- Ciao
ragazze & ragazziii! Allora, questo è un mio nuovo
progetto che ho in mente. Tutto frutto della più sfrenata
fantasia!
- Non
so se proseguirla perchè... per varie ragioni ecco. (Ok,
sono troppo insicura per andare avanti senza di voiii
ç_ç, lo ammetto). Se ti piace questo inizio, ti
prego, fammelo sapere! Se la storia piace la continuerò
proprio come ho in mente muahah :3
- Cammino
lentamente, il rumore dei miei passi è accompagnato
da una leggera pioggerellina. Il cielo è grigio e nuvoloso,
le strade deserte e silenziose. Il vento d'autunno mi incalza a
proseguire più velocemente, sono quasi arrivata a
destinazione. Uno strano brivido mi percorre la schiena, mi sento
come... osservata da qualcuno. Volgo lo sguardo a destra e a sinistra
ma non c'è nessuno, sono sola.
- Pochi
minuti dopo arrivo a casa, è una piccola abitazione
vicina al fiume. Non appena mia madre li vide, si innamorò
di quell'acqua limpida, degli alberi verdi e della
tranquillità e pace di quel posto. Ci trasferimmo quando ero
molto piccola, mia madre non ha mai amato le grandi città,
le folle, e in generale la gente. A volte sembra quasi voglia tenersene
il più possibile alla larga. La casetta del fiume era
ciò che faceva al caso suo. Ci viviamo da sole.
- Non
ho mai conosciuto mio padre, l'unica cosa che ho di lui
è una fotografia un po' sciupata, mi teneva fra le braccia
amorevolmente, come solo un padre sa fare, sorridente, gli occhi velati
di malinconia.
- E'
scomparso quando ero molto piccola, la polizia non è mai
riuscita a trovarne le tracce e il caso, ormai a distanza di
diciassette anni, è ancora aperto.
- Nonostante
non l'abbia mai conosciuto, mi manca. E' come se una parte
di me lo conoscesse.
- «Mamma,
sono a casa.» Richiudo la porta d'ingresso
dietro di me, sbattendola. La casa è silenziosa.
- «Mamma?»
- Attraverso
il corridoio e raggiungo la cucina. Il solito profumino che
tutti i giorni mi invade le narici quando torno da scuola, il rumore
della mamma affaccendata a preparare il pranzo, oggi sono assenti.
- Non
ricordo che mi abbia detto di dover uscire.
- Mi
siedo sul divano, in attesa.
- Non
sono molto in pensiero, mia madre è una donna forte,
indipendente. Si è sempre arrangiata da sola. Le vicine si
sono offerte di farmi da babysitters quando ero piccola, di andare a
comprarle il pane, lei, rifiutando gentilmente, ha mostrato a tutti il
suo lato duro. E' sempre stata felice, anche se sola. Da lei ho preso
tanto, il colore dei capelli e i lineamenti del naso e degli zigomi, ma
anche il carattere forte.
- L'improvviso
rumore che proviene dalla mia camera mi desta di
soprassalto, mi alzo in piedi spaventata.
- E'
un rumore di passi, poi di cassetti e armadi che si aprono, qualcosa
cade a terra e poi altri passi. Non può essere mia madre,
essendo lei infinitamente calma, paziente e delicata.
- Il
più silenziosamente possibile mi dirigo verso la cucina e
afferro il primo coltello che trovo, in preda all'agitazione. Mi dirigo
cauta contro la porta dietro la quale qualcuno sta cercando, senza
ombra di dubbio, di derubarci. Apro la porta di scatto, punto il
coltello.
- Una
testa si gira sorpresa, poi uno scatto e la mia unica arma
è per terra. Mi ritrovo spiaccicata alla parete, il respiro
mozzato, la gola secca e stretta in una morsa di dolore.
- Il
mio polso è bloccato da un braccio forte e muscoloso. Il
mio corpo è schiacciato contro quello di qualcun'altro. Quel
qualcun'altro si rivela essere un ragazzo, probabilmente sulla ventina.
E' così giovane e bello per essere un ladro che quasi mi
dispiace per lui.
- «Ti
dispiace per me, Emily? Non credi che forse sia io, a
dispiacermi per te?» smetto di respirare.
- «C-come
conosci il mio nome?» chiedo con un filo di
voce. La sua mano stretta intorno alla mia gola mi mozza il respiro, mi
gira la testa e un forte senso di nausea mi assale.
- Una
risata glaciale.
- «Me
lo stai davvero chiedendo, Emily? Non mi
riconosci?» la sua voce è forte, dura, malvagia.
«Smettila con questi giochi, tu sai di cosa ho
bisogno!» la sua stretta si fa più forte, cerco di
tossire ma non ci riesco. Penso a dove siano i soldi. La mamma li tiene
in soffitta, in un cassetto chiuso a chiave.
- La
mia vista si offusca, sto per morire, lo so.
- Mi
è capitato, un paio di volte, di riflettere
sulla morte. Mi vedevo anziana, in una bella casa, con una famiglia.
Non avrei mai pensato di morire giovane, per mano di un malato mentale
che cerca di derubarmi.
- «Malato
mentale?! Pensalo di nuovo, se hai il
coraggio!» il suo volto è furioso. «Non
è stato facile abbattere tuo padre, perlomeno pensavo che
avresti preso da lui. Invece mi ritrovo fra le mani una mocciosa a dir
poco inutile. Muori.»
- Non
respiro più da qualche secondo, mi ha quasi strangolato,
le lacrime mi rigano numerose le guance, quando all'improvviso la porta
si spalanca e mia madre compare.
- «Lasciala
andare!» le sue mani emanano una strana
luce azzurrina. Subito la morsa mortale delle sue mani si scansa, come
scottato.
- Io
cado a terra, svenuta.
- Apro
gli occhi.
- Sono
sdraiata nel mio letto, la mia stanza è illuminata dal
sole che si affaccia alla mia finestra, già alto nel cielo.
- Mi
metto a sedere. Sono le 10:30 e io mi sono appena svegliata
dall'incubo più reale che abbia mai avuto. Mi sento ancora
le sue mani sulla gola, che stringono forti. Il mio respiro spezzato,
le lacrime umide sulle guance.
- Esco
dalla mia camera e vedo mia madre, intenta a riempire due enormi
borsoni, frettolosamente, correndo di qua e di là, in preda
all'ansia.
- «Mamma,
va tutto bene?» chiedo, «Che cosa
stai facendo?»
- «Tesoro,
dobbiamo andarcene da qui.»
- Non
si ferma a guardarmi come al solito, ad abbracciarmi.
- «Mamma,
mi vuoi spiegare che succede?!»
- «Non
ti ricordi nulla...?» finalmente si ferma, in
mano ha un paio di pantaloni vecchi che non le vedo indosso da anni.
- «Ricordare
cosa? L'unica cosa che so è che mi sono
appena svegliata da un terribile incubo e che tu stai facendo le
valigie per qualche strano motivo che non mi hai ancora
rivelato!»
- Posa
i pantaloni sul letto, poi sospira.
- «Quello
di ieri non era solo un incubo. Quel ragazzo...
esiste davvero.»
- Mi
impietrisco. Mia madre mi ha appena rivelato che quel ragazzo dai
capelli neri che ha cercato di uccidermi esiste davvero.
- Non
ribatto, non so cosa dire. Mi sembra una situazione troppo assurda
da credere, ma mia madre, di fatto, ha parlato di un ragazzo. Io non le
ho rivelato questo particolare.
- Che
sia successo davvero? La possibilità di questa nuova
realtà mi si rovescia addosso come una secchiata d'acqua
gelata.
- Cerco
di ricordare le mie ultime 24 ore. Mi sembra impossibile che
possa essere avvenuta una cosa del genere.
- «Siediti,
Emily. E' il momento che io ti parli di alcune
cose.»
- «Quali
cose, mamma? Adesso mi sto davvero spaventando! Che
diavolo sta succedendo?» mi siedo velocemente accanto a lei,
guardandola ansiosa, aspettando con impazienza che si decida a parlare.
- Lei
mi guarda, come in attesa di qualcosa. Sembra nervosa, si sta
trattenendo.
- «Si
tratta di tuo padre» dice infine.
- «Mio
padre?» le chiedo confusa.
- «Sì,
Adam. Tuo padre. C'è qualcosa che
devi sapere su di lui» mi spiega, ora un po' più
calma e confidente.
- «Tuo
padre non è scomparso. Se n'è
andato.»
- La
guardo confusa, senza capire bene.
- «E'
una persona molto speciale. Ti ha sempre voluto un gran
bene... e te ne vuole ancora.» Si interrompe un secondo, poi
prosegue.
- «Ho
conosciuto tuo padre due anni prima che tu nascessi. Ho
sempre notato una diversità, in lui. Inizialmente pensavo
fosse perchè mi ero invaghita di lui, sai, avevo appena
finito gli studi e cominciato un nuovo lavoro, era un periodo
importante per me, e quando è arrivato tuo padre... ha
sconvolto tutto. Ci siamo innamorati, ha preso il mio cuore come mai
nessuno aveva fatto. Ho passato i due anni più belli della
mia vita, con lui. Fino a quando mi ha rivelato cosa fosse realmente.
So che ti sembrerà assurdo, all'inizio non ci crederai, ti
sentirai tradita dalle verità che ti sono state nascoste,
abbiamo dovuto farlo per te, Emily.» lo sguardo che mi
rivolge è pura tristezza. «Tuo padre è
un Angelo Bianco.»
- «Ok,
credo di averti persa quando hai pronunciato le parole
Angelo e Bianco. Che cosa stai dicendo? Che è
morto?»
- «No.
Gli Angeli Bianchi fanno parte del più alto
livello gerarchico mai esistito sulla terra. Sono vivi. Sono in mezzo a
noi. Ci proteggono.»
- «Che
cosa intendi con "ci proteggono"?»
- «C'è
chi crede negli Angeli, c'è chi
no, e poi c'è la verità, che è basata
su fatti concreti, realtà assoluta, inattaccabile: Gli
Angeli esistono. Sono in mezzo a noi, ci proteggono dalla
malvagità, ci pongono davanti a scelte difficili e ci
preparano, incosciamente, a diventare più forti. Anche se
noi non ce ne accorgiamo.» la sua espressione è
seria. Nessuna traccia di ironia, o di un qualche tipo di scherzo poco
divertente. Il suo volto è talmente serio che quasi ci
credo.
- «Q-quindi,
presumiamo che questi Angeli esistano veramente,
mi stai dicendo che esistono anche i diavoli, o i demoni?»
- «No.
Esistono gli Angeli Neri, quelli malvagi. La conosci la
leggenda di Lucifero, no? L'angelo caduto dal cielo e sprofondato nelle
viscere più profonde della terra. Diciamo che la leggenda
è stata tramandata oralmente per molti anni, quindi
è stata modificata nel tempo. Non è che Lucifero
si trovi fisicamente al centro della terra.» Sorride, quando
vede che non ricambio si fa sull'attenti e ritorna seria.
- «So
che avrai molte domande da pormi, in questo momento.
Perchè non andiamo a preparare il pranzo insieme,
così potrò chiarire ogni tuo
dubbio.»
- La
mia mente è annebbiata, sono in uno stato di confusione
psicologica. Tutta la realtà che conoscevo fino ad oggi si
è appena rivelata incompleta, parziale.
- «Chi
è mio padre? Perchè ha dovuto
lasciarci? E chi era il ragazzo di ieri?»
- «Tuo
padre è un grande Angelo Bianco, uno dei
più leali, fedeli e corraggiosi Angeli. Molti anni fa, ha
giurato fedeltà a uno delle più grandi e potenti
creature celesti mai esistiti, Nathanael. Egli non è un
semplice Angelo, è un Serafino, il più alto
Ordine Celeste, primo fra i tre grandi ordini gerarchici degli Angeli.
Il loro fu un patto di sangue molto potente. Nathanael donò
il suo sangue ad Adam, tuo padre. Il sangue di Serafino è il
più grande potere, la più potente arma celeste
che esista concretamente. Per questo ieri quell'Angelo Nero era qui.
Era alla ricerca di qualche indizio, pensano che tu sia coinvolta.
Vogliono impossessarsene. Per questo motivo io sono qui, ti devo
proteggere, a costo della vita.»
- «Perchè
vogliono me? Io non ne so nulla. Ho appena
scoperto che mio padre è un...» mi fermo.
Pronunciare quella parola significa ammettere la loro esistenza. Non
sono sicura di volerlo fare.
- «Puoi
dirlo, mica succede qualcosa.» ride mia madre.
- «Un
Angelo.»
- «Pensano
che tu sia coinvolta.»
- «Ma
che cos'è questo grande potere, quest'arma? E
dov'è?» chiedo io, riflettendo.
- «Le
mie conoscenze si fermano qui, io sono solo umana, tuo
padre mi ha privato di questa conoscenza perché gli Angeli
possono leggerci nella mente, nell'anima. L'avrebbero già
ottenuta.»
- Rifletto
sulle sue parole. Mi immagino mio padre, il suoi lineamenti.
Estraggo la sua fotografia dal mio portafoglio e la osservo,
sfiorandogli il viso con un dito. Non mi sembra un Angelo, mi sembra un
normale essere umano.
- «Hai
i suoi stessi occhi blu.» dice mia madre, in
preda alla commozione, asciugandosi il viso.
- «...Posso
conoscerlo?»
- «Fidati
di me, quando sarà il momento si
farà vivo lui.» Mi sorride ora lei, preda di
chissà quali pensieri felici.
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