Le
Mille Linee Delle
Lunghezze d'Onda
Capitolo
11
«...
C'è una cosa che devi
vedere», aveva sussurrato Maka.
Soul
rimase immobile,
esattamente in mezzo al piccolo corridoio creato dagli scaffali della
biblioteca, preso da una leggera claustrofobia.
La
Technician aveva la faccia
di una che aveva commesso un omicidio e lui aveva
l’impressione che stavolta
non si trattasse di una semplice scenata. Questa volta non avrebbe
affrontato
la sua depressione per un test andato "male" - avrebbe voluto
ammazzarla quando si era lamentata di quel 99/100 - o la sua rabbia per
le
volte in cui aveva trovato la costa dei suoi libri di brossura spaccati
in più
punti… proprio da lui.
«Ho
detto che riesco a
controllare il mio sangue nero», continuò lei,
deglutendo, e lui perse il filo
dei suoi pensieri, catturato dall'espressione tesa della Tech.
Maka
stese il braccio destro,
chiuse gli occhi.
Iniziò
dalla punta dai
polpastrelli: il nero si stese come un guanto di colore lungo le dita,
inghiottendo la mano, ricoprendo il polso, vestendo una parte del
braccio
sottile.
Soul
pensava fosse tutto, poi,
dopo una smorfia di dolore, le unghie di Maka si allungarono in artigli
che si
fusero con le dita e che crebbero leggermente ricurvi, arrivando a
sfiorare il
pavimento.
Non…
non era possibile che la sua
infezione si fosse
estesa così tanto. Nemmeno lui era in grado di fare qualcosa
del genere, e lui
era stato infettato in modo diretto, una cicatrice che gli tagliava in
diagonale il torace glielo ricordava ogni santo giorno!
A
cosa era servito sacrificarsi, se non aveva potuto
limitare i danni?!
«...
Secondo Stein potrebbe
essere iniziato tutto durante una battaglia. Dovevamo essere stati
feriti
entrambi e il nostro sangue deve essere entrato in contatto. La
sincronizzazione ha fatto il resto. Da quella volta, ogni volta che
sincronizzavamo le anime, il sangue nero nel mio corpo reagiva, e
più tu lo
usavi a nostro vantaggio più io diventavo
sensibile».
Maka
non lo aveva guardato
negli occhi per tutta la spiegazione, lasciando trasparire soltanto una
traccia
di dolore dal modo in cui si stava tenendo stretta lo stomaco con il
braccio
sano, come avesse paura di andare in pezzi da un momento all'altro.
La
ragazza ebbe un brivido che
partì dalle dita nere.
«...
La situazione è peggiorata
quando ho iniziato a stare con Zoey, lei non riesce a controllare il
sangue
nero. L'infezione non è mai realmente aumentata, ma sospetto
di aver risentito
così tanto della vicinanza che anche se la mia infezione era
minima ha finito
per diventare di un genere molto più potente».
Soul
non riuscì più a staccare
gli occhi da quegli artigli. Qualcosa, e sapeva benissimo cosa, era attirato da quelle lame
affilate. Lui, invece, ne era
ripugnato. Era colpa sua. Era tutta colpa
sua.
«Avrei
dovuto dirtelo subito,
non appena ti ho visto», singhiozzò lei,
passandosi il braccio sano sulla
faccia, nascondendogli per un secondo gli occhi. «Ma se Kidd
lo scopre, non ci
permetterà mai di tornare insieme».
«Maka…»,
la chiamò, senza
sapere nemmeno perché, facendo un passo nella sua direzione.
«Fermo!»,
esclamò lei, salvo
poi tapparsi subito la bocca con la mano.
Soul
si bloccò.
Restarono
in silenzio, in
attesa. Erano in una biblioteca, in fin dei conti, anche se talmente
arroccati
e nascosti che ci avrebbero messo un po’ a trovarli e a
riprendere il loro
comportamento inappropriato. Non che a lui fregasse un accidente. Fosse
stato
per lui, in quel preciso momento avrebbe sfasciato ogni cosa fosse a
portata di
falce.
«Fermo»,
ripeté lei, sottovoce.
«Questo sangue nero genera onde di pazzia altamente
instabili. Non posso sapere
che effetto potrebbero avere su di te».
«Beh,
meglio scoprirlo adesso
che davanti a Kidd», le fece presente con una
lucidità con cui sorprese anche
sé stesso, e più deciso che mai si
avvicinò.
«Soul…».
Lo stava davvero
mettendo in allerta?
Le
si fermò a un palmo dal
naso. Il braccio con gli artigli le tremava.
«Come
fai a fermarlo?», respirò
il ragazzo.
Aveva
i polmoni stretti in una
morsa, la voragine che si allargava ogni secondo di più e
una nenia insopportabile
in testa: il suono della loro sincronizzazione.
«Di
solito mi ci vuole
parecchia concentrazione. Con la forza di volontà posso far
regredire la
pazzia», spiegò lei, con un volume di voce
talmente basso che lui dovette
piegare la testa in avanti per sentirla. «Oppure basta che
Zoey mi tocchi. Le
mie onde anti-magia si attivano di riflesso, e fermano anche il
mio…».
Soul
le afferrò il polso, di
scatto, prima che lei potesse ritrarsi e scappare ancora.
Sentì esplodere
qualcosa dentro le vene, di ghiacciato e poi bollente, la pazzia
vecchia nemica
che infuriava all'improvviso e le onde anti-magia di Maka che
combattevano per
mantenerlo lì con lei.
Si
fissarono.
Avrebbe
ringraziato tutti i
numi dell’universo quando fosse stato solo, poco ma sicuro.
«…
Visto?», le disse,
sorridendo a fatica. «Stesso effetto. Probabilmente anche
più rapido, visto che
io e te siamo stati sincronizzati completamente».
Maka
era sconcertata.
Pallidissima. «Funzionerà...»,
mormorò. Un attimo dopo, con un sorriso un po’
folle, ripeté: «Funzionerà».
«Certo
che funzionerà»,
concordò Soul, senza lasciarle il polso. Doveva toglierle
quell’espressione
dalla faccia. Non le si addiceva neanche un po’.
«Siamo io e te, come potrebbe
non funzionare?».
Gli
occhi della Tech
diventarono lucidi. Il tono che gli era uscito era molto più
dolce e molto meno
strafottente di quanto non avesse voluto.
Il
brontolio del suo stomaco
riuscì dove lui aveva fallito, riportando entrambi a una
realtà molto più
pratica e meno preoccupante.
«Ritorniamo
in mensa», Maka
rispose con un cenno di assenso alla domanda che non le aveva posto,
ora con un
sorriso molto più umano a rasserenarle il viso.
Le
lasciò il polso per
permetterle di asciugarsi la faccia.
Da
quel momento in poi, Soul
non le staccò gli occhi di dosso. Temeva che lasciando Maka
un altro minuto da
sola avrebbe iniziato a pensare, a ragionare e poi a rimuginare,
finendo in
chissà quale circolo vizioso di logica masochista la cui
conclusione postulava
l'assoluta necessità di far rimanere lui all'oscuro di tutto
quello che le
stava capitando.
Quindi,
nello stesso modo in
cui non riuscì a non lanciarle continue occhiate di
sottecchi mentre
ripercorrevano i corridoi per tornare in mensa, così tenne
le antenne ben ritte
mentre Maka conversava come niente fosse con Zoey e con il fratello
imbecille.
Che imbecille Milo doveva esserlo davvero, visto che era arrivato a
chiedere
alla Tecnichian se stava bene, quando si vedeva lontano chilometri che
lei
stava cercando di evitare a tutti i costi ogni genere di riferimento a
ciò che
era appena accaduto. Non gli aveva ancora tagliato la testa
perché sapeva che
Maka se la sarebbe presa a morte, senza contare il danno che avrebbe
arrecato
alla falce mocciosa, la quale in fondo non gli stava nemmeno troppo
antipatica.
Gli ricordava Maka da piccola.
Non
riuscì a restare calmo
nemmeno per le due ore successive, mentre gironzolavano per la scuola,
in
esplorazione con Zoey, ormai decisa più che mai a iscriversi
alla Shibusen, e
seguiti a ruota da Milo, sempre più frantuma-palle.
La
mattina le era parsa
determinata a tentare la sincronizzazione, ma cosa avrebbe fatto nel
momento in
cui si fosse resa conto di quanto potesse essere forte la pazzia?
Quante
probabilità c'erano che Maka finisse per arrendersi?
Non
le avrebbe permesso di
arrivare a quel punto, e non le avrebbe permesso di affrontare il
sangue nero
da sola. Nessuno meglio di lui poteva sapere quali effetti avesse, e
anche se
l'infezione di Maka era stata colpa sua, il minimo che potesse fare era
darle i
mezzi per proteggersi dalla pazzia, da dovunque provenisse.
Con
quei pensieri era riuscito
a trovare la determinazione di agire che gli mancava da un po', e senza
la
quale probabilmente non si sarebbe mai davvero presentato al campo di
allenamento con lei.
Kidd
arrivò in uno svolazzo di
mantello allo scoccare delle quattro, esattamente all'ultimo rintocco
della
campana della Shibusen che segnava la fine delle lezioni.
«Finalmente
siete puntuali!»,
commentò, leggero, lo Shinigami, seguito dalle sue Weapon.
«È andato tutto
bene?».
Soul
lanciò uno sguardo a Maka,
e ne trovò gli occhi; si era voltata anche lei a guardarlo.
La sua espressione
era insondabile.
«Sì,
tutto bene», si assunse
lui la responsabilità di rispondere, con un tono volutamente
distratto.
Se
proprio dovevano mentire,
tanto valeva che lo facesse lui, sicuramente più abituato di
lei a mascherare
la verità.
«Maka?»,
la interpellò Kidd.
Quella
richiesta di conferma
diede particolarmente fastidio a Soul.
«C'è
scappata una litigata...
Ma nulla di preoccupante», rispose lei, simulando una stizza
facilmente
riconducibile alle loro discussioni stupide, di quelle che costruivano
solo per
non farla spuntare all'altro.
Maka
doveva aspettarsi la
domanda, probabilmente: se Kidd l'avesse davvero colta di sorpresa,
come minimo
sarebbe arrossita. E invece era stata talmente convincente da stupire
persino
Soul.
«Bene»,
lo Shinigami si
rilassò, ignaro dei fatti. «Manca solo il dottor
Stein, e poi potete
cominciare».
«Come
mai stiamo aspettando il
professore?», chiese Maka.
«Voglio
avere un quadro più
chiaro possibile delle vostre anime, mentre vi
riavvicinate...».
A
Soul stavolta scappò una
smorfia: non era riuscito a dissimulare per una seconda volta il
fastidio. Non
gli piaceva venire controllato mentre faceva qualcosa di tanto delicato
e
incerto come sincronizzarsi con la sua Tech. Era una cosa tra di loro.
Tra loro
due.
«Scusate
il ritardo... Jack
stava facendo un po' di capricci». Stein, apparso come sempre
dal nulla, stava
fumando una sigaretta. Dalle piccole rughe d'espressione sulla sua
fronte, non
era molto tranquillo. «Direi che possiamo
cominciare?».
Un
cenno di assenso dello
Shinigami e Stein assunse il comando. «Maka, gentilmente,
liberati dal Soul
Protect. Non penso sia necessario mantenerlo ancora...».
«Certo»,
annuì lei, senza
esprimere emozioni né dal tono di voce, né con il
viso.
Soul
si concentrò sulla
percezione della sua anima.
Da
che si erano ritrovati,
aveva captato l'anima di Maka a flutti deboli silenziosi, ma a poco a
poco si
trovò investito da un gigantesco tsunami.
Era
diventata più forte. Molto
più forte, e intensa, e devastante.
L'anima
di Maka aveva sempre
avuto un afflusso particolare su di lui, un richiamo irresistibile,
quasi come
se lui fosse una falena e lei un faro in una notte di buio pesto.
Averla vicina
non solo aiutava Soul a rilassarsi, ma lo costringeva a tirar fuori il
meglio
di lui, soprattutto quando lui non era nelle condizioni per
perseguirlo, quel meglio.
In
quel preciso momento era lo
stesso. Forse erano cambiati, forse non erano più loro e lui
continuava a non
vedere la sua anima, ma la sentiva,
e
proprio come aveva fatto in biblioteca si avvicinò a lei.
Stavolta, senza
muovere un passo, senza spostarsi di un centimetro, perché
l'anima di Soul si
allungò istintivamente verso di lei, agganciandola. Il
flusso aumentò di
intensità, attivando lo scambio di informazioni che avrebbe
processato soltanto
dopo giorni, settimane, mesi. Forse mai. C'erano stati atteggiamenti di
Maka
che non capiva, ragioni profonde e idee a cui non riusciva ad accedere,
ma di
una cosa era sicuro: lei era lei. E
nessuna, mai, avrebbe potuto prendere il suo posto.
Strizzò
gli occhi, dolorante.
Perché
gli pareva che ogni osso
si fosse tramutato in gelatina?
«Soul..?».
Obbedì
al richiamo della sua
Meister, sollevando le palpebre.
Il
viso di Maka era sopra di
lui, preoccupato. Oltre di lei, pareva esserci solo nero.
Il
faro nel buio.
«Stai
bene?», gli domandò.
Lui
abbozzò un mugugno di
assenso, sollevando la schiena e mettendosi seduto. «Dove
siamo?».
«Non
lo so», rispose lei,
guardandosi intorno. «Non sembra la Dark Room».
Al
solo accennare quel luogo,
l'ambiente intorno a loro iniziò a tremare.
Si
tirarono in piedi in un
solo, rapido movimento, aiutandosi a vicenda, e si coprirono le spalle,
mettendosi al contempo in posizione di attacco.
Soul
aveva già sfoderato la
lama della falce quando iniziò a capire di che cosa si
trattava.
Le
linee fino a poco prima
fumose presero definizione e consistenza. Erano in una grandissima
stanza nera
dal pavimento lucido e altrettanto livido, con un numero infinito di
porte
laccate di rosso.
«Queste
sono tutte porte per
entrare nella Dark Room?», le riconobbe anche lei.
«Perché ce ne sono così
tante?».
«Non
lo so».
Non
sapeva esattamente cosa
fosse successo quando il sangue nero aveva dilagato indisturbato,
così come non
sapeva se il diavoletto che abitava la Dark Room fosse ancora
effettivamente
lì. Negli anni, le poche volte che si era permesso il lusso
di rifletterci
sopra, aveva pensato che se ne fosse andato -
dopo la partenza di Maka non lo aveva più
sentito parlare - ma ora che
lei era tornata Soul aveva ricominciato a sentire i tipici brividi che
accompagnavano il momento in cui si lasciava sfuggire la situazione di
mano,
accogliendo la pazzia.
Cosa
che,
a costo di morire, non
avrebbe mai più permesso.
«Dobbiamo
provare ad aprirne
una», dichiarò Maka.
Si
mossero verso destra, in
direzione della parete più vicina, scegliendo una porta
senza bisogno di
mettersi d'accordo.
La
vibrazione che scuoteva
l'aria non prometteva nulla di buono, e aumentava man mano che
raggiungevano la
porta. Il ronzio divenne così alto nei pressi della porta,
che Soul divenne
paranoico. Bloccò Maka quando lei fece segno di volersi
mettere in prima linea.
«La
apro io», dichiarò, duro.
«Stai dietro di me».
Attese
che lei si facesse da
parte, ignorando la fulminata che gli aveva lanciato.
Maka
poteva essere tutto,
tranne che stupida. Sapevano entrambi che quello doveva essere un
territorio
dell'anima di Soul, e che sarebbe stato più sicuro che fosse
lui a parare i
primi colpi, se ne fossero arrivati.
La
Tech chiuse gli occhi, evocò
gli artigli neri e accennò affermativamente.
La
Weapon afferrò bruscamente
la maniglia, tenendo sollevata la lama della falce per mantenere una
difesa
alta.
«Pronta?»,
sibilò.
«Quando
vuoi», replicò lei. Lo
sentiva dal tono che aveva la mascella serrata dalla concentrazione.
«Al
tre aprirò del tutto la
porta», annunciò, perché si preparasse
al meglio.
«Va
bene».
«Uno...».
«Due».
«...
Tre».
Ma
fu lui, a rimanere
interdetto, mentre un muro di mattoni rossi ricambiava innocente il suo
sguardo.
Poi,
solo il suono schioccante
di un elastico, le ossa che erano tornate gelatina, e prima che
potessero
reagire, furono sbalzati via.
Riaprì
gli occhi un attimo
dopo.
Erano
ritornati alla Shibusen.
«Cosa
è successo?!», esplose
Maka, dando voce anche ai suoi pensieri.
«...
Vi siete sincronizzati...
e dieci secondi dopo, vi siete respinti a vicenda», rispose
Stein, con gli
occhi socchiusi nello sforzo di studiarli, probabilmente.
«Cosa?!»,
sbottò Maka, perdendo
del tutto ogni minima traccia del contegno che aveva mostrato prima di
iniziare
la sincronizzazione. «Ma non è successo niente!
Non stava succedendo niente!
Era tutto tranquillo!».
«...
Forse stiamo correndo
troppo», considerò Kidd, dopo aver analizzato i
loro volti. «Non riuscite a
controllare le vostre anime quando siete l'uno nei pressi
dell'altra».
«Ma
Shinigamisama..!».
«Maka,
ha ragione». Soul
abbassò la punta della falce e la ritrasmutò in
braccio. Lo schiocco che aveva
sentito era stato identico a quello con il quale si era desincronizzata
da lui,
con la strega Mirona. «Lasciamo perdere, per...».
Non
conclusa la frase perché
finì a terra, con un dolore inaspettato che si diffondeva
rapidamente dalla
parte sinistra del volto al resto della faccia. Si sentì il
sangue in bocca.
Che
diamine..?!
Gli
aveva tirato un cazzotto di
una furia inaudita!
«Finiscila
di fare la
vittima!», Maka gli urlò contro non appena
rialzò lo sguardo, sbalordito e
dolorante. «Sei una Weapon, l'ultima Death Scyte dello
Shinigami, e se ci sono
riuscita io a tenere a bada la
pazzia, puoi riuscirci benissimo anche tu!».
Colpito
e affondato.
Letteralmente.
«Makasan...»,
tentò di
intervenire Stein, ma la Technician era già partita in
quarta, in direzione del
bosco, evidentemente troppo infuriata per fare caso ad
alcunché.
«Non
ha perso nemmeno la vena
violenta, vedo...», sospirò Kidd, scuotendo la
testa affranto.
«Ne
avevate qualche dubbio,
Shinigamisama?», fece Stein, neanche tanto sottilmente
ironico.
«Vado
a recuperarla», borbottò
Soul, facendo perno su una mano per rimettersi in piedi.
«Datemi solo qualche
minuto».
Dunque. Ok.
Cioè, no, ok un corno! Le scuse, prima di tutto.
Non voglio
guardare quanto tempo è passato dall'ultimo aggiornamento
perché
fondamentalmente so che ne è passato veramente troppo;
ovviamente io e le mie
promesse di essere puntuale e mantenere gli aggiornamenti regolari sono
andati
a farsi f… friggere.
L'unica cosa
che posso dirvi è che mi spiace da morire; questa estate
è stata abbastanza
frenetica e esami, novità nella mia finora inesistete vita
sentimentale e
novità in casa hanno scombussolato me e la mia ispirazione.
Spero possiate
essere comprensivi, chiedo perdono in ginocchio in tutte le lingue che
conosco
(ne conosco cinque, vale qualcosa?), e cerco di rincuorarvi con l'idea
che,
succeda quel che succeda, andrò avanti
è.é
Vi
farà
piacere sapere che è arrivato il momento di recuperare un
giro che ho perso
all'inizio della fic, tra il capitolo 3 e 4: il prossimo capitolo
è un altro
Soul-POV! Non avrete davvero pensato che mi sarei limitata a guardare
questi
due disgraziati perdere il controllo della prima sincronizazzazione
senza
spendermi in dettagli molto più specifici... ;D
Grazie
mille a tutti quanti per leggere, seguire, preferire, commentare... man
mano
andiamo avanti diventate di più e io vi adoro tutti,
sappiatelo ^-^
Un
abbraccio!
- BBS
PS: che ne
pensate di questo capitolo? Almeno un po’ vi è
piaciuto? Fatemi sapere!
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