CRONACHE DELLA KOUMA SENSOU
di Ilune Willowleaf
nota iniziale:
questo lungo racconto mi serve per fissare in modo chiaro
alcuni dettagli sia della storyline ufficiale, sia quelli delle sottotrame e dei
personaggi da me creati che si inseriscono nel filone che è nato con Gods War.
Dico subito che la maggior parte (per non dire TUTTI) i
personaggi che compaiono in questa fanfic non sono miei, e che non scrivo a
scopo di lucro bensì solo per diverire mé e gli altri (ok,e anche la postilla copyright è fatta [Ilune
cancella “copyright” dalla lista di cose da scrivere]). Inoltre, non prendete
per vere tutte tutte le notizie da me scritte: a me fanno “comodo” così, ma
dopo che ero arrivata a 4/5 della stesura della trama della saga di cui fanno
parte le Cronache, ho scoperto che avevo preso dei grachi mostruosi (per la
lista completa delle mie cappelle da non imitare, vi rimando alla fine
del’ultimo capitolo).
Ringraziando per la cortese attenzione ^__^ e scusandomi
per i pasticci che ho commesso, vi auguro una piacevole lettura!!!
Ilune
Willowleaf
CAPITOLO I
L’eterna lotta tra Bene e Male imperversava da quando quel
mondo era stato creato, da quando LORO erano stati creati, e dalla madre
avevano avuto l’ordine di combattersi, per l’eternità, per il Suo diletto.
Le terre sconvolte dalle battaglie ospitavano già molte
forme di vita, alcune semplici e primitive, altre che erano da poco all’apice
della loro gloria, quando loro quattro furono creati.
Shabranigdo, il Demone dagli Occhi di Fuoco, detto Ruby Eye,
voleva qualcuno che lo aiutasse. Qualcuno che potesse fargli notare altri punti
di vista, altre menti capaci di vedere le falle dei suoi piani, che gli
obbedissero, che lo aiutassero a battere il suo eterno nemico, Cephied, il
drago di Oceano.
Così creò i quattro Dark Lords.
Phibrizio, che più gli assomigliava. Crudele e sottile,
perfido e astuto, ingannatore, intelligente.
Dynast, il gelido. Distaccato, glaciale, privo di emozioni;
la collera, l’ira, la rabbia, gli erano estranee, come il calore è estraneo ai
freddi ghiacciai eterni.
Zelas, l’animalesca. Bellissima e selvaggia, feroce eppure
sconcertantemente sensuale. In lei c’era tutta l’impulsività, tutta la ferocia
che si palesa nella natura.
E poi, Dolphin. Strana, mutevole come il mare. A volte
esuberante, a volte apatica, talvolta attiva, perfida, spietata; a volte, nulla
pareva interessarle, e trasognata si lasciava trasportare dalle correnti calme
o impetuose degli abissi, suo dominio.
La guerra del Bene contro il Male continuava.
E finì in un pareggio.
Ruby Eye diviso in sette parti, sigillato, nascosto, celato
ai suoi figli in fragili, mutevoli corpi umani.
Cephied stremato, sprofondato nel mare del Chaos; lasciando
dietro di sé quattro alter ego chiamati Re dei Draghi, e dei piccoli frammenti
di sé, i suoi Cavalieri.
E tregua fu, per quattromila anni. Leccarsi le ferite,
organizzarsi, spiarsi, intralciarsi a vicenda, piccole scaramucce e piani
segreti.
E mentre il Bene e il Male si beccavano a vicenda in futili
litigi, una razza giovane, appartenente sia al male che al bene, crebbe e si
moltiplicò, invadendo come formiche le terre che il tempo aveva lenito dagli
scontri ancestrali. Gli umani, strani esseri, che si moltiplicavano in quelle sue
strisce di terra, rimasuglio dell’immenso continente in cui l’ultimo scontro
del Maou e del Ryuukami aveva scavato un immenso oceano circolare, distruggendo
quasi ogni vestigia delle prospere civiltà di elfi e draghi…
-Allora, sei proprio certo, Phibrizio?- Zelas batté con
impazienza il prezioso bocchino di onice, con una sigaretta accesa infilata,
sul bracciolo dell’alta, elegante sedia, attorno al tavolo rotondo.
Phibrizio, unico in piedi in quella stanza, troppo eccitato
per stare seduto, dette un calcetto alla pesante tenda di velluto nero che
tagliava fuori il sole e il suo calore da ogni stanza del suo castello,
l’Hellmaster Manor.
-Certo che si, Zelas. L’ho fatto seguire e controllare a
lungo, e alla fine me ne sono accertato io stesso. In Lei Magnus c’è sigillato
uno dei sette pezzi di Shabranigdo-sama.- confermò il Dark Lord con un sorriso
smagliante sui lineamenti di bambino che tanto amava.
Zelas sbuffò una nuvoletta di fumo aromatico.
Dynast prese la parola. La sua voce era priva di qualsiasi
inflessione, di qualsivoglia sfumatura di sentimento.
-Sarà allora necessario desigillarlo al più presto.
Occorrerà però evitare che i Re Draghi se ne accorgano. -
-La mia isola andrà benissimo. E’ la zona più adatta,
sufficientemente lontana da quei lucertoloni. - si offrì Zelas. Dynast parve
ponderare l’idea; poi, lentamente, annuì, una volta sola.
-Dolphin?- chiese
Zelas. In quel periodo Dolphin era piuttosto estroversa; i periodi in
cui si rinchiudeva in un mutismo quasi assoluto, parlando per sibilline, brevi
frasi, parevano essersi ridotti di molto da quando aveva creato i suoi due
subordinati, Poseidon e Nerea.
Zelas pensò con un moto d’orgoglio al suo unico subordinato
Xelloss; in lui aveva riunito i poteri dei general e dei priest, creando un
essere estremamente interessante, potente, e con un innato talento per la
cucina (ancora doveva capire come fosse venuta fuori questa caratteristica… ).
-Per me va bene. A tenere alla larga dalla zona i draghi
d’acqua ci penso io. Manderò un paio di divisioni a tenerli impegnati molto più
a sud, va bene?-
Phibrizio annuì.
-Molto bene. Andrò a prendere Lei Magnus, lo porterò alla
Wolf Pack Island, e lì desigilleremo Ruby-Eye sama. Dynast, dovresti tenere occupati
i draghi della parte nord del continente. Manda un po’ dei tuoi subordinati a
fare casino. Mi sembra che la tua general non si faccia pregare per fare
qualche bel massacro…-
Il fatto che Shella ogni tanto amasse fare veri e propri
bagni di sangue non era un segreto, e Phibrizio si chiese come diamine aveva
fatto un Dark Lord tanto privo, all’apparenza, di emozioni, a creare una
schizofrenica come Shella. Mah, misteri. Coi subordinati non sai mai
esattamente cosa viene fuori. Puoi decidere che poteri conferire, che
caratteristiche, e che forma beast; ma il carattere si forma in modo
indipendente.
Come quel mollaccione di Dessran, il secondo Priest che
aveva creato. Forse c’entrava il fatto di averlo creato da un essere umano, ma
quel priest era difficile da controllare, anche se indubbiamente molto dotato.
Mentre Phibrizio lasciava la sua mente andare a queste
digressioni sui subordinati, gli altri tre Dark Lords se n’erano andati, ognuno
alla sua residenza.
Con un sospiro, pensando a quello che riteneva un suo mezzo
fallimento, Phibrizio lasciò l’Hellmaster Manor, teletrasportandosi nel grande
studio di Lei Magnus, nella scuola di Magia e Stregoneria in cui viveva.
-Poseidon! Nerea!- Dolphin aveva appena posato i piedi sul
pavimento di conchiglie e madreperla intarsiati della sua sala del trono, che
immediatamente chiamò i suoi due subordinati.
I due comparvero subito, inginocchiandosi al cospetto della
loro master.
-Nerea, prendi uno squadrone di brass di livello medio alto,
e vai a infastidire un po’ gli shinzoku. Tienili il più lontano possibile dalla
Wolf Pack Island. Se riesci a trascinarli sotto l’equatore anche meglio.
Poseidon, tu invece vai a controllare i Draghi Ancestrali.
Quel popolo si tiene separato dagli altri, ma se avessero odore di cosa stiamo
preparando e scendessero in campo, sarebbero cavoli amari per tutti. Non
avvicinarti troppo, guarda solo se fanno i beati villeggianti come al solito o
se noti attività insolite.
Andate.-
Chinando la testa in segno di assenso, i due scomparvero nel
piano astrale, diretto l’uno al pianoro dei Draghi Ancestrali, l’altra, dopo
aver chiamato i capi di alcuni piccoli squadroni, a provocare i draghi di mare
e a portarli lontano.
Dolphin si sedette sul suo trono, accarezzando distratta le
spire di madreperla intarsiati di perle e coralli, di gemme e pietre dure.
Il mento fine appoggiato alla mano minuta, sperò che i
Draghi Ancestrali non avessero subodorato qualcosa.
Lei era a conoscenza di cose che gli altri Dark Lords
nemmeno immaginavano.
Per esempio, che quei draghi si muovevano solo in favore
delle forze del Bene, ma solo se il loro oracolo glie lo ordinava. E l’Oracolo
riceveva ordini e visioni solo ed esclusivamente da LoN.
Razza potente, molto più delle altre. Pigramente, Dolphin si
chiese cosa poteva venir fuori se avesse provato a creare un lesser demon con
il corpo di un Drago Ancestrale.
Decise che, quando avesse avuto il tempo, avrebbe fatto
qualche esperimento. Ma non adesso.
Si lasciò scivolare giù dal trono, teletrasportandosi poi
allo Zelas’ Castle, sulla tropicale isola chiamata Wolf Pack Island.
Su, su, nel nord, dove il sole è pallido e timido e dove
l’aria è sempre gelida, nel castello di ghiaccio e cristallo purissimo ove
Dynast aveva la sua dimora, Shella accolse con gioia immensa la prospettiva di
fare un bel massacro.
-Non scatenarti troppo. Non devono nemmeno intuire i nostri
piani. Devono crederla una normale scaramuccia. - il tono distaccato e freddo
di Dynast era, per l’abituata general, venato di una severità che solo lei, creata
da quell’apparente assenza assoluta di sentimenti, riusciva a percepire.
Chinò la testa, obbediente.
-Ai vostri ordini, Master. - sussurrò, prima di sparire, con
un ghigno perfido sulle sottili labbra, e uno scintillio omicida negli occhi
blu e freddi come le crepe più profonde dei ghiacciai
Qualche giorno prima, in una zona della attuale Penisola dei
Demoni…
“Qui si prepara qualcosa di grosso. Temo che Lei Magnus sama
non abbia preso sul serio i miei avvertimenti… spero solo che Phibrizio non
scopra che ho cercato di nascondergli informazioni… per fortuna non spia troppo
spesso nella mia testa. Dice che tutti i miei buonismi gli causano
l’emicrania…” Dessran sogghignò “come se avesse davvero un cervello organico
che possa fargli male…”. Era inginocchiato per terra, anche se apparentemente
non c’era nulla di fronte a sé. Studiava con cura la barriera che imprigionava
il suo villaggio e le terre circostanti da diversi anni. Se Phibrizio si
distraeva e usava tutte le sue forze e concentrazione per qualcos’altro,
avrebbe potuto forzarla, e far scappare gli abitanti. Ma come nascondere il
villaggio vuoto, le strade deserte?
Lo sguardo del priest di posò sulla montagna scura non
troppo distante. Era un antico vulcano, inattivo da diversi secoli. Ma lui, con
le sue capacità demoniache, avvertiva che non era del tutto morto. Bene, quando
avesse evacuato la popolazione, avrebbe scatenato un bel terremoto, e con un
pizzico di fortuna il vulcano si sarebbe risvegliato… o ci avrebbe pensato lui
stesso, appena la popolazione fosse stata a distanza di sicurezza.
Attraversò la barriera, l’essere un mazoku gli dava questa
prerogativa, e si teletrasportò nella casa della sua infanzia.
Una donna anziana lo accolse. Era sua madre. Gli abitanti
del villaggio sapevano del crudele giogo che il giovane dall’animo gentile era
costretto a subire dal suo demoniaco padrone, come prezzo per la loro
sopravvivenza. Anche se era un demone, gli volevano ancora bene.
-Mamma, ascolta. Spargi la voce all’interno del villaggio,
ma discretamente. Preparate dei bagagli, e teneteli sempre pronti. Preparatevi
in modo che se arrivo e dico “muovetevi, si parte”, nel giro di un quarto d’ora
tutti possano muoversi. Appena il mio padrone si distrarrà abbastanza, creerò
un varco nella barriera, vi farò fuggire, e simulerò un terremoto. -
-Ma tu non correrai pericoli, figlio mio?- Le mani ossute e
nodose della anziana madre si strinsero attorno a quelle lunghe e sottili di
Dessran.
-Forse. Ma voi sarete salvi. La dannazione della mia anima è
un piccolo prezzo da pagare per le vostre vite, e in ogni caso, io sono già
perduto. E poi, mamma, io sono furbo! Non temere, so schermarmi. Sai una cosa?
Il mio padrone non riesce a spiare nei miei pensieri come in quelli dei miei
colleghi: sono ancora troppo buono!-
-Tu sei sempre stato buono, bambino mio…- la donna baciò
sulle guance quel figlio mai cresciuto, quell’essere dalle corna di demone e
dagli occhi di un angelo strappato al cielo. Chissà per quanto, si chiese,
Dessran sarebbe riuscito a mantenere il suo cuore candido e puro come quando
era un bambino? Non sapeva se qualcuno l’avrebbe ascoltata, ma pregò gli dei
perché proteggessero quel suo figlio tanto oscuro fuori, e tanto candido
dentro.
Le previsioni di Dessran si erano rivelate esatte. Nemmeno
due giorni dopo, Phibrizio spedì i due general e il primo priest, Karont, in
azione diversiva contro i draghi, mentre lasciò Dessran a “custodia”
dell’Hellmaster Manor, nel timore (a giudizio di Dessran infondato) che qualche
drago o elfo tentasse una sortita.
Dagli accenni dei due general e dell’altro priest, Dess
aveva capito cosa si preparava: il risveglio di Shabranigdo in Lei Magnus.
“Shabranigdo riuscirà ad impadronirsi delle memorie di
Lei-sama, prima o poi. E saprà che ho tentato di ostacolarne la rinascita. A
quel punto, io sarò spacciato. E se non libero il mio villaggio, anche loro.
Ora o mai più.”
Così, appena il suo padrone e i tre subordinati, che lo
trattavano in genere come un fratellino minorato rompiscatole col quoziente
intellettivo di un uovo sodo, se ne furono andati l’uno a risvegliare il suo
Sire, e gli altri a intrattenere i Draghi di Terra a sud, Dessran lasciò una
parte della sua aura all’Hellmaster Manor, per far credere di essere lì a fare
la guardia come il cane nel canile, e si precipitò al villaggio.
Si teletrasportò direttamente sul campanile, iniziando a
tirare la corda della campana in modo frenetico. Era ormai l’imbrunire e tutti
erano a tavola per la cena. In pochi minuti, tutti erano sulla soglia.
-Presto! Prendete i bagagli, vi faccio uscire! Muovetevi!!!-
urlò. Sua madre aveva fatto un buon lavoro: non ci furono né pianti, né strida.
In pochi minuti. Erano stati attaccati i carretti ai muli e ai cavalli,
raccolti i bagagli e preso il cibo e l’acqua trasportabili, presi i preziosi
già impacchettati. Nelle case era rimasto molto, mobili antichi tramandati con
cura nelle generazioni, le ultime provviste in attesa del raccolto, corredi; ma
a nessuno importava, se abbandonarli dietro di sé poteva significare uscire
dalla magica cappa di energia che da quasi quaranta anni li teneva prigionieri.
Dessran si mise in testa alla piccola processione che,
illuminandosi la strada con le fiaccole, si spinse rapida per il sentiero, un
tempo strada ampia e trafficata, che portava fuori. Normalmente, chi osava
arrivare fin lì andava a sbattere contro un muro invisibile.
Videro Dessran posare le mani su quel muro d’aria, e alla
tremula luce delle torce lo scintillio maligno del muro si dileguò in una zona,
poco più grande di una porta, sufficiente però a farli passare.
-Svelti! Fuori tutti! Non so per quanto riuscirò a tenerlo
aperto, né per quanto il mio padrone sarà impegnato in altre cose!!!- disse, la
fronte imperlata di sudore.
Donne e bambini, vecchi e uomini, si precipitarono tutti
fuori, allontanandosi per permettere agli altri di uscire. In pochi minuti,
erano tutti fuori. Dessran lasciò che il varco richiudesse, “ascoltando” poi le
auree maligne che identificavano i Dark Lords. Stavano usando tanto del loro
potere, in quel momento, che erano “udibili” fin da lì, dalla Wolf Pack Island.
Dannazione, non aveva molto tempo.
Con uno sforzo non indifferente, non è cosa semplice
teletrasportare un centinaio di persone schermando totalmente nel piano astrale
questa operazione, li condusse a diverse centinaia di chilometri di distanza,
nei pressi di una grande città.
-Direte che siete profughi, il vostro villaggio è stato
distrutto da una colata lavica. La gente di qui è buona e generosa, vi aiuterà.
In ogni caso, prendete queste, vi aiuteranno a costruirvi nuove case. - Dessran
prese dal piano astrale, nella zona corrispondente alla sua stanza
all’Hellmaster Manor, una grossa bisaccia da sella. Era piena di monete d’oro.
La consegnò al capo villaggio.
-Grazie Dessran. Sarai sempre il benvenuto…-
-Grazie, capovillaggio, ma non credo che potrò più vedervi.
Se mi scoprissero e riuscissi a sopravvivere, il mio padrone mi sorveglierebbe
molto più attentamente. Se non mi scoprisse, dovrò evitare che scopra voi fuori
della sua barriera. E infine, se ci riuscirò, penso proprio che taglierò la
corda e scapperò, molto distante da qui. - Poi si diresse da sua madre e sua
sorella, tutto ciò che di caro aveva al mondo. Le strinse in un abbraccio.
-Addio. Abbiate cura di voi. - sussurrò. Dagli occhi della sorella,
una robusta donna sulla cinquantina (come pareva strano a Dess che la piccola
sorellina minore dei suoi anni mortali fosse ora una donna adulta, con dei
figli grandi! Il mazoku si chiese di sfuggita come sarebbe stato lui ora se
Phibrizio non gli avesse strappato la sua umanità…) sgorgarono calde lacrime.
-Addio, fratellone. Ti vorrò sempre bene…-
Lasciamo ora Dessran che, detto addio ai suoi parenti e
amici mortali, torna al villaggio, squarcia la terra provocando un terremoto, e
risveglia il vulcano, perché sommerga tutto di lava, cancellando ogni prova del
suo tradimento al padrone Phibrizio.
Andiamo in un posto più caldo, un’isola tropicale dai
palmizi rigogliosi e fitti, dalla spiaggia candida sotto una luna tonda e
gialla che si leva da est. La
Wolf Pack Island.
Il profumo delle orchidee era forte, ma stranamente non si
sentivano gli strilli acuti delle scimmie, nella jungla tropicale che circonda
il castello di Zelas, né si udivano i concerti notturni di grilli, assordanti.
Sulla spiaggia non si muovevano i granchi mangiatori di noci di cocco, e non si
vedeva neanche il guizzo nervoso degli alligatori nei due fiumi limacciosi.
Negli altri fiumi, più piccoli e limpidi, non c’era guizzare di pesci, né
gracidare di rane. Tutto era silente.
L’aria stessa taceva, non c’era vento, l’atmosfera greve di
malvagità.
Le creature dell’isola, rese più astute e maligne dei loro
consimili di altre zone dalla continua malvagità emessa dal centro dell’isola,
sapevano istintivamente che quella notte era meglio non uscire dalla tana.
Potresti non tornare come sei uscito, e non tornare affatto è una prospettiva
piacevole a confronto. In notti come questa, se quegli animali avessero potuto
formulare questo pensiero, l’altra parte del mondo non sembra un posto abbastanza
lontano per rifugiarsi.
Lei Magnus giaceva, profondamente addormentato, al centro di
un complesso tracciato di simboli, sul pavimento marmoreo della sala del trono
dello Zelas’Castle.
Zelas di fronte a Dolphin, alla sua sinistra Phibrizio e
alla destra Dynast. E’ lei la padrona di casa, ma è Phibrizio a condurre il
tutto. Non mette in dubbio le nozioni superiori di occulto del fratello.
-Siete pronti? Al mio tre, farete fluire la vostra energia
demoniaca nei sigilli ai vostri piedi, tutta quella di cui potete privarvi
senza collassare. Non importa se ci indeboliremo: quando Shabranigdo-sama si
risveglierà, ci riprenderemo subito. - disse Phibrizio. Camminò attorno agli
altri fratelli, controllando gli ultimi particolari. Spostò appena un piede di
Zelas, che non era tutta dentro al sigillo, ghignò appena a Dynast, rigido e
impettito, e sorrise a Dolphin, nei cui occhi c’era lo stesso scintillio di
curiosa aspettativa che illuminavano quelli verdi e felini del più potente dei
Dark Lords.
Infine, si sistemò sul sigillo con suo stemma, controllando
attentamente la posizione.
Prese un bel respiro profondo - non che gli servisse
realmente, dato che non respirava, però faceva più scena - e poi scandì -Uno…
due…TRE!-
Al tre, quattro possenti correnti di energia maligna si
incanalarono nel tracciato di simboli. L’energia si contorceva, generava
scintille glaciali e incandescenti sul tracciato, ma scorreva attraverso quei
simboli e quelle linee raccogliendosi attorno al corpo privo di sensi al centro
del cerchio.
Nella foresta attorno al castello, gli animali gemettero.
E lo raggiunse.
Quattro energie maligne, differenti, eppure con qualcosa di
intimamente identico, si fusero in una sola, inserendosi come migliaia di fili
sottopelle all’uomo che giaceva al centro di quella tempesta di energia.
Lei Magnus aprì lentamente gli occhi.
Occhi di un rosso acceso, come sangue, come rubini davanti a
una luce.
Shabranigdo era rinato.
Lentamente, si alzò in piedi.
I quattro Dark Lords si inginocchiarono ai suoi piedi,
deferenti.
Ruby-Eye passò lentamente lo sguardo sui suoi quattro
subordinati. Gli ormoni maschili di Lei Magnus che ancora gli circolavano in
corpo gli fecero soffermare un pochino di più lo sguardo sulla scollatura da
urlo della veste di Zelas… ma non divaghiamo ^_^
-Sono abbastanza orgoglioso di voi. - disse. Quell’abbastanza
non presagiva nulla di buono…
La voce aveva una sfumatura più cupa e maligna di quella di
Lei Magnus, ma non era cavernosa come i quattro ricordavano. Evidentemente il
Signore dei demoni aveva deciso che quella forma umana, almeno per il momento,
aveva dei lati positivi.
-Siete riusciti a trovarmi e a liberarmi dal sigillo. - si
voltò uscendo dal tracciato. Il bastone tintinnava leggermente, ma il rumore
lieve che faceva nel battere a terra era coperto dal fruscio della lunga veste
blu sul pavimento di marmo e sugli spallacci intarsiati. -Solo, di grazia,
spiegatemi questo…- si voltò, un lampeggiare degli occhi rossi -PERCHE’ CI
AVETE MESSO PIU’ DI MILLE ANNI A INDIVIDUARE UN SINGOLO FRAMMENTO DI ME, EH?-
l’ira del Maou era avvertibile come una cappa. La sua energia maligna spinse a
terra i suoi subordinati, mentre frammenti di marmo e pietre pregiate si
staccavano dagli intarsi che decoravano le pareti. Le vetrate scricchiolarono
pericolosamente, ma ressero.
Fu Phibrizio a rispondere.
-Perdonateci, Shabranigdo-sama, ma le incarnazioni mortali
sono difficili da individuare, cambiano in fretta…-
-E non avete neanche trovato il tempo di cancellare quegli
insulsi draghi, non è vero?-
I Dark Lords si fecero piccoli. In effetti, negli ultimi
secoli se l’erano presa un po’ troppo comoda.
-Beh, adesso le cose cambieranno! Daremo inizio a una guerra
in grande stile. Cancelleremo prima gli Shinzoku, con i loro insulsi ricalchi
da quattro soldi di Cephied, e poi annienteremo la Terra!-
Si voltò, e con aria impettita salì i gradini del trono di
Zelas. Ci si sedette, brontolando un po’ perché il sedile era troppo stretto
(eccecredo! Zelas non usa mica 50 strati di stoffa drappeggiati intorno!), mentre
i quattro attendevano, genuflessi ai piedi del trono, le menti aperte, in modo
che il loro padrone potesse sapere ciò che voleva senza chiedere.
Shabranigdo, nelle eleganti sembianze di Lei Magnus, scrutò
attentamente e altrettanto attentamente prese nota di molte cose.
Dopo diverse decine di minuti, sogghignò.
Aveva già in mente molti piani per altrettante battaglie…
Finalmente i quattro Dark Lords furono congedati.
Shabranigdo prese momentaneamente residenza da Zelas, mentre gli altri tre Dark
Lords poterono tornare alle loro dimore.
Dolphin si stava già segretamente dolendo per il risveglio
del suo Master: addio giorni di tranquillità…
Al suo arrivo al Deep Marin Castle, la dark lady trovò i due
subordinati fratelli ad attenderla, in piedi ai lati del trono.
Fece loro cenno di sedersi, e i due si sedettero sui
gradini, lei a destra e lui a sinistra del trono. Dolphin, anziché sul trono,
si sedette tra i due, anche lei sui gradini, come una bambina.
-Sapete una cosa, ragazzi? Addio tranquillità. Qui ci stiamo
per imbarcare in una guerra così grossa che da mille anni non se ne vedono di
minimamente simili. - sospirò la dark lady -Sarà il vostro vero battesimo del
fuoco. - si appoggiò al trono, una mano alla testa. Se fosse stata una mortale,
avrebbe avuto un mal di testa da spaccarle il cranio in due. Ma siccome era una
mazoku, aveva solo un diffuso senso di malessere.
Poseidon sapeva cosa doveva fare in casi come quelli: iniziò
a massaggiarle le tempie, mentre la dark lady rilassava i nervi che non aveva…
-Allora, Nerea, come hanno reagito i draghi d’acqua?-
-Li ho trascinati fin sotto l’equatore, dall’altra parte del
continente, e gli ho fatto fare un bel giretto per l’Oceano Esterno. - rispose
la general. L’Oceano Interno era quello in cui si trovava l’isola di Zelas,
creato mille anni prima dall’ultima battaglia tra Shabrianigdo e Cephied,
pressappoco circolare (quello al centro del quale c’è la colonna di luce in
Slayers TRY n.d.Ilune); l’Oceano Esterno era tutto l’altro mare che circondava
i due continenti.
-Ben fatto. Quanti erano?-
-A occhio e croce, il 90% delle loro forze armate. Speriamo
solo che i loro mistici non abbiano percepito le forze in atto presso l’isola
di Lady Zelas. -
-In ogni caso, Ruby Eye-sama è già risorto.
Poseidon?-
-I Draghi Ancestrali erano nervosi, ho visto parecchio
viavai; forse sanno cosa è successo, ma il loro oracolo ha comandato di non
interferire. -
- Speriamo solo che la Madre giudichi inutile il loro
intervento… Uffa… sono così stanca di questo gioco… noi non possiamo vincere,
e neanche loro. Eppure, Phibrizio vuole
tentare lo stesso. E’ sciocco. -
-Mylady, Lord Phibrizio non volle ascoltare le vostre
conclusioni sull’Equilibrio, ricordate? Secondo lui, la Madre vuole che una
delle due fazioni vinca, una volta o l’altra. - intervenne Nerea.
-Si. E io purtroppo non posso oppormi a Phibrizio da sola.
Zelas e Dynast sono troppo succubi del carisma del fratellino. Beh, cercheremo
di non esporci troppo. -
Dynast camminava lentamente nel suo castello di ghiaccio e
cristallo. Osservava ogni minimo dettaglio, imprimendoselo nella millenaria
memoria.
Sapeva che, sia che avessero vinto, sia che avessero perso,
sarebbero tornati nell’abbraccio del Chaos della Madre. Se perdevano, perché
sarebbero stati distrutti. E se vincevano… perché dopo aver distrutto il mondo,
anche loro sarebbero tornati nel Chaos primigenio. Era il loro destino. Il loro
karma, come avrebbe Dolphin.
Phibrizio era arrabbiato. Incacchiato. Una eruzione vulcanica
aveva sterminato il villaggio di Dessran, e adesso il Signore degli Inferi non
aveva niente con cui ricattare il difficile priest.
Pazienza. C’erano sempre le punizioni corporali…
Zelas era nervosa. Anzi, nervosa è un termine inadeguato per
definire il suo stato.
Essere “gentilmente prescelta” per ospitare il proprio
Master, Shabranigdo, in casa propria, era snervante. E’ un po’ come se il
capoufficio avesse gli imbianchini in casa e si installasse a casa di uno degli
impiegati, spadroneggiando e facendola da padrone. E il poveretto non può osare
protestare perché sennò viene licenziato in tronco…
La Dark Lady era seduta a gambe incrociate sull’enorme letto
a baldacchino, coperto da un sontuoso copriletto di damasco di seta rosso
sangue. Xelloss le massaggiava le spalle, mentre lei fumava una sigaretta
dietro l’altra, allungando spesso la mano verso il bicchiere, solertemente
riempito di vino rosso dal priest.
-Xel, basta vino. Voglio del cognac. E forte. - disse la
bionda. Al posto del bicchiere a tulipano di cristallo, dalla bocca ampia,
comparve un bicchiere di cristallo intagliato, spesso, retto da un sottile
gambo di cristallo celeste. Era pieno di ottimo cognac, che Zelas trangugiò in
un sorso.
Avrebbe voluto ubriacarsi… ma era dura. L’ultima volta, per
riuscirci aveva vuotato diverse botti di superalcolici.
Per un attimo rimpianse di non essere astemia. Quando si è
ubriachi, le cose sembrano sempre migliori…
E la guerra si scatenò.
Eserciti demoniaci contro eserciti draconici.
Schiere di elfi e spiriti elementali accanto ai draghi,
talvolta a cavallo di essi; maghi e stregoni, guerrieri ed eserciti delle città
indipendenti, degli stati, degli imperi.
Ogni risorsa fu usata dai draghi per contrastare i mazoku.
I quattro re dei draghi stavano dando davvero del filo da
torcere a quel settimo di Shabranigdo. Non riuscivano a sconfiggerlo, però, e
per un motivo: Lei Magnus era furbo. Era stato una delle menti migliori degli
ultimi secoli, e Shabranigdo sapeva come usare questa astuzia. E poi, la parte
sigillata nel saggio era il settimo più astuto e maligno.
Così, se da una parte le forze del bene erano in
schiacciante superiorità numerica, gli attacchi astuti dei mazoku colmavano il
divario, mentre i mesi si allungavano, nel secondo anno di guerra.
Ma non bastava…
Hellmaster Manor. C’era Lei-Shabranigdo, in quelle
magnifiche sembianze umane che Zelas aveva imparato ad apprezzare nel suo
master (ai maliziosi la semplice risposta sul perché… ^_^); c’erano i quattro
Dark Lords, seduti attorno all’ampio tavolo rotondo, su scranni più bassi del
trono su cui Lei Magnus era accomodato. In piedi, dietro ai rispettivi master,
i general e i priest.
C’era anche Dessran. Che pregava in cuor suo LoN che
Shabranigdo non accedesse a certe memorie di Lei Magnus che lo riguardavano…
Tutti i general e i priest erano nelle loro divise
ufficiali, come si confaceva all’occasione.
I due priest di Phibrizio, Karont e Dessran, avevano ampie
tuniche nere, con le falci malignamente brillanti, e maschere raffiguranti il
primo un volto sfigurato dalla peste, e il secondo un teschio ghignate, da cui
spuntavano le doppie corna appuntite e ritorte. I general indossavano armature
nere con decorazioni di figure straziate e volti piangenti. Rappresentando la
guerra e la carestia, portavano il primo una spada nera, e il secondo una lunga
picca. Anche loro indossavano maschere che raffiguravano la guerra e la
carestia, rispettivamente un volto crudele coperto di sangue, e un emaciato
viso ghignate e giallognolo. Tutti e quattro sull’attenti, impettiti e rigidi.
Dai fori della maschera, Dessran faceva guizzare lo sguardo
sui presenti.
Accanto a Phibrizio c’era Dolphin, e dietro a lei, i suoi
due subordinati, Poseidon e Nerea. Il suo migliore amico… e la donna che amava.
Avevano litigato di brutto, alcuni mesi prima dello scoppio della guerra;
quella non era la prima volta che la rivedeva, ma era sempre in occasioni
ufficiarli e formali come quella. Non potevano parlarle, neanche
telepaticamente. E lei si rifiutava di parlare con lui, di risponderle.
Dessran, punto sul vivo, aveva cessato ogni tentativo di fare pace. Ma non
poteva smettere di guardarla…
Com’era bella, i capelli color azzurro pallido che
scivolavano via dal sottile diadema, l’armatura che le modellava il corpo
snello e sottile; quelle dita sottili che reggevano l’arpione di orialco le
conosceva bene, così come quelle labbra da bambina serrate in una espressione
seria. Teneva lo sguardo fisso dinnanzi a sé, sullo schienale della sedia di
Dolphin. Poteva quasi sentirne il profumo salmastro.
Accanto a lei, Poseidon, con l’armatura di maglia di mithril
e orialco, una sua creazione piuttosto ardita ma molto ben riuscita, lo guardò
come a dire “io ho provato a parlarle, ma sai com’è fatta…”. Il bastone con la
sfera e il delfino stretto nella sinistra, anche lui era sull’attenti, e anche
lui aveva gli occhi azzurri guizzanti sui presenti.
Dietro Dynast, Shella, impeccabile nella divisa bianca e
blu, lo sguardo eccitato di chi pregusta un bagno di sangue; Gro, l’altro
general, capelli e barba neri e divisa blu. L’arco candido era assicurato alla
spalla del mazoku, che pareva glacialmente immobile quasi quanto il suo
padrone. Accanto a lui, i due priest gemelli, Gro e Nost, con l’aspetto di
bambini, l’uno con capelli bianchi e l’altro nero-blu, vestiti con identiche
tuniche. Nerea li aveva definiti, una volta “di aspetto carinissimo… se solo
non fossero glaciali come Lord Dynast!”.
Infine, dietro a Zelas, solo un subordinato, Xelloss. Era
giovane, uno degli ultimi ad essere stato creato. Dynast non era ancora
riuscito a capire se fosse un genio o un idiota. Zelas ne andava orgogliosa.
Indossava abiti semplici, e gli occhi perennemente chiusi e il sorriso gli
davano un’aria deficiente… che però poteva diventare terrificante. Era già
stato soprannominato Dragon Slayers, per le stragi di draghi che riusciva a
compiere col semplice gesto di un dito. Il suo sorriso di scherno era l’incubo
di tutti i draghi dorati.
A Dessran non piaceva, E neanche a Nerea e a Poseidon, se vogliamo
essere sinceri. Shella invece aveva cercato di portarselo a letto diverse
volte. Lo trovava interessante.
Anche i Dark Lords avevano un assetto “da guerra”. Le due
lady sfoggiavano armature ingannevolmente esili e leggere. Dolphin indossava
inoltre l’ultima creazione di Poseidon, una tunica di mithril e orialco
tessuti, con ricamate rune e simboli magici. Zelas l’aveva molto ammirata.
L’altra Dark Lady indossava un’armatura stile vedo-non-vedo, cioè quel tipo di
armatura che fa sconfiggere i nemici perché questi perdono troppo sangue dal
naso e svengono al vedere la guerriera…
Phibrizio aveva abbandonato per il momento le sembianze di
bambino che tanto amava, e appariva
come un ventenne, con una armatura nera simile a quella dei due general, ma molto
più elaborata e intarsiata di mithril e di rune magiche.
Dell’armatura di Dynast si può dire solo che era un
capolavoro. Bianca come la neve, con un elmo imponente, era interamente coperta
di fregi e linee che si intrecciavano in sigilli magici. L’Ha-ou risultava
ancora più glaciale e imponente in quel costrutto, nonché particolarmente
sicuro di se… si sentiva come se si portasse ovunque un pezzetto del suo regno.
Un pezzetto della sua casa.
Finita questa carrellata di descrizioni, torniamo ai
discorsi che questi pezzi da novanta stanno facendo attorno al tavolo…
-…sono forti perché possono lavorare in squadra. Se continua
così, ci batteranno. Se solo potessimo prenderli uno per uno, sarebbe più
fattibile abbatterli, grazie a strategie attente. - stava spiegando Phibrizio.
L’argomento in questione erano i re draghi, e le forze del bene in generale,
che erano molto più forti di loro. Ultimamente i mazoku le avevano prese di
brutto, e a Shabranigdo non era piaciuto.
-E come pensi di poterli dividere? Non credo sia facile
seminar zizzania tra loro… ci abbiamo già provato con una comunità, due secoli
fa, ricordi? Fu un fallimento…- obiettò Dolphin, mollemente seduta sulla
poltroncina. Giocherellava con una delle treccine che ornavano la folta coda di
cavallo; era ornata di conchiglie rosa e perline di corallo. Altre trecce
simili scendevano sul diadema che le cingeva il capo.
-Una barriera. - disse semplicemente Dynast.
-Una barriera? Master, voi cosa ne pensate?- chiese
rispettosa Zelas a Lei-Shabranigdo.
-Esponi la tua idea, Dynast. - disse questi. Il suo glaciale
subordinato era un ottimo stratega, quando voleva.
-Per separare i re draghi, basterà chiuderli uno alla volta
in una barriera. In questo modo, noi potremmo concentrare le nostre forze su di
uno per volta. Se dovessimo subire perdite troppo grandi per affrontare subito
il successivo, ci basterebbe trincerarci nella barriera accumulando potere, e
quindi cogliere di sorpresa l’obiettivo successivo. Potrà funzionare per due
dragon lord, in tempi brevi. Per gli altri due, è mio avviso che dovremo
aspettare qualche secolo, in modo che credano che ci siamo accontentati di
dimezzarne il numero, e poi, rinforzate le nostre armate, potremmo ripete lo
stratagemma. -
Se questo piano sarebbe potuto essere esposto con foga ed
entusiasmo da qualsiasi altro, nella bocca dell’algido dark lord pareva la
proposta di prendere un the. Ma ciò non
toglieva nulla alla sua genialità.
Shabranigdo lo ponderò attentamente. Non gli pareva ci
fossero falle.
Alla fine parlò.
-La seduta è aggiornata a dopodomani. Che ognuno esamini con
cura il piano di Dynast. Sia voi quattro, sia voi generals e priests. Se
qualcuno trova falle o punti deboli, lo dovrà dire. Andate. -
I Dark Lords si alzarono, mentre i generals e i priests si
inchinavano.
Non parevano esserci falle nel piano. Decisero di iniziare
subito. Ogni dark lord avrebbe mandato un terzo delle proprie forze a tenere
impegnati i draghi e le forze del bene all’interno della zona che sarebbe stata
coperta dalla barriera, e gli altri due terzi a far si che i draghi e le forze
del bene all’esterno della suddetta zona non potessero avvicinarcisi
Dolphin pareva molto seccata. Odiava mandare fuori i suoi
subordinati. Preparò però diversi piccoli squadroni ben equilibrati, mettendovi
in testa degli ottimi mazoku. La priest e il general ricevettero l’ordine di
coordinare gli attacchi dalle retrovie. Ogni ora dovevano mandarle un segnale
per farle capire che erano ancora vivi. Se fossero stati feriti, avrebbero
dovuto immediatamente tornare al Deep Marin Castle e avvisare o lei, o,
rispettivamente, il fratello o la sorella.
-Ricordate: di brass e lesser demons posso farne quanti ne
voglio. Loro sono rimpiazzabili, sono perdite accettabili. Voi no. Voi due mi
siete indispensabili e insostituibili. Quindi, vedete di tornare tutti interi.
- aveva detto severa Dolphin. Anche se non l’avrebbe mai detto, specie di
fronte agli altri Dark Lord, amava il suo priest, e la general era diventata
una sorta di sorellina minore. Non poteva immaginare la sua millenaria vita
senza di loro.
Intimamente lusingato per quella morbosa preoccupazione,
Poseidon decise di usare le ultime ore prima dello scatenarsi delle battaglie
per inserire nuove protezioni magiche nelle armature della sorella, della
master, e sua.
La barriera fu creata. I dark lords crearono la barriera, e
per mantenerla incisero profondi glifi e simboli magici in quattro punti
attorno alla penisola, vertici per quella prima prova della strategia di
Dynast.
La barriera funzionò, e Ragradia fu isolata dai suoi
fratelli e dalla maggior parte delle forze armate. I Dark Lords concentrarono
tutte le loro armate all’interno della barriera, che nessuno, a parte loro,
poteva attraversare, mentre all’esterno le armate degli altri tre dragon lords
tentavano in ogni modo di forzare la barriera, inutilmente.
Nel palazzo del Re dei Draghi di Fuoco sito sul fianco di un
vulcano aleggiava una preoccupazione tangibile e un malumore se possibile anche
maggiore. I tre re dei draghi rimasti fuori della barriera discutevano e
cercavano idee per forzare quella prigione che isolava la loro sorella. Avevano
intuito il piano dei mazoku: isolarli e attaccarli uno a uno.
Il firelord, Vrabazard, era stato ferito molto gravemente
nel primo scontro contro Shabranigdo, due anni prima, e da allora doveva stare
immerso nella lava fluida e bollente del vulcano. Il calore lo aiutava a
rigenerarsi, ed era un vero toccasana per gli squarci che, infettati dal potere
demoniaco, stentavano a rimarginarsi. Tutte le riunioni venivano fatte in una
cavità di quel vulcano. Vrabazard (che ultimamente era stato soprannominato
Phiros dai fratelli per l’abitudine di rimpinzarsi di zolfo e fosforo, a scopo
curativo diceva lui, che gli causavano micidiali “ruttini” di fiamma. Aveva già
strinato i capelli di Valwin, la quale gli aveva tenuto il muso per un mese...)
vi partecipava emergendo con la testa e il lungo collo dalla lava ribollente,
arrivando all’altezza del cornicione su cui i fratelli venivano a trovarlo per
discutere delle strategie di battaglia.
Anche i dieci Saggi che si occupavano delle faccende che
Vrabazard, il firelord, non aveva la voglia di compiere durante la
convalescenza, stavano discutendo. Come squarciare la barriera?
Uno di loro ebbe una idea.
-I Draghi Ancestrali. Ancora non hanno comunicato come
prenderanno parte alla guerra. Ma possiamo chiedere loro di fare la loro parte:
possiedono un’arma potentissima, tanto potente che con essa sarebbe facile
abbattere la barriera attorno alla zona nord del continente e distruggere i
dark lords… forse addirittura il loro capo!- Era uno dei più anziano. Aveva a
occhio e croce solo un paio di migliaia di anni ancora di vita davanti a se.
L’idea fu seriamente presa in considerazione. Il più giovane
dei dieci saggi fu incaricato di andare a chiedere ai Draghi Ancestrali la loro
scesa in campo, e la cessione dell’arma.
Nell’altopiano dove, riparato da montagne che lo
circondavano, sorgeva il Santuario dei Draghi Ancestrali, circondato dalla
città di giardini e piccole case di mattoni cotti, c’era un discreto viavai.
Sapevano cosa si stava muovendo, su a nord, ma il loro Sommo Oracolo aveva
annunciato che LoN non desiderava il loro intervento. Il verdetto era stato
molto chiaro.
I tre Anziani che erano a capo della comunità si erano
riuniti, avevano parlato a lungo, e avevano deciso che l’arma che custodivano
doveva essere messa al riparo. Guai se un mazoku o uno shinzoku se ne fosse
impadronito! Quell’arma era troppo potente per quel mondo. Così, avevano creato
una cappa sigillante attorno all’arma, una sorta di arco senza il filo, che
nessuno aveva mai osato usare. Poi, erano tornati alla loro normale vita.
-Papà! Papà, prendimi!!!- un bambino saltò in braccio al
padre, che lo prese tra le braccia e lo fece “volare” girando intorno. Una
donna dai capelli argentei raggiunse i due. In braccio, posato su una sorta di
cuscino, c’era un piccolo uovo, che conteneva all’interno il figlio che, di lì
a poche settimane, sarebbe nato.
-Valinor, che novità ci sono? Cosa hanno deciso gli
Anziani?-
-Dovresti saperlo meglio di me, cara, dato che sei una delle
tre Sante Vestali. Non scenderemo in guerra. -
-Mi riferivo all’Arma Potentissima…-
-E’ stata sigillata. Non la userà nessuno, né shinzoku, né
mazoku. -
-Papà, mi porti sulle spalle?- il bambino dai capelli verdi
cercava di attirare l’attenzione di suo padre tirandogli una manica.
-Va bene, Valtier. Tieniti forte che si sale!!!- il drago
ancestrale prese sulle spalle il figlio, che rise felice.
Nel frattempo, i tre Anziani, in una sala del Santuario,
stavano discutendo col Saggio inviato dalla comunità dei Draghi Dorati. Capo
dei tre, capo nominale e solo per anzianità, era lord Veltar, che da molti
decenni conosceva il firelord. Vrabazard conosceva alcuni segreti dei Draghi Ancestrali,
tra cui l’origine dei responsi del Sommo Oracolo. Quindi, l’ordine di
consegnare l’Arma Potentissima e di scendere in guerra non poteva venire da
lui, poiché il re dei draghi sapeva di non aver nessun diritto di dare ordini
alla comunità dei Draghi Ancestrali.
-Per la decima volta, NO. Il Sommo Oracolo ha detto
chiaramente che non dobbiamo intervenire in questa guerra. Siete quattro
frazioni di Cephied, più gli elfi, gli umani, e molti spiriti, contro un solo
settimo di Shabranigdo! E per quanto riguarda l’Arma Potentissima...- l’anziano
drago rabbrividì. Sapeva quali stragi poteva compiere quell’arma. Lui, il più
anziano, l’aveva vista usare, da bambino. Un intero pezzo di una immensa catena
montuosa era stato vaporizzato...
-L’Arma Potentissima è stata posta sotto la nostra custodia,
col preciso incarico di non usarla, né farla usare a nessuno, MAI e per NESSUN
motivo. - l’Anziano era deciso e imponente. Il Saggio dei draghi dorati si
sentiva piuttosto a disagio: non era abituato a sentirsi dire di no. Ma
l’orgoglio smisurato del suo popolo lo invase. I lineamenti duri si contrassero
in una smorfia offesa.
-E sia. Ma non veniteci a chiedere aiuto quando i mazoku
invaderanno e distruggeranno le vostre case!- esclamò, voltandosi e
andandosene, teletrasportandosi via, al Palazzo del Re dei Draghi di Fuoco,
dove i suoi nove colleghi lo attendevano tornare con l’Arma Potentissima.
-I nostri cugini sono troppo combattivi. E troppo ciechi
all’Equilibrio. - sospirò il più giovane dei tre, a cui la barba non era ancora
cresciuta lunga e canuta.
Gli occhi dorati di Veltar si chiusero, mentre sospirava.
-Nessuno vuole sapere la verità sull’Equilibrio. Neppure il firelord,
Vrabazard, ha voluto crederci. Solo noi, i neutrali per eccellenza, abbiamo
avuto il fardello di questa conoscenza. E adesso, amici, vogliate scusarmi. Mio
figlio mi ha invitato a cena, e la mia nuora cucina divinamente bene!-
E con un sorriso e un “fortunato te!”, il vecchio Drago
Ancestrale si incamminò per gli ariosi corridoi del Santuario, via dalle Sale
degli Anziani, oltre il tempio del Sommo Oracolo, fuori, verso la piccola casa
di mattoni rossi e tegole verdi in cui vivevano, in semplicità come tutti i
draghi Ancestrali, suo figlio Valinor, con la moglie, il figlio Valtier, e tra
pochi mesi, un bimbo.
Era un drago fortunato...
I bambini dormivano nelle loro culle e lettini, e gli adulti
si erano già coricati, dopo aver chiuso le finestre, perché l’aria di aprile,
di notte, era ancora fredda, a quelle altitudini.
L’attacco avvenne a notte fonda.
Esplosioni di laser, la terra squassata, le case che
crollavano. Alcuni rimasero schiacciati nei crolli, ma molti Draghi Ancestrali
reagirono assumendo le loro vere sembianze. Ma mentre le ali nere si spiegavano
all’aria pungente della notte, crudeli raggi dorati le trafiggevano, mentre la
terra s’arrossava di sangue.
Valtier venne svegliato di colpo da sua madre che afferrava
il suo lettino tra i denti, lo stringeva a sé, cercando di coprire lui e l’uovo
del fratellino.
-Mamma! Mamma, che succede?- cercò di gridare.
-Zitto! Non parlare! Fingiti morto, tesoro!- gli disse lei,
stringendolo a sé, tentando si nascondersi, di portare al sicuro i suoi due
figli, correndo sotto la pioggia li raggi dorati, che le trapassavano le ali, e
aprivano squarci sanguinanti nella carne della schiena, finché quattro lance
dorate la trapassarono, facendola cadere a terra.
Il piccolo Valtier sbarrò gli occhi per il terrore, mentre
il sangue di sua madre sgorgava come acqua dallo squarcio creato dalla lancia
che le aveva trapassato il braccio.
La mano destra perse la presa sul morbido cuscino che
proteggeva e teneva al caldo il piccolo nell’uovo, che rotolò giù per terra.
Valtier avrebbe voluto correre a recuperarlo, a tenere al sicuro il fratellino,
ma la mano di sua madre, nella sua forma reale, lo teneva in una sorta di
gabbia, celandolo alla vista dei due draghi che erano piombati lì. Uno finì la
donna-drago infilzandole una lancia nel cranio.
L’altro vide il piccolo uovo. Alzò la lancia, prendendo la
mira.
E impalò il neonato.
Valtier urlò, urlò così forte che temette che la sua gola
potesse rompersi, urlò più forte di quanto non avesse mai urlato in vita sua.
Cercò di uscire dalla gabbia creata dalla mano di sua madre, mentre il sangue
della donna-drago gli gocciolava addosso, ma le sagome dorate che oscuravano il
cielo lo impaurirono, e allora si rannicchiò più vicino al corpo sempre più
freddo della madre, immobile, paralizzato dagli urli di agonia che si levavano
attorno.
Fiamme, fuoco, fumo. Stavano bruciando le loro case. Nulla
della loro razza doveva esistere.
I feriti buttati su croci rostrate e incatenati.
Valtier si coprì la testa con la casacca del pigiama, e
pianse. Pianse in silenzio, tremando, temendo che i draghi dorati lo
trovassero, e lo impalassero come avevano fatto col fratellino.
Poi, stremato dalla paura e dal dolore, si addormentò.
L’alba sorse, fredda e sporcata dal fumo acre e nero. Il
vento soffiava, ma era freddo e puzzava di morte.
Anche il cielo era scuro, grigio, come sporco.
Un fiocco di neve cadde sul bambino, che era strisciato
fuori. E un altro. E un altro ancora.
Piccoli fiocchi di neve sporca di fuliggine, che si
mescolava alla fanghiglia di sangue sul terreno.
Seduto per terra, tentando di coprirsi con le ali, Valtier
piangeva.
Non c’era più nessuno. Non c’era la mamma, tanto dolce e
buona, non c’era il papà, tanto grande e forte, non c’era il saggio nonno. Non
c’era più nessuno.
Alla fine, quando anche gli occhi furono asciutti,
semplicemente perché non c’erano più lacrime da versare, si alzò.
Non poteva restare lì. Sarebbero tornati, i draghi dorati, e
l’avrebbero trovato. E anche se non fossero tornati, sarebbe morto lo stesso.
Forse, tra la gente che viveva giù, oltre l’altopiano,
qualcuno l’avrebbe accolto...
Piano, un passo dopo l’altro, Valtier si incamminò verso il
sentiero stretto e impervio che portava fuori dell’altipiano.
Non guardava i morti, maledetti affinché non potessero
trovare riposo con sigilli piantati nelle teste. Non guardava i morenti,
agonizzanti e deliranti sulle croci.
Non guardava nulla, se non il terreno. A che pro guardare
ancora quello spettacolo di morte?
Non concepiva ancora il concetto di vendetta. Era stato
cresciuto nell’amore e nella tolleranza. Ma SAPEVA che non era giusto. Che
c’era qualcosa di profondamente sbagliato. E non voleva che questo qualcosa di
sbagliato fosse dimenticato...
Al Deep Marin Castle c’era un’atmosfera insolitamente
tranquilla.
Dopo la creazione della barriera, c’era stata qualche
scaramuccia con le forze del Bene, ma nulla di rilevante. I Dark Lords stavano
preparandosi a un attacco a Ragradia in grande stile.
Ma Dolphin non aveva tanta voglia di combattere, quel
giorno.
Indossava un grembiule da chimico sopra un ridottissimo
costume da bagno azzurro, e aveva inforcato, per completare l’opera, dei comodi
occhiali da lettura. Stava leggendo un libro della biblioteca, data in
“dotazione standard” ai Dark Lords alla loro nascita da Shabranigdo, e prendeva
appunti su alcuni fogli volanti.
-Poseidon!- chiamò. Il priest arrivò subito,
teletrasportandosi. Dalla penna d’oca in mano e dagli sbaffi di inchiostro
sulle mani era deducibile che stesse scrivendo. Musica, probabilmente: aveva
una vera e propria dote per il flauto, e spesso Dolphin e Nerea lo
accompagnavano cantando.
-Si, master?-
-Vai all’altipiano dei Draghi Ancestrali e procurami un
Drago Ancestrale!-
-O_o Un... un drago ancestrale, lady Dolphin?- chiese
perplesso il priest.
-Si. Possibilmente maschio, in buona salute, il più grosso che
trovi che non sia un vecchio. Voglio fare un esperimento...-
-Ahem, master, posso farvi notare che i Draghi Ancestrali
sono cinquanta volte più forti del più potente dorato? E che sarà difficile
prenderne uno vivo e illeso?- sulla tempia del priest era comparsa una
gocciolina. Che diamine aveva in mente Dolphin quel giorno?
-Va bene, prendi anche Nerea; ricorda, vivo e intero.
Narcotizzatelo, magari, e tenetelo in stasi. Voglio realizzare un
esperimento...-
Poseidon non osò replicare sul pericolo di una ritorsione
delle creature al rapimento di un loro simile. Sapeva che non sarebbe stata una
buona idea, con Dolphin di quell’umore particolarmente creativo e maligno...
-Ner-chan? Lady Dolphin ci spedisce a caccia di draghi
ancestrali. Dobbiamo portargliene uno vivo, intero e in buona salute,
possibilmente un guerriero maschio nel fiore degli anni...-
Nerea stava rammendando con un filo di orialco una
smagliatura nell’armatura a maglia.
-Eh? Vivo, intero, e cazzuto? Cavoli, mica facile, eh? Va
bene, un attimo che finisco qui...- finito il rammendo, mormorò una parola
magica, e il tessuto si mescolò, tornando integro e perfetto. Si infilò
l’armatura, prese l’arpione di orialco, e disse -Ok, fratellone, andiamo. -
I Mazoku non si lasciano sconvolgere tanto facilmente.
Ma questo sconvolse il priest e la giovane general oltre
ogni dire.
Una scena così raccapricciante, solo pochi tra i più crudeli
dei loro simili avrebbero potuto concepirla.
Loro due preferivano lavoretti puliti e molto più... beh, ci
voleva poco per fare qualcosa di più asettico e pulito.
Sul terreno il sangue formava pozzanghere, marroni e
coagulate in orridi crostoni. La puzza di putrefazione era disgustosa, e
nell’aria c’era tanto di quell’odio e dolore da sfamare una legione di mazoku.
-Chi... chi può aver fatto ciò?- sussurrò sconvolta
la priest nel vedere uova, cuccioli e bambini crudelmente trafitti. Era stata
umana, un tempo, e parte della sensibilità femminile ancora albeggiava in lei.
-Draghi dorati. -
-NO!- la general si voltò verso il priest.
-Si, invece. -
-Fratello, stai scherzando?-
-Affatto, Nerea. Queste sono le loro lance e questo è il
sigillo del re dei draghi di fuoco per sigillare qualcosa di pericoloso e
impuro. - Poseidon era serio, ma sotto la facciata glaciale dietro cui s’era
trincerato c’era un animo non meno sconvolto della sorella.
-Vai a capire cosa passa per la testa di quei rettili. Ora
cerchiamone uno ancora vivo, o Lady Dolphin si arrabbierà. -
Tentando di guardare il meno possibile quelle scene di morte
disgustose anche per loro, recanti il marchio di una vendetta o di una
rappresaglia davvero esagerata, i due mazoku cercarono qualcuno ancora vivo.
Trovarono solo un sopravvissuto. E furono oltremodo
fortunati. Un guerriero, trafitto di lance e dalle numerose ossa rotte, ma
vitale e rabbioso, che ancora conservava l’alito della vita.
Con un gesto, Nerea smaterializzò le lance, mentre Poseidon
poneva in uno stato di stasi temporale il morente, affinché non tirasse le
cuoia.
-Mi domando cosa dirà lady Dolphin di questo massacro. Penso
che non abbia mai immaginato nulla di neanche lontanamente simile a ciò in
migliaia di anni...- commentò Nerea, prima di lasciare, con un ultimo sguardo,
l’altopiano. Suo fratello annuì, e si teletrasportò via.
L’aria pareva gemere e piangere per tutte quelle vite
spezzate.
Nerea non aveva mai combattuto contro i draghi ancestrali,
ma sapeva che la sua master provava per loro un certo interesse, e senza dubbio
rispetto.
Ma non fu solo per questi motivi che lasciò cadere quei
minuscoli fiori candidi.
“Che la Madre accolga le vostre anime nel Mare del Chaos.
Credo che sareste stati avversari valorosi...”
Poi, anche la sottile mazoku dai capelli celesti sparì
dall’aria fredda e densa di fumo amaro dell’altopiano.
-INAMMISSIBILE!!! Demoni che uccidono draghi è logico,
demoni che si scannano tra loro può capitare... ma i draghi dorati che
sterminano i loro simili Ancestrali!!!-
Dolphin era senza parole. Aveva ascoltato il rapporto dei
due subordinati, incredula, aveva scrutato le loro menti, era andata a
controllare di persona, ed era rimasta allibita.
-E poi loro sarebbero le forze del bene... che uccidono a
sangue freddo dei cuccioli... giuro, in tanti secoli, neanche un mazoku si è
comportato in maniera tanto SLEALE e...e... SCHIFOSAMENTE BUGIARDA nei
confronti del suo popolo!!!- La Dark Lady degli abissi era sconvolta e furiosa.
Se avesse avuto sottomano dei draghi dorati, ne avrebbe fatto spezzatino per i
suoi animali marini.
Dolphin, dei dark lords, era la più strana, quella che più
si avvicinava al “lato sbagliato” (cioè il bene). Trovava inammissibile tradire
qualcuno della propria fazione così. Se ce l’aveva con qualcuno, prima di
disintegrarlo o attaccarlo almeno lo informava che lo considerava un nemico. E sopratutto,
trovava schifoso da parte delle forze del bene uccidere dei cuccioli. Era
sbagliato. Si chiese anche lei cosa passasse per le teste di quei “rettili
gialli che si credono dei grandi sapientoni, ma non sanno neanche su cosa si
posa il loro grasso fondoschiena itterico!”.
-Master, abbiamo comunque trovato un Ancestrale ancora vivo.
Ormai non c’è quasi più con la testa, le ferite e la perdita di sangue lo hanno
fatto delirare, ma spero vada bene per i vostri esperimenti...-
-Si, Posi-chan, dovrebbe andare bene. Ma il mio esperimento
dovrà aspettare ancora qualche tempo: tra poco c’è riunione con gli altri Dark
Lords e Master Shabranigdo, all’Hellmaster Manor. Divise ufficiali, come al
solito. -
Con un sospiro, Dolphin posò gli occhiali da lettura, mentre
il camice da chimico veniva sostituito da un abito di veli sopra il quale c’era
la veste di mithril, il corpetto e l’armatura di mithril e orialco.
Dall’aria che tirava alla riunione, Dolphin capì che non era
aria di informare i fratelli della strage degli ancestrali perpetrata dai
dorati. Non era certa che avrebbero preso la notizia in modo adeguato. Forse
l’avrebbero tacciata di infantilismo. Phibrizio sapeva essere snervante, per
ciò...
La questione trattata quel giorno era tosta. Malgrado
Shabranigdo caricasse Ragradia con tutte le sue forze, non bastava. Lo scudo
anti-mazoku che la sovrana dei draghi aveva attorno a sé la proteggeva in
parte, disperdendo parte dei colpi di Shabranigdo.
-Solo i colpi di un drago potrebbero attraversarlo... ma
nessuno di essi tradirebbe la sua sovrana. - commentò Zelas.
-Io so cosa ci vorrebbe. -
Tutti si voltarono verso Dolphin. Era rimasta silenziosa,
finora, assorta nei suoi pensieri.
-Parla, Dolphin. - le disse Lei-Shabranigdo.
-Occorre creare un quinto dark lord che vi aiuti, master. -
esordì Dolphin.
Gli altri tre dark lord la fissarono. Un quinto dark lord?
-E io ho anche una buona idea per farne una arma eccellente
contro i draghi…- continuò la minuta dark lady. Negli occhi azzurri c’era uno
che di vendicativo. Quel giorno era di umore maligno-incazzereccio, pensò
Phibrizio. Doveva esserci una bella maretta, con correnti pericolose, attorno
al suo castello. Dolphin influenzava il mare, e il mare influenzava lei.
-Occorre un demone, ma un demone che sia anche un drago. Una creatura ibrida
che funga da canale, da cuneo per rompere la barriera di Ragradia. E io so
anche come crearlo. - affermò la dark lady con aria seria.
-E come?- chiese incuriosito Lei Magnus.
-Master, se creaste un altro dark lord, usando, anziché la
vostra energia per plasmarne il corpo materiale, un corpo già esistente... un
corpo di drago...- illustrò Dolphin -Un Drago Ancestrale sarebbe l’ideale. Sono
infatti neutrali, anziché del Bene, e assai più forti dei dorati, che a loro
volta sono i più combattivi dei nostri nemici...- la dark lady tirò fuori i
suoi appunti, mostrandoli a tutti.
-Si, l’idea è buona. Hai ottime idee creative, Dolphin. - la
elogiò Shabranigdo -Hai già un soggetto adatto?-
-Si, master. I miei subordinati me lo hanno procurato giusto
oggi. Posso preparare tutto io per la trasformazione. - si offrì. Quel nuovo
“fratello” doveva essere legato a lei il più possibile. Voleva qualcuno che
come lei capisse l’Equilibrio. Voleva un fratello con cui poter parlare in modo
sensato. Non come quel ghiacciolo di Dynast, o Zelas la primadonna, o Phibrizio
il rompiscatole presuntuoso.
Lei Magnus-Shabranigdo era di ottimo umore per quella
prospettiva. -Sia. E avrai anche il privilegio di dargli il nome. -
Dolphin sorrise. Lo avrebbe legato indissolubilmente a sé…
Il corpo del drago ancestrale era stato sommariamente
curato, e le sue condizioni stabilizzate. Ma i tre dark lords lo guardavano
dubbiosi.
-Sicura che non tirerà le cuoia nella trasformazione,
Dolph?- chiese Zelas -E poi, visto che Shabraigdo-sama ti ha lasciato anche il
privilegio di stabilirne la forma, come lo farai? Fai un bell’uomo, mi
raccomando...-
-La sua forma sarà simile a quella umana di questo drago.
Sicuramente, avrà la sua stessa combattività...-
Dolphin non ammetteva che qualcuno criticasse il suo
“soggetto”. A parte le ferite, era un ottimo esemplare. Gli altri Dark Lords
fecero spallucce e se ne andarono. Non erano ammessi alla trasformazione.
Dolphin si voltò, e si avvicinò alla testa del drago dorato.
Questi era paralizzato, ma cosciente. Lei gli liberò la bocca e la lingua,
affinché potesse parlare.
-Nel tuo cuore leggo il rancore e il desiderio di vendetta.
Credevo che la tua razza non fosse capace di tali sentimenti...- disse,
sedendosi a gambe incrociate accanto all’unico occhio sano della creatura.
Questi allargò la bocca, a fatica, in quello che doveva
essere un sorriso sardonico -La mia razza è morta, demone. Sterminati dai
nostri stessi fratelli dorati. Sono l’ultimo sopravvissuto, e con me, Vrag, la
razza morirà. Come potrei non provare rancore e dolore, e desiderio di
vendetta?-
Dolphin fissò il drago con una immensa tristezza.
-Tu sei un po’ diverso dai tuoi simili, come io lo sono dai
miei. Ma non temere: da te nascerà una nuova creatura, che porterà distruzione
tra gli assassini della tua razza. E che forse sarà più simile a me di quanto
non lo siano i miei fratelli. Diventerai un nuovo fratello. Il mio fratellino
prediletto. -
Il drago parve divertito all’idea. -Ricorderò qualcosa?-
-No, non credo. Ma ti racconterò tutto di nuovo. Io so. Io
conosco cose che gli altri non sanno. E ora, Vrag, riposa. Non devi morire
prima della trasformazione.
Tra poche ore, rinascerai, come Garv, il demone drago del
chaos. -
Il drago ancestrale parve annuire. Chiuse gli occhi,
ommeglio, l’occhio sinistro, dato che il destro gli era stato bruciato da un
laser che gli aveva sfiorato il cranio.
Pochi istanti dopo Shabranigdo apparve, sempre rivestito
delle sembianze di Lei-Magus, nella stanza predisposta per la trasformazione.
-E’ tutto pronto, master...-
Il corpo straziato del drago ancestrale venne plasmato dalle
correnti di pura energia maligna, che trasse da esso altre due teste, gonfiò il
corpo e trasformò le ali piumate trafitte e insanguinate in quattro larghe ali
a membrana protette da scaglie simili a lame. Il nero-grigio del corpo fu
mutato in un sanguigno rosso, e gli occhi ambrati scintillarono cangiando in
verde come smeraldi che troppo a lungo abbiano fissato la bocca d’un vulcano.
Infine, Dolphin dette una forma umana a quella nuova
creatura.
Un uomo, dalla pelle scura e dalla corporatura alta, immensa
e massiccia. Una mascella volitiva, e lineamenti forti, ma armoniosi, nel
complesso. Una bocca che poteva passare dal ghigno crudele al sorriso
dolcissimo.
Capelli lunghi, rossi come il sangue che avrebbe versato
quel guerriero, con occhi verdi e implacabili.
E come arma, chiese al suo Signore di dargli una spada. Una
spada lunga, sottile per la lunghezza che aveva, dalla linea semplice e letale.
Un’armatura di scaglie rosse.
E il drago a tre teste si compresse, si rimpicciolì, implose
nella forma umana decisa da Dolphin.
Accanto a suo master, la dark lady gli dette il nome.
-D’ora in poi, tu sei Garv Chaos Dragon, demone-drago, dark
lord al servizio di sua Maestà Ruby-Eye Shabranigdo. -
Il nuovo nato la imitò quando la dark lady si inchinò a Lei
Magnus.
Negli occhi color sangue del maou in sembianze umane c’era
uno scintillio di esultanza per il nuovo dark lord, di orgoglio per
l’intelligenza della dark lady, e di sete della vittoria ormai imminente.