cap35(END)
L' ultima lacrima
XXXV.
Linn si asciugò il
viso ancora una volta mentre raccoglieva dal mobile i tanti piccoli
fermagli.
La regina Frigga
sarebbe tornata a breve e la sua camera doveva essere in ordine.
Sistemò i
preziosi monili nello scrigno sul canterano e iniziò a
riordinare anche le spazzole e i pettini.
Tirò su con
il naso sentendosi soffocare.
Nascose gli occhi
dietro a una mano e respirò a fondo.
Doveva lasciarlo
andare, era giusto così. Anche se faceva male, e avrebbe
fatto male ogni giorno di più.
«Linn?»
Voltò il
capo alle sue spalle con timore. La porta non era stata aperta eppure
qualcuno era entrato e la guardava.
«Principe?»
Lo
salutò asciugandosi velocemente gli occhi. «Sono
felice di
sapervi salvo,» affermò con voce incerta. Non
voleva farsi
vedere così, non voleva mostrare il suo dolore.
«Cercavo mia
madre» disse il principe Loki avvicinandosi a lei.
«La regina
sarà qui a momenti, principe.»
Non si chiese il
perché
fosse lì, libero, il come avesse fatto a entrare senza
varcare
materialmente la soglia. Il suo cuore gonfio non aveva spazio per
quelle domande.
Stava bene, e forse
solo questo aveva importanza.
«Tu lo
sapevi, vero?»
Alla sua domanda
impiegò qualche istante per comprendere ma poi dal suo
sguardo capì.
Annuì.
«Ho temuto
fino alla fine non
si risvegliasse più,» confessò
ricordando i giorni
trascorsi al capezzale di Sigyn, a vegliare il suo sonno che sembrava
non voler finire. Ricordò quando le aveva confidato
ciò
che aveva deciso di fare, l'accordo che aveva preso con la regina
Freyja, il rischio assurdo di perdere la vita nel caso
l'incantesimo non fosse riuscito.
«Come hai
potuto lasciarle fare una sciocchezza simile?»
Si sentì
rimproverare con sguardo accusatore.
Linn
abbassò il capo.
«Dovevi
fermarla.»
«E
come?» chiese lei a
quel punto risollevando gli occhi. «Ditemi quali parole avrei
potuto pronunziare per farla desistere, perché io non ne
avevo
alcuna, principe. Neanche una.»
A quel punto fu lui a
scostare lo sguardo celando la sua rabbia che però era
impossibile da non vedere.
«Non datele
colpa anche di questo. Non datele la colpa di avervi amato
troppo.»
Il principe sorrise
scuotendo il
capo come le sue fossero solo sciocchezze. Allora Linn gli si
avvicinò e afferrò la manica della sua tunica
nera.
Lui la
guardò diffidente ma non aveva importanza un altro richiamo.
«L'amore del
principe Thor era così grande da non aver spazio per un
cuore solo.»
«Linn,
smettila
adesso.» Le spostò la mano che lo teneva e le
diede le
spalle. «Saluta mia madre da parte mia.»
«Non potete
allontanarla
adesso!» affermò quasi con rabbia.
«Avete
così paura di essere felice da gettare via tutto solo
perché avete deciso di non meritarlo?»
Quando il principe le
mostrò nuovamente il volto c'era un pallido sorriso sulle
sue labbra.
«E
tu?» Le chiese con
semplicità. «Che ci fai ancora qui, Linn? La forza
delle
tue parole non trova concretezza nelle azioni, o sbaglio? Oppure ha
valore solo per me?»
Capì cosa
volesse dirle e si sentì così piccola e debole
sotto il suo sguardo.
Scosse il capo
abbassando gli occhi e ingoiando altre lacrime.
«Io non
posso, io-»
Quando il principe le
prese la
mano, Linn sentì il cuore battere forte, mentre le sorrideva
e
le baciava la fronte con una dolcezza che non gli aveva mai visto, che
aveva serbato per una persona soltanto.
«Va' da
lui» le
comandò... No, le chiese con tono gentile. «Vivi
la tua
vita, Linn. È tua e di nessun altro.»
Il principe le
asciugò una
lacrima e Linn lo vide svanire sotto i suoi occhi, come un vento, come
un soffio di aria impossibile da trattenere fra le dita.
*
«Quando
vorrai sarai il benvenuto. Chiama il mio nome e Asgard ti
accoglierà.»
Steve annuì
con un sorriso obbligato alle parole di Heimdall.
«Grazie.»
Non si
prolungò sentendo che doveva andare adesso, prima che
potesse provare il desiderio di non andare più.
Il Bifrost
iniziò vibrare nell'attimo in cui il guardiano
azionò il vortice tramite la sua spada.
Un paio di metri, una
manciata di
passi e il sogno sarebbe svanito. La realtà lo avrebbe
salutato
dall'altra parte e Steve Rogers non avrebbe potuto far nulla per
sottrarsi a quel ruolo, a quella maschera, a quel destino.
«Steve!»
Si chiese se
se lo fosse immaginato: Linn che lo chiamava, che urlava il suo nome.
«Steve! Aspetta!»
No, era vero, era
reale.
Si voltò
all'istante scorgendola correre attraverso il lungo ponte.
«Linn?»
Le andò
in contro quando varcò la soglia dell'Osservatorio.
«Che ci fai qui?» chiese mentre Linn riprendeva
fiato.
«Non posso
chiedertelo, tu
non puoi lasciare il tuo mondo. Midgard ha bisogno di te, e tu di
Midgard. È la tua casa, il tuo passato e i tuoi
ricordi.»
Come un fiume in piena
Linn
parlò fra gli affanni con il petto che si alzava a ogni
respiro,
con i capelli in disordine per la corsa, e quei meravigliosi occhi
azzurri a guardarlo.
«Linn, non
capisco che-»
«Io ti amo,
Steve. Ti ho amato dal primo momento e ti amerò fino al mio
ultimo giorno.»
Ci fu silenzio,
perché Steve
aveva il cuore incastrato in gola e Linn ancora l'affanno della
corsa, e avrebbe voluto rispondere che era lo stesso, che provava la
stessa identica cosa, che la sola idea di averla lontana lo uccideva,
ma non seppe dire niente.
Fu Linn a parlare
ancora, con un sorriso sulle labbra mentre gli prendeva le mani fra le
proprie.
«Io non
posso chiedertelo ma tu puoi farlo, perciò, mio capitano, ti
imploro di chiedermelo.»
«Linn...»
Sapeva cosa volesse
dire, sapeva
cosa avrebbe risposto e ne aveva assurdamente paura perché
il
suo cuore di soldato sembrava così fragile per poter
sostenere
tanto.
«Chiedimelo,
Steve,»
disse lei sorridendogli, bella e dolce, e così perfetta per
stargli accanto. «Chiedimelo soltanto.»
Fu un fiato, una
manciata di parole, fu il gesto più coraggioso che avesse
mai compiuto.
«Vieni con
me»
sospirò infine. «Vieni sulla Terra con me
e...» Linn
lo guardava con il sorriso che si allargava con il luccicore a coprire
gli occhi, e Steve sentì che non sarebbe mai stato
più
folle e più spaventato come lo era in quel momento, non
sarebbe
mai stato più vivo. «Permettimi di trascorrere il
resto
della vita a dimostrarti quello che non sono capace di dire.»
E infine quel sorriso
contagiò anche lui quando Linn gli gettò le
braccia al
collo sospirando un sì
dietro l'altro.
«Dio, sarei
impazzito senza di te...» confessò stringendola
forte, regalandole un bacio e poi uno ancora.
«Oh,
Steve.»
Ancora un sorriso,
ancora un abbraccio, ancora vita.
«Capitano?»
Si udì la voce di Heimdall risuonare poderosa.
«Credo sia tempo di andare.»
Si voltò
provando solo allora un leggero imbarazzo.
«Certo,»
rispose guardando Linn e tenendole la mano mentre si avvicinavano al
Bifrost.
«Sei
sicura?» Le chiese poi quasi avesse bisogno ancora di
risposte.
E Linn non gliene
diede più alcuna. Sorrise soltanto e attraversò
il varco.
Quando la Terra li
accolse, le loro dita erano ancora intrecciate.
*
Le stanze erano
silenziose. Le ombre divoravano ogni angolo sebbene fossero
alti soli che bruciavano nel cielo.
Eppure era tetro
ovunque poggiasse gli occhi.
Sfiorò con
le dita
l'armatura assemblata con maniacale precisione. Ne percorse ogni
dettaglio, ogni disegno, ogni stemma e simbolo.
L'armatura di un
principe, di un Dio.
Adesso non era
più niente.
Non ricordava neanche
cosa si
provava indossandola, non ricordava la sensazione del cuoio sulla
pelle, del freddo dell'elmo sulla testa.
Ricordava ogni singolo
momento in cui l'aveva indossata, eppure non ricordava cosa aveva sentito.
Freyja l'aveva
avvertita, le
aveva spiegato cosa avrebbe comportato quel rito arcaico, ma Sigyn
aveva accettato. Thor aveva accettato di lasciare che il suo cuore si
scindesse in due, che una parte fosse solo sua.
Aveva accettato di
avere un corpo
plasmato di carne e seiðr, aveva accettato di non avere anima,
e al
contempo il destino di una morte priva di gloria, perché
quando
quel cuore a metà avesse cessato di battere, non ci sarebbe
stato luogo dove giungere; non il Valhalla, e neanche Hel.
Solo l'oblio. Il
nulla.
Thor aveva accettato
tutto per lui,
per quell'unica vita dove non avere rimpianti, con la semplice
libertà di amarlo come non era stato capace. Aveva deciso di
rendere Sigyn non più un'illusione, una maschera, ma
realtà.
E non era servito.
Le dita sfiorarono
ancora
l'armatura finché con una spinta Sigyn non la
gettò
a terra, lasciando che si rompesse nella sua perfezione. Ogni pezzo
fece rumore mentre si separava dagli altri eppure quel sibilo nella sua
testa era così forte da coprire ognuno di essi.
Loki...
ti odio!
ஐஐஐ
Thor la guardava,
silente, incapace di dire alcunché.
Era stato difficile
affrontare i
suoi compagni, era stato difficile subire le battute di Tony,
benché avesse tentato solo di farlo sorridere, avvertire gli
sguardi di Clint, accusatori e allo stesso tempo colpevoli; ascoltare
la comprensione di Bruce e quella di Natasha, i richiami di Fury e le
sue minacce.
Era stato difficile,
eppure non era
stato nulla al confronto di ciò che provava adesso che aveva
il
viso di Jane di fronte al suo, adesso che la vedeva seduta accanto al
suo letto, con le labbra prive di sorriso e quel denso silenzio ad
avvolgerla.
«Non so se
saprò perdonarti, Thor.»
Mandò
giù un nodo e annuì.
«Non ho
neanche il coraggio di chiedertelo, Jane, io...» Tacque
ancora scostando lo sguardo sul lenzuolo.
Era rimasto in quella
stanza
perché così aveva deciso Nick, per monitorare il
suo
corpo, più probabilmente, per monitorare la sua mente.
Aveva dei buchi, degli
squarci,
eppure lentamente ritrovava immagini che aveva vissuto, piccoli
frammenti di sé, perfino di lei.
Rivedeva Loki, il suo
viso, la sua
presenza. Poteva perfino udire la sua voce, le sue parole, eppure
nonostante tutto, non lo sentiva. Non come avrebbe dovuto.
Sapeva cosa era
accaduto fra di
loro, in che modo quel segreto era stato dissotterrato e violato, le
conseguenze che aveva portato, ma nel fondo della sua mente, del suo
cuore, Thor non sentiva più nulla che riguardava quel tempo.
Se pensava a Loki
rivedeva il
fratello che aveva amato e perduto, per cui aveva lottato e contro cui
aveva combattuto. Rivedeva il ragazzo solitario e schivo che
riusciva sempre a zittirlo con una frase tagliente, con cui amava
sfidarsi, con cui amava vincere e odiava perdere.
Non c'era altro, non
c'era quell'altro.
Era come se
quell'insieme di
emozioni di cui aveva sempre avuto timore e vergogna fosse ora solo
l'eco lontana di un sogno, di un sogno di qualcun altro.
Aveva Jane davanti ai
suoi occhi, e non credeva di aver mai amato qualcuno come amava lei.
Cos'era accaduto?
Cos'era quel vuoto che sentiva?
Non era la memoria,
era il suo cuore che sembrava avere una voragine inspiegabile.
«Le bugie, i
segreti,» disse ancora Jane scuotendo la testa e Thor si
sentì piccolo sotto il suo sguardo.
«Jane...»
«E come se
non ti avessi mai
conosciuto, come se l'uomo di cui mi fossi innamorata non fosse
mai realmente esistito.»
Si sentì
soffocare sotto le sue parole e nascose gli occhi dietro le dita.
«Non ti
biasimerei se volessi
avermi fuori dalla tua vita, e sappi che la consapevolezza di averti
ferito sarà la più profonda di ogni ferita che
indosserò» confessò con vergogna,
coperto di colpe
e rimproveri.
«Hai
frainteso le mie parole,
Thor» disse poi Jane con tono dolce e Thor la
guardò
ancora. Un piccolo sorriso sulla sua bocca. «L'uomo di cui
mi sono innamorata non esiste più, è vero, e
questo lo
sappiamo entrambi. Ma l'amore che provo per lui non è
svanito.» Jane prese fiato e poi continuò.
«Non so
cosa accadrà da adesso in poi, non so se saprò
ancora
darti fiducia, Thor, e come scienziata non credo al destino
né a
robe simili. Quindi non so dire se torneremo ad essere quelli di un
tempo o se le nostre strade si divideranno per questa ragione o
un'altra... quello che so è che sebbene sia arrabbiata
con te, sebbene sia furiosa e senta solo la voglia di
riempirti
di schiaffi, voglio conoscere chi sei davvero. Voglio conoscere
l'uomo che ho davanti adesso, senza più menzogne
né
silenzi. Voglio vederti come sei veramente, con le tue luci e
soprattutto con le tue ombre. Perché ce ne sono nel cuore di
ogni uomo e credo che questo valga anche per un dio.»
Thor non sapeva cosa
rispondere
davanti a quella seconda possibilità, davanti alla vera
forza
che Jane gli stava dimostrando, una forza che faceva impallidire quella
di ogni altra creatura dei Nove Regni.
Le prese le mani e le
baciò
con bisogno, sentendo di non voler altro che tenerle fra le sue, tenere
lei fra le sue braccia finché gli fosse stato concesso.
«Io ti
prometto che
saprò essere degno del tuo perdono, degno dei tuoi sguardi e
di
ogni tuo gesto. Prometto che-»
«No,
Thor.» Lo interruppe lei scuotendo il capo. «Basta
promesse. Fallo e basta, ok?»
Non seppe trattenere
un sorriso e
la strinse a sé baciandole le labbra ma Jane si
allontanò
ponendo le sue dita sulla sua bocca.
«Ehi, un
passo alla
volta,» lo ammonì mentre lui scioglieva il suo
abbraccio.
«Dammi il tempo di metabolizzare la faccenda del sesso con
Loki,
prima di riavvicinarci fisicamente, se capisci cosa intendo.»
«Oh...
certo.» Un
leggero porpora bruciò sulle sue guance mentre anche Jane
gli
regalò un sorriso imbarazzato.
«Ora vado,
ho da sistemare alcune cose» affermò poi mentre si
allontanava dal letto.
«Jane?»
la chiamò e lei si voltò con una mano sulla
maniglia. «Grazie.»
Jane rispose al suo
sguardo e al suo sorriso.
«Fatti
portare dei vestiti,» gli disse poi. «Quel camice
da ospedale non ti ha mai donato molto.»
Thor lasciò
sulle labbra un sorriso anche quando Jane andò via.
*
Linn
respirò a fondo mentre Steve chiudeva la porta alle loro
spalle. La sua casa, piccola e accogliente.
«Posso
davvero restare qui, Steve?» gli chiese voltandosi.
Steve rise e
alzò le spalle.
«Solo se
vuoi. Cioè,
magari una convivenza e un po' precoce e forse vuoi avere i tuoi
spazi per abituarti alla vita qui, però per me non
c'è problema se vuoi restare, anzi. Certo i miei orari
sono abbastanza irregolari quindi non-»
Linn tacitò
quel fiume di parole con un bacio.
«Grazie»
sospirò sulle sue labbra.
«Non
c'è di
che» rispose Steve sorridendole a sua volta. «Sei
certa che
non ti mancherà la vita su Asgard?» le chiese poi
accarezzandole il viso. «Qui non c'è molto da
fare,
potresti annoiarti.»
Linn rise felice e
scosse il capo.
«Tony ha
detto che mi
troverà un lavoro così potrò conoscere
meglio le
abitudini di Midgard... della Terra. Ha detto che devo chiamarla
così» gli confidò ricordando la
chiacchierata con
Tony al suo ritorno.
“Ci avrei scommesso”
le
aveva detto quando li aveva visti insieme, poi aveva buttato
giù
un bicchiere e le aveva strizzato l'occhio.
Era stata felice di
rivederlo, di rivedere ognuno di loro e sapere che non avrebbe
più dovuto salutarli.
«Stark vuole
trovarti un lavoro?» domandò ancora Steve
mostrandosi incerto sulla questione.
«Sì,
potrei essere la
sua assistente. Dice che è un po' come essere
un'ancella ma con i tacchi a spillo... non ho ben compreso cosa
volesse dire.»
Steve
sospirò.
«Fai
ciò che ti rende felice, Linn. Basta che mi dici se prova ad
allungare le mani.»
Arrossì a
quella considerazione.
«Steve, non
credo che Tony ti mancherebbe di rispetto in questo modo.»
«Ancora non
lo conosci,
quando lo farai, trarrai grande liberazione dal tirargli quel tacco a
spillo sulla faccia. Chiedi a Pepper.»
Non seguì
bene il suo discorso ma Steve sorrideva e Linn rise.
Se pensava che avrebbe
potuto guardarlo sorridere in ogni singolo giorno da allora le sembrava
di passeggiare fra le nuvole.
«Steve?»
lo chiamò poi con un sospiro.
«Dimmi...»
Linn si morse le
labbra e poi lo baciò.
«Sono
felice,» disse. «Sono davvero felice.»
ஐஐஐ
La guardò
camminare in solitudine, con lo sguardo buio e le labbra martoriate fra
gli incisivi.
Poi l'armatura cadde e
lei la fissò con astio.
Loki le
girò intorno, celato dal suo manto di seiðr,
finché non le fu di fronte.
Se avesse allungato
una mano
avrebbe potuto sfiorarla, avrebbe potuto far piovere ancora uno
schiaffo e poi un altro su quel viso. Avrebbe potuto far scivolare una
carezza...
Sigyn si
spostò raggiungendo il grande armadio che aprì
con furia.
Vagò con lo
sguardo sui vestiti e poi ne tirò giù uno: una
casacca blu con rifiniture d'oro.
Thor era solito
indossarla durante le assemblee del consiglio presiedute da Odino,
quando armi e armature erano proibite.
La tenne stretta nella
mano,
così stretta da poterne strappare la stoffa. Loki avrebbe
predetto che l'avrebbe sul serio lacerata in mille brandelli,
conosceva troppo bene il suo impeto, ma Sigyn la fece cadere debolmente
nell'armadio e richiuse l'anta. Un profondo sospiro
lasciò le sue labbra mentre si passava una mano fra i
capelli.
«Stupido
Loki...» Le
udì mormorare e d'istinto sollevò un sopracciglio
come se lei avesse potuto vederlo.
Qualcun
bussò poi alla porta e senza attendere un permesso
entrò: era Frigga.
«Madre.»
La salutò lei senza gioia. Frigga le sorrise dolcemente e la
raggiunse.
Una domanda che
restò muta alla quale Sigyn rispose comunque.
«Se
n'è andato» disse facendo sfumare il sorriso di
Frigga.
«Lo conosci,
sapevi come avrebbe reagito. Loki non sa accettare regali, solo
conquiste.»
Si ritrovò
a sentirsi
così nudo sotto le parole di sua madre. Quanto a fondo
poteva
conoscere il suo cuore? Non l'avrebbe mai saputo dire.
«È
stata colpa mia,
credevo che avrebbe potuto funzionare, che una pazzia così
grande avrebbe cancellato ogni altra che l'aveva preceduta ma...
Il suo rancore è così forte, madre.
C'è
così tanta rabbia in lui, che mi chiedo se lo stargli vicino
non
la nutra soltanto,» affermò Sigyn. «Ho
sbagliato a
pensare che sarebbe stato facile se non fossi stato più io,
se... Se avessi reso realtà l'illusione che tanto amava,
se avessi smesso di vestire il cuore di Thor per indossare solo quello
di Sigyn, allora Loki non avrebbe più avuto ragioni di
odiarmi,
di odiare nostro padre... di odiare la vita.»
«Tesoro...»
Sigyn scosse il capo
con un sorriso triste.
«Ho perso,
ho perso tutto.
Conservo ogni ricordo del mio passato eppure non mantengo di essi alcun
emozione. Sai cosa vuol dire questo, madre? Sai cosa vuol dire
ricordarsi delle tue carezze e non riuscire a sentirle?» Il
sorriso restò sulle sue labbra anche quando gli occhi si
fecero
lucidi. Fu solo l'orgoglio di un principe a impedire alle lacrime
di scivolare via. «Sento solo lui, solo dannatamente lui,
perché era questo che volevo. Volevo che potesse davvero
possedere quel cuore che diceva di amare.»
Frigga le avvolse le
braccia attorno e Sigyn poggiò la guancia sulla sua spalla.
«Non sento
neanche la vergogna che dovrei provare nel parlarti in maniera
così inopportuna, madre.»
«Shhh, fa'
silenzio
ora, bambina mia.» A quelle parole Sigyn la
guardò. Frigga
le accarezzò il viso e le sfiorò la punta del
naso con
l'indice. «Sei come ti avevo immaginata.»
Loki non comprese
ciò che
voleva dire, neanche Sigyn sembrò farlo ma tacque, lasciando
che
Frigga regalasse anche a lei la stessa dolcezza con cui aveva salutato
lui, la stessa forza e lo stesso amore che non avrebbe mai avuto
tramonto.
E Loki
restò lì,
nell'ombra, come aveva trascorso parte della sua vita, a udire il
battito nel suo petto che sembrava voler rompere, colpo dopo colpo, la
teca in cui aveva custodito ogni più piccola paura.
*
«Non devi
farlo.»
Sigyn sorrise verso il
viso di sua madre.
«Devo,
invece. Padre non
vorrà avermi qui e non voglio ferirlo più di
quanto non
abbia già fatto.»
«E dove
pensi di andare? Questa è la tua casa.»
Le aveva detto che
sarebbe andata
via, non le aveva detto che non sapeva dove andare, che non aveva idea
di cosa avrebbe fatto di lì al domani, perché si
sentiva
così sola da averne terrore.
«Andrò
a Vanaheim, da
Freyja» rispose con sicurezza sebbene provasse mille dubbi e
incertezze nella sua testa.
«Freyja non
può disfare questo incantesimo...»
«Lo so,
madre, e non era questo il mio intento» confidò
sincera.
Aveva deciso di
lasciare che quella
parte del suo cuore vivesse,
per non doverne più sentire il
peso, per far sì che Thor fosse liberò dai
rimorsi e
dalla vergogna, per far sì che Loki potesse essere amato
come
avrebbe meritato.
Non poteva tornare
indietro, neanche adesso che Loki aveva rinunciato a quell'amore ed era
lontano, chissà dove.
Sentì una
morsa allo stomaco ma cercò di celarla agli occhi di sua
madre.
«Starò
bene, abbi fiducia.»
«Due
figli... tre... e adesso vi ho perduti tutti. Potrò ancora
chiamarmi Madre?»
Provò una
fitta dolorosa di fronte alla sua malinconia, alla sua sofferenza.
Le afferrò
le mani e le strinse fra le proprie.
«Thor
tornerà, e anche
Loki. Se esiste una persona da cui non scapperà mai sei
tu.» La rassicurò assaporando sulla lingua la
pesantezza
di ogni singola parola. «E quando il cuore di Padre
sarà
libero dalla delusione che gli ho procurato, sarei felice anche io di
tornare qui... Nella nostra casa.»
Frigga
annuì solenne, con la
bellezza propria di una regina, con la tenerezza di una madre e la
gentilezza di una donna. E Sigyn avrebbe voluto imparare da lei,
imparare a camminare su quelle nuove gambe, a guardare il mondo
attraverso quei nuovi occhi, ad amare come un tempo aveva amato: con il
cuore di una donna.
«Ho solo una
richiesta da farti, madre, prima di andare e ti imploro di
esaudirla.»
«Certo,
tesoro. Dimmi pure.»
Prese un respiro.
«Enok, il
prigioniero delle
segrete. Ti prego di fare quanto in tuo potere per rendergli la
libertà. È un brav'uomo, e non parlo per via
dell'aiuto che mi ha dimostrato quando ero lì, ma
perché lo è davvero. Lascia che ritorni dalla sua
sposa,
non merita di trascorrere un altro giorno in quei luoghi... nessuno lo
merita, e vorrei che parlassi con Padre affinché abolisca i
metodi feroci con cui vengono trattati i prigionieri, perché
un
re giusto non può lasciare che simili barbarie accadano
sotto la
sua casa. E Odino è un re giusto come pochi, e Asgard deve
conoscere la sua clemenza come la conosco io.»
Frigga
ascoltò la sua richiesta e annuì.
«Farò
ciò che
mi sarà concesso.» Le promise e poi sorrise quasi
divertita. «Ho sempre pensato che una donna fosse dieci volte
più saggia di un uomo.»
Anche Sigyn sorrise
senza imbarazzo
e si lasciò accarezzare ancora una volta, si
lasciò
abbracciare ancora una volta prima che Frigga andasse via e Sigyn,
sapeva, era tempo di andare anche per lei.
Guardò
ancora un attimo la
sua vecchia stanza ora vuota, la porta dietro cui era sparita sua
madre, con i suoi occhi lucidi. Guardò l'armatura a terra,
l'armadio, i libri, le armi. Quel balcone tanto amato e odiato,
il letto e le sue lenzuola rosse, lo specchio al muro in cui si
rifletteva la sua immagine e quel viso di donna con cui avrebbe dovuto
imparare a convivere e vivere.
Sigyn, era questo
il suo nome adesso, come il nome di un'eroina delle antiche storie.
Un nome sentimentale,
per un cuore che forse lo era troppo.
Rise di sé
e lasciò andare l'ultima piuma di quella pelle che non
avrebbe più vestito.
Thor... un'altra vita,
un altro destino; adesso non le apparteneva più.
Si avvicinò
ad un pezzo di
armatura e lo raccolse, poggiandolo sulla scrivania; raccolse anche il
secondo, pronta a rimettere in sesto quel quadro di coraggio e forza e
dirgli definitivamente addio.
«Ti serve
aiuto?»
Lo spallaccio le cadde
dalle mani tintinnando sul pavimento quando si voltò a
quella voce.
Loki la guardava a
pochi metri, comparso dal niente, senza far alcun rumore.
Era lì...
lo era davvero?
«Pensavo te
ne fossi
andato» disse solo, governando a fatica il respiro.
Più
che la sorpresa era stata la sua stessa presenza a farle galoppare il
cuore nel petto.
«Vanaheim?»
le chiese lui senza sorrisi.
«Ah, ho
capito: mi
spiavi» notò alquanto infastidita.
«Immagino sarai
felice di riavere i tuoi poteri. Puoi di nuovo nuotare nel torbido,
come tanto ti piace fare» sbottò con troppa
rabbia, dovuta
più al ricordo del loro ultimo incontro che a
quell'effettiva incursione nella sua camera.
«Era solo
curiosità.»
«Così
adesso ti
interessa dove vado? Mi era parso di capire che non ne volevi sapere
niente di quello che avevo da dire, o da fare.»
«Volevo solo
sincerarmi che
le nostre strade non si sarebbero incrociate ancora»
ribatté lui con odiosa calma, disegnando perfino un sorriso
sulle labbra. «È sempre fastidioso rivedere i
propri ex.
Tu ne sai qualcosa.»
Non rispose
più di sé
e afferrò dalla scrivania il gambale che vi aveva posato
pocanzi
e glielo lanciò contro. Neanche si aspettasse il contrario,
Loki
lo evitò facilmente.
«Ti
odio!»
ringhiò in collera e Loki rispose ancora con soffocante
tranquillità. «Mi hai sentito? Ti odio con tutta
me
stessa!»
«Mi sembra
un sentimento comprensibile. In fondo ti ho rifiutato, e per una donna
è alquanto umiliante.»
«Vattene
prima che ti spezzi il collo. Adesso!»
Come poteva stare
lì a
ferirla in quel modo? Così lontano giungeva il suo astio?
Non
gli bastava averle tolto l'unica ragione per cui aveva preso
quella decisione? No, adesso infieriva anche con le sue parole
velenose. Sigyn pensava di non poter provare più rabbia di
così, più sofferenza, più male.
Loki fece un passo in
avanti e non mostrò intenzione di lasciare quella stanza.
«Ti avverto:
o te ne vai o-»
«O cosa?
Cosa hai intenzione
di fare? Uccidermi? Piantarmi una lama nello stomaco? Oppure pensi di
gettarmi su quel letto e dimostrare quanto una cortigiana abbia da
imparare da te?»
Lo raggiunse
afferrandolo per la
casacca e sbattendolo davvero su quel letto. Loki cadde spalle alle
lenzuola con le gambe piegate al di là del materasso.
Sigyn gli
saltò a cavalcioni addosso e poi gli appuntò i
polsi ai lati della testa.
Lo guardò
con rabbia, con cocente rabbia, con dolore... con affetto.
Non disse nulla, la
sua bocca
restò sigillata mentre Loki le restituiva lo sguardo con il
petto che si alzava lentamente a differenza sua, che invece non
riusciva a far rallentare i respiri.
«Questo
è quello che sono, Sigyn» disse poi privo di
irriverenza. «Non sono luce, sono ombra.»
«Non
è vero» rispose lei con un sospiro perdendo
rancore e trovando malinconia.
«Sì,
invece»
ribadì Loki. «E tu hai visto solo parte di
quell'ombra. Ce n'è ancora tanta, ed è
più tetra della notte eterna.»
«Smettila
adesso» lo
pregò incapace di udire ancora le sue parole.
Allentò la
sua presa e Loki fece scivolare via i polsi. Sigyn poggiò i
palmi ora vuoti contro le lenzuola fresche mentre Loki le spostava una
ciocca di capelli dal viso.
«Voglio che
tu la veda tutta,
voglio che tu guardi ogni cristallo di ombra e poi mi dica se sei
disposta a trascorrere l'eternità nel buio.»
«Loki...»
sospirò comprendendo solo in parte, ma poi lo vide. Vide la
sua
pelle cambiare sotto i suoi occhi, il pallido rosa lasciare il posto al
freddo cobalto, il verde dei suoi occhi sciogliersi nel sangue e
divenire uno sguardo denso come magma.
Ogni parola
morì nella gola,
mentre lo guardava nella sua vera pelle, senza più alcuna
menzogna né maschera, e Sigyn comprese che Loki le stava
mostrando anche la sua ultima fragilità, le stava dando
anche
quell'ultima parte di sé, quella che odiava di
più,
che più lo feriva: la sua ultima lacrima.
Avvicinò
una mano al suo viso e lo vide scostarsi.
Arretrò ma
poi tornò ad allungare le dita.
Guardò la
sua gola
sussultare mentre le faceva scorrere sulla sua guancia, sui marchi
sottili che segnavano il suo viso, mentre gli accarezzava le labbra che
erano morbide come sempre, e tremavano come ogni volta che ricordava di
averle sfiorate.
Quelle labbra si
schiusero e la sua
gola sussultò ancora con l'incertezza e la paura che
brillava nel suo sguardo cremisi, e non c'era nulla di davvero
diverso.
Sigyn sorrise e si
chinò lentamente finché non poggiò la
bocca sulla sua.
Lo baciò
dolcemente come fosse il primo, come fosse l'ultimo. Ma non lo sarebbe
stato.
Sentì le
sue mani salire con
leggero timore sulle sue gambe finché non le accarezzarono
la
schiena e Loki la strinse forte, così forte che quasi le si
smorzò il fiato in gola.
«È
caldo,»
sospirò poi e Loki la guardò, in silenzio, senza
farle
quella domanda. «Il tuo abbraccio... è
caldo.»
E lo baciò
ancora, si
lasciò stringere ancora mentre la stanza svaniva attorno a
loro,
mentre un nuovo letto li accoglieva, nuove lenzuola, nuovo profumo.
*
Il rumore delle spade
risuonava
nell'aria. I gemiti dei giovani che lottavano, il battere delle
suole sulla terra, la polvere che si alzava nell'arena.
Sif, poggiata alla
balaustra,
guardava i suoi allievi che cercavano di mostrarsi degni dei suoi
insegnamenti. E lo erano. Giovani pieni di coraggio e onore, pronti a
indossare un'armatura e combattere in nome del loro re, del
proprio regno.
Ne aveva visti cadere
molti, troppi, e il suo cuore nonostante tutto, non si sarebbe mai
abituato a tale dolore.
Quella guerra appena
conclusa aveva
portato via altri fieri giovani, altri amici e fratelli di armi. Era
stata in fine vinta e il loro coraggio li avrebbe accompagnati
nell'eteree stanze del Valhalla insieme ai loro avi, eppure
neanche un guerriero come lei poteva dirsi immune a quella sofferenza.
Udì un
suono morbido di passi e si voltò per incrociare il viso di
Hogun.
«Sembrano in
piena forma» affermò il compagno affiancandola.
Sif annuì.
«La guerra li motiva» rispose senza celare un'ombra
di amarezza in quella verità.
«Ho
accompagnato Freyja ai cancelli» la informò Hogun.
«Lei ha
saputo dirti qualcosa di Thor?»
Hogun tacque e Sif non
chiese oltre.
Thor non era tornato e
Odino non sembrava voler rispondere a quelle domande.
«Era
Mjolnir...» disse
la guerriera scuotendo il capo e ricordando le immagini di fiamme e
sangue, le immagini di un nemico che impugnava un'arma che non
gli apparteneva.
«Il Capitano
è andato
via e ha portato con sé ogni risposta»
mormorò
Hogun guardando l'orizzonte. «La pace regna ora su Asgard,
Sif. Ciò basta per il momento.»
«La pace di
Asgard non
giustifica la mancanza del suo principe, Hogun. Dov'è
Thor? Cos'è questo silenzio che segue il suo nominarlo?
C'è il riverbero forte di una verità non detta e
il
mio cuore teme.»
«Thor
è in salute e
questo lo sai. Il Padre degli Dèi non tacerebbe una simile
notizia.» Hogun provò a rassicurarla ma Sif aveva
troppi
dubbi nella sua testa, troppe domande che erano sorte in quei giorni
silenziosi e le cui risposte rischiavano di farla tremare.
«Dov'è
Sigyn?» chiese al compagno e al contempo a se stessa.
«Con Loki,
probabilmente» le rispose Hogun. «Entrambi lontani
da qui.»
Sif guardò
le nuvole bianche
in cielo che sembravano mutare forma così rapidamente che i
pensieri non riuscivano a tenerne il passo.
«Hogun, che
valore ha la verità per te?»
«Il valore
di una
verità è dato dal prezzo che sei disposto a
pagare per
conoscerla» rispose Hogun e Sif si volse a guardare il suo
profilo. «Ma più del prezzo, Sif, è
l'impronta che essa lascia nell'anima di un uomo ciò
che ne decreta il peso. Se ti chiedessi quale prezzo sei disposta a
pagare per conoscerla tu mi risponderesti
“qualsiasi”, e
questo ti fa onore, Sif, perché sei una donna di coraggio e
valore. Ma io ti chiedo, amica mia, quanta della tua anima sei disposta
a cedere per poterla udire?»
Sif restò
silente a osservare gli occhi bruni di Hogun e poi sorrise tristemente.
«Tu conosci
questa
verità, non è così?» Hogun
non rispose e
tornò a guardare lontano. «Adesso sono io a
chiederti
quanta anima devo sacrificare per far sì che tu la condivida
con
me.»
Hogun
spostò lo sguardo nel suo e Sif attese la sua risposta.
«La
divorerebbe tutta.»
Un brivido le
solcò la pelle e ci fu silenzio. Solo il vociare degli
allievi, solo l'incontro delle spade.
Poi Hogun si
scostò dalla balaustra di legno.
«Non te la
negherò se vorrai udirla ma mi permetto di dirti che essa
non vale davvero la tua pena, Sif.»
Sif lo
lasciò andare via senza trattenerlo oltre, senza fargli
quella domanda, senza pretendere la sua risposta.
Si chiese se sarebbe
mai stata pronta ad ascoltarla.
*
Odino accarezzava
lentamente il manto bruno di Sleipnir, carezza dopo carezza, udendo i
nitriti soddisfatti dell'animale.
Sentì i
passi di Frigga, morbidi ed eleganti.
Non si
voltò.
Il re non era solito
scendere nelle stalle, non era solito starsene in solitudine fra
l'odore di paglia umida e letame.
Ma quel mattino era un
mattino diverso dal solito.
«Sembra che
gli
piaccia.» Frigga lo accostò tenendo le mani
raccolte sul
ventre. Odino le dedicò una rapida occhiata e poi
tornò a
volgere le sue cure al caro animale. «Ricordi quando Loki
trascorse la notte in questa stalla per farlo nascere?»
Quella domanda
portò memorie
lontane che parevano fredde come il vento del nord, ma non potevano
esserlo, mai lo sarebbero state.
Sorrise, Odino, con un
sorriso di padre.
«Era
convinto di far nascere
un cavallo cremisi...» ricordò a voce alta e poi
lasciò andare una debole risata mentre carezzava con il
palmo
della mano il muso di Sleipnir. «Un cavallo
cremisi!»
Frigga
accompagnò la sua malinconica risata.
«Avrebbe
fatto di tutto per Thor.»
Quella
verità coprì il cuore del re di buio.
«E io non ho
saputo
comprenderlo» ammise rallentando le sue carezze.
«Avrei
dovuto unirli e invece li ho divisi.» La mano
scivolò via
cadendo stancamente contro il fianco del sovrano. «Che padre
sono
stato?» chiese poi con un sussurro appena udibile, fissando
il
terreno battuto sotto il rumore degli zoccoli del suo amato cavallo.
Rialzò poi lo sguardo e guardò il viso di sua
moglie che
porgeva sulla sua guancia stanca una tenera carezza. «Che
padre
sono stato, Frigga?»
«Uno che ha
amato, Odino» gli rispose lei. «E l'amore fa
commettere sbagli.»
Si sentiva
così vecchio in
quel momento che chiuse gli occhi, l'unico che ancora poteva
volgere alla vita e quello cieco, portatogli via da un nemico. E cosa
aveva portato via lui? Un bambino che sarebbe morto di freddo e fame,
dimenticato su un'ara gelida in una notte di guerra e sangue.
Un atto di clemenza o
il più spregevole di ogni inganno.
Eppure l'aveva amato,
quel
bambino dagli occhi verdi e il sorriso timido. Un bambino fatto di
troppe domande e troppe risposte, un bambino fragile e allo stesso
tempo in grado di distruggere l'intero cosmo se solo gli fosse
stato concesso.
D'amore si sbaglia,
diceva
Frigga, e Odino si chiese se aveva amato e sbagliato in egual misura, o
se in qualche modo l'uno aveva sopraffatto l'altro senza
che se ne accorgesse.
«Sono andati
via» disse
poi Frigga e lui la guardò, ed era dolce e bella, la stessa
fanciulla di cui si era innamorato ormai millenni lontani. Gli sorrise.
«Abbiamo fatto ciò che era in nostro potere,
adesso sta a
loro trovare la strada.»
«Qualsiasi
strada scelgano
non cercheranno mai quella che li riporterà qui»
affermò con dolore. «E Asgard non avrà
guida dopo
la mia morte. Ecco quale sarà il mito che
accompagnerà il
mio nome.»
«Asgard
avrà sempre
una guida, Odino» obiettò Frigga con tenera
fiducia.
«Ancora lungo è il tuo percorso, sposo mio, e
ancora i
tuoi figli avranno fame di consigli. E per quanto ostinati, orgogliosi
e ridicolmente infantili saranno, cercheranno quella via di casa, e la
troveranno. Di questo narrerà il tuo mito: di un condottiero
che
fu grande, di un re che fu giusto, e di un padre che amò
senza
mai dirsi stanco.»
Odino
assaporò ogni parola
che abbandonò le labbra della sua amata regina, si
lasciò
avvolgere da ognuna di esse, e ne fece un'ancora da gettare in
quel cuore ricolmo di affanni e rimorsi.
Le
accarezzò poi il viso e le poggiò un bacio sulla
fronte.
«Quale gesto
nobile compii
affinché nella notte dei tempi le Norne mi benedissero con
la
tua vicinanza, mia dolce Frigga...?» sospirò
sorridendo,
ricordando un tempo in cui farlo era facile.
Sleipnir
nitrì, come per
richiamarli di quella mancanza di attenzioni, e Frigga gli
riservò una carezza gentile sul manto.
«Portalo a
cavalcare per i
campi. Ha bisogno di respirare libertà»
consigliò e
Odino acconsentì con una semplice condizione.
«Cavalca con
me.»
Frigga rise armoniosa.
«Così che tutta Asgard possa sorridere di
me?» chiese.
«Così
che tutta Asgard possa ammirare la magnificenza della sua
regina.»
Odino le
baciò il dorso
della mano e attese la sua risposta, così come attese quel
giorno lontano quando glielo chiese per la prima volta.
Come allora Frigga
accettò,
come allora cavalcò con le spalle poggiate contro il suo
petto
non più giovane ma che nutriva lo stesso immutato amore.
E tutta Asgard
guardò la sua
regina, splendida, attraversare il verde dei campi stretta al suo re, e
Odino guardò Asgard come non faceva da tempo ed era
così
bella da togliere il fiato.
Torneranno, si
disse.
E il suo cuore
l'avrebbe creduto finché non fosse accaduto.
₪₪₪
Sigyn alzò
il capo guardandosi intorno.
Era su un letto, Loki
giaceva sotto
di lei, come pochi istanti prima, eppure il resto era cambiato: era
cambiato il colore delle lenzuola, quello delle pareti. Era cambiato
l'orizzonte che si intravedeva dalla balconata, e brulicava di
buio e argento.
«Conosco
questo posto» affermò tornando a guardare il viso
di Loki.
«È
dove ti ho condotta
quella volta. Ricordi?» le fece notare maliziosamente lui e
Sigyn
sì, ricordava adesso.
«Quando mi
hai usato come
contenitore per una maledetta sfera?!» chiese retorica
assottigliando lo sguardo e Loki sorrise, mentre la sua pelle
riacquistava il suo pallore. «No!»
Lo fermò
poggiando la mano sulla sua guancia. «Resta
così.»
«Perché?»
le chiese lui tornando a riprendere la sua vera natura Jotun.
Perché?
La domanda
sibilò anche
nella sua testa e l'eco riverberò sottilmente come uno
spago che si arrotolava su se stesso.
Sigyn fece scorrere lo
sguardo sul
suo viso, sul suo collo, sulle sue vesti e la risposta era
lì, nell'involucro confuso di quella matassa di emozioni.
Perché...
«Voglio fare
l'amore con la tua vera anima, con ogni tua ombra... Voglio sentirle
tutte dentro di me.»
Il respiro di Loki
sembrò accelerare.
«Sono
molte,» disse poi
mentre le accarezzava il viso e lei gli baciava le dita che sfioravano
le sue labbra. «Non basterà un secolo... Non ne
basteranno
mille.»
Sigyn sorrise facendo
scorrere le mani sul suo petto, sentendo il suo cuore come quella
notte, come ogni altra.
Poi si
chinò ancora, a un soffio dalla sua bocca, e vi
posò il più innocente dei baci.
«Allora fai
l'amore con
me per i prossimi secoli» sospirò.
«È tutto
ciò che chiedo.»
Vide il suo sorriso
scintillare fra
quelle labbra baciate dal blu del più intenso dei cieli, e i
suoi occhi, caldi come fiamme, rubarle ogni pensiero.
«Come
desideri, cuore mio.»
E poi il resto di quel
mondo, e di ogni altro, smise semplicemente di esistere.
*
***
*
NdA.
FINE!!!!
Piaciuta?
Ditemi di sì altrimenti piango >////<
Anche se il rischio di lacrima è comunque altissimo
perché devo partire immediatamente con i ringraziamenti di
rito,
e mai come questa volta sento di doverli fare davvero di cuore.
Grazie a chi mi ha fatto compagnia in questa nuova, splendida e anche
difficile avventura, grazie a chi è giunto qui dal prequel e
anche a chi è rimasto fermo lì (;P)
Grazie a chi mi ha dato fiducia anche quando ero io per prima ad averne
poca. Grazie per i consigli e i complimenti, per le parole di stima e
apprezzamento, e per le domande che mi spronavano a fare di
più
per poter dare una risposta degna.
Grazie a chi mi ha fatto sorridere e ridere, a chi mi ha
emozionato, a chi mi ha mosso dei dubbi e a chi mi ha aiutato a
dissiparli.
Grazie a chiunque abbia dedicato anche un solo minuto del suo tempo a
soffermarsi su queste pagine, a leggere un pezzetto della mia anima e
una fetta grande del mio cuore.
Grazie a chi, silenzioso, c'è sempre stato, e grazie a chi
ha urlato
la sua presenza in ogni singolo passo di questa storia.
Grazie agli scleri e alle pazzie, grazie ai momenti di fangirling
estremo e a quelli teneri, fatti di vera e tangibile amicizia.
Grazie per aver deciso di credere a una storia troppo romantica e
impossibile, e che per questo mi ha permesso di sognare tanto <3
Grazie a ognuno di voi per aver creduto in me ^^
E adesso, alla fine della sviolinata, vado via augurandomi che vi sia
arrivata almeno una briciola della sincera gratitudine che provo nel
mio cuore.
La storia è di per sé conclusa ma vi è
ancora un 36esimo capitolo che...
Nah, non ve lo dico.
Non voglio rovinarvi la sorpresa ^w*
E per l'ultima volta, appuntamento alla prossima <3
Kiss kiss Chiara
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