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Autore: Terre_del_Nord    17/07/2014    7 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.026 - La Bacchetta di Regulus

IV.026


Albus Dumbledore

Hogwarts, Highlands - ven. 21 gennaio 1972

L'orologio a pendolo segnò all'improvviso le 4: alzai gli occhi dai miei documenti, meravigliato di come quel pomeriggio fosse scivolato via tanto in fretta, nonostante stessi lavorando ai noiosissimi incartamenti che mi aveva sottoposto, di primo mattino, quel piantagrane del Consigliere Malfoy. Il sole pallido stava sparendo dietro le montagne, illuminando dell'ultima luce rosata le punte innevate degli alberi e i crinali aspri, mentre il grido acuto di un'aquila reale spezzava, in lontananza, il silenzio sospeso tra il Lago Nero e la Foresta Proibita. Era pieno inverno, ancora, le giornate iniziavano, però, seppur impercettibilmente, ad allungarsi.

    È già passato un mese dal solstizio... E quasi una settimana dai fatti di Londra...

Mi sollevai, lentamente, sospirando, le giunture delle ossa scricchiolarono dopo essere rimasto tante ore fermo alla scrivania, mi avvicinai a Fanny e le accarezzai la testa, mentre le versavo delle granaglie nella ciotola. Lasciai scorrere lo sguardo sui ritratti degli antichi Presidi: tutti, Phineas in testa, stavano fingendo di sonnecchiare, in realtà, lo sapevo, mi osservavano di sottecchi, pronti a intervenire se avessi richiesto loro un aiuto o un consiglio. Avevo bisogno di riflettere, prima di interpellarli, dovevo ripercorrere fatti e conversazioni, alla ricerca di ciò che suscitava in me troppe perplessità. Rimestai la legna nel caminetto, ravvivando le fiamme e infine, dopo aver soffocato le ultime indecisioni, aprii l'anta dell'armadio che custodiva il bacile del pensatoio. Puntai la bacchetta sulla mia tempia ed estrassi un lungo, contorto filamento argentato, lo avvolsi sul legno, quindi lo riversai nel bacile, dove si espanse rapido, simile a un liquido iridescente. Lanciai un incantesimo di silenzio e chiusi la porta, per non essere disturbato, quindi affondai il viso nei miei pensieri.

*

Sotto la scrivania, il piede pestava ritmicamente il tappeto, nervoso e impaziente, a dimostrazione di quanto il mio ospite fosse scocciato di trovarsi lì, doveva raccogliere le mie dichiarazioni riguardo Longbottom, utili a chiudere il caso seguito dal suo Dipartimento, ed io l'avevo invitato a raggiungermi a Hogwarts, non potevo perdere tempo tornando a Londra: di recente, con la morte del Ministro, le riunioni del Wizengamot, il processo Williamson, ero stato distratto e avevo finito col trascurare gli affari della scuola. Le dita dell'uomo di fronte a me salivano di continuo a sistemarsi i baffetti tagliati a spazzola, mentre gli parlavo di alcuni episodi utili a determinare i fatti, le spalle si tendevano sotto il mio sguardo, ma subito tornavano a incurvarsi, appena guardavo altrove, debolezza tipica di chi passa troppo tempo a organizzare il lavoro degli altri da dietro una scrivania, invece di scendere attivamente in campo e, soprattutto, di chi è ossessionato dall'impressione che suscita nel prossimo.

    «No, Albus, non sono emerse novità nel Wiltshire: le fiamme appiccate a Sherton Manor sono state alimentate da “benzina”, un liquido infiammabile babbano... »
    «Benzina? Inusuale, visto che il colpevole dovrebbe essere un fervente antibabbano... »
    «... ma intelligente: non ha lasciato tracce di Magia, così ci ha reso più arduo identificarlo! Inoltre... forse si tratta di un gesto dimostrativo, Sherton si è esposto troppo con Longbottom... »
    «Capisco... sono state rinvenute tracce di... corpi?»
    «Nessuna, abbiamo trovato solo l'Elfo femmina degli Sherton tra i ruderi di Essex Street... »
    «La situazione a questo punto si presta a ogni genere di spiegazione e interpretazione... »
    «Sì... Gli Sherton potrebbero essere sfuggiti al primo attacco ma non al secondo... probabilmente hanno commesso l'errore di nascondersi ad Amesbury, per farsi curare... il Medimago trovato ucciso fa propendere la maggioranza degli Aurors per questa pista... »
    «... La maggioranza... ma non te... dico bene, Bartemius?»
    «Quello che mi suggerisce l'istinto, Albus, non ti piacerà, so che ci sei tu dietro la pista seguita da Alastor... per quanto vi diate da fare per trovare prove a sostegno della vostra tesi, io non cambio idea: gli Sherton sono e restano coinvolti... per me Charlus Potter non si è sbagliato quando ha riconosciuto Mirzam Sherton, sul luogo dell'omicidio di Podmore... quanto al padre... non è o forse non era... soltanto l'arrogante ma innocuo sbruffone vanesio che molti descrivono... »
    «Non ci sono prove che siano o siano stati complici del Signore Oscuro, Bartemius… »
    «Lo sono o lo erano... complici presuntuosi, scomodi e soprattutto inaffidabili... Sappiamo cosa si dice del Signore Oscuro... come ami designare se stesso “l'erede di Salazar Slytherin”... e sappiamo chi avrebbe i mezzi per confermare queste voci... credo che Sherton e Milord non si siano messi d'accordo sul prezzo e il Signore Oscuro li abbia puniti... non è la prima volta, da quel poco che sappiamo, che Tu-sai-chi si sbarazza di alleati che considera traditori o che si mostrano inutili. Non è questo l'importante, però, ciò che conta, è che il Signore Oscuro è e sarà sempre, soltanto, un assassino. Un assassino che va fermato... con ogni mezzo... costi quel che costi!»
    «Con ogni mezzo, Bartemius? Costi quel che costi? Noi non siamo come lui... »
    «Al diavolo te e Alastor! Il vostro dannato garantismo! In momenti come questo... in situazioni come questa... si può e si deve anche sconfinare, perché in ballo c'è il Bene Superiore!»

Lo fissai mentre scartavo un'Ape Frizzola, ripetei le sue ultime parole in un sussurro impercettibile.

    «Il Bene Superiore... già... »

Scivolai con lo sguardo alle sue spalle, senza vedere nulla, a parte fumosi fantasmi del passato, pronti a serrarmi e abbattermi. Sentii la bile stringermi le viscere e risalirmi in gola, simile a veleno. Lasciai l'Ape Frizzola scartata sul tavolo, lo stomaco chiuso, la bocca arida e aspra.

    «... In nome del Bene Superiore, Bartemius, da sempre si commettono le peggiori nefandezze... Il fine non giustifica mai i mezzi... come diceva l'altro giorno Tiberius, se perdiamo di vista le leggi che ci siamo dati e il rispetto delle stesse, non potremo più distinguerci da loro... »
    «Belle parole... con le quali non si arriva da nessuna parte... non s’impediscono le battute di Caccia al Babbano, né le scorrerie dei Lupi di Greyback, né l'assassinio di bambini inermi o la sparizione d’intere famiglie... So che molti la pensano come te... in situazioni diverse, io stesso la penserei come te... ma partiamo proprio dal caso degli Sherton, Albus: non è stato ucciso solo lui... neanche per i figli c'è stata pietà... Tu te la senti davvero di restare a guardare? Di garantire diritti “civili” ad assassini che più che agli uomini assomigliano alle bestie? Non si fanno beffe solo di noi e delle nostre leggi, Albus... loro si fanno beffe della vita stessa! Occorre fare un passo avanti... dimostrare che siamo pronti a tutto, persino a giocare secondo regole nuove... le loro... regole... »

Mi guardò enigmatico, infervorato, ma non riuscì a sostenere a lungo il mio sguardo, anzi rapido ritornò a essere sfuggente, evasivo. Iniziavo a intuire che cosa avesse realmente in testa e vedevo come lui stesso, turbato da quei pensieri, avesse paura dell'enormità di ciò che aveva proposto.

    «Hai deciso di entrare in politica... e proporre un programma di questo tenore... è così?»
    «Se non si cambia atteggiamento, che cos'altro potrei fare? Aspettare ancora? Stare ancora alla finestra? Occorre agire, Albus... Il Ministero, così com’è ora, non ha la forza di resistere a questa minaccia... neanche la vede, la minaccia... non ha strumenti per arginare una cosa così grande, più grande di noi... io temo... io penso che ci troviamo di fronte a qualcosa che... neanche ai tempi di Grindelwald... e come allora... rischiamo di svegliarci solo quando sarà troppo tardi... »

Sentii il respiro mozzarmisi, nell'istante stesso in cui quel nome fluttuò nell'aria. Crouch, preso dalla frenesia del suo discorso, non parve neanche accorgersene.

    «Hai idee chiare... diametralmente opposte alle mie... è palese che non stai cercando un mio consiglio, Crouch, né ti aspetti il mio appoggio... dunque... perché me ne stai parlando?»
    «Perché ho bisogno, invece, proprio del tuo sostegno... »
    «Non posso dartelo, non a queste condizioni... riconosco la minaccia di Voldemort, ma l'approccio che proponi non è la strada che intendo perseguire... mi dispiace... »
    «Ammetti che è necessario reagire, però... dando al Mondo Magico un Ministero forte, o sbaglio? A me basterebbe convergere su questo, per ora. Sono qui perché... Se tu t’impegnassi a spingere il Ministero verso il cambiamento, un vero cambiamento... noi potremmo... negoziare... »
    «Negoziare? Su che cosa si potrebbe mai negoziare? Non credo in un candidato Ministro che parla di “costi quel che costi”, “Bene Superiore”, “adottare le loro regole”... »
    «Il Ministero ha bisogno di una guida salda e vigile, capace di riconoscere e ammettere il problema di... Tu-sai-chi... questo lo sappiamo entrambi. I nostri fini sono gli stessi, Albus, solo le metodiche che proponiamo per ora sono diverse.»
    «Per ora e per sempre, Bartemius, non è possibile cambiare opinione su questo punto... »
    «Se noi ci presentassimo con due programmi e due candidati diversi, alle prossime elezioni, sai cosa accadrebbe? Rischieremmo di perdere o di disperdere il consenso, portando a una situazione di debolezza, di cui potrebbe approfittare proprio chi ha interesse che tutto resti com'è... E nessuno di noi può permettersi che tutto resti com'è... inoltre... la vicenda Williamson dimostra la necessità di bonificare a fondo il Dipartimento Aurors... e questa è una priorità... assoluta... »
    «... il caso Williamson... ti ha proprio sconvolto... »
    «Dovresti esserlo anche tu: inizio solo ora a scoprire il marcio nascosto là dentro, non posso permettere che il Ministero cada nelle mani di un cieco o di un colluso, che insabbi tutto!»
    «Chi si propone come Ministro non può essere anche a capo del Dipartimento Aurors, Crouch... Che cosa mi vorresti suggerire? Mi stai dicendo che vorresti collaborare al programma di Tiberius, in cambio della certezza di ricoprire ancora la tua carica al Dipartimento?»
    «Ho la capacità, la forza e il consenso necessari a propormi come Ministro, e tu lo sai... sono disposto a fare un passo indietro, a mettere le mie ambizioni al secondo posto, dietro all'interesse superiore del Mondo Magico, sostenendo apertamente, io stesso, Tiberius, e affidando a lui i voti destinati a me... in cambio, vi chiedo... la lungimiranza di accogliere alcune delle mie proposte e, soprattutto... di smettere di ostacolare il mio lavoro di pulizia al Dipartimento... »
    «Questo è naturale, Bartemius... lo sai... siamo dalla tua parte... »
    «Non dire sciocchezze! Non sono uno stupido! Tu e Alastor mettete in discussione la mia autorità... Hai detto non più tardi di pochi minuti fa, che non apprezzi me e i miei metodi!»
    «Solo perché la tua rigidità e il tuo estremismo possono diventare molto pericolosi!»
    «Anche la pigrizia è molto pericolosa, Preside... smettete di dormire ed io sarò più flessibile. Queste sono le mie proposte, leggile con attenzione... appena finiranno le tue ingerenze nel mio lavoro al Dipartimento, io m’impegnerò ufficialmente affinché Tiberius Ogden vinca le elezioni... »

*

Tre colpi decisi fecero risuonare il legno della porta, ridestandomi e ponendo fine alle mie riflessioni: avevo passato due ore ad assaporare Api Frizzole e a ripensare alle parole di Bartemius Crouch, cercando di togliermi di dosso la sensazione che quell'uomo, così rigido e risoluto, fosse non una preziosa risorsa, ma un potenziale, nuovo problema per il Mondo Magico. Mi alzai ad accogliere il visitatore: quando Horace Slughorn, il passo rapido e affettato, che pareva stonare con la monumentalità della sua figura, entrò trafelato nel mio studio, recando in mano una pergamena, sentii la vecchia tela tarlata di Phineas tossicchiare, smettendo finalmente di fingere di dormire.

    «Che cosa succede, Horace, ti vedo molto turbato... non recherai altre brutte notizie, spero!»
    «No, nessuna brutta notizia, solo... una mia terribile dimenticanza... domani è il 22 gennaio e non abbiamo ancora inviato la lettera di Regulus Black... »

Guardai verso Phineas, intercettai il suo sguardo carico di rimprovero, sospirai e mi chiesi, anche alla luce di quanto era accaduto pochi mesi prima con lo Smistamento del primogenito, che senso avesse per i Black portare avanti quelle arcaiche abitudini.

    «Lo so che cosa stai pensando, Albus... queste cose si possono fare con calma a Luglio, i ragazzi non entreranno a scuola prima di Settembre... inoltre il giovane Black non fa parte della categoria che va avvisata in anticipo, viene da una famiglia di Maghi... e non occorre rassicurare i genitori, ha manifestato le proprie capacità da tempo, ma... »
    «... i Black sono fiscali e ligi a regole e tradizioni... lo so, Horace... lo so... »

Sollevai lo sguardo verso Phineas, vidi chiaramente il vecchio Preside ergersi in tutta la propria maestosità, pronto a fare sfoggio delle sue illuminate osservazioni.

    «… Ci sono consuetudini che vanno rispettate, Albus! Dove andremmo a finire senza il rispetto e la conoscenza delle nostre radici? I Black, al pari delle altre famiglie di lunga tradizione purosangue, rispettano la vecchia pratica della cerimonia d'ingresso nella società magica, al compimento degli undici anni. In quell'occasione... »
    «… il giovane deve eseguire un incantesimo in pubblico, con una bacchetta che gli sarà consegnata dal padre. Per averla, il figlio deve consegnare, di fronte a tutti, la lettera ricevuta da Hogwarts, a dimostrazione che il Ministero ha riconosciuto la sua natura di Mago! Il ragazzino che non avesse la lettera, sarebbe ripudiato e allontanato dalla famiglia davanti a tutti, chiamato Magonò e abbandonato al suo destino... sappiamo tutti che cosa ne fu di Marius Black... »
    «Non è mai esistito alcun Marius Black, Albus! È bene che si sappia... »
    «Certo... certo... esattamente quello di cui stavo parlando... »

Tornai alla scrivania, scuotendo la testa e rabbrividendo al pensiero delle sofferenze e umiliazioni patite da quelle infelici creature, a metà strada tra due mondi contrapposti, estrassi una pergamena dal cassettino dei moduli da compilare e fissai Horace, in piedi di fronte a me. Non era difficile immaginare che cosa fosse successo: il professor Slughorn era stato impegnato un paio di giorni lontano dalla scuola, non avevo mai indagato approfonditamente, ma sospettavo esplorasse la Foresta Proibita alla ricerca d’ingredienti preziosi da rivendere al mercato nero; il pensiero dei lauti guadagni che si prospettavano da quell'attività, dovevano averlo distratto dalle abituali occupazioni Al rientro aveva di sicuro trovato ad attenderlo messaggi carichi di promesse di doni preziosi, con cui i Black lo richiamavano ai suoi doveri nei loro confronti: da quando le nipoti frequentavano la scuola, spesso il vecchio Pollux in persona aveva raggiunto Hogwarts per ricordare a tutti noi, alla maniera dei Black, quanto fossero prodighe ma vincolanti le donazioni che elargiva all'istituto.

    Per il primogenito di Orion, però, né lui né la figlia hanno sprecato mezza parola... per loro è come se fosse morto... Non oso pensare come stia vivendo l'altro bambino... Quante aspettative graveranno su di lui? Merlino santissimo... che cosa gli farebbero passare se, al pari del fratello, non fosse in grado di dimostrare di essere in tutto e per tutto un vero Black?

    «A parte il fatto che stiamo parlando di una palese violazione delle Leggi, i minorenni non devono eseguire Magie fuori dalla scuola, ti ricordo, Phineas, che gli unici ad avere diritto a un trattamento diverso sono i giovani nati in famiglie babbane che hanno bisogno di tempo per abituarsi all'idea di una realtà tanto diversa e sconvolgente... Tutti gli altri... »
    «Tu e i tuoi adorati Nati Babbani, Albus! Devo forse ricordarti quanto sono generose le donazioni dei miei nipoti? E questo nonostante il disastroso Smistamento dello scorso anno!»
    «Avanti, Phineas, ammettilo anche tu... Non vedevamo un “nato Serpeverde” tanto meritevole di finire a Grifondoro da quando il padre ha affrontato lo Smistamento, trent'anni fa!»
    «T’invito a smetterla con queste illazioni! Il risultato dello Smistamento è stato solo una patetica trovata di qualcuno che vuole denigrare il sacro Sangue dei Toujours Pur... ma a breve... vedrete tutti... come il giusto ordine delle cose sarà ristabilito!»

Il vecchio preside rumoreggiava tutt'altro che sommessamente nella tela tarlata, ci fissò con la consueta aria supponente e altezzosa, dimostrando di non apprezzare i miei commenti sui suoi eredi.
Sospirai. Da quando, circa sei mesi prima, Sirius Orion Black, primogenito di Orion e Walburga Black, erede designato del patrimonio e dei retaggi magici di una delle famiglie di più antica tradizione, era stato smistato sorprendentemente a Grifondoro e non a Serpeverde, polemiche, accuse, minacce erano state quasi all'ordine del giorno, come testimoniava la pila crescente di missive di Arcturus, il nonno, che tenevo nel cassetto destinato alla corrispondenza molesta e inutile. Al contrario, il padre del rampollo, Orion Black, pur infastidito e sicuramente sconvolto, era riuscito a mantenere un tono quasi razionale e civile, persino nei nostri incontri faccia a faccia.

    «Fammi leggere la lettera che hai in mano, Horace... Merlino! Addirittura cinque?»
    «Arcturus, il nonno paterno, poi la madre – ben tre volte-, e naturalmente Pollux... »
    «... e ringraziate che io non possa scrivere da questa tela, altrimenti… altro che cinque!»
    «… e faccio presente che queste cinque sono solo i solleciti che ho ricevuto oggi... »
    «Basta così... ho troppe cose da fare per portare alla lunga questa sceneggiata... »

Mi alzai, piegai tutte le lettere senza leggerle e le infilai nel cassetto in cui giacevano tutte le altre rimostranze dei Black, quindi colpii la pergamena vuota che avevo già estratto dalla scrivania, vidi apparire il testo tradizionale della missiva che giungeva a tutti i ragazzi invitati a frequentare Hogwarts, completai le parti con il nome del bambino, la sua data di nascita, i nomi dei genitori, il suo indirizzo, scrissi alcune parole d’incoraggiamento e di formale benvenuto, apposi la firma e la chiusi, aggiungendo a fondo lettera che la missiva con l'elenco dei libri e del corredo scolastico necessario per intraprendere l'anno scolastico, sarebbe stata inviata in luglio, a sei settimane dalla ripresa dei corsi. La consegnai infine a Horace perché la spedisse. E si togliesse dai piedi.

    «Se non c'è altro, Horace... »
    «Ti ringrazio... La Pomfrey vorrebbe parlarti, ma non c'è fretta... ti lascio ai tuoi affari... »

Horace se ne andò, mascherando con difficoltà la propria soddisfazione. Conoscendolo, avrebbe gongolato ancora di più, l'indomani, pavoneggiandosi con gli altri ospiti e intrecciando nuove produttive conoscenze, mentre il piccolo Regulus Black, nel pieno svolgimento della sfarzosa festa in suo onore, mostrava quella lettera a tutti gli invitati, dimostrazione non soltanto della sua natura di Mago ma, soprattutto, di come la Hogwarts di Albus Dumbledore si piegasse ai soldi, al nome, al sangue e al potere dei Black.

    E tutto questo perché il nostro buon vecchio Horace possa ottenere, di nuovo, un abbonamento alle partite delle Holyhead Harpies o una fornitura del suo prezioso ananas candito!

***

Regulus Black
12, Grimmauld Place, Londra - sab. 22 gennaio 1972

Il grande orologio babbano, in cima alla torre lungo il fiume, aveva appena scandito la mezzanotte: ero in fibrillazione ormai da ore, ma quell'ultimo rintocco, quello che segnava l'inizio della vigilia del mio compleanno, sembrò accendermi i fuochi d'artificio nella testa e nel petto.

    Domani, a quest'ora avrò finalmente undici anni!

Mi mossi leggero sul letto, scivolai silenzioso come un gatto fuori dal mio baldacchino, come mi aveva insegnato Sirius, raggiunsi la finestra avvolto nella coperta e mi misi a osservare la luna crescente. Il 12 di Grimmauld Place era silenzioso ormai da un paio di ore, avevo sentito mamma e papà parlare piano, nella Sala dell'Arazzo, come avveniva ormai da alcuni giorni, da quando gli Sherton erano misteriosamente scomparsi. Quella sera, però, i loro discorsi si erano incentrati sugli ultimi dettagli della festa organizzata per me a Zennor: ci saremmo smaterializzati l'indomani mattina, appena papà ed io fossimo tornati dalla “Commissione da Olivander”, il suo modo distaccato per dire che mi avrebbe accompagnato di persona a comprare la mia prima bacchetta. Non vedevo l'ora che fosse l'alba, per scoprire di cosa fosse fatto il mio primo legno, per raggiungere, poi, il negozio di articoli da Quidditch, papà me l'aveva promesso, e infine per festeggiare con tutti gli amici e i parenti a Zennor.

    Peccato solo che non ci sarà anche Sirius...

L'anno precedente, in occasione della festa di mio fratello, grazie al tempo clemente, c’eravamo mossi con alcuni giorni di anticipo, quest'anno invece, papà era stato costretto a Londra, perché, come tutore di Meissa e Rigel, in attesa del ritorno di Alshain, doveva occuparsi dei loro interessi.
Io scalpitavo per partire, adoravo l'antico maniero dei Black che sorgeva sulle scogliere del Cornwell, là dove la nostra stirpe aveva avuto origine. Nonno Arcturus ci aveva raccontato come, in seguito, gli impegni nella vita pubblica, al Ministero, avessero portato anche i Toujours Pur a trasferirsi a Londra, come numerose altre famiglie di una certa importanza: Narcisus Alphard Black aveva fatto erigere la dimora di Grimmauld Place già nel 1478, molto prima della Firma del Trattato di Segretezza Magica. La casa di Londra, in cui abitavo, non era l'unica in cui vivessero i Black, zio Cygnus abitava a Manchester, zio Alphard aveva acquistato un antico castello nelle Highlands, mentre nonno Pollux si era ritirato nel Wiltshire, dopo aver donato Lackok a Rodolphus Lestrange, poco lontano dal maniero di nonno Arcturus. Grimmauld Place era, però, la dimora più importante, dove la nostra famiglia si riuniva periodicamente perché lì era custodito il Sacro Arazzo e lì avrebbero sempre vissuto i discendenti del primogenito maschio. Zennor, a sua volta, non era mai diventata soltanto una piacevole residenza estiva, né era stata ereditata da un solo ramo della nostra famiglia, ma tutti noi potevamo goderne per il tempo in cui volevamo trattenerci... soprattutto, però, era rimasto nei secoli il santuario di tutti i Black, quello in cui celebravamo i riti più solenni, dai matrimoni ai battesimi, alla cerimonia per l'ingresso in società di tutti i giovani Black.
Non era solo per questi motivi importanti, che esaltavano tanto mamma e papà e soprattutto nonno Arcturus, legati alla sacralità del nostro nome e del nostro sangue, che amavo Zennor: quel luogo era legato al ricordo di giorni felici e inconsueti, durante i quali nostro padre aveva trascurato i suoi impegni per dedicarsi interamente a Sirius e a me. Mi voltai e raggiunsi lo scrittoio in fondo al mio letto, ero riuscito a farmi fare una copia da zio Alphard della fotografia che Sirius ed io tenevamo in quella che fino a pochi mesi prima era stata la camera di entrambi: papà, mio fratello ed io, accaldati e scarmigliati, eravamo in cima alla collina, dopo aver giocato a rincorrerci nel prato con una specie di aquilone, seduti contro il tronco della grande quercia che si ergeva alla sommità della scogliera, il mare di un blu carico e profondo che si stagliava all'orizzonte. Anche quella piattola di Sirius amava quella foto, una delle poche cose su cui eravamo d'accordo e su cui non si abbatteva la sua ironia, tanto che non avevo osato chiedergli di cedermela, quando era partito per la scuola, lasciandomi a casa, da solo. Ero anche certo che avesse nascosto l'aquilone da qualche parte, ma nonostante alcuni miei tentativi di fargli ammettere la verità, mio fratello si era sempre ostinato a dire che, a fine giornata, c'era volato via, cadendo e perdendosi poi in mare.
Improvvisamente, mentre contemplavo la foto vicino alla finestra e un senso di malinconia per Sirius e le nostre zuffe, che mai avrei creduto possibile fino a qualche mese prima, mi stava serrando il cuore, la porta iniziò ad aprirsi silenziosa e la luce tremula di una candela illuminò, rosseggiante, porzioni via via più grandi della stanza: trattenni il respiro, i peli ritti sul collo, mi guardai attorno e mi vidi perduto, ero troppo lontano dal baldacchino per tuffarmici dentro senza essere visto. La consapevolezza che mia madre stava per cogliermi in fallo e che mi avrebbe punito, vanificando tutti i progetti che avevo fatto sulla mia festa, mi riempì di sconforto.

    «Salazar! Che cosa ci fai ancora in piedi Regulus? Non vorrai prenderti un malanno?»
    «Padre?!»

Restai confuso nel trovarmi papà di fronte, veniva in camera nostra molto raramente, solo quando eravamo malati o doveva parlarci a quattro occhi di cose importanti o per riprenderci o infliggerci una punizione. Non capivo perché si trovasse lì, a quell'ora. Cercai di inumidirmi le labbra rese già secche dal timore, e tentati di dire qualcosa, qualsiasi cosa, con una voce che non sembrasse spaventata e colpevole; papà posò il porta candela sulla consolle vicino all'ingresso, poi si avvicinò, bacchetta in mano e l'aria allarmata: impose un Lumos e mi agguantò, stringendomi a sé, continuando a guardarsi attorno come se ci fosse qualcosa di pericoloso nascosto nella penombra.

    «Stavo solo... guardando fuori... mi chiedevo se sarebbe arrivata di notte... la mia lettera... »

Papà mi staccò da sé e mi fissò per capire se fosse la verità, poi, tranquillizzato, mi passò la mano sulla testa, scansandomi un ciuffo di capelli dalla fronte, un gesto intimo e raro e per questo ancora più prezioso, quindi, facendo una leggera pressione sulla mia spalla, mi fece raggiungere il letto e m’invitò a infilarmi e distendermi. Mi rimboccò per bene le coperte e si sedette al mio fianco.

    «Il Gufo di Hogwarts arriverà a colazione, Regulus, subito dopo andremo da Olivander per comprare la tua bacchetta. Nella speranza, certo, che Dumbledore non ne combini una delle sue, spedendo a Grimmauld Place uno dei suoi gufi ubriachi, capaci di perdersi per strada... »

Vidi la sua mascella contrarsi, mentre il suo sguardo lasciava me per concentrarsi su un punto lontano del pavimento. Sapevo che non era possibile, eppure per un attimo mi parve che la sua espressione burbera e tutta d'un pezzo lasciasse spazio a uno sguardo divertito.

    Possibile che mio padre stia ridendo di quello che accadde un anno fa? No, impossibile... Forse la penombra e il sonno mi giocano brutti scherzi.

Sì, doveva essere un gioco della luce, era impossibile che mio padre ridesse, visto l'episodio imbarazzante, avvenuto durante la festa di mio fratello: il gufo proveniente da Hogwarts, in ritardo, era planato a mattina inoltrata, proprio sulla tavola addobbata con il buffet per intrattenere gli ospiti prima del pranzo, calandosi in picchiata davanti a zia Domitilla, la sorella di zia Druella, e spaventandola a morte. La povera donna, sempre allarmata da quando, si diceva, da ragazzina, aveva avuto un brutto incontro con il Barone Sanguinario, a Hogwarts, si era tanto agitata che l’era caduto l'imponente copricapo a forma di cornucopia sui piedi, strappandole un ululato di dolore. Il gufo spaventato dalle urla, aveva continuato a saltellare e a spiccare il volo, alla ricerca di mio fratello, destinatario della lettera, ma Sirius, trovata la situazione buffa, e godendo dell'impunità per non essere il diretto responsabile di quanto stava avvenendo, aveva deciso di metterci del suo, nascondendosi tra i tavoli e presso le gonne vaporose delle nostre ospiti, per rendergli il compito impossibile. Kreacher, osservando l'espressione glaciale di nostra madre, aveva tentato di porre rimedio, smaterializzandosi e materializzandosi per bloccare il gufo, senza riuscirci, papà e nonno Arcturus, impassibili, avevano minimizzato, cogliendo però l'occasione per sottolineare, con gli ospiti, l'incapacità del Preside, che si palesava, una volta di più, facendo uso di gufi inadeguati. Infine, mentre mio fratello scoppiava a ridere, vedendo zia Domitilla con la cornucopia sulle ventitrè, in maniera tanto forsennata da farsi uscire Burrobirra dal naso sul vestito elegante di nonna Melania, nostra madre, lo sguardo omicida, aveva messo fine al trambusto, puntando la bacchetta sul gufo e immobilizzandolo, poi aveva ordinato a Kreacher di strappargli la lettera dalle zampine e, ottenuto il messaggio, l'aveva sottoposto a Trasfigurazione, riducendo il gufetto a un inanimato bicchiere di cristallo. Quando l'aveva scagliato a terra, rompendolo in mille pezzi, aveva guardato gli ospiti con un ghigno sadico e divertito, mentre era sommersa dagli applausi liberatori dei presenti. Nel pieno della confusione, mi ero sentito spintonare da dietro, mi ero voltato e avevo visto un bambino dai capelli color paglia e il viso cosparso di lentiggini che fuggiva via, gli occhi gonfi di pianto. Solo molto più tardi, rivedendolo alle prese con quell'uomo arcigno e sgradevole, che dava tanto ai nervi a mio padre, il capo del Dipartimento Aurors, Bartemius Crouch, avevo capito che era suo figlio, Bartemius jr.: di tanto in tanto c’eravamo già incrociati a qualche ricevimento, ma non avevamo ancora mai fatto veramente amicizia.

    «Sarebbe sconveniente dover ritardare anche quest'anno l'inizio del banchetto: conosci il programma, il ricevimento si apre con la consegna della lettera ai tuoi nonni e agli altri tuoi parenti e conoscenti, poi io ti affiderò la bacchetta e tu farai la tua prima Magia ufficiale davanti a tutti... »
    «Ho sentito zio Cygnus dire che quanto è successo l'anno scorso è stato un cattivo presagio.»

Mi fissai le mani, spaventato: io non volevo finire a Grifondoro come mio fratello. Fino a quel momento avevo aspettato con ansia la lettera come qualsiasi altro giovane Mago che sogna di varcare i cancelli di Hogwarts, in realtà, da quando avevo sentito le parole di mio zio, alla spensierata attesa si era aggiunta una sorda inquietudine, che mi arpionava e mi faceva tremare.

    E se anche per me, domani, si manifestassero dei segni funesti?

Guardai mio padre, alla ricerca di una rassicurazione, ma non la trovai. Forse per le scale che aveva fatto, forse per l'agitazione nel trovarmi ancora in piedi o qualche altro misterioso timore che colpiva anche lui, come me, papà in quel momento aveva ben poco dell'uomo arcigno e distante che chiamavo padre, con rispetto e timorata riverenza. Le guance un poco brunite dal filo d barba che avrebbe rasato al mattino, non apparivano pallide come sempre, ma leggermente accaldate, le punte dei capelli corti non erano perfettamente pettinate e spianate, celando i capelli che s’ingrigivano vicino alle tempie, ma erano un poco arruffate, segno che prima di salire da me si era attardato a leggere steso sul divano, il capo sul cuscino. Anche la casacca del pigiama, sotto la vestaglia, non era ben allacciata, un paio di bottoni era rimasto aperto, lasciando intravvedere la peluria scura sul suo petto, qua e là picchiettata da qualche ciuffo brizzolato.

    «Non angustiarti per le parole di tuo zio, Regulus! Cygnus è un brav'uomo e un ottimo Mago, un vero Black, ma anche lui, a volte, si perde in sciocchezze, e la storia del segno nefasto del gufo è solo una sciocchezza. Ora dormi, domani ti aspetta una giornata molto impegnativa... »
    «Padre... »

Lo guardai supplice, non volevo capisse quanto fossi spaventato, eppure non volevo neanche restare da solo, ad affrontare quei pensieri che non riuscivo ad accantonare. Per quanto mi sforzassi di pensare a qualcosa d’importante che potesse trattenerlo lì, però, non riuscivo a spiccicare parola.

    «Vorrei tanto poterla prendere io per primo, la mia lettera... e non essere costretto a leggerla solo dopo che l'avranno vista e controllata tutti gli altri... in fondo... è indirizzata a me... »

Ero certo che mio padre avrebbe detto di no e mi avrebbe guardato come faceva sempre con Sirius quando faceva i capricci, per richiamarmi alla necessità di essere sempre disciplinati e controllati. Ligi alle regole... Di non manifestare mai apertamente i nostri desideri e propositi. A sorpresa, invece, mi guardò ancora, poi... mio padre iniziò a ridere.

    «Merlino! Allora hai preso anche da me... non sei in tutto tale e quale tua madre! Ahahah... »

Lo fissai, incredulo, non era un sogno, mio padre stava veramente ridendo, di gusto, davanti a me.

    «So che ti ho sempre insegnato a essere controllato, Regulus, e non vengo meno a questi ammonimenti, certo... ma... è davvero incredibile che tu mi abbia fatto la stessa, identica richiesta che feci io a mio padre, appena il gufo di Hogwarts planò in casa nostra con la mia lettera!»
    «Dici davvero papà?»
    «Certamente! Avevo scalpitato tutto il giorno, in attesa che arrivasse, volevo prenderlo prima che tuo nonno se ne impossessasse... e invece... Sapessi quanto l'ho desiderata, quella lettera!»

Si guardava le mani e aveva una strana espressione sul viso, sembrava addirittura più giovane, come avveniva solo in presenza di Alshain, e... avrei osato dire... che fosse felice. Non disse più nulla per un po', io continuai a controllarlo di sottecchi, assetato di nuove confidenze, aspettandomi che sgorgassero ancora, da un momento all'altro. Rimase sospeso tra i suoi pensieri, per alcuni minuti.

    «Fin da piccolissimo, hai preso tutto da tua madre, Regulus... no, non parlo dell'aspetto, lo vedono tutti che abbiamo gli stessi occhi e gli stessi capelli... mi riferisco alla Magia: lei è stata una Strega molto precoce, già a un anno era capace di produrre fenomeni magici attorno a sé, a tre anni il suo potere era chiaramente manifesto e lei era capace di controllarlo... io, al contrario, sono sempre stato piuttosto “pigro”: tua nonna Melania mi ha confermato che produssi il mio primo vero incantesimo solo a cinque anni e non fu neppure... volontario. Lo ricordo ancora: eravamo a Lackock, correvo nei cortili, giocando a nascondino con Cygnus e Alphard e i nostri amici. A un certo punto, tua madre e Lucretia si ritrovarono con i capelli tinti di arancione, perché mi facevano di continuo i dispetti, per pavoneggiarsi con Abraxas e Roland: mi avevano fatto cadere, capisci, e avevano addirittura fatto la spia, altrimenti Malfoy non mi avrebbe mai trovato... »

Restai sbalordito, letteralmente a bocca aperta, cercando di immaginare la scena e pensando a quanto Sirius avrebbe riso se avesse saputo una cosa simile. Avrei dovuto o potuto raccontargliela?

    «Anche Sirius è stato piuttosto pigro, all'inizio... tu invece... tu hai manifestato i tuoi primi poteri fin dai primissimi mesi e anche per questo tuo nonno è stato sempre tanto orgoglioso di te... »

Parlava guardandosi le mani: era un discorso strano, i nostri genitori non ci raccontavano mai nulla di sé né di noi, da piccoli. La mamma diceva sempre e soltanto che eravamo Black e con questo chiudeva tutti i discorsi, non approfondiva mai, così, di fatto, mio fratello ed io avevamo ricordi molto frammentati e confusi della nostra prima infanzia. Eppure, più di approfondire queste piccole notizie, ciò che mi saliva alla gola, ora, era una semplicissima ma importantissima domanda.

    E tu, papà? Anche tu sei orgoglioso di me?

    «Ora basta chiacchiere, Regulus... dormi così partiremo presto domattina... »

Si alzò dal letto e si assicurò di nuovo che fossi ben caldo sotto le coperte, me le accostò con cura attorno al corpo e spianò il lenzuolo vicino al collo, scivolò con la mano a scansarmi i capelli e la lasciò indugiare così, sulla mia guancia. Ci fissammo, i suoi occhi grigi, profondi, sembravano un pozzo nero in cui potevo specchiarmi, pallida ombra tormentata. Aspettò che il torpore mi prendesse, quindi si allontanò, riprese la candela sulla consolle e aprì la porta. Mi parve di sentire la sua voce, quando fu lì, ma non potevo più capire se stessi già sognando o accadesse realmente.

    «Anch'io sono sempre stato orgoglioso di te, Regulus... e lo sarò... sempre... »

*

Kreacher si presentò nella mia stanza, per svegliarmi, alle 7.30 in punto: mi trovò già in piedi, lavato e vestito con l'abito nuovo, la mamma aveva detto che era il più adatto a una visita a Diagon Alley, di sabato mattino. Ero ben sveglio ormai da un paio di ore, in realtà non avevo dormito quasi per niente, quella notte, agitato com'ero: per un po' mi ero rotolato nel letto, sospirando e sperando, sognando e pregando, con la sensazione che non si volesse fare mai giorno. Infine, scalpitante, mi ero avvolto di nuovo nella coperta e mi ero messo di vedetta, alla finestra, in attesa dell'alba e del risveglio della città: avevo tenuto d'occhio il lento via vai dei primi Babbani che uscivano dalle case attorno alla mia per andare al lavoro, la loro vita, tanto diversa dalla mia, che piano piano si faceva più intensa. Finalmente, quando il pendolo a piano terra aveva segnato le 6,30, avevo sentito il passo leggero della mamma che si muoveva nella sua stanza: da quel momento, potevo tranquillamente fare rumore, rivelare di essere sveglio, andare in bagno e lavarmi, senza rischiare rimproveri, ma anzi ricevendo elogi per la mia “scarsa propensione alla pigrizia”.
Ossequioso e adorante, Kreacher non dovette aiutarmi a fare nulla, mi ero vestito da solo alla perfezione, aggiustò soltanto la piega posteriore dei miei pantaloni così che apparisse centrata al millimetro, poi mi ricordò che la colazione sarebbe stata servita alle 7.45, quando anche mio padre fosse sceso. Decisi di non restare nella mia stanza un secondo di più, lo seguii di sotto e trovai la casa ancora immersa nel silenzio e nella penombra, persino il quadro di Phineas era ancora vuoto: il nostro antenato amava attardarsi spesso a Hogwarts perché, come diceva sempre con tono cospiratorio alla mamma, “Dumbledore alla sera deve essere tenuto particolarmente d'occhio”.
Quando mia madre mi raggiunse, vidi che fu sorpresa e compiaciuta di trovarmi già pronto, ma non manifestò più di tanto i suoi sentimenti, anzi mentre si sedeva al tavolo mi ordinò di passeggiare dinanzi a lei, di girarmi e di girarmi ancora, così da valutare il taglio dell'abito, l'ultimo che mi aveva fatto preparare, grigio antracite con piccoli ricami argentati e fascia verde smeraldo alla vita.

    «Sei cresciuto ancora, in queste ultime settimane, Regulus! Dirò a Kreacher di chiamare a casa la sarta, dovrà preparare altri sei abiti, abbiamo molte feste, nelle prossime settimane... »

Estrasse poi la bacchetta e mi accorciò i capelli con un gesto fluido della mano, in questo modo, pensai con una nota di rammarico, mio padre non avrebbe più potuto pettinarmi come aveva fatto la sera prima. Non fece cenno di curarsi ancora di me, non mi concesse neanche il permesso di sedermi a mia volta e servirmi, controllò invece la disposizione del servizio di ceramica e delle posate, il contenuto dei vassoi per la nostra colazione, e rassicurata che fosse tutto in ordine, chiese a Kreacher di portare anche il vassoio con i croissants appena sfornati e la corrispondenza, mentre io restavo sempre in piedi in fondo al tavolo, in attesa. Non era ancora arrivato nulla da Hogwarts. Si versò del tè, tagliò il suo croissant e lo imburrò, poi, finalmente mi fece le tre abituali domande di galateo, a bruciapelo, quindi mi permise di sedermi e di servirmi.

    «Molto bene... oggi, quando dovrai salutare la signora McBridge, fai in modo che non possa pizzicarti le guance, non sei più un bambino, e non mi va che ti metta addosso quelle sue sudice manacce... ma al tempo stesso fai in modo di non recarle offesa nel sottrarti. Quanto a Domitilla... »
    «… Speriamo che quest'anno eviti i suoi discutibili copricapo a forma di cornucopia... »
    «Orion, ti sembrano osservazioni da fare?»
    «Padre! Buongiorno... padre... »
    «Buongiorno figliolo... Walburga... »

La mamma riprese ad aprire le sue lettere, chinando appena il capo così che mio padre potesse fare il cenno di baciarle la guancia, in realtà, me ne ero accorto già da qualche tempo, mio padre non la sfiorava neanche, era come se baciasse l'aria. Nessuno dei due rivolse all'altro mezza parola, papà si limitò a ordinare a Kreacher una colazione frugale, perché “abbiamo fretta di andare da Olivander”.

    «Non vedo per quale motivo, con tutti gli impegni che abbiamo oggi, tu non debba lasciare che sia mio padre ad accompagnare Regulus da Olivander... dovresti piuttosto occuparti degli incantesimi di protezione per gli ospiti, a Zennor!»
    «Me ne sono occupato per buona parte ieri... e ho fatto una promessa a mio figlio... »
    «Promesse... e poi cosa significa “buona parte”? Non sei... anzi, purtroppo... nessuno di noi è più nelle condizioni di permettersi di essere… superficiale e ottimista… lo sai.»

Mio padre finse di non sentire e non le rispose, sembrava tutto preso dall'orologio, erano quasi le 8,15 e, evidentemente, come me, iniziava a chiedersi perché quello stupido pennuto non fosse ancora giunto a Londra.

    «Possiamo aspettare fino alle 8,30 il gufo da Hogwarts, Regulus, se lo preferisci, ma credo sia meglio avviarci... prima arriviamo, meno persone troveremo in fila a rallentarci... »
    «Va bene padre... chiedo a Kreacher di portarmi il soprabito... »

Mi alzai, già deluso all'idea che non avrei neanche visto il gufo arrivare, quando Kreacher apparve, prima ancora che uno di noi lo chiamasse, tossicchiando appena, alle mie spalle, per annunciarsi: lo vidi infilare una manina ossuta nella federa con cui si copriva, estrasse un vassoietto, sopra vi era depositata una lettera su cui era impresso lo stemma della scuola di Magia di Hogwarts.

    «Salazar... la mia lettera... »
    «Puoi darla a me, Kreacher... »

Senza neanche distogliere gli occhi dalla lettera che teneva in mano, mia madre allungò l'altra verso l'Elfo per prendere la mia, a sorpresa, però, mio padre fu più rapido di Kreacher, allungò la mano sul vassoio, arpionò la busta e la tenne stretta, quasi fosse un prezioso trofeo.

    «Orion... che maniere... avevo detto di volerla leggere!»
    «Lo farai, lo faremo, dopo che il destinatario avrà avuto il piacere di farlo per primo... »

Mio padre mi fissò, aveva il solito sguardo burbero e risoluto che conoscevo, eppure, mentre mi sfiorava rapido le dita nel consegnarmela, sentii la stessa vicinanza percepita la notte precedente.

    «Che stupide sciocchezze sono queste? Vuoi forse farne un viziato rammollito, Orion?»

Mia madre disse anche qualcos'altro, mio padre gli sbuffò contro qualcosa d’incomprensibile, ma io non sentivo già più nulla. Ero in adorazione. Non avevo quasi bisogno neanche di toccarla e aprirla, per sentire i brividi. Avevo sempre immaginato che avrei strappato i lembi, ingordo, invece mi attardai a soppesare la carta, ammirare i colori brillanti dello stemma di Hogwarts impresso sulla grana pregiata, i ricchi ghirigori d'inchiostro che formavano il mio nome.

    Regulus Arcturus Black
    Sala da Pranzo, piano terra
    12, Grimmauld Place
    Londra

    Salazar... è arrivata... è arrivata... la mia lettera... finalmente è arrivata...

Solo poche famiglie si ostinavano a pretendere la lettera nel giorno della vigilia del compleanno, persino Meissa aveva ricevuto la sua a luglio, mentre mio fratello ed io eravamo loro ospiti a Herrengton: ricordavo ancora il gufo arruffato e rossiccio che era planato nel soggiorno in cui stavamo facendo colazione, mentre Alshain leggeva il giornale, e Rigel sghignazzava con me.

    Finché non arrivò il secondo gufo con la lista dei libri per lui, Meissa e mio fratello... e allora aveva smesso di ridere e aveva preso a disperarsi...

Finalmente l'aprii e ne lessi il testo, avido, assaporai la vista del mio nome, ripetuto più volte, su quell'invito: per la prima volta, da quando Sirius era partito, facendomi pesare ancora di più la mia condizione di semplice, inutile, moccioso, non mi sentivo più abbandonato e sperduto, senza meta.

    Hogwarts è più vicina, Regulus, andiamo a procurarci la bacchetta adatta a un vero Black!

*

Erano alcuni giorni che a Londra non nevicava più ma le temperature si mantenevano gelide e tutta Diagon Alley sembrava cristallizzata in un mondo fatto di ghiaccio, con le stesse tonalità candide e abbaglianti della Gringott. Maghi e Streghe, i bavari dei mantelli alzati, tenevano il capo chino, per controllare dove stessero mettendo i piedi, e per sottrarre il volto al fiato rigido del vento.

    «Inutile Ministero... ci vorrebbe molto a fare un incantesimo per alzare le temperature?»

Mio padre, il volto rosso, congestionato dal freddo, si tolse rapido i guanti e iniziò ad alitarsi calore sulle mani, appena la pesante porta antica si richiuse alle nostre spalle. L'ambiente in cui mi aveva fatto entrare, all'interno di un palazzone vecchio, in fondo a una delle strade più trafficate di Diagon Alley, su cui campeggiava un'insegna storica, tutta ghirigori, era silenzioso e buio con il soffitto molto alto, quasi impossibile da raggiungere, e grande, benché, stipato letteralmente di scaffali e armadi e cassettiere così elevate da toccare i cassettoni di legno del solaio, sembrasse talmente stretto da impedirci di muoverci. E c'era anche moltissima polvere, al punto che iniziai a tossire.

    «Buon giorno, cosa posso fare per voi?»

L'uomo vecchio, che avevo già visto alcune volte, accompagnando mio padre o mia madre, con i capelli candidi e gli occhi penetranti, con il grembiule che gli copriva le gambe e le folte basette bianche a rendergli peloso il viso, apparve da quell'oscurità carica di Magia e si avvicinò a noi, scrutandoci dietro gli occhiali spessi.

    «Signor Black... ben rivisto... »
    «Signor Olivander, vi ricordate di mio figlio, il secondogenito? Regulus Arcturus Black... domani compirà undici anni e oggi deve fare il suo ingresso in società... dunque... »
    «... dobbiamo procurargli una bacchetta... certamente... certamente... prego signor Black, mi permetta di prenderle delle misure... »

Il vecchio si avvicinò, estraendo dal suo grembiule un metro magico, che iniziò a muoversi tutto intorno a me prendendomi tante misure, neanche gli avessi chiesto di cucirmi un vestito. Lo guardai titubante e sospettoso, mentre il vecchio mi chiedeva se fossi destrorso o mancino e infine mi pregò di tendere le mani davanti a me e di fargli sentire la resistenza del mio braccio.

    «Molto bene... molto bene... di solito voi Black siete Maghi esigenti ma dai caratteri dominanti ben marcati, per cui è piuttosto facile trovare subito la bacchetta giusta... direi che potremmo iniziare con un buon legno sugli undici centimetri e mezzo, semirigido... e… »
    «Potremmo iniziare con Olmo o Frassino e Cuore di Drago... molti Black possiedono bacchette con questi accostamenti... »
    «Verissimo... ma non nel vostro caso... se ben ricordo, signor Black, siamo andati contro la tradizione... Bacchetta di Cipresso... e il nucleo... »
    «... di Crine di Unicorno... »
    «Oh sì... naturalmente... ricordo molto bene quella bacchetta... »

Non seguivo la loro conversazione, nel momento stesso in cui il signor Olivander aveva smesso di misurarmi e aveva iniziato a parlare concretamente di bacchette, la mia salivazione si era azzerata e avevo iniziato a tremare, perché di lì a poco avrei impugnato la mia prima bacchetta.

    Forse la mia compagna di tutta la vita da Mago.

Purtroppo, le prime due esperienze, furono piuttosto fallimentari: la bacchetta di Frassino si rivelò un semplice pezzo di legno, nelle mie mani, quanto all'Olmo, era del tutto incontrollabile.

    «Nessuna paura, signor Black, in questo negozio c'è la sua bacchetta, basta avere la pazienza di trovarla... potremmo osare... vediamo... »
    «Proviamo il Castagno... pare che mio figlio sia portato per il volo... »

Olivander sparì, io guardai mio padre, speranzoso, non potevo credere che fosse lì, accanto a me, e che fosse così partecipe, che non stesse sbuffando per il tempo che gli stavo facendo perdere. Un uomo diverso da quello distante e distratto che non si preoccupava mai di mio fratello e me.

    Che cosa è successo? Fa così perché teme che anch’io possa finire come Sirius?

Non ebbi tempo di pensarci troppo, Olivander tornò e posò davanti a me ben tre diverse scatolette.

    «Se il nostro giovane Mago ha un sogno, la bacchetta di Carpino può aiutarlo a renderlo realtà. La bacchetta di Castagno, a sua volta, è adatta a chi ha sensibilità verso il Volo, l'Erbologia e le creature magiche... infine... propongo anche l'Abete: nonostante la giovane età, credo di avere di fronte una personalità già piuttosto determinata... »

Nonostante le presentazioni intriganti, però, neanche da queste tre bacchette ottenni i risultati sperati, sembrava che io non riuscissi a estrarre dal legno il suo potenziale o che lo strumento non fosse in grado di interpretare le mie intenzioni. Fu con una spiccata delusione e un certo disappunto che riposi la bacchetta di Castagno nella sua custodia: Alshain e Mirzam avevano bacchette di Castagno ed io temevo che le mie speranze di giocare a Quiddicht finissero sepolte insieme al legno dentro quella stupida scatolina.

    «Suo fratello, l'anno scorso, ha trovato la sua bacchetta al nono tentativo e si trattava... »
    «... di Pioppo bianco... una bacchetta molto bella, costosa e originale... »
    «Già... una delle bacchette più belle che io abbia mai realizzato... »

Mio padre, però, non sembrava molto soddisfatto di quella bacchetta, sapevo che si parlava del Pioppo bianco come del legno dei Maghi rivoluzionari e visto che cosa era accaduto a settembre...

    «Vuole provarne una anche lei, signor Black?»
    «NO! ASSOLUTAMENTE NO!»

Mio padre mi strinse la mano sulla spalla e mi fissò, per riprendermi, ma non mi rimproverò, si limitò a ricordarmi di non dare peso alle dicerie, soprattutto sulle caratteristiche delle bacchette.

    «Io ho una bacchetta di Cipresso, figliolo... ma sono un Black, quindi mi guardo bene dal compiere azioni cosiddette eroiche, ovvero ampiamente sconsiderate... gli faccia provare il Prugnolo come mia moglie, o il Salice come mio padre... poi passi alla Quercia come mia madre... »
    «Come vuole lei, signor Black, ma prima, se permette... avrei una... intuizione... Vorrei provare una precisa bacchetta... che non ho più messo in vendita, da molti anni... »

Olivander aprì una specie di caveau che emerse da dietro una tenda, dietro al bancone, mi chiesi subito che cosa avesse di tanto particolare, quella bacchetta, per stare dentro una cassaforte.

    «Provi a eseguire il Vingardium Leviosa su quella sedia, signore... »

Presi il legno, lo impugnai bene come mi aveva suggerito Alshain quando mi aveva fatto provare gli incantesimi con le bacchette, sentii subito uno strano formicolio che mi risaliva dalle dita strette, su su, fino a tutto il braccio, e scese giù nel cuore. Puntai e pronunciai l'incantesimo, scandendo bene: la sedia, con scatto nitido e perfetto, si sollevò all'istante di dieci centimetri.

    «Sembra quella giusta... Figliolo... prova ad aprire e chiudere questi tre diversi cassetti... »

Tentai di nuovo e di nuovo l'incantesimo fu eseguito con precisione millimetrica.

    «Abbiamo finalmente trovato la tua bacchetta, Regulus... »
    «Che legno è? Perché stava in quella cassaforte?»

Olivander mi fissò con i suoi occhi vacui e un po' inquietanti.

    «È una bacchetta di Cipresso e Crine d'unicorno: non è preziosa in senso materiale, è preziosa per me... ci stavo lavorando durante i bombardamenti babbani su Londra... potevo morire quel giorno e invece mi sono salvato, proprio mentre ci stavo lavorando... è anche l'ultima rimasta della serie di cinque che ho costruito, in quel lontano 1940, usando il legno dello stesso Cipresso e il crine dello stesso Unicorno... Le sue sorelle... tre sono andate distrutte in quell'incendio, nel tentativo di salvarmi e salvare il negozio... l'unica della serie che ho venduto, invece... »
    «La vendette a me... la vigilia del mio compleanno, poche settimane prima… dico bene?»
    «Proprio così, signor Black... »

Guardai di nuovo la bacchetta, la mia bacchetta. Non era legata alla propensione al volo, non era fatta di un materiale particolarmente raro e ricercato, ma aveva sconfitto con le sue sorelle la malvagità dei Babbani, salvando Olivander e la sua attività centenaria, mi sembrava un ottimo auspicio, per un Mago che portava il nome dei Toujours Pur... Inoltre, era imparentata alla bacchetta di mio padre.

    «Questa è la mia bacchetta, padre... non voglio tentare con nessun'altra!»

*

    «Perché i Babbani bombardarono Londra? E cosa significa... bombardare?»
    «Hai presente gli effetti dell'incantesimo “Bombarda”? È una cosa simile, solo che i Babbani non avendo la Magia, devono creare delle enormi palle, di materiale pesante, o piene di qualcosa di velenoso, o di tagliente, che poi esplodono, distruggendo cose e uccidendo persone... Tu sai che cosa si dice... se c'è una guerra nel mondo magico, c'è una guerra anche nel mondo babbano... »
    «Tu hai visto la guerra dei Babbani, papà?»
    «Sì... in parte... tu la sai, Grimmauld Place è in piena Londra, ma i nostri incantesimi ci proteggono da ogni genere d’interferenza dei Babbani, e comunque, io, da piccolo, ho passato molti anni a Zennor... ho visto la guerra con i miei occhi l'anno in cui sono entrato a Hogwarts, per la prima volta... quando ho dovuto prendere il treno per la scuola, alla stazione di Kings Cross, ho visto tanti Babbani che mettevano i loro figli sui treni, per mandarli a ovest, a vivere lontano dalle città, in aperta campagna, per assicurarsi che non morissero nei bombardamenti... Sì... avevo la tua età, e nel nostro mondo, all'epoca, c'era Grindelwald, a portare scompiglio... Nel mondo dei Babbani invece c'era un germanico, un certo Hitler, che ha causato la morte di tante persone, in tutta Europa; voleva conquistare l'Inghilterra, ma i Babbani inglesi sono riusciti a respingerlo e alla fine hanno vinto la loro guerra, insieme ai Babbani di Francia, d'America, di Russia e di altre nazioni... »
    «E perché ha ucciso tutte quelle persone, questo Hitler?»
    «Non sono molto ferrato in storia dei Babbani, figliolo... lo sai, sono persone a noi inferiori, è inutile cercare di trovare logica nelle loro azioni... da quel poco che ho letto, però, alcuni dicono che si sia mascherato dietro a delle scuse per appropriarsi delle ricchezze di un altro popolo, altri dicono che fosse un pazzo, esaltato dall'idea di una razza superiore che dominasse su tutte le altre.»
    «Cioè? Stai dicendo che ci sono i purosangue anche tra i Babbani?»
    «Non dire sciocchezze, Regulus: la feccia è feccia, non si può distinguere... inoltre a nessuno di noi verrebbe in mente di fare stragi simili: ha ucciso più di sei milioni di persone, è atroce!»
    «Ma erano Babbani, padre! Bellatrix dice sempre che non è male liberarci di loro... »
    «No, Regulus... no! Un Mago è talmente superiore alla feccia che non si macchia toccandone il sangue... in nessun modo... toccare il sangue impuro... non si fa... mai!»
    «Ma Bellatrix dice che i Babbani soffocano la nostra Magia... »
    «Ed è per questo vanno contenuti, per questo si deve, in ogni modo, evitare la contaminazione tra loro e il nostro mondo, per questo è osceno quello che ha fatto tua cugina... ha sporcato il nostro sangue puro unendosi a chi puro non è... Per questo è abominio considerare i Nati Babbani come noi, permettere loro di apprendere la Magia, di possedere una Bacchetta, di viverci accanto. Il nostro Sangue, il nostro Potere, è qualcosa di puro, che va difeso strenuamente, eliminando ogni contatto e contaminazione, perché unendo il nostro sangue puro al loro, la nostra Magia poco alla volta s’impoverisce e alla fine diventiamo incapaci, esattamente come loro... »
    «Che cosa possiamo fare allora? Se siamo in pericolo, perché il Ministero non ci protegge?»
    «Perché al Ministero lavorano tanti incapaci, Regulus... è successo già altre volte che chi era al governo non ha saputo prevedere i pericoli... per questo quelli come noi, che hanno a cuore il futuro del Mondo Magico, devono vigilare, opporsi, controbattere, ostacolare la deriva... e prendere decisioni sofferte, come siamo stati costretti a fare noi, quando Andromeda... ora capisci, vero?»

Lo guardai, e annuii, ma ero un po' confuso. Il discorso di papà era ragionevole, era quello su cui ero sempre stato istruito e preparato, ma per quanto simile, mi sembrava diverso da quello che ultimamente faceva nonno Pollux o, ancora di più, Bellatrix: lei, in particolare, diceva che bruciare il nome di Andromeda dall'Arazzo non era sufficiente, che per dare un segnale veramente forte, era necessario “scovarla e dare a lei e a quel porco di Tonks, il fatto loro” anche se non capivo di cosa si trattasse, e il fatto che suo marito, Rodolphus, ridesse di cuore, non mi rassicurava molto.

    «Padre... ma allora il... Signore... Oscuro... è lui l'unica salvezza per il nostro mondo? Come dice Bellatrix? Perché tu dici che il Ministero deve vigilare, ma dici anche che è fatto di tanti incapaci... e Bellatrix dice che il Signore Oscuro vuole... riportare all'antico lustro il Ministero e salvare il Mondo Magico... quindi è lui la nostra salvezza? E allora perché... »

Vedevo che seguiva con attenzione il mio discorso, che non mi guardava con sufficienza e impazienza, come si fa con un bambino petulante, mentre camminavamo per la strada deserta, con la mia scopa da Quidditch nuova sulle spalle e la bacchetta nella tasca interna del panciotto.

    «... Perché? Avanti Regulus, sono contento quando mi fai queste domande... »
    «Perché si dice anche che... gli Sherton sono stati attaccati dal Signore Oscuro? Io ho sentito parlare il mio padrino, so che non è filo babbano... io non... capisco... »

Mio padre si fermò, mise mano al panciotto ed estrasse un sigaro, l'accese con la Magia, gli occhi persi lontano, nella neve, aspirò una lenta, corposa boccata, poi tornò a fissarmi.

    «Ascoltami molto attentamente... A volte, quando due persone vogliono la stessa cosa, invece di collaborare per ottenerla più facilmente, si fanno la guerra per avere l'onore di possederla per primi, di poter dire a tutti di essere i campioni... Alshain Sherton e il Signore Oscuro vogliono la stessa, identica cosa... mettere le mani sul Ministero e indirizzare il Mondo Magico dalla parte giusta... i loro metodi sono molto diversi, ma la finalità è la stessa... pertanto... non credere a chi dice che Alshain Sherton sia un amico dei Babbani... è mio amico ed è il tuo padrino... ed io non sono certo un folle che lascia i propri figli nelle mani di un amico della feccia... chiaro?»

Annuii, mentre lo fissavo incapace di respirare, data la schiettezza con cui mi parlava.

    «Ora... tu ormai sei grande e puoi capire: voler bene a una persona e portargli rispetto non significa accettarne e condividerne ogni opinione e ogni azione, ciecamente. Noi adulti, persino quelli più sicuri, abili e affascinanti, spesso commettiamo errori, proprio come si fa da bambini... E il tuo padrino, a cui voglio bene come a un fratello, e tu questo lo sai, ha commesso un errore... »
    «Un errore? Quale errore, padre?»
    «Mettere il proprio orgoglio e la propria vanità davanti alla prudenza e alla moderazione... ricordatelo sempre, figliolo... prima ancora che verso noi stessi, la nostra ambizione e i nostri desideri... noi abbiamo il dovere morale di assicurare il benessere della nostra famiglia, del nostro sangue e del nostro nome... La nostra eredità, Regulus, ci rende grandi, ma ci carica anche di tante responsabilità. Responsabilità verso chi viene dopo di noi e chi è venuto prima di noi. Il sacrificio che ci è richiesto può sembrare difficile da sopportare, ma deriva dal fatto stesso che noi siamo Black, ed è nel fatto di essere Black che troverai anche la giustificazione, il sollievo e la soddisfazione... Un giorno il destino potrebbe chiamarti a sposare la donna migliore per la nostra famiglia, ma non quella con cui vorresti vivere... a occuparti degli affari della famiglia, invece di girare per il mondo, come un avventuriero, o a scegliere ciò che è meglio per tuo figlio, anche se quella scelta ti farà soffrire... Il mio compito, Regulus, non è essere severo per il gusto di rovinarti i divertimenti e farti crescere triste, o prima del necessario... anche se, lo so, a volte può sembrarti che sia così... io devo, per quanto posso, mostrare a te e a tuo fratello come si affronta la vita, con tutte le scelte dolorose che prima o poi dovrai compiere, e... nonostante la sofferenza che potresti provare, trovare comunque la soddisfazione e il sollievo proprio nella consapevolezza di compiere il tuo dovere. È questo che darà un senso vero alle nostre azioni, non la reputazione, l'idea che gli altri si fanno di noi... ciò che davvero conta è la consapevolezza, intima, qui nel tuo cuore, di aver fatto la cosa giusta... Ricordati, Regulus... tutto ruota intorno alla famiglia e al sangue... TUTTO... il resto, invece... vola via soffiandoci sopra, come fosse polvere... »

***

Orion Black
Zennor, Cornwall - sab. 22 gennaio 1972

La festa stava procedendo secondo programma, gli ospiti erano impegnati a discutere del nulla, pettegolezzi e facezie, per lo più, anche se alcuni irriducibili si attardavano intorno a Malfoy e al Ministro Lodge per parlare di politica. Il Mondo Magico era in fermento, la carica di Lodge era solo temporanea, un ponte che doveva portarci alle elezioni e darci un nuovo Ministro entro l'estate. Tutti i miei amici puntavano a riconfermarlo: in quelle poche settimane, era stato abbastanza pungente e fastidioso, garantendo che fossero bloccate sul nascere alcune nuove misure in favore dei Nati Babbani, che gli uomini di Dumbledore volevano far passare, grazie all'onda emotiva della morte di Longbottom. A me Lodge non piaceva, soprattutto perché orbitava attorno alla cerchia di Malfoy e, per quanto non pensassi neanche lontanamente ormai a ribellarmi in qualche modo, sapevo che se avesse tenuto il potere per i cinque anni garantiti dalla legge, il Signore Oscuro sarebbe stato facilitato nell'opera di conquista dell'intero Mondo Magico.

    Ormai è inevitabile... se fosse facilitato, almeno ci risparmieremmo altri lutti e tragedie...

L'alternativa era quella vecchia cariatide ammuffita e filobabbana di Dumbledore, che non aveva le palle di scendere in campo in prima persona, soprattutto per non perdere l'opportunità di tenere gli artigli sui nostri figli, e mandava avanti, al suo posto, Tiberius Odgen, un individuo di cui avevo un minimo di rispetto solo perché mio cognato, nonché cugino, Alphard, me ne aveva parlato come di una persona dalle idee opposte alle nostre ma fondamentalmente onesto. Questo non gli garantiva di certo, comunque, il mio voto. Rabbrividii, colto dal ribrezzo quando tra gli ospiti intravvidi anche l'ultimo personaggio di cui si parlava come di possibile candidato: Bartemius Crouch. Visto quello che già pensavo di lui, dalla sera di Herrengton, e vista la recente antipatia dovuta al processo, benché non avessi alcuna voglia di votare, né mi sentissi rappresentato da chicchessia, mi bastò guardarlo per decidere che se mai avessi votato, l'avrei fatto solo per il suo avversario, giusto per scongiurare il pericolo di trovarci quell'ulteriore disgrazia tra i piedi.
Lucretia mi si avvicinò, interrompendo i miei pensieri, mi sussurrò all'orecchio, divertita, che avevo un'espressione talmente truce, mentre guardavo Crouch, che avevo messo in allerta almeno un paio di Aurors, accorsi per proteggere il Ministro, quindi mi propose di allentare la tensione con un brindisi a mio figlio; io sorrisi, un semplice sorriso di circostanza, e la ringraziai: di tanti parenti insopportabili, mia sorella e mio cugino Alphard, alla fine, erano passabili, non per questo, però, ero tentato di sopportarli più del necessario.

    Come avrei bisogno, adesso, di una delle tue battute, dannata canaglia scozzese...

Dissi due parole in pubblico, in onore di mio figlio e degli invitati, ringraziai i miei genitori e i miei suoceri, che con Walburga si erano impegnati per la buona riuscita e la piacevolezza della giornata, poi tornai nelle retrovie, tenendo sempre d'occhio Regulus a distanza, mentre mia moglie vegliava su di lui tampinandolo continuamente.

    «Sembra una chioccia che presidia la nidiata di pulcini, ahahahah... »
    «Salazar, figurarsi se potevo passare dieci minuti respirando aria pulita, Lestrange... »
    «Non vorrei che perdessi l'abitudine di avermi intorno... Come va il braccio, Orion? Fa ancora tanto male?»
    «Abbastanza da non permettermi di dimenticare... »

Lestrange si mosse, dal mio fianco, fino a piazzarmisi di fronte, talmente vicino da non permettermi di vedere altro. Sorrideva, aveva qualcosa, nel bagliore dello sguardo, che ricorda un lupo famelico.

    «Davvero? Allora comprendi come mi sento, da quella sera nel patio degli Sherton... »

Walburga ci fissava, feci un sorriso forzato e incurante, poi, per rassicurarla, offrii a Rodolphus un altro bicchiere: il “nuovo” Lord Lestrange, mostrando una moderazione che non credevo gli fosse congeniale, rifiutò, continuando a sorridermi e a starmi tanto vicino da essere molesto.

    «Basta così, ho già bevuto a sufficienza, gli eccessi vanno bene per i ragazzini senza responsabilità e per i vecchi che non hanno più nulla da dimostrare al mondo, non trovi, Orion?»
    «La saggezza, Lestrange, è una maschera come un'altra... ma per chi sa guardare oltre... resta sempre e comunque una maschera... »
    «Già... tu poi... sei un campione, quanto all'indossare maschere, no? Ho saputo che Abraxas è venuto a trovarti ieri sera, qui, a Zennor... non sapevo foste amici tanto... intimi... »
    «Non dubito che Abraxas sia corso a informarti del nostro incontro... ma non so se ti abbia anche raccontato... di come abbia cercato di convincermi a mollare i miei nuovi impegni legali... »
    «Certo... ma volevo vedere se me ne avresti parlato. Un consiglio... interessato... ma penso... ottimo... a me interessa trattare solo con chi è capace di rispettare gli impegni presi, Black... ci siamo accordati, no? Non mi farebbe piacere scoprire che ti stai impegnando anche con altri... »
    «Non ho alcuna intenzione di affidare a Malfoy i figli di Sherton, se è questo che temi... »
    «Ottima decisione, non vorrei dare un dispiacere a mio fratello, ci tiene alla sua fidanzatina!»
    «Non c'è alcuna fidanzatina, Lestrange, e tu lo sai... le carte, che mi rendono tutore di quei ragazzi, non mi danno il potere di prendere decisioni del genere, per nessuno dei due... »
    «Non ti preoccupare, Orion, lo so bene... ma non importa, perché quello che ho in mente per la sorella di Mirzam Sherton... non richiede il ricorso ad alcuna carta bollata... Ahahahah... »
    «Guai a te se oserai farle... »

Sentii il respiro mozzarmisi, mentre un conato di vomito mi risaliva fino in gola. Lo guardai, stava bisbigliando qualcosa, divertito, quando sentii il sapore aspro della bile lasciare il posto a quello ferroso del sangue, sulle labbra, iniziai a tremare, terrorizzato.

    «Sei molto pallido Black: le emozioni forti non ti fanno bene e neanche l'alcool... dicono che aiuti a tirarsi su ma a te pare far proprio l'effetto opposto, ahahahah... ti saluto, stammi bene... »

Lo guardai andarsene, tremavo di rabbia e di disgusto, mentre lentamente la maledizione finiva di fare i suoi effetti su di me. Strinsi la mia coppa di Firewhisky tanto forte che lo stelo mi si spezzò in mano, mi tagliai con i vetri e sparsi un fiotto di sangue sui miei vestiti e sulla tovaglia del tavolo accanto. Subito Kreacher si materializzò per pulire e soccorrermi, io lo scansai in malo modo, e mi allontanai, deciso ad approfittare della necessità di ritirarmi in un bagno, a curarmi, per liberarmi di tutte quelle presenze moleste. Sentivo la testa pulsare ed esplodere, sudori freddi salirmi per la schiena. Mi chiusi nella toilette, appena in tempo, rigettai tutto il Firewhisky, e il pranzo e qualsiasi altra cosa avessi buttato nello stomaco, ma per fortuna non del sangue. Mi slacciai il colletto, allentai la cravatta, mi sorressi al lavandino, dopo essermi sciacquato la bocca e la faccia con acqua fredda; come se non fosse la mia, guardai la mano ferita, il sangue, il sangue puro dei Black che scivolava via, misto all'acqua, mi guardai allo specchio, bagnandomi il viso con la mano insanguinata mi ero sporcato di rosso tutta la guancia sinistra e l'occhio destro, sentii solo allora la zaffata ferrea del sangue penetrarmi nel naso e annebbiarmi la vista. Fu un attimo e ripresi a rigettare, ancora e ancora, fino a non avere dentro più niente, solo conati che tormentavano il mio corpo , togliendomi sempre più forze, le lacrime dello sforzo che si mischiavano ad altre lacrime, quelle che da una settimana non riuscivano a staccarmisi dagli occhi.

    Salazar... dammi la forza di andare avanti, di portare tutto fino alla fine... ti prego...

Rimasi lì, seduto sul pavimento, la mano ancora ferita, a guardare il sangue che scivolava via e sporcava ora anche il tappeto, solo quando iniziai a sentirmi la testa girare capii che avevo perso il controllo... allora evocai una pozione disinfettante e delle bende, cercai di curarmi alla meglio, cercai di sollevarmi, ma non ci riuscii... sentendomi indebolito, evocai una doppia dose di pozione Rimpolpasangue.

    Devi farcela, Orion, devi...

Guardai l'orologio da taschino, erano quasi le 4 del pomeriggio. Mi fissai allo specchio, cercai di porre rimedio alla devastazione che avevo davanti. Poi, finalmente, l'impassibile Orion Arcturus Black tornò dai suoi ospiti, la sua consueta maschera in faccia, pronto per l'atto finale.

*

la sera prima

    È passata quasi una settimana...

Scesi la scalinata che immetteva nel giardino, attraversai i passaggi tra le siepi, cristallizzate dal vento gelido e, aiutandomi con un bastone da passeggio, risalii la collina, diretto alla grande quercia secolare a picco sulla scogliera. E continuavo a pensare solo a questo, a quei giorni trascorsi lentamente, tutti uguali, senza una risposta, ma con tante, troppe domande, tante paure, nessuna speranza, annegati in un silenzio, giorno dopo giorno, più spaventoso. Quando arrivai alla sommità, vidi sotto di me il mare mugghiare inferocito contro la costa frastagliata, incuneandosi tra gli scogli bruniti dalle alghe, illuminati dall'ultima luce del giorno. Alzai le braccia e chiusi gli occhi, per concentrarmi, feci il vuoto nei miei pensieri, poi iniziai a muovere lentamente la bacchetta, mentre le mie labbra si piegavano in una sorda, monotona litania.

    «Bla bla bla... Ancora con questi incantesimi da studente, Black? Salvio Hexia non è efficace, se devi guardarti dalle persone che hai invitato tu stesso a entrare... Protego Horribilis è inutile contro le Maledizioni senza Perdono... quanto a Homenum Revelio... non ti serve neanche quello... perché... eccomi qua... non mi sto neanche nascondendo... »
    «Malfoy! Che cosa diavolo ci fai qui? Come sei entrato?»

Abraxas Malfoy, ospite indesiderato quanto inaspettato, emerse con un'alzata di spalle da dietro la quercia, avvolto in uno dei suoi sfarzosi mantelli scuri da Mago rispettabile, un ghignetto sardonico e divertito sul volto, la bacchetta tesa, pronto a reagire se avessi dato seguito alle minacce che saettavano dal mio sguardo. E infatti, senza quasi rendermene conto, avevo serrato con più forza il mio legno e glielo stavo puntando addosso, allucinato.

    «Vattene immediatamente da questa proprietà, sei stato invitato, certo, ma l'invito vale solo per domani, non voglio nessuno qui adesso, e non sono tenero con gli scocciatori... sei avvertito... »
    «Avanti Orion, che cosa vorresti fare? Sono passati da un pezzo gli anni di Hogwarts, vero, ma non credo tu abbia dimenticato come finivano sempre i nostri duelli nei Sotterranei... »
    «Ricordo... un dannato baro, che faceva sempre il gradasso con i più piccoli... un'abitudine che a quanto pare hai tramandato con il sangue a quel tuo insulso figlio anemico... I Malfoy... gente che non ha mai avuto le palle di comportarsi e combattere rispettando le regole... »
    «Regole... che importanza ha il rispetto delle regole, se non garantisce neanche il perseguimento dei propri scopi? Per esempio... assicurarsi che i propri figli finiscano nella casa giusta... guardami negli occhi e ora dimmi che sei soddisfatto del tuo “rispettare le regole”... »
    «Guardati tu... se sei capace di sostenere la tua stessa vista senza vomitare... »
    «Ahahahah... sei il solito, Black, scadi nella volgarità gratuita, quando non sai difenderti... »

Digrignai i denti e serrai ancora di più le dita attorno alla bacchetta, puntata contro il suo stomaco, la mente piena di pensieri e intenzioni cruente, Malfoy rise, fissandomi tranquillo, appoggiato al suo immancabile bastone da passeggio, il viscido volto pallido lasciato scoperto dai capelli raccolti in un lezioso codino.

    «Non infierisco solo perché immagino quanto tu sia sconvolto, ma ti faccio notare... che il nero del lutto non ti dona proprio, Black... ti stai smagrendo troppo per continuare a portarlo con eleganza... tutte queste preoccupazioni, questi pensieri... chi te lo fa fare? Hai già i tuoi due figli di cui occuparti, e mi pare che il primogenito te ne stia dando parecchi di pensieri... perché non lasci ad altri il compito di occuparsi di quei mocciosi del Nord? Io non ho nulla da fare, se vuoi, posso aiutarti... e tu... non hai più nulla da guadagnarci, mi sembra... stando a Rodolphus Lestrange, neanche una futura nuora per uno dei tuoi marmocchi! Giusto?»
    «Non so che cosa tu voglia, Malfoy, e non m’interessa saperlo, t’invito per l'ultima volta ad andartene con le buone, domani qui ci sarà la festa di mio figlio e non permetterò né a te né ad altri di farmi perdere altro tempo o di rovinarla... »
    «Davvero? Allora penso che dovresti impegnarti un po' di più per la sua buona riuscita... »
    «Mi stai minacciando? Osi minacciarmi in casa mia?»
    «E anche se fosse? Ti ribelleresti con uno degli incantesimi che ti ha insegnato Vitius? Ahahah... ma guardati... tremi come una foglia, Black... sto cercando di darti un buon consiglio... Come hai appena detto, domani qui ci sarà la festa di Regulus, e sappiamo entrambi che non saranno quattro inutili incantesimi a garantire la buona riuscita del banchetto e il benessere dei tuoi cari.»

Sentii il gelo della minaccia scorrermi addosso e cristallizzarsi nel cuore, impedendomi altre reazioni. Non ne potevo più, non avevo più forze, né fisiche né mentali.

    «I miei pensieri e i miei ricordi sono già in mano al tuo padrone, Malfoy... non ho più nulla da darti, chiedi al tuo compare, al nuovo... Lord Lestrange... non ho altro da aggiungere... »
    «Orion... »
    «Toglimi subito quella mano di dosso!»

Fissai disgustato la pallida mano che quel bastardo aveva osato allungare verso di me, fino a serrare il mio avambraccio.

    Quello che...

Sotto gli abiti e le pregiate sete, il mio braccio era serrato in una fasciatura, medicato quotidianamente dal mio Elfo, in gran segreto: mi faceva soffrire come un dannato, a causa della bruciatura della Maledizione di Rodolphus Lestrange, quella che mi aveva scagliato addosso al ritorno da Hogwarts, per convincermi a dargli “con le buone” il mio ricordo dell'incontro con Dumbledore, Fear e il piccolo Rigel Sherton.
Mi sottrassi a Malfoy come se il suo tocco avesse attizzato ancora il fuoco, mi chiesi se sapesse, ma immaginai di sì, immaginai come quei bastardi ridessero alle mie spalle e questo mi diede la forza di reagire. Lo fissai senza esprimere alcun genere di emozione, a parte il disprezzo e l'odio e il rancore. Rodolphus aveva preso i miei ricordi, quelli che confermavano, senza ombra di dubbio, che era Mirzam l'erede di Alshain... Aveva riso, soddisfatto, Rodolphus Lestrange, quando aveva avuto conferma dei suoi sospetti, poi mi aveva detto che sarebbe finita così, senza ulteriori attacchi.

    E invece... il mattino dopo... avevano fatto scoppiare l'inferno...

Mi voltai e ripresi la discesa, lasciandomi Malfoy alle spalle, chiuso nel mio dolore, preda del ricordo peggiore. Ero svenuto quando Moody mi aveva convocato ad Amesbury e avevo visto i ruderi incandescenti del maniero di Alshain: era stato distrutto dalle fondamenta, usando l'Ardemonio, e il Marchio del Signore Oscuro aveva campeggiato per un giorno e una notte interi sui cieli del Wiltshire, visibile per Km e Km, le squadre di Obliviatori costrette a fare straordinari per giorni. Da allora, avevo avuto il coraggio di tornare a Hogwarts una sola volta, e fissare negli occhi i miei figliocci era stato terribile. Rigel era stato forte, mi aveva fatto vedere l'anello della madre, rivelava che era ancora in vita Io, però, dopo quanto avevo visto, sapevo che quella vita equivaleva a essere prigioniera, e non osavo immaginare che cosa le stessero facendo. Arrivai a pregare che la morte sopraggiungesse per lei al più presto. Nei giorni seguenti, privo di coraggio, avevo spedito gufi a Dumbledore, spiegando la situazione e pregandolo di occuparsi in prima persona dei ragazzi, mentre io ero impegnato a Londra a curare i loro interessi e sbrigare tanta, troppa burocrazia.

    «Orion Black!»

Non lo ascoltavo, sentivo solo i passi rapidi di Abraxas, dietro di me, mentre scendevo la collina come un automa, senza più alcuna volontà.

    «Orion Black! Aspettami... Non vuoi conoscere la verità? Non vuoi essere di un qualche vero aiuto al tuo amico fraterno? Mi vuoi dunque deludere? E deludere proprio lui, proprio ora che ha bisogno di te? E pensare che mio cugino ha sempre contato tanto su di te... »

Mi fermai, inghiottendo fiele, strinsi i denti per mascherare e contenere la furia e il dolore che mi devastavano di nuovo, mentre i ricordi, le speranze deluse, le paure si cibavano di me. Mi voltai a guardarlo, solo quando mi sentii abbastanza forte da affrontarlo ancora.

    «Li avete uccisi, tutti... e avete messo un'ipoteca pesante sul futuro dei figli rimasti... io non so nulla di Mirzam, se è questo che vuoi sapere... se è questo il prezzo per ascoltare altre bugie... se lo sapessi, ti assicuro che non esiterei un solo istante a vendere quell'idiota in cambio della salvezza di Meissa e di Rigel... non m’interessa da che parte sta, non m’interessa se è colpevole o innocente, non m’importa nulla di lui e della sua sorte... perché... ho visto cosa è successo ad Amesbury, e so che, giuste o sbagliate che fossero, sono state le sue folli decisioni a determinare la rovina di tutti gli altri! E questo mi basta per maledirlo!
»
    «Orion... calmati... »
    «No, non avrei alcuno scrupolo a dirti dove si trova... ma non ne so nulla, nulla! Nulla!»
    «Orion... »
    «Vattene, andatevene tutti, andate al diavolo voi e lasciate che ci vada anch’io!»

Ripresi a camminare, Malfoy mi prese ancora per la coda del mio mantello ed io mi voltai inferocito, la bacchetta subito piantata nella sua gola.

    «Avanti Black... so che sei portato per il melodramma, ma questo è troppo anche per te... che ne diresti di cambiare personaggio e vestire i panni dell'eroe e del salvatore, una volta tanto?»
    «Sparisci!»
    «Potrei farlo io, certo, ma poi... mi toccherebbe dare troppe spiegazioni... o rivolgermi a un altro... complice... e quello è sempre difficile da piegare, comprare, minacciare... invece ho già te, che sei adatto, molto più adatto di chiunque altro... pensaci... non vuoi sapere la verità, trovare una risposta a tutte quelle domande che ti tolgono il sonno? Non vorresti diventare utile, e di conseguenza intoccabile? Già una volta hai riportato Sherton alla vita... perché non stavolta? Perché continuare a vivere una vita cupa, mortale, grigia? Perché continuare ad avere paura di guardare in faccia quei ragazzi... quando potresti essere invece colui che porta a tutti quanti loro la vita... »
    «Tu sei pazzo... lasciami in pace... »
    «Alshain Sherton è vivo... aspetto solo il momento più adatto per riportarlo in scena... sorpreso, Black? Sarai tu l'artefice del miracolo, ancora una volta... ancora una... ti darò ciò che più desideri in questo momento, Black... e in cambio... non intendo neanche chiederti qualcosa!»
    «Di cosa diavolo stai parlando? Credi che sia uno stupido? Che ti lasci prenderti gioco di me?»
    «Non porterò alcun dono a tuo figlio, domani, Black... a parte il suo padrino... vedi di farti trovare pronto, Orion... o Alshain Sherton potrebbe sparire per sempre... »


*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, commentato, aggiunto la storia alle varie liste, ecc ecc. Auguri di buone vacanze, se non ci sentiamo prima! Ciao!!!
Valeria


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