"
Credere che il pensiero,
non imputabile civilmente,
sia non imputabile moralmente,
è grand'inganno; quasichè
le stesse passioni che, secondate,
tengono l'azione, non torgano
l'opinione."
- Angusto Conte
Chapter V
Looking for our half
Ci furono
avvenimenti che la fecero riflettere, coincidenze che non riusciva a
spiegarsi; aveva amato lo stesso uomo da più di due anni e
con lui ebbe il desiderio di
formare una famiglia, sposarlo, ma in quel preciso istante tutte le sue
certezze si frantumarono.
Si ritrovò immobile, come paralizzata, coinvolta in un bacio
che probabilmente avrebbe potuto evitare, ma non lo fece. Era come se
qualcosa, o qualcuno, l'avesse legata in una morsa tanto stretta da non
potersi liberare.
Non respinse né il bacio né Danny, anzi, lo
attirò di più a sé, stringendogli
convulsamente la giacca; entrambi i corpi si toccarono, si sfiorarono,
si bramarono; le mani di lei sull'addome del ragazzo , accarezzavano e
stringevano la sua maglietta bianca.
Il viso di entrambi era contratto da una smorfia felice e risero
quando, aperti gli occhi, si accorsero di guardarsi. Bastavano
solamente i loro occhi per potersi dire tutto, e bastò
guardarsi per capire l' intesa che c'era tra loro da molti anni. Un
momento intenso, che durò pochi minuti, ma che fu
sufficiente.
«Danny...», il silenzio fu rotto da un sussurro
proveniente dalle labbra di Jessie, costringendo il ragazzo a guardarla
negli occhi.
Le loro bocche erano schiuse, pronte per darsi un altro bacio
più appassionato; ne voleva altri. Voleva continuare a
catturare le sue labbra ma per un breve attimo si scostò,
fissando gli occhi in quelli di Danny.
Un'altra serie di emozioni e sensazioni scombussolarono il loro stomaco
ed il cuore di entrambi accelerò i battiti.
Insieme a quei piacevoli pensieri e agli stimoli che non davano modo di
placarsi, c'era anche il pentimento: si
riteneva una traditrice per il semplice fatto di aver ricambiato quel
bacio, perchè sapeva di essere innamorata di Danny. E
quell'amore era durato per anni, troppo a lungo e inconsapevolmente.
Un bisogno incolmabile colpì nuovamente i due, ancora con le
labbra schiuse e con gli occhi puntati su di esse. Ansimarono; il
respiro affannoso, le mani strette sulle magliette, i corpi che
pregavano di continuare, di approfondire ogni singolo tocco.
«Continuiamo... Andiamo fino in fondo...». Furono
momenti interminabili di silenzio, interrotti dalle parole strozzate
della ragazza.
La pioggia cadde incessante sulle loro teste, bagnandoli; ma non fu
questo a fermarli. Jessie voleva trovare una spiegazione per quei
sentimenti e quelle emozioni tanto forti da farle impazzire il cuore.
Quel momento lo stava vivendo appieno e nella sua mente era tutto
più chiaro e fluido: non era Adam che amava.
Dentro di sé era cosciente del fatto che quella sarebbe
stata l'ultima volta che si sarebbe avvicinata così tanto a
Danny: si sarebbe pentito e l'avrebbe allontanata, colpito dai rimorsi
e dalla delusione. Ma non era quello che voleva, non era ciò
che serviva a Jessie. Le mancava qualsiasi premura derivante da un
uomo. Adam non le dava più nessuna soddisfazione, se non a
letto, e questo la spaventava.
Aveva bisogno di Danny, colui che per tanto tempo era stato solo un
amico, colui che stava stringendo al proprio corpo per permettergli di
non andarsene.
«E se te ne pentissi...?», domandò il
ragazzo, guardandola con innocenza e deglutendo a fatica per quelle
stesse parole.
Le parole di Danny le fecero perdere per un breve attimo il respiro.
Non si sarebbe dovuta stupire, infondo lo sapeva che tra loro non ci
sarebbe stato nient'altro se non amicizia e ora, dopo ciò
che era successo, sarebbe stato anche qualcos'altro. Forse odio o
peggio, indifferenza.
Si sarebbe pentita, ne era sicura. Ma c'era qualcosa in lui che le
faceva desiderare di non tornare indietro.
Sotto quella pioggia incessante rimembrò il momento in cui,
per la prima volta, si erano incontrati in un bar e si erano guardati
negli occhi; quegli occhi che l'avevano catturata fin dal primo
istante; era entrata in contatto col suo corpo, ed avevano bevuto
insieme quel bicchiere di birra, ballando al ritmo di una canzone
d'amore: la loro canzone
d'amore.
Il cuore le batteva disperatamente, in cerca di una risposta. La sua
mente era colma di pensieri preoccupanti.
Stava cercando la sua libertà; voleva volare via da quella
gabbia in cui era stata imprigionata e spiccare il volto insieme ad una
persona che l'avrebbe resa felice. E
Danny, pensò, l'avrebbe fatto.
Quando
si ritrovò con le labbra sospese su quelle di Jessie, Danny
non poteva immaginare che ne avrebbe desiderato ancora.
Insaziabile,
fece quel che aveva desiderato da tempo, baciandola.
Voleva
lei, ne era sicuro; eppure, non seppe come comportarsi quando, finito
di cibarsene, guardò le sue labbra e pensò che
fosse un errore.
Amarla,
era un errore.
Si
chiese cosa sarebbe successo con Adam, il ragazzo di Jessie, e la
risposta non sarebbe tardata ad arrivare. L'avrebbe
trovato e preso a pugni per aver anche solo sfiorato quella donna di
sua proprietà.
Sorrise
di sbieco, pensando che se fosse stato lui, il suo uomo, non l'avrebbe
certo trattata in quel modo. Le avrebbe
dato amore ed avrebbe costruito qualcosa di reale e concreto: una famiglia.
Guardarla,
anche solo da lontano, gli faceva battere il cuore ogni volta,
costringendolo a rifiutarsi di pensare per non scendere in pensieri
tutt'altro che casti.
Voleva
il corpo di Jessie. Voleva le sue labbra, il suo seno ed il suo ventre,
per farla godere e goderne egli stesso.
Conosceva
il suo corpo quasi fosse un libro. Sapeva persino del neo sul fianco
destro della ragazza.
Lo
scoprì quella mattina, di qualche tempo addietro, quando si
recò a Los Angeles per la promozione dello show. E la vide
lì, distesa al sole, più sexy che mai.
Anche
allora, si costrinse a pensarla in maniera diversa. Fu
in quel preciso istante che capì di esserne ciecamente innamorato. Adam era con
lei e bastò un bacio del ragazzo a far scattare in lui la
molla della gelosia.
Ma
seppe che non sarebbe mai stata sua.
«Devo
andare.» Sussurrò. «Domani abbiamo lo
show e... Ci vediamo per la finale.»
Abbozzò
un sorriso, facendo un passo indietro. Temporeggiò,
incontrando nuovamente i suoi occhi.
Ansimò,
ancora preso dal bacio e le lasciò piano la mano, mordendosi
l'interno della guancia come per trattenersi dal dirle altro.
«Scusa
non... Non so cosa mi sia preso.» Aggiunse, deglutendo e
tirando appena su col naso.
Boccheggiò,
incapace di instaurare una conversazione e scappò via, come
fosse un ragazzino in preda ad una crisi adolescenziale.
Arrivò
sul vialetto di casa e si voltò a guardarla, impassibile a
qualsiasi movimento o espressione.
Si
nascose dietro un cespuglio non appena Adam parcheggiò
dinanzi al garage. Scese, il ragazzo, e si diresse verso casa,
chiudendo dietro di sé la porta e l'ultimo spiraglio di
luce, creando il buio fuori e dentro l'anima di Daniel.
Solo,
tornò a casa, sotto la pioggia.
Il corpo richiedeva ancora
quello di Daniel, supplicava che la
potesse baciare ancora, che le sue labbra potessero prendere le proprie
e farla sentire amata, posseduta, desiderata... Ma così non
fu. Lo vide allontanarsi ed il suo sguardo rimase perso sulla schiena
del ragazzo che intanto si incamminava a passo svelto verso casa.
Bastò
quella scusa per scaricarla e si sentì nuovamente il mondo
crollarle addosso, il peso della propria coscienza e la mente che le
diceva che aveva sbagliato tutto; illusa, si era
solamente illusa che lui potesse rimanere insieme a lei, che potesse
portarla via di lì, a casa sua, sotto le coperte, a fare
l'amore...
Ma tutto quello,
fu solamente frutto della sua speranzosa mente; ma ora, i suoi occhi
supplicavano di rivederlo, pregavano di poter vedere apparire la figura
atletica del ragazzo tornare da lei, ma ciò non accadde.
Jessie, rimase
ferma, sul pianerottolo di casa e lo sguardo perso in un punto
indefinito della strada, mentre la pioggia cadeva incessante come una
cascata. In quel momento, si chiedeva se Danny avesse fatto la scelta
giusta, se quell'azione non fosse stata solamente frutto di
un'impulsività dovuta al nervosismo o alla gelosia nei
riguardi di Adam.
Ma quelle risposte non arrivarono mai, doveva, probabilmente, rimanere
nel dubbio e in balia dei propri interrogativi.
Si distolse da quei pensieri, quando due fari blu illuminarono il suo
volto e tutta la casa dietro di sé; Adam era tornato e non
doveva vederla con gli occhi rossi e lucidi. Avrebbe fatto mille
domande a cui lei non sarebbe mai stata abbastanza pronta per
rispondere.
«Piccola, non sai
quanto mi sei mancata...» Un forte odore le
invase le narici e per un attimo si scostò per quanto fetore
emanasse; puzzava di alcol e di... sesso.
Ormai da mesi, Adam, usava la scusa del lavoro e dello studio per
liquidarla a casa, da sola, mentre lui se ne andava in un qualche pub a
scolarsi infiniti boccali di birra e a sbattersi donne nel bagno.
Troppe volte litigavano per via di quel motivo e troppe volte si
ritrovavano a far l'amore nel loro letto, nella stanza che si sono
costruiti insieme quella volta che decisero di andare a vivere come una coppia.
E tutta la rabbia si frantumava, tutta l'irritazione passava, e il
motivo del litigio nessuno dei due se lo ricordava; ma lei
sì, lei non avrebbe mai dimenticato le notti passate tra il
freddo e le lacrime, da sola,
sul divano a guardare qualche film drammatico con una sola coperta.
Se lui le fosse entrato dentro, nel proprio cuore, sarebbe stato
sorpreso di quanto rancore e delusione provasse, probabilmente avrebbe
cambiato il suo atteggiamento strafottente e troppo indipendente, ma
fin'ora, tutto quello che Jessie riceveva, non era amore, ma sesso.
«Anche tu...»
Riuscì a trattenere tutto quel dolore, ritirò le
lacrime indietro e un nodo strinse talmente forte la gola da farle male.
Un dolore che non aveva niente a che vedere con quello che provava
internamente, con le continue lacerazioni che il cuore doveva
continuare a subire e non avrebbe mai spesso, con il continuo pensiero
che nessuno l'avrebbe accettata per quella che era, ma solamente per
quello che faceva.
Rientrarono e si sedette sul divano mentre lui si spogliò
della giacca e della maglietta, sedendosi pesantemente di fianco alla
ragazza; le cinse la vita e la strinse a sé, regalandole un
bacio sul capo.
Sentì un sospiro stanco arrivare dalle labbra di lui, ma non
ci fece troppo caso; i suoi occhi erano persi nel vuoto, sembrava
completamente incosciente. Prese un respiro e tornò alla
realtà, spostando gli occhi verso l'uomo al suo fianco che
la stringeva donandole quel calore che le mancava da fin troppo tempo.
«Devi aver lavorato
tanto...» Adam
notò il tono sarcastico, ma era troppo spossato per poter
rispondere vivamente a quella battuta.
Si limitò ad annuire con un semplice cenno del capo e un
sorriso - seppur debole - animò il suo volto accennato
appena dalla barba che stava ricrescendo; ma Jessie non ebbe reazioni,
tornò a guardare lo schermo nero della televisione: c'erano
loro due, abbracciati. Ci si poteva specchiare. E ancora una volta,
capì che non era Adam colui che voleva al proprio fianco.
Lasciarla lì, sulla soglia del pianerottolo di casa, fu per
Daniel uno sforzo immane.
E, proprio quando capì che nella sua vita ciò che
si lascia è destinato a perdersi, fu spinto impetuosamente a
cambiare rotta e a correre verso di lei, la sua unica certezza.
passo dopo passo, perdeva un battito e si costringeva ad ansimare per
non perdere il ritmo.
Arrivò in meno di dieci minuti, bloccandosi con il fiato
corto sul ciglio della strada, spaesato e spossato.
Adam era rientrato e quella sua unica
certezza si era chiusa la porta alle spalle, lasciandolo
solo, preda del freddo e della pioggia che gli rianimava il volto e
disinfettava le ferite. Deglutì nervosamente ed
annuì tra sé, lasciando che l'acqua spazzasse via
qualsiasi ricordo o contatto legato a Jessie.
Era una follia credere di poter ottenere così facilmente la
donna che amava da anni, eppure non riusciva a far altro che a
ripetersi, forse erratamente, che era la scelta giusta per lei,
per lui, per loro.
Fece dietrofront e, con le mani chiuse in pugni dentro le sacche del
jeans fradicio, si incamminò senza alcuna meta verso il
centro di Londra. Qualcuno lo riconobbe, qualcuno lo evitò,
ma Daniel non vi vece neppure caso, vittima di quello stato passivo in
cui amava crogiolarsi.
Non era un tipo impetuoso e non amava le grandi dimostrazioni in
pubblico, ma per Jessie, pensò, avrebbe fatto un eccezione.
Capitò in un bar all'angolo di Oxford Street e
barcollò, seppur sobrio, verso il bancone. La barista lo
riconobbe, ma non disse nient'altro se non «Qualcosa di
forte, vero?», e lui si limitò ad annuire.
Un cicchetto di whisky seguito da due birre lo sconvolsero a tal punto
da fargli rimettere ciò che precedentemente aveva ingerito,
fuori dal locale.
Una mano l'adagiò sulla pancia, pulendosi le labbra con la
manica della giacca, che quasi impercettibilmente odorava ancora di
lei, come fosse impregnata del suo profumo. Quest'ultimo particolare
non fece che spaventarlo,
tanto da iniziare a correre verso Hyde Park, scavalcare l'inferriata e
stendersi a pancia in su, con il capo chino di lato.
Contò le stelle, sbattendo le palpebre per la stanchezza a
cui era andato inevitalmente in contro nell'ultima ora.
Bastò qualche battito di ciglia a fargli perdere i sensi a
lasciare che, piano piano, si abbandonasse al sonno, troppo stanco
anche solo per sognare.
Angolo
autrici: finalmente siamo riuscite ad
aggiornare e la cosa è stata molto più lunga del
previso e dovremmo farlo al più preso anche con People
on a wire.
Questo capitolo è stato più lungo del previso e
sinceramente ne siamo più che soddisfatte. Bene... Se siete
arrivati fino qui, meritate un biscottino.
Con questo, fateci sapere con una recensione e se abbiamo sbagliato
qualcosa, magari la distrazione, oppure errori vistosi!
-irishpower
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