbia fatto
a vivere senza fino a quel momento, uno di quelli che, in un modo o
nell’altro, volessi non finissero mai.
In più, non
è nemmeno possessivo, o di poco interesse …
è tutto ciò che un bacio dovrebbe essere.
La sua mano
è posata sul mio viso, che accarezza lentamente con il
pollice, mentre le sue ciglia solleticano le mie ad ogni cambio di
posizione.
Le sue labbra sono
addirittura più morbide di come le avevo immaginate,
più dolci di quando avessi potuto sperare e …
indescrivibili, sinceramente.
Io sono come
pietrificata, incapace, e quasi mi vergono di essere così
dannatamente ammutolita di fronte ad una persona che di baci ne ha
dati, e anche tanti, troppi e sicuramente, dopo questo, non
avrà nemmeno più voglia di vedermi.
Lascio che la mia mano
si intrecci alla sua già posata sulla mia guancia nello
stesso momento in cui la sua lingua rifresca la mia, così
piena di lui e così perfetta da chiedermi se sia veramente
una persona normale.
Un contatto timido,
forse troppo per lui.
L’altra mano
si alza, improvvisamente, per andare ad intrecciarsi ai suoi capelli,
folti e morbidi contro le mie dita.
“Damon,
maledizione, sei finito all’oltretomba?! Sei qui per
punizione, non dimenticarlo! Sono io a decidere quando e come, ok?
Muoviti dannazione, quell’incapace di Jamie non riesce a
sollevare una scrivania.”
Soffoco una risata,
speculare alla sua, contro le sue labbra, allontanandomi, contro
voglia, dalla sua bocca.
“Noleggio un
film stasera … se compro la pizza posso considerarlo un
appuntamento?” sussurra.
In questo momento
potrei dire di ‘si’ persino se ciò
comportasse la caduta di una bomba atomica sugli Stati Uniti, sono
troppo stordita e inebriata per questo.
“Devo
aiutarti in spagnolo.” Riesco a sillabare.
“Vorrà
dire che ti toccheranno due fette di pizza – sorride, tenendo
ancora la mano posata sulla mia guancia – passo a prenderti
stasera.” Ed ecco che le sue labbra si posano di nuovo sulle
mie.
E io lo guardo andare
via.
Sinceramente non ci
credo, non ancora, non ho ancora realizzato che Damon Salvatore abbia
baciato me, e mi abbia appena chiesto di ‘cenare’,
di nuovo, con lui; nonostante il mio bacio sia stato a dir poco
disgustoso.
Rimango immobile, fino
a quando Rick non mi risveglia dai miei pensieri, e io continuo a fare
ciò che avrei dovuto fare anche prima, con un maledetto
sorriso ad incurvarmi le labbra ed il suo sapore addosso.
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N\A
Ciao a tutti! Eccoci qua con questo nuovo capitolo e scusate
il ritardo. Ma, penso che dopo questo... sarete disposte a perdonarmi,
no? :)
Direi che l'unica "nota negativa" del capitolo, sia stata la presenza
di Stefan che, ancora una volta, non si da' per vinto;
riuscirà a combinare qualcosa o nulla? Lo scopriremo solo
vivendo ahah ok, scusate la parentesi triste.
Come avete notato il capitolo non è ripreso dalla parte in
cui è stato interrotto la volta scorsa, ma non è
un errore, diciamo che è stato fatto "apposta". Insomma,
abbiamo pensato di riprenderlo esattamente da un'altra angolazione.
Vi invito a lasciarci un parere e soprattutto vi ringraziamo per le
recensioni e anche coloro che hanno messo la storia tra le
seguite\preferite\ricordate!
Se volete passare, i nostri profili missimissipi, e valins. Un bacione e
alla prossima settimana!
ps: Risponderemo alle recensioni tra stasera e domani, ma sappiate che
le abbiamo lette e amate tutte!
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