That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.026
- La Bacchetta di Regulus
Albus Dumbledore
Hogwarts, Highlands - ven. 21 gennaio 1972
L'orologio a pendolo segnò all'improvviso le 4: alzai gli
occhi dai miei documenti, meravigliato di come quel pomeriggio fosse
scivolato via tanto in fretta, nonostante stessi lavorando ai
noiosissimi incartamenti che mi aveva sottoposto, di primo mattino,
quel piantagrane del Consigliere Malfoy. Il sole pallido stava sparendo
dietro le montagne, illuminando dell'ultima luce rosata le punte
innevate degli alberi e i crinali aspri, mentre il grido acuto di
un'aquila reale spezzava, in lontananza, il silenzio sospeso tra il
Lago Nero e la Foresta Proibita. Era pieno inverno, ancora, le giornate
iniziavano, però, seppur impercettibilmente, ad allungarsi.
È
già passato un mese dal solstizio... E quasi una settimana
dai fatti di Londra...
Mi sollevai, lentamente, sospirando, le giunture delle ossa
scricchiolarono dopo essere rimasto tante ore fermo alla scrivania, mi
avvicinai a Fanny e le accarezzai la testa, mentre le versavo delle
granaglie nella ciotola. Lasciai scorrere lo sguardo sui ritratti degli
antichi Presidi: tutti, Phineas in testa, stavano fingendo di
sonnecchiare, in realtà, lo sapevo, mi osservavano di
sottecchi, pronti a intervenire se avessi richiesto loro un aiuto o un
consiglio. Avevo bisogno di riflettere, prima di interpellarli, dovevo
ripercorrere fatti e conversazioni, alla ricerca di ciò che
suscitava in me troppe perplessità. Rimestai la legna nel
caminetto, ravvivando le fiamme e infine, dopo aver soffocato le ultime
indecisioni, aprii l'anta dell'armadio che custodiva il bacile del
pensatoio. Puntai la bacchetta sulla mia tempia ed estrassi un lungo,
contorto filamento argentato, lo avvolsi sul legno, quindi lo riversai
nel bacile, dove si espanse rapido, simile a un liquido iridescente.
Lanciai un incantesimo di silenzio e chiusi la porta, per non essere
disturbato, quindi affondai il viso nei miei pensieri.
*
Sotto la scrivania, il
piede pestava ritmicamente il tappeto, nervoso e impaziente, a
dimostrazione di quanto il mio ospite fosse scocciato di trovarsi
lì, doveva raccogliere le mie dichiarazioni riguardo
Longbottom, utili a chiudere il caso seguito dal suo Dipartimento, ed
io l'avevo invitato a raggiungermi a Hogwarts, non potevo perdere tempo
tornando a Londra: di recente, con la morte del Ministro, le riunioni
del Wizengamot, il processo Williamson, ero stato distratto e avevo
finito col trascurare gli affari della scuola. Le dita dell'uomo di
fronte a me salivano di continuo a sistemarsi i baffetti tagliati a
spazzola, mentre gli parlavo di alcuni episodi utili a determinare i
fatti, le spalle si tendevano sotto il mio sguardo, ma subito tornavano
a incurvarsi, appena guardavo altrove, debolezza tipica di chi passa
troppo tempo a organizzare il lavoro degli altri da dietro una
scrivania, invece di scendere attivamente in campo e, soprattutto, di
chi è ossessionato dall'impressione che suscita nel prossimo.
«No, Albus, non sono emerse novità nel Wiltshire:
le fiamme appiccate a Sherton Manor sono state alimentate da
“benzina”, un liquido infiammabile babbano...
»
«Benzina? Inusuale, visto che il colpevole dovrebbe essere un
fervente antibabbano... »
«... ma intelligente: non ha lasciato tracce di Magia,
così ci ha reso più arduo identificarlo!
Inoltre... forse si tratta di un gesto dimostrativo, Sherton si
è esposto troppo con Longbottom... »
«Capisco... sono state rinvenute tracce di...
corpi?»
«Nessuna, abbiamo trovato solo l'Elfo femmina degli Sherton
tra i ruderi di Essex Street... »
«La situazione a questo punto si presta a ogni genere di
spiegazione e interpretazione... »
«Sì... Gli Sherton potrebbero essere sfuggiti al
primo attacco ma non al secondo... probabilmente hanno commesso
l'errore di nascondersi ad Amesbury, per farsi curare... il Medimago
trovato ucciso fa propendere la maggioranza degli Aurors per questa
pista... »
«... La maggioranza... ma non te... dico bene,
Bartemius?»
«Quello che mi suggerisce l'istinto, Albus, non ti
piacerà, so che ci sei tu dietro la pista seguita da
Alastor... per quanto vi diate da fare per trovare prove a sostegno
della vostra tesi, io non cambio idea: gli Sherton sono e restano
coinvolti... per me Charlus Potter non si è sbagliato quando
ha riconosciuto Mirzam Sherton, sul luogo dell'omicidio di Podmore...
quanto al padre... non è o forse non era... soltanto
l'arrogante ma innocuo sbruffone vanesio che molti descrivono...
»
«Non ci sono prove che siano o siano stati complici del
Signore Oscuro, Bartemius… »
«Lo sono o lo erano... complici presuntuosi, scomodi e
soprattutto inaffidabili... Sappiamo cosa si dice del Signore Oscuro...
come ami designare se stesso “l'erede di Salazar
Slytherin”... e sappiamo chi avrebbe i mezzi per confermare
queste voci... credo che Sherton e Milord non si siano messi d'accordo
sul prezzo e il Signore Oscuro li abbia puniti... non è la
prima volta, da quel poco che sappiamo, che Tu-sai-chi si sbarazza di
alleati che considera traditori o che si mostrano inutili. Non
è questo l'importante, però, ciò che
conta, è che il Signore Oscuro è e
sarà sempre, soltanto, un assassino. Un assassino che va
fermato... con ogni mezzo... costi quel che costi!»
«Con ogni mezzo, Bartemius? Costi quel che costi? Noi non
siamo come lui... »
«Al diavolo te e Alastor! Il vostro dannato garantismo! In
momenti come questo... in situazioni come questa... si può e
si deve anche sconfinare, perché in ballo c'è il
Bene Superiore!»
Lo fissai mentre
scartavo un'Ape Frizzola, ripetei le sue ultime parole in un sussurro
impercettibile.
«Il Bene Superiore... già... »
Scivolai con lo sguardo
alle sue spalle, senza vedere nulla, a parte fumosi fantasmi del
passato, pronti a serrarmi e abbattermi. Sentii la bile stringermi le
viscere e risalirmi in gola, simile a veleno. Lasciai l'Ape Frizzola
scartata sul tavolo, lo stomaco chiuso, la bocca arida e aspra.
«... In nome del Bene Superiore, Bartemius, da sempre si
commettono le peggiori nefandezze... Il fine non giustifica mai i
mezzi... come diceva l'altro giorno Tiberius, se perdiamo di vista le
leggi che ci siamo dati e il rispetto delle stesse, non potremo
più distinguerci da loro... »
«Belle parole... con le quali non si arriva da nessuna
parte... non s’impediscono le battute di Caccia al Babbano,
né le scorrerie dei Lupi di Greyback, né
l'assassinio di bambini inermi o la sparizione d’intere
famiglie... So che molti la pensano come te... in situazioni diverse,
io stesso la penserei come te... ma partiamo proprio dal caso degli
Sherton, Albus: non è stato ucciso solo lui... neanche per i
figli c'è stata pietà... Tu te la senti davvero
di restare a guardare? Di garantire diritti
“civili” ad assassini che più che agli
uomini assomigliano alle bestie? Non si fanno beffe solo di noi e delle
nostre leggi, Albus... loro si fanno beffe della vita stessa! Occorre
fare un passo avanti... dimostrare che siamo pronti a tutto, persino a
giocare secondo regole nuove... le loro... regole... »
Mi guardò
enigmatico, infervorato, ma non riuscì a sostenere a lungo
il mio sguardo, anzi rapido ritornò a essere sfuggente,
evasivo. Iniziavo a intuire che cosa avesse realmente in testa e vedevo
come lui stesso, turbato da quei pensieri, avesse paura
dell'enormità di ciò che aveva proposto.
«Hai deciso di entrare in politica... e proporre un programma
di questo tenore... è così?»
«Se non si cambia atteggiamento, che cos'altro potrei fare?
Aspettare ancora? Stare ancora alla finestra? Occorre agire, Albus...
Il Ministero, così com’è ora, non ha la
forza di resistere a questa minaccia... neanche la vede, la minaccia...
non ha strumenti per arginare una cosa così grande,
più grande di noi... io temo... io penso che ci troviamo di
fronte a qualcosa che... neanche ai tempi di Grindelwald... e come
allora... rischiamo di svegliarci solo quando sarà troppo
tardi... »
Sentii il respiro
mozzarmisi, nell'istante stesso in cui quel nome fluttuò
nell'aria. Crouch, preso dalla frenesia del suo discorso, non parve
neanche accorgersene.
«Hai idee chiare... diametralmente opposte alle mie...
è palese che non stai cercando un mio consiglio, Crouch,
né ti aspetti il mio appoggio... dunque... perché
me ne stai parlando?»
«Perché ho bisogno, invece, proprio del tuo
sostegno... »
«Non posso dartelo, non a queste condizioni... riconosco la
minaccia di Voldemort, ma l'approccio che proponi non è la
strada che intendo perseguire... mi dispiace... »
«Ammetti che è necessario reagire,
però... dando al Mondo Magico un Ministero forte, o sbaglio?
A me basterebbe convergere su questo, per ora. Sono qui
perché... Se tu t’impegnassi a spingere il
Ministero verso il cambiamento, un vero cambiamento... noi potremmo...
negoziare... »
«Negoziare? Su che cosa si potrebbe mai negoziare? Non credo
in un candidato Ministro che parla di “costi quel che
costi”, “Bene Superiore”,
“adottare le loro regole”... »
«Il Ministero ha bisogno di una guida salda e vigile, capace
di riconoscere e ammettere il problema di... Tu-sai-chi... questo lo
sappiamo entrambi. I nostri fini sono gli stessi, Albus, solo le
metodiche che proponiamo per ora sono diverse.»
«Per ora e per sempre, Bartemius, non è possibile
cambiare opinione su questo punto... »
«Se noi ci presentassimo con due programmi e due candidati
diversi, alle prossime elezioni, sai cosa accadrebbe? Rischieremmo di
perdere o di disperdere il consenso, portando a una situazione di
debolezza, di cui potrebbe approfittare proprio chi ha interesse che
tutto resti com'è... E nessuno di noi può
permettersi che tutto resti com'è... inoltre... la vicenda
Williamson dimostra la necessità di bonificare a fondo il
Dipartimento Aurors... e questa è una priorità...
assoluta... »
«... il caso Williamson... ti ha proprio sconvolto...
»
«Dovresti esserlo anche tu: inizio solo ora a scoprire il
marcio nascosto là dentro, non posso permettere che il
Ministero cada nelle mani di un cieco o di un colluso, che insabbi
tutto!»
«Chi si propone come Ministro non può essere anche
a capo del Dipartimento Aurors, Crouch... Che cosa mi vorresti
suggerire? Mi stai dicendo che vorresti collaborare al programma di
Tiberius, in cambio della certezza di ricoprire ancora la tua carica al
Dipartimento?»
«Ho la capacità, la forza e il consenso necessari
a propormi come Ministro, e tu lo sai... sono disposto a fare un passo
indietro, a mettere le mie ambizioni al secondo posto, dietro
all'interesse superiore del Mondo Magico, sostenendo apertamente, io
stesso, Tiberius, e affidando a lui i voti destinati a me... in cambio,
vi chiedo... la lungimiranza di accogliere alcune delle mie proposte e,
soprattutto... di smettere di ostacolare il mio lavoro di pulizia al
Dipartimento... »
«Questo è naturale, Bartemius... lo sai... siamo
dalla tua parte... »
«Non dire sciocchezze! Non sono uno stupido! Tu e Alastor
mettete in discussione la mia autorità... Hai detto non
più tardi di pochi minuti fa, che non apprezzi me e i miei
metodi!»
«Solo perché la tua rigidità e il tuo
estremismo possono diventare molto pericolosi!»
«Anche la pigrizia è molto pericolosa, Preside...
smettete di dormire ed io sarò più flessibile.
Queste sono le mie proposte, leggile con attenzione... appena finiranno
le tue ingerenze nel mio lavoro al Dipartimento, io
m’impegnerò ufficialmente affinché
Tiberius Ogden vinca le elezioni... »
*
Tre colpi decisi fecero risuonare il legno della porta, ridestandomi e
ponendo fine alle mie riflessioni: avevo passato due ore ad assaporare
Api Frizzole e a ripensare alle parole di Bartemius Crouch, cercando di
togliermi di dosso la sensazione che quell'uomo, così rigido
e risoluto, fosse non una preziosa risorsa, ma un potenziale, nuovo
problema per il Mondo Magico. Mi alzai ad accogliere il visitatore:
quando Horace Slughorn, il passo rapido e affettato, che pareva stonare
con la monumentalità della sua figura, entrò
trafelato nel mio studio, recando in mano una pergamena, sentii la
vecchia tela tarlata di Phineas tossicchiare, smettendo finalmente di
fingere di dormire.
«Che cosa succede, Horace, ti
vedo molto turbato... non recherai altre brutte notizie,
spero!»
«No, nessuna brutta notizia,
solo... una mia terribile dimenticanza... domani è il 22
gennaio e non abbiamo ancora inviato la lettera di Regulus Black...
»
Guardai verso Phineas, intercettai il suo sguardo carico di rimprovero,
sospirai e mi chiesi, anche alla luce di quanto era accaduto pochi mesi
prima con lo Smistamento del primogenito, che senso avesse per i Black
portare avanti quelle arcaiche abitudini.
«Lo so che cosa stai pensando,
Albus... queste cose si possono fare con calma a Luglio, i ragazzi non
entreranno a scuola prima di Settembre... inoltre il giovane
Black non fa parte della categoria che va avvisata in anticipo, viene
da una famiglia di Maghi... e non occorre rassicurare i genitori, ha
manifestato le proprie capacità da tempo, ma... »
«... i Black sono fiscali e
ligi a regole e tradizioni... lo so, Horace... lo so... »
Sollevai lo sguardo verso Phineas, vidi chiaramente il vecchio Preside
ergersi in tutta la propria maestosità, pronto a fare
sfoggio delle sue illuminate osservazioni.
«… Ci sono
consuetudini che vanno rispettate, Albus! Dove andremmo a finire senza
il rispetto e la conoscenza delle nostre radici? I Black, al pari delle
altre famiglie di lunga tradizione purosangue, rispettano la vecchia
pratica della cerimonia d'ingresso nella società magica, al
compimento degli undici anni. In quell'occasione... »
«… il giovane deve
eseguire un incantesimo in pubblico, con una bacchetta che gli
sarà consegnata dal padre. Per averla, il figlio deve
consegnare, di fronte a tutti, la lettera ricevuta da Hogwarts, a
dimostrazione che il Ministero ha riconosciuto la sua natura di Mago!
Il ragazzino che non avesse la lettera, sarebbe ripudiato e allontanato
dalla famiglia davanti a tutti, chiamato Magonò e
abbandonato al suo destino... sappiamo tutti che cosa ne fu di Marius
Black... »
«Non è mai esistito
alcun Marius Black, Albus! È bene che si sappia...
»
«Certo... certo... esattamente
quello di cui stavo parlando... »
Tornai alla scrivania, scuotendo la testa e rabbrividendo al pensiero
delle sofferenze e umiliazioni patite da quelle infelici creature, a
metà strada tra due mondi contrapposti, estrassi una
pergamena dal cassettino dei moduli da compilare e fissai Horace, in
piedi di fronte a me. Non era difficile immaginare che cosa fosse
successo: il professor Slughorn era stato impegnato un paio di giorni
lontano dalla scuola, non avevo mai indagato approfonditamente, ma
sospettavo esplorasse la Foresta Proibita alla ricerca
d’ingredienti preziosi da rivendere al mercato nero; il
pensiero dei lauti guadagni che si prospettavano da
quell'attività, dovevano averlo distratto dalle abituali
occupazioni Al rientro aveva di sicuro trovato ad attenderlo messaggi
carichi di promesse di doni preziosi, con cui i Black lo richiamavano
ai suoi doveri nei loro confronti: da quando le nipoti frequentavano la
scuola, spesso il vecchio Pollux in persona aveva raggiunto Hogwarts
per ricordare a tutti noi, alla maniera dei Black, quanto fossero
prodighe ma vincolanti le donazioni che elargiva all'istituto.
Per il primogenito di Orion, però, né lui
né la figlia hanno sprecato mezza parola... per loro
è come se fosse morto... Non oso pensare come stia vivendo
l'altro bambino... Quante aspettative graveranno su di lui? Merlino
santissimo... che cosa gli farebbero passare se, al pari del fratello,
non fosse in grado di dimostrare di essere in tutto e per tutto un vero
Black?
«A parte il fatto che stiamo
parlando di una palese violazione delle Leggi, i minorenni non devono
eseguire Magie fuori dalla scuola, ti ricordo, Phineas, che gli unici
ad avere diritto a un trattamento diverso sono i giovani nati in
famiglie babbane che hanno bisogno di tempo per abituarsi all'idea di
una realtà tanto diversa e sconvolgente... Tutti gli
altri... »
«Tu e i tuoi adorati Nati
Babbani, Albus! Devo forse ricordarti quanto sono generose le donazioni
dei miei nipoti? E questo nonostante il disastroso Smistamento dello
scorso anno!»
«Avanti, Phineas, ammettilo
anche tu... Non vedevamo un “nato Serpeverde” tanto
meritevole di finire a Grifondoro da quando il padre ha affrontato lo
Smistamento, trent'anni fa!»
«T’invito a
smetterla con queste illazioni! Il risultato dello Smistamento
è stato solo una patetica trovata di qualcuno che vuole
denigrare il sacro Sangue dei Toujours Pur... ma a breve... vedrete
tutti... come il giusto ordine delle cose sarà
ristabilito!»
Il vecchio preside rumoreggiava tutt'altro che sommessamente nella tela
tarlata, ci fissò con la consueta aria supponente e
altezzosa, dimostrando di non apprezzare i miei commenti sui suoi eredi.
Sospirai. Da quando, circa sei mesi prima, Sirius Orion Black,
primogenito di Orion e Walburga Black, erede designato del patrimonio e
dei retaggi magici di una delle famiglie di più antica
tradizione, era stato smistato sorprendentemente a Grifondoro e non a
Serpeverde, polemiche, accuse, minacce erano state quasi all'ordine del
giorno, come testimoniava la pila crescente di missive di Arcturus, il
nonno, che tenevo nel cassetto destinato alla corrispondenza molesta e
inutile. Al contrario, il padre del rampollo, Orion Black, pur
infastidito e sicuramente sconvolto, era riuscito a mantenere un tono
quasi razionale e civile, persino nei nostri incontri faccia a faccia.
«Fammi leggere la lettera che
hai in mano, Horace... Merlino! Addirittura cinque?»
«Arcturus, il nonno paterno,
poi la madre – ben tre volte-, e naturalmente Pollux...
»
«... e ringraziate che io non
possa scrivere da questa tela, altrimenti… altro che
cinque!»
«… e faccio
presente che queste cinque sono solo i solleciti che ho ricevuto
oggi... »
«Basta così... ho
troppe cose da fare per portare alla lunga questa sceneggiata...
»
Mi alzai, piegai tutte le lettere senza leggerle e le infilai nel
cassetto in cui giacevano tutte le altre rimostranze dei Black, quindi
colpii la pergamena vuota che avevo già estratto dalla
scrivania, vidi apparire il testo tradizionale della missiva che
giungeva a tutti i ragazzi invitati a frequentare Hogwarts, completai
le parti con il nome del bambino, la sua data di nascita, i nomi dei
genitori, il suo indirizzo, scrissi alcune parole
d’incoraggiamento e di formale benvenuto, apposi la firma e
la chiusi, aggiungendo a fondo lettera che la missiva con l'elenco dei
libri e del corredo scolastico necessario per intraprendere l'anno
scolastico, sarebbe stata inviata in luglio, a sei settimane dalla
ripresa dei corsi. La consegnai infine a Horace perché la
spedisse. E si togliesse dai piedi.
«Se non c'è altro,
Horace... »
«Ti ringrazio... La Pomfrey
vorrebbe parlarti, ma non c'è fretta... ti lascio ai tuoi
affari... »
Horace se ne andò, mascherando con difficoltà la
propria soddisfazione. Conoscendolo, avrebbe gongolato ancora di
più, l'indomani, pavoneggiandosi con gli altri ospiti e
intrecciando nuove produttive conoscenze, mentre il piccolo Regulus
Black, nel pieno svolgimento della sfarzosa festa in suo onore,
mostrava quella lettera a tutti gli invitati, dimostrazione non
soltanto della sua natura di Mago ma, soprattutto, di come la Hogwarts
di Albus Dumbledore si piegasse ai soldi, al nome, al sangue e al
potere dei Black.
E tutto questo perché il nostro buon vecchio Horace possa
ottenere, di nuovo, un abbonamento alle partite delle Holyhead Harpies
o una fornitura del suo prezioso ananas candito!
***
Regulus Black
12, Grimmauld Place, Londra - sab. 22 gennaio 1972
Il grande orologio babbano, in cima alla torre lungo il fiume, aveva
appena scandito la mezzanotte: ero in fibrillazione ormai da ore, ma
quell'ultimo rintocco, quello che segnava l'inizio della vigilia del
mio compleanno, sembrò accendermi i fuochi d'artificio nella
testa e nel petto.
Domani,
a quest'ora avrò finalmente undici anni!
Mi mossi leggero sul letto, scivolai silenzioso come un gatto fuori dal
mio baldacchino, come mi aveva insegnato Sirius, raggiunsi la finestra
avvolto nella coperta e mi misi a osservare la luna crescente. Il 12 di
Grimmauld Place era silenzioso ormai da un paio di ore, avevo sentito
mamma e papà parlare piano, nella Sala dell'Arazzo, come
avveniva ormai da alcuni giorni, da quando gli Sherton erano
misteriosamente scomparsi. Quella sera, però, i loro
discorsi si erano incentrati sugli ultimi dettagli della festa
organizzata per me a Zennor: ci saremmo smaterializzati l'indomani
mattina, appena papà ed io fossimo tornati dalla
“Commissione da Olivander”, il suo modo distaccato
per dire che mi avrebbe accompagnato di persona a comprare la mia prima
bacchetta. Non vedevo l'ora che fosse l'alba, per scoprire di cosa
fosse fatto il mio primo legno, per raggiungere, poi, il negozio di
articoli da Quidditch, papà me l'aveva promesso, e infine
per festeggiare con tutti gli amici e i parenti a Zennor.
Peccato solo che non ci sarà anche Sirius...
L'anno precedente, in occasione della festa di mio fratello, grazie al
tempo clemente, c’eravamo mossi con alcuni giorni di
anticipo, quest'anno invece, papà era stato costretto a
Londra, perché, come tutore di Meissa e Rigel, in attesa del
ritorno di Alshain, doveva occuparsi dei loro interessi.
Io scalpitavo per partire, adoravo l'antico maniero dei Black che
sorgeva sulle scogliere del Cornwell, là dove la nostra
stirpe aveva avuto origine. Nonno Arcturus ci aveva raccontato come, in
seguito, gli impegni nella vita pubblica, al Ministero, avessero
portato anche i Toujours Pur a trasferirsi a Londra, come numerose
altre famiglie di una certa importanza: Narcisus Alphard Black aveva
fatto erigere la dimora di Grimmauld Place già nel 1478,
molto prima della Firma del Trattato di Segretezza Magica. La casa di
Londra, in cui abitavo, non era l'unica in cui vivessero i Black, zio
Cygnus abitava a Manchester, zio Alphard aveva acquistato un antico
castello nelle Highlands, mentre nonno Pollux si era ritirato nel
Wiltshire, dopo aver donato Lackok a Rodolphus Lestrange, poco lontano
dal maniero di nonno Arcturus. Grimmauld Place era, però, la
dimora più importante, dove la nostra famiglia si riuniva
periodicamente perché lì era custodito il Sacro
Arazzo e lì avrebbero sempre vissuto i discendenti del
primogenito maschio. Zennor, a sua volta, non era mai diventata
soltanto una piacevole residenza estiva, né era stata
ereditata da un solo ramo della nostra famiglia, ma tutti noi potevamo
goderne per il tempo in cui volevamo trattenerci... soprattutto,
però, era rimasto nei secoli il santuario di tutti i Black,
quello in cui celebravamo i riti più solenni, dai matrimoni
ai battesimi, alla cerimonia per l'ingresso in società di
tutti i giovani Black.
Non era solo per questi motivi importanti, che esaltavano tanto mamma e
papà e soprattutto nonno Arcturus, legati alla
sacralità del nostro nome e del nostro sangue, che amavo
Zennor: quel luogo era legato al ricordo di giorni felici e inconsueti,
durante i quali nostro padre aveva trascurato i suoi impegni per
dedicarsi interamente a Sirius e a me. Mi voltai e raggiunsi lo
scrittoio in fondo al mio letto, ero riuscito a farmi fare una copia da
zio Alphard della fotografia che Sirius ed io tenevamo in quella che
fino a pochi mesi prima era stata la camera di entrambi:
papà, mio fratello ed io, accaldati e scarmigliati, eravamo
in cima alla collina, dopo aver giocato a rincorrerci nel prato con una
specie di aquilone, seduti contro il tronco della grande quercia che si
ergeva alla sommità della scogliera, il mare di un blu
carico e profondo che si stagliava all'orizzonte. Anche quella piattola
di Sirius amava quella foto, una delle poche cose su cui eravamo
d'accordo e su cui non si abbatteva la sua ironia, tanto che non avevo
osato chiedergli di cedermela, quando era partito per la scuola,
lasciandomi a casa, da solo. Ero anche certo che avesse nascosto
l'aquilone da qualche parte, ma nonostante alcuni miei tentativi di
fargli ammettere la verità, mio fratello si era sempre
ostinato a dire che, a fine giornata, c'era volato via, cadendo e
perdendosi poi in mare.
Improvvisamente, mentre contemplavo la foto vicino alla finestra e un
senso di malinconia per Sirius e le nostre zuffe, che mai avrei creduto
possibile fino a qualche mese prima, mi stava serrando il cuore, la
porta iniziò ad aprirsi silenziosa e la luce tremula di una
candela illuminò, rosseggiante, porzioni via via
più grandi della stanza: trattenni il respiro, i peli ritti
sul collo, mi guardai attorno e mi vidi perduto, ero troppo lontano dal
baldacchino per tuffarmici dentro senza essere visto. La
consapevolezza che mia madre stava per cogliermi in fallo e che mi
avrebbe punito, vanificando tutti i progetti che avevo fatto sulla mia
festa, mi riempì di sconforto.
«Salazar! Che cosa ci fai
ancora in piedi Regulus? Non vorrai prenderti un malanno?»
«Padre?!»
Restai confuso nel trovarmi papà di fronte, veniva in camera
nostra molto raramente, solo quando eravamo malati o doveva parlarci a
quattro occhi di cose importanti o per riprenderci o infliggerci una
punizione. Non capivo perché si trovasse lì, a
quell'ora. Cercai di inumidirmi le labbra rese già secche
dal timore, e tentati di dire qualcosa, qualsiasi cosa, con una voce
che non sembrasse spaventata e colpevole; papà
posò il porta candela sulla consolle vicino all'ingresso,
poi si avvicinò, bacchetta in mano e l'aria allarmata:
impose un Lumos e mi agguantò, stringendomi a sé,
continuando a guardarsi attorno come se ci fosse qualcosa di pericoloso
nascosto nella penombra.
«Stavo solo... guardando
fuori... mi chiedevo se sarebbe arrivata di notte... la mia lettera...
»
Papà mi staccò da sé e mi
fissò per capire se fosse la verità, poi,
tranquillizzato, mi passò la mano sulla testa, scansandomi
un ciuffo di capelli dalla fronte, un gesto intimo e raro e per questo
ancora più prezioso, quindi, facendo una leggera pressione
sulla mia spalla, mi fece raggiungere il letto e
m’invitò a infilarmi e distendermi. Mi
rimboccò per bene le coperte e si sedette al mio fianco.
«Il Gufo di Hogwarts
arriverà a colazione, Regulus, subito dopo andremo da
Olivander per comprare la tua bacchetta. Nella speranza, certo, che
Dumbledore non ne combini una delle sue, spedendo a Grimmauld Place uno
dei suoi gufi ubriachi, capaci di perdersi per strada... »
Vidi la sua mascella contrarsi, mentre il suo sguardo lasciava me per
concentrarsi su un punto lontano del pavimento. Sapevo che non era
possibile, eppure per un attimo mi parve che la sua espressione burbera
e tutta d'un pezzo lasciasse spazio a uno sguardo divertito.
Possibile
che mio padre stia ridendo di quello che accadde un anno fa? No,
impossibile... Forse la penombra e il sonno mi giocano brutti scherzi.
Sì, doveva essere un gioco della luce, era impossibile che
mio padre ridesse, visto l'episodio imbarazzante, avvenuto durante la
festa di mio fratello: il gufo proveniente da Hogwarts, in ritardo, era
planato a mattina inoltrata, proprio sulla tavola addobbata con il
buffet per intrattenere gli ospiti prima del pranzo, calandosi in
picchiata davanti a zia Domitilla, la sorella di zia Druella, e
spaventandola a morte. La povera donna, sempre allarmata da quando, si
diceva, da ragazzina, aveva avuto un brutto incontro con il Barone
Sanguinario, a Hogwarts, si era tanto agitata che l’era
caduto l'imponente copricapo a forma di cornucopia sui piedi,
strappandole un ululato di dolore. Il gufo spaventato dalle urla, aveva
continuato a saltellare e a spiccare il volo, alla ricerca di mio
fratello, destinatario della lettera, ma Sirius, trovata la situazione
buffa, e godendo dell'impunità per non essere il diretto
responsabile di quanto stava avvenendo, aveva deciso di metterci del
suo, nascondendosi tra i tavoli e presso le gonne vaporose delle nostre
ospiti, per rendergli il compito impossibile. Kreacher, osservando
l'espressione glaciale di nostra madre, aveva tentato di porre rimedio,
smaterializzandosi e materializzandosi per bloccare il gufo, senza
riuscirci, papà e nonno Arcturus, impassibili, avevano
minimizzato, cogliendo però l'occasione per sottolineare,
con gli ospiti, l'incapacità del Preside, che si palesava,
una volta di più, facendo uso di gufi inadeguati. Infine,
mentre mio fratello scoppiava a ridere, vedendo zia Domitilla con la
cornucopia sulle ventitrè, in maniera tanto forsennata da
farsi uscire Burrobirra dal naso sul vestito elegante di nonna Melania,
nostra madre, lo sguardo omicida, aveva messo fine al trambusto,
puntando la bacchetta sul gufo e immobilizzandolo, poi aveva ordinato a
Kreacher di strappargli la lettera dalle zampine e, ottenuto il
messaggio, l'aveva sottoposto a Trasfigurazione, riducendo il gufetto a
un inanimato bicchiere di cristallo. Quando l'aveva scagliato a terra,
rompendolo in mille pezzi, aveva guardato gli ospiti con un ghigno
sadico e divertito, mentre era sommersa dagli applausi liberatori dei
presenti. Nel pieno della confusione, mi ero sentito spintonare da
dietro, mi ero voltato e avevo visto un bambino dai capelli color
paglia e il viso cosparso di lentiggini che fuggiva via, gli occhi
gonfi di pianto. Solo molto più tardi, rivedendolo alle
prese con quell'uomo arcigno e sgradevole, che dava tanto ai nervi a
mio padre, il capo del Dipartimento Aurors, Bartemius Crouch, avevo
capito che era suo figlio, Bartemius jr.: di tanto in tanto
c’eravamo già incrociati a qualche ricevimento, ma
non avevamo ancora mai fatto veramente amicizia.
«Sarebbe sconveniente dover
ritardare anche quest'anno l'inizio del banchetto: conosci il
programma, il ricevimento si apre con la consegna della lettera ai tuoi
nonni e agli altri tuoi parenti e conoscenti, poi io ti
affiderò la bacchetta e tu farai la tua prima Magia
ufficiale davanti a tutti... »
«Ho sentito zio Cygnus dire
che quanto è successo l'anno scorso è stato un
cattivo presagio.»
Mi fissai le mani, spaventato: io non volevo finire a Grifondoro come
mio fratello. Fino a quel momento avevo aspettato con ansia la lettera
come qualsiasi altro giovane Mago che sogna di varcare i cancelli di
Hogwarts, in realtà, da quando avevo sentito le parole di
mio zio, alla spensierata attesa si era aggiunta una sorda
inquietudine, che mi arpionava e mi faceva tremare.
E
se anche per me, domani, si manifestassero dei segni funesti?
Guardai mio padre, alla ricerca di una rassicurazione, ma non la
trovai. Forse per le scale che aveva fatto, forse per l'agitazione nel
trovarmi ancora in piedi o qualche altro misterioso timore che colpiva
anche lui, come me, papà in quel momento aveva ben poco
dell'uomo arcigno e distante che chiamavo padre, con rispetto e
timorata riverenza. Le guance un poco brunite dal filo d barba che
avrebbe rasato al mattino, non apparivano pallide come sempre, ma
leggermente accaldate, le punte dei capelli corti non erano
perfettamente pettinate e spianate, celando i capelli che
s’ingrigivano vicino alle tempie, ma erano un poco arruffate,
segno che prima di salire da me si era attardato a leggere steso sul
divano, il capo sul cuscino. Anche la casacca del pigiama, sotto la
vestaglia, non era ben allacciata, un paio di bottoni era rimasto
aperto, lasciando intravvedere la peluria scura sul suo petto, qua e
là picchiettata da qualche ciuffo brizzolato.
«Non angustiarti per le parole
di tuo zio, Regulus! Cygnus è un brav'uomo e un ottimo Mago,
un vero Black, ma anche lui, a volte, si perde in sciocchezze, e la
storia del segno nefasto del gufo è solo una sciocchezza.
Ora dormi, domani ti aspetta una giornata molto impegnativa...
»
«Padre... »
Lo guardai supplice, non volevo capisse quanto fossi spaventato, eppure
non volevo neanche restare da solo, ad affrontare quei pensieri che non
riuscivo ad accantonare. Per quanto mi sforzassi di pensare a qualcosa
d’importante che potesse trattenerlo lì,
però, non riuscivo a spiccicare parola.
«Vorrei tanto poterla prendere
io per primo, la mia lettera... e non essere costretto a leggerla solo
dopo che l'avranno vista e controllata tutti gli altri... in fondo...
è indirizzata a me... »
Ero certo che mio padre avrebbe detto di no e mi avrebbe guardato come
faceva sempre con Sirius quando faceva i capricci, per richiamarmi alla
necessità di essere sempre disciplinati e controllati. Ligi
alle regole... Di non manifestare mai apertamente i nostri desideri e
propositi. A sorpresa, invece, mi guardò ancora, poi... mio
padre iniziò a ridere.
«Merlino! Allora hai preso
anche da me... non sei in tutto tale e quale tua madre! Ahahah...
»
Lo fissai, incredulo, non era un sogno, mio padre stava veramente
ridendo, di gusto, davanti a me.
«So che ti ho sempre insegnato
a essere controllato, Regulus, e non vengo meno a questi ammonimenti,
certo... ma... è davvero incredibile che tu mi abbia fatto
la stessa, identica richiesta che feci io a mio padre, appena il gufo
di Hogwarts planò in casa nostra con la mia
lettera!»
«Dici davvero
papà?»
«Certamente! Avevo scalpitato
tutto il giorno, in attesa che arrivasse, volevo prenderlo prima che
tuo nonno se ne impossessasse... e invece... Sapessi quanto l'ho
desiderata, quella lettera!»
Si guardava le mani e aveva una strana espressione sul viso, sembrava
addirittura più giovane, come avveniva solo in presenza di
Alshain, e... avrei osato dire... che fosse felice. Non disse
più nulla per un po', io continuai a controllarlo di
sottecchi, assetato di nuove confidenze, aspettandomi che sgorgassero
ancora, da un momento all'altro. Rimase sospeso tra i suoi pensieri,
per alcuni minuti.
«Fin da piccolissimo, hai
preso tutto da tua madre, Regulus... no, non parlo dell'aspetto, lo
vedono tutti che abbiamo gli stessi occhi e gli stessi capelli... mi
riferisco alla Magia: lei è stata una Strega molto precoce,
già a un anno era capace di produrre fenomeni magici attorno
a sé, a tre anni il suo potere era chiaramente manifesto e
lei era capace di controllarlo... io, al contrario, sono sempre stato
piuttosto “pigro”: tua nonna Melania mi ha
confermato che produssi il mio primo vero incantesimo solo a cinque
anni e non fu neppure... volontario. Lo ricordo ancora: eravamo a
Lackock, correvo nei cortili, giocando a nascondino con Cygnus e
Alphard e i nostri amici. A un certo punto, tua madre e Lucretia si
ritrovarono con i capelli tinti di arancione, perché mi
facevano di continuo i dispetti, per pavoneggiarsi con Abraxas e
Roland: mi avevano fatto cadere, capisci, e avevano addirittura fatto
la spia, altrimenti Malfoy non mi avrebbe mai trovato... »
Restai sbalordito, letteralmente a bocca aperta, cercando di immaginare
la scena e pensando a quanto Sirius avrebbe riso se avesse saputo una
cosa simile. Avrei dovuto o potuto raccontargliela?
«Anche Sirius è
stato piuttosto pigro, all'inizio... tu invece... tu hai manifestato i
tuoi primi poteri fin dai primissimi mesi e anche per questo tuo nonno
è stato sempre tanto orgoglioso di te... »
Parlava guardandosi le mani: era un discorso strano, i nostri genitori
non ci raccontavano mai nulla di sé né di noi, da
piccoli. La mamma diceva sempre e soltanto che eravamo Black e con
questo chiudeva tutti i discorsi, non approfondiva mai,
così, di fatto, mio fratello ed io avevamo ricordi molto
frammentati e confusi della nostra prima infanzia. Eppure,
più di approfondire queste piccole notizie, ciò
che mi saliva alla gola, ora, era una semplicissima ma importantissima
domanda.
E tu, papà? Anche tu sei orgoglioso di me?
«Ora basta chiacchiere,
Regulus... dormi così partiremo presto domattina...
»
Si alzò dal letto e si assicurò di nuovo che
fossi ben caldo sotto le coperte, me le accostò con cura
attorno al corpo e spianò il lenzuolo vicino al collo,
scivolò con la mano a scansarmi i capelli e la
lasciò indugiare così, sulla mia guancia. Ci
fissammo, i suoi occhi grigi, profondi, sembravano un pozzo nero in cui
potevo specchiarmi, pallida ombra tormentata. Aspettò che il
torpore mi prendesse, quindi si allontanò, riprese la
candela sulla consolle e aprì la porta. Mi parve di sentire
la sua voce, quando fu lì, ma non potevo più
capire se stessi già sognando o accadesse realmente.
«Anch'io sono sempre stato
orgoglioso di te, Regulus... e lo sarò... sempre...
»
*
Kreacher si presentò nella mia stanza, per svegliarmi, alle
7.30 in punto: mi trovò già in piedi, lavato e
vestito con l'abito nuovo, la mamma aveva detto che era il
più adatto a una visita a Diagon Alley, di sabato mattino.
Ero ben sveglio ormai da un paio di ore, in realtà non avevo
dormito quasi per niente, quella notte, agitato com'ero: per un po' mi
ero rotolato nel letto, sospirando e sperando, sognando e pregando, con
la sensazione che non si volesse fare mai giorno. Infine, scalpitante,
mi ero avvolto di nuovo nella coperta e mi ero messo di vedetta, alla
finestra, in attesa dell'alba e del risveglio della città:
avevo tenuto d'occhio il lento via vai dei primi Babbani che uscivano
dalle case attorno alla mia per andare al lavoro, la loro vita, tanto
diversa dalla mia, che piano piano si faceva più intensa.
Finalmente, quando il pendolo a piano terra aveva segnato le 6,30,
avevo sentito il passo leggero della mamma che si muoveva nella sua
stanza: da quel momento, potevo tranquillamente fare rumore, rivelare
di essere sveglio, andare in bagno e lavarmi, senza rischiare
rimproveri, ma anzi ricevendo elogi per la mia “scarsa
propensione alla pigrizia”.
Ossequioso e adorante, Kreacher non dovette aiutarmi a fare nulla, mi
ero vestito da solo alla perfezione, aggiustò soltanto la
piega posteriore dei miei pantaloni così che apparisse
centrata al millimetro, poi mi ricordò che la colazione
sarebbe stata servita alle 7.45, quando anche mio padre fosse sceso.
Decisi di non restare nella mia stanza un secondo di più, lo
seguii di sotto e trovai la casa ancora immersa nel silenzio e nella
penombra, persino il quadro di Phineas era ancora vuoto: il nostro
antenato amava attardarsi spesso a Hogwarts perché, come
diceva sempre con tono cospiratorio alla mamma, “Dumbledore
alla sera deve essere tenuto particolarmente d'occhio”.
Quando mia madre mi raggiunse, vidi che fu sorpresa e compiaciuta di
trovarmi già pronto, ma non manifestò
più di tanto i suoi sentimenti, anzi mentre si sedeva al
tavolo mi ordinò di passeggiare dinanzi a lei, di girarmi e
di girarmi ancora, così da valutare il taglio dell'abito,
l'ultimo che mi aveva fatto preparare, grigio antracite con piccoli
ricami argentati e fascia verde smeraldo alla vita.
«Sei cresciuto ancora, in
queste ultime settimane, Regulus! Dirò a Kreacher di
chiamare a casa la sarta, dovrà preparare altri sei abiti,
abbiamo molte feste, nelle prossime settimane... »
Estrasse poi la bacchetta e mi accorciò i capelli con un
gesto fluido della mano, in questo modo, pensai con una nota di
rammarico, mio padre non avrebbe più potuto pettinarmi come
aveva fatto la sera prima. Non fece cenno di curarsi ancora di me, non
mi concesse neanche il permesso di sedermi a mia volta e servirmi,
controllò invece la disposizione del servizio di ceramica e
delle posate, il contenuto dei vassoi per la nostra colazione, e
rassicurata che fosse tutto in ordine, chiese a Kreacher di portare
anche il vassoio con i croissants appena sfornati e la corrispondenza,
mentre io restavo sempre in piedi in fondo al tavolo, in attesa. Non
era ancora arrivato nulla da Hogwarts. Si versò del
tè, tagliò il suo croissant e lo
imburrò, poi, finalmente mi fece le tre abituali domande di
galateo, a bruciapelo, quindi mi permise di sedermi e di servirmi.
«Molto bene... oggi, quando
dovrai salutare la signora McBridge, fai in modo che non possa
pizzicarti le guance, non sei più un bambino, e non mi va
che ti metta addosso quelle sue sudice manacce... ma al tempo stesso
fai in modo di non recarle offesa nel sottrarti. Quanto a Domitilla...
»
«… Speriamo che
quest'anno eviti i suoi discutibili copricapo a forma di cornucopia...
»
«Orion, ti sembrano
osservazioni da fare?»
«Padre! Buongiorno... padre...
»
«Buongiorno figliolo...
Walburga... »
La mamma riprese ad aprire le sue lettere, chinando appena il capo
così che mio padre potesse fare il cenno di baciarle la
guancia, in realtà, me ne ero accorto già da
qualche tempo, mio padre non la sfiorava neanche, era come se baciasse
l'aria. Nessuno dei due rivolse all'altro mezza parola, papà
si limitò a ordinare a Kreacher una colazione frugale,
perché “abbiamo fretta di andare da
Olivander”.
«Non vedo per quale motivo,
con tutti gli impegni che abbiamo oggi, tu non debba lasciare che sia
mio padre ad accompagnare Regulus da Olivander... dovresti piuttosto
occuparti degli incantesimi di protezione per gli ospiti, a
Zennor!»
«Me ne sono occupato per buona
parte ieri... e ho fatto una promessa a mio figlio... »
«Promesse... e poi cosa
significa “buona parte”? Non sei... anzi,
purtroppo... nessuno di noi è più nelle
condizioni di permettersi di essere… superficiale e
ottimista… lo sai.»
Mio padre finse di non sentire e non le rispose, sembrava tutto preso
dall'orologio, erano quasi le 8,15 e, evidentemente, come me, iniziava
a chiedersi perché quello stupido pennuto non fosse ancora
giunto a Londra.
«Possiamo aspettare fino alle
8,30 il gufo da Hogwarts, Regulus, se lo preferisci, ma credo sia
meglio avviarci... prima arriviamo, meno persone troveremo in fila a
rallentarci... »
«Va bene padre... chiedo a
Kreacher di portarmi il soprabito... »
Mi alzai, già deluso all'idea che non avrei neanche visto il
gufo arrivare, quando Kreacher apparve, prima ancora che uno di noi lo
chiamasse, tossicchiando appena, alle mie spalle, per annunciarsi: lo
vidi infilare una manina ossuta nella federa con cui si copriva,
estrasse un vassoietto, sopra vi era depositata una lettera su cui era
impresso lo stemma della scuola di Magia di Hogwarts.
«Salazar... la mia lettera...
»
«Puoi darla a me, Kreacher...
»
Senza neanche distogliere gli occhi dalla lettera che teneva in mano,
mia madre allungò l'altra verso l'Elfo per prendere la mia,
a sorpresa, però, mio padre fu più rapido di
Kreacher, allungò la mano sul vassoio, arpionò la
busta e la tenne stretta, quasi fosse un prezioso trofeo.
«Orion... che maniere... avevo
detto di volerla leggere!»
«Lo farai, lo faremo, dopo che
il destinatario avrà avuto il piacere di farlo per primo...
»
Mio padre mi fissò, aveva il solito sguardo burbero e
risoluto che conoscevo, eppure, mentre mi sfiorava rapido le dita nel
consegnarmela, sentii la stessa vicinanza percepita la notte precedente.
«Che stupide sciocchezze sono
queste? Vuoi forse farne un viziato rammollito, Orion?»
Mia madre disse anche qualcos'altro, mio padre gli sbuffò
contro qualcosa d’incomprensibile, ma io non sentivo
già più nulla. Ero in adorazione. Non avevo quasi
bisogno neanche di toccarla e aprirla, per sentire i brividi. Avevo
sempre immaginato che avrei strappato i lembi, ingordo, invece mi
attardai a soppesare la carta, ammirare i colori brillanti dello stemma
di Hogwarts impresso sulla grana pregiata, i ricchi ghirigori
d'inchiostro che formavano il mio nome.
Regulus
Arcturus Black
Sala da Pranzo, piano terra
12, Grimmauld Place
Londra
Salazar... è arrivata... è arrivata... la mia
lettera... finalmente è arrivata...
Solo poche famiglie si ostinavano a pretendere la lettera nel giorno
della vigilia del compleanno, persino Meissa aveva ricevuto la sua a
luglio, mentre mio fratello ed io eravamo loro ospiti a Herrengton:
ricordavo ancora il gufo arruffato e rossiccio che era planato nel
soggiorno in cui stavamo facendo colazione, mentre Alshain leggeva il
giornale, e Rigel sghignazzava con me.
Finché
non arrivò il secondo gufo con la lista dei libri per lui,
Meissa e mio fratello... e allora aveva smesso di ridere e aveva preso
a disperarsi...
Finalmente l'aprii e ne lessi il testo, avido, assaporai la vista del
mio nome, ripetuto più volte, su quell'invito: per la prima
volta, da quando Sirius era partito, facendomi pesare ancora di
più la mia condizione di semplice, inutile, moccioso, non mi
sentivo più abbandonato e sperduto, senza meta.
Hogwarts
è più vicina, Regulus, andiamo a procurarci la
bacchetta adatta a un vero Black!
*
Erano alcuni giorni che a Londra non nevicava più ma le
temperature si mantenevano gelide e tutta Diagon Alley sembrava
cristallizzata in un mondo fatto di ghiaccio, con le stesse
tonalità candide e abbaglianti della Gringott. Maghi e
Streghe, i bavari dei mantelli alzati, tenevano il capo chino, per
controllare dove stessero mettendo i piedi, e per sottrarre il volto al
fiato rigido del vento.
«Inutile Ministero... ci
vorrebbe molto a fare un incantesimo per alzare le
temperature?»
Mio padre, il volto rosso, congestionato dal freddo, si tolse rapido i
guanti e iniziò ad alitarsi calore sulle mani, appena la
pesante porta antica si richiuse alle nostre spalle. L'ambiente in cui
mi aveva fatto entrare, all'interno di un palazzone vecchio, in fondo a
una delle strade più trafficate di Diagon Alley, su cui
campeggiava un'insegna storica, tutta ghirigori, era silenzioso e buio
con il soffitto molto alto, quasi impossibile da raggiungere, e grande,
benché, stipato letteralmente di scaffali e armadi e
cassettiere così elevate da toccare i cassettoni di legno
del solaio, sembrasse talmente stretto da impedirci di muoverci. E
c'era anche moltissima polvere, al punto che iniziai a tossire.
«Buon giorno, cosa posso fare
per voi?»
L'uomo vecchio, che avevo già visto alcune volte,
accompagnando mio padre o mia madre, con i capelli candidi e gli occhi
penetranti, con il grembiule che gli copriva le gambe e le folte
basette bianche a rendergli peloso il viso, apparve da
quell'oscurità carica di Magia e si avvicinò a
noi, scrutandoci dietro gli occhiali spessi.
«Signor Black... ben
rivisto... »
«Signor Olivander, vi
ricordate di mio figlio, il secondogenito? Regulus Arcturus Black...
domani compirà undici anni e oggi deve fare il suo ingresso
in società... dunque... »
«... dobbiamo procurargli una
bacchetta... certamente... certamente... prego signor Black, mi
permetta di prenderle delle misure... »
Il vecchio si avvicinò, estraendo dal suo grembiule un metro
magico, che iniziò a muoversi tutto intorno a me prendendomi
tante misure, neanche gli avessi chiesto di cucirmi un vestito. Lo
guardai titubante e sospettoso, mentre il vecchio mi chiedeva se fossi
destrorso o mancino e infine mi pregò di tendere le mani
davanti a me e di fargli sentire la resistenza del mio braccio.
«Molto bene... molto bene...
di solito voi Black siete Maghi esigenti ma dai caratteri dominanti ben
marcati, per cui è piuttosto facile trovare subito la
bacchetta giusta... direi che potremmo iniziare con un buon legno sugli
undici centimetri e mezzo, semirigido... e… »
«Potremmo iniziare con Olmo o
Frassino e Cuore di Drago... molti Black possiedono bacchette con
questi accostamenti... »
«Verissimo... ma non nel
vostro caso... se ben ricordo, signor Black, siamo andati contro la
tradizione... Bacchetta di Cipresso... e il nucleo... »
«... di Crine di Unicorno...
»
«Oh sì...
naturalmente... ricordo molto bene quella bacchetta... »
Non seguivo la loro conversazione, nel momento stesso in cui il signor
Olivander aveva smesso di misurarmi e aveva iniziato a parlare
concretamente di bacchette, la mia salivazione si era azzerata e avevo
iniziato a tremare, perché di lì a poco avrei
impugnato la mia prima bacchetta.
Forse
la mia compagna di tutta la vita da Mago.
Purtroppo, le prime due esperienze, furono piuttosto fallimentari: la
bacchetta di Frassino si rivelò un semplice pezzo di legno,
nelle mie mani, quanto all'Olmo, era del tutto incontrollabile.
«Nessuna paura, signor Black,
in questo negozio c'è la sua bacchetta, basta avere la
pazienza di trovarla... potremmo osare... vediamo... »
«Proviamo il Castagno... pare
che mio figlio sia portato per il volo... »
Olivander sparì, io guardai mio padre, speranzoso, non
potevo credere che fosse lì, accanto a me, e che fosse
così partecipe, che non stesse sbuffando per il tempo che
gli stavo facendo perdere. Un uomo diverso da quello distante e
distratto che non si preoccupava mai di mio fratello e me.
Che cosa è successo? Fa così perché
teme che anch’io possa finire come Sirius?
Non ebbi tempo di pensarci troppo, Olivander tornò e
posò davanti a me ben tre diverse scatolette.
«Se il nostro giovane Mago ha
un sogno, la bacchetta di Carpino può aiutarlo a renderlo
realtà. La bacchetta di Castagno, a sua volta, è
adatta a chi ha sensibilità verso il Volo, l'Erbologia e le
creature magiche... infine... propongo anche l'Abete: nonostante la
giovane età, credo di avere di fronte una
personalità già piuttosto determinata...
»
Nonostante le presentazioni intriganti, però, neanche da
queste tre bacchette ottenni i risultati sperati, sembrava che io non
riuscissi a estrarre dal legno il suo potenziale o che lo strumento non
fosse in grado di interpretare le mie intenzioni. Fu con una spiccata
delusione e un certo disappunto che riposi la bacchetta di Castagno
nella sua custodia: Alshain e Mirzam avevano bacchette di Castagno ed
io temevo che le mie speranze di giocare a Quiddicht finissero sepolte
insieme al legno dentro quella stupida scatolina.
«Suo fratello, l'anno scorso,
ha trovato la sua bacchetta al nono tentativo e si trattava...
»
«... di Pioppo bianco... una
bacchetta molto bella, costosa e originale... »
«Già... una delle
bacchette più belle che io abbia mai realizzato...
»
Mio padre, però, non sembrava molto soddisfatto di quella
bacchetta, sapevo che si parlava del Pioppo bianco come del legno dei
Maghi rivoluzionari e visto che cosa era accaduto a settembre...
«Vuole provarne una anche lei,
signor Black?»
«NO! ASSOLUTAMENTE
NO!»
Mio padre mi strinse la mano sulla spalla e mi fissò, per
riprendermi, ma non mi rimproverò, si limitò a
ricordarmi di non dare peso alle dicerie, soprattutto sulle
caratteristiche delle bacchette.
«Io ho una bacchetta di
Cipresso, figliolo... ma sono un Black, quindi mi guardo bene dal
compiere azioni cosiddette eroiche, ovvero ampiamente sconsiderate...
gli faccia provare il Prugnolo come mia moglie, o il Salice come mio
padre... poi passi alla Quercia come mia madre... »
«Come vuole lei, signor Black,
ma prima, se permette... avrei una... intuizione... Vorrei provare una
precisa bacchetta... che non ho più messo in vendita, da
molti anni... »
Olivander aprì una specie di caveau che emerse da dietro una
tenda, dietro al bancone, mi chiesi subito che cosa avesse di tanto
particolare, quella bacchetta, per stare dentro una cassaforte.
«Provi a eseguire il
Vingardium Leviosa su quella sedia, signore... »
Presi il legno, lo impugnai bene come mi aveva suggerito Alshain quando
mi aveva fatto provare gli incantesimi con le bacchette, sentii subito
uno strano formicolio che mi risaliva dalle dita strette, su su, fino a
tutto il braccio, e scese giù nel cuore. Puntai e pronunciai
l'incantesimo, scandendo bene: la sedia, con scatto nitido e perfetto,
si sollevò all'istante di dieci centimetri.
«Sembra quella giusta...
Figliolo... prova ad aprire e chiudere questi tre diversi cassetti...
»
Tentai di nuovo e di nuovo l'incantesimo fu eseguito con precisione
millimetrica.
«Abbiamo finalmente trovato la
tua bacchetta, Regulus... »
«Che legno è?
Perché stava in quella cassaforte?»
Olivander mi fissò con i suoi occhi vacui e un po'
inquietanti.
«È una bacchetta di
Cipresso e Crine d'unicorno: non è preziosa in senso
materiale, è preziosa per me... ci stavo lavorando durante i
bombardamenti babbani su Londra... potevo morire quel giorno e invece
mi sono salvato, proprio mentre ci stavo lavorando... è
anche l'ultima rimasta della serie di cinque che ho costruito, in quel
lontano 1940, usando il legno dello stesso Cipresso e il crine dello
stesso Unicorno... Le sue sorelle... tre sono andate distrutte in
quell'incendio, nel tentativo di salvarmi e salvare il negozio...
l'unica della serie che ho venduto, invece... »
«La vendette a me... la
vigilia del mio compleanno, poche settimane prima… dico
bene?»
«Proprio così,
signor Black... »
Guardai di nuovo la bacchetta, la mia bacchetta. Non era legata alla
propensione al volo, non era fatta di un materiale particolarmente raro
e ricercato, ma aveva sconfitto con le sue sorelle la
malvagità dei Babbani, salvando Olivander e la sua
attività centenaria, mi sembrava un ottimo auspicio, per un
Mago che portava il nome dei Toujours Pur... Inoltre, era imparentata
alla bacchetta di mio padre.
«Questa è la mia
bacchetta, padre... non voglio tentare con nessun'altra!»
*
«Perché i Babbani
bombardarono Londra? E cosa significa... bombardare?»
«Hai presente gli effetti
dell'incantesimo “Bombarda”? È una cosa
simile, solo che i Babbani non avendo la Magia, devono creare delle
enormi palle, di materiale pesante, o piene di qualcosa di velenoso, o
di tagliente, che poi esplodono, distruggendo cose e uccidendo
persone... Tu sai che cosa si dice... se c'è una guerra nel
mondo magico, c'è una guerra anche nel mondo babbano...
»
«Tu hai visto la guerra dei
Babbani, papà?»
«Sì... in parte...
tu la sai, Grimmauld Place è in piena Londra, ma i nostri
incantesimi ci proteggono da ogni genere d’interferenza dei
Babbani, e comunque, io, da piccolo, ho passato molti anni a Zennor...
ho visto la guerra con i miei occhi l'anno in cui sono entrato a
Hogwarts, per la prima volta... quando ho dovuto prendere il treno per
la scuola, alla stazione di Kings Cross, ho visto tanti Babbani che
mettevano i loro figli sui treni, per mandarli a ovest, a vivere
lontano dalle città, in aperta campagna, per assicurarsi che
non morissero nei bombardamenti... Sì... avevo la tua
età, e nel nostro mondo, all'epoca, c'era Grindelwald, a
portare scompiglio... Nel mondo dei Babbani invece c'era un germanico,
un certo Hitler, che ha causato la morte di tante persone, in tutta
Europa; voleva conquistare l'Inghilterra, ma i Babbani inglesi sono
riusciti a respingerlo e alla fine hanno vinto la loro guerra, insieme
ai Babbani di Francia, d'America, di Russia e di altre nazioni...
»
«E perché ha ucciso
tutte quelle persone, questo Hitler?»
«Non sono molto ferrato in
storia dei Babbani, figliolo... lo sai, sono persone a noi inferiori,
è inutile cercare di trovare logica nelle loro azioni... da
quel poco che ho letto, però, alcuni dicono che si sia
mascherato dietro a delle scuse per appropriarsi delle ricchezze di un
altro popolo, altri dicono che fosse un pazzo, esaltato dall'idea di
una razza superiore che dominasse su tutte le altre.»
«Cioè? Stai dicendo
che ci sono i purosangue anche tra i Babbani?»
«Non dire sciocchezze,
Regulus: la feccia è feccia, non si può
distinguere... inoltre a nessuno di noi verrebbe in mente di fare
stragi simili: ha ucciso più di sei milioni di persone,
è atroce!»
«Ma erano Babbani, padre!
Bellatrix dice sempre che non è male liberarci di loro...
»
«No, Regulus... no! Un Mago
è talmente superiore alla feccia che non si macchia
toccandone il sangue... in nessun modo... toccare il sangue impuro...
non si fa... mai!»
«Ma Bellatrix dice che i
Babbani soffocano la nostra Magia... »
«Ed è per questo
vanno contenuti, per questo si deve, in ogni modo, evitare la
contaminazione tra loro e il nostro mondo, per questo è
osceno quello che ha fatto tua cugina... ha sporcato il nostro sangue
puro unendosi a chi puro non è... Per questo è
abominio considerare i Nati Babbani come noi, permettere loro di
apprendere la Magia, di possedere una Bacchetta, di viverci accanto. Il
nostro Sangue, il nostro Potere, è qualcosa di puro, che va
difeso strenuamente, eliminando ogni contatto e contaminazione,
perché unendo il nostro sangue puro al loro, la nostra Magia
poco alla volta s’impoverisce e alla fine diventiamo
incapaci, esattamente come loro... »
«Che cosa possiamo fare
allora? Se siamo in pericolo, perché il Ministero non ci
protegge?»
«Perché al
Ministero lavorano tanti incapaci, Regulus... è successo
già altre volte che chi era al governo non ha saputo
prevedere i pericoli... per questo quelli come noi, che hanno a cuore
il futuro del Mondo Magico, devono vigilare, opporsi, controbattere,
ostacolare la deriva... e prendere decisioni sofferte, come siamo stati
costretti a fare noi, quando Andromeda... ora capisci, vero?»
Lo guardai, e annuii, ma ero un po' confuso. Il discorso di
papà era ragionevole, era quello su cui ero sempre stato
istruito e preparato, ma per quanto simile, mi sembrava diverso da
quello che ultimamente faceva nonno Pollux o, ancora di più,
Bellatrix: lei, in particolare, diceva che bruciare il nome di
Andromeda dall'Arazzo non era sufficiente, che per dare un segnale
veramente forte, era necessario “scovarla e dare a lei e a
quel porco di Tonks, il fatto loro” anche se non capivo di
cosa si trattasse, e il fatto che suo marito, Rodolphus, ridesse di
cuore, non mi rassicurava molto.
«Padre... ma allora il...
Signore... Oscuro... è lui l'unica salvezza per il nostro
mondo? Come dice Bellatrix? Perché tu dici che il Ministero
deve vigilare, ma dici anche che è fatto di tanti
incapaci... e Bellatrix dice che il Signore Oscuro vuole... riportare
all'antico lustro il Ministero e salvare il Mondo Magico... quindi
è lui la nostra salvezza? E allora perché...
»
Vedevo che seguiva con attenzione il mio discorso, che non mi guardava
con sufficienza e impazienza, come si fa con un bambino petulante,
mentre camminavamo per la strada deserta, con la mia scopa da Quidditch
nuova sulle spalle e la bacchetta nella tasca interna del panciotto.
«... Perché? Avanti
Regulus, sono contento quando mi fai queste domande... »
«Perché si dice
anche che... gli Sherton sono stati attaccati dal Signore Oscuro? Io ho
sentito parlare il mio padrino, so che non è filo babbano...
io non... capisco... »
Mio padre si fermò, mise mano al panciotto ed estrasse un
sigaro, l'accese con la Magia, gli occhi persi lontano, nella neve,
aspirò una lenta, corposa boccata, poi tornò a
fissarmi.
«Ascoltami molto
attentamente... A volte, quando due persone vogliono la stessa cosa,
invece di collaborare per ottenerla più facilmente, si fanno
la guerra per avere l'onore di possederla per primi, di poter dire a
tutti di essere i campioni... Alshain Sherton e il Signore Oscuro
vogliono la stessa, identica cosa... mettere le mani sul Ministero e
indirizzare il Mondo Magico dalla parte giusta... i loro metodi sono
molto diversi, ma la finalità è la stessa...
pertanto... non credere a chi dice che Alshain Sherton sia un amico dei
Babbani... è mio amico ed è il tuo padrino... ed
io non sono certo un folle che lascia i propri figli nelle mani di un
amico della feccia... chiaro?»
Annuii, mentre lo fissavo incapace di respirare, data la schiettezza
con cui mi parlava.
«Ora... tu ormai sei grande e
puoi capire: voler bene a una persona e portargli rispetto non
significa accettarne e condividerne ogni opinione e ogni azione,
ciecamente. Noi adulti, persino quelli più sicuri, abili e
affascinanti, spesso commettiamo errori, proprio come si fa da
bambini... E il tuo padrino, a cui voglio bene come a un fratello, e tu
questo lo sai, ha commesso un errore... »
«Un errore? Quale errore,
padre?»
«Mettere il proprio orgoglio e
la propria vanità davanti alla prudenza e alla
moderazione... ricordatelo sempre, figliolo... prima ancora che verso
noi stessi, la nostra ambizione e i nostri desideri... noi abbiamo il
dovere morale di assicurare il benessere della nostra famiglia, del
nostro sangue e del nostro nome... La nostra eredità,
Regulus, ci rende grandi, ma ci carica anche di tante
responsabilità. Responsabilità verso chi viene
dopo di noi e chi è venuto prima di noi. Il sacrificio che
ci è richiesto può sembrare difficile da
sopportare, ma deriva dal fatto stesso che noi siamo Black, ed
è nel fatto di essere Black che troverai anche la
giustificazione, il sollievo e la soddisfazione... Un giorno il destino
potrebbe chiamarti a sposare la donna migliore per la nostra famiglia,
ma non quella con cui vorresti vivere... a occuparti degli affari della
famiglia, invece di girare per il mondo, come un avventuriero, o a
scegliere ciò che è meglio per tuo figlio, anche
se quella scelta ti farà soffrire... Il mio compito,
Regulus, non è essere severo per il gusto di rovinarti i
divertimenti e farti crescere triste, o prima del necessario... anche
se, lo so, a volte può sembrarti che sia così...
io devo, per quanto posso, mostrare a te e a tuo fratello come si
affronta la vita, con tutte le scelte dolorose che prima o poi dovrai
compiere, e... nonostante la sofferenza che potresti provare, trovare
comunque la soddisfazione e il sollievo proprio nella consapevolezza di
compiere il tuo dovere. È questo che darà un
senso vero alle nostre azioni, non la reputazione, l'idea che gli altri
si fanno di noi... ciò che davvero conta è la
consapevolezza, intima, qui nel tuo cuore, di aver fatto la cosa
giusta... Ricordati, Regulus... tutto ruota intorno alla
famiglia e al sangue... TUTTO... il resto, invece... vola via
soffiandoci sopra, come fosse polvere... »
***
Orion Black
Zennor, Cornwall - sab. 22 gennaio 1972
La
festa stava procedendo secondo programma, gli ospiti erano impegnati a
discutere del nulla, pettegolezzi e facezie, per lo più,
anche se alcuni irriducibili si attardavano intorno a Malfoy e al
Ministro Lodge per parlare di politica. Il Mondo Magico era in
fermento, la carica di Lodge era solo temporanea, un ponte che doveva
portarci alle elezioni e darci un nuovo Ministro entro l'estate. Tutti
i miei amici puntavano a riconfermarlo: in quelle poche settimane, era
stato abbastanza pungente e fastidioso, garantendo che fossero bloccate
sul nascere alcune nuove misure in favore dei Nati Babbani, che gli
uomini di Dumbledore volevano far passare, grazie all'onda emotiva
della morte di Longbottom. A me Lodge non piaceva, soprattutto
perché orbitava attorno alla cerchia di Malfoy e, per quanto
non pensassi neanche lontanamente ormai a ribellarmi in qualche modo,
sapevo che se avesse tenuto il potere per i cinque anni garantiti dalla
legge, il Signore Oscuro sarebbe stato facilitato nell'opera di
conquista dell'intero Mondo Magico.
Ormai
è inevitabile... se fosse facilitato, almeno ci
risparmieremmo altri lutti e tragedie...
L'alternativa era quella vecchia cariatide ammuffita e filobabbana di
Dumbledore, che non aveva le palle di scendere in campo in prima
persona, soprattutto per non perdere l'opportunità di tenere
gli artigli sui nostri figli, e mandava avanti, al suo posto, Tiberius
Odgen, un individuo di cui avevo un minimo di rispetto solo
perché mio cognato, nonché cugino, Alphard, me ne
aveva parlato come di una persona dalle idee opposte alle nostre ma
fondamentalmente onesto. Questo non gli garantiva di certo, comunque,
il mio voto. Rabbrividii, colto dal ribrezzo quando tra gli ospiti
intravvidi anche l'ultimo personaggio di cui si parlava come di
possibile candidato: Bartemius Crouch. Visto quello che già
pensavo di lui, dalla sera di Herrengton, e vista la recente antipatia
dovuta al processo, benché non avessi alcuna voglia di
votare, né mi sentissi rappresentato da chicchessia, mi
bastò guardarlo per decidere che se mai avessi votato,
l'avrei fatto solo per il suo avversario, giusto per scongiurare il
pericolo di trovarci quell'ulteriore disgrazia tra i piedi.
Lucretia mi si avvicinò, interrompendo i miei pensieri, mi
sussurrò all'orecchio, divertita, che avevo un'espressione
talmente truce, mentre guardavo Crouch, che avevo messo in allerta
almeno un paio di Aurors, accorsi per proteggere il Ministro, quindi mi
propose di allentare la tensione con un brindisi a mio figlio; io
sorrisi, un semplice sorriso di circostanza, e la ringraziai: di tanti
parenti insopportabili, mia sorella e mio cugino Alphard, alla fine,
erano passabili, non per questo, però, ero tentato di
sopportarli più del necessario.
Come
avrei bisogno, adesso, di una delle tue battute, dannata canaglia
scozzese...
Dissi due parole in pubblico, in onore di mio figlio e degli invitati,
ringraziai i miei genitori e i miei suoceri, che con Walburga si erano
impegnati per la buona riuscita e la piacevolezza della giornata, poi
tornai nelle retrovie, tenendo sempre d'occhio Regulus a distanza,
mentre mia moglie vegliava su di lui tampinandolo continuamente.
«Sembra una chioccia che
presidia la nidiata di pulcini, ahahahah... »
«Salazar, figurarsi se potevo
passare dieci minuti respirando aria pulita, Lestrange... »
«Non vorrei che perdessi
l'abitudine di avermi intorno... Come va il braccio, Orion? Fa ancora
tanto male?»
«Abbastanza da non permettermi
di dimenticare... »
Lestrange si mosse, dal mio fianco, fino a piazzarmisi di fronte,
talmente vicino da non permettermi di vedere altro. Sorrideva, aveva
qualcosa, nel bagliore dello sguardo, che ricorda un lupo famelico.
«Davvero? Allora comprendi
come mi sento, da quella sera nel patio degli Sherton... »
Walburga ci fissava, feci un sorriso forzato e incurante, poi, per
rassicurarla, offrii a Rodolphus un altro bicchiere: il
“nuovo” Lord Lestrange, mostrando una moderazione
che non credevo gli fosse congeniale, rifiutò, continuando a
sorridermi e a starmi tanto vicino da essere molesto.
«Basta così, ho
già bevuto a sufficienza, gli eccessi vanno bene per i
ragazzini senza responsabilità e per i vecchi che non hanno
più nulla da dimostrare al mondo, non trovi,
Orion?»
«La saggezza, Lestrange,
è una maschera come un'altra... ma per chi sa guardare
oltre... resta sempre e comunque una maschera... »
«Già... tu poi...
sei un campione, quanto all'indossare maschere, no? Ho saputo che
Abraxas è venuto a trovarti ieri sera, qui, a Zennor... non
sapevo foste amici tanto... intimi... »
«Non dubito che Abraxas sia
corso a informarti del nostro incontro... ma non so se ti abbia anche
raccontato... di come abbia cercato di convincermi a mollare i miei
nuovi impegni legali... »
«Certo... ma volevo vedere se
me ne avresti parlato. Un consiglio... interessato... ma penso...
ottimo... a me interessa trattare solo con chi è capace di
rispettare gli impegni presi, Black... ci siamo accordati, no? Non mi
farebbe piacere scoprire che ti stai impegnando anche con altri...
»
«Non ho alcuna intenzione di
affidare a Malfoy i figli di Sherton, se è questo che
temi... »
«Ottima decisione, non vorrei
dare un dispiacere a mio fratello, ci tiene alla sua
fidanzatina!»
«Non c'è alcuna
fidanzatina, Lestrange, e tu lo sai... le carte, che mi rendono tutore
di quei ragazzi, non mi danno il potere di prendere decisioni del
genere, per nessuno dei due... »
«Non ti preoccupare, Orion, lo
so bene... ma non importa, perché quello che ho in mente per
la sorella di Mirzam Sherton... non richiede il ricorso ad alcuna carta
bollata... Ahahahah... »
«Guai a te se oserai farle...
»
Sentii il respiro mozzarmisi, mentre un conato di vomito mi risaliva
fino in gola. Lo guardai, stava bisbigliando qualcosa, divertito,
quando sentii il sapore aspro della bile lasciare il posto a quello
ferroso del sangue, sulle labbra, iniziai a tremare, terrorizzato.
«Sei molto pallido Black: le
emozioni forti non ti fanno bene e neanche l'alcool... dicono che aiuti
a tirarsi su ma a te pare far proprio l'effetto opposto, ahahahah... ti
saluto, stammi bene... »
Lo guardai andarsene, tremavo di rabbia e di disgusto, mentre
lentamente la maledizione finiva di fare i suoi effetti su di me.
Strinsi la mia coppa di Firewhisky tanto forte che lo stelo mi si
spezzò in mano, mi tagliai con i vetri e sparsi un fiotto di
sangue sui miei vestiti e sulla tovaglia del tavolo accanto. Subito
Kreacher si materializzò per pulire e soccorrermi, io lo
scansai in malo modo, e mi allontanai, deciso ad approfittare della
necessità di ritirarmi in un bagno, a curarmi, per liberarmi
di tutte quelle presenze moleste. Sentivo la testa pulsare ed
esplodere, sudori freddi salirmi per la schiena. Mi chiusi nella
toilette, appena in tempo, rigettai tutto il Firewhisky, e il pranzo e
qualsiasi altra cosa avessi buttato nello stomaco, ma per fortuna non
del sangue. Mi slacciai il colletto, allentai la cravatta, mi sorressi
al lavandino, dopo essermi sciacquato la bocca e la faccia con acqua
fredda; come se non fosse la mia, guardai la mano ferita, il sangue, il
sangue puro dei Black che scivolava via, misto all'acqua, mi guardai
allo specchio, bagnandomi il viso con la mano insanguinata mi ero
sporcato di rosso tutta la guancia sinistra e l'occhio destro, sentii
solo allora la zaffata ferrea del sangue penetrarmi nel naso e
annebbiarmi la vista. Fu un attimo e ripresi a rigettare, ancora e
ancora, fino a non avere dentro più niente, solo conati che
tormentavano il mio corpo , togliendomi sempre più forze, le
lacrime dello sforzo che si mischiavano ad altre lacrime, quelle che da
una settimana non riuscivano a staccarmisi dagli occhi.
Salazar...
dammi la forza di andare avanti, di portare tutto fino alla fine... ti
prego...
Rimasi lì, seduto sul pavimento, la mano ancora ferita, a
guardare il sangue che scivolava via e sporcava ora anche il tappeto,
solo quando iniziai a sentirmi la testa girare capii che avevo perso il
controllo... allora evocai una pozione disinfettante e delle bende,
cercai di curarmi alla meglio, cercai di sollevarmi, ma non ci
riuscii... sentendomi indebolito, evocai una doppia dose di pozione
Rimpolpasangue.
Devi
farcela, Orion, devi...
Guardai l'orologio da taschino, erano quasi le 4 del pomeriggio. Mi
fissai allo specchio, cercai di porre rimedio alla devastazione che
avevo davanti. Poi, finalmente, l'impassibile Orion Arcturus Black
tornò dai suoi ospiti, la sua consueta maschera in faccia,
pronto per l'atto finale.
*
la sera prima
È
passata quasi una settimana...
Scesi la scalinata che immetteva nel giardino, attraversai i passaggi
tra le siepi, cristallizzate dal vento gelido e, aiutandomi con un
bastone da passeggio, risalii la collina, diretto alla grande quercia
secolare a picco sulla scogliera. E continuavo a pensare solo a questo,
a quei giorni trascorsi lentamente, tutti uguali, senza una risposta,
ma con tante, troppe domande, tante paure, nessuna speranza, annegati
in un silenzio, giorno dopo giorno, più spaventoso. Quando
arrivai alla sommità, vidi sotto di me il mare mugghiare
inferocito contro la costa frastagliata, incuneandosi tra gli scogli
bruniti dalle alghe, illuminati dall'ultima luce del giorno. Alzai le
braccia e chiusi gli occhi, per concentrarmi, feci il vuoto nei miei
pensieri, poi iniziai a muovere lentamente la bacchetta, mentre le mie
labbra si piegavano in una sorda, monotona litania.
«Bla bla bla... Ancora con
questi incantesimi da studente, Black? Salvio Hexia non è
efficace, se devi guardarti dalle persone che hai invitato tu stesso a
entrare... Protego Horribilis è inutile contro le
Maledizioni senza Perdono... quanto a Homenum Revelio... non ti serve
neanche quello... perché... eccomi qua... non mi sto neanche
nascondendo... »
«Malfoy! Che cosa diavolo ci
fai qui? Come sei entrato?»
Abraxas Malfoy, ospite indesiderato quanto inaspettato, emerse con
un'alzata di spalle da dietro la quercia, avvolto in uno dei suoi
sfarzosi mantelli scuri da Mago rispettabile, un ghignetto sardonico e
divertito sul volto, la bacchetta tesa, pronto a reagire se avessi dato
seguito alle minacce che saettavano dal mio sguardo. E infatti, senza
quasi rendermene conto, avevo serrato con più forza il mio
legno e glielo stavo puntando addosso, allucinato.
«Vattene immediatamente da
questa proprietà, sei stato invitato, certo, ma l'invito
vale solo per domani, non voglio nessuno qui adesso, e non sono tenero
con gli scocciatori... sei avvertito... »
«Avanti Orion, che cosa
vorresti fare? Sono passati da un pezzo gli anni di Hogwarts, vero, ma
non credo tu abbia dimenticato come finivano sempre i nostri duelli nei
Sotterranei... »
«Ricordo... un dannato baro,
che faceva sempre il gradasso con i più piccoli...
un'abitudine che a quanto pare hai tramandato con il sangue a quel tuo
insulso figlio anemico... I Malfoy... gente che non ha mai avuto le
palle di comportarsi e combattere rispettando le regole... »
«Regole... che importanza ha
il rispetto delle regole, se non garantisce neanche il perseguimento
dei propri scopi? Per esempio... assicurarsi che i propri figli
finiscano nella casa giusta... guardami negli occhi e ora dimmi che sei
soddisfatto del tuo “rispettare le regole”...
»
«Guardati tu... se sei capace
di sostenere la tua stessa vista senza vomitare... »
«Ahahahah... sei il solito,
Black, scadi nella volgarità gratuita, quando non sai
difenderti... »
Digrignai i denti e serrai ancora di più le dita attorno
alla bacchetta, puntata contro il suo stomaco, la mente piena di
pensieri e intenzioni cruente, Malfoy rise, fissandomi tranquillo,
appoggiato al suo immancabile bastone da passeggio, il viscido volto
pallido lasciato scoperto dai capelli raccolti in un lezioso codino.
«Non infierisco solo
perché immagino quanto tu sia sconvolto, ma ti faccio
notare... che il nero del lutto non ti dona proprio, Black... ti stai
smagrendo troppo per continuare a portarlo con eleganza... tutte queste
preoccupazioni, questi pensieri... chi te lo fa fare? Hai
già i tuoi due figli di cui occuparti, e mi pare che il
primogenito te ne stia dando parecchi di pensieri... perché
non lasci ad altri il compito di occuparsi di quei mocciosi del Nord?
Io non ho nulla da fare, se vuoi, posso aiutarti... e tu... non hai
più nulla da guadagnarci, mi sembra... stando a Rodolphus
Lestrange, neanche una futura nuora per uno dei tuoi marmocchi!
Giusto?»
«Non so che cosa tu voglia,
Malfoy, e non m’interessa saperlo, t’invito per
l'ultima volta ad andartene con le buone, domani qui ci sarà
la festa di mio figlio e non permetterò né a te
né ad altri di farmi perdere altro tempo o di rovinarla...
»
«Davvero? Allora penso che
dovresti impegnarti un po' di più per la sua buona
riuscita... »
«Mi stai minacciando? Osi
minacciarmi in casa mia?»
«E anche se fosse? Ti
ribelleresti con uno degli incantesimi che ti ha insegnato Vitius?
Ahahah... ma guardati... tremi come una foglia, Black... sto cercando
di darti un buon consiglio... Come hai appena detto, domani qui ci
sarà la festa di Regulus, e sappiamo entrambi che non
saranno quattro inutili incantesimi a garantire la buona riuscita del
banchetto e il benessere dei tuoi cari.»
Sentii il gelo della minaccia scorrermi addosso e cristallizzarsi nel
cuore, impedendomi altre reazioni. Non ne potevo più, non
avevo più forze, né fisiche né mentali.
«I miei pensieri e i miei
ricordi sono già in mano al tuo padrone, Malfoy... non ho
più nulla da darti, chiedi al tuo compare, al nuovo... Lord
Lestrange... non ho altro da aggiungere... »
«Orion... »
«Toglimi subito quella mano di
dosso!»
Fissai disgustato la pallida mano che quel bastardo aveva osato
allungare verso di me, fino a serrare il mio avambraccio.
Quello che...
Sotto gli abiti e le pregiate sete, il mio braccio era serrato in una
fasciatura, medicato quotidianamente dal mio Elfo, in gran segreto: mi
faceva soffrire come un dannato, a causa della bruciatura della
Maledizione di Rodolphus Lestrange, quella che mi aveva scagliato
addosso al ritorno da Hogwarts, per convincermi a dargli “con
le buone” il mio ricordo dell'incontro con Dumbledore, Fear e
il piccolo Rigel Sherton.
Mi sottrassi a Malfoy come se il suo tocco avesse attizzato ancora il
fuoco, mi chiesi se sapesse, ma immaginai di sì, immaginai
come quei bastardi ridessero alle mie spalle e questo mi diede la forza
di reagire. Lo fissai senza esprimere alcun genere di emozione, a parte
il disprezzo e l'odio e il rancore. Rodolphus aveva preso i miei
ricordi, quelli che confermavano, senza ombra di dubbio, che era Mirzam
l'erede di Alshain... Aveva riso, soddisfatto, Rodolphus Lestrange,
quando aveva avuto conferma dei suoi sospetti, poi mi aveva detto che
sarebbe finita così, senza ulteriori attacchi.
E
invece... il mattino dopo... avevano fatto scoppiare l'inferno...
Mi voltai e ripresi la discesa, lasciandomi Malfoy alle spalle, chiuso
nel mio dolore, preda del ricordo peggiore. Ero svenuto quando Moody mi
aveva convocato ad Amesbury e avevo visto i ruderi incandescenti del
maniero di Alshain: era stato distrutto dalle fondamenta, usando
l'Ardemonio, e il Marchio del Signore Oscuro aveva campeggiato per un
giorno e una notte interi sui cieli del Wiltshire, visibile per Km e
Km, le squadre di Obliviatori costrette a fare straordinari per giorni.
Da allora, avevo avuto il coraggio di tornare a Hogwarts una sola
volta, e fissare negli occhi i miei figliocci era stato terribile.
Rigel era stato forte, mi aveva fatto vedere l'anello della madre,
rivelava che era ancora in vita Io, però, dopo quanto avevo
visto, sapevo che quella vita equivaleva a essere prigioniera, e non
osavo immaginare che cosa le stessero facendo. Arrivai a pregare che la
morte sopraggiungesse per lei al più presto. Nei giorni
seguenti, privo di coraggio, avevo spedito gufi a Dumbledore, spiegando
la situazione e pregandolo di occuparsi in prima persona dei ragazzi,
mentre io ero impegnato a Londra a curare i loro interessi e sbrigare
tanta, troppa burocrazia.
«Orion Black!»
Non lo ascoltavo, sentivo solo i passi rapidi di Abraxas, dietro di me,
mentre scendevo la collina come un automa, senza più alcuna
volontà.
«Orion Black! Aspettami... Non
vuoi conoscere la verità? Non vuoi essere di un qualche vero
aiuto al tuo amico fraterno? Mi vuoi dunque deludere? E deludere
proprio lui, proprio ora che ha bisogno di te? E pensare che mio cugino
ha sempre contato tanto su di te... »
Mi fermai, inghiottendo fiele, strinsi i denti per mascherare e
contenere la furia e il dolore che mi devastavano di nuovo, mentre i
ricordi, le speranze deluse, le paure si cibavano di me. Mi voltai a
guardarlo, solo quando mi sentii abbastanza forte da affrontarlo ancora.
«Li avete uccisi, tutti... e
avete messo un'ipoteca pesante sul futuro dei figli rimasti... io non
so nulla di Mirzam, se è questo che vuoi sapere... se
è questo il prezzo per ascoltare altre bugie... se lo
sapessi, ti assicuro che non esiterei un solo istante a vendere
quell'idiota in cambio della salvezza di Meissa e di Rigel... non
m’interessa da che parte sta, non m’interessa se
è colpevole o innocente, non m’importa nulla di
lui e della sua sorte... perché... ho visto cosa
è successo ad Amesbury, e so che, giuste o sbagliate che
fossero, sono state le sue folli decisioni a determinare la rovina di
tutti gli altri! E questo mi basta per maledirlo!»
«Orion...
calmati... »
«No, non avrei alcuno scrupolo
a dirti dove si trova... ma non ne so nulla, nulla! Nulla!»
«Orion... »
«Vattene, andatevene tutti,
andate al diavolo voi e lasciate che ci vada
anch’io!»
Ripresi a camminare, Malfoy mi prese ancora per la coda del mio
mantello ed io mi voltai inferocito, la bacchetta subito piantata nella
sua gola.
«Avanti Black... so che sei
portato per il melodramma, ma questo è troppo anche per
te... che ne diresti di cambiare personaggio e vestire i panni
dell'eroe e del salvatore, una volta tanto?»
«Sparisci!»
«Potrei farlo io, certo, ma
poi... mi toccherebbe dare troppe spiegazioni... o rivolgermi a un
altro... complice... e quello è sempre difficile da piegare,
comprare, minacciare... invece ho già te, che sei adatto,
molto più adatto di chiunque altro... pensaci... non vuoi
sapere la verità, trovare una risposta a tutte quelle
domande che ti tolgono il sonno? Non vorresti diventare utile, e di
conseguenza intoccabile? Già una volta hai riportato Sherton
alla vita... perché non stavolta? Perché
continuare a vivere una vita cupa, mortale, grigia? Perché
continuare ad avere paura di guardare in faccia quei ragazzi... quando
potresti essere invece colui che porta a tutti quanti loro la vita...
»
«Tu sei pazzo... lasciami in
pace... »
«Alshain Sherton è
vivo... aspetto solo il momento più adatto per riportarlo in
scena... sorpreso, Black? Sarai tu l'artefice del miracolo,
ancora una volta... ancora una... ti darò ciò che
più desideri in questo momento, Black... e in cambio... non
intendo neanche chiederti qualcosa!»
«Di cosa diavolo stai
parlando? Credi che sia uno stupido? Che ti lasci prenderti gioco di
me?»
«Non porterò alcun
dono a tuo figlio, domani, Black... a parte il suo padrino... vedi di
farti trovare pronto, Orion... o Alshain Sherton potrebbe sparire per
sempre... »
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti
hanno letto, commentato, aggiunto la storia alle varie liste, ecc ecc.
Auguri di buone
vacanze, se non ci sentiamo
prima! Ciao!!!
Valeria
Scheda
Immagine
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