Ed eccoci al quarto capitolo…Un messaggio perla mia unica commentatrice:Pepermint ha scritto dieci
capitoli e…eccome se me lo immagino!!!! Sbav sbav!
Temperance
≈
Capitolo Quattro ≈
Fu Gabbi ad allontanarsi per prima.
“Pensavo che avessi una ragazza.” Sussurrò, sorridendo. Gli
occhi di Ryan si aprirono di scatto.
“Pensavo che tu avessi un ragazzo.” Puntualizzò lui.
“Che ci fai qui, comunque?”
Lei si strinse nelle spalle e si chinò per aiutarlo a
raccogliere i Kix sparsi a terra.
“Compro della verdura.” Rispose, semplicemente. “E ti aiuto a fare buoni acquisti. Suggerirei i Corn Flakes con l’uvetta per
Lilly.”
Arrossendo, Ryan ripose
bruscamente la busta strappata nella scatola.
“Non mi servono i tuoi consigli.”
“No?” Constatò, più che veramente chiederlo, Gabriella,
posando una scatola di cereali con l’uvetta nel carrello. Ryan
lo prese e lo ripose sullo scaffale.
“No, non mi servono. E ti sarei grato se rimanessi fuori dalla mia vita. Grazie.” Prese a spingere con
determinazione il carrello lungo il corridoio, ma Gabbi lo
prese per un braccio.
“Certo, come no.” Prendendolo per il colletto della maglia,
lo trascinò alla sua altezza e gli si avvicinò al punto che i loro nasi si
sfiorassero, cosicché Ryan potesse sentire il suo
fiato sul collo. Il respiro gli si fermò in gola.
Alla fine, Gabriella lo lasciò andare.
“Mmmh…” Disse piano, con un
sorriso vittorioso. “Vedo come non mi vuoi nella tua vita.”
Ryan bloccò la sua mano proprio mentre stava per rimettere i Corn
Flakes nel carrello.
“Gabbi, che cosa vuoi?” Sibilò.
Lei rise semplicemente, facendogli venire la pelle d’oca.
“Beh, mi ero solo fermata per salutarti. E per dirti che la tua piccola fidanzata mi ha chiamata circa una
settimana fa e mi ha raccontato tutto del vostro incidente nel parcheggio” Sul
viso di Ryan si sarebbe potuto friggere un uovo. “Ti
sto solo ricordando dei doveri che hai…sai, verso la ragazza che si è portata a
spasso Lilly per nove mesi. Non
dimenticartelo; a Lilly serve una madre. E chi
potrebbe essere meglio di quella vera? Sa almeno come mi chiamo, Ryan? Pensaci, ok?”
Gabbi si voltò per andarsene, ma si fermò improvvisamente.
“Vorrei soltanto
vedere di nuovo la mia bambina.” Sussurrò
tristemente, gli occhi leggermente annebbiati.
Poi, di colpo, si
voltò e lanciò le braccia al collo di Ryan,
baciandolo appassionatamente sulle labbra. Colto di sorpresa, ricadde
all’indietro, atterrando sull’osso sacro. Nello stesso momento, sentì qualcosa
di rigido scivolargli tra le mani.
“Ciao amore.” Bisbigliò Gabbi. “Ti amo… Davvero.” Appoggiò un’altra vota
le labbra sulle sue e un secondo dopo era sparita
dietro l’angolo, lasciando il povero Ryan seduto sul
pavimento dell’HEB nella sezione cereali, una scatola di Corn
Flakes all’uvetta stretta in mano.
®
C’era decisamente qualcosa che non
andava con Ryan, Kelsi ne
era certa. Non era stato completamente lui per tutto il
giorno, era andato a sbattere contro i muri, inciampato nei banchi e
così via. Aveva addirittura sbagliato ad accendere il riscaldamento per la
prima volta!
Kelsi era determinata a scoprire
il perché di quello strano comportamento e quale momento migliore di quello,
dato che la scuola era finita e Lilly era stata portata a casa da una vicina di
nome Tabitha?
“Ryan?” Lui sobbalzò per quella
che forse era la milionesima volta quel giorno.
“Eh?”
“Che cos’hai?” Gli chiede lei dolcemente, passandogli le
dita tra i capelli –amava che lo facesse.
Tuttavia, per qualche strana ragione, lui si strinse nelle
spalle e si allontanò da lei.
“Non ho niente, sono solo stanco.”
“Avanti, lo vedo che qualcosa non va.
Starai molto meglio se me ne
parli.”
“No, mi sentirò esattamente allo stesso modo.” Rispose Ryan, burbero,
affondando le mani nelle tasche. “Non mi va di parlarne.”
Seguì una lunga, imbarazzante pausa.
“È per la madre di Lilly, non è vero?” Ryan
girò velocemente sui tacchi, dandole la schiena. “Ryan…è
tutto ok, capisco.”
“Un accidenti
capisci!” Sbottò il giovane, arrabbiato, gli occhi improvvisamente
illuminati d’ira repressa. “Non hai la minima idea di cosa ho passato negli
ultimi cinque anni! Non hai risparmiato fino allo sfinimento, non ti sei fatta
il culo per procurare una
casa per la tua bambina Non ti sei mai preoccupata, rasentando l’isteria, del
fatto che un giorno non saresti riuscita a portare a casa abbastanza soldi per
pagare l’affitto o per nutrirla, non hai mai dovuto convivere con la paura che
i servizi sociali te la portassero via! Tu non hai idea di cosa voglia essere dire genitori soli a vent’anni!”
“Ma è anche colpa tua, lo sai!” Esalò Kelsi,
cercando di credere in ciò che le era sempre stato
detto, fin da bambina era stata cresciuta nella convinzione che tutto quello
fosse sbagliato. “Tu sei andato a letto con lei e…”
“ERO UBRIACO!” La forza delle sue parole lasciò Kelsi a bocca aperta. “Sono andato a
una festa e, dopo avermi rintronato per bene, la futura mamma di Lilly ha
deciso che sarebbe stato carino divertirsi un po’ con l’innocente, ingenuo Ryan Evans!” Zittì la ragazza che
aveva aperto la bocca per parlare. “Sì, lo so che non avrebbe
mai dovuto succedere. So che ‘il sesso prima
del matrimonio è un terribile peccato’.” Recitò,
imitando la madre di Kelsi. “Ma desiderare che non sia mai accaduto vorrebbe dire desiderare anche che Lilly
non ci fosse. E io amo Lilly più della mia stessa
vita. Non rinuncerei a lei per niente al mondo.” Per
qualche secondo, si limitò a rspirare pesantemente.
“Non capisci? Da un errore è nato il regalo più bello.”
“Quindi non hai rimpianti?” sussurrò
Kelsi, la mente ancora terribilmente confusa.
“Nemmeno uno?”
Ryan si fermò.
“Vorrei solo che Lilly fosse venuta al mondo in modo un po’
più rispettabile…e che potesse avere una madre.”
Kelsi si morse il labbro
inferiore, in conflitto con se stessa.
“Vorresti che sua madre tornasse da te?” Domandò alla fine.
“Io..Io
non lo so più.” Sospirò lui.
“Anche dopo tutto quello che ti ha
fatto, tu la vuoi ancora?!”
“Stanne fuori, Kelsi.”
“Come puoi essere
così indeciso?!?!” Gridò Kelsi.
“La risposta ti guarda negli occhi ogni giorno. Come puoi
pensare anche solo per un secondo di volere di nuovo con te la mamma di Lilly?”
Ryan provò a pensare a qualcosa da
dire ma non gli venne in mente nulla. Lanciò a Kelsi uno sguardo tormentato e uscì di
corsa dalla stanza.
“Non sono affari tuoi! Sta’fuori dalla
mia vita!”
Fu allora che Kelsi realizzò
perché non poteva risponderle: lui stesso non lo sapeva. I suoi sentimenti e la
sua testa non riuscivano a trovare un accordo.
Ryan sbatté la porta del proprio
appartamento, facendo tremare gli occhiali posati sul comodino. Imprecando
sotto voce, tirò un calcio al già malmesso divano e tirò un pugno al muro.
Stringendo le nocche sanguinanti, riuscì finalmente a ritrovare un po’ di calma
e si fasciò la mano con una benda presa dal kit di
primo soccorso che Tabitha gli aveva regalato per
Natale.
Dopodichè, girovagò per un po’senza
scopo nella camera da letto. All’improvviso, un pensiero lo colpì e il giovane
si mise a frugare nello scatolone che campeggiava nell’angolo finché non l’ebbe
trovato. Eccolo lì, il suo annuario dell’ultimo anno.
Girò febbrilmente le pagine fino a raggiungere la sezione “Vita Quotidiana”.
Lei era sempre là e lo guardava dalle pagine. Era una foto in bianco e nero di
Gabriella, seduta tra le sue gambe e appoggiata a lui. Le sue braccia erano
intorno a lei e le loro teste riposavano, amabilmente
appoggiate l’una all’altra.
A lato dell’immagine si trovava una nota in corsivo, scritta
con una penna rosa.
Ryan,
Ti amo più di quanto
tu possa immaginare. Questo è stato il migliore anno
di tutto il liceo per me, il mio anno come tua ragazza. Sei stato più che
ragionevole a proposito del nostro segreto e io lo apprezzo moltissimo. Mi
mancherai da morire quando sarò al college.
Ti amo troppo
Gabbi M.
Gli occhi di Ryan si inumidirono e lui li asciugò immediatamente.
L’aveva amato davvero. Non subito quella sera, ma dopo si
erano davvero trovati benissimo insieme. L’ultimo anno era stato anche il suo
preferito…
Incastrata tra le pagine c’era una foto di Gabriella nella
sua felpa con la scritta DRAMA, accoccolata contro di lui, entrambi mezzi
addormentati sul divano di Chad. La mano di Gabriella
era chiusa intorno alla sua e la sua altra riposava, protettiva, sulla spalla di lei.
Sorridendo, Ryan alzò per qualche
secondo gli occhi dalla fotografia e qualcos’altro catturò il suo sguardo. In
una cornice, appollaiata sulla sua sveglia, c’era un’altra foto.
Quest’ultima era stata scattata
davanti al Tornado al Fiesta Texas. Lilly, Ryan e Kelsi erano seduti su uno
dei sedili della giostra e sorridevano, felici, alla macchina fotografica. Una
delle braccia di lui era intorno a Lilly, mentre
l’altra abbracciava Kelsi all’altezza delle spalle.
Ryan spostò lo sguardo dalla
ragazza nell’annuario a quella nella cornice.
I suoi occhi bruciavano di lacrime mai versate e alla fine
il ventitreenne Ryan Evans
fece qualcosa che non si permetteva da almeno tre anni: pianse.
Appoggiò la testa al cuscino e prese a singhiozzare come un
bambino. Il suo cuore era spezzato in due e non aveva idea di quale strada
scegliere per rimetterlo insieme.
Secondo la logica, Kelsi era
l’ovvia risposta, ma i suoi battiti aumentavano anche al pensiero di Gabriella.
Perché doveva essere tutto così difficile?
Rimase a letto per quasi un’ora prima di realizzare
che avrebbe dovuto andare a recuperare Lilly da Tabitha.
Così si asciugò gli occhi, buttò giù un bicchiere d’acqua e bussò alla porta
della vicina.
Lilly volò immediatamente tra le braccia del padre.
“Perdonate il ritardo.” Si scusò, ben cosciente dello
sguardo preoccupato di Tabitha puntato sui suoi occhi
rossi e gonfi. “Ti sei divertita, Capitano?” Chiese, tirando su col naso e
passandosi di nuovo una mano sugli occhi.
Perché doveva essere così emotivo?
“È stato fantastico!” Cominciò Lilly e ben presto si perse
nella storia di lei e Tabitha
che catturavano un ladro nel bagno. Ryan ascoltò
attentamente, per quanto possibile, onde poi
assicurarsi di nascondere per bene l’annuario prima che Lilly entrasse nella
stanza.
Dopo una lunga e crudele lotta con i cuscini e uno
sfiancante nascondino, Ryan riuscì a mettere Lilly a
letto. Normalmente la bambina si sarebbe appallottolata tranquillamente e
addormentata nel giro di cinque minuti, ma quella sera
la figlia di Ryan si mise a sedere, più sveglia che
mai.
“Papy?”
“Sì, principessa?”
“Perché tu e la signorina Kelsi siete arrabbiati?”
Ryan si ritrovò a cercare
disperatamente una risposta.
“Non eravamo d’accordo su una cosa.” Decise, infine.
“Come qualche volta succede a noi?”
Lui ride.
“Sì, proprio così.”
“E allora quando farete pace?
Perché le persone che si amano fanno sempre pace,
vero, papy?” Ryan la guardò
sorpreso.
Le persone che si
amano…
Dove aveva sentito quella frase? E l’aveva appena associata a lui e Kelsi…
“Penso…penso di sì, tesoro.”
“Perché tu ami la signorina Kelsi, vero, papy?” Ryan non rispose. “Papy?”
Alla fine, alzò lo sguardo nei suoi occhi color del
cioccolato e sorrise. I suoi occhi…così belli e così
familiari…
“Sì, Lillian, io amo la signorina Kelsi.”
“Quanto amavi la mia mamma?” Era per caso stata nel suo
cervello?
“Sì.” Rispose a fatica, passandosi una mano tra i capelli.
“Sì, Lilly.”
“E allora chiamala!” Concluse Lilly,
incrociando solennemente le braccia sopra alle coperte.
“Non pensi che sia un po’ tardi?”
“Chiamala e scusati! Non dormirò finché non l’avrai fatto!”
Ryan sospirò e rise allo stesso
tempo.
“Vedo che hai ereditato la cocciutaggine di tua madre.” Lilly ridacchiò. “Va bene, va
bene, chiamerò la signorina Kelsi. Però promettimi
che andrai dritta a letto.” Lilly annuì e si nascose
sotto alle lenzuola. Ryan la
baciò sulla fronte e le augurò sogni d’oro, poi spense la luce e si chiuse la
porta alle spalle.
L’uomo si ammonì da solo.
“Avanti, Ryan Evans,
rimettiti in sesto.” Sollevò la cornetta e compose il numero di casa Nielsen, dove Kelsi viveva con i suoi genitori.
“Pronto?”
“Buonasera, Kelsi è in casa?”
“Solo un minuto.”
“Chi parla?” Oh, Signore, era lei…
“Ciao…sono Ryan.”
“Oh…ciao Ryan.” Silenzio. “Guarda, a proposito di questa mattina, effettivamente non erano
affari miei e…”
“Non ti scusare. È colpa mia…non avrei dovuto rovesciarti addosso il mio stress e la mia indecisione…Mi dispiace davvero tanto.”
Kelsi non rispose subito.
“È tutto ok, dispiace anche a me.
Immagino che fossi solo gelosa…e spaventata.”
“Gelosa di chi? E spaventata di
cosa?”
“Spaventata da
cosa. Ed ero gelosa della madre di Lilly che ha ancora
il tuo affetto…e spaventata che possa tornare e che tu vada con lei.”
Ryan si morse il labbro inferiore.
“Ehi, Kels, posso richiamarti?”
lei rise appena a causa del soprannome.
“Certo. Solo non metterci troppo.” Lui annuì e solo dopo si
rese conto che lei non poteva vederlo.
Aveva bisogno di fare mente locale prima di parlare con lei
di quell’argomento.
Ryan uscì sul minuscolo balcone
sul retro dell’appartamento. Collassando in una
poltroncina, si prese la testa tra le mani, cercando di prendere una decisione.
Udì bussare sul muro accanto a lui.
“Posso entrare?” Guardò in alto e vide Tabitha
sorridere da sopra la ringhiera.
“Se proprio vuoi.” Mormorò,
riassumendo la posizione di poco prima. Tabitha
scavalcò il parapetto e gli sedette a lato.
“Raccontami tutto.” Disse, accarezzandogli con dolcezza i
capelli. Il suo affetto materno fu sufficiente a farlo scoppiare di nuovo a
piangere; non ce la facev a davvero più.
“Non so da dove cominciare.”
“L’inizio, di solito, è la scelta migliore.” Suggerì lei. “Vieni, sdraiati qui
sulla panchina e posa la testa sulle mie gambe. E poi
potremo parlare.”
Ryan obbedì diligentemente e
sospirò. Era dai tempi della scuola che non si metteva in quella posizione…
“Beh, è iniziato tutto quando
Gabriella mi ha preso da parte una mattina, sei settimane dopo la festa di Chealsea…”