fiore di loto
Jonathan
Christofer Morgenstern non era come tutti gli altri mortali: lui non
provava emozioni. In qualunque situazione si trovasse riusciva sempre a
rimanere freddo, a guardare il mondo che lo circondava con indifferenza e
sfrontatezza.
Questo
faceva di lui una macchina da combattimento perfetta: la pietà non bloccava la
sua lama, la paura non lo immobilizzava e né aveva timore di provare qualsiasi
tipo di dolore.
Ma
lì nella foresta, poco prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi di nuovo alle
tenebre, aveva avvertito un qualche cosa molto simile alla paura.
Questo
perché il ragazzo era ben consapevole del vuoto che c’era dopo la morte, del
freddo che gli ghiacciava le ossa fino a spezzarle, delle urla, dell’odore di
cadavere. La cosa che più lo terrorizzava era una profonda voce che gli
ripeteva costantemente i suoi peccati, i nomi delle persone che aveva ucciso lo
seguivano tormentandolo, tutto il dolore che aveva provocato in vita lo
soffocava. Sebastian cercava di coprirsi le orecchie, ma in quell’oscurità lui
non aveva più corpo, rimaneva solo la sua anima deturpata che mostrava quello
che era veramente: un mostro.
Tutto
questo era sicuramente peggiore di qualsiasi pena dell’inferno: infatti non era
li che si trovava. Questo era un luogo riserbato a lui solo, radicato al centro
della terra e lì neanche i demoni avevano dimora, ma vi si annidava un male
ancora più profondo.
Non
ci sarebbe stata pietà per Sebastian, né tantomeno pace.
Il
ragazzo però poco prima di morire aveva guardato la mondana che aveva causato
la sua morte e si era sentito smarrito per la prima volta nella sua vita. Lui
non voleva morire in quel modo. Come poteva morire senza prima vendicarsi?
Poteva
sentire il cuoricino di lei battere velocemente nel suo petto, si stava cibando
della sua vita, la divorava senza pietà. Sebastian aveva perso.
Il
ragazzo sorrise a questi pensieri: in fondo loro due non erano tanto diversi.
Prese
l’ultimo respiro della sua vita e affrontò la morte a testa alta, mostrando la
stessa fierezza che aveva ereditato da suo padre. “I guerrieri non abbassano
mai la testa”, così gli diceva spesso, accompagnando la frase con una frustrata.
Sebastian
chiuse gli occhi e morì.
La
terra lo avvolse in un umido abbraccio facendolo sprofondare sempre più in
basso.
La
caduta era lenta e Sebastian poteva vedere la luce diventare sempre più fioca,
finché non venne completamente inghiottita dalle tenebre.
Ad
accoglierlo ci fu sempre la solita voce che iniziò subito a tormentarlo, ogni
suo parola era strascicata, lenta, fredda.
Naturalmente
Sebastian non poteva rispondere perché già sentiva che il suo corpo gli veniva
raschiato via, la pelle era strappata strato per strato scoprendo la carne
viva, sangue nero sgorgava dalle profonde ferite trasformandosi in rose i cui
rovi imprigionavano il ragazzo lasciandolo inerme alla malvagità della voce.
Il
tempo non esisteva più, tutto era immobile e vuoto. L’eternità non può essere
misurata né tantomeno arrestata.
Volti
delle persone che aveva ucciso iniziarono a passargli davanti, lo guardavano
con occhi spietati ai quali era impossibile nascondersi. Giunse anche quello
della mondana, ma era diverso rispetto a quello di tutti gli altri, i suoi
occhi viola non lo fissavano con odio, anzi sembravano divertiti nel vederlo in
quella condizione. La ragazza socchiuse le labbra e sussurrò : “No”.
Quindi
chiuse gli occhi e una nube dorata iniziò ad avvolgerla, Sebastian avrebbe
voluto sfiorarle le guance pallide, ma ogni volta che cercava di muoversi le
spine della prigione di rose gli laceravano l’anima provocandogli dolori
lancinanti.
La
ragazza scomparve inghiottita dalle tenebre e Sebastian si sentì affondare nel più
cieco dolore, ormai la voce non lo tormentava più, gli sguardi accusatori dei
volti non lo perseguitavano, ma sentiva tutto il suo essere straziato da una
furia cieca. Una mano gelida gli stritolò il cuore e lui si rese conto di
essere perso per sempre: non sarebbe stato salvato da nessuno.
Eppure
lui voleva vivere, non aveva mai desiderato così tanto rivedere la luce del
sole, poter sentire il sangue che come linfa gli scorreva nelle vene.
Con
quelle che credeva fossero le sue mani si tastò il petto per tentare di alleviare
il dolore, ma era tutto inutile: il gelo continuava a straziarlo senza pietà.
Preso
dalla follia cercò di strapparsi quel cuore di pietra che suo padre gli aveva
donato, forse, sbarazzandosi della causa
dei mali che aveva compiuto in vita, avrebbe potuto trovare un po’ di pace. Era pronto ad annientare completamente se
stesso pur di non provare più quel gelo.
Ma
al posto del suo cuore nero trovò un piccolo fiore di loto: i delicati petali
viola si muovevano debolmente come se respirassero, mentre al centro c’era
il minuscolo picciolo posizionato
al centro della lamina verde rotonda, increspata e rivestita di un malto ceroso.
Sebastian
provò l’istinto di proteggere il fiore dalle spine che ora con più forza
cercavano di graffiarlo.
Nelle
venature del fiore scorreva della linfa dorata che lentamente iniziò a
splendere sempre con più energia tanto da riuscire a schiacciare le tenebre.
La
mano gelida che gli stringeva il cuore venne sostituita da un tepore che
abbracciò le membra ferite del giovane restituendogli l’antico vigore, i rovi
di spine scomparvero in un fumo nero, mentre la voce gridava mostruosamente.
Sebastian
la sentiva combattere contro la luce per non essere sconfitta, nessuno poteva
sfuggire alla morte per la seconda volta. Ma l’energia sprigionata dal fiore
era troppo forte e niente poteva arrestarla.
Il
ragazzo si sentì spingere in alto, ma mani ossute cercarono di frenare la sua
risalita, gli bloccavano le gambe graffiandolo. Disgustato le calciò via, e
constatò con piacere che finalmente era libero e sapeva di poter governare la
situazione.
-Mi
dispiace signori miei- disse e si stupì nel sentire la sua voce echeggiare
nelle tenebre -Ma credo che per me
sia ora di andare. La prossima volta spero sia tutto più accogliente- si liberò
dell’ultimo mostro infernale che lo teneva per il braccio e poté continuare a
salire.
Stava
uscendo dall’oscurità ad una velocità impressionante, saliva sempre più in
alto.
Poi
improvvisamente tutto si bloccò e Sebastian con un rantolo si svegliò.
In
un primo momento intorno a lui poteva vedere solo figure sfocate che gli
danzavano davanti, cercò più volte di metterle a fuoco strizzando gli occhi, ma
era tutto troppo confuso.
Si
trovava nel letto di una piccola stanza dal soffitto basso, riuscì a scorgere
il profilo di una persona che lo osservava dal capezzale.
Cercò
di parlare, ma dalla sua bocca uscì solo un rantolio sommesso, voleva alzarsi,
ma le forze sembravano averlo nuovamente abbandonato. Stropicciò di nuovo gli
occhi e questa volta tutto era diventato più nitido.
Incrociò
lo sguardo con due grandi occhi viola che lo fissavano sbigottiti, davanti a
lui c’era la causa della sua morte, incolume e sprizzante di vita. Sentì la
sete di vendetta impadronirsi del suo cuore, una scossa gli attraversò il corpo;
con un balzo scese dal letto, afferrò la ragazza per la gola e la scaraventò al
muro.
Lei
naturalmente presa alla sprovvista non
era riuscita a difendersi dall’attacco e ora lo fissava confusa.
-Mondana
…- sussurrò avvicinandosi di più al suo viso –Saresti dovuta scappare quanto ne
avevi la possibilità, ora devi morire- disse con un ghigno.
Sebastian
si sarebbe aspettato di vederla supplicare e strisciare come un verme. Invece
lei lo guardava con fierezza, senza far trapelare alcun sentimento di terrore,
non cercava neanche di scappare, aveva solo poggiato le mani fredde su quelle
del ragazzo.
-Potresti
farlo- rispose –La maledizione è stata spezzata non appena sei morto-
La
stretta sulla gola si fece più forte e la ragazza fece fatica a continuare a
parlare –Ora la scelta è solo tua: uccidermi o …-
-Io
non provo pietà per nessuno, io sono un mostro e niente potrà cambiare questo-
urlò Sebastian.
-Eppure
… eppure io ti ho salvato- disse la mondana dopo aver tentato di tossire -Cosa
farai dopo aver ucciso l’unica … persona che- chiuse gli occhi e abbandonò la
testa –ha creduto in te?-
Sebastian
lasciò la presa e la ragazza cadde a terra tossendo, si tastò il collo rosso
con le mani che tremavano convulsamente.
-Ti
tengo in vita solo perché ho intenzione di portarti da Lilith, lei saprà cosa
fare- si limitò a dire il cacciatore evitando di guardarla –Partiamo subito-
Nota dell’autrice: Salve salve! Sì, sono viva e nessun demone mi ha
mangiata negli ultimi mesi. E’ arrivata finalmente l’estate e ho ricominciato
subito a scrivere. Devo ammettere che è stato complicato rientrare nei “panni”
di Sebastian, infatti ho impiegato un po’ di giorni a scrivere questo capitolo.
Spero davvero che vi possa piacere, so bene che la parte dell’Inferno può
sembrare strana, ma i fiori hanno un ruolo importante nella storia. Per farmi
perdonare ho scritto un po’ di più, anche perché presto partirò e non penso di
poter dedicarmi alla scrittura.
Detto
questo vi saluto con la promessa di scrivere molto più, tanti baci e grazie
ancora.
Al
prossimo capitolo!
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