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Autore: kiara_star    27/07/2014    7 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap35(END)
L' ultima lacrima



XXXV.





Linn si asciugò il viso ancora una volta mentre raccoglieva dal mobile i tanti piccoli fermagli.
La regina Frigga sarebbe tornata a breve e la sua camera doveva essere in ordine.
Sistemò i preziosi monili nello scrigno sul canterano e iniziò a riordinare anche le spazzole e i pettini.
Tirò su con il naso sentendosi soffocare.
Nascose gli occhi dietro a una mano e respirò a fondo.
Doveva lasciarlo andare, era giusto così. Anche se faceva male, e avrebbe fatto male ogni giorno di più.
«Linn?»
Voltò il capo alle sue spalle con timore. La porta non era stata aperta eppure qualcuno era entrato e la guardava.
«Principe?» Lo salutò asciugandosi velocemente gli occhi. «Sono felice di sapervi salvo,» affermò con voce incerta. Non voleva farsi vedere così, non voleva mostrare il suo dolore.
«Cercavo mia madre» disse il principe Loki avvicinandosi a lei.
«La regina sarà qui a momenti, principe.»
Non si chiese il perché fosse lì, libero, il come avesse fatto a entrare senza varcare materialmente la soglia. Il suo cuore gonfio non aveva spazio per quelle domande.
Stava bene, e forse solo questo aveva importanza.
«Tu lo sapevi, vero?»
Alla sua domanda impiegò qualche istante per comprendere ma poi dal suo sguardo capì.
Annuì.
«Ho temuto fino alla fine non si risvegliasse più,» confessò ricordando i giorni trascorsi al capezzale di Sigyn, a vegliare il suo sonno che sembrava non voler finire. Ricordò quando le aveva confidato ciò che aveva deciso di fare, l'accordo che aveva preso con la regina Freyja, il rischio assurdo di perdere la vita nel caso l'incantesimo non fosse riuscito.
«Come hai potuto lasciarle fare una sciocchezza simile?»
Si sentì rimproverare con sguardo accusatore.
Linn abbassò il capo.
«Dovevi fermarla.»
«E come?» chiese lei a quel punto risollevando gli occhi. «Ditemi quali parole avrei potuto pronunziare per farla desistere, perché io non ne avevo alcuna, principe. Neanche una.»
A quel punto fu lui a scostare lo sguardo celando la sua rabbia che però era impossibile da non vedere.
«Non datele colpa anche di questo. Non datele la colpa di avervi amato troppo.»
Il principe sorrise scuotendo il capo come le sue fossero solo sciocchezze. Allora Linn gli si avvicinò e afferrò la manica della sua tunica nera.
Lui la guardò diffidente ma non aveva importanza un altro richiamo.
«L'amore del principe Thor era così grande da non aver spazio per un cuore solo.»
«Linn, smettila adesso.» Le spostò la mano che lo teneva e le diede le spalle. «Saluta mia madre da parte mia.»
«Non potete allontanarla adesso!» affermò quasi con rabbia. «Avete così paura di essere felice da gettare via tutto solo perché avete deciso di non meritarlo?»
Quando il principe le mostrò nuovamente il volto c'era un pallido sorriso sulle sue labbra.
«E tu?» Le chiese con semplicità. «Che ci fai ancora qui, Linn? La forza delle tue parole non trova concretezza nelle azioni, o sbaglio? Oppure ha valore solo per me?»
Capì cosa volesse dirle e si sentì così piccola e debole sotto il suo sguardo.
Scosse il capo abbassando gli occhi e ingoiando altre lacrime.
«Io non posso, io-»
Quando il principe le prese la mano, Linn sentì il cuore battere forte, mentre le sorrideva e le baciava la fronte con una dolcezza che non gli aveva mai visto, che aveva serbato per una persona soltanto.
«Va' da lui» le comandò... No, le chiese con tono gentile. «Vivi la tua vita, Linn. È tua e di nessun altro.»
Il principe le asciugò una lacrima e Linn lo vide svanire sotto i suoi occhi, come un vento, come un soffio di aria impossibile da trattenere fra le dita.



*



«Quando vorrai sarai il benvenuto. Chiama il mio nome e Asgard ti accoglierà.»
Steve annuì con un sorriso obbligato alle parole di Heimdall.
«Grazie.»
Non si prolungò sentendo che doveva andare adesso, prima che potesse provare il desiderio di non andare più.
Il Bifrost iniziò  vibrare nell'attimo in cui il guardiano azionò il vortice tramite la sua spada.
Un paio di metri, una manciata di passi e il sogno sarebbe svanito. La realtà lo avrebbe salutato dall'altra parte e Steve Rogers non avrebbe potuto far nulla per sottrarsi a quel ruolo, a quella maschera, a quel destino.
«Steve!» Si chiese se se lo fosse immaginato: Linn che lo chiamava, che urlava il suo nome. «Steve! Aspetta!»
No, era vero, era reale.
Si voltò all'istante scorgendola correre attraverso il lungo ponte.
«Linn?» Le andò in contro quando varcò la soglia dell'Osservatorio. «Che ci fai qui?» chiese mentre Linn riprendeva fiato.
«Non posso chiedertelo, tu non puoi lasciare il tuo mondo. Midgard ha bisogno di te, e tu di Midgard. È la tua casa, il tuo passato e i tuoi ricordi.»
Come un fiume in piena Linn parlò fra gli affanni con il petto che si alzava a ogni respiro, con i capelli in disordine per la corsa, e quei meravigliosi occhi azzurri a guardarlo.
«Linn, non capisco che-»
«Io ti amo, Steve. Ti ho amato dal primo momento e ti amerò fino al mio ultimo giorno.»
Ci fu silenzio, perché Steve aveva il cuore incastrato in gola e Linn ancora l'affanno della corsa, e avrebbe voluto rispondere che era lo stesso, che provava la stessa identica cosa, che la sola idea di averla lontana lo uccideva, ma non seppe dire niente.
Fu Linn a parlare ancora, con un sorriso sulle labbra mentre gli prendeva le mani fra le proprie.
«Io non posso chiedertelo ma tu puoi farlo, perciò, mio capitano, ti imploro di chiedermelo.»
«Linn...»
Sapeva cosa volesse dire, sapeva cosa avrebbe risposto e ne aveva assurdamente paura perché il suo cuore di soldato sembrava così fragile per poter sostenere tanto.
«Chiedimelo, Steve,» disse lei sorridendogli, bella e dolce, e così perfetta per stargli accanto. «Chiedimelo soltanto.»
Fu un fiato, una manciata di parole, fu il gesto più coraggioso che avesse mai compiuto.
«Vieni con me» sospirò infine. «Vieni sulla Terra con me e...» Linn lo guardava con il sorriso che si allargava con il luccicore a coprire gli occhi, e Steve sentì che non sarebbe mai stato più folle e più spaventato come lo era in quel momento, non sarebbe mai stato più vivo. «Permettimi di trascorrere il resto della vita a dimostrarti quello che non sono capace di dire.»
E infine quel sorriso contagiò anche lui quando Linn gli gettò le braccia al collo sospirando un dietro l'altro.
«Dio, sarei impazzito senza di te...» confessò stringendola forte, regalandole un bacio e poi uno ancora.
«Oh, Steve.»
Ancora un sorriso, ancora un abbraccio, ancora vita.
«Capitano?» Si udì la voce di Heimdall risuonare poderosa. «Credo sia tempo di andare.»
Si voltò provando solo allora un leggero imbarazzo.
«Certo,» rispose guardando Linn e tenendole la mano mentre si avvicinavano al Bifrost.
«Sei sicura?» Le chiese poi quasi avesse bisogno ancora di risposte.
E Linn non gliene diede più alcuna. Sorrise soltanto e attraversò il varco.
Quando la Terra li accolse, le loro dita erano ancora intrecciate.



*



Le stanze erano silenziose. Le ombre divoravano ogni angolo sebbene fossero alti  soli che bruciavano nel cielo.
Eppure era tetro ovunque poggiasse gli occhi.
Sfiorò con le dita l'armatura assemblata con maniacale precisione. Ne percorse ogni dettaglio, ogni disegno, ogni stemma e simbolo.
L'armatura di un principe, di un Dio.
Adesso non era più niente.
Non ricordava neanche cosa si provava indossandola, non ricordava la sensazione del cuoio sulla pelle, del freddo dell'elmo sulla testa.
Ricordava ogni singolo momento in cui l'aveva indossata, eppure non ricordava cosa aveva sentito.
Freyja l'aveva avvertita, le aveva spiegato cosa avrebbe comportato quel rito arcaico, ma Sigyn aveva accettato. Thor aveva accettato di lasciare che il suo cuore si scindesse in due, che una parte fosse solo sua.
Aveva accettato di avere un corpo plasmato di carne e seiðr, aveva accettato di non avere anima, e al contempo il destino di una morte priva di gloria, perché quando quel cuore a metà avesse cessato di battere, non ci sarebbe stato luogo dove giungere; non il Valhalla, e neanche Hel.
Solo l'oblio. Il nulla.
Thor aveva accettato tutto per lui, per quell'unica vita dove non avere rimpianti, con la semplice libertà di amarlo come non era stato capace. Aveva deciso di rendere Sigyn non più un'illusione, una maschera, ma realtà.
E non era servito.
Le dita sfiorarono ancora l'armatura finché con una spinta Sigyn non la gettò a terra, lasciando che si rompesse nella sua perfezione. Ogni pezzo fece rumore mentre si separava dagli altri eppure quel sibilo nella sua testa era così forte da coprire ognuno di essi.
Loki... ti odio!











Thor la guardava, silente, incapace di dire alcunché.
Era stato difficile affrontare i suoi compagni, era stato difficile subire le battute di Tony, benché avesse tentato solo di farlo sorridere, avvertire gli sguardi di Clint, accusatori e allo stesso tempo colpevoli; ascoltare la comprensione di Bruce e quella di Natasha, i richiami di Fury e le sue minacce.
Era stato difficile, eppure non era stato nulla al confronto di ciò che provava adesso che aveva il viso di Jane di fronte al suo, adesso che la vedeva seduta accanto al suo letto, con le labbra prive di sorriso e quel denso silenzio ad avvolgerla.
«Non so se saprò perdonarti, Thor.»
Mandò giù un nodo e annuì.
«Non ho neanche il coraggio di chiedertelo, Jane, io...» Tacque ancora scostando lo sguardo sul lenzuolo.
Era rimasto in quella stanza perché così aveva deciso Nick, per monitorare il suo corpo, più probabilmente, per monitorare la sua mente.
Aveva dei buchi, degli squarci, eppure lentamente ritrovava immagini che aveva vissuto, piccoli frammenti di sé, perfino di lei.
Rivedeva Loki, il suo viso, la sua presenza. Poteva perfino udire la sua voce, le sue parole, eppure nonostante tutto, non lo sentiva. Non come avrebbe dovuto.
Sapeva cosa era accaduto fra di loro, in che modo quel segreto era stato dissotterrato e violato, le conseguenze che aveva portato, ma nel fondo della sua mente, del suo cuore, Thor non sentiva più nulla che riguardava quel tempo.
Se pensava a Loki rivedeva il fratello che aveva amato e perduto, per cui aveva lottato e contro cui aveva combattuto.  Rivedeva il ragazzo solitario e schivo che riusciva sempre a zittirlo con una frase tagliente, con cui amava sfidarsi, con cui amava vincere e odiava perdere.
Non c'era altro, non c'era quell'altro.
Era come se quell'insieme di emozioni di cui aveva sempre avuto timore e vergogna fosse ora solo l'eco lontana di un sogno, di un sogno di qualcun altro.
Aveva Jane davanti ai suoi occhi, e non credeva di aver mai amato qualcuno come amava lei.
Cos'era accaduto? Cos'era quel vuoto che sentiva?
Non era la memoria, era il suo cuore che sembrava avere una voragine inspiegabile.
«Le bugie, i segreti,» disse ancora Jane scuotendo la testa e Thor si sentì piccolo sotto il suo sguardo.
«Jane...»
«E come se non ti avessi mai conosciuto, come se l'uomo di cui mi fossi innamorata non fosse mai realmente esistito.»
Si sentì soffocare sotto le sue parole e nascose gli occhi dietro le dita.
«Non ti biasimerei se volessi avermi fuori dalla tua vita, e sappi che la consapevolezza di averti ferito sarà la più profonda di ogni ferita che indosserò» confessò con vergogna, coperto di colpe e rimproveri.
«Hai frainteso le mie parole, Thor» disse poi Jane con tono dolce e Thor la guardò ancora. Un piccolo sorriso sulla sua bocca. «L'uomo di cui mi sono innamorata non esiste più, è vero, e questo lo sappiamo entrambi. Ma l'amore che provo per lui non è svanito.» Jane prese fiato e poi continuò. «Non so cosa accadrà da adesso in poi, non so se saprò ancora darti fiducia, Thor, e come scienziata non credo al destino né a robe simili. Quindi non so dire se torneremo ad essere quelli di un tempo o se le nostre strade si divideranno per questa ragione o un'altra... quello che so è che sebbene sia arrabbiata con  te, sebbene sia furiosa e senta solo la voglia di riempirti di schiaffi, voglio conoscere chi sei davvero. Voglio conoscere l'uomo che ho davanti adesso, senza più menzogne né silenzi. Voglio vederti come sei veramente, con le tue luci e soprattutto con le tue ombre. Perché ce ne sono nel cuore di ogni uomo e credo che questo valga anche per un dio.»
Thor non sapeva cosa rispondere davanti a quella seconda possibilità, davanti alla vera forza che Jane gli stava dimostrando, una forza che faceva impallidire quella di ogni altra creatura dei Nove Regni.
Le prese le mani e le baciò con bisogno, sentendo di non voler altro che tenerle fra le sue, tenere lei fra le sue braccia finché gli fosse stato concesso.
«Io ti prometto che saprò essere degno del tuo perdono, degno dei tuoi sguardi e di ogni tuo gesto. Prometto che-»
«No, Thor.» Lo interruppe lei scuotendo il capo. «Basta promesse. Fallo e basta, ok?»
Non seppe trattenere un sorriso e la strinse a sé baciandole le labbra ma Jane si allontanò ponendo le sue dita sulla sua bocca.
«Ehi, un passo alla volta,» lo ammonì mentre lui scioglieva il suo abbraccio. «Dammi il tempo di metabolizzare la faccenda del sesso con Loki, prima di riavvicinarci fisicamente, se capisci cosa intendo.»
«Oh... certo.» Un leggero porpora bruciò sulle sue guance mentre anche Jane gli regalò un sorriso imbarazzato.
«Ora vado, ho da sistemare alcune cose» affermò poi mentre si allontanava dal letto.
«Jane?» la chiamò e lei si voltò con una mano sulla maniglia. «Grazie.»
Jane rispose al suo sguardo e al suo sorriso.
«Fatti portare dei vestiti,» gli disse poi. «Quel camice da ospedale non ti ha mai donato molto.»
Thor lasciò sulle labbra un sorriso anche quando Jane andò via.



*



Linn respirò a fondo mentre Steve chiudeva la porta alle loro spalle. La sua casa, piccola e accogliente.
«Posso davvero restare qui, Steve?» gli chiese voltandosi.
Steve rise e alzò le spalle.
«Solo se vuoi. Cioè, magari una convivenza e un po' precoce e forse vuoi avere i tuoi spazi per abituarti alla vita qui, però per me non c'è problema se vuoi restare, anzi. Certo i miei orari sono abbastanza irregolari quindi non-»
Linn tacitò quel fiume di parole con un bacio.
«Grazie» sospirò sulle sue labbra.
«Non c'è di che» rispose Steve sorridendole a sua volta. «Sei certa che non ti mancherà la vita su Asgard?» le chiese poi accarezzandole il viso. «Qui non c'è molto da fare, potresti annoiarti.»
Linn rise felice e scosse il capo.
«Tony ha detto che mi troverà un lavoro così potrò conoscere meglio le abitudini di Midgard... della Terra. Ha detto che devo chiamarla così» gli confidò ricordando la chiacchierata con Tony al suo ritorno.
Ci avrei scommesso” le aveva detto quando li aveva visti insieme, poi aveva buttato giù un bicchiere e le aveva strizzato l'occhio.
Era stata felice di rivederlo, di rivedere ognuno di loro e sapere che non avrebbe più dovuto salutarli.
«Stark vuole trovarti un lavoro?» domandò ancora Steve mostrandosi incerto sulla questione.
«Sì, potrei essere la sua assistente. Dice che è un po' come essere un'ancella ma con i tacchi a spillo... non ho ben compreso cosa volesse dire.»
Steve sospirò.
«Fai ciò che ti rende felice, Linn. Basta che mi dici se prova ad allungare le mani.»
Arrossì a quella considerazione.
«Steve, non credo che Tony ti mancherebbe di rispetto in questo modo.»
«Ancora non lo conosci, quando lo farai, trarrai grande liberazione dal tirargli quel tacco a spillo sulla faccia. Chiedi a Pepper.»
Non seguì bene il suo discorso ma Steve sorrideva e Linn rise.
Se pensava che avrebbe potuto guardarlo sorridere in ogni singolo giorno da allora le sembrava di passeggiare fra le nuvole.
«Steve?» lo chiamò poi con un sospiro.
«Dimmi...»
Linn si morse le labbra e poi lo baciò.
«Sono felice,» disse. «Sono davvero felice.»











La guardò camminare in solitudine, con lo sguardo buio e le labbra martoriate fra gli incisivi.
Poi l'armatura cadde e lei la fissò con astio.
Loki le girò intorno, celato dal suo manto di seiðr, finché non le fu di fronte.
Se avesse allungato una mano avrebbe potuto sfiorarla, avrebbe potuto far piovere ancora uno schiaffo e poi un altro su quel viso. Avrebbe potuto far scivolare una carezza...
Sigyn si spostò raggiungendo il grande armadio che aprì con furia.
Vagò con lo sguardo sui vestiti e poi ne tirò giù uno: una casacca blu con rifiniture d'oro.
Thor era solito indossarla durante le assemblee del consiglio presiedute da Odino, quando armi e armature erano proibite.
La tenne stretta nella mano, così stretta da poterne strappare la stoffa. Loki avrebbe predetto che l'avrebbe sul serio lacerata in mille brandelli, conosceva troppo bene il suo impeto, ma Sigyn la fece cadere debolmente nell'armadio e richiuse l'anta. Un profondo sospiro lasciò le sue labbra mentre si passava una mano fra i capelli.
«Stupido Loki...» Le udì mormorare e d'istinto sollevò un sopracciglio come se lei avesse potuto vederlo.
Qualcun bussò poi alla porta e senza attendere un permesso entrò: era Frigga.
«Madre.» La salutò lei senza gioia. Frigga le sorrise dolcemente e la raggiunse.
Una domanda che restò muta alla quale Sigyn rispose comunque.
«Se n'è andato» disse facendo sfumare il sorriso di Frigga.
«Lo conosci, sapevi come avrebbe reagito. Loki non sa accettare regali, solo conquiste.»
Si ritrovò a sentirsi così nudo sotto le parole di sua madre. Quanto a fondo poteva conoscere il suo cuore? Non l'avrebbe mai saputo dire.
«È stata colpa mia, credevo che avrebbe potuto funzionare, che una pazzia così grande avrebbe cancellato ogni altra che l'aveva preceduta ma... Il suo rancore è così forte, madre. C'è così tanta rabbia in lui, che mi chiedo se lo stargli vicino non la nutra soltanto,» affermò Sigyn. «Ho sbagliato a pensare che sarebbe stato facile se non fossi stato più io, se... Se avessi reso realtà l'illusione che tanto amava, se avessi smesso di vestire il cuore di Thor per indossare solo quello di Sigyn, allora Loki non avrebbe più avuto ragioni di odiarmi, di odiare nostro padre... di odiare la vita.»
«Tesoro...»
Sigyn scosse il capo con un sorriso triste.
«Ho perso, ho perso tutto. Conservo ogni ricordo del mio passato eppure non mantengo di essi alcun emozione. Sai cosa vuol dire questo, madre? Sai cosa vuol dire ricordarsi delle tue carezze e non riuscire a sentirle?» Il sorriso restò sulle sue labbra anche quando gli occhi si fecero lucidi. Fu solo l'orgoglio di un principe a impedire alle lacrime di scivolare via. «Sento solo lui, solo dannatamente lui, perché era questo che volevo. Volevo che potesse davvero possedere quel cuore che diceva di amare.»
Frigga le avvolse le braccia attorno e Sigyn poggiò la guancia sulla sua spalla.
«Non sento neanche la vergogna che dovrei provare nel parlarti in maniera così inopportuna, madre.»
«Shhh, fa' silenzio ora, bambina mia.» A quelle parole Sigyn la guardò. Frigga le accarezzò il viso e le sfiorò la punta del naso con l'indice. «Sei come ti avevo immaginata.»
Loki non comprese ciò che voleva dire, neanche Sigyn sembrò farlo ma tacque, lasciando che Frigga regalasse anche a lei la stessa dolcezza con cui aveva salutato lui, la stessa forza e lo stesso amore che non avrebbe mai avuto tramonto.
E Loki restò lì, nell'ombra, come aveva trascorso parte della sua vita, a udire il battito nel suo petto che sembrava voler rompere, colpo dopo colpo, la teca in cui aveva custodito ogni più piccola paura.



*



«Non devi farlo.»
Sigyn sorrise verso il viso di sua madre.
«Devo, invece. Padre non vorrà avermi qui e non voglio ferirlo più di quanto non abbia già fatto.»
«E dove pensi di andare? Questa è la tua casa.»
Le aveva detto che sarebbe andata via, non le aveva detto che non sapeva dove andare, che non aveva idea di cosa avrebbe fatto di lì al domani, perché si sentiva così sola da averne terrore.
«Andrò a Vanaheim, da Freyja» rispose con sicurezza sebbene provasse mille dubbi e incertezze nella sua testa.
«Freyja non può disfare questo incantesimo...»
«Lo so, madre, e non era questo il mio intento» confidò sincera.
Aveva deciso di lasciare che quella parte del suo cuore vivesse, per non doverne più sentire il peso, per far sì che Thor fosse liberò dai rimorsi e dalla vergogna, per far sì che Loki potesse essere amato come avrebbe meritato.
Non poteva tornare indietro, neanche adesso che Loki aveva rinunciato a quell'amore ed era lontano, chissà dove.
Sentì una morsa allo stomaco ma cercò di celarla agli occhi di sua madre.
«Starò bene, abbi fiducia.»
«Due figli... tre... e adesso vi ho perduti tutti. Potrò ancora chiamarmi Madre?»
Provò una fitta dolorosa di fronte alla sua malinconia, alla sua sofferenza.
Le afferrò le mani e le strinse fra le proprie.
«Thor tornerà, e anche Loki. Se esiste una persona da cui non scapperà mai sei tu.» La rassicurò assaporando sulla lingua la pesantezza di ogni singola parola. «E quando il cuore di Padre sarà libero dalla delusione che gli ho procurato, sarei felice anche io di tornare qui... Nella nostra casa.»
Frigga annuì solenne, con la bellezza propria di una regina, con la tenerezza di una madre e la gentilezza di una donna. E Sigyn avrebbe voluto imparare da lei, imparare a camminare su quelle nuove gambe, a guardare il mondo attraverso quei nuovi occhi, ad amare come un tempo aveva amato: con il cuore di una donna.
«Ho solo una richiesta da farti, madre, prima di andare e ti imploro di esaudirla.»
«Certo, tesoro. Dimmi pure.»
Prese un respiro.
«Enok, il prigioniero delle segrete. Ti prego di fare quanto in tuo potere per rendergli la libertà. È un brav'uomo, e non parlo per via dell'aiuto che mi ha dimostrato quando ero lì, ma perché lo è davvero. Lascia che ritorni dalla sua sposa, non merita di trascorrere un altro giorno in quei luoghi... nessuno lo merita, e vorrei che parlassi con Padre affinché abolisca i metodi feroci con cui vengono trattati i prigionieri, perché un re giusto non può lasciare che simili barbarie accadano sotto la sua casa. E Odino è un re giusto come pochi, e Asgard deve conoscere la sua clemenza come la conosco io.»
Frigga ascoltò la sua richiesta e annuì.
«Farò ciò che mi sarà concesso.» Le promise e poi sorrise quasi divertita. «Ho sempre pensato che una donna fosse dieci volte più saggia di un uomo.»
Anche Sigyn sorrise senza imbarazzo e si lasciò accarezzare ancora una volta, si lasciò abbracciare ancora una volta prima che Frigga andasse via e Sigyn, sapeva, era tempo di andare anche per lei.
Guardò ancora un attimo la sua vecchia stanza ora vuota, la porta dietro cui era sparita sua madre, con i suoi occhi lucidi. Guardò l'armatura a terra, l'armadio, i libri, le armi. Quel balcone tanto amato e odiato, il letto e le sue lenzuola rosse, lo specchio al muro in cui si rifletteva la sua immagine e quel viso di donna con cui avrebbe dovuto imparare a convivere e vivere.
Sigyn, era questo il suo nome adesso, come il nome di un'eroina delle antiche storie.
Un nome sentimentale, per un cuore che forse lo era troppo.
Rise di sé e lasciò andare l'ultima piuma di quella pelle che non avrebbe più vestito.
Thor... un'altra vita, un altro destino; adesso non le apparteneva più.
Si avvicinò ad un pezzo di armatura e lo raccolse, poggiandolo sulla scrivania; raccolse anche il secondo, pronta a rimettere in sesto quel quadro di coraggio e forza e dirgli definitivamente addio.
«Ti serve aiuto?»
Lo spallaccio le cadde dalle mani tintinnando sul pavimento quando si voltò a quella voce.
Loki la guardava a pochi metri, comparso dal niente, senza far alcun rumore.
Era lì... lo era davvero?
«Pensavo te ne fossi andato» disse solo, governando a fatica il respiro. Più che la sorpresa era stata la sua stessa presenza a farle galoppare il cuore nel petto.
«Vanaheim?» le chiese lui senza sorrisi.
«Ah, ho capito: mi spiavi» notò alquanto infastidita. «Immagino sarai felice di riavere i tuoi poteri. Puoi di nuovo nuotare nel torbido, come tanto ti piace fare» sbottò con troppa rabbia, dovuta più al ricordo del loro ultimo incontro che a quell'effettiva incursione nella sua camera.
«Era solo curiosità.»
«Così adesso ti interessa dove vado? Mi era parso di capire che non ne volevi sapere niente di quello che avevo da dire, o da fare.»
«Volevo solo sincerarmi che le nostre strade non si sarebbero incrociate ancora» ribatté lui con odiosa calma, disegnando perfino un sorriso sulle labbra. «È sempre fastidioso rivedere i propri ex. Tu ne sai qualcosa.»
Non rispose più di sé e afferrò dalla scrivania il gambale che vi aveva posato pocanzi e glielo lanciò contro. Neanche si aspettasse il contrario, Loki lo evitò facilmente.
«Ti odio!» ringhiò in collera e Loki rispose ancora con soffocante tranquillità. «Mi hai sentito? Ti odio con tutta me stessa!»
«Mi sembra un sentimento comprensibile. In fondo ti ho rifiutato, e per una donna è alquanto umiliante.»
«Vattene prima che ti spezzi il collo. Adesso!»
Come poteva stare lì a ferirla in quel modo? Così lontano giungeva il suo astio? Non gli bastava averle tolto l'unica ragione per cui aveva preso quella decisione? No, adesso infieriva anche con le sue parole velenose. Sigyn pensava di non poter provare più rabbia di così, più sofferenza, più male.
Loki fece un passo in avanti e non mostrò intenzione di lasciare quella stanza.
«Ti avverto: o te ne vai o-»
«O cosa? Cosa hai intenzione di fare? Uccidermi? Piantarmi una lama nello stomaco? Oppure pensi di gettarmi su quel letto e dimostrare quanto una cortigiana abbia da imparare da te?»
Lo raggiunse afferrandolo per la casacca e sbattendolo davvero su quel letto. Loki cadde spalle alle lenzuola con le gambe piegate al di là del materasso.
Sigyn gli saltò a cavalcioni addosso e poi gli appuntò i polsi ai lati della testa.
Lo guardò con rabbia, con cocente rabbia, con dolore... con affetto.
Non disse nulla, la sua bocca restò sigillata mentre Loki le restituiva lo sguardo con il petto che si alzava lentamente a differenza sua, che invece non riusciva a far rallentare i respiri.
«Questo è quello che sono, Sigyn» disse poi privo di irriverenza. «Non sono luce, sono ombra.»
«Non è vero» rispose lei con un sospiro perdendo rancore e trovando malinconia.
«Sì, invece» ribadì Loki. «E tu hai visto solo parte di quell'ombra. Ce n'è ancora tanta, ed è più tetra della notte eterna.»
«Smettila adesso» lo pregò incapace di udire ancora le sue parole. Allentò la sua presa e Loki fece scivolare via i polsi. Sigyn poggiò i palmi ora vuoti contro le lenzuola fresche mentre Loki le spostava una ciocca di capelli dal viso.
«Voglio che tu la veda tutta, voglio che tu guardi ogni cristallo di ombra e poi mi dica se sei disposta a trascorrere l'eternità nel buio.»
«Loki...» sospirò comprendendo solo in parte, ma poi lo vide. Vide la sua pelle cambiare sotto i suoi occhi, il pallido rosa lasciare il posto al freddo cobalto, il verde dei suoi occhi sciogliersi nel sangue e divenire uno sguardo denso come magma.
Ogni parola morì nella gola, mentre lo guardava nella sua vera pelle, senza più alcuna menzogna né maschera, e Sigyn comprese che Loki le stava mostrando anche la sua ultima fragilità, le stava dando anche quell'ultima parte di sé, quella che odiava di più, che più lo feriva: la sua ultima lacrima.
Avvicinò una mano al suo viso e lo vide scostarsi.
Arretrò ma poi tornò ad allungare le dita.
Guardò la sua gola sussultare mentre le faceva scorrere sulla sua guancia, sui marchi sottili che segnavano il suo viso, mentre gli accarezzava le labbra che erano morbide come sempre, e tremavano come ogni volta che ricordava di averle sfiorate.
Quelle labbra si schiusero e la sua gola sussultò ancora con l'incertezza e la paura che brillava nel suo sguardo cremisi, e non c'era nulla di davvero diverso.
Sigyn sorrise e si chinò lentamente finché non poggiò la bocca sulla sua.
Lo baciò dolcemente come fosse il primo, come fosse l'ultimo. Ma non lo sarebbe stato.
Sentì le sue mani salire con leggero timore sulle sue gambe finché non le accarezzarono la schiena e Loki la strinse forte, così forte che quasi le si smorzò il fiato in gola.
«È caldo,» sospirò poi e Loki la guardò, in silenzio, senza farle quella domanda. «Il tuo abbraccio... è caldo.»
E lo baciò ancora, si lasciò stringere ancora mentre la stanza svaniva attorno a loro, mentre un nuovo letto li accoglieva, nuove lenzuola, nuovo profumo.



*



Il rumore delle spade risuonava nell'aria. I gemiti dei giovani che lottavano, il battere delle suole sulla terra, la polvere che si alzava nell'arena.
Sif, poggiata alla balaustra, guardava i suoi allievi che cercavano di mostrarsi degni dei suoi insegnamenti. E lo erano. Giovani pieni di coraggio e onore, pronti a indossare un'armatura e combattere in nome del loro re, del proprio regno.
Ne aveva visti cadere molti, troppi, e il suo cuore nonostante tutto, non si sarebbe mai abituato a tale dolore.
Quella guerra appena conclusa aveva portato via altri fieri giovani, altri amici e fratelli di armi. Era stata in fine vinta e il loro coraggio li avrebbe accompagnati nell'eteree stanze del Valhalla insieme ai loro avi, eppure neanche un guerriero come lei poteva dirsi immune a quella sofferenza.
Udì un suono morbido di passi e si voltò per incrociare il viso di Hogun.
«Sembrano in piena forma» affermò il compagno affiancandola.
Sif annuì. «La guerra li motiva» rispose senza celare un'ombra di amarezza in quella verità.
«Ho accompagnato Freyja ai cancelli» la informò Hogun.
«Lei ha saputo dirti qualcosa di Thor?»
Hogun tacque e Sif non chiese oltre.
Thor non era tornato e Odino non sembrava voler rispondere a quelle domande.
«Era Mjolnir...» disse la guerriera scuotendo il capo e ricordando le immagini di fiamme e sangue, le immagini di un nemico che impugnava un'arma che non gli apparteneva.
«Il Capitano è andato via e ha portato con sé ogni risposta» mormorò Hogun guardando l'orizzonte. «La pace regna ora su Asgard, Sif. Ciò basta per il momento.»
«La pace di Asgard non giustifica la mancanza del suo principe, Hogun. Dov'è Thor? Cos'è questo silenzio che segue il suo nominarlo? C'è il riverbero forte di una verità non detta e il mio cuore teme.»
«Thor è in salute e questo lo sai. Il Padre degli Dèi non tacerebbe una simile notizia.» Hogun provò a rassicurarla ma Sif aveva troppi dubbi nella sua testa, troppe domande che erano sorte in quei giorni silenziosi e le cui risposte rischiavano di farla tremare.
«Dov'è Sigyn?» chiese al compagno e al contempo a se stessa.
«Con Loki, probabilmente» le rispose Hogun. «Entrambi lontani da qui.»
Sif guardò le nuvole bianche in cielo che sembravano mutare forma così rapidamente che i pensieri non riuscivano a tenerne il passo.
«Hogun, che valore ha la verità per te?»
«Il valore di una verità è dato dal prezzo che sei disposto a pagare per conoscerla» rispose Hogun e Sif si volse a guardare il suo profilo. «Ma più del prezzo, Sif, è l'impronta che essa lascia nell'anima di un uomo ciò che ne decreta il peso. Se ti chiedessi quale prezzo sei disposta a pagare per conoscerla tu mi risponderesti “qualsiasi”, e questo ti fa onore, Sif, perché sei una donna di coraggio e valore. Ma io ti chiedo, amica mia, quanta della tua anima sei disposta a cedere per poterla udire?»
Sif restò silente a osservare gli occhi bruni di Hogun e poi sorrise tristemente.
«Tu conosci questa verità, non è così?» Hogun non rispose e tornò a guardare lontano. «Adesso sono io a chiederti quanta anima devo sacrificare per far sì che tu la condivida con me.»
Hogun spostò lo sguardo nel suo e Sif attese la sua risposta.
«La divorerebbe tutta.»
Un brivido le solcò la pelle e ci fu silenzio. Solo il vociare degli allievi, solo l'incontro delle spade.
Poi Hogun si scostò dalla balaustra di legno.
«Non te la negherò se vorrai udirla ma mi permetto di dirti che essa non vale davvero la tua pena, Sif.»
Sif lo lasciò andare via senza trattenerlo oltre, senza fargli quella domanda, senza pretendere la sua risposta.
Si chiese se sarebbe mai stata pronta ad ascoltarla.



*



Odino accarezzava lentamente il manto bruno di Sleipnir, carezza dopo carezza, udendo i nitriti soddisfatti dell'animale.
Sentì i passi di Frigga, morbidi ed eleganti.
Non si voltò.
Il re non era solito scendere nelle stalle, non era solito starsene in solitudine fra l'odore di paglia umida e letame.
Ma quel mattino era un mattino diverso dal solito.
«Sembra che gli piaccia.» Frigga lo accostò tenendo le mani raccolte sul ventre. Odino le dedicò una rapida occhiata e poi tornò a volgere le sue cure al caro animale. «Ricordi quando Loki trascorse la notte in questa stalla per farlo nascere?»
Quella domanda portò memorie lontane che parevano fredde come il vento del nord, ma non potevano esserlo, mai lo sarebbero state.
Sorrise, Odino, con un sorriso di padre.
«Era convinto di far nascere un cavallo cremisi...» ricordò a voce alta e poi lasciò andare una debole risata mentre carezzava con il palmo della mano il muso di Sleipnir. «Un cavallo cremisi!»
Frigga accompagnò la sua malinconica risata.
«Avrebbe fatto di tutto per Thor.»
Quella verità coprì il cuore del re di buio.
«E io non ho saputo comprenderlo» ammise rallentando le sue carezze. «Avrei dovuto unirli e invece li ho divisi.» La mano scivolò via cadendo stancamente contro il fianco del sovrano. «Che padre sono stato?» chiese poi con un sussurro appena udibile, fissando il terreno battuto sotto il rumore degli zoccoli del suo amato cavallo. Rialzò poi lo sguardo e guardò il viso di sua moglie che porgeva sulla sua guancia stanca una tenera carezza. «Che padre sono stato, Frigga?»
«Uno che ha amato, Odino» gli rispose lei. «E l'amore fa commettere sbagli.»
Si sentiva così vecchio in quel momento che chiuse gli occhi, l'unico che ancora poteva volgere alla vita e quello cieco, portatogli via da un nemico. E cosa aveva portato via lui? Un bambino che sarebbe morto di freddo e fame, dimenticato su un'ara gelida in una notte di guerra e sangue.
Un atto di clemenza o il più spregevole di ogni inganno.
Eppure l'aveva amato, quel bambino dagli occhi verdi e il sorriso timido. Un bambino fatto di troppe domande e troppe risposte, un bambino fragile e allo stesso tempo in grado di distruggere l'intero cosmo se solo gli fosse stato concesso.
D'amore si sbaglia, diceva Frigga, e Odino si chiese se aveva amato e sbagliato in egual misura, o se in qualche modo l'uno aveva sopraffatto l'altro senza che se ne accorgesse.
«Sono andati via» disse poi Frigga e lui la guardò, ed era dolce e bella, la stessa fanciulla di cui si era innamorato ormai millenni lontani. Gli sorrise. «Abbiamo fatto ciò che era in nostro potere, adesso sta a loro trovare la strada.»
«Qualsiasi strada scelgano non cercheranno mai quella che li riporterà qui» affermò con dolore. «E Asgard non avrà guida dopo la mia morte. Ecco quale sarà il mito che accompagnerà il mio nome.»
«Asgard avrà sempre una guida, Odino» obiettò Frigga con tenera fiducia. «Ancora lungo è il tuo percorso, sposo mio, e ancora i tuoi figli avranno fame di consigli. E per quanto ostinati, orgogliosi e ridicolmente infantili saranno, cercheranno quella via di casa, e la troveranno. Di questo narrerà il tuo mito: di un condottiero che fu grande, di un re che fu giusto, e di un padre che amò senza mai dirsi stanco.»
Odino assaporò ogni parola che abbandonò le labbra della sua amata regina, si lasciò avvolgere da ognuna di esse, e ne fece un'ancora da gettare in quel cuore ricolmo di affanni e rimorsi.
Le accarezzò poi il viso e le poggiò un bacio sulla fronte.
«Quale gesto nobile compii affinché nella notte dei tempi le Norne mi benedissero con la tua vicinanza, mia dolce Frigga...?» sospirò sorridendo, ricordando un tempo in cui farlo era facile.
Sleipnir nitrì, come per richiamarli di quella mancanza di attenzioni, e Frigga gli riservò una carezza gentile sul manto.
«Portalo a cavalcare per i campi. Ha bisogno di respirare libertà» consigliò e Odino acconsentì con una semplice condizione.
«Cavalca con me.»
Frigga rise armoniosa. «Così che tutta Asgard possa sorridere di me?» chiese.
«Così che tutta Asgard possa ammirare la magnificenza della sua regina.»
Odino le baciò il dorso della mano e attese la sua risposta, così come attese quel giorno lontano quando glielo chiese per la prima volta.
Come allora Frigga accettò, come allora cavalcò con le spalle poggiate contro il suo petto non più giovane ma che nutriva lo stesso immutato amore.
E tutta Asgard guardò la sua regina, splendida, attraversare il verde dei campi stretta al suo re, e Odino guardò Asgard come non faceva da tempo ed era così bella da togliere il fiato.
Torneranno, si disse.
E il suo cuore l'avrebbe creduto finché non fosse accaduto.





₪₪₪





Sigyn alzò il capo guardandosi intorno.
Era su un letto, Loki giaceva sotto di lei, come pochi istanti prima, eppure il resto era cambiato: era cambiato il colore delle lenzuola, quello delle pareti. Era cambiato l'orizzonte che si intravedeva dalla balconata, e brulicava di buio e argento.
«Conosco questo posto» affermò tornando a guardare il viso di Loki.
«È dove ti ho condotta quella volta. Ricordi?» le fece notare maliziosamente lui e Sigyn sì, ricordava adesso.
«Quando mi hai usato come contenitore per una maledetta sfera?!» chiese retorica assottigliando lo sguardo e Loki sorrise, mentre la sua pelle riacquistava il suo pallore. «No!»
Lo fermò poggiando la mano sulla sua guancia. «Resta così.»
«Perché?» le chiese lui tornando a riprendere la sua vera natura Jotun.
Perché?
La domanda sibilò anche nella sua testa e l'eco riverberò sottilmente come uno spago che si arrotolava su se stesso.
Sigyn fece scorrere lo sguardo sul suo viso, sul suo collo, sulle sue vesti e la risposta era lì, nell'involucro confuso di quella matassa di emozioni.
Perché...
«Voglio fare l'amore con la tua vera anima, con ogni tua ombra... Voglio sentirle tutte dentro di me.»
Il respiro di Loki sembrò accelerare.
«Sono molte,» disse poi mentre le accarezzava il viso e lei gli baciava le dita che sfioravano le sue labbra. «Non basterà un secolo... Non ne basteranno mille.»
Sigyn sorrise facendo scorrere le mani sul suo petto, sentendo il suo cuore come quella notte, come ogni altra.
Poi si chinò ancora, a un soffio dalla sua bocca, e vi posò il più innocente dei baci.
«Allora fai l'amore con me per i prossimi secoli» sospirò. «È tutto ciò che chiedo.»
Vide il suo sorriso scintillare fra quelle labbra baciate dal blu del più intenso dei cieli, e i suoi occhi, caldi come fiamme, rubarle ogni pensiero.
«Come desideri, cuore mio.»
E poi il resto di quel mondo, e di ogni altro, smise semplicemente di esistere.
















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NdA.
FINE!!!!
Piaciuta?
Ditemi di sì altrimenti piango >////<
Anche se il rischio di lacrima è comunque altissimo perché devo partire immediatamente con i ringraziamenti di rito, e mai come questa volta sento di doverli fare davvero di cuore.
Grazie a chi mi ha fatto compagnia in questa nuova, splendida e anche difficile avventura, grazie a chi è giunto qui dal prequel e anche a chi è rimasto fermo lì (;P)
Grazie a chi mi ha dato fiducia anche quando ero io per prima ad averne poca. Grazie per i consigli e i complimenti, per le parole di stima e apprezzamento, e per le domande che mi spronavano a fare di più per poter dare una risposta degna.
Grazie a chi mi ha fatto sorridere e ridere, a chi mi ha emozionato, a chi mi ha mosso dei dubbi e a chi mi ha aiutato a dissiparli.
Grazie a chiunque abbia dedicato anche un solo minuto del suo tempo a soffermarsi su queste pagine, a leggere un pezzetto della mia anima e una fetta grande del mio cuore.
Grazie a chi, silenzioso, c'è sempre stato, e grazie a chi ha urlato la sua presenza in ogni singolo passo di questa storia.
Grazie agli scleri e alle pazzie, grazie ai momenti di fangirling estremo e a quelli teneri, fatti di vera e tangibile amicizia.
Grazie per aver deciso di credere a una storia troppo romantica e impossibile, e che per questo mi ha permesso di sognare tanto <3
Grazie a ognuno di voi per aver creduto in me ^^
E adesso, alla fine della sviolinata, vado via augurandomi che vi sia arrivata almeno una briciola della sincera gratitudine che provo nel mio cuore.
La storia è di per sé conclusa ma vi è ancora un 36esimo capitolo che...
Nah, non ve lo dico.
Non voglio rovinarvi la sorpresa ^w*
E per l'ultima volta, appuntamento alla prossima <3
Kiss kiss Chiara  
  
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