Capitolo decimo.
Sposto lo sguardo da Shamuel a Deborah, notando qualcosa di strano.
Lei continua ad arrossire e, ogni volta che si sfiorano, si chiedono
scusa balbettando e distogliendo lo sguardo. Per essere due che non
dovrebbero farsi scoprire, stanno facendo un pessimo lavoro. Mi
stupisce che Dio non sia ancora sceso qui fluttuando e mandandoli a
morire in modo doloroso, magari usando un tridente o un bastone figo.
Come un vecchio saggio o qualcosa del genere.
“Quand'è che avete fatto sesso?” chiedo
sbadigliando. Shamuel
sbatte un paio di volte le palpebre, guardandomi stupito. Deborah fa
un lamento imbarazzato, nascondendosi la testa tra le mani.
“Noi...io...ma che dici Gabrielle!” esclama lui,
mettendomi un
braccio attorno alle spalle. Sta facendo il gentile, quindi
c'è
decisamente qualcosa sotto.
“Cos'è, l'hai messa incinta?” lo spingo
via, sgridandolo con lo
sguardo. Come si fa a partorire nell'Aldilà? Che schifo. E
non
esistono i preservativi, quindi rimani con un marmocchio dentro per
forza di cose. Mh, mi sta passando la voglia di attaccare
sessualmente Justin.
No, scherzavo.
“Piantala di dire cose stupide. -balbetta Sham- E invece che
pensare a come...attaccare sessualmente? quel povero ragazzo, dove
l'hai lasciato?” mi chiede curioso. Sta cambiando argomento,
ma non
sono scema. Beh, se si sono dichiarati o cosa meglio per loro.
“Dove sta da due giorni, dove vuoi che sia.”, perdo
il tono
canzonatorio, ritrovandomi seria più di quanto vorrei.
Daniel, o
meglio Cai- ho ucciso mio fratello perché ero
più bello- no,
gli ha fatto vedere una specie di collinetta (è orrenda,
tutta
bianca) che da sugli altri cerchi dell'Inferno. In realtà
non c'è
molto da fare, ma lui sta la tutto il giorno, a pensare. A volte
rimane a dormirci. Non passa mai nessuno da quelle parti, nessuno
può
vederlo e siamo tutti più felici e contenti. Balle. Non mi
parla
quasi più, intento a pensare a non so cosa, ed è
diventato un
filosofo peggio di Platone. Spara riflessioni su riflessioni. Ho
provato a rispondergli con qualcosa di intelligente, ma mi ha subito
zittito dicendo che conosceva quella citazione. Fingersi Charlie
Chaplin non è stata una grande idea, così da
allora sono stata
zitta.
“E perché non vai a fargli compagnia?”
la sua voce si è
addolcita. Quasi impossibile a dirsi, vero?
“Perché mi ha chiesto di restare solo.”,
borbotto contrariata. E
al diavolo ogni tentativo di fare un cammino di purificazione. A sto
punto mi posso mettere a girare in cerchio e farlo da sola. Magari
potrei parlare con qualche altra anima, oppure...
“Shamuel!” esclamo, come se fosse ovvio.
“Non ci sono chitarre, come te lo devo dire?”
sbuffa. Abbiamo già
avuto questo discorso, e quando ho detto a Justin che non avrebbe
potuto avere la sua chitarra è stato brutto. Non so se
dimenticherò
la luce di delusione nei suoi occhi, ma poi ha fatto spallucce e un
mezzo sorriso. Si è adeguato, in qualche modo.
“No, al diavolo le chitarre. -gesticolo come per spazzare via
qualcosa- Voglio vedere Jason.”, espongo la mia idea,
vedendolo
inarcare le sopracciglia.
“Vuoi vedere chi?” fa perplesso. Che memoria
impeccabile, mamma
mia.
“Ma ci sei o ci fai, Shamuel con l'h?” lo spintono
leggermente,
gesto per cui, conoscendolo, fingerà di lamentarsi per
mezz'ora. È
fragile come il tonno Riomare. Dato che non mi risponde, troppo
occupato a massaggiarsi il braccio e a guardarmi male, glielo devo
spiegare.
“Jason, l'angelo! Sai, tizi con le ali che ti fanno ricordare
cose
contro il tuo volere.”, gesticolo per fare più
scena. Così, tanto
per.
“Ah. E perché vorresti vederlo?” chiede,
e sembra davvero
curioso. Non che questo mi smuova, assolutamente.
“Perché si.”, gli sorrido e lui sbuffa.
Voglio farci una
chiacchierata, non posso? Sto cercando di nascondere il vero motivo,
in caso mi scavi nella testa. Non è nemmeno
chissà cosa, ma questo
giovanotto si svonvolge per poco, ho notato.
“Vai, è nello stesso posto di sempre.”,
si arrende,
indifferente. Sham, piantala di fare il duro e il modello di
comportamento, so che sei un pezzo di pane. Devo puntare su
quest'aspetto nascosto del suo carattere.
“E mi fai girare da sola per l'Inferno? E se mi succede
qualche
cosa?” Puntiamo sul tragico.
Shamuel mi fissa, sbattendo le palpebre: “Che ti deve
succedere?
Sei morta.” Mr. Tatto dell'anno. Ecco a voi l'uomo (o meglio
il
ragazzo) che mi manderebbe in pasto a leoni per rendere più
allegra
la sua giornata.
“Non so la strada.”, ritento, calcando parola per
parola. Che poi
è vero, mi perderei di sicuro.
“Fatti accompagnare da Deborah.”, dice laconico,
come se volesse
chiudere questo discorso e basta. Non ha pazienza! Altro che pezzo di
pane, è un pezzo di...
“Gabrielle! Per favore!” esclama così
forte da stordirmi. Ok,
non lo penso più, grande capo. Afferrato il concetto.
Dal canto suo, Deborah mi fissa sorridendomi. Bene, lei è
sempre
disposta ad aiutare gli altri. Devo andare a cercare Michelangelo per
chiedergli di farle una statua. Sarà all'Inferno? Mah, forse
no.
Comunque, meglio andare subito. Non me la sento di incontrare Justin,
ma tanto sarà ancora con il culo incollato alla collina.
Beata la
collina, dopotutto.
Afferro la mano di Deborah e mi lascio guidare verso la scala
tortuosa (come direbbe Gollum) e mi preparo a salirla. Me la
ricordavo persino più larga, non so come io abbia fatto a
passarci.
Per non parlare di quel ciccione di Shamuel, per lui dev'essere stato
eroico.
“Un momento.”, mi fermo prima di iniziare a salire.
Deborah alza
un sopracciglio, girandosi a fissarmi. È solo sul secondo
gradino,
per cui può ancora farlo.
“Ma Jason stava fuori dall'Inferno. Io non posso uscire di
qui, non
prima che siano terminate le due settimane.”, e Shamuel lo
sa. Cosa
sta cercando di fare, farmi fallire la prova? Non mi vuole in
Paradiso con lui? Forse pensa di avere l'esclusiva.
“O forse pensa che non ti meriteresti di raggiungere chi ha
vissuto
una vita esemplare. Niente di personale contro di te,
credimi.”, la
voce di Shamuel non mi stupisce. Ci ha seguite e ha sentito i miei
pensieri, come al solito. Mi giro per rispondergli, ma vedo accanto a
lui Justin. Il marmocchio collinoso. Devo trattenermi per non andare
ad abbracciarlo, perché mi è mancato.
Perché è bello. Perché
vorrei che preferisse me ad una collina. Ignoro l'espressione
incredula di Shamuel: c'è qualche problema? Non è
colpa mia se
sento i bruchi nello stomaco quando vedo Justin, non è colpa
mia se
mi suscita dei pensieri più profondi del normale. Non
è colpa mia
niente e la gente dovrebbe smetterla di rinfacciarmi ogni cosa.
“E come sai che non avrei potuto vivere una vita esemplare?
Sono
morta, cretino! A diciotto anni!” mi ha fatto arrabbiare
stavolta.
Vedo Justin sobbalzare alle mie parole, portandosi una mano sul
cuore. Improvvisamente la rabbia sparisce, vorrei non aver detto
niente. O almeno, vorrei non averlo detto in sua presenza.
“E io ti sembro tanto più vecchio? Eppure forse ho
mostrato di
meritarmelo.”, mi fa Shamuel, mantenendo un tono calmo ma che
tradisce la rabbia.
Rispondo con lo sguardo puntato su Justin. Non riesco a staccare gli
occhi, ci guardiamo e basta. Ed io sento qualcosa crescere in me,
qualcosa di forte e inatteso. Qualcosa di pericoloso. “Sono
stanca
di sentirmi dire che sei superiore, anzi non ho idea del
perché tu
sia qui.”
“Tu hai chiesto che ci fossi!” esclama d'un tratto,
facendomi
distogliere lo sguardo da Justin. Shamuel mi sta fissando con
delusione, mantenendo la calma in modo ammirevole, in confronto a me.
“Hai ragione. Pensavo fossi migliore.”, il tono con
cui lo dico è
amaro. E non si riferisce solo a Shamuel.
Giro i tacchi prima che possa rispondermi, perché non ho
più la
forza di sostenere una discussione. Sono stufa di aiutare gli altri
quando nessuno aiuta me, stufa di affezionarmi a persone per le quali
non valgo poi così tanto. Mica volevo andare da Jason per
me; avrei
solo voluto recuperare tutti i miei ricordi per poter aiutare Justin.
Non ricordo come si tratta un amico, non ricordo un cavolo di niente.
Qualsiasi cosa io faccia è perché sto pensando
agli altri, prima.
Ed è così che continuo a soffire. Le persone
buone come me non
fanno una bella fine, a forza di spezzarsi dentro.
Non ricordo quando ho iniziato a correre, ma lo sto facendo. Corro
attraverso le anime, sorda ai loro insulti. Corro fino a che non
raggiungo il posto che ho evitato per questi giorni, che ho
disprezzato. La collina bianca mi attende, vuota, inutile.
Perché
sono venuta qui? Semplice. Questa collina rappresenta qualcosa per
Justin. Vorrei essere come questa collina, adesso.
Rimango seduta a fissare il vuoto per non so quanto tempo, immobile.
Non piango. Non ce n'è bisogno. Non so come a Justin possano
venire
in mente riflessioni filosofiche, quassù. Per me
c'è un senso di
vuoto assoluto, un silenzio che crea un ronzio fastidioso.
“Non è granché, vero?”
Sobbalzo, fissando alla mia destra. Justin è seduto a gambe
incrociate, rivolto verso di me e non verso il panorama. Non so da
quanto è qui, non l'ho sentito arrivare.
“Pensavo di piacesse.”, la mia voce suona roca per
le urla di
prima e il silenzio degli ultimi minuti. Justin scrolla le spalle,
lanciando un'occhiata al vuoto e poi tornando a concentrarsi su di
me.
“E' l'unico posto in cui possa stare, devo farmelo andare
bene.”,
fa un sorriso a mezza bocca, avvicinandosi un po'. Non l'ho mai vista
in questo modo, non ho mai pensato a cosa significasse per lui. Forse
non sono così altruista come pensavo. Forse davvero ho
dimenticato
come si fa ad essere amici di qualcuno.
“Mi dispiace di non averti parlato questi giorni.
Volevo...pensare.
Ma mi sono solo fatto del male.”, ammette. Allunga una mano
ed
automaticamente gli porgo la mia. La sua espressione si rilassa,
mentre comincia ad accarezzarmi la pelle. Io, come al solito,
nascondo i tremiti e i brividi. Spero non noti la pelle d'oca che mi
è venuta ovunque, persino sul collo.
“A cosa pensavi?” chiedo. La mia voce è
un filo quasi inudibile.
Justin mi guarda e vedo un lampo di tristezza passare nei suoi occhi.
Non fa nulla per nasconderlo. “A quanto te ne andrai e
sarò di
nuovo solo, in catene, in mezzo a persone che se potessero tornare
indietro farebbero esattamento cos'hanno fatto. Quanto sono stupido?
Ho sprecato due giorni a pensare a queste cose, invece di sfruttarli.
Ora non torneranno indietro.”, stringe la mia mano, ma senza
farmi
male.
“Magari posso chiedere se...”, ma mi interrompo.
Lui già scuote
la testa. Non posso più chiedere nulla, anche se in questo
momento
chiederei di poter stare qui per sempre. Potrei anche sopportare le
catene. L'odore fa un po' schifo, ma forse mi ci potrei abituare.
“Shamuel mi ha detto che volevi riavere i tuoi
ricordi.”, cambia
argomento. E quindi non sono riuscita a tenere nascosti i miei
pensieri, Mr. Tatto li ha raggiunti a suo piacere, neanche fosse la
sua di testa.
“Perché?” mi chiede ancora, visto che
non rispondo. Sono troppo
occupata a insultare Shamuel mentalmente. Spero che i pensieri
funzionino anche chilometricamente parlando.
“Voglio sapere tutto di me, è un mio diritto.
Voglio sapere come
si fa a fare determinate cose che ho dimenticato.”, confesso.
Ti
prego Dio, fa' che non mi chieda cosa.
“Tipo?” Ecco. Grazie.
“Tipo essere...ehm...un'amica.”, sono diventata
fucsia. Lo sento.
Justin strabuzza gli occhi, lasciandomi la mano per indicarmi
minacciosamente con il dito: “Non osare pensarlo!”
sbotta. Alzo
le mani e indietreggio quanto possibile, dato che sono seduta. Ok,
non lo penserò più. Capito.
“Ho un'idea.”, ricomincia a parlare una volta che
si è calmato e
ha smesso di indicarmi come un pazzo.
“Le tue idee fanno schifo.”, gli sorrido. Lui mi fa
la
linguaccia, da persona matura quale è, e si avvicina di
nuovo. Mi
prende la testa tra le mani e mi da' un bacio in fronte. È
così
affettuoso e intimo che mi viene da piangere. E giuro che piangerei,
se fossi una persona sentimentale.
Ma sono un robot, per cui niente.
“Grazie della fiducia.”, ridacchia e mi lascia
andare. Si alza e
mi tende una mano, che io afferro. Dopotutto io mi fido di lui, ed
è
giusto che sia così. Mi fido del mio assassino. Non fa tanto
film di
Sandra Bullock?
“Posso sapere qual è questa tua idea
geniale?” chiedo, mentre mi
lascio trascinare da lui. Presto ci mettiamo a correre e la sua
adrenalina mi contagia. Qualunque cosa sia, ci sto.
Quando si ferma mi accorgo che siamo di nuovo, dejavù, ai
piedi
della scala per pidocchi. Mi ci vanno circa due secondi virgola
cinque periodico per capire cosa ha in mente. Ricordate quando due
secondi virgola cinque fa ho detto che qualsiasi cosa fosse stata
avrei accettato? Cancellatela.
“Justin, ma sei scemo?” mi scappa. Non voglio
offenderlo, ma
forse è un po' stordito dal fuso orario (che qui non esiste,
ma
magari lui non lo sa).
“Muoviti, ci metteremo tre anni a superare questa
scala.”,
sussurra. “E fai silenzio.”, aggiunge poi.
“Perché parli in prima persona plurale?”
chiedo,
terrorizzandomi. Se prima pensavo che fosse una cattiva idea, adesso
penso che sia un'idea talmente stupida che ci beccheranno al quarto
gradino. Forse, se ci va bene, al quinto.
“Ti accompagno dall'angelo.”, mi sorride ma senza
il suo solito
ghigno. È preoccupato quanto me, ma lo sta facendo. Per
me.
Pazzesco.
“Ma tu non puoi uscire di qui!” esclamo e la mia
voce sfiora il
falsetto. Sulla mia fronte lampeggia la scritta 'terrore' in rosso
fosforescente, ne sono sicura.
“E chi se ne frega!” mi fa l'occhiolino e inizia a
salire. Sarà
una lunga passeggiata, visto che è bloccato al terzo
gradino. Ancora
peggio di quanto pensassi! Se ci beccano siamo morti. Per la seconda
volta. E Shamuel mi odierà; e Debby pure. Dio
punirà Justin, me e
chi sa chi altro.
Che figo.
“Andiamo, bello.”, gli dico, aiutandolo a spingersi
su per le
scale. Mica gli sto toccando il culo eh, non preoccupatevi.
Allora.
Vi
chiedo scusa per non aver aggiornato, ma lunedì ho inziato
l'università:
esco di casa alle 7 del mattino e torno alle 8 di sera.
Per
cui capite che è difficile scrivere. Faccio il possibile.
Inoltre
scusate che, per lo stesso motivo, non ho potuto rispondere alle
recensioni.
Mi
hanno emozionato, comunque. Per cui per ora non cancello la storia.
Poi
si vedrà.
Ditemi
se vi piace e scusate ancora.
Chiara :)
|