Capitolo 6
Moira camminò
a passo spedito per le strade, cercando di non sbattere contro le
persone e tenendosi ben stretta la borsa.
Le era capitato
poche volte di trovarsi in mezzo a tanta gente tutta assieme e quando
finalmente arrivò davanti al palazzo reale si sentì
decisamente stordita.
Chissà poi
cosa avesse a che fare quella ballerina con la famiglia reale di
Tipperly, proprio non era ancora riuscita ad immaginarlo.
Ricordava che la
ragazza aveva fatto il nome di un certo Benevito la prima volta che
le era apparsa sotto forma di rassicurante e niente affatto
inquietante fantasma.
Mise il piede sul
primo gradino con il cuore che aveva cominciato a martellarle nel
petto e si guardò intorno titubante.
Era un enorme
palazzo con migliaia di vetrate che riflettevano i raggi del sole e
la pietra grigia gli dava un aspetto troppo austero che a Moira non
piacque affatto.
Arrivata in cima
alle scale provò ad entrare facendo finta di non aver visto le
guardie.
“Ehi tu! Dove
credi di andare?” la voce di una delle due guardie le perforò
la nuca.
Okay, il suo era
stato un pessimo piano.
“Dovrei
incontrare il signor Benevito.” rispose lei senza scomporsi e
cercando di mostrarsi più calma possibile.
“Spero che tu
stia scherzando ragazzina. Si da il caso che tu ti stia riferendo al
consigliere del re, non ad una persona qualunque. Ce lo avrebbe detto
se aspettava qualcuno. Faresti meglio ad andartene e finire qui la
pagliacciata.”
La seconda guardia
annuì pienamente d'accordo con l'altra e guardando Moira con
sufficienza.
“Ma voi non
capite...è importante..devo, devo dargli un carillon, che in
realtà non è un carillon, ma è...”
Adesso la guardia
scoppiò a ridere: “Mi stai prendendo in giro?”
“No, io...”
“Vattene,
prima che prenda provvedimenti.” ripeté la guardia
facendo un passo verso di lei.
“Cosa sta
succedendo?” una terza voce giunse da dietro e Moira si voltò
di scatto ritrovandosi di fronte ad un uomo panciuto di mezz'età
con i capelli radi pettinati all'indietro e un paio di piccoli
occhiali rotondi sul naso.
“Ci dispiace
di averla disturbata consigliere, questa ragazza voleva vederla, ma
stiamo provvedendo a mandarla via.”
L'uomo sospirò:
“Va bene, fate presto che sta arrivando il re e sapete che non
vuole ciarlatani a visitare il palazzo.”
Moira strabuzzò
gli occhi, ma non fece in tempo a ribattere che una delle due guardie
le afferrò un braccio intimandole di andarsene.
“Ma deve
lasciare che le parli!” supplicò Moira all'uomo panciuto
che si allontanava, mentre la guardia le diede uno strattono per
farla stare zitta “E' un carillon, ma non è esattamente
un carillon...ahi!” esclamò senza finire la frase e
gettando un'occhiata rabbiosa alla guardia.
Il signor Benevito
si fermò di colpo e si voltò verso di lei squadrandola
con nuovo interesse: “Un carillon, che non è un
carillon..?”
Sul suo viso si
dipinse un'espressione di puro stupore: “Fermatevi, lasciate
che parli.”
La guardia lasciò
riluttante Moira e la ragazza non poté fare a meno di
massaggiarsi il braccio pensando che di sicuro ci sarebbe venuto un
livido.
“Vieni,
seguimi.” le disse l'uomo dirigendosi verso un corridoio.
La ragazza si
affrettò a seguirlo ed entrò al suo seguito in una
stanza.
Era piccola,
illuminata da una luce soffusa che si confondeva al rosso vellutato
della carta da parati.
Il signor Benevito
le sorrise e chiuse la porta.
“Accomodati.”
disse indicandole delle poltroncine verdi attorno ad un tavolino
circolare di legno lucido scuro.
Moira si sedette
cercando di apparire calma.
“Dunque hai
trovato un carillon?” le chiese.
Moira cominciò
a riassumere la storia, stupendosi di come quell'uomo ci tenesse a
sapere tutti i particolari.
Ad un certo punto
il consigliere aprì un'anta dell'armadio e prese due bottiglie
di colore diverso, ne versò una in un bicchiere e lo porse a
Moira facendole l'occhiolino: “Viene la gola secca a parlare,
mi offendo se non accetti. Credo che ti farò compagnia bevendo
un po' di Cognac, gradisci anche tu?”
“No, grazie.
Il cognac non è il mio forte.” disse la ragazza
portandosi alle labbra il bicchiere che lui le aveva già
riempito con quell'altro liquido arancione.
Sapeva di pesca:
forse era succo di frutta.
Continuò con
il racconto, ma piano piano che parlava si sentiva sempre più
strana e stanca.
Fu un sollievo
quando il signor Benevito la ringraziò dicendole che ora
poteva dargli il carillon e andare.
Moira glie lo
porse, ma quando fu nelle mani del consigliere fu come presa da un
attacco di nausea: c'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò.
Eppure aveva fatto
quello che le aveva chiesto la ragazza del carillon: glie l'aveva
chiesto lei di portarla da questo signor Benevito.
Il consigliere
l'accompagnò molto gentilmente alla porta e prima di lasciarla
andare le strinse la mano.
A Moira parve di
vedere della tristezza nel suo sguardo, ma perché avrebbe
dovuto essere scontento?
Mentre la ragazza
si voltava per scendere le scale le parve di sentirlo dire “Addio
piccola, mi dispiace, sei una così brava ragazza...”
Non fece in tempo a
chiedergli niente perché era già rientrato e aveva
chiuso la porta del palazzo dietro di sé.
Sospirò e
uscì dal cortile ritrovandosi nuovamente in strada.
Cominciava a far
buio: doveva assolutamente trovarsi entro un'ora nel posto dove era
arrivata con il portale e riaprirlo, altrimenti avrebbe dovuto
aspettare il giorno seguente per arrivare a casa, e non era il caso.
Sapeva che non era
il massimo della comodità un portale che poteva essere aperto
solo in un certo posto e in un certo orario, ma non era stata capace
di crearne uno migliore.
Oramai le strade si
erano svuotate, solo pochi stavano ancora occupando i marciapiedi, e
comunque andavano tutti a passo spedito guardando il suolo.
Moira rabbrividì
e si incamminò non vedendo l'ora di arrivare a casa per
potersi scaldare davanti a Calcifer e di sentire le voci di Howl,
Markl e Sophie.
Non credeva di
essere rimasta a palazzo così tanto.
Aveva la nausea, le
faceva male la testa e non si sentiva stabile sulle gambe: forse le
aveva fatto male quello che aveva bevuto.
Si sentiva svuotata
e sola, come se lasciando il carillon avesse spezzato qualcosa dentro
di sé.
Per un attimo le
immagini le si sfocarono davanti agli occhi e il pavimento oscillò
tanto che si dovette appoggiare con una mano al muro per riprendersi.
Ma cosa le stava
succedendo?
All'improvviso
sentì qualcosa di freddo contro il collo e una presa salda e
forte le immobilizzò le braccia mozzandole il respiro.
“Mi sa che ti
ho fregata.” Moira sentì l'alito caldo sul collo della
cosa che l'aveva presa e le vennero i brividi.
“Ora farai
quello che ti dico io.” ripeté autoritaria la voce
maschile.
Il cervello di
Moira divenne un pozzo nero, in preda alla nausea e senza riuscire a
stare bene in piedi non sapeva certo come difendersi.
“Così
la prossima volta impari a metterti dalla parte di Benevito e i suoi.
Avresti dovuto pensarci due volte prima di collaborare con loro e
portargliela. La principessa non vi aveva fatto niente. Non capisco
perché ci teniate tanto che questo regno entri in guerra.”
la voce sputò con disprezzo quelle parole.
“Cosa centra
una principessa ora?” gemette Moira con il coltello che le
premeva contro la gola.
“La ragazza
del carillon era la principessa di Tipperly. Non fare la finta tonta
ragazzina, perché subirai le conseguenze per quello che hai
fatto.”
“Io non lo
sapevo!” boccheggiò lei “me l'aveva chiesto lei di
portarla a quel signore, non l'avevo mai visto prima!”
“Stai zitta e
cammina.” sibilò lui.
Lei obbedì e
si lasciò trascinare in un vicolo a sinistra mentre lacrime di
rabbia le rigavano le guance.
Aveva di nuovo
fatto un disastro, come aveva potuto pensare che sarebbe riuscita a
salvare da sola quella ragazza?
Si era comportata
come se fosse stata un segreto, solo sua, quasi vergognandosi di
mostrarla a qualcuno...perché?
La rivide al
balcone nel sogno, riusciva ancora a sentire la sua voce nelle
orecchie; sentì le gambe cederle al pensiero di cosa sarebbe
potuto accadere a quella ragazza adesso per colpa sua.
Quello che la
teneva stretta le diede uno strattone spronandola a continuare.
Ad un certo punto
aprì una porta scrostata e le diede uno spintone tra le
scapole per farla entrare.
Moira inciampò
sui gradini e finì in ginocchio nella polvere.
Una voce appena più
distante e profonda richiamò la sua attenzione: “Moira
Jenkings.”
La ragazza si voltò
di scatto e vide un uomo dal viso rugoso, pochi capelli e due occhi
sporgenti che la fissavano quasi divertiti.
Alla ragazza mancò
l'aria vedendolo: “Lei è l'ombra che mi ha fatto cadere
nel lago! Quella che mi è apparsa nell'acqua e...”
“In realtà
nell'acqua ci sei caduta da sola. Ti tenevo d'occhio da quando ho
scoperto che avevi il carillon, pensavo di venire di persona a
chiedertelo, ma poi hai pensato bene di consegnarlo alla persona più
sbagliata in assoluto, così...eccoti qua. Parla, ti
ascolteremo e vedremo se considerarti innocente o meno.”
Le immagini si
confusero nuovamente davanti agli occhi della ragazza e lei si piegò
in due presa da un conato di vomito.
Sentì lo
sbuffo della voce della persona che l'aveva portata lì e si
voltò per vederlo in faccia.
Lui la guardava con
rabbia e aria di sufficienza: tra la nausea e i brividi lei non poté
fare a meno di pensare che era bellissimo.
“Ma cosa ti è
successo?” chiese il vecchio dalla faccia rugosa, la ragazza
non avrebbe saputo dire se fosse scocciato o preoccupato.
“Credo sia
una cosa che mi hanno dato da bere... non è niente...Benevito
me l'ha data quando...” ma una nuova ondata di nausea non le
fece finire la frase.
Il signore faccia
rugosa le disse qualcos'altro e il ragazzo prese a imprecare verso di
lei, ma era tutto così confuso e lontano...
Improvvisamente ci
fu solo nero.
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