Bliss {it’s the rhapsody of the unbroken}

di Oducchan
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Nick autore: Oducchan of the lower court 
Titolo: Bliss {it’s the rhapsody of the unbroken}

Personaggi: Ogiwara Shigehiro
Genere: introspettivo, angst
Avvisi: what if (finché non sapremo meglio), OOC? mettiamolo per sicurezza
Rating: verde
Note:
ho pensato che, visto che Ogiwara è di nuovo in salute e con un pallone in mano, una side di Despair ci stesse bene.


 

Bliss

{it’s the rhapsody of the unbroken}

 
Una mattina smette di scappare.
Una mattina apre gli occhi e si accorge di non aver più lacrime da versare. Di non aver più angoli dove andare a nascondersi. Di non avere più una singola terminazione che non sia stata consumata da quel rifiuto e da quel dolore, di non aver più un singolo frammento da ridurre in polvere.
Si sveglia una mattina, guarda il soffitto imbiancato di fresco, e gli viene voglia di giocare a basket.
È un’ondata talmente improvvisa e irrazionale di nostalgia e di desiderio di riavere sui polpastrelli la sensazione ruvida della palla a spicchi, che rimane a lungo a contemplarla, completamente inebetito e sopraffatto. Incredulo.
Cerca di ingoiarla, ma quella torna a galla, prepotente. Resta lì, infingarda, infiltrata sotto l’epidermide a fargli pizzicare le dita e a invogliarlo a saltar su dal materasso per correre al primo campo disponibile, e inizia a smangiar via i rimasugli stracciati del suo cuore.
Impiega una giornata intera a trovare la risoluzione necessaria per entrare nella palestra della nuova scuola. Si intrufola tra l’allenamento della squadra di pallavolo e quello del team di basket, dopo aver preso tre volte il fiato per racimolare il coraggio di correre alle ceste dei palloni.
Le contempla, a lungo, incredulo di come gli sia mancata quella sfumatura di arancio. Le guarda, batte le palpebre, e allunga piano un braccio, la mano aperta, le dita che accarezzano la sfera e percorrono le linee nere. Ed è come andare a fuoco, sente la pelle bruciare al contatto ma non riesce ad allontanarsi, continua a sfiorarla finché il palmo non aderisce alla circonferenza e se la ritrova tra le mani e poi per terra e di nuovo tra le dita, palleggia, scarta, si alza, corre, la tira...
Manca il canestro di una spanna buona, ma ha il fiato corto e le guance rosse e non piange, non più, si morde le labbra fin quasi a farle sanguinare e stringe i pugni conficcando le unghie corte nella carne, forte, così forte da sentire il dolore incunearsi nelle ossa e fargli tremare i muscoli e sapere di essere di nuovo intero.
Non si spezzerà. Mai più.




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