That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.027
- Dietro le Quinte (1)
Lord Voldemort
Rookwood Manor, UpperHaleWood, Wales - dom. 16
gennaio 1972
«Mio Signore... »
Udii il fruscio delle vesti della Strega, prima ancora della sua voce.
Non mi voltai, mi soffermai invece ad ammirare, riflesso sul vetro,
l’incedere orgoglioso di Bellatrix Lestrange che si
avvicinava a me. Mi trovavo nel salone di Rookwood Manor già
da qualche ora e, immobile, osservavo alla finestra la notte cedere il
passo al gelido chiarore del primo mattino, scivolando via come un
oscuro velo impalpabile dagli alberi e dalle statue che ornavano il
giardino all’inglese.
Avevo dato ai Lestrange una missione, la sera precedente, riportarmi i
ricordi della visita di Orion Black al castello di Hogwarts, ma ero
stanco, sentivo su di me il peso dell’aggressione subita a
Londra e la spossatezza per il confronto con Sherton, nella grotta,
così avevo concesso anche a loro alcune ore per riprendersi,
prima di consegnarmi la fiala, confidando che intanto Abraxas
s’impegnasse a trovare Deidra Llywelyn e a trarre da lei
notizie utili su Mirzam. Non ero riuscito a dormire, naturalmente,
impegnato a ripercorrere gli eventi di quella giornata interminabile:
Alshain Sherton e i mocciosi erano un capitolo chiuso, ormai, sua
moglie doveva essere il passatempo di Abraxas, solo i ragazzini rimasti
a Hogwarts sarebbero stati un problema da risolvere con un piano
articolato, visto che avrei dovuto aggirare Dumbledore per mettere loro
le mani addosso. Quanto a Mirzam, il piano di Rodolphus avrebbe potuto
funzionare fintanto che Sherton fosse stato in vita, ma ora non
esisteva nessuno, nemmeno un tutore, che avesse
l’autorità di imporre a Meissa Sherton un
matrimonio con Rabastan Lestrange, minaccia più che
sufficiente a far uscire Mirzam dal buco in cui si era nascosto per
proteggere la sua preziosa sorellina. Ciò nonostante, non
volevo perdere tempo a cercarlo, doveva essere il traditore a tornare
da me, per affrontare il destino che si era merito e scelto. E ora,
fatto ordine nei pensieri, ero pronto ad affrontare le mille maschere
di quel rammollito di Black.
Feci un sospiro fondo e mi voltai verso la Strega, Bellatrix si
fermò di colpo, prostrandosi subito a terra, lì
dove si trovava, ma per quanto mi compiacesse vedere
quell’altera creatura ai miei piedi, con quello sguardo
capace di risvegliarmi l’anima, la mia attenzione era
attratta dalla fosca figura alle sue spalle. Il mio respiro si fece
lento e profondo, come un cacciatore che fiuta la preda. Il cuore mi
pulsava veloce e violento, in attesa della risposta. L'avevo aspettato
tutta la notte, finalmente Rodolphus Lestrange era davanti a me.
«Avete con voi quanto vi avevo
chiesto?»
«Sì, mio
Signore… »
Fremetti: tutte le tessere stavano per andare al proprio posto, in quei
ricordi c'era l’ultimo segreto di Sherton,
l'identità del nuovo Signore di Herrengton, colui o colei
che avrebbe preso il posto della lurida vipera traditrice appena
annegata tra i flutti. Un insulso moccioso, da piegare alla mia
volontà, o spazzare via. I Lestrange non sapevano ancora
cosa fosse accaduto dopo la loro partenza, i miei uomini avevano
l’ordine di non parlarne neanche tra loro, per questo,
vedendo Rodolphus che se ne stava in un angolo, silenzioso e sfuggente,
immaginai che avesse paura della mia reazione per le libertà
che si era preso con il mio prigioniero, senza il mio permesso. Gli
feci cenno di avvicinarsi, studiandolo attentamente mentre estraeva una
fialetta dal mantello e si dirigeva muto e pensieroso al bacile del
Pensatoio. Guardai bramoso il liquido argenteo agitarsi nel contenitore.
«Lasciala sul
ripiano.»
Rodolphus eseguì e subito mi diede le spalle per andarsene,
senza curarsi neanche della moglie: mi colpì quel gesto, di
solito Bellatrix era il suo pensiero fisso, talmente ossessivo da
averlo portato, fin troppo spesso ultimamente, a mettere a repentaglio
la buona riuscita delle missioni. La Strega gli rivolse a sua volta uno
sguardo che non seppi decifrare, di solito l’interesse che
nutriva per Rodolphus, durante le nostre riunioni, era
pressoché nullo. Ghignai, sapevo quanto fosse precaria e
sofferta la complicità dei due sposi, forse era stato per
far colpo sulla moglie indomabile che Rodolphus aveva perso la testa
con Sherton ma, conoscendola, probabilmente era stata una fatica
neanche lontanamente sufficiente a placare la sete di sangue della
donna. O forse, benché fosse offesa dalla codardia dei suoi
familiari, Bellatrix non aveva gradito che Rodolphus se la prendesse
con lo zio. Ghignai: mi piaceva vederli dibattersi, tra la devozione
nei miei confronti e l’educazione loro imposta,
un’educazione che a mano a mano era strappata loro di dosso,
come croste di vernice secca. Bellatrix si alzò e
restò al suo posto, in attesa di sapere quale fosse la
missione del giorno, cosa potesse fare per me. Ammirai il suo corpo
sottile che vibrava, desiderosa di compiacermi.
«Mi occuperò di
questi ricordi, poi intendo parlarti, Rodolphus. Tu puoi andare,
Bellatrix!»
La Strega mi fissò, c'era delusione nel suo sguardo,
scrutò prima me, poi il marito, incuriosita e disturbata
dalla situazione, ma quando vide la mia espressione seria e
determinata, non obiettò, fece un lieve cenno di saluto e se
ne andò, i tacchi degli stivali che risuonavano rapidi e
stizziti sui marmi pregiati del pavimento di Rookwood. Rodolphus era
rimasto fermo al limitare del mio campo visivo, nella zona ancora in
penombra, appoggiato a una colonna, le braccia incrociate, le mani
affondate sotto le ascelle, uno sguardo vuoto e morto, perso, che non
gli avevo visto mai. Non vedeva l'ora di andarsene, e già
solo per questo motivo avevo voluto trattenerlo con me,
benché morissi dall'impazienza di occuparmi della fiala e
ragionare da solo sul suo contenuto: lo guardavo e mi rendevo conto che
c'era qualcosa su cui dovevo indagare, qualcosa che dominava il suo
spirito, e che non era la nostra causa. Non avevo mai visto Rodolphus
perdere il controllo come il giorno precedente, non l’avevo
mai visto mentire, non a me. Dovevo sapere quale fosse la molla. E
reagire.
«Dimmi, Rodolphus,
è stato difficile prendere i ricordi di Black?»
«No, mio Signore: ha opposto
resistenza, all'inizio, ha cercato di difendere i mocciosi
finché ha potuto, ma alla fine si è arreso alla
mia perseveranza e alla mia... capacità di persuasione...
»
Mi misi seduto su una delle poltrone davanti al caminetto acceso,
dandogli le spalle, lo invitai ad avvicinarsi, a portarsi davanti a me,
lui si mosse indolente, fino a raggiungermi, lo osservai, sembrava
lontano, indifferente, apatico, anche la sua voce era monotona: mi
chiesi se stesse recitando la parte del figlio addolorato per la morte
del padre o avesse compreso l’enormità delle sue
azioni e avesse dei rimorsi. O, peggio, se mi stesse nascondendo
qualcosa d'importante. Avevo deciso di dargli un’altra
possibilità di essere sincero con me, avevo accolto molte
volte, in passato, le sue confidenze, ma stavolta sentivo che sarei
dovuto ricorrere alla Legilimanzia. Era il migliore dei miei seguaci,
certo, ma se avessi scoperto qualcosa di spiacevole, non avrei avuto
esitazioni.
«E in cosa è
consistita stavolta la tua... perseveranza?»
Rodolphus sollevò gli occhi su di me e finalmente vidi il
suo sguardo famelico, colmo di compiacimento, le sue labbra si
arricciarono leggermente, mostrando quasi i denti, come un lupo, mentre
raccontava che, nella tarda serata, chiusi nello studio di Black,
seduti ai due lati della grande scrivania, aveva prima messo a suo agio
il padrone di casa, fingendosi disposto a trattare, innocuo e annoiato,
sopportando ogni genere di sciocca irriverenza da parte dell'inutile
damerino, che a mano a mano prendeva coraggio e fiducia in se stesso,
certo di cavarsela. All'improvviso, Lestrange l'aveva raggelato,
cogliendolo di sorpresa con una Cruciatus, poi, semistordito, gli aveva
afferrato un braccio e puntato la bacchetta sul polso, e senza che
Black potesse reagire in alcun modo, l'aveva affatturato. Un gioco che
era durato a lungo. Lestrange non lo disse ma io sapevo che aveva
goduto nel torturare lentamente, profondamente, sistematicamente la sua
vittima, aveva fatto sì che il dolore
s’impossessasse inesorabile, centimetro dopo centimetro,
della carne del Mago, dipanandosi lungo il braccio attraverso il fluire
del sangue. Un sangue che alla fine ribolliva, come una colata di lava,
che brucia e ustiona la carne da dentro, pezzo dopo pezzo. Un dolore,
che, l'avevamo sperimentato su cavie babbane, porta alla pazzia, se
protratto a lungo, come una ripetuta Cruciatus, mentre il corpo si
dibatte alla disperata ricerca di una salvezza che non esiste. Black
aveva resistito finché le fitte si erano limitate al
braccio, ma quando il dolore aveva superato la spalla, per muoversi
verso il capo e il torace, aveva ceduto e chiesto pietà,
lasciandosi estrarre i ricordi.
«Sono ricordi integri e
inalterati, dubito che Black abbia avuto tempo di
manometterli.»
«Sempre che non li abbia
alterati prima, ma non credo che Black ne sia capace. Parlami della
fattura: era la prima volta che la provavi, quanto tempo ha impiegato a
fare effetto?»
«Dopo pochi secondi Black
stava già soffrendo ma cercava di non darlo a vedere: ho
protratto la fase iniziale, acuta, più del necessario, per
non dargli tempo di riflettere, di opporre resistenza o formulare
contromosse. E anche perché… mi
piaceva… volevo dargli una lezione... »
Lo disse con noncuranza, innocente, ed io fremetti di nuovo: desideravo
tirar fuori tutto quello che i miei discepoli avevano dentro, portarli
a scoprire il loro limite, vederli all'inizio eseguire un ordine per
dovere, per poi viverlo come un momento liberatorio, desiderabile,
appagante come il culmine di un amplesso. Ancora di più,
bramavo scoprire la molla che spingeva all'estremo ciascuno di loro,
perché conoscere il loro più intimo desiderio e
la più tormentosa debolezza era la vera fonte del mio potere
su ognuno di loro. La notte dell’attacco a Herrengton, per
esempio, doveva essere accaduto qualcosa a Rodolphus, qualcosa che
andava oltre quello scontro sulla torre, in cui Bellatrix era rimasta
stranamente ferita da un suo incantesimo. Dall’odio che
vedevo in Lestrange quando si parlava di Orion Black, ben
più serio della preesistente tendenza a farsi gioco di lui,
intuivo che fosse accaduto qualcosa tra i due Maghi, ma su questo
Rodolphus non si era confidato con me ed io fino a quel momento avevo
avuto troppo da fare per indagare.
«Ti è piaciuto
portare anche il mio prigioniero oltre il limite… Io non te
l’avevo ordinato… »
«Mio Signore, me ne scuso,
ma... non ero... »
Continuai a fissarlo, Rodolphus era tornato serio e contrito: ero
compiaciuto di aver trasformato un viziato rampollo di buona famiglia,
pigro e lascivo, in una perfetta macchina da guerra, un feroce
predatore che trovava nella tortura il proprio appagamento, ma mi
piaceva ancora di più vedere il terrore nei suoi occhi, al
pensiero di aver commesso un errore. Di non avermi soddisfatto. Senza
la mia influenza, non si sarebbe mai liberato di suo padre, lo sapevo,
d’altra parte, ora che l’aveva fatto, forse temeva
la mia reazione per essersi spinto tanto oltre. A me non importava, mi
divertiva solo giocare con le sue reazioni e m’incuriosiva
scoprire come si fosse sbarazzato del vecchio, un uomo che mi era stato
utile in passato, ma ormai inadatto e incompatibile con la nostra
missione.
«Se stai per dirmi che ti sei
lasciato prendere la mano, perché Sherton ha ucciso tuo
padre… so già che l'assassino di Roland sei tu,
Rodolphus!»
«Mio Signore, io…
non avrei dovuto… né voluto, ma…
quando ha visto Deidra Sherton mio padre ha perso la testa, Malfoy
è stato costretto ad allontanarlo e… quando ha
fatto irruzione mentre perquisivo la stanza di Mirzam, per un attimo...
col fuoco, il fumo… non ho capito che fosse lui...
»
Il giovane fu attraversato da un brivido, ghignai: mentiva, sapeva bene
di avere di fronte suo padre.
«Mi dispiace per la tua
perdita, Rodolphus, e comprendo... in che senso sostieni che a uccidere
tuo padre sia stato Sherton... Se desideri tornare a casa e
riposarti... »
«No, mio Signore, la missione
viene prima di tutto, inoltre, nello stato d'animo in cui mi trovo,
sono certo che potrei esservi utile, per far parlare
Sherton… »
«Sherton non
parlerà più, Rodolphus: è annegato
questa notte... »
«Che cosa? Mio Signore...
annegato? Dove? Io non sapevo… Come?»
«Nel modo in cui muoiono i
traditori, Rodolphus… Mi spiace averti privato del suo
sangue, ma troverai soddisfazione quando avremo catturato Mirzam.
Quanto a tuo padre, i genitori creano i figli per poi divorarli e i
figli devono abbattere i padri per non essere divorati. Amavo Roland,
eravamo amici da una vita, ma la realtà è che
senza il suo sacrificio, tu e tuo fratello non sareste mai riusciti a
riportare in alto il nome del vostro casato e a esprimere al meglio le
vostre potenzialità. Ciò che è
accaduto pertanto è giusto e tu non devi fingere che sia
stato solo... un errore.»
«Mio Signore, io non... Come
facevate a… saperlo... »
«Perché anche io,
quando è stato il momento, ho ucciso mio padre,
Rodolphus.»
«Vostro… padre...
anche voi mio Signore? Perché?»
«Come Roland,
quell’uomo offuscava me, il mio nome, il mio prestigio, il
mio potere.»
Sollevai la mano e gli ordinai di avvicinarsi, Rodolphus
s’inchinò davanti a me, come faceva sempre
soprattutto nei primi tempi, quando pendeva dalle mie labbra e vedeva
il mondo che gli spettava aprirsi dinanzi a sé, mentre
offriva la sua vita a me e alla causa. Come allora, lo sentivo farsi
creta nelle mie mani, ghignai di compiacimento.
«Sono giorni che ti vedo
turbato, Rodolphus. Ricorda: io non sono solo il Maestro che
t’impartisce ordini da eseguire, sono anche una guida pronta
ad ascoltare e consigliare, aiutare nelle difficoltà. Voi
tutti siete la mia famiglia, mi siete cari come foste carne e sangue
miei, tu in particolare, il migliore dei miei discepoli...
perciò non temere di aprirti con me, anche se non sei
più il ragazzino inesperto di tanti anni fa, ma un uomo a
capo di una delle più antiche, illustri famiglie
magiche… »
Lo vidi sospirare e annuire, gli avevo mostrato la strada per liberarsi
del suo peso, ero certo che avrebbe raccolto la mia offerta, trattenni
a stento il ghigno che voleva aprirsi sul mio volto. Gli chiesi di
uscire e di attendermi, finché avessi studiato i ricordi di
Black, lo guardai allontanarsi, quindi presi la fiala, versai il
liquido nel bacile, vidi il fluido argenteo muoversi in ampie,
tormentate onde, e infine immersi il volto in quella massa iridescente.
Mi ritrovai a vestire i panni di Black, che si muoveva nell'infermeria
di Hogwarts, al seguito di quel dannato Dumbledore.
«A parte lo spavento e un bernoccolo dovuto alla caduta, la
bambina sta bene. Madame Pomfrey le ha somministrato una pozione
rilassante, si sveglierà domattina... »
Ero alle spalle del vecchio Preside, gettai un'occhiata alla bambina
dai capelli corvini che avevo incontrato a Lacock, il giorno del
matrimonio di Bellatrix e Rodolphus, ma non riuscii a soffermarmi come
avrei voluto al suo capezzale, Black era già stato condotto
dal vecchio presso un secondo letto, nel quale riposava un ragazzino
alto e scarno di cui vedevo solo i capelli corvini. Orion gli
sollevò le mani e iniziò a togliere le bende in
cui erano avvolte, mettendo a nudo profonde ferite su entrambi i lati,
simili ad artigliate di un animale selvatico, forse un lupo, o un
Ippogrifo.
«Che cosa significa? Mi avevate detto che non aveva ferite!
Che cosa sono quelle?»
«Le ferite c’erano ma sembravano così
superficiali da non poter causare la perdita di tanto sangue. Secondo
Fear è come con le Rune: il Maleficio subito dal ragazzo a
Herrengton nasconde i segni esteriori delle ferite e, rendendo
più difficile comprenderne la gravità e
sbagliando l'approccio e le cure, porta il giovane a indebolirsi sempre
più. Per fortuna, con le pozioni che aveva con
sé, Fear è riuscito a rilevare le ferite e a
curarle; ora la Pozione Rimpolpa-sangue della Pomfrey
funzionerà e, grazie agli unguenti, le lesioni si
rimargineranno velocemente e bene, così non resteranno
neanche le cicatrici. Ti ho fatto preoccupare senza motivo, Orion... mi
spiace... »
Fear? Ha detto Fear? Il fantomatico vecchio Mago Oscuro della
Confraternita ha già raggiunto Hogwarts? Maledizione! Ho
commesso un errore chiedendo a Rodolphus solo i ricordi relativi ai due
mocciosi, devo procurarmi i ricordi di tutta la serata passata da Black
a Hogwarts.
«No,
Fear ha solo valutato e curato le ferite. Il ragazzo non si
è mai neanche ripreso... »
«L'ho sentito urlare dall’anticamera! Sarei
intervenuto se non mi aveste chiuso fuori!»
«È stato necessario, Orion: la Polisucco stava
finendo i suoi effetti e visto quanto era sconvolto, non mi
è sembrato il caso che il ragazzo vedesse suo zio tramutarsi
in Fear.»
«Così l'avete sedato! Ora toccherà a me
svegliarlo, affrontare la situazione, mentire!»
Black
ha visto Fear parlare con Dumbledore? Maledizione! Sono stato uno
stolto…
«Affrontare la situazione e mentire? Mentire è una
scelta, nessuno può impedirci di dire la
verità... Alshain e Deidra sono vivi, non è
così? Non fingere, Orion... »
Dumbledore
crede che gli Sherton siano fuggiti dal rogo di Essex Street, quanto a
Black, come avevo intuito, probabilmente è l’unico
a sapere dove si è nascosta la Strega.
«Ti sei tradito quando ti sei reso conto che
l’Erede non è né Rigel né
Meissa. E la presenza di Fear, qui, farebbe pensare che non lo sia
neppure Mirzam... potrebbero essere i bambini, ma tu sai che non
è così, li hai visti con i genitori, per questo
sei rimasto sconcertato! Dico bene?»
Dumbledore sta bluffando, non può sapere che i bambini sono
annegati, insieme al padre.
«...
Sono stanco di voi e delle vostre ciance, Albus! Non ho altro da dirvi!
Sappiate solo che non vi permetterò di turbare questi
ragazzi con le vostre assurde teorie cervellotiche!»
«Assurde teorie cervellotiche? Non ti sei chiesto come mai
l’Erede non si sia manifestato già la notte
dell’agguato a Herrengton? Eppure anche quella notte Alshain
è stato in punto di morte! Ebbene... sì...
È avvenuto, anche se nessuno se n’è
accorto. È da allora che Fear ha capito: l’Erede
è Mirzam, per questo il ragazzo non è tornato a
casa, mentre tutti lo cercavano... Il vecchio, non fidandosi
completamente di lui, ha preso e spostato la Fiamma. Ora,
però, pare che il ragazzo sia scappato e deve aver trovato
anche la reliquia, perché sia Habarcat sia le carte di Doire
sono sparite con lui... Intende usarle per sé? Le
darà a Voldemort? Nessuno ha idea dei suoi propositi, ma
è facile intuire che cosa accadrà nelle Terre,
quando la notizia si spargerà e nessuno dirà la
verità su Alshain Sherton: le Terre si divideranno in
fazioni, l'hai detto anche tu, nemmeno due ore fa... e tu sarai
responsabile della sorte di questi ragazzi, se deciderai di
mentire!»
Mirzam è l’erede? No, non è possibile,
questa è un'errata deduzione del vecchio o un bluff per
costringere Black a parlare... Eppure… C'è
qualcosa che non mi è chiaro: è evidente che
nessuno dei due ragazzini a Hogwarts è l’erede,
ma… non lo erano neppure i mocciosi… Salazar
allora…
Mentre riflettevo, Black aveva smesso di dare ascolto al Preside e si
era chinato sul ragazzino, pronunciando il suo nome all'orecchio. Aveva
insistito più volte, accompagnando le parole a una leggera
pressione sul braccio, ma non stava ottenendo alcun risultato.
«Rigel mi senti? Rigel... apri gli occhi... »
Il moccioso si riprese lentamente: un brivido mi percorse la schiena e
tutte le domande su Mirzam, su quella strana discussione, tutti i dubbi
che si affollavano nella mia mente, tutto si spense
all’improvviso. Era la prima volta che fissavo gli occhi di
mercurio di Rigel Sherton, e mi ritrovai con addosso lo stesso brivido
che avevo sperimentato trent'anni prima, a Londra, dinanzi suo padre.
Qualcosa che non avevo messo in conto, qualcosa che non mi era mai
accaduto di fronte a Mirzam.
Non so chi è il vero erede ma il segreto di Alshain Sherton
è celato anche dentro di te… Devo trovarti,
entrare nella tua mente, sondare i tuoi pensieri, scoprire i vostri
dannati segreti… Non sono riuscito a prendere tuo padre,
Rigel Sherton: tu non mi sfuggirai.
***
Deidra Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - dom. 16 gennaio 1972
«Ti ho fatto una domanda,
gradirei una risposta... »
Gli diedi le spalle, furiosa, non sopportavo più la vista di
quel mostro, cercai di allontanarmi di più, ma ormai ero a
ridosso della finestra: Malfoy allungò la mano e mi
arpionò l'avambraccio, bloccandomi e costringendomi a
voltarmi verso di lui, io sollevai il palmo, pronta a scattare ancora.
Nemmeno mezzora prima, gli avevo già dato uno schiaffo, la
mia risposta alle volgarità che mi aveva rivolto, al
disprezzo che aveva mostrato per la mia famiglia. Avrei voluto farlo di
nuovo.
Se solo potessi... ma non puoi, Deidra. Non puoi. Hai visto di che cosa
è capace...
Malfoy aveva vinto, sapeva che avevo ben chiara la situazione, per
questo ora ghignava.
Se era rimasto scosso o si era infuriato per lo schiaffo ricevuto,
nella mezz’ora precedente non l'aveva dato a vedere, non
aveva fiatato, né reagito, ma mi aveva terrorizzato
ugualmente, quando mi aveva afferrato per un braccio e mi aveva
trascinato verso il divano. Io avevo puntato i piedi, temendo volesse
mettere in pratica le sue schifose intenzioni, consapevole che, debole
e confusa com’ero, non sarei mai stata in grado di opporre
una vera, strenua resistenza.
«Quando saprai tutto, di questa storia... la prospettiva per
te meno raccapricciante sarà... »
Aveva riso, Malfoy, del mio sguardo orripilato e disgustato, ma era
vero, per me aveva preparato un altro tipo di tortura, diversa, ma
altrettanto terribile e ripugnante, rabbrividii al solo ricordo: mi
aveva costretto a sedermi e dopo essersi assicurato con la Magia che
non tentassi di scappare, si era diretto verso una profonda cassapanca
decorata con motivi runici, aveva estratto il bacile di un Pensatoio,
aveva evocato una fialetta e vi aveva versato il contenuto argenteo,
poi, senza altri indugi, mi aveva costretto a immergere il viso in
quelli che erano gli scioccanti ricordi di mio marito, gli orrori
accaduti il pomeriggio precedente. Attraverso gli occhi di Alshain,
avevo vissuto il suo scontro con il Signore Oscuro a Essex Street, le
torture che gli avevano inflitto i Lestrange nella grotta, la
persecuzione fisica e mentale di Abraxas e infine... il precipizio. Ero
uscita dal bacile sconvolta, distrutta, incapace di trattenere i
tremiti e le lacrime. Quando Malfoy mi aveva appoggiato una mano sulla
spalla, come a consolarmi, avevo alzato gli occhi su di lui, avevo
incrociato il suo viscido ghigno divertito, mi ero divincolata,
alzandomi e correndo alla finestra.
E ora mi aveva raggiunta, di nuovo: Malfoy mi prese per il mento e mi
costrinse a fissarlo, sorrise quando vide che stavo ancora tremando,
illudendosi che la mia fosse solo paura, in realtà provavo
un odio profondo, per quanto avevano sofferto Alshain e i miei figli.
Si arrotolò una mia ciocca sul dito e tirò con
forza, avvicinando il volto alla mia faccia, io gli bloccai la mano e
lo fissai con disprezzo, il desiderio di fargli del male e la sete di
vendetta che già m'infiammavano.
«Ti ripeto la domanda, se non
la ricordi: pensi che stessi mentendo quando ho detto... »
«Ricordo tutto ciò
che hai detto, bastardo! Che non sei un Lestrange... che potevo essere
lo sfizio di una notte... che da me vuoi molto di più di una
scopata... Che cosa vuoi, Malfoy? COSA?»
Abraxas ghignò ancora ma la volontà di spaventare
aveva ormai lasciato il posto al compiacimento di chi sa che
può passare oltre, perché l’avversario
è consapevole di essere stato messo all’angolo.
Smise di torreggiare su di me e andò a sedersi, dopo essersi
versato un Firewhisky e averne preparato uno per me. Rifiutai.
M’invitò a sedermi di fronte a lui. Io rimasi
vicino alla finestra.
«Ti conoscevo come una Strega
orgogliosa e fiera, ma non ti facevo anche furba, visto l'idiota che
hai sposato. Invece sei più intelligente di quanto credessi,
Llywelyn: non ti sei messa a frignare, a supplicare. Al contrario, hai
ascoltato con attenzione... persino i dettagli... Forse avrei dovuto
parlare subito con te, invece di perdere anni dietro quel mulo testardo
di tuo marito. Hai persino avuto le palle di alzare le mani su di me...
Mi piace chi lotta. E a dire il vero… ci contavo: sarei
stato costretto a cambiare i piani che ho fatto su di te, se non fossi
stata reattiva.»
«Hai detto che ti serve il mio
aiuto, dimmi cosa diavolo vuoi da me e facciamola finita!»
«Quanta fretta... Gli Aurors
mi faranno domande: per dare loro le risposte giuste devo capire quanto
sei convinta ora di volerti accordare con me e quanto sarai disposta a
rispettare i patti... non solo oggi e domani, ma anche in seguito,
quando penserai, sbagliando, che il peggio sia passato.»
«Sei così poco
fiducioso nella causa del tuo Signore, da pensare che questa situazione
durerà a lungo se non addirittura in eterno? E che cosa
c'entro io con le risposte da dare al Ministero?»
«È il
“nostro” Signore, faresti bene a iniziare ad
abituarti, Llywelyn! Quanto a… che cosa c’entri
tu… In pratica tutto… Tutto dipende da te! Che i
tuoi cari restino al sicuro o, al contrario, un pescatore ritrovi il
corpo di tuo marito, tra le alghe… che durante le
perlustrazioni, tra le rovine fumanti di Amesbury, gli Aurors
rinvengano i vostri anelli e non anche i resti anneriti dei tuoi figli:
questo è il genere di scelte che dovrò compiere
in futuro… scelte che dipenderanno… solo da te...
»
Non replicai, il fiato reso corto da quelle immagini orrende. Abraxas
sorrise, candido. Si alzò e si avvicinò di nuovo,
tentò di sfiorarmi un braccio, io mi sottrassi. Me lo
serrò con forza.
«Devo mostrarti un'ultima cosa
che ti aiuterà a decidere in piena consapevolezza, non mossa
solo dall'emotività. Ci tengo, perché fatta la
tua scelta, né tu né io potremo tirarci indietro,
il nostro destino sarà intrecciato e non si potranno
compiere passi falsi, senza mandare all'aria tutto. A questo proposito,
mi piace chi reagisce, Llywelyn, ma ti consiglio di non provarci
più. Non con me… Il destino dei tuoi figli e di
tuo marito è nelle mie mani. Ti consiglio di non
dimenticarlo… »
*
Un sole timido penetrava tra le spesse coltri di nubi e mi accarezzava
lieve il viso congestionato, senza riuscire a scaldarmi: tremavo, per
il senso di congelamento e per la rabbia. Al tempo stesso, sudavo
freddo, per la tensione e la paura crescente.
Procedevo lentamente dietro Malfoy, scendendo lungo lo stretto sentiero
tra le rocce, proteso sullo strapiombo, facendo attenzione a come
appoggiassi i piedi e mi aggrappassi con la destra ai rari appigli,
tentando con difficoltà anche di tenermi addosso il mantello
con l'altra mano: il vento impetuoso sembrava volermelo strappare via,
sollevando continuamente persino i lembi scuri della toga che indossavo
sotto, aggrovigliandoli e dipanandoli come il tessuto di una tetra
bandiera sul baratro che si apriva a sinistra, sotto di me. La brezza
si era trasformata in raffiche violente all'improvviso, poco dopo che
Malfoy ed io c’eravamo Materializzati su quella dannata
scogliera del Cornwall, ormai aveva ingrossato talmente il mare che gli
schizzi di spuma erano sollevati per metri, fino a raggiungere le mie
gambe, e l'acqua, ricadendo, stagnava sulle rocce, rendendole viscide e
pericolose sotto i miei stivali, mentre avanzavo. Guardai
giù: le onde furiose s’incuneavano tra gli scogli
bruni, simili a fauci di male e oscurità, da cui saliva un
gelido respiro di morte. Strinsi il tessuto ancora di più,
quando fui investita dalla piena potenza del vento: ero arrivata alla
fine del sentiero, non potevo proseguire, davanti e intorno a me
c'erano solo rocce viscide e il precipizio, sotto solo onde che
s’infrangevano sugli scogli acuminati. L'unico appiglio era
dietro di me, la stretta, sconnessa discesa tra le pietre che avevo
appena percorso.
… Dietro di me, l'Oscurità... davanti... la mia
unica via d’uscita...
Trattenni a stento le lacrime. Sarebbe bastato un passo, un solo passo,
per interrompere la mia vita e scampare all'orrore che incombeva sul
mio futuro. Avrei potuto, voluto farlo. E l'avrei fatto, se quel passo
non avesse significato anche la rovina di tutte le persone che amavo.
Fissai l'oceano, davanti a me, poi, ruotando il capo, nella direzione
indicata da Abraxas, spaziai lungo l'orizzonte, finché misi
a fuoco, alla mia destra, finora coperta dal profilo curvo della
scogliera, un alto costolone, che si ergeva dalle acque a qualche
decina di metri di distanza, protraendosi con una lingua di rocce da
una specie di fenditura, forse una grotta in parte franata, che si
apriva sul fianco del medesimo crinale da cui eravamo scesi: quello era
dunque il luogo in cui si era consumato l’orrore, era
lì che Alshain era stato condotto e torturato, lì
era stato costretto ad ascoltare i blateramenti di un pazzo. Mi sporsi
appena e ne ebbi la conferma, dietro lo sperone da cui mi stavo
affacciando, più in basso, c'era un percorso più
agevole e largo che, da quanto potevo vedere, si allungava fino alla
grotta. Mi trovavo nel punto esatto in cui un bastardo senza nome e
senza volto aveva tenuto la mia bambina chiusa in una cesta, per poi
gettarla tra i flutti; cercai con lo sguardo, inorridita,
finché più distante e ancora più in
basso, dall’altra parte rispetto a me, vidi affiorare un
terzo sperone: da lì un altro mostro aveva lasciato cadere
Wezen. Mi ritrassi, gli occhi colmi di lacrime, incapace di resistere:
i miei bambini erano stati tratti in salvo ma io non sapevo che cosa ci
riservasse il futuro e non riuscivo a guardare quegli scogli e quel
mare, pur diversi, in pieno giorno, dai ricordi di Alshain, senza
risentire i pianti dei miei figli che si spegnevano nel buio, le urla
disperate di mio marito, piene di paura, senso di colpa e impotenza.
«Ieri era tardi e c'era
tempesta, non sembra lo stesso posto, lo so, ma è accaduto
tutto qui... »
«Immagino quanto tu gli sia
affezionato, Malfoy… al luogo in cui tu e i tuoi degni
compari avete orgogliosamente espresso tutta la vostra miseria e
meschinità!»
«Vedo muoversi la tua bocca,
ascolto la tua voce ma queste sono le parole di Alshain: che effetto
divertente! Presto però capirai, Llywelyn... e non la
penserai più come lui, ma come me!»
Abraxas si era tirato indietro di qualche passo, mi parlava e mi
aspettava su uno spuntone un paio di metri sopra di me, lungo la
stretta lingua di rocce, avvolto nel suo mantello, il cappuccio calato
a coprirgli il capo. Voltandomi a fissarlo, piena d’odio e
disgusto, vidi alle sue spalle, in alto, i ruderi di un antico convento
incastonati tra il fianco e la cima dell'altura, illuminati dal sole.
«Osserva bene, ma non metterci
troppo: abbiamo molto di cui… parlare... »
Sorrise, subdolo, io non risposi, mi limitai a stringermi nel mantello
e a fare un passo, poi un altro, non avevo motivo di restare ancora
lì, a osservare lo scenario del loro trionfo: mentre
risalivo il sentiero, ogni tanto guardavo giù, e mi dicevo
che sarebbe bastato protendere il piede e sarebbe finita, per me e per
i miei bambini. Anche per loro non sarebbe stata preferibile una fine
rapida a una vita di continua schiavitù nelle mani di
Malfoy? A un mondo dominato dal Signore Oscuro?
Che ne sarebbe però dei ragazzi... se Alshain ed io non
fossimo più al loro fianco?
No, non potevo cedere alla disperazione, né arrendermi.
Conficcai le unghie nei sottili appigli tra le rocce e mi sollevai di
un altro passo, mi morsi le labbra, l'istinto di conservazione e una
folle, ostinata speranza che ci fosse una via d'uscita, m'impedirono di
commettere una follia. Dopo un tempo che mi parve infinito, la salita
terminò, Abraxas tese la mano per aiutarmi, io non la presi,
allora mi afferrò per un braccio con impazienza e mi
tirò su, finché sotto di me sentii solido terreno
compatto. Lo fissai, non aveva più il consueto ghigno di
derisione ma la sua espressione più impenetrabile, quella
più minacciosa. Mi chiesi in che cosa avrei dovuto aiutarlo,
che cosa volesse realmente da me, perché insisteva nel
ripetere che, col tempo, avrei condiviso i suoi scopi.
Non importa… accetterò il male, qualunque sia la
sua forma, farò tutto ciò che sarà
necessario per salvare i miei cari. Malfoy ha detto la
verità: non c’è niente di peggio per
me, né tortura, né umiliazione… che
vedere i bambini e Alshain sparire tra queste acque e questi scogli.
*
«Ora che hai visto con i tuoi
occhi a cosa vanno incontro i tuoi cari, ora che sai con certezza che i
ricordi di Alshain sono reali, non costruiti solo per
spaventarti… comprendi perché ho affermato che ti
sarebbe sembrato accettabile persino essere
“umiliata” in ogni modo da me?»
Lo disse ghignando, io distolsi gli occhi. E annuii, muta. Rabbrividivo
ancora, al ricordo del suo fiato sul collo, della viscida mano che mi
percorreva la guancia, come fossi sua. Non avevo ragionato sulle
conseguenze, quella mattina, mi ero voltata e l'avevo schiaffeggiato,
proprio com’era accaduto tanti anni prima a Hogwarts. Ora che
sapevo la verità, però, mi mordevo le labbra,
pensando ad Alshain in acqua, pronto a morire per salvare i bambini, ai
due tonfi, alla sua consapevolezza di aver sbagliato, alla sua
disperazione credendoli morti, alla violenza delle onde.
Quel luogo ormai era lontano, Malfoy ed io eravamo nel suo Manor, nel
Wiltshire, seduti ai lati opposti della scrivania, nel suo studio. Ed
era giunto per me il momento di conoscere il mio destino.
«Immagino vorresti evitare
anche qualsiasi altro scenario che abbia come conclusione la loro
morte, una terribile malattia o l’atroce
sofferenza… »
Ghignò ancora di più, mentre io restavo muta, gli
occhi pieni di paura e al tempo stesso di odio.
«Come ho detto, tutto questo
è evitabile, se mi aiuterai: un aiuto volontario e
consapevole.»
«Volontario... ma certo...
Naturalmente… Altro? Quanto durerà questo inutile
teatrino, Malfoy? Ti ho già detto che per riavere i miei
figli e mio marito sani e salvi sono pronta a tutto! Anche a scendere a
patti con un farabutto come te... Dimmi cosa vuoi e
finiamola!»
«Mi spiace che per te sia solo
un inutile teatrino, per me è un vero piacere ammirare il
tuo viso… che impallidisce e prende fuoco, a seconda delle
parole che ti rivolgo. Dovrei essere molto più
“professionale” e distaccato, lo so, ma che ti devo
dire? La tua compagnia è così…
godibile… come anche il tuo caloroso entusiasmo…
all’idea di collaborare con me! Ahahahahah…
»
«Sei un essere ributtante,
Malfoy! Ti consideri diverso da un Lestrange ma esegui gli ordini di un
pazzo, rapisci bambini, infierisci su un ferito, ti rivolgi in modo
nauseante alle donne. D'altra parte, non ho mai dubitato che dietro
quei tuoi modi affettati, ci fosse una lurida schifosa
carogna!»
«Sempre così
appassionata, Llywelyn, poi ti chiedi perché ti voglia al
mio fianco? Pensa all'onestà della mia proposta: il mio
innocuo divertimento in cambio della salvezza dei tuoi cari. Un piccolo
obolo, non trovi? Brindiamo a un’alleanza divertente per me e
tanto vantaggiosa per te!»
Scoppiò a ridere mentre si alzava e raggiungeva la finestra,
io mi morsi la lingua per non ribattere e repressi meglio che potessi
le lacrime: la vita dei miei cari era nelle mani di un bastardo. Non
riuscivo a crederci, come aveva potuto la mia vita trasformarsi in poco
tempo in un simile inferno?
«Hai ragione, però:
non abbiamo molto tempo, ora, per queste amenità, tra poco
dovrò rendere conto a Milord dei progressi. Ci tengo solo a
precisare alcune cose. Anche se tu ci ironizzi, Llywelyn, io sono
davvero diverso da un Lestrange, o a questo punto il tuo bel visino non
sarebbe più tanto grazioso e tu avresti molteplici motivi
per lamentarti dell’ospitalità ricevuta. Questo
perché Lestrange è un animale, mosso dal sangue e
dagli istinti; io al contrario agisco secondo logica, perseguendo prima
di tutto il mio tornaconto. Te lo ricordo perché la buona
riuscita o meno del mio incarico avrà conseguenze prima di
tutto su di te e sulla tua famiglia: se Milord non fosse contento dei
risultati, potrebbe dare l’incarico a Roland, e tu sai che
lui vi odia, l’hai visto. Tu e la tua famiglia invece, per me
non siete solo un piacevole passatempo, ma servite ai miei
scopi… Sono perciò il primo ad aver interesse
che... non vi capiti nulla di male... »
«Naturalmente dovrei
crederci... io penso invece che tu abbia talmente paura della reazione
di Milord quando si renderà conto della tua disobbedienza,
che vuoi scendere a patti con me, accordarci su una linea
comune… è questo il succo del discorso: che sei
solo un vigliacco… »
«Avresti ragione se si
trattasse di una situazione estemporanea ma non è
così. Se fosse stato onesto, tuo marito ti avrebbe detto che
gli ho proposto più volte vie di fuga, alleanze, persino
l’unione tra mio figlio e Meissa, che l’ho
avvisato, messo in guardia sui rischi che stavate correndo.
L’idiota non mi ha ascoltato e ora vi ritrovate nei guai.
Quando l’ho visto travolto dalle onde, avrei potuto lasciare
lui e i tuoi figli al loro destino, non ci avrei rimesso niente, sapevo
dove trovarti… e per i miei progetti potevo servirmi di
qualcun altro… ma anche se è un coglione, alla
fine Alshain fa parte della famiglia, ed io conto sempre che prima o
poi anche lui apra gli occhi e si comporti verso i Malfoy come il
Sangue comune richiede… voglio che sia al mio fianco nel
progetto che mi sta molto a cuore… Un progetto da cui la mia
famiglia trarrà molti benefici, e da cui anche la tua
trarrebbe molteplici vantaggi, e non sto parlando solo della vostra
salvezza, nell’immediato.»
«Mi chiedo quale immonda
malvagità si celi dietro questo progetto, se Alshain ha
preferito gettarsi in quel precipizio e farci correre tanti rischi
invece di ascoltarti… »
«Nessuna malvagità,
solo un’arroganza priva di limiti: la sua. Temo che sfornare
cinque figli in vent’anni non ti sia bastato a conoscere la
persona che hai sposato ma questi non sono affari miei. Quello che
voglio da te è semplice. Convincilo a rispettare i patti
fatti ieri sera, quando ha capito che senza il mio aiuto non sarebbe
riuscito a riportarti i bambini… Non voglio
nient’altro… »
«Tutta questa
sceneggiata… perché vuoi che Alshain rispetti un
patto? Tu sei malato! Alshain non mai è venuto meno alle
promesse! Soprattutto quando ci sono di mezzo i bambini!»
«Potrei farti un lungo elenco
di esempi che ti smentiscono, ma non ho tempo né interesse
ad aprirti gli occhi. Alshain non è uomo di cui ci si possa
fidare e visto anche l’azzardo di ieri, quando ha preferito
buttarsi in un precipizio, pur di non scendere a patti con
Milord… temo che senza il tuo senso pratico, il tuo
“opportunismo” e la tua capacità di
controllarlo, lui possa fingere ancora una volta di voler collaborare
per poi tirarsi indietro. Ed io ormai sono stanco. Non intendo farmi
ripagare dell’aiuto che ho deciso di darvi, con i guai che
derivano sempre dalle sue alzate di ingegno… Stavolta
intendo riscuotere il premio di tante pene e tu e i tuoi figli sarete
la mia assicurazione che tutto andrà come ho pianificato:
aiutami a controllarlo ed io sarò giusto e onesto con
voi… lasciagli fare quello che vuole, e ci saranno orrori
peggiori dell'abisso per tutti quanti.»
«A cosa ti serve la mia
volontaria collaborazione? Sono qui, puoi usarmi come
ostaggio… »
«Io non sono un Lestrange! Non
sono un idiota, non intendo scatenare la belva, subire l’ira
di Alshain Sherton, facendo del male, o non portando rispetto a sua
moglie o ai suoi figli: tu sei mia ospite, non sei una prigioniera, tu
consiglierai tuo marito, non sarò io a minacciarlo.
È questa la differenza... e presto mi capirai,
perché tu ed io siamo simili… »
«Noi siamo
tutt’altro che simili! Che cosa ti fa credere che una volta
riportati a casa Alshain e i bambini io continuerò a
convincerlo ad aiutarti, invece di chiedergli di tagliarti la
gola?»
«Perché... come ho
detto... tutto dipende da te: non solo l'abisso, nell'immediato, ma
anche strane e misteriose malattie, nel futuro più o meno
prossimo: potrei essere l'unico a conoscere la cura per certi...
effetti secondari... Sai, quando un bambino ha su di sé la
traccia del Ministero... noi uomini di Milord usiamo dei particolari
miscugli, per celare la loro presenza nelle nostre
proprietà... ma quando i bambini hanno addosso
anche la traccia della Confraternita... beh... quei miscugli generano
strane reazioni... ti ricordo il doloroso caso di Hernie Duncan...
»
«Salazar
santissimo… no... non è possibile... non puoi
dire... no… »
Si era avvicinato di nuovo e ora torreggiava di fianco a me, appoggiato
alla scrivania. Sollevò la mano, scivolò con
l'indice sul mio viso, costringendomi a fissarlo di nuovo, strinsi i
denti per non maledirlo, ma i miei occhi non potevano mentire sull'odio
che provavo nei suoi confronti.
«So che stai pensando di
dirglielo subito... so che stai pensando al giorno in cui tuo marito me
la farà pagare… Io però ti consiglio
di non perdere tempo in vane speranze. La parte più
divertente del mio progetto, sai, è che sarai proprio tu,
aiutandomi, a rendere Alshain inoffensivo: quando avrò
finito con voi, tuo marito sarà a tal punto compromesso, che
qualsiasi trappola provasse a tendere a mio danno, porterebbe
all’istante tutti voi alla rovina… Alshain ha
perso stavolta, e anche tu... vi conviene accettare la cosa e limitare
i danni, Llywelyn... »
«Forse Alshain
dovrà scendere a compromessi con te, per salvarci, ma tutto
ha fine, Malfoy… e anche questa situazione, un giorno,
finirà... E a quel punto, anche se avrai fatto di tutto per
nasconderti, io ti troverò... e tu rimpiangerai il tuo
stupido obolo, rimpiangerai quello che ti sei permesso di fare ai miei
figli… quando ti avrò messo le mani addosso...
»
Malfoy sorrise, si protese verso di me, sollevò l'altra mano
e prese la mia. Sobbalzai, mentre chinava il capo da un lato per
osservarmi divertito.
«Mi metterai le mani addosso
Llywelyn? Che cos'è? Una promessa? Non dire altro, lascia il
resto alla mia immaginazione, ma per il bene della tua…
virtù, ti consiglio di non rifarlo: ho promesso di essere
onesto, con tutti voi, ma tu non puoi tentarmi così. Io sono
un uomo sensibile... molto sensibile... e non solo alla pelle...
morbida... di questa... mano... »
La portò alle labbra, la baciò, mentre l'indice
dell'altra scivolava rapida sulle mie labbra a tacitare le mie
obiezioni. Prima che mi ribellassi, il suo Magonò
bussò alla porta per avvertire che aveva visite. Rimasi
interdetta, da un lato speravo fossero gli Aurors giunti a salvarci,
dall’altro, temevo che l'ospite fosse Milord, che avesse
scoperto che eravamo ancora vivi. Malfoy mi fissò, vide
quanto ero combattuta tra speranza e terrore. Si alzò, si
avviò alla porta. E scoppiò a ridere. Di me.
***
Lord Voldemort
Rookwood Manor, UpperHaleWood, Wales - dom. 16 gennaio 1972
«Dunque è Mirzam:
abbiamo sempre avuto per le mani l’unico erede di Hifrig...
»
Rodolphus, rimasto tutto il tempo silenzioso e immobile, ma con occhi
che minuto dopo minuto fiammeggiavano a sentir ripetere
l’odiato nome, alla fine non riuscì a contenere
oltre la sua rabbia, saettò con la bacchetta e uno dei
preziosi tappeti di Rookwood si ridusse a un cumulo di cenere.
«Stupido inetto! Rammollito
figlio di… Serpe traditrice! Si è preso gioco di
tutti noi ed io… »
«Tu sei stato quello che
l’ha introdotto qui... ma non devi fartene una colpa,
Rodolphus: sono stato io a dirti di sfruttare la vostra amicizia per
portarlo da me. E come te, anch'io sono stato ingannato.»
Vidi un altro moto di rabbia, Sherton era per Lestrange un nervo
più scoperto di quanto immaginassi: mi chiedevo se Bellatrix
avesse trovato il coraggio di confessare al marito in che modo era
stata tradita e umiliata da Mirzam, una rivelazione del genere poteva
giustificare l’odio e la sete di vendetta che ormai animavano
chiaramente il nuovo Lord Lestrange. Anche se non ne ero del tutto
convinto. Rodolphus alzò il capo e mi fissò, i
suoi occhi balenavano di odio e follia.
«Mio Signore, come vi ho
detto, so come attirare quel verme schifoso qui… »
«Volevi sfruttare la bacchetta
di Sherton, quella con cui hai ucciso tuo padre, per ricattarlo: se non
avesse firmato un contratto tra sua figlia e tuo fratello, tu avresti
depositato quella bacchetta davanti al capo dipartimento Aurors e
Sherton sarebbe finito in pasto ai Dissennatori. Ora, però,
Sherton è morto e nessuno può essere oggetto di
questo ricatto… »
«Vero. Sherton però
ha firmato un contratto con Black, lasciando in bianco il nome del
ragazzo… Orion è il tutore legale dei giovani
Sherton, è perciò sufficiente inserire il nome di
Rabastan su quel foglio e apporre la mia firma, accanto a quella di
Sherton e di Black: me lo sono già procurato e, se non vuole
subire ulteriori spiacevoli conseguenze, Black non dirà
nulla quando salterà fuori questo documento. Farò
credere a tutti che Sherton ha deciso di dare in sposa la sua preziosa
figlioletta a mio fratello, come ricompensa per averla tratta in salvo
a Herrengton... »
«Questa parte del problema
è risolta, ma… se Fear è
già qui… la Confraternita si è
già raccolta attorno a Mirzam, pronta a difenderlo,
soprattutto da se stesso… Non gli permetteranno di uscire
allo scoperto per la sorellina, una mocciosa inutile per la
Confraternita, come tutti gli altri, già morti…
»
Rodolphus estrasse di nuovo la bacchetta rubata a Sherton dal mantello
e la fissò.
«La Confraternita e Fear non
sono un problema: Mirzam conosce bene il mio
“esuberante” fratellino e la piccola Meissa
è la persona a cui è più affezionato,
mettiamo in pericolo la mocciosa e il cavaliere dalla brillante
armatura salterà fuori per salvarla! Lo conosciamo, non
ragiona, non ci sarà Fear o Confraternita che riesca a
tenerlo lontano da lei... »
«La
moglie, però, è un altro elemento sufficiente a
impedirgli di compiere le solite stupidaggini… »
«Alla
moglie ci tengo a… pensarci io…
»
Ghignò, in maniera sinistra, lo fissai studiandolo a lungo,
mentre continuavo a giochicchiare con la fiala in cui erano stati
conservati i ricordi di Black: non era un piano dettato dalla logica,
non era frutto di una mente lucida e fredda, potevo trovare almeno
cinque punti deboli che ci avrebbero impedito di raggiungere risultati
apprezzabili. E, soprattutto, alla base del progetto non
c’era la nostra causa, ma un odio personale. Rodolphus
fingeva di voler attirare Mirzam per consegnarlo a me, ma quello
sarebbe stato solo l’atto finale: il vero scopo del suo piano
era colpire il suo nemico in ciò che aveva di più
caro, godere del suo dolore nel veder distrutto qualcosa
d’innocente.
«Nonostante rischi e
incognite, mi hai convinto, Rodolphus: questo piano avrà
successo e sarai proprio tu con la tua… passione, nel
perseguire i risultati, a determinare la vittoria, lo sento.»
Rodolphus sorrise, si servì del Firewhisky di Rookwood e me
ne offrì, io, andando contro le mie abitudini, accettai di
brindare con lui a un futuro radioso, pieno di spettacolari vittorie.
*continua*
NdA:
Ciao a tutti, come
avrete
letto, ho avuto guai una ventina di giorni fa e ho perduto ben tre
capitoli in una sola volta, in questi giorni ho tentato di riallacciare
le fila ed ecco un capitolo che fa un piccolo passo indietro, per
permettervi di ricordare quello che è accaduto e farvi
vedere quello che succedeva dietro le quinte della scena
principale... Bon, la faccio corta, vorrei salutare e ringraziare
quanti hanno letto, commentato, aggiunto la ff alle liste, ecc
ecc, volevo augurarvi un buon
WE con qualcosa da leggere e, naturalmente, dedicare i dolori
del giovane Lord Lestrange a Severa che a giorni compie gli anni,
bacionissimi!!!
Valeria
Scheda
Immagine
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