Non morirò.
Non per mano
dei Dissennatori o degli Auror, almeno.
Non sono
riusciti a trovare prove che attestassero che io abbia concretamente agito da
Mangiamorte, se non la presenza del Marchio Nero sul mio braccio. E per questo,
sono stato condannato solo a sei anni di prigione.
Poteva
andarmi peggio, in effetti. Potevano trovare quelle prove che effettivamente
esistono, e condannarmi al Bacio dei Dissennatori. Suppongo di dover ringraziare
Potter se sono ancora vivo, anche se la cosa non mi va giù per niente: avrà
scomodato tutti i più illustri Auror e membri del Winzegamoth, sotto richiesta
di Hermione, e questo significa che sono in debito con lui.
Ma… sono
comunque sei anni ad Azkaban, sei anni di galera, sei anni di tortura.
Sei anni
senza vederla. Senza vederle.
Mi
dispiace Cat… non potrò accompagnarti al binario 9¾,
l’anno prossimo.
Non potrò
venire a salutarti dal finestrino.
Non ci sarò,
come non ci sono stato per dieci anni, e come non ci sarò per almeno altri sei.
Ma
sopravviverò a questa prigione di dolore, perché te l’ho promesso. La solitudine
mi assillerà ancora di più, ora che sono consapevole che qualcuno che vorrebbe
avermi accanto esiste.
Ma
sopravviverò, per te che sei stata l’unica ad avere il coraggio di dirmi “ti
voglio bene”.
Sei anni non
sono così tanti. Duemilacentonovantuno giorni.
Cinquantaduemilacinquecentoottantaquattro ore.
E quando
uscirò tornerò da te. Sarai grande, forse mi avrai dimenticato.
Ma tornerò
comunque, perché te l’ho promesso.
****
Chino la testa per schermarmi dal sole. La spiaggia dell’isola di Azkaban è
scura. Sarebbe stato strano trovare una sabbia chiara in quel posto.
Un
mago, probabilmente un Auror, si avvicina.
«Signor Draco Lucius Malfoy, lei è libero» mi dice solennemente, tendendomi la
bacchetta.
Avrà
vent’anni. Beato lui, non sembra aver buttato la sua vita. Io a vent’anni mi
davo alla pazza gioia ammazzando la gente e godendo delle lodi di chi era più
importante di me. Ed ero già padre, anche se non lo sapevo…
Prendo la mia bacchetta, la compagna di ogni mago, il prolungamento del mio
corpo di cui ero stato privato per tanto, troppo tempo.
Il
mago apre la bocca per parlare, per farmi un qualche discorsetto riguardo alla
mia nuova condotta probabilmente, ma io già non ci sono più.
Non
posso incontrarle così, con una camicia slavata, strappata e insudiciata, e dei
pantaloni macchiati e rotti, con i capelli lunghi e la barba ispida.
Apro
gli occhi, sono a casa, a Malfoy Manior. Ho sempre amato quella villa,
nonostante detestassi i miei genitori.
Inconsciamente, mi domando se a Cathleen e Hermione piacerebbe viverci.
Probabilmente no, è troppo cupa.
Quasi senza rendermene conto, assorto come sono nei miei pensieri, raggiungo la
mia camera. Nessuno mette piede a Malfoy Manior da sette anni a questa parte,
tutto è rimasto come l’ho lasciato. Non so se ci sono ancora gli elfi domestici
nelle cucine, probabilmente sì, ma ora non ho tempo nemmeno per mangiare.
Persino il cassetto dei miei vestiti semiaperto e l’anta dell’armadio socchiusa
sono rimasti tali e quali a come li avevo lasciati la mattina di sette anni fa,
quando ero uscito per l’ultima volta da Malfoy Manior.
Sono
dimagrito, tant’è che devo mettere una cintura sui jeans che erano già vecchi
sei anni fa, quelli che usavo per le missioni tra i babbani. Il rancio della
prigione non fa ingrassare nessuno. La camicia nera, la prima che mi capita tra
le mani, mi sta leggermente larga sulle spalle. Se Theodore non fosse morto nove
anni fa in prigione e mi vedesse ora, probabilmente mi prenderebbe in giro
sguaiatamente, perché finalmente avrebbe un fisico meglio modellato di quello
del perfetto Draco Malfoy, che lo scherniva sempre per la sua gracilità, che poi
non era nemmeno così tanta.
Con
la bacchetta faccio miracoli: guardandomi allo specchio, ho di nuovo i capelli
biondi corti e, soprattutto, puliti. Non mi piaccio con i capelli lunghi,
somiglio troppo a mio padre, e non mi piace somigliare a lui. La barba svanisce
con un tocco, ringraziando Merlino. La odio. Così anche la sporcizia che mi
sento addosso, che sparisce permettendo di nuovo all’aria di accarezzare la mia
pelle chiara.
Mi
guardo allo specchio, ma non posso ingannare nessuno: non ho più diciotto anni,
e si vede. I capelli li ho lasciati uguali ad allora, e anche l’espressione è la
stessa, anche se forse leggermente meno dura, ammorbidita appena dalla prigione.
Ma le occhiaie si vedono, e con loro sono apparse anche due rughe ai lati della
bocca.
Altro che rughe del sorriso, io non sorrido da decenni, eppure ce le ho lo
stesso.
Probabilmente, se non fossi stato così eccitato all’idea di vederle, la prima
cosa che mi sarebbe passata per la mente sarebbe stata “Cerca di darti una
ringiovanita, sei pur sempre un mago di un certo livello!”. Ma ora non ho tempo,
né voglia.
È
estate, Cathleen non dovrebbe essere a scuola.
Non
so dove vivano, ma so come trovarle.
La
casa di Potter è rimasta uguale a quella di sei anni fa. Chissà se anche il
minuscolo ripostiglio dove ho conosciuto mia figlia è rimasto uguale. Dovrebbero
farne un monumento di quel ripostiglio, se fosse per me.
Avvolgendomi bene nel mantello, benché faccia caldo, mi avvicino al batacchio
della porta di legno.
Non
faccio in tempo a battere una seconda volta la maniglia a forma di coda di
leone, perché la porta si apre e compare il padrone di casa in persona.
Sempre gli stessi occhiali di pessimo gusto.
Sempre gli stessi capelli lunghi e spettinati, seppure più grigi.
Sempre lo stesso abbigliamento babbaneggiante e trasandato.
Merlino Potter, sono passati sedici anni e ancora non riesci a darti una
sistemata.
«Ma
che lieta sorpresa!» esclama ironico, guardandomi truce. E in quel momento, mi
rendo conto che è la prima volta che rivolgo la parola ad una persona reale, da
un tempo che a me sembra infinito.
«Già» rispondo, burbero «dopo sei anni in galera, avrei preferito di gran lunga
incontrare qualcuno con un po’ di cervello, come primo contatto umano, e invece
mi tocca stare qui a parlare con te. Che bello, èh Potty?».
«Beh, sei tu che sei venuto. Fosse per me, preferirei vederti sepolto sei piedi
sotto terra, ma evidentemente non tutto va come vorrei».
«E
chissà chi dobbiamo ringraziare per questo. Senti, mi piacerebbe davvero stare
qui a onorare i vecchi tempi di Hogwarts assieme a te, con una bella litigata
magari, ma non sono venuto per questo».
«Lo
so» commenta, facendosi serio «lo so perché sei qui».
«Chi
è, Harry?» chiede una ragazza alta e rossa di capelli, comparendo accanto a lui.
Solo i capelli rossi, quell’indistinguibile rosso Weasley, mi fa riconoscere
Ginny Weasley. Per il resto, è completamente cambiata. È una donna adesso, con
tanto di pancione e abito premaman.
«Oh,
Malfoy» commenta, con un’espressione che dice tutto, arricciando le labbra.
«Non
mi aspettavo certo un’accoglienza così calorosa» commento ironico «ma se sai
perché sono qui, Potter, allora dimmi dov’è e facciamola finita».
«In
giardino» risponde asciutta Ginny «stava cercando di convincere Ron ad
accompagnarla a Diagon Alley, domenica».
Senza nemmeno aspettare di essere inviato, in perfetto stile Malfoy, li
oltrepasso e percorro il lungo corridoio, sperando di trovare il prima possibile
la stramaledetta porta che da al giardino, senza magari imbattermi in qualche
altra vecchia e amatissima conoscenza.
Quando finalmente la trovo in fondo alla cucina e la apro, rimango abbagliato.
C’è
una ragazza a pochi metri da me, seduta a terra con un gatto rosso in braccio
(un pronipote di quel rompiscatole del gattaccio di Hermione, senza dubbio).
Nei
miei ricordi, Cathleen era una bambina. Anche se ovviamente ero conscio di come
l’avrei ritrovata, non riesco a credere che sia lei.
Adesso, non più nella penombra della credenza, posso vedere i suoi capelli
biondi, biondi come i miei, ma ricci come quelli di sua madre. Indossa, sia
ringraziata la fata Morgana, un vestito non babbano, una gonna bianca lunga fino
al ginocchio e una maglietta sul cui retro, seminascosto dai lunghi ricci
biondi, si legge la scritta “Cannoni del Chudley”. Le piace il Quidditch,
allora. Sarà stata l’influenza di Weasley e Potter, almeno una cosa utile
l’hanno fatta.
Trattengo una risata solo per l’atmosfera del momento quando vedo Weasley:
pigramente spaparanzato su una sedia, con un bel fisico (sarà un giocatore di
Quidditch, forse) ma la stessa espressione ebete di quando aveva quindici anni.
Eeeh, certe cose non cambiano mai!
Il
mio vecchio compagno di risse si volta verso di me, e mi vede. Mette su una
strana espressione, a metà tra la sorpresa e la rabbia, che mi fa solo sorridere
ancora di più.
Cathleen se ne accorge, perché si volta di scatto.
Eccoli là, quegli occhi, i suoi occhi, i miei occhi. Guardarli mi fa rendere
conto di quello che deve provare la gente guardando i miei: sembrano ghiaccio,
freddi e taglienti. Eppure sono caldi, o almeno i suoi lo sono.
Rimane imbambolata per un istante, il viso ovale uguale a quello di Hermione
assume un’espressione stupefatta.
Mi
hai riconosciuto? Ti ricordi, io sono quello a cui hai detto “ti voglio bene”
tanto tempo fa…
Si
alza in piedi di scatto, e io sorrido vedendo che, scalza, mi corre incontro.
«Papà!» esclama, abbracciandomi.
«Allora ti ricordi, Cat…» mormoro felice, stringendola.
«Sei
tornato! Lo sapevo che saresti tornato!».
E
dico una cosa stupida, stupidissima, ma che sentivo di doverle dire da anni.
«Scusa se non sono potuto venire alla stazione, Cat…».
Mi
lascia, solo per guardarmi con un sorriso. Sta piangendo, ma è felice.
Nessuno è mai stato felice di rivedermi.
«Lo
sapevo che non saresti venuto» ammette «ma sapevo anche che saresti venuto a
chiedermi scusa per non essere venuto».
La
abbraccio di nuovo. È bellissima, è speciale, e soprattutto è mia, e vuole
esserlo.
Probabilmente, guardandomi da fuori, con gli occhi di un altro, non mi
riconoscerei.
Ma
io so che l’unica cosa che voglio fare in quel momento, è essere felice
abbracciando mia figlia.
«Per
un periodo» mi dice, senza lasciarmi «ho creduto che ti fossi dimenticato della
promessa…».
«Che
idiozia» ribatto «non dimentico mai nulla io».
«Lo
so, me l’ha detto anche la mamma».
Hermione…
«Va
da lei, papà» mi mormora Cathleen «ha pianto tanto, anche se di nascosto».
«Io…
dov’è?».
Con
un sorriso, mi indica le scale all’interno.
Mi
volto e faccio per salirle, ma qualcuno deve averla avvisata, perché sento dei
passi veloci sulla mia testa, e poi appare in cima alla rampa di scale.
Lei
è rimasta identica. Bellissima come me la ricordavo, forse con appena qualche
anno in più sul viso.
«Draco?»
chiede incerta.
Scoppio a ridere.
«Non
mi riconosci, Granger?».
Eccola, l’altra metà del mio cuore, che corre in fretta giù per le scale, con le
lacrime agli occhi, e mi abbraccia.
«Sei
tornato veramente, allora…» mormora, con il viso nascosto nella mia spalla.
La
stringo forte, più forte che mi riesce, e rispondo: «Te l’avevo promesso,
ricordi?».
«Io
mi sono scordata di dirti una cosa importante, sei anni fa, Draco. L’idea che
avrei potuto farlo ma che non l’ho fatto, il pensiero che tu non lo sapessi… ci
sono stata male».
«E
cos’era?» chiesi, allentando la presa per guardarla negli occhi, scostando i
capelli castani che le coprono la vista.
Sorride, e mi da un bacio. Un bacio leggero, ma pieno di passione.
«Che
ti amo» rispose, a fior di labbra «che ti amo da un sacco di tempo, Draco Malfoy».
Rido
allegro, accarezzandole un fianco.
«Ma
io lo sapevo già, sai? Non c’era bisogno che ci stessi male, sapevo che eri
innamorata di me. Come potevi non esserlo, d’altronde?».
Sorride e mi tira un pugno sul braccio, dicendo: «Sempre tronfio, èh?».
«Se
cambiassi non ti piacerei più, Mezzosangue» rispondo piano, tornando a baciarla.
«Hai
maledettamente ragione…».
«E
così non sei morto, èh?» commenta qualcuno.
Senza togliere un braccio dalla vita di Hermione, mi volto.
Weasley… caro Weasley, possibile che tu ancora non abbia imparato a non
disturbarmi nei momenti cruciali della mia vita?
«Purtroppo per te no» rispondo garbatamente «ma non ti nascondo che io ho
sperato di non trovarti qui, al mio ritorno».
«La
mamma me l’aveva raccontato» commenta sorridendo Cathleen «della vostra
affettuosa amicizia».
«Oh,
e non ho ancora salutato Potter come si deve» sogghigno, mentre Potter entra
nella stanza.
«Malfoy,
ho fatto tanto non far assomigliare Cat a te, cerca di non distruggere tutto il
mio operato» commenta con un sospiro Potter.
Hermione sorride e dice: «Credo sia troppo tardi… Sai Draco, credo che Cat ti
somigli più di quanto non somigli a me».
«Ah
sì?» chiedo piacevolmente colpito.
Spero solo che non abbia avuto la stessa infanzia che ho avuto io…
Cathleen annuisce orgogliosa e dice «Vieni, voglio farti vedere una cosa!».
Mi
prende la mano, correndo su per le scale. Hermione ci segue, con uno strano
sorriso felice sulle labbra. Sento Potter sbuffare e brontolare qualcosa dietro
di noi, e il suono indistinguibile di una padella sbattuta in testa con non
troppa forza seguita dalla risata di sua moglie.
Cathleen si ferma davanti ad una porta, e mi guarda con trepidazione.
«Ci
siamo trasferite qui» spiega Hermione «per non dover restare da sole a casa mia.
E ovviamente Cathleen non fa altro che far saltare i nervi a Ron con quella
stanza».
«Fa
bene a far saltare i nervi a Weasley, qualcuno doveva pur farlo se non c’ero
io».
Cathleen sorride con un espressione furba e apre la porta, invitandoci ad
entrare.
Non
mi sono mai soffermato a pensare a quale dovesse essere la Casa di mia figlia,
ma pensandoci ora su due piedi direi Grifondoro, essendo cresciuta solo con sua
madre Grifondoro, attorniata da amici Grifondoro.
È
sorprendente vedere che la camera, grande ma vagamente cupa, con tende pesanti
che coprono quasi tutte le finestre, risplende dei colori che avevano ornato la
mia camera da ragazzo: un bel verde smeraldino, e un argento brillante.
«La
mamma per poco non ci restava secca quando gliel’ho detto» sorrise Cat «infondo,
lei sperava diventassi una brava Grifondoro».
«Beh, come darmi torto?» commentò Hermione «sembravi nata per diventare una
Grifondoro…».
«No»
la interruppi, riavvicinandomi e prendendole la mano «Cat non poteva essere una
Grifondoro. E inizio a sospettare che tu sia una Serpeverde mancata, Granger».
«Che
cosa? E perché mai?» sorride Hermione.
Le
abbraccio, tutte e due. Cathleen poggia la testa sulla mia spalla, e Hermione mi
deposita un dolce bacio sulla guancia.
«Per
voler bene ad uno come me» dico infine «non si può essere onesti Grifondoro».
«Non
è vero» ribatte Hermione, lasciandomi «i Grifondoro sono coloro che meglio
riescono a perdonare e ad amare tutti, quindi…».
«I
Grifondoro sono dei maledettamente leali e onesti, non potrebbero mai…».
«Ma
ti sto dicendo che…».
«Zio
Harry mi aveva raccontato anche questo» sospira esasperata Cat, alzando gli
occhi al cielo «ma non credevo che riusciste davvero a discutere per tutto!».
Scoppiammo a ridere allegramente.
Non
credevo potesse essere davvero così bello avere una famiglia.
the end
Note dell'autrice: eccoci qua, giunti alla fine
di questa mia piccola impresa... Ammetto che questa fanfiction è, tra tutte
quelle che ho scritto, la mia preferita. Ho dovuto pensarci parecchio, ma alla
fine mi sono decisa a pubblicarla, e ne sono felice! I vostri commenti mi hanno
mandato in brodo di giuggiole *-*
Ma basta ciarlare su di me, voglio ringraziarvi
personalmente per aver recensito!
MoMomaramao:
grazie mille carissima, ovviamente Cathleen è un nome
che adoro anch'io, lo trovo così dolce e musicale... sono contenta che la
piccola Cat ti sia piaciuta. Alla prossima ^^
hEiLig FuR ImMeR:
beh, che dire, grazie! Per quanto riguarda il
lieto fine... l'avevo già scelto da un bel pezzo. Di solito prediligo le storie
senza happy ending, ma questa qui... il povero Draco mi faceva troppa pena per
non dargli un lieto fine ^^
Cussiola :
wowow, che bello! Non per sembrarti
crudele, ma sapere che la mia fanfiction ha commosso qualcuno è davvero
lusinghiero! Grazie mille! XD
Love_doll :
grazie, anche la tua recensione mi ha molto
lusingata ^^ Sai, pensavo da un po' di scrivere un seguito, ma non so se alla
fine metterò in cantiere qualcosa... chissà, staremo a vedere ^^
Un bacio e un grazie a tutti quelli che hanno
letto, e che leggeranno e continueranno a recensire!
Alla prossima, Alessia
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