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Autore: emily12_    28/09/2014    0 recensioni
Leggera atterrò con un piede sulla ringhiera del balconcino, poi saltò giù e si diresse verso la finestra.
L'aria fresca della sera si infilò sotto il cappuccio e una ciocca scura le finì davanti agli occhi.
La soffiò via e alzati l'indice e il medio della mano gli fece fare un mezzo giro sussurrando qualcosa con le labbra che le tremavano.
* * *
E se apparisse da una finestra la sorella di Howl?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Howl, Markl, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sophie | Coppie: Howl/Sophie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6


Moira camminò a passo spedito per le strade, cercando di non sbattere contro le persone e tenendosi ben stretta la borsa.

Le era capitato poche volte di trovarsi in mezzo a tanta gente tutta assieme e quando finalmente arrivò davanti al palazzo reale si sentì decisamente stordita.

Chissà poi cosa avesse a che fare quella ballerina con la famiglia reale di Tipperly, proprio non era ancora riuscita ad immaginarlo.

Ricordava che la ragazza aveva fatto il nome di un certo Benevito la prima volta che le era apparsa sotto forma di rassicurante e niente affatto inquietante fantasma.

Mise il piede sul primo gradino con il cuore che aveva cominciato a martellarle nel petto e si guardò intorno titubante.

Era un enorme palazzo con migliaia di vetrate che riflettevano i raggi del sole e la pietra grigia gli dava un aspetto troppo austero che a Moira non piacque affatto.

Arrivata in cima alle scale provò ad entrare facendo finta di non aver visto le guardie.

“Ehi tu! Dove credi di andare?” la voce di una delle due guardie le perforò la nuca.

Okay, il suo era stato un pessimo piano.

“Dovrei incontrare il signor Benevito.” rispose lei senza scomporsi e cercando di mostrarsi più calma possibile.

“Spero che tu stia scherzando ragazzina. Si da il caso che tu ti stia riferendo al consigliere del re, non ad una persona qualunque. Ce lo avrebbe detto se aspettava qualcuno. Faresti meglio ad andartene e finire qui la pagliacciata.”

La seconda guardia annuì pienamente d'accordo con l'altra e guardando Moira con sufficienza.

“Ma voi non capite...è importante..devo, devo dargli un carillon, che in realtà non è un carillon, ma è...”

Adesso la guardia scoppiò a ridere: “Mi stai prendendo in giro?”

“No, io...”

“Vattene, prima che prenda provvedimenti.” ripeté la guardia facendo un passo verso di lei.

“Cosa sta succedendo?” una terza voce giunse da dietro e Moira si voltò di scatto ritrovandosi di fronte ad un uomo panciuto di mezz'età con i capelli radi pettinati all'indietro e un paio di piccoli occhiali rotondi sul naso.

“Ci dispiace di averla disturbata consigliere, questa ragazza voleva vederla, ma stiamo provvedendo a mandarla via.”

L'uomo sospirò: “Va bene, fate presto che sta arrivando il re e sapete che non vuole ciarlatani a visitare il palazzo.”

Moira strabuzzò gli occhi, ma non fece in tempo a ribattere che una delle due guardie le afferrò un braccio intimandole di andarsene.

“Ma deve lasciare che le parli!” supplicò Moira all'uomo panciuto che si allontanava, mentre la guardia le diede uno strattono per farla stare zitta “E' un carillon, ma non è esattamente un carillon...ahi!” esclamò senza finire la frase e gettando un'occhiata rabbiosa alla guardia.

Il signor Benevito si fermò di colpo e si voltò verso di lei squadrandola con nuovo interesse: “Un carillon, che non è un carillon..?”

Sul suo viso si dipinse un'espressione di puro stupore: “Fermatevi, lasciate che parli.”

La guardia lasciò riluttante Moira e la ragazza non poté fare a meno di massaggiarsi il braccio pensando che di sicuro ci sarebbe venuto un livido.

“Vieni, seguimi.” le disse l'uomo dirigendosi verso un corridoio.

La ragazza si affrettò a seguirlo ed entrò al suo seguito in una stanza.

Era piccola, illuminata da una luce soffusa che si confondeva al rosso vellutato della carta da parati.

Il signor Benevito le sorrise e chiuse la porta.

“Accomodati.” disse indicandole delle poltroncine verdi attorno ad un tavolino circolare di legno lucido scuro.

Moira si sedette cercando di apparire calma.

“Dunque hai trovato un carillon?” le chiese.

Moira cominciò a riassumere la storia, stupendosi di come quell'uomo ci tenesse a sapere tutti i particolari.

Ad un certo punto il consigliere aprì un'anta dell'armadio e prese due bottiglie di colore diverso, ne versò una in un bicchiere e lo porse a Moira facendole l'occhiolino: “Viene la gola secca a parlare, mi offendo se non accetti. Credo che ti farò compagnia bevendo un po' di Cognac, gradisci anche tu?”

“No, grazie. Il cognac non è il mio forte.” disse la ragazza portandosi alle labbra il bicchiere che lui le aveva già riempito con quell'altro liquido arancione.

Sapeva di pesca: forse era succo di frutta.

Continuò con il racconto, ma piano piano che parlava si sentiva sempre più strana e stanca.

Fu un sollievo quando il signor Benevito la ringraziò dicendole che ora poteva dargli il carillon e andare.

Moira glie lo porse, ma quando fu nelle mani del consigliere fu come presa da un attacco di nausea: c'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò.

Eppure aveva fatto quello che le aveva chiesto la ragazza del carillon: glie l'aveva chiesto lei di portarla da questo signor Benevito.

Il consigliere l'accompagnò molto gentilmente alla porta e prima di lasciarla andare le strinse la mano.

A Moira parve di vedere della tristezza nel suo sguardo, ma perché avrebbe dovuto essere scontento?

Mentre la ragazza si voltava per scendere le scale le parve di sentirlo dire “Addio piccola, mi dispiace, sei una così brava ragazza...”

Non fece in tempo a chiedergli niente perché era già rientrato e aveva chiuso la porta del palazzo dietro di sé.

Sospirò e uscì dal cortile ritrovandosi nuovamente in strada.

Cominciava a far buio: doveva assolutamente trovarsi entro un'ora nel posto dove era arrivata con il portale e riaprirlo, altrimenti avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente per arrivare a casa, e non era il caso.

Sapeva che non era il massimo della comodità un portale che poteva essere aperto solo in un certo posto e in un certo orario, ma non era stata capace di crearne uno migliore.

Oramai le strade si erano svuotate, solo pochi stavano ancora occupando i marciapiedi, e comunque andavano tutti a passo spedito guardando il suolo.

Moira rabbrividì e si incamminò non vedendo l'ora di arrivare a casa per potersi scaldare davanti a Calcifer e di sentire le voci di Howl, Markl e Sophie.

Non credeva di essere rimasta a palazzo così tanto.

Aveva la nausea, le faceva male la testa e non si sentiva stabile sulle gambe: forse le aveva fatto male quello che aveva bevuto.

Si sentiva svuotata e sola, come se lasciando il carillon avesse spezzato qualcosa dentro di sé.

Per un attimo le immagini le si sfocarono davanti agli occhi e il pavimento oscillò tanto che si dovette appoggiare con una mano al muro per riprendersi.

Ma cosa le stava succedendo?

All'improvviso sentì qualcosa di freddo contro il collo e una presa salda e forte le immobilizzò le braccia mozzandole il respiro.

“Mi sa che ti ho fregata.” Moira sentì l'alito caldo sul collo della cosa che l'aveva presa e le vennero i brividi.

“Ora farai quello che ti dico io.” ripeté autoritaria la voce maschile.

Il cervello di Moira divenne un pozzo nero, in preda alla nausea e senza riuscire a stare bene in piedi non sapeva certo come difendersi.

“Così la prossima volta impari a metterti dalla parte di Benevito e i suoi. Avresti dovuto pensarci due volte prima di collaborare con loro e portargliela. La principessa non vi aveva fatto niente. Non capisco perché ci teniate tanto che questo regno entri in guerra.” la voce sputò con disprezzo quelle parole.

“Cosa centra una principessa ora?” gemette Moira con il coltello che le premeva contro la gola.

“La ragazza del carillon era la principessa di Tipperly. Non fare la finta tonta ragazzina, perché subirai le conseguenze per quello che hai fatto.”

“Io non lo sapevo!” boccheggiò lei “me l'aveva chiesto lei di portarla a quel signore, non l'avevo mai visto prima!”

“Stai zitta e cammina.” sibilò lui.

Lei obbedì e si lasciò trascinare in un vicolo a sinistra mentre lacrime di rabbia le rigavano le guance.

Aveva di nuovo fatto un disastro, come aveva potuto pensare che sarebbe riuscita a salvare da sola quella ragazza?

Si era comportata come se fosse stata un segreto, solo sua, quasi vergognandosi di mostrarla a qualcuno...perché?

La rivide al balcone nel sogno, riusciva ancora a sentire la sua voce nelle orecchie; sentì le gambe cederle al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere a quella ragazza adesso per colpa sua.

Quello che la teneva stretta le diede uno strattone spronandola a continuare.

Ad un certo punto aprì una porta scrostata e le diede uno spintone tra le scapole per farla entrare.

Moira inciampò sui gradini e finì in ginocchio nella polvere.

Una voce appena più distante e profonda richiamò la sua attenzione: “Moira Jenkings.”

La ragazza si voltò di scatto e vide un uomo dal viso rugoso, pochi capelli e due occhi sporgenti che la fissavano quasi divertiti.

Alla ragazza mancò l'aria vedendolo: “Lei è l'ombra che mi ha fatto cadere nel lago! Quella che mi è apparsa nell'acqua e...”

“In realtà nell'acqua ci sei caduta da sola. Ti tenevo d'occhio da quando ho scoperto che avevi il carillon, pensavo di venire di persona a chiedertelo, ma poi hai pensato bene di consegnarlo alla persona più sbagliata in assoluto, così...eccoti qua. Parla, ti ascolteremo e vedremo se considerarti innocente o meno.”

Le immagini si confusero nuovamente davanti agli occhi della ragazza e lei si piegò in due presa da un conato di vomito.

Sentì lo sbuffo della voce della persona che l'aveva portata lì e si voltò per vederlo in faccia.

Lui la guardava con rabbia e aria di sufficienza: tra la nausea e i brividi lei non poté fare a meno di pensare che era bellissimo.

“Ma cosa ti è successo?” chiese il vecchio dalla faccia rugosa, la ragazza non avrebbe saputo dire se fosse scocciato o preoccupato.

“Credo sia una cosa che mi hanno dato da bere... non è niente...Benevito me l'ha data quando...” ma una nuova ondata di nausea non le fece finire la frase.

Il signore faccia rugosa le disse qualcos'altro e il ragazzo prese a imprecare verso di lei, ma era tutto così confuso e lontano...

Improvvisamente ci fu solo nero.


  
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