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Autore: PepermintSmile    05/09/2008    2 recensioni
Traduzione di Temperance_Booth. “Fai le commissioni per i tuoi o qualcosa del genere?” Le sopracciglia di lui si corrucciarono per la confusione. “Intendo dire, ti hanno mandato a prendere la tua sorellina all’asilo?” Il giovane deglutì, a disagio, ma prima che potesse parlare, Lilly trillò. “Papy, di che parla? Tu non hai una sorellina, solo una gemella, vero, papy?” “Sì, tesoro, hai ragione; solo zia Sharpay.” “Solo zia Sharpay, nessun altro.” Affermò Lilly e guardò, raggiante, Kelsi, come se l’intera questione fosse risolta. “É…È tua?” Esalò la sua vecchia compagna di classe, vacillando all’indietro.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kelsi Nielsen, Ryan Evans
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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≈ Capitolo Quattro ≈

Ed eccoci al quarto capitolo…Un messaggio perla mia unica commentatrice:Pepermint ha scritto dieci capitoli e…eccome se me lo immagino!!!! Sbav sbav!

Temperance

 

≈ Capitolo Quattro ≈

 

 

Fu Gabbi ad allontanarsi per prima.

“Pensavo che avessi una ragazza.” Sussurrò, sorridendo. Gli occhi di Ryan  si aprirono di scatto.

“Pensavo che tu avessi un ragazzo.” Puntualizzò lui. “Che ci fai qui, comunque?”

Lei si strinse nelle spalle e si chinò per aiutarlo a raccogliere i Kix sparsi a terra.

“Compro della verdura.” Rispose, semplicemente. “E ti aiuto a fare buoni acquisti. Suggerirei i Corn Flakes con l’uvetta per Lilly.

Arrossendo, Ryan ripose bruscamente la busta strappata nella scatola.

“Non mi servono i tuoi consigli.”

“No?” Constatò, più che veramente chiederlo, Gabriella, posando una scatola di cereali con l’uvetta nel carrello. Ryan lo prese e lo ripose sullo scaffale.

“No, non mi servono. E ti sarei grato se rimanessi fuori dalla mia vita. Grazie.” Prese a spingere con determinazione il carrello lungo il corridoio, ma Gabbi lo prese per un braccio.

“Certo, come no.” Prendendolo per il colletto della maglia, lo trascinò alla sua altezza e gli si avvicinò al punto che i loro nasi si sfiorassero, cosicché Ryan potesse sentire il suo fiato sul collo. Il respiro gli si fermò in gola.

Alla fine, Gabriella lo lasciò andare.

Mmmh…” Disse piano, con un sorriso vittorioso. “Vedo come non mi vuoi nella tua vita.

Ryan bloccò la sua mano proprio mentre stava per rimettere i Corn Flakes nel carrello.

“Gabbi, che cosa vuoi?” Sibilò.

Lei rise semplicemente, facendogli venire la pelle d’oca.

“Beh, mi ero solo fermata per salutarti. E per dirti che la tua piccola fidanzata mi ha chiamata circa una settimana fa e mi ha raccontato tutto del vostro incidente nel parcheggio” Sul viso di Ryan si sarebbe potuto friggere un uovo. “Ti sto solo ricordando dei doveri che hai…sai, verso la ragazza che si è portata a spasso Lilly per nove mesi. Non dimenticartelo; a Lilly serve una madre. E chi potrebbe essere meglio di quella vera? Sa almeno come mi chiamo, Ryan? Pensaci, ok?”

Gabbi si voltò per andarsene, ma si fermò improvvisamente.

“Vorrei soltanto vedere di nuovo la mia bambina. Sussurrò tristemente, gli occhi leggermente annebbiati.

Poi, di colpo, si voltò e lanciò le braccia al collo di Ryan, baciandolo appassionatamente sulle labbra. Colto di sorpresa, ricadde all’indietro, atterrando sull’osso sacro. Nello stesso momento, sentì qualcosa di rigido scivolargli tra le mani.

“Ciao amore. Bisbigliò Gabbi. “Ti amo… Davvero.” Appoggiò un’altra vota le labbra sulle sue e un secondo dopo era sparita dietro l’angolo, lasciando il povero Ryan seduto sul pavimento dell’HEB nella sezione cereali, una scatola di Corn Flakes all’uvetta stretta in mano.

 

®

 

C’era decisamente qualcosa che non andava con Ryan, Kelsi ne era certa. Non era stato completamente lui per tutto il giorno, era andato a sbattere contro i muri, inciampato nei banchi e così via. Aveva addirittura sbagliato ad accendere il riscaldamento per la prima volta!

Kelsi era determinata a scoprire il perché di quello strano comportamento e quale momento migliore di quello, dato che la scuola era finita e Lilly era stata portata a casa da una vicina di nome Tabitha?

Ryan?” Lui sobbalzò per quella che forse era la milionesima volta quel giorno.

“Eh?”

“Che cos’hai?” Gli chiede lei dolcemente, passandogli le dita tra i capelli –amava che lo facesse.

Tuttavia, per qualche strana ragione, lui si strinse nelle spalle e si allontanò da lei.

“Non ho niente, sono solo stanco.”

“Avanti, lo vedo che qualcosa non va. Starai molto meglio se me ne parli.”

“No, mi sentirò esattamente allo stesso modo. Rispose Ryan, burbero, affondando le mani nelle tasche. “Non mi va di parlarne.

Seguì una lunga, imbarazzante pausa.

“È per la madre di Lilly, non è vero?” Ryan girò velocemente sui tacchi, dandole la schiena. “Ryan…è tutto ok, capisco.

Un accidenti capisci!” Sbottò il giovane, arrabbiato, gli occhi improvvisamente illuminati d’ira repressa. “Non hai la minima idea di cosa ho passato negli ultimi cinque anni! Non hai risparmiato fino allo sfinimento, non ti sei fatta il culo per procurare una casa per la tua bambina Non ti sei mai preoccupata, rasentando l’isteria, del fatto che un giorno non saresti riuscita a portare a casa abbastanza soldi per pagare l’affitto o per nutrirla, non hai mai dovuto convivere con la paura che i servizi sociali te la portassero via! Tu non hai idea di cosa voglia essere dire genitori soli a vent’anni!”

“Ma è anche colpa tua, lo sai!” Esalò Kelsi, cercando di credere in ciò che le era sempre stato detto, fin da bambina era stata cresciuta nella convinzione che tutto quello fosse sbagliato. “Tu sei andato a letto con lei e…”

“ERO UBRIACO!” La forza delle sue parole lasciò Kelsi a bocca aperta. “Sono andato a una festa e, dopo avermi rintronato per bene, la futura mamma di Lilly ha deciso che sarebbe stato carino divertirsi un po’ con l’innocente, ingenuo Ryan Evans!” Zittì la ragazza che aveva aperto la bocca per parlare. “Sì, lo so che non avrebbe mai dovuto succedere. So che ‘il sesso prima del matrimonio è un terribile peccato’.” Recitò, imitando la madre di Kelsi. “Ma desiderare che non sia mai accaduto vorrebbe dire desiderare anche che Lilly non ci fosse. E io amo Lilly più della mia stessa vita. Non rinuncerei a lei per niente al mondo. Per qualche secondo, si limitò a rspirare pesantemente. “Non capisci? Da un errore è nato il regalo più bello.

Quindi non hai rimpianti?” sussurrò Kelsi, la mente ancora terribilmente confusa. “Nemmeno uno?”

Ryan si fermò.

“Vorrei solo che Lilly fosse venuta al mondo in modo un po’ più rispettabile…e che potesse avere una madre.

Kelsi si morse il labbro inferiore, in conflitto con se stessa.

“Vorresti che sua madre tornasse da te?” Domandò alla fine.

“Io..Io non lo so più.” Sospirò lui.

“Anche dopo tutto quello che ti ha fatto, tu la vuoi ancora?!”

“Stanne fuori, Kelsi.”

Come puoi essere così indeciso?!?!” Gridò Kelsi. “La risposta ti guarda negli occhi ogni giorno. Come puoi pensare anche solo per un secondo di volere di nuovo con te la mamma di Lilly?”

Ryan provò a pensare a qualcosa da dire ma non gli venne in mente nulla. Lanciò a Kelsi uno sguardo tormentato e uscì di corsa dalla stanza.

“Non sono affari tuoi! Sta’fuori dalla mia vita!”

Fu allora che Kelsi realizzò perché non poteva risponderle: lui stesso non lo sapeva. I suoi sentimenti e la sua testa non riuscivano a trovare un accordo.

 

Ryan sbatté la porta del proprio appartamento, facendo tremare gli occhiali posati sul comodino. Imprecando sotto voce, tirò un calcio al già malmesso divano e tirò un pugno al muro. Stringendo le nocche sanguinanti, riuscì finalmente a ritrovare un po’ di calma e si fasciò la mano con una benda presa dal kit di primo soccorso che Tabitha gli aveva regalato per Natale.

Dopodichè, girovagò per un po’senza scopo nella camera da letto. All’improvviso, un pensiero lo colpì e il giovane si mise a frugare nello scatolone che campeggiava nell’angolo finché non l’ebbe trovato. Eccolo lì, il suo annuario dell’ultimo anno. Girò febbrilmente le pagine fino a raggiungere la sezione “Vita Quotidiana”. Lei era sempre là e lo guardava dalle pagine. Era una foto in bianco e nero di Gabriella, seduta tra le sue gambe e appoggiata a lui. Le sue braccia erano intorno a lei e le loro teste riposavano, amabilmente appoggiate l’una all’altra.

A lato dell’immagine si trovava una nota in corsivo, scritta con una penna rosa.

 

Ryan,

Ti amo più di quanto tu possa immaginare. Questo è stato il migliore anno di tutto il liceo per me, il mio anno come tua ragazza. Sei stato più che ragionevole a proposito del nostro segreto e io lo apprezzo moltissimo. Mi mancherai da morire quando sarò al college.

Ti amo troppo

Gabbi M.

 

Gli occhi di Ryan si inumidirono e lui li asciugò immediatamente.

L’aveva amato davvero. Non subito quella sera, ma dopo si erano davvero trovati benissimo insieme. L’ultimo anno era stato anche il suo preferito…

Incastrata tra le pagine c’era una foto di Gabriella nella sua felpa con la scritta DRAMA, accoccolata contro di lui, entrambi mezzi addormentati sul divano di Chad. La mano di Gabriella era chiusa intorno alla sua e la sua altra riposava, protettiva, sulla spalla di lei.

Sorridendo, Ryan alzò per qualche secondo gli occhi dalla fotografia e qualcos’altro catturò il suo sguardo. In una cornice, appollaiata sulla sua sveglia, c’era un’altra foto.

Quest’ultima era stata scattata davanti al Tornado al Fiesta Texas. Lilly, Ryan e Kelsi erano seduti su uno dei sedili della giostra e sorridevano, felici, alla macchina fotografica. Una delle braccia di lui era intorno a Lilly, mentre l’altra abbracciava Kelsi all’altezza delle spalle.

Ryan spostò lo sguardo dalla ragazza nell’annuario a quella nella cornice.

I suoi occhi bruciavano di lacrime mai versate e alla fine il ventitreenne Ryan Evans fece qualcosa che non si permetteva da almeno tre anni: pianse.

Appoggiò la testa al cuscino e prese a singhiozzare come un bambino. Il suo cuore era spezzato in due e non aveva idea di quale strada scegliere per rimetterlo insieme.

Secondo la logica, Kelsi era l’ovvia risposta, ma i suoi battiti aumentavano anche al pensiero di Gabriella. Perché doveva essere tutto così difficile?

Rimase a letto per quasi un’ora prima di realizzare che avrebbe dovuto andare a recuperare Lilly da Tabitha. Così si asciugò gli occhi, buttò giù un bicchiere d’acqua e bussò alla porta della vicina.

Lilly volò immediatamente tra le braccia del padre.

“Perdonate il ritardo.” Si scusò, ben cosciente dello sguardo preoccupato di Tabitha puntato sui suoi occhi rossi e gonfi. “Ti sei divertita, Capitano?” Chiese, tirando su col naso e passandosi di nuovo una mano sugli occhi.

Perché doveva essere così emotivo?

“È stato fantastico!” Cominciò Lilly e ben presto si perse nella storia di lei e Tabitha che catturavano un ladro nel bagno. Ryan ascoltò attentamente, per quanto possibile, onde poi assicurarsi di nascondere per bene l’annuario prima che Lilly entrasse nella stanza.

Dopo una lunga e crudele lotta con i cuscini e uno sfiancante nascondino, Ryan riuscì a mettere Lilly a letto. Normalmente la bambina si sarebbe appallottolata tranquillamente e addormentata nel giro di cinque minuti, ma quella sera la figlia di Ryan si mise a sedere, più sveglia che mai.

Papy?”

“Sì, principessa?”

“Perché tu e la signorina Kelsi siete arrabbiati?”

Ryan si ritrovò a cercare disperatamente una risposta.

“Non eravamo d’accordo su una cosa.” Decise, infine.

“Come qualche volta succede a noi?”

Lui ride.

“Sì, proprio così.”

E allora quando farete pace? Perché le persone che si amano fanno sempre pace, vero, papy?” Ryan la guardò sorpreso.

Le persone che si amano…

Dove aveva sentito quella frase? E l’aveva appena associata a lui e Kelsi

Penso…penso di sì, tesoro.”

Perché tu ami la signorina Kelsi, vero, papy?” Ryan non rispose. “Papy?”

Alla fine, alzò lo sguardo nei suoi occhi color del cioccolato e sorrise. I suoi occhi…così belli e così familiari…

“Sì, Lillian, io amo la signorina Kelsi.”

“Quanto amavi la mia mamma?” Era per caso stata nel suo cervello?

“Sì.” Rispose a fatica, passandosi una mano tra i capelli. “Sì, Lilly.”

“E allora chiamala!” Concluse Lilly, incrociando solennemente le braccia sopra alle coperte.

“Non pensi che sia un po’ tardi?”

“Chiamala e scusati! Non dormirò finché non l’avrai fatto!”

Ryan sospirò e rise allo stesso tempo.

“Vedo che hai ereditato la cocciutaggine di tua madre. Lilly ridacchiò. “Va bene, va bene, chiamerò la signorina Kelsi. Però promettimi che andrai dritta a letto. Lilly annuì e si nascose sotto alle lenzuola. Ryan la baciò sulla fronte e le augurò sogni d’oro, poi spense la luce e si chiuse la porta alle spalle.

L’uomo si ammonì da solo.

“Avanti, Ryan Evans, rimettiti in sesto.” Sollevò la cornetta e compose il numero di casa Nielsen, dove Kelsi viveva con i suoi genitori.

“Pronto?”

“Buonasera, Kelsi è in casa?”

“Solo un minuto.”

“Chi parla?” Oh, Signore, era lei…

“Ciao…sono Ryan.”

“Oh…ciao Ryan.” Silenzio. “Guarda, a proposito di questa mattina, effettivamente non erano affari miei e…”

“Non ti scusare. È colpa mia…non avrei dovuto rovesciarti addosso il mio stress e la mia indecisione…Mi dispiace davvero tanto.”

Kelsi non rispose subito.

“È tutto ok, dispiace anche a me. Immagino che fossi solo gelosa…e spaventata.”

“Gelosa di chi? E spaventata di cosa?”

“Spaventata da cosa. Ed ero gelosa della madre di Lilly che ha ancora il tuo affetto…e spaventata che possa tornare e che tu vada con lei.”

Ryan si morse il labbro inferiore.

“Ehi, Kels, posso richiamarti?” lei rise appena a causa del soprannome.

“Certo. Solo non metterci troppo.” Lui annuì e solo dopo si rese conto che lei non poteva vederlo.

Aveva bisogno di fare mente locale prima di parlare con lei di quell’argomento.

Ryan uscì sul minuscolo balcone sul retro dell’appartamento. Collassando in una poltroncina, si prese la testa tra le mani, cercando di prendere una decisione.

Udì bussare sul muro accanto a lui.

“Posso entrare?” Guardò in alto e vide Tabitha sorridere da sopra la ringhiera.

Se proprio vuoi.” Mormorò, riassumendo la posizione di poco prima. Tabitha scavalcò il parapetto e gli sedette a lato.

“Raccontami tutto.” Disse, accarezzandogli con dolcezza i capelli. Il suo affetto materno fu sufficiente a farlo scoppiare di nuovo a piangere; non ce la facev a davvero più.

“Non so da dove cominciare.”

“L’inizio, di solito, è la scelta migliore. Suggerì lei. “Vieni, sdraiati qui sulla panchina e posa la testa sulle mie gambe. E poi potremo parlare.”

Ryan obbedì diligentemente e sospirò. Era dai tempi della scuola che non si metteva in quella posizione…

“Beh, è iniziato tutto quando Gabriella mi ha preso da parte una mattina, sei settimane dopo la festa di Chealsea…”

 

  
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