Capitolo IV – Arrivano i malvagi
Muten
si era ripreso abbastanza in fretta dal torneo.
Certo,
gli arti ancora dolevano e il sangue ribolliva non poco per aver perso contro
il suo acerrimo rivale, ma Crilin, nel turno
successivo, era riuscito a vendicarlo egregiamente.
Non
c’era stata storia, dopotutto: il suo allievo aveva una tecnica e una potenza
decisamente superiori a quelle di Condor. L’anziano maestro non si era mai
davvero soffermato a pensare a quanto i suoi allievi potessero essere
migliorati dopo l’allenamento con il Supremo, ma quell’assurdo torneo aveva
insinuato in lui troppe domande.
Una
di queste riguardava proprio Crilin.
Avrebbe
dovuto puntare su di lui molto di più?
In
fondo, in finale contro quel Son Goku si era fatto valere non poco, molto di
più di quanto non avesse fatto Yamcha al primo turno.
Per
la verità, Muten non aveva mai visto nell’ex predone
del deserto il guerriero ideale profetizzato da Baba,
né, oltretutto, avrebbe mai scommesso che quel ragazzo avrebbe potuto fare
qualcosa contro i malvagi. Muten conosceva fin troppo bene sua sorella: se Baba aveva avuto paura nel rivelare tutti i dettagli di ciò
che realmente aveva visto nella sfera, evidentemente doveva esserci sotto
qualcosa di grosso; e Yamcha non era di certo il tipo
da poter affrontare qualcosa di più grosso delle tette di Bulma.
Era un bravo ragazzo, per carità, e anche un valido guerriero; ma non aveva mai
preso troppo seriamente tutta la faccenda della profezia – non a tal punto, per
lo meno, da impegnarsi seriamente e migliorare la sua tecnica.
Il
pensiero di Baba lo riportò per un istante al giorno
in cui l’anziana sorella decise di confidare allo stregone del toro ciò che aveva visto nella sua sfera. Quanto
doveva essere costato a quella vigliacca tirare fuori una simile confessione?
Muten
sapeva che sua sorella, in quanto a coraggio, lasciava parecchio a desiderare.
Ne
aveva viste di cose dentro quella sfera! Eppure, quella era stata in assoluto
la prima volta in cui la strega avesse deciso di aprire la bocca.
Con
le forze del bene, perlomeno.
Muten
non era affatto uno stupido: sapeva perfettamente che sua sorella, più di una
volta, era scesa a patti con creature poco raccomandabili pur di avere salva la
pelle.
E
lei, di cose da donare in cambio, ne aveva fin troppe.
Quando
Muten si accorse della presenza di Giumaho al suo fianco, lo stregone del toro era lì già da diversi minuti.
Era
strano per l’enorme omaccione vedere il broncio sul viso del suo anziano
maestro. Si conoscevano da una vita, quei due, e avevano condiviso mille
allenamenti e altrettante avventure; ma mai sul volto del mitico genio delle tartarughe era stato
impresso un ghigno tanto amaro.
«Smettila
di pensarci, Muten. Condor ha imbrogliato. Non vale
quanto te, e tu lo sai benissimo.»
Muten
si voltò verso l’ex allievo, soppesando minuziosamente le parole appena udite.
«Per
la verità, non stavo pensando al mio incontro. Sai, non sono sicuro di aver
allenato bene i miei due nuovi allievi. Con Crilin
specialmente avrei dovuto fare molto di più.»
«È
questo che ti impensierisce, dunque? Be’, io non mi farei tutti questi
problemi. D’accordo, Yamcha e Crilin
hanno perso, ma il ragazzo che ha vinto proviene comunque dalla tua scuola, quindi…»
«Aspetta
un attimo» lo interruppe Muten, certo di non aver
afferrato bene il concetto «che significa che proviene dalla mia scuola? Io non l’ho mai visto in vita mia!»
Giumaho
si abbandonò a una grassa risata. Una volta tanto era stato lui a stupire il genio e non il contrario.
«Andiamo,
Muten! Eppure già il nome dovrebbe dirti qualcosa!
Son Goku è l’allievo di Son Gohan! Ah, quando quel
giovane me l’ha rivelato stavo per esplodere dalla felicità! Sono passati
talmente tanti anni da quando eravamo compagni di lezione, ma, nonostante questo,
ancora ricordo tutti i nostri allenamenti insieme. Roba da morire di crepacuore
all’istante!»
Il
volto di Muten assunse una strana espressione, a metà
strada tra il confuso e l’accigliato.
Erano
anni che non sentiva più nominare il suo ex allievo e di certo non si sarebbe
mai aspettato di trovarsi ad avere a che fare con un ragazzo che diceva di
essere stato allenato proprio da lui.
«Questa
è davvero bella. Un allievo di Son Gohan, quel Son Gohan.»
«Già,
stentavo a crederci quando me l’ha detto. È un peccato che io non possa
muovermi da Furipan per andarlo a trovare, ma
comunque sono riuscito a farmi promettere da Goku che me lo avrebbe salutato.»
Muten
storse la bocca e sgranò quasi impercettibilmente gli occhi.
Un
brivido freddo percorse tutto il suo corpo, dalle punte degli alluci fino alla
testa.
Decisamente,
c’era qualcosa di assurdo in quanto rivelatogli dallo stregone.
«Giumaho, quel ragazzo non può salutarti proprio nessuno!
Son Gohan è morto.»
***
Chichi
non aveva affatto voglia di trovarsi di nuovo da sola con Goku, ma suo padre si
aspettava da lei che mostrasse al suo protettore
le sfere del drago e la
principessa non avrebbe potuto in alcun modo sviarsela da quell’incarico.
Tanto
più che non aveva nemmeno una scusa plausibile per farlo.
Erano
passate parecchie ore dalla loro fastidiosissima e imbarazzante chiacchierata; Chichi aveva avuto una nottata intera per dormirci su,
eppure non era riuscita a rimuovere completamente la piccola umiliazione
subita.
Di
fare colazione non voleva affatto saperne: buttare qualcosa nello stomaco non
avrebbe fatto altro che peggiorare la già forte acidità che sentiva quella
mattina. Suo padre, oltretutto, aveva pensato bene di lasciarla sola al tavolo
con Mamanu per far visita a Muten.
Chichi
si aggirava da sola tra i corridoi che avrebbero condotto verso la camera di
Goku.
Nemmeno
lui era sceso a fare colazione e la ragazza sospettava che stesse ancora
dormendo. In fondo, il giorno prima aveva pur sempre partecipato a un torneo di
arti marziali!
Quell’ultimo
pensiero la fece quasi sorridere.
Erano
anni, ormai, che aspettava di conoscere il suo protettore e il destino le aveva sbattuto in faccia un guerriero
tanto abile e forte quanto linguacciuto e insolente.
Eppure,
si disse, era il suo guerriero.
Per
quanto le costasse una gran fatica ammetterlo, in fondo al proprio cuore Chichi aveva sempre sognato che il prescelto fosse un
ragazzo sagace e sfrontato, capace di
penetrare i suoi pensieri anche meglio di quanto non facesse suo padre.
In
fondo, lui doveva proteggerla, no?
Se
non fosse stato in grado di capire cosa le passasse per la testa e cosa
nascondesse il suo sguardo apparentemente ribelle e sicuro di sé, come avrebbe
potuto salvarla dai malvagi?
Avvolta
nei suoi mille pensieri, Chichi si ritrovò di fronte
alla camera di Goku.
Bussò,
col cuore in gola, promettendo a sé stessa che non si sarebbe lasciata
intimorire di nuovo dalle parole impunemente pungenti di quello strano
guerriero.
Quando
la porta si aprì, la principessa si trovò di fronte un ragazzo assonnato, quasi
completamente nudo, vestito solo di un paio di boxer neri un po’ troppo
aderenti che lasciavano ben poco spazio all’immaginazione.
Chichi
avvampò e dovette mantenere tutta la concentrazione possibile per non lasciar
cadere lo sguardo troppo in basso.
«Che
diavolo ci fai ancora conciato… così?» proferì la
giovane, constatando a mente affatto lucida che Goku non era di certo il primo
ragazzo che gli capitava di vedere a petto nudo, ma, sfortunatamente per lei,
era senz’altro il più bello.
Il
ragazzo iniziò a grattarsi la testa, poi si lasciò sfuggire un pesante
sbadiglio.
«Cavolo,
mica saranno già le nove?»
«Sono
le nove e un quarto, per la precisione. Oh, santo Supremo, non dirmi che ti sei
appena svegliato?»
Goku
diede le spalle a Chichi poi tornò a sedersi sul
letto.
La
mattinata era iniziata nel peggiore dei modi, così come il suo piano di
conquista del pianeta. Cavolo, quella ragazzina lo stava per condurre nella
stanza in cui erano custodite le sfere del drago e lui non solo ancora non era
vestito, ma non aveva nemmeno fatto colazione!
L’aria
malsana di quel castello doveva avergli fatto male.
Finì
di fare i conti con sé stesso e con la sua leggerezza, poi si alzò di nuovo,
volgendo lo sguardo a una spazientita, confusa e imbarazzatissima Chichi.
Peccato
che la principessina fosse tanto inebetita.
Se
solo si fosse dimostrata un po’ meno pudica avrebbe preso in seria
considerazione l’eventualità di un amplesso prima di fotterle definitivamente
le sfere del drago.
«Non
guardarmi così, Chichi… Ho solo dormito un po’ più
del dovuto!»
«Lo
vedo anche da sola. Be’, datti una mossa, almeno! Che diavolo aspetti a
vestirti!»
«Cavolo,
solo con uno stupido ritardo sono riuscito a tirare fuori il peggio di te!»
Il
ragazzo si alzò, afferrò ai piedi del letto la sua tuta arancione e se la
infilò in pochi secondi. Dovette spendere un paio di minuti nella ricerca dei
suoi stivali, almeno un quarto d’ora in bagno e qualche altro secondo per
“sistemarsi” i capelli, ma riuscì a concludere tutto prima che Chichi, spazientita, se ne andasse dalla stanza.
«Ecco,
sono pronto. E ora, andiamo a vedere queste
benedette sfere.»
Chichi
non rispose, distratta dal nervosismo per aver dovuto aspettare il suo protettore e dal pensiero che quel
ragazzo fosse un po’ troppo affascinante per la sua apparente imperturbabilità.
Si
avviò verso l’uscita della stanza a passo piuttosto svelto: Goku, d’altra
parte, le aveva già fatto perdere un mucchio di tempo.
***
Bulma
non aveva affatto voglia di lavorare.
La
rabbia per come si era concluso il diverbio verbale con Yamcha
il giorno prima l’aveva resa isterica e nervosa più di quanto non si sarebbe
aspettata.
Non
aveva idea di dove il suo ragazzo avesse passato la notte, ma era più che certa
che, prima o poi, quello sciocco sarebbe tornato da lei chiedendole scusa. Le
doveva questo e altro, in fondo: che colpa ne aveva lei se si era lasciato
sconfiggere da un ragazzino sconosciuto?
Anche
la voglia di continuare a poltrire a letto scemò a poco a poco.
Le
mancavano la sua camera, la sua casa, il suo giardino, la sua palestra privata,
il suo laboratorio; tutto si poteva dire di quella stanza d’albergo che
occupava ormai da qualche giorno, tranne che fosse confortevole. Suo padre
l’aveva abituata bene, in fondo. Gli agi di cui godeva alla Capsule Corporation
potevano essere oggetto d’invidia persino per un re.
In
quel momento si chiese quanto grandi e confortevoli fossero le stanze del
castello in cui alloggiava la principessa.
Bulma
avrebbe scommesso qualsiasi cosa che non fossero altrettanto lussuose quanto la
sua.
Il
pensiero di Chichi le fece nuovamente venire un
fastidiosissimo senso di disgusto.
Aveva
avuto a che fare pochissimo con quella strana ragazzina, ma già sentiva che, a
pelle, non le stava affatto simpatica. D’altra parte, come avrebbe potuto farsi
piacere la tizia di cui il suo fidanzato aveva aspirato a diventare il bodyguard?
L’ennesimo
prurito sulle braccia la costrinse a grattarsi e a cacciare dalla testa
l’immagine di Chichi.
Si
alzò, giusto in tempo per interrompere il fastidiosissimo suono che proveniva
dal suo computer.
Se
non fosse stato per amore della scienza, Bulma
avrebbe già lanciato il suo PC dalla finestra da un bel pezzo. Quei maledetti cosi provenienti dallo spazio si stavano
avvicinando a incredibile velocità al pianeta Terra e ormai la ragazza non
aveva più dubbi sul fatto che fosse quella la destinazione degli alieni.
Quella
constatazione dava ancora più credito alla teoria che identificava gli
extraterrestri con i malvagi,
tuttavia non spiegava affatto come mai la veggente non avesse fornito qualche
dettaglio in più sulla loro identità.
Possibile
che, davvero, non fosse in grado di capire chi fossero e da dove provenissero?
Difficile,
visto che aveva rivelato delle cose fin troppo dettagliate.
L’ingresso
di Yamcha nella stanza non distrasse affatto Bulma dai suoi calcoli e dalle sue considerazioni. Non
aveva voglia di pensare a lui, né tantomeno di dare spazio ai suoi infantili
lamenti. Mai come negli ultimi due giorni, la scienziata aveva preso in seria
considerazione l’idea di rivedere da cima a fondo la sua relazione con Yamcha: gli voleva bene, per carità, e lo trovava anche un
ragazzo molto attraente; ma a livello di maturità le aveva dimostrato di essere
parecchio indietro, almeno rispetto a lei.
«Ah,
vedo che hai deciso di ignorarmi completamente! Bene, farò lo stesso anch’io.»
«Perfetto,
Yamcha. Comincia col chiudere la bocca, allora.»
Gli
extraterrestri erano molto più vicini di quanto Bulma
non si aspettasse. Che razza di diavolerie tecnologiche potevano avere a
disposizione per viaggiare a una simile velocità nello spazio aperto?
Facendo
i dovuti calcoli e confrontando la distanza in cui si trovavano esattamente
ventiquattro ore prima, Bulma si rese conto che,
effettivamente, il giorno dopo avrebbero raggiunto la Terra.
Proprio
come aveva profetizzato la strega.
La
ragazza si accese una sigaretta e iniziò a picchiettare le dita sulla
scrivania.
Non
c’era nulla da fare: avrebbe dovuto aspettare il loro arrivo con le mani in mano.
Crilin
non aveva mai visto Bulma tanto nervosa e
insofferente nei confronti di Yamcha.
Sembrava
quasi che dentro quel monitor ci fosse qualcosa di vitale importanza. D’altra
parte, nemmeno si era accorta del suo arrivo.
Non
aveva staccato gli occhi da quello schermo nemmeno per un secondo, né aveva in
qualche modo cercato di dissuadere Yamcha dal non
rivolgerle la parola.
Crilin,
da parte sua, ancora non si era ripreso completamente.
Lo
scontro con Son Goku, dal quale per altro era uscito sconfitto, lo aveva
letteralmente distrutto. Era già un miracolo che riuscisse a reggersi in piedi
su una gamba.
Tuttavia,
si era imposto di uscire da quella maledetta infermeria e di raggiungere Bulma.
Sebbene,
infatti, Yamcha non volesse dar credito agli studi
condotti dalla ragazza, a Crilin era saltata comunque
una pulce nell’orecchio. Aveva imparato a conoscere abbastanza bene la figlia
del dottor Brief, anche se di fatto non avevano mai
avuto modo di parlare seriamente, e sapeva che, se quella ragazza si stava
dando tanto da fare dietro ai misteriosi segnali che provenivano dallo spazio,
allora doveva esserci sotto qualcosa di grosso.
«Ehm,
Bulma?» sussurrò Crilin,
sperando di non alterare ancora di più l’umore già traballante della
scienziata.
La
ragazza, da parte sua, sussultò.
Solo
in quel momento si accorse di una terza presenza in quella stanza.
«Oh,
cavolo. Che ci fai qui? Guarda come accidenti sei ridotto! Dovresti tornare
subito in infermeria!»
«Sono
appena scappato, veramente. Avevo bisogno di parlarti, sempre che tu non sia
troppo impegnata, ovviamente.»
Bulma
gettò dapprima uno sguardo al monitor, poi si voltò di nuovo, con fare
piuttosto cortese, verso l’amico di Yamcha.
«Tranquillo,
tanto ormai non ho più niente da fare. Dimmi pure.»
«Be’,
ecco… Si tratta dei tuoi studi, Bulma.
So che hai scoperto qualcosa di interessante al di fuori del sistema solare e
volevo capire esattamente di cosa si tratti e se sia in qualche modo
riconducibile ai…»
«Malvagi? Be’, di questo ormai credo di
avere la certezza assoluta.»
Bulma
fece cenno con la mano al ragazzo di avvicinarsi al monitor e Crilin obbedì.
«Ascolta
bene. Riesci a sentire questo stridio? Proviene da alcuni oggetti che si stanno
avvicinando a forte velocità al pianeta Terra. Ho fatto i dovuti calcoli e non
ho più dubbi: arriveranno domani.»
«Come
aveva detto Baba» proseguì Crilin.
«Come
aveva accennato Baba.
A quanto ne so, la strega non ha mai parlato di extraterrestri.»
Crilin
indietreggiò e puntò lo sguardo verso Yamcha.
Era
sdraiato sul letto, con gli occhi chiusi e un evidente broncio stampato in
faccia.
Crilin
sapeva cosa aveva il suo amico: la sconfitta gli bruciava ancora.
Non
riusciva a darsi pace per quanto accaduto, lui che già si vedeva come il protettore di Chichi.
Additare la sua sconfitta alla presunta spietatezza di Goku, poi, era stato
solo un modo per esorcizzare la sua brutta disfatta.
Cosa
avesse di sbagliato il vincitore del
torneo proprio non riusciva a capirlo. Crilin aveva
cercato di parlare con Yamcha e di capire la sua
posizione ma, nonostante gli sforzi, non venne a capo di nulla.
D’accordo,
Goku era forte, incredibilmente forte;
ma questo non significava necessariamente che fosse anche un poco di buono.
Crilin
si schiarì la voce con un colpo di tosse, con l’intento di attirare
l’attenzione di Yamcha.
«I
malvagi, a quanto pare, sono degli extraterrestri. Che pensi di fare, ora, Yamcha? Io credo sia il caso di avvertire Son Goku.»
«Che
se la veda da solo, quel farabutto. Io non ho intenzione di avvertire nessuno,
tanto più che sono assolutamente certo che alla prima occasione quel novellino
metterà le mani sulle sfere del drago e se la darà a gambe. Altro che protettore!»
«Ma
perché sei tanto convinto di questo? Insomma, Yamcha,
si è rivelato un eccellente guerriero. Sicuramente è molto più forte di noi due
messi insieme.»
«Ricordi
cosa diceva la profezia a proposito del guerriero perfetto? Occhio a non prendere un granchio!»
«Non
erano esattamente queste le parole.»
«Ma
il senso sì, eccome!»
Yamcha
si sollevò dal letto e si diresse verso l’armadio. Tirò fuori una tuta da
combattimento e si cambiò in pochi istanti. Non aveva voglia di continuare quel
discorso. Sarebbe stato completamente inutile.
Lui
quel Son Goku lo aveva visto bene in faccia.
Era
pericoloso; spietato e pericoloso.
Non
era semplice smania di vittoria quella che aveva sfoggiato durante l’incontro
con lui: quel maledetto ragazzino voleva conquistare.
I suoi occhi emanavano una luce sinistra e il suo sguardo celava odio,
disprezzo, distruzione.
«Comunque,
la faccenda ormai non mi riguarda più. Fa’ quello che credi.»
«Ti
riguarda ancora, invece. Nessuno di noi aveva messo in conto che si potesse
trattare di extraterrestri! Goku potrebbe avere bisogno del nostro aiuto.»
«Ah,
che idiozia! Fidati, quell’individuo non muoverà un muscolo contro i malvagi. Anzi, sono quasi pronto a
scommettere che si alleerà con loro.»
Crilin
avrebbe voluto ribattere, ma Yamcha non gli diede il
tempo di farlo.
L’ex
predone del deserto uscì dalla stanza con una certa fretta, sbattendo con forza
la porta.
C’era
poco da fare: lui non avrebbe collaborato e Crilin
questo lo aveva capito a sue spese. Tanto valeva, allora, che ognuno facesse di
testa propria.
Il
ragazzo sapeva di avere delle responsabilità nei confronti di Chichi: aveva perso, d’accordo, e non era lui il prescelto;
ciò non toglieva però che si fosse allenato per anni al solo scopo di
proteggerla e che dunque non avrebbe
potuto lavarsene le mani solo perché un altro guerriero si era dimostrato molto
più potente di lui.
«Pazzesco.
Ma perché deve fare così, accidenti?»
«Ignoralo,
è molto meglio. Un bambino di cinque anni l’avrebbe presa molto più
sportivamente.»
La
risposta di Bulma stupì non poco Crilin.
Gli
era capitato poche volte di vedere insieme Yamcha e
la sua fidanzata e, fino a quel momento, era assolutamente certo che andassero
d’amore e d’accordo. La cosa, però, riflettendoci bene, non era poi così
logica: Bulma e Yamcha
erano due persone completamente diverse, forse addirittura opposte, e Crilin non vedeva niente che li accomunasse a parte
un’indubbia avvenenza.
Certo,
se fosse bastata la bellezza a rendere quella coppia perfetta, quei due
sarebbero rimasti insieme per sempre; ma, purtroppo, l’empatia non si basa mai
sull’aspetto fisico delle persone.
«Eppure,
mi pare assurdo il suo comportamento. Forse, dobbiamo solo dargli il tempo di
sbollire la rabbia.»
«Non
gli basterebbe una vita, credimi. Io mi domando perché ancora perdo tempo
dietro a un tipo del genere. Assurdo! Ora fa pure l’incazzato solo perché ha
perso. Poteva allenarsi di più prima invece che ridursi a piagnucolare come un
moccioso!»
Crilin
sollevò le spalle e indietreggiò di qualche passo.
La
ragazza era decisamente nervosa. Se avesse continuato con quel discorso,
probabilmente avrebbe aggredito verbalmente anche lui.
«Be’,
io ora devo andare. Ho bisogno di parlare col mio maestro. Ci vediamo presto, Bulma!»
La
scienziata non rispose.
Forse,
non lo aveva nemmeno sentito parlare.
Quei
maledetti, chiunque essi fossero, erano già dannatamente vicini e il radar del
suo computer continuava a captare segnali inequivocabili.
***
«Questa
è bella! Una stanza tanto grande per contenere degli oggetti tanto piccoli?»
L’occhiataccia
fulminante di Chichi lo persuase dal proseguire quel
discorso.
Vedere
la ragazza osservare in religioso silenzio le sette sfere del drago gli aveva infuso una strana inquietudine. Non
era da lui soffermarsi a contemplare i volti delle persone, ma nello sguardo
cupo e profondo della ragazza al suo fianco Goku vedeva qualcosa di insolito,
qualcosa che negli altri esseri umani non aveva mai colto.
Mistero?
Magia?
Qualunque
cosa fosse, non era sicuro che gli piacesse.
Le
sfere del drago giacevano inerti su un morbido cuscino rosso sangue, della
stessa tonalità di cui si era tinta la perla che Chichi
portava al polso.
Ogni
tanto si illuminavano.
Nella
sua mente, Goku aveva immaginato quegli oggetti molto più grandi e preziosi. In
apparenza, infatti, sembravano delle stupidissime palle di vetro. Quale poteva
essere il potere che nascondevano? L’idea di scoprirlo, improvvisamente,
divenne ancora più forte di quanto non fosse in precedenza.
«Come
funzionano?»
«Cosa?»
«Le
sfere del drago.»
Chichi
cambiò di nuovo espressione, e tornò a fissarlo con quello sguardo a metà tra
l’inebetito e l’incazzato che ormai Goku aveva imparato a conoscere.
Addirittura, gli sembrava di avere davanti una persona diversa. Se la Chichi di prima era riuscita quasi a intimorirlo, questa
gli risvegliava soltanto l’istinto di spaccarle la faccia.
A
tempo debito, si disse, lo avrebbe di sicuro fatto.
«La
faccenda non ti riguarda. Il tuo compito è proteggermi, non utilizzare le
sfere.»
«Non
mi hai risposto.»
«Non
ho intenzione di farlo.»
«Mica
avrai paura che il tuo protettore ti
rubi l’esclusiva!»
«Questa
è una cosa seria, Goku. Le sfere del drago hanno il potere di intervenire sul
corso naturale della vita e della morte, sulle forze che plasmano l’universo,
sui principi che regolano la sussistenza del cosmo. Non andrebbero mai usate, mai. Neppure per fare del bene.»
Per
la prima volta in vita sua, Goku percepì il proprio cuore battere all’impazzata
per via dell’ansia. Non gli erano piaciute affatto le parole che quella
ragazzina impudente aveva proferito, tanto più che, almeno in apparenza,
sembravano non avere senso.
Una
cosa, comunque, era certa: se lui aveva accettato di trascorrere l’infanzia e
l’adolescenza su quel dannato pianeta era solo per conquistarlo e per mettere
le mani su quelle sfere e, al costo di rimetterci la salute mentale, avrebbe
raggiunto il suo scopo.
«Se
non si possono usare nemmeno per fare del bene, a che diavolo ti servono?»
«La
tua scarsa perspicacia mi stupisce non poco, Goku. Io non sono colei che le utilizza, ma che le custodisce.»
«Perché
me le hai mostrate, allora?»
«Perché
se cadessero nelle mani sbagliate, sarebbe la fine per tutti noi. Il tuo
compito è impedire che ciò accada. Sono stata chiara?»
***
Come
si aspettava, Muten era lì.
Lo
aveva cercato in lungo e in largo durante tutta la mattinata, ma ci era voluta
l’ora di cena prima che il maestro decidesse di affacciarsi nella sala da
pranzo riservata ai guerrieri.
Crilin
non sapeva bene da dove cominciare. Di cose da dire ne aveva parecchie, ma gli
mancava una scusa per avviare il discorso.
Quella
sera, oltretutto, Giumaho, sua figlia e il protettore avrebbero cenato insieme agli
altri partecipanti del torneo. La sala era gremita: non erano presenti soltanto
gli otto finalisti, ma anche tutti i guerrieri usciti alle eliminatorie insieme
agli amici e ai compagni che si erano portati dietro.
Yamcha
se ne stava buttato in disparte su un tavolo isolato.
Era
solo quando Crilin era entrato nella sala, ma ben
presto il ragazzo si accorse con disappunto che Tensinhan
e Jaozi avevano preso posto accanto a lui.
Parlottavano.
Cosa
diavolo si stavano dicendo?
Un
voce nota lo distrasse, però, da quell’insolita scena.
«Non
dirmi che ancora non hai preso posto!»
«Ah,
Muten! Mi hai quasi spaventato. Comunque, sono appena
arrivato.»
«Perfetto,
allora sarai sicuramente felice di unirti a noi!»
Quel
noi aveva incuriosito parecchio Crilin, distraendolo da Yamcha.
Dietro
l’esile figura di Muten si ergeva quella possente e
inquietante di Giumaho. Era la prima volta che il
minuto ragazzo aveva l’opportunità di vedere così da vicino quel colosso umano,
tanto che trattenne a stento un moto di terrore.
«Non
fare il prezioso» aggiunse Muten, incalzando il suo
tentennante allievo «sarà un’ottima occasione per conoscere finalmente questo
famoso Son Goku.»
Nell’udire
quel nome, a Crilin tornò in mente il compito che si
era prefissato.
Già,
doveva parlare con lui e rivelargli l’identità dei malvagi.
In
quel momento, il ragazzo scorse la figura di Bulma
che si apprestava a prendere posto su uno dei tavoli ancora liberi. Senza
nemmeno rispondere al suo maestro, il giovane guerriero si avventò su di lei e
la trattenne per un braccio impedendole di sedersi. Quasi, rischiarono di
cadere entrambi viste le condizioni delle ossa di Crilin.
«Ehi,
ma… Dico, sei impazzito?»
«Scusami,
Bulma, ma ho visto che stavi per prendere posto e ho
pensato di impedirtelo, tutto qui.»
«Ah,
questa poi! E perché mai? Sei in combutta con Yamcha
per farmi arrabbiare ancora di più?»
Mentre
pronunciava quelle parole, Bulma si accorse delle due
figure che avevano seguito Crilin.
Le
aveva riconosciute subito, ovviamente, e il fatto di trovarsele davanti a una distanza
tanto ravvicinata le mise una certa inquietudine.
In
fondo, si trattava pur sempre del grande genio
delle tartarughe e dello stregone del
toro.
La
scienziata si ricompose immediatamente e assunse un atteggiamento il meno
possibile imbarazzato; non era tipa, lei, da tremare al cospetto di una
presunta personalità, eppure la fama che circondava quei due uomini la metteva
stranamente in soggezione.
«Be’,
comunque, ancora non mi sono seduta, quindi…»
«Quindi
sei dei nostri!» la incalzò Crilin, non nascondendo
un certo entusiasmo. Era la prima volta, da quando aveva conosciuto Bulma, che il giovane guerriero si permetteva con lei una
tale confidenza. Ma la reazione della ragazza, infastidita più a parole che non
nei fatti, gli fece in qualche modo intendere che, nonostante fosse una delle
donne più ricche, affascinanti, desiderate del pianeta, probabilmente era molto
più affabile di tante altre sgualdrine pseudo famose.
Chissà,
magari Bulma stava solo aspettando l’occasione buona
per avvicinarsi allo stregone e alla sua schiera di conoscenti, schiera che, da
poco più di un giorno, si era arricchita di un guerriero sconosciuto e
potentissimo.
«Ah,
ragazzi, ma voi non avete fame? Ve ne state qui a chiacchierare e ancora non
avete scelto un tavolo. Chiaramente, io desidero per i miei commensali il posto
migliore! Seguitemi, lì in fondo alla sala staremo benissimo!»
L’entusiasmo
di Giumaho sembrava aver contagiato tutti, tranne Muten.
Crilin
conosceva un po’ troppo bene il suo maestro per non capire che qualcosa lo
tormentava. Qualunque cosa fosse, comunque, avrebbero avuto modo di parlarne
tutti insieme intorno a quel meraviglioso tavolo riservato appositamente per
loro da Giumaho.
Son
Goku si era già accomodato ancora prima del loro arrivo.
Chichi
e Mamanu avevano fatto lo stesso.
***
«Dunque,
Bulma, cosa avresti scoperto esattamente sui malvagi?»
La
domanda di Muten arrivò repentina e inaspettata.
Avevano
toccato l’argomento appena si erano seduti tutti quanti al tavolo, ma il
ricordo dei vecchi tempi aveva trascinato lo stregone e il genio verso
un turbinio di rimembranze quasi perdute. Per la verità, avevano parlato quasi
esclusivamente loro, lasciando praticamente in silenzio gli altri commensali, i
quali, interessati solo molto marginalmente all’argomento, si erano in poco
tempo distratti nei loro più reconditi pensieri.
Bulma
aveva avuto modo di osservare da vicino l’ormai celeberrimo Son Goku e
l’impressione che ne aveva tratto era tutt’altro che negativa. Certo, in
apparenza non sembrava poter essere il guerriero
perfetto – non fosse stato altro per quei capelli spettinati che gli
conferivano un’aura di irresponsabilità – ma doveva pur ammettere che quel
ragazzo aveva un fisico davvero niente male. In apparenza, doveva essere di
poco più giovane di lei, anche se l’altezza e la prestanza fisica avrebbero
potuto trarre in inganno, e il suo atteggiamento eccessivamente tranquillo
sembrava denotare una grandissima fiducia nei propri mezzi.
In
un certo senso, la velata spavalderia che Bulma
riuscì a cogliere in Son Goku le ricordava Yamcha,
ma, chissà perché, aveva come l’impressione che il prescelto avesse motivazioni molto più valide per non dubitare di
sé stesso.
Per
quasi tutta la durata della cena, Chichi non aveva
proferito parola.
Non
che le dispiacesse che quella ragazzina avesse messo a tacere la lingua, ma,
per quel poco che l’aveva conosciuta, le sembrava abbastanza strano.
Quasi,
la bella principessa di Furipan non aveva mai alzato
gli occhi dal suo piatto, anche se aveva mangiato pochissimo. Che fosse a
disagio per qualche motivo? Forse; ma di certo non era continuando a fissarla
di sottecchi che avrebbe capito il motivo del suo silenzio.
L’unico
momento in cui Muten e Giumaho
invitarono qualcun altro a prendere parte alla discussione fu quando si arrivò
a parlare di un certo Son Gohan.
Bulma
non sapeva chi fosse, né tutto sommato le interessava scoprirlo; ma pareva
proprio che, per gli altri, l’argomento fosse molto interessante. Aveva seguito
ben poco di ciò che i due uomini avevano detto circa il misterioso Son Gohan, ma quando il genio
delle tartarughe si rivolse a Son Goku chiedendogli che fine avesse fatto
il suo maestro, la scienziata tornò a prestare attenzione.
Il
tono di Muten le era sembrato, stranamente, piuttosto
sospetto, come se lui conoscesse già la risposta e volesse trovare una
conferma.
C’era
qualcosa di anomalo nel modo in cui l’anziano guerriero aveva fissato il
giovane protettore. Bulma era un’abile osservatrice, in fondo; riusciva a
cogliere anche le sfumature meno percettibili di un volto apparentemente
imperturbato e, in quel preciso istante, sentiva che anche nel cervello di Son
Goku si era acceso un campanello d’allarme.
Possibile
che Muten gli avesse teso una sorta di trappola?
Il
sorriso nervoso e quasi infastidito del guerriero più potente seduto al tavolo
aveva attirato l’attenzione di tutti gli altri convitati. Era stato toccato un
tasto dolente?
Evidentemente,
sì, visto che il “è morto tanti anni fa” di Son Goku aveva fatto cadere di
nuovo tutti nel mutismo.
Eppure,
Bulma ne era certa, quella risposta era stata la più giusta; come se, dandone un’altra, il
ragazzo avesse potuto compromettere qualcosa.
Giumaho
avrebbe voluto parlare, ma Muten lo interrupe ancor
prima che lo stregone potesse proferire
parola.
Era
giunto il momento di cambiare discorso: per quanto la morte del misterioso Son Gohan avesse turbato il padre della principessa di Furipan, il genio non
sembrava intenzionato ad approfondire la questione.
Fu
così che l’anziano maestro riprese a parlare dei malvagi.
La
domanda, rivolta direttamente a Bulma, aveva
suscitato una certa attenzione in quasi tutti, tranne in Mamanu,
la consorte dello stregone, che
sembrava quasi non avere alcun interesse per la questione.
«Be’,
ecco… diciamo… diciamo che
sono ormai certa che domani qualcosa accadrà.»
Bulma
non aveva affatto voglia di spiattellare ai quattro venti i dettagli delle sue
scoperte, in parte perché sperava ancora di essersi sbagliata, in parte perché,
comunque, era molto probabile che non le avrebbero creduto.
Per
quel poco che aveva colto dei suoi commensali, infatti, tutto sembravano tranne
che degli appassionati di astrofisica.
«Questo,
a dire il vero, lo aveva profetizzato anche Baba.»
Alla
fine, Chichi aveva trovato l’occasione per dar fiato
alla voce.
Era
assurdo come, qualunque cosa dicesse la principessina, a Bulma
salisse il sangue al cervello.
In
fondo, sarebbe bastato semplicemente rispondere educatamente e mostrarsi
indifferente al suo sarcasmo, ma con quella ragazza tale impresa sembrava
praticamente impossibile.
«La
tua preziosa Baba ha però dimenticato di dire che i malvagi sono in realtà degli
extraterrestri. Ah, oltretutto sono riuscita a intercettare la rotta delle loro
astronavi: saranno qui all’alba. Fossi in te, Chichi,
lascerei perdere i riti vudù e
comincerei a procurarmi della criptonite… Così, tanto per non rischiare di ritrovarmi, tra
qualche ora, nello spazio aperto.»
Il
silenzio che seguì le parole di Bulma fu spezzato
solamente dai pugni che Muten aveva violentemente
sbattuto sul tavolo.
«Dovevo
immaginarlo che quella vigliacca aveva taciuto la parte più importante! Appena
riesco a beccare mia sorella giuro che…»
«Muten, per favore! Non c’è bisogno di adirarsi tanto!
Magari Baba non era riuscita a vedere proprio tutto!»
«Sciocchezze,
Giumaho! Lei ha il controllo sui vivi e sui morti.
Può osservare qualunque dannata cosa desideri! Altro che entità maligne,
accidenti!»
Per
quanto Bulma desiderasse intervenire, non ebbe il
coraggio di proferire parola.
Col
senno di poi, avrebbe sicuramente fatto meglio a tenere la bocca chiusa, non
solo perché la sua rivelazione aveva mandato su tutte le furie Muten, ma anche perché Baba era
la sorella del grande maestro.
Quest’ultima
cosa, poi, non l’aveva davvero messa in conto, ma se non altro la reazione
dell’uomo dimostrava che i suoi dubbi nei confronti della veggente erano
fondati.
La
scienziata cominciò a guardarsi intorno, posando lo sguardo di volta in volta
su tutti i presenti.
Se
Chichi sembrava voler mantenere una parvenza di
compostezza, suo padre pareva invece sul punto di svenire. Crilin
taceva, come gli altri, ma il suo viso mostrava quella consapevolezza già
acquisita durante il precedente colloquio con Bulma.
Lui già sapeva tutto, purtroppo, e anzi lo scopo di quella cena era proprio
mettere gli altri a conoscenza della novità.
Son
Goku non aveva fatto una piega da quando Bulma aveva
preso a fissarlo; peccato che, nel momento in cui aveva rivelato la vera
identità dei malvagi, la scienziata
fosse intenta a gustarsi l’espressione basita di Chichi.
Forse,
sarebbe stato molto più interessante vedere l’immediata reazione del protettore; in fondo, sarebbe toccato a
lui l’arduo compito di tener testa agli alieni venturi!
«D’accordo,
mi dispiace. Non avrei dovuto dirvelo così» tentò di scusarsi la bella
scienziata.
«Non
dire sciocchezze, potresti averci salvati tutti quanti! Piuttosto, cosa pensi
che dovremmo fare adesso?»
«cosa
vuoi che ne sappia, Muten? Non sono mica io la protettrice!»
Lo
sguardo dei presenti si rivolse di nuovo verso Son Goku.
Ovvio,
chi altri potevano guardare in quel momento? Era su di lui che gravava tutto il
peso di quella difficile situazione; lui che, vincendo quel dannato torneo,
aveva in qualche modo incatenato la sua vita a quella di una principessa
scontrosa e irascibile.
O,
almeno, questo era quello che pensavano tutti.
Kakaroth
avrebbe voluto far saltare in aria all’istante quella maledetta sala da pranzo
e tutti i suoi commensali.
Questa
proprio non se la sarebbe mai aspettata.
Come
accidenti aveva fatto una sciocca terrestre qualunque a captare nello spazio
aperto la presenza delle navicelle dei saiyan? La
cosa peggiore, oltretutto, era che sembrava assolutamente convinta di ciò che
aveva scoperto.
Aveva
fatto male i calcoli, ecco tutto.
Quando
quell’ingenuo di Son Gohan lo aveva avvertito, in
punto di morte, di non sottovalutare i terrestri, avrebbe dovuto dargli retta.
Non troverai mai
qualcuno più forte di te su questo pianeta, ragazzo, ma a volte un cervello ben
allenato può dare del filo da torcere ai muscoli più sviluppati.
Ecco,
ora davanti a sé Kakaroth aveva trovato quel dannato
cervello.
E,
per di più, apparteneva a una donna.
Nel
momento in cui il saiyan si chiese se fosse il caso
di avvertire il principe, una voce squillante e ormai familiare lo distrasse di
nuovo dai suoi pensieri.
«Che
differenza volete che faccia se questi malvagi
siano demoni, fantasmi, robot, oppure alieni? A me pare che, tutto sommato,
la situazione non sia cambiata poi molto.»
«Il
problema, Chichi, è che se lo avessimo saputo prima,
magari avremmo potuto prepararci diversamente.»
Le
parole di suo padre non l’avevano convinta.
No,
Chichi non credeva possibile che i malvagi si potessero affrontare in
maniera diversa da come aveva predetto Baba.
D’accordo, Muten per primo aveva ammesso che sua
sorella non era affatto affidabile e che era capace di nascondere dettagli
importanti; ma la scienziata aveva appena confermato che qualcuno stava davvero arrivando.
E
poi c’era lui, Son Goku, il suo protettore.
In
quelle poche ore in cui aveva avuto a che fare con lui l’aveva fatta
rincitrullire più di quanto non fossero riusciti a fare tutti gli uomini che
aveva incontrato nella sua vita. Non era sicura che ciò fosse un bene; anzi,
probabilmente non lo era affatto. Ma alternative a lui proprio non ne vedeva:
aveva dimostrato sul campo di essere il più forte; su chi altri avrebbe dovuto
fare affidamento per sperare di sconfiggere le forze del male?
Nel
momento in cui la principessa lanciò al suo guerriero uno sguardo, il saiyan percepì dei brividi sconosciuti. Negli occhi della
ragazza, Kakaroth riuscì a scorgere tutta l’immensa
fiducia che ella riponeva in lui e tutto l’entusiasmo che la giovane ancora
covava.
Quello
scambio di sguardi non durò più di un attimo, ma ciò bastò a far aumentare in Kakaroth un inaspettato disagio.
Stava
per tradirla.
Come
aveva detto la scienziata, entro l’alba gli alieni sarebbero arrivati sulla
Terra e poi…
«Sai
dove atterreranno?»
«Suppongo
nelle vicinanze, Crilin. La valle ai piedi del monte Furipan mi sembra vasta abbastanza per accogliere una
ventina di navicelle monoposto.»
«A
me è passata la fame.»
Giumaho
si alzò di scatto dal suo posto.
La
fame era passata a tutti, ovviamente, ma il suo ruolo nei confronti della gente
di Furipan aveva reso lo stregone più nervoso di tutti gli altri.
Mamanu
si alzò dopo di lui.
Come
sempre, sua moglie lo avrebbe seguito ovunque egli avesse deciso di andare.
Il
silenzio del tavolo cui erano sedute le più alte personalità di Furipan contrastava con forza col rumore assordate delle
risate e delle chiacchierate nel resto della stanza. Bulma
avrebbe voluto essere da tutt’altra parte, così come anche Crilin
e Kakaroth, ognuno travolto da un’infinità di
pensieri.
«Be’,
sarà meglio che ce ne andiamo tutti a dormire. Domani la giornata inizierà
prestissimo, a quanto pare.»
Bulma
si voltò verso Crilin e gli rivolse uno sguardo di
assenso.
Già,
l’indomani mattina era ormai vicino, e anche se aveva la sensazione che nessuno
avrebbe chiuso occhio, era di sicuro meglio cambiare aria. L’atmosfera intorno
a quel dannato tavolo si era fatta molto più pesante del previsto.
«Aspettate,
e io?» intervenne la principessa. «Come faccio ad andare a letto come se niente
fosse sapendo che fra poche ore arriveranno i malvagi?»
«Vuoi
passare la notte con me e Mamanu?»
«No»
si intromise a sorpresa Goku, lasciando di stucco sia Giumaho
che Chichi «va’ nella tua stanza e non muoverti da lì
finché non sarò io stesso a venirti a prendere.»
Il
tono autoritario con cui il giovane guerriero aveva proferito quelle parole
aveva sortito uno strano effetto sui commensali. Era chiaro che quello non
poteva che essere un ordine, anche se, per qualche strana ragione, a Bulma sembrò somigliare in qualche modo a una minaccia.
Guardando
di sottecchi ad uno ad uno i volti degli altri presenti, si rese conto che Muten doveva averla pensata come lei.
Son
Goku, dal canto suo, non diede a nessuno, neppure alla principessa, il tempo di
replicare.
In
poco meno di un secondo si alzò dal tavolo e se ne andò, lasciando un po’ tutti
a bocca aperta.
A
poco a poco, tutti seguirono il suo esempio, nel silenzio più totale.
Bulma,
lasciando la sala da pranzo, si chiese se quell’invito a non uscire dalla
propria stanza fosse rivolto solo alla principessa o anche a tutti gli altri.
Si convinse per la seconda opzione e, proprio per questo, lei avrebbe
disobbedito.
***
«Dannato
pianeta! Ah, a che diavolo servono tutte queste stupide montagne? Ecco perché
detesto i pianeti rocciosi!»
L’atterraggio
sulla Terra non era stato dei migliori, né, tutto sommato, il principe aveva
previsto di meglio. Kakaroth gliel’aveva detto, in
fondo: quello stupido ammasso di roccia non era affatto adatto agli atterraggi
di fortuna. Non che il suo lo fosse, ma il principe si era accorto, con un
certo disappunto, di aver fatto male i conti e di aver immaginato la vallata ai
piedi del monte Furipan molto più ampia di quanto in
realtà non fosse.
Il
risultato fu un tamponamento di massa che vide coinvolte ben sedici navicelle
su ventuno, compresa la sua.
L’aria
tuttavia, era fresca e frizzante.
Erano
anni, ormai, che il giovane Vegeta, erede dell’impero più grandioso e potente
mai affacciatosi sulla faccia dell’universo, non assaporava il piacere di
respirare del sano ossigeno tutto insieme. A prima vista, quel pianeta non
sembrava poi così male e il principe doveva dare atto a Kakaroth
di averci visto giusto anche su questo aspetto.
L’idea
che il suo sottoposto avesse così tanta perspicacia non gli andava poi troppo a
genio ma, tutto sommato, era un bene che a finire su quel ricco pianeta non
fosse stato un perfetto imbecille.
«Dannazione,
principe, un paio di navicelle sono andate quasi completamente distrutte.»
«Non
è questo il nostro problema principale, Bardack. Piuttosto, dov’è
quell’incompetente di tuo figlio? Ci aveva assicurato che sarebbe stato qui ad
accoglierci al nostro arrivo.»
«Sono
qui, Vegeta, proprio come ti avevo promesso.»
La
figura di Kakaroth si stagliò quasi prepotentemente
di fronte a quella basita di tutti gli altri saiyan;
tutti, tranne il principe e Bardack. Il giovane
figlio del generale più potente dell’armata reale aveva fatto passi da gigante
durante gli anni trascorsi sulla Terra, nonostante quel pianeta fosse abitato
perlopiù da perfetti incompetenti nel campo della lotta.
Eppure,
nessuno, tranne loro due, si era accorto del suo arrivo.
L’alba
stava sorgendo in quel momento lungo la verdeggiante vallata che si stagliava
in tutta la sua rigogliosa bellezza ai piedi del monte Furipan;
l’atmosfera che si respirava tra i combattenti più potenti dell’universo pareva
riecheggiare i più cupi meandri dell’inferno.
«Ti
aspettavo con ansia, Kakaroth. E ora, portami dalle sfere del drago.»
CONTINUA
Angolo dell’autrice
Buongiorno/pomeriggio/sera
a tutti!
Innanzitutto,
grazie di cuore a chi è riuscito ad arrivare in fondo anche a questo capitolo.
Spero con tutta me stessa di non avervi annoiati, anche se, ovviamente, ancora
non è successo niente di che. Per ora mi sono limitata a scandagliare la mente
dei miei personaggi: qualcuno inizia a sospettare qualcosa, qualcun altro
sembra, invece, non nutrire alcun dubbio circa la buona fede di Goku.
Mi
auguro di essere riuscita a rendere abbastanza bene il vortice di sentimenti
che sta turbando i protagonisti della storia. Per il resto, evito di stressarvi
ulteriormente con discorsi inutili vista la lunghezza del capitolo.
Di
nuovo, grazie a tutti!
9dolina0