Maternità
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
2 -
Ami (a due mesi)
«Oggi vorrei fare un esperimento. Mi serve la tua
collaborazione.»
Sistemato nel seggiolino, immerso nella sua tutina gialla,
Adam la
guardò. Se qualcuno gli rivolgeva la parola, lui si
zittiva e ascoltava grave, gli occhi grigio scuro bene
aperti.
Ami gli fece vedere cosa teneva in mano. «Questa
è
una macchina fotografica. Guarda quanto è grande
l'obiettivo. Esce fuori, visto?» Lo avvicinò a lui
e Adam allungò le piccole mani per toccarlo.
«Ce lo hanno regalato per te» gli
sussurrò. «Può fotografare con grande
precisione soggetti in rapido movimento, incapaci di stare fermi. Cosa
ne pensi?»
Adam stava accarezzando l'oggetto misterioso, in un'accurata
esplorazione tattile.
Ami gli pettinò i capelli azzurri, sistemando di
lato una
ciocca che gli cadeva sulla fronte. «Vorrei fotografare i
tuoi primi sorrisi. Mi aiuti?»
Lui perse interesse nella macchina fotografica, emettendo un
grosso
sospiro che gonfiò per intero il suo piccolo petto.
«No!» si intenerì lei. Non lo
aveva mai
visto con un'espressione così mesta! «Cosa
c'è?»
Il suo bambino si era già distratto. Ora guardava
le
profondità della stanza.
«Vuoi che giochi coi pupazzi davanti a te invece di
parlare
tanto? Lo faccio presto, ma prima...» Agitò
rapidamente le dita sotto i calzini bianchi di lui, causandogli una
smorfia a metà tra sorriso e indignazione.
C'era qualcosa che non andava.
«Okay.» Lo prese in braccio.
«Sei di
cattivo umore?» Lo tenne stretto al petto mentre guardava
l'ora e ricordava. «Ah. È passato un po' di tempo
dall'ultima pappa.» Era possibile che ci fosse un problema di
pipì. Tastò il pannolino.
Sì, il peso era decisamente aumentato.
«Tutto a posto, ora sistemiamo.»
Camminò verso la stanza di lui, dirigendosi verso
il
fasciatoio.
Quando appoggiò Adam sul ripiano morbido,
lui
allargò di riflesso braccia e gambe, spingendola a dargli un
bacio sulla fronte. «Non preoccuparti, non cadi.»
Attenta a tenere le mani nelle vicinanze di Adam,
inquadrò
rapidamente cosa le serviva per cambiarlo. Salviettine, pannolino
nuovo, la crema... No, quella non c'era.
«Dove l'ha messa papà...?»
rimuginò. Aprì il primo cassetto sotto il
fasciatoio e trovò il tubetto immerso nella pila di
tutine.
«È un disordinato!»
accusò.
Comincio a ridere, affondando la faccia nello stomaco del suo bambino.
«Tu
ci rendi disordinati!»
Sollevò gli occhi per guardare Adam e vide che lui
accennava
a sollevare gli angoli della bocca, troppo incerto per continuare.
«Capito, basta.»
Sbottonò la parte inferiore della tuta gialla di
lui e gli
liberò le gambe, sollevando il tessuto fino ad avere libero
accesso a tutta la parte inferiore del suo corpo.
Ora
sarò
rapida. Nella stanza faceva freschino, appena finito
doveva alzare il termostato.
Sollevò le linguette laterali del pannolino,
tenendo
già pronto quello pulito. Sollevò le gambe di
Adam
bene in alto, usando il pannolino che indossava per pulirlo di
eventuali residui, che risultarono assenti.
«Bene» mugugnò. Quasi in
contemporanea
si liberò del pannolino usato e sistemò sotto di
lui quello nuovo, appena in tempo perché non- In aria
partì un fiotto.
«Ah!» Lo coprì appena in tempo.
Immobile, sorrise. «Lo fai apposta.»
Lui allargò le braccia sopra la testa, con tutta la
calma di
un neonato.
Cambiami.
Immaginando il comando, Ami si divertì.
«Eseguo.
Ma volevo pulirti meglio. Dici che riesco a...?» Prese una
salvietta umida e con attenzione la infilò dentro il
pannolino ancora aperto, pulendo a memoria il suo bambino.
«Sembra sia tutto a posto. Ora un po' di
crema.»
Coprendosi un dito d'unguento, ripeté l'operazione.
Nelle sopracciglia distese di Adam - uguali alle sue - scorse
una nuova
calma.
«Non ti piace sentirti bagnato, hm?»
Terminò di cambiarlo e chiuse la tutina gialla.
«Ora siamo a posto.»
Riportò Adam in salotto, dove aveva preparato la
luce giusta
per le foto che voleva fargli.
«In realtà...» Lo
risistemò sul
seggiolino.
«Ne vorrei solo una, ma dev'essere bella. Potremmo
usarla come
cartolina di auguri per l'anno nuovo. Manco poco, siamo
già a dicembre.»
Adam si stava mangiucchiando le dita. Sbadigliò.
Oh, no.
«Hai sonno?» Abbassò la voce.
«Dovrei lasciarti dormire.»
In risposta le palpebre di Adam iniziarono a calare.
Sospirando, Ami prese i ganci sul seggiolino e li
incastrò
con attenzione. Appoggiò seggiolino e bambino al suolo, su
un lato del divano, in un angolo in ombra.
Notando il movimento, Ale-chan - sdraiato sui
cuscini
- mosse
la coda folta e le lanciò un'occhiata annoiata, felina.
«So che non ti piace quando piange» gli
disse Ami.
«Ma ora si sta preparando a dormire. Non ti
disturberà.»
Sentì crescere nel petto uno sbadiglio e lo
liberò.
Gatto e bambino l'avevano contagiata.
Eppure erano solo le sei di sera e lei aveva pensato di
leggere un
po'
prima di-
Delle chiavi girarono nella porta d'ingresso.
Ami si prese del tempo per stiracchiarsi. Poi si mosse
lentamente, ma
non fece in tempo ad arrivare in corridoio: Alexander era
già entrato in salotto. Da quando era nato Adam, lui aveva
sempre fretta quando tornava a casa.
«Dov'è?» esordì.
In silenzio, lei gli indicò il punto dietro il
divano.
Lui la baciò velocemente sulla guancia prima di
fare il giro
del mobile.
«Ah, eccolo.»
Ami li raggiunse e sgranò gli occhi. Corse ad
afferrare la
macchina fotografica.
«Ride!» esclamò Alexander.
«Shh» gli disse lei, afferrando con
delicatezza il
manico sopra il seggiolino. Sollevò Adam, spostandolo di
nuovo sotto la luce. «Come hai fatto?»
sussurrò ad Alexander.
«Ho parlato» sorrise lui, poi entrambi
guardarono
increduli la bocca del loro bambino che si deformava in un perfetto
sorriso sdentato.
Ami provò uno scatto. «Di' di nuovo
qualcosa!»
Raggiante Alexander si rivolse ad Adam, solleticandolo piano
sulla
pancia. «Sei felice di rivedermi?»
Con le palpebre aperte a fatica, Adam rispose contento al
sorriso di
suo padre.
Ami scattò una decina di fotografie in mezzo
secondo.
Incredula, appoggiò di lato la fotocamera. «Look at that...»
Alexander stava baciando Adam sulla guancia. «Anche
tu mi sei
mancato.»
Lei si inginocchiò vicino a loro. «Quindi
sorride
a chi gli manca, non a chi lo cura tutto il giorno.»
Trovò un bacio sulla fronte del suo piccolo mentre lui
sbadigliava.
«Questa è l'ingratitudine di noi
Foster.» Alexander tirò su il seggiolino e lo
riportò nell'angolo in penombra accanto al divano.
«Diamo
per scontato chi ci sta vicino.» Ridendo piano, si
chinò verso di lei per un saluto più adeguato.
Ami chiuse gli occhi per immergersi nel loro bacio da grandi.
Staccandosi, sbadigliò in faccia ad Alexander.
«Ehi. Mi aspettavi per dormire?»
«No. Volevo leggere quello studio...»
Alexander picchiettò il divano vicino ad Adam.
«Domani ci sto io con lui. Puoi fare un salto in biblioteca
se vuoi.»
Senza dubbio, pensò lei.
Sentì lo stomaco gorgogliare. «Mi sta
venendo
fame.» Allattare era quasi peggio che essere incinta: non era
mai stata tanto affamata come nell'ultimo anno della sua vita.
Alexander si era diretto in corridoio. «Sei
fortunata.»
«Perché?»
«Ho comprato qualcosa di pronto da
mangiare.»
Volle inginocchiarsi ai suoi piedi. «In quel
ristorante?»
«Ah-ha.»
Quasi le vennero le lacrime agli occhi. In quei giorni amava
mangiare,
ma come sempre non aveva il tempo - o la voglia - di cucinare i piatti
elaborati che il suo stomaco le esigeva.
«Oh, love. Sei commossa?»
«Di questi tempi mi bastano degli involtini di
riso.»
Lui rise a basso volume e felice Ami gli prese di mano il
sacchetto col
cibo. «Per fortuna adesso non ingrasso.» Almeno
quello.
«Non eri grassa. Avevi lui
dentro.»
Ma sembrava ce ne fossero stati due di Adam dentro il suo
corpo.
Alexander cercò i suoi occhi. «Stavi
tremendamente bene.»
Insomma. «Lo dici solo perché ti
piacciono i seni
grossi
che mi sono venuti da allora.»
Alexander recuperò lo stoviglie. «Not answering that.»
Divertita, lei scoperchiò i vassoi in alluminio che
contenevano la loro cena. Il profumo le sconvolse il cervello.
«Hm. Più tardi potrei vedere un po'
di questa
lussuria?»
Lei tenne gli occhi bassi e scrollò le
spalle.
«Più tardi dormo. O leggo.»
«That
hurts.»
Ami sorrise. «O potrei ricompensarti per questo buon
cibo. Se
è davvero buono.»
«Il migliore. Provalo.»
Ami si godette il primo boccone e il silenzio della
casa, pacifico solo perché sapeva che Adam era
lì con loro e dormiva tranquillo.
Osservò Alexander, la sua presenza, il modo in cui
lui le
sorrise quieto di rimando.
«Magari riposiamo insieme prima che si
svegli» gli
disse.
«Certo.»
«Parliamo.» Le mancava qualcuno che non le
rispondesse con gorgheggi infantili.
«You
did miss
me.»
«A
lot.»
Lui le prese la mano sopra il tavolo, portandola alla bocca.
Le
baciò il palmo. «Appena finito, facciamo tutto
quello che vuoi.»
Forse lei voleva solo parlare, o dormire, o essere
abbracciata. Forse
aveva voglia di fare l'amore e addormentarsi, stremata di una
stanchezza buona.
Alexander sbadigliò a bocca aperta. Quella notte
lui si era
svegliato due volte per Adam.
Forse dormiremo,
pensò lei.
Sbadigliò nella propria testa, serena.
Ma
sarà un
buon sonno, per tutti e tre.
FINE
NdA: per questa storia e l'idea ringraziate il giorno di
pioggia. Spero che la storia vi sia piaciuta :)
Piccola traduzione di alcuni dialoghi in inglese.
Ami
"Look at that" - "Ma guarda un po'..."
Alexander
"Not answering that" - "A questo non rispondo"
"That hurts" - "Questo fa male."
Ami e Alexander
"You did miss me" - "Ti sono mancato."
"A lot" - "Tanto."
Elle
P.S. Ho aperto un gruppo Facebook dedicato alle mie storie: Sailor
Moon, Verso l'alba e oltre...