Dangan Ronpate di Varia Natura, Forma e Dimensione di Subutai Khan (/viewuser.php?uid=51)
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Titolo: Di Morte, Amore e
Pinzillacchere.
Personaggi: Aoi Asahina, Makoto Naegi,
Junko Enoshima, Mukuro Ikusaba.
Generi: introspettivo.
Traccia: C’è
sempre un grano di pazzia nell’amore, cosi come
c’è sempre un grano di logica nella follia (F.W.
Nietzsche, Così parlò Zarathustra), orfana.
Scritta per il Limitaprompt della Piscina di Prompt, con la limitazione una
storia centrata sul/sui protagonista/i (del prompt), ma scritta dal
punto di vista di un personaggio secondario, anche se non
necessariamente in prima persona.
Osservo Hagakure
mentre si accinge a recuperare il congegno d’apertura.
È la fine
di un incubo. Un incubo da cui, purtroppo, siamo usciti in pochi.
Troppo pochi. E non è uscita la persona a cui tenevo, e
tengo, più di tutte.
Cerco di scostare una
lacrima mentre ripenso a Sakura-chan. Non vorrebbe che piangessi, non
quando abbiamo finalmente trovato la luce in fondo al tunnel.
È il
momento di sorridere. Dobbiamo farlo anche per loro, per quelli che non
ci sono più.
Eppure...
Eppure la mia mente si
ostina a sbattermi in faccia Ikusaba.
Ammetto che
è strano, dovrebbe essere l’ultima persona di cui
preoccuparsi. Anzi, in quanto parziale colpevole di questo crudele
gioco delle uccisioni, penso avrei un sacco di buoni motivi per
odiarla. Odiarla, relegarla in un angolo del mio cervello sotto la
colonna Esseri la cui Esistenza mi Disgusta e dedicarmi a qualcuno di
più meritevole.
Ma la storia sua e di
Enoshima, così come è stata dedotta da Naegi e
Kirigiri, mi lascia... perplessa? Rattristata? Dubbiosa di qualcosa che
non so spiegare?
Bizzarro, me ne rendo
ben conto.
Voglio dire,
perché fare quello che ha fatto? Perché prestarsi
a un simile teatro se, stando a quanto ci ha detto sua sorella, non ne
era del tutto convinta?
L’unica
spiegazione sensata che mi viene in mente è che le volesse
talmente tanto bene da assecondarla in tutto e per tutto. E, sebbene la
cosa mi faccia un pochino vergognare, mi posso identificare in un
simile sentimento nei confronti di qualcun altro. Spero in maniera non
così malata.
Accanto a me Naegi,
quello che si può a tutti gli effetti definire il nostro
salvatore, sembra perso nei suoi pensieri. Conoscendolo, credo stia
rivedendo passargli davanti agli occhi tutti i nostri amici morti.
Tutto ciò
è molto nobile da parte sua, ma penso sia più
utile aiutare qualcuno che ancora respira. E in questo momento io
rientro nella categoria.
“Naegi...”
comincio, più timida di quanto vorrei.
“Uh?
Asahina-san? C’è qualche problema?”.
“No, nessun
problema. Volevo solo... farti una domanda”.
Allarga le braccia
prima di esortarmi a porgliela.
“Ecco, stavo
ripensando a Ikusaba ed Enoshima. Considerando che noi non ci
ricordiamo nulla di quanto successo negli ultimi due anni, capisco se
avrai difficoltà a rispondermi... però, ecco...
uff, mi prenderai per scema...”.
Il suo sorriso
è rassicurante quasi quanto quello di Sakura-chan, anche se
lei lo sapeva dosare con consumata maestria per renderlo più
prezioso.
“Non vedo
perché dovrei fare una simile stupidaggine, Asahina-san.
Abbiamo appena concluso un’avventura folle in cui una nostra
compagna di classe aveva deciso che dovevamo ammazzarci a vicenda come
animali per il suo trastullo personale. Tranquilla che ormai
nient’altro potrebbe stupirmi, scandalizzarmi o farmi
dubitare della sanità mentale di qualcuno”.
Non che abbia tutti i
torti, a ben guardare.
“Quindi stai
serena, poni la tua richiesta e se posso cercherò di
aiutarti”.
Non è
facile. Mi sento stranamente contrita, per non so quale cavolo di
ragione.
Il suo sguardo
interrogativo mi chiede silenziosamente di esprimermi che non mi
mangia. No, non lo farebbe mai. Non lui.
“Scusa, non
so perché faccio fatica. In fondo è una stupida
curiosità che mi frulla in testa”.
“E allora
parla in santa pace, non ti giudicherò se è
questo che temi”.
“Va... va
bene. Io mi stavo chiedendo... perché secondo te Mukuro
Ikusaba si è comportata come si è comportata.
Quel che intendo è... Enoshima ha detto che questa tremenda
idea era tutta merito suo e che sua sorella si era solo prestata come
una brava aiutante ubbidiente. Non ho potuto fare a meno di domandarmi
a cosa fosse dovuto. Fanatismo? Un distorto senso del dovere? Troppo
affetto?”.
A giudicare dalla sua
espressione il mio dubbio era infondato: mi può prendere per
tante cose, una che si fa troppi problemi in primis, ma per scema non
credo mi ci prenderà. Perché dà la
sensazione di dedicarsi con tutta la propria concentrazione e materia
grigia alla questione, dandole quindi una certa importanza. La mano sul
mento la dice lunga.
Poi il suo sguardo
enigmatico si scioglie, si volta leggermente nella mia direzione e
comincia: “Asahina-san, ricordo che una volta ho letto da
qualche parte di un eminente filosofo europeo del 1800 che diceva
qualcosa tipo c’è sempre un po’ di
pazzia nell’amore, come c’è sempre un
po’ di logica nella follia. Ho la sensazione che questa frase
sia il riassunto ideale del loro rapporto, e anche dello stato
psicologico di Enoshima. Perché immagino che, dal suo punto
di vista, tutto questo delirio avesse un senso...”.
“Si sta
riferendo a Nietzsche e la citazione è sbagliata”
giunge dalle nostre spalle la voce di Togami, a cui entrambi
rispondiamo con uno sbuffo e una non formulata richiesta di farsi gli
affari suoi.
“Quindi stai
dicendo che pensi Ikusaba si fosse... diciamo piegata alla sorella
perché... la amava al punto di diventare un po’
pazza?”.
“Sostanzialmente
sì, anche se pazza è una parola forte che non
userei per Ikusaba-san. Pur riconoscendo la sua fetta di
responsabilità per l’incubo che abbiamo vissuto,
personalmente la considero una vittima tanto quanto noi. Anche se posso
capire chi non è d’accordo con me. Per quanto
riguarda Enoshima-san, invece... ovviamente per lei il discorso
è diverso. E nonostante questo la frase mi sembra comunque
azzeccata, perché come ti ho già detto temo che
lei trovasse tutto ciò sensato, persin giusto. Rabbrividisco
alla prospettiva di scavare e capire il funzionamento di quella mente,
sempre che sia possibile”.
“Sì,
in effetti ho passatempi più sfiziosi”.
“Però
continuo a credere che, in una maniera tutta sua, ci fosse uno scopo. O
almeno una parvenza”.
“Cosa te lo
fa pensare?”.
“Niente in
particolare. È un’impressione a pelle, senza base.
Ma sento che era così”.
“Non
c’è scopo nella schizofrenia” si
intromette ancora Togami. Da quand’è che
è diventato così chiacchierone se non
interpellato direttamente?
Lo ignoriamo.
Dev’essere uno stimolo nuovo per lui.
Discutiamo ancora un
po’, con Naegi che continua a sostenere il suo punto di vista
senza fondamento. Non sarò io a dirgli che sbaglia,
d’altronde il debito di gratitudine che tutti noi abbiamo nei
suoi confronti gli lascia margine per dire quello che gli pare. E
comunque non sono neanche così sicura che non possa aver
ragione, quindi...
Poi Hagakure, dopo
quella che è sembrata un’eternità,
torna col telecomando e lo consegna a Kirigiri, la quale si avvia verso
l’ingresso senza dire una parola.
Qui qualcuno ha una
voglia matta di mettere il naso fuori da questa prigione. Sarebbe
stupido pensare che sia l’unica.
Ma sì,
basta parlare di quella squilibrata di Enoshima. Siamo liberi.
Pian piano cominciamo
a seguirla, in silenzio. |
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