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Autore: Terre_del_Nord    25/10/2014    5 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.027 - Dietro le Quinte (1)

IV.027


Lord Voldemort

Rookwood Manor, UpperHaleWood, Wales - dom. 16 gennaio 1972

    «Mio Signore... »

Udii il fruscio delle vesti della Strega, prima ancora della sua voce. Non mi voltai, mi soffermai invece ad ammirare, riflesso sul vetro, l’incedere orgoglioso di Bellatrix Lestrange che si avvicinava a me. Mi trovavo nel salone di Rookwood Manor già da qualche ora e, immobile, osservavo alla finestra la notte cedere il passo al gelido chiarore del primo mattino, scivolando via come un oscuro velo impalpabile dagli alberi e dalle statue che ornavano il giardino all’inglese.
Avevo dato ai Lestrange una missione, la sera precedente, riportarmi i ricordi della visita di Orion Black al castello di Hogwarts, ma ero stanco, sentivo su di me il peso dell’aggressione subita a Londra e la spossatezza per il confronto con Sherton, nella grotta, così avevo concesso anche a loro alcune ore per riprendersi, prima di consegnarmi la fiala, confidando che intanto Abraxas s’impegnasse a trovare Deidra Llywelyn e a trarre da lei notizie utili su Mirzam. Non ero riuscito a dormire, naturalmente, impegnato a ripercorrere gli eventi di quella giornata interminabile: Alshain Sherton e i mocciosi erano un capitolo chiuso, ormai, sua moglie doveva essere il passatempo di Abraxas, solo i ragazzini rimasti a Hogwarts sarebbero stati un problema da risolvere con un piano articolato, visto che avrei dovuto aggirare Dumbledore per mettere loro le mani addosso. Quanto a Mirzam, il piano di Rodolphus avrebbe potuto funzionare fintanto che Sherton fosse stato in vita, ma ora non esisteva nessuno, nemmeno un tutore, che avesse l’autorità di imporre a Meissa Sherton un matrimonio con Rabastan Lestrange, minaccia più che sufficiente a far uscire Mirzam dal buco in cui si era nascosto per proteggere la sua preziosa sorellina. Ciò nonostante, non volevo perdere tempo a cercarlo, doveva essere il traditore a tornare da me, per affrontare il destino che si era merito e scelto. E ora, fatto ordine nei pensieri, ero pronto ad affrontare le mille maschere di quel rammollito di Black.
Feci un sospiro fondo e mi voltai verso la Strega, Bellatrix si fermò di colpo, prostrandosi subito a terra, lì dove si trovava, ma per quanto mi compiacesse vedere quell’altera creatura ai miei piedi, con quello sguardo capace di risvegliarmi l’anima, la mia attenzione era attratta dalla fosca figura alle sue spalle. Il mio respiro si fece lento e profondo, come un cacciatore che fiuta la preda. Il cuore mi pulsava veloce e violento, in attesa della risposta. L'avevo aspettato tutta la notte, finalmente Rodolphus Lestrange era davanti a me.

    «Avete con voi quanto vi avevo chiesto?»
    «Sì, mio Signore… »

Fremetti: tutte le tessere stavano per andare al proprio posto, in quei ricordi c'era l’ultimo segreto di Sherton, l'identità del nuovo Signore di Herrengton, colui o colei che avrebbe preso il posto della lurida vipera traditrice appena annegata tra i flutti. Un insulso moccioso, da piegare alla mia volontà, o spazzare via. I Lestrange non sapevano ancora cosa fosse accaduto dopo la loro partenza, i miei uomini avevano l’ordine di non parlarne neanche tra loro, per questo, vedendo Rodolphus che se ne stava in un angolo, silenzioso e sfuggente, immaginai che avesse paura della mia reazione per le libertà che si era preso con il mio prigioniero, senza il mio permesso. Gli feci cenno di avvicinarsi, studiandolo attentamente mentre estraeva una fialetta dal mantello e si dirigeva muto e pensieroso al bacile del Pensatoio. Guardai bramoso il liquido argenteo agitarsi nel contenitore.

    «Lasciala sul ripiano.»

Rodolphus eseguì e subito mi diede le spalle per andarsene, senza curarsi neanche della moglie: mi colpì quel gesto, di solito Bellatrix era il suo pensiero fisso, talmente ossessivo da averlo portato, fin troppo spesso ultimamente, a mettere a repentaglio la buona riuscita delle missioni. La Strega gli rivolse a sua volta uno sguardo che non seppi decifrare, di solito l’interesse che nutriva per Rodolphus, durante le nostre riunioni, era pressoché nullo. Ghignai, sapevo quanto fosse precaria e sofferta la complicità dei due sposi, forse era stato per far colpo sulla moglie indomabile che Rodolphus aveva perso la testa con Sherton ma, conoscendola, probabilmente era stata una fatica neanche lontanamente sufficiente a placare la sete di sangue della donna. O forse, benché fosse offesa dalla codardia dei suoi familiari, Bellatrix non aveva gradito che Rodolphus se la prendesse con lo zio. Ghignai: mi piaceva vederli dibattersi, tra la devozione nei miei confronti e l’educazione loro imposta, un’educazione che a mano a mano era strappata loro di dosso, come croste di vernice secca. Bellatrix si alzò e restò al suo posto, in attesa di sapere quale fosse la missione del giorno, cosa potesse fare per me. Ammirai il suo corpo sottile che vibrava, desiderosa di compiacermi.

    «Mi occuperò di questi ricordi, poi intendo parlarti, Rodolphus. Tu puoi andare, Bellatrix!»

La Strega mi fissò, c'era delusione nel suo sguardo, scrutò prima me, poi il marito, incuriosita e disturbata dalla situazione, ma quando vide la mia espressione seria e determinata, non obiettò, fece un lieve cenno di saluto e se ne andò, i tacchi degli stivali che risuonavano rapidi e stizziti sui marmi pregiati del pavimento di Rookwood. Rodolphus era rimasto fermo al limitare del mio campo visivo, nella zona ancora in penombra, appoggiato a una colonna, le braccia incrociate, le mani affondate sotto le ascelle, uno sguardo vuoto e morto, perso, che non gli avevo visto mai. Non vedeva l'ora di andarsene, e già solo per questo motivo avevo voluto trattenerlo con me, benché morissi dall'impazienza di occuparmi della fiala e ragionare da solo sul suo contenuto: lo guardavo e mi rendevo conto che c'era qualcosa su cui dovevo indagare, qualcosa che dominava il suo spirito, e che non era la nostra causa. Non avevo mai visto Rodolphus perdere il controllo come il giorno precedente, non l’avevo mai visto mentire, non a me. Dovevo sapere quale fosse la molla. E reagire.

    «Dimmi, Rodolphus, è stato difficile prendere i ricordi di Black?»
    «No, mio Signore: ha opposto resistenza, all'inizio, ha cercato di difendere i mocciosi finché ha potuto, ma alla fine si è arreso alla mia perseveranza e alla mia... capacità di persuasione... »

Mi misi seduto su una delle poltrone davanti al caminetto acceso, dandogli le spalle, lo invitai ad avvicinarsi, a portarsi davanti a me, lui si mosse indolente, fino a raggiungermi, lo osservai, sembrava lontano, indifferente, apatico, anche la sua voce era monotona: mi chiesi se stesse recitando la parte del figlio addolorato per la morte del padre o avesse compreso l’enormità delle sue azioni e avesse dei rimorsi. O, peggio, se mi stesse nascondendo qualcosa d'importante. Avevo deciso di dargli un’altra possibilità di essere sincero con me, avevo accolto molte volte, in passato, le sue confidenze, ma stavolta sentivo che sarei dovuto ricorrere alla Legilimanzia. Era il migliore dei miei seguaci, certo, ma se avessi scoperto qualcosa di spiacevole, non avrei avuto esitazioni.

    «E in cosa è consistita stavolta la tua... perseveranza?»

Rodolphus sollevò gli occhi su di me e finalmente vidi il suo sguardo famelico, colmo di compiacimento, le sue labbra si arricciarono leggermente, mostrando quasi i denti, come un lupo, mentre raccontava che, nella tarda serata, chiusi nello studio di Black, seduti ai due lati della grande scrivania, aveva prima messo a suo agio il padrone di casa, fingendosi disposto a trattare, innocuo e annoiato, sopportando ogni genere di sciocca irriverenza da parte dell'inutile damerino, che a mano a mano prendeva coraggio e fiducia in se stesso, certo di cavarsela. All'improvviso, Lestrange l'aveva raggelato, cogliendolo di sorpresa con una Cruciatus, poi, semistordito, gli aveva afferrato un braccio e puntato la bacchetta sul polso, e senza che Black potesse reagire in alcun modo, l'aveva affatturato. Un gioco che era durato a lungo. Lestrange non lo disse ma io sapevo che aveva goduto nel torturare lentamente, profondamente, sistematicamente la sua vittima, aveva fatto sì che il dolore s’impossessasse inesorabile, centimetro dopo centimetro, della carne del Mago, dipanandosi lungo il braccio attraverso il fluire del sangue. Un sangue che alla fine ribolliva, come una colata di lava, che brucia e ustiona la carne da dentro, pezzo dopo pezzo. Un dolore, che, l'avevamo sperimentato su cavie babbane, porta alla pazzia, se protratto a lungo, come una ripetuta Cruciatus, mentre il corpo si dibatte alla disperata ricerca di una salvezza che non esiste. Black aveva resistito finché le fitte si erano limitate al braccio, ma quando il dolore aveva superato la spalla, per muoversi verso il capo e il torace, aveva ceduto e chiesto pietà, lasciandosi estrarre i ricordi.

    «Sono ricordi integri e inalterati, dubito che Black abbia avuto tempo di manometterli.»
    «Sempre che non li abbia alterati prima, ma non credo che Black ne sia capace. Parlami della fattura: era la prima volta che la provavi, quanto tempo ha impiegato a fare effetto?»
    «Dopo pochi secondi Black stava già soffrendo ma cercava di non darlo a vedere: ho protratto la fase iniziale, acuta, più del necessario, per non dargli tempo di riflettere, di opporre resistenza o formulare contromosse. E anche perché… mi piaceva… volevo dargli una lezione... »

Lo disse con noncuranza, innocente, ed io fremetti di nuovo: desideravo tirar fuori tutto quello che i miei discepoli avevano dentro, portarli a scoprire il loro limite, vederli all'inizio eseguire un ordine per dovere, per poi viverlo come un momento liberatorio, desiderabile, appagante come il culmine di un amplesso. Ancora di più, bramavo scoprire la molla che spingeva all'estremo ciascuno di loro, perché conoscere il loro più intimo desiderio e la più tormentosa debolezza era la vera fonte del mio potere su ognuno di loro. La notte dell’attacco a Herrengton, per esempio, doveva essere accaduto qualcosa a Rodolphus, qualcosa che andava oltre quello scontro sulla torre, in cui Bellatrix era rimasta stranamente ferita da un suo incantesimo. Dall’odio che vedevo in Lestrange quando si parlava di Orion Black, ben più serio della preesistente tendenza a farsi gioco di lui, intuivo che fosse accaduto qualcosa tra i due Maghi, ma su questo Rodolphus non si era confidato con me ed io fino a quel momento avevo avuto troppo da fare per indagare.

    «Ti è piaciuto portare anche il mio prigioniero oltre il limite… Io non te l’avevo ordinato… »
    «Mio Signore, me ne scuso, ma... non ero... »

Continuai a fissarlo, Rodolphus era tornato serio e contrito: ero compiaciuto di aver trasformato un viziato rampollo di buona famiglia, pigro e lascivo, in una perfetta macchina da guerra, un feroce predatore che trovava nella tortura il proprio appagamento, ma mi piaceva ancora di più vedere il terrore nei suoi occhi, al pensiero di aver commesso un errore. Di non avermi soddisfatto. Senza la mia influenza, non si sarebbe mai liberato di suo padre, lo sapevo, d’altra parte, ora che l’aveva fatto, forse temeva la mia reazione per essersi spinto tanto oltre. A me non importava, mi divertiva solo giocare con le sue reazioni e m’incuriosiva scoprire come si fosse sbarazzato del vecchio, un uomo che mi era stato utile in passato, ma ormai inadatto e incompatibile con la nostra missione.

    «Se stai per dirmi che ti sei lasciato prendere la mano, perché Sherton ha ucciso tuo padre… so già che l'assassino di Roland sei tu, Rodolphus!»
    «Mio Signore, io… non avrei dovuto… né voluto, ma… quando ha visto Deidra Sherton mio padre ha perso la testa, Malfoy è stato costretto ad allontanarlo e… quando ha fatto irruzione mentre perquisivo la stanza di Mirzam, per un attimo... col fuoco, il fumo… non ho capito che fosse lui... »

Il giovane fu attraversato da un brivido, ghignai: mentiva, sapeva bene di avere di fronte suo padre.

    «Mi dispiace per la tua perdita, Rodolphus, e comprendo... in che senso sostieni che a uccidere tuo padre sia stato Sherton... Se desideri tornare a casa e riposarti... »
    «No, mio Signore, la missione viene prima di tutto, inoltre, nello stato d'animo in cui mi trovo, sono certo che potrei esservi utile, per far parlare Sherton… »
    «Sherton non parlerà più, Rodolphus: è annegato questa notte... »
    «Che cosa? Mio Signore... annegato? Dove? Io non sapevo… Come?»
    «Nel modo in cui muoiono i traditori, Rodolphus… Mi spiace averti privato del suo sangue, ma troverai soddisfazione quando avremo catturato Mirzam. Quanto a tuo padre, i genitori creano i figli per poi divorarli e i figli devono abbattere i padri per non essere divorati. Amavo Roland, eravamo amici da una vita, ma la realtà è che senza il suo sacrificio, tu e tuo fratello non sareste mai riusciti a riportare in alto il nome del vostro casato e a esprimere al meglio le vostre potenzialità. Ciò che è accaduto pertanto è giusto e tu non devi fingere che sia stato solo... un errore.»
    «Mio Signore, io non... Come facevate a… saperlo... »
    «Perché anche io, quando è stato il momento, ho ucciso mio padre, Rodolphus.»
    «Vostro… padre... anche voi mio Signore? Perché?»
    «Come Roland, quell’uomo offuscava me, il mio nome, il mio prestigio, il mio potere.»

Sollevai la mano e gli ordinai di avvicinarsi, Rodolphus s’inchinò davanti a me, come faceva sempre soprattutto nei primi tempi, quando pendeva dalle mie labbra e vedeva il mondo che gli spettava aprirsi dinanzi a sé, mentre offriva la sua vita a me e alla causa. Come allora, lo sentivo farsi creta nelle mie mani, ghignai di compiacimento.

    «Sono giorni che ti vedo turbato, Rodolphus. Ricorda: io non sono solo il Maestro che t’impartisce ordini da eseguire, sono anche una guida pronta ad ascoltare e consigliare, aiutare nelle difficoltà. Voi tutti siete la mia famiglia, mi siete cari come foste carne e sangue miei, tu in particolare, il migliore dei miei discepoli... perciò non temere di aprirti con me, anche se non sei più il ragazzino inesperto di tanti anni fa, ma un uomo a capo di una delle più antiche, illustri famiglie magiche… »

Lo vidi sospirare e annuire, gli avevo mostrato la strada per liberarsi del suo peso, ero certo che avrebbe raccolto la mia offerta, trattenni a stento il ghigno che voleva aprirsi sul mio volto. Gli chiesi di uscire e di attendermi, finché avessi studiato i ricordi di Black, lo guardai allontanarsi, quindi presi la fiala, versai il liquido nel bacile, vidi il fluido argenteo muoversi in ampie, tormentate onde, e infine immersi il volto in quella massa iridescente. Mi ritrovai a vestire i panni di Black, che si muoveva nell'infermeria di Hogwarts, al seguito di quel dannato Dumbledore.

    «A parte lo spavento e un bernoccolo dovuto alla caduta, la bambina sta bene. Madame Pomfrey le ha somministrato una pozione rilassante, si sveglierà domattina... »

Ero alle spalle del vecchio Preside, gettai un'occhiata alla bambina dai capelli corvini che avevo incontrato a Lacock, il giorno del matrimonio di Bellatrix e Rodolphus, ma non riuscii a soffermarmi come avrei voluto al suo capezzale, Black era già stato condotto dal vecchio presso un secondo letto, nel quale riposava un ragazzino alto e scarno di cui vedevo solo i capelli corvini. Orion gli sollevò le mani e iniziò a togliere le bende in cui erano avvolte, mettendo a nudo profonde ferite su entrambi i lati, simili ad artigliate di un animale selvatico, forse un lupo, o un Ippogrifo.

    «Che cosa significa? Mi avevate detto che non aveva ferite! Che cosa sono quelle?»
    «Le ferite c’erano ma sembravano così superficiali da non poter causare la perdita di tanto sangue. Secondo Fear è come con le Rune: il Maleficio subito dal ragazzo a Herrengton nasconde i segni esteriori delle ferite e, rendendo più difficile comprenderne la gravità e sbagliando l'approccio e le cure, porta il giovane a indebolirsi sempre più. Per fortuna, con le pozioni che aveva con sé, Fear è riuscito a rilevare le ferite e a curarle; ora la Pozione Rimpolpa-sangue della Pomfrey funzionerà e, grazie agli unguenti, le lesioni si rimargineranno velocemente e bene, così non resteranno neanche le cicatrici. Ti ho fatto preoccupare senza motivo, Orion... mi spiace... »

    Fear? Ha detto Fear? Il fantomatico vecchio Mago Oscuro della Confraternita ha già raggiunto Hogwarts? Maledizione! Ho commesso un errore chiedendo a Rodolphus solo i ricordi relativi ai due mocciosi, devo procurarmi i ricordi di tutta la serata passata da Black a Hogwarts.

    «No, Fear ha solo valutato e curato le ferite. Il ragazzo non si è mai neanche ripreso... »
    «L'ho sentito urlare dall’anticamera! Sarei intervenuto se non mi aveste chiuso fuori!»
    «È stato necessario, Orion: la Polisucco stava finendo i suoi effetti e visto quanto era sconvolto, non mi è sembrato il caso che il ragazzo vedesse suo zio tramutarsi in Fear.»
    «Così l'avete sedato! Ora toccherà a me svegliarlo, affrontare la situazione, mentire!»

    Black ha visto Fear parlare con Dumbledore? Maledizione! Sono stato uno stolto…

    «Affrontare la situazione e mentire? Mentire è una scelta, nessuno può impedirci di dire la verità... Alshain e Deidra sono vivi, non è così? Non fingere, Orion... »

    Dumbledore crede che gli Sherton siano fuggiti dal rogo di Essex Street, quanto a Black, come avevo intuito, probabilmente è l’unico a sapere dove si è nascosta la Strega.

    «Ti sei tradito quando ti sei reso conto che l’Erede non è né Rigel né Meissa. E la presenza di Fear, qui, farebbe pensare che non lo sia neppure Mirzam... potrebbero essere i bambini, ma tu sai che non è così, li hai visti con i genitori, per questo sei rimasto sconcertato! Dico bene?»

    Dumbledore sta bluffando, non può sapere che i bambini sono annegati, insieme al padre.

    «... Sono stanco di voi e delle vostre ciance, Albus! Non ho altro da dirvi! Sappiate solo che non vi permetterò di turbare questi ragazzi con le vostre assurde teorie cervellotiche!»
    «Assurde teorie cervellotiche? Non ti sei chiesto come mai l’Erede non si sia manifestato già la notte dell’agguato a Herrengton? Eppure anche quella notte Alshain è stato in punto di morte! Ebbene... sì... È avvenuto, anche se nessuno se n’è accorto. È da allora che Fear ha capito: l’Erede è Mirzam, per questo il ragazzo non è tornato a casa, mentre tutti lo cercavano... Il vecchio, non fidandosi completamente di lui, ha preso e spostato la Fiamma. Ora, però, pare che il ragazzo sia scappato e deve aver trovato anche la reliquia, perché sia Habarcat sia le carte di Doire sono sparite con lui... Intende usarle per sé? Le darà a Voldemort? Nessuno ha idea dei suoi propositi, ma è facile intuire che cosa accadrà nelle Terre, quando la notizia si spargerà e nessuno dirà la verità su Alshain Sherton: le Terre si divideranno in fazioni, l'hai detto anche tu, nemmeno due ore fa... e tu sarai responsabile della sorte di questi ragazzi, se deciderai di mentire!»

    Mirzam è l’erede? No, non è possibile, questa è un'errata deduzione del vecchio o un bluff per costringere Black a parlare... Eppure… C'è qualcosa che non mi è chiaro: è evidente che nessuno dei due ragazzini a Hogwarts è l’erede, ma… non lo erano neppure i mocciosi… Salazar allora…

Mentre riflettevo, Black aveva smesso di dare ascolto al Preside e si era chinato sul ragazzino, pronunciando il suo nome all'orecchio. Aveva insistito più volte, accompagnando le parole a una leggera pressione sul braccio, ma non stava ottenendo alcun risultato.

    «Rigel mi senti? Rigel... apri gli occhi... »

Il moccioso si riprese lentamente: un brivido mi percorse la schiena e tutte le domande su Mirzam, su quella strana discussione, tutti i dubbi che si affollavano nella mia mente, tutto si spense all’improvviso. Era la prima volta che fissavo gli occhi di mercurio di Rigel Sherton, e mi ritrovai con addosso lo stesso brivido che avevo sperimentato trent'anni prima, a Londra, dinanzi suo padre. Qualcosa che non avevo messo in conto, qualcosa che non mi era mai accaduto di fronte a Mirzam.

    Non so chi è il vero erede ma il segreto di Alshain Sherton è celato anche dentro di te… Devo trovarti, entrare nella tua mente, sondare i tuoi pensieri, scoprire i vostri dannati segreti… Non sono riuscito a prendere tuo padre, Rigel Sherton: tu non mi sfuggirai.

***

Deidra Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - dom. 16 gennaio 1972

    «Ti ho fatto una domanda, gradirei una risposta... »

Gli diedi le spalle, furiosa, non sopportavo più la vista di quel mostro, cercai di allontanarmi di più, ma ormai ero a ridosso della finestra: Malfoy allungò la mano e mi arpionò l'avambraccio, bloccandomi e costringendomi a voltarmi verso di lui, io sollevai il palmo, pronta a scattare ancora. Nemmeno mezzora prima, gli avevo già dato uno schiaffo, la mia risposta alle volgarità che mi aveva rivolto, al disprezzo che aveva mostrato per la mia famiglia. Avrei voluto farlo di nuovo.

    Se solo potessi... ma non puoi, Deidra. Non puoi. Hai visto di che cosa è capace...

Malfoy aveva vinto, sapeva che avevo ben chiara la situazione, per questo ora ghignava.
Se era rimasto scosso o si era infuriato per lo schiaffo ricevuto, nella mezz’ora precedente non l'aveva dato a vedere, non aveva fiatato, né reagito, ma mi aveva terrorizzato ugualmente, quando mi aveva afferrato per un braccio e mi aveva trascinato verso il divano. Io avevo puntato i piedi, temendo volesse mettere in pratica le sue schifose intenzioni, consapevole che, debole e confusa com’ero, non sarei mai stata in grado di opporre una vera, strenua resistenza.

    «Quando saprai tutto, di questa storia... la prospettiva per te meno raccapricciante sarà... »

Aveva riso, Malfoy, del mio sguardo orripilato e disgustato, ma era vero, per me aveva preparato un altro tipo di tortura, diversa, ma altrettanto terribile e ripugnante, rabbrividii al solo ricordo: mi aveva costretto a sedermi e dopo essersi assicurato con la Magia che non tentassi di scappare, si era diretto verso una profonda cassapanca decorata con motivi runici, aveva estratto il bacile di un Pensatoio, aveva evocato una fialetta e vi aveva versato il contenuto argenteo, poi, senza altri indugi, mi aveva costretto a immergere il viso in quelli che erano gli scioccanti ricordi di mio marito, gli orrori accaduti il pomeriggio precedente. Attraverso gli occhi di Alshain, avevo vissuto il suo scontro con il Signore Oscuro a Essex Street, le torture che gli avevano inflitto i Lestrange nella grotta, la persecuzione fisica e mentale di Abraxas e infine... il precipizio. Ero uscita dal bacile sconvolta, distrutta, incapace di trattenere i tremiti e le lacrime. Quando Malfoy mi aveva appoggiato una mano sulla spalla, come a consolarmi, avevo alzato gli occhi su di lui, avevo incrociato il suo viscido ghigno divertito, mi ero divincolata, alzandomi e correndo alla finestra.
E ora mi aveva raggiunta, di nuovo: Malfoy mi prese per il mento e mi costrinse a fissarlo, sorrise quando vide che stavo ancora tremando, illudendosi che la mia fosse solo paura, in realtà provavo un odio profondo, per quanto avevano sofferto Alshain e i miei figli. Si arrotolò una mia ciocca sul dito e tirò con forza, avvicinando il volto alla mia faccia, io gli bloccai la mano e lo fissai con disprezzo, il desiderio di fargli del male e la sete di vendetta che già m'infiammavano.

    «Ti ripeto la domanda, se non la ricordi: pensi che stessi mentendo quando ho detto... »
    «Ricordo tutto ciò che hai detto, bastardo! Che non sei un Lestrange... che potevo essere lo sfizio di una notte... che da me vuoi molto di più di una scopata... Che cosa vuoi, Malfoy? COSA?»

Abraxas ghignò ancora ma la volontà di spaventare aveva ormai lasciato il posto al compiacimento di chi sa che può passare oltre, perché l’avversario è consapevole di essere stato messo all’angolo. Smise di torreggiare su di me e andò a sedersi, dopo essersi versato un Firewhisky e averne preparato uno per me. Rifiutai. M’invitò a sedermi di fronte a lui. Io rimasi vicino alla finestra.

    «Ti conoscevo come una Strega orgogliosa e fiera, ma non ti facevo anche furba, visto l'idiota che hai sposato. Invece sei più intelligente di quanto credessi, Llywelyn: non ti sei messa a frignare, a supplicare. Al contrario, hai ascoltato con attenzione... persino i dettagli... Forse avrei dovuto parlare subito con te, invece di perdere anni dietro quel mulo testardo di tuo marito. Hai persino avuto le palle di alzare le mani su di me... Mi piace chi lotta. E a dire il vero… ci contavo: sarei stato costretto a cambiare i piani che ho fatto su di te, se non fossi stata reattiva.»
    «Hai detto che ti serve il mio aiuto, dimmi cosa diavolo vuoi da me e facciamola finita!»
    «Quanta fretta... Gli Aurors mi faranno domande: per dare loro le risposte giuste devo capire quanto sei convinta ora di volerti accordare con me e quanto sarai disposta a rispettare i patti... non solo oggi e domani, ma anche in seguito, quando penserai, sbagliando, che il peggio sia passato.»
    «Sei così poco fiducioso nella causa del tuo Signore, da pensare che questa situazione durerà a lungo se non addirittura in eterno? E che cosa c'entro io con le risposte da dare al Ministero?»
    «È il “nostro” Signore, faresti bene a iniziare ad abituarti, Llywelyn! Quanto a… che cosa c’entri tu… In pratica tutto… Tutto dipende da te! Che i tuoi cari restino al sicuro o, al contrario, un pescatore ritrovi il corpo di tuo marito, tra le alghe… che durante le perlustrazioni, tra le rovine fumanti di Amesbury, gli Aurors rinvengano i vostri anelli e non anche i resti anneriti dei tuoi figli: questo è il genere di scelte che dovrò compiere in futuro… scelte che dipenderanno… solo da te... »
   
Non replicai, il fiato reso corto da quelle immagini orrende. Abraxas sorrise, candido. Si alzò e si avvicinò di nuovo, tentò di sfiorarmi un braccio, io mi sottrassi. Me lo serrò con forza.
  
    «Devo mostrarti un'ultima cosa che ti aiuterà a decidere in piena consapevolezza, non mossa solo dall'emotività. Ci tengo, perché fatta la tua scelta, né tu né io potremo tirarci indietro, il nostro destino sarà intrecciato e non si potranno compiere passi falsi, senza mandare all'aria tutto. A questo proposito, mi piace chi reagisce, Llywelyn, ma ti consiglio di non provarci più. Non con me… Il destino dei tuoi figli e di tuo marito è nelle mie mani. Ti consiglio di non dimenticarlo… »

*
          
Un sole timido penetrava tra le spesse coltri di nubi e mi accarezzava lieve il viso congestionato, senza riuscire a scaldarmi: tremavo, per il senso di congelamento e per la rabbia. Al tempo stesso, sudavo freddo, per la tensione e la paura crescente.
Procedevo lentamente dietro Malfoy, scendendo lungo lo stretto sentiero tra le rocce, proteso sullo strapiombo, facendo attenzione a come appoggiassi i piedi e mi aggrappassi con la destra ai rari appigli, tentando con difficoltà anche di tenermi addosso il mantello con l'altra mano: il vento impetuoso sembrava volermelo strappare via, sollevando continuamente persino i lembi scuri della toga che indossavo sotto, aggrovigliandoli e dipanandoli come il tessuto di una tetra bandiera sul baratro che si apriva a sinistra, sotto di me. La brezza si era trasformata in raffiche violente all'improvviso, poco dopo che Malfoy ed io c’eravamo Materializzati su quella dannata scogliera del Cornwall, ormai aveva ingrossato talmente il mare che gli schizzi di spuma erano sollevati per metri, fino a raggiungere le mie gambe, e l'acqua, ricadendo, stagnava sulle rocce, rendendole viscide e pericolose sotto i miei stivali, mentre avanzavo. Guardai giù: le onde furiose s’incuneavano tra gli scogli bruni, simili a fauci di male e oscurità, da cui saliva un gelido respiro di morte. Strinsi il tessuto ancora di più, quando fui investita dalla piena potenza del vento: ero arrivata alla fine del sentiero, non potevo proseguire, davanti e intorno a me c'erano solo rocce viscide e il precipizio, sotto solo onde che s’infrangevano sugli scogli acuminati. L'unico appiglio era dietro di me, la stretta, sconnessa discesa tra le pietre che avevo appena percorso.

    … Dietro di me, l'Oscurità... davanti... la mia unica via d’uscita...

Trattenni a stento le lacrime. Sarebbe bastato un passo, un solo passo, per interrompere la mia vita e scampare all'orrore che incombeva sul mio futuro. Avrei potuto, voluto farlo. E l'avrei fatto, se quel passo non avesse significato anche la rovina di tutte le persone che amavo.
Fissai l'oceano, davanti a me, poi, ruotando il capo, nella direzione indicata da Abraxas, spaziai lungo l'orizzonte, finché misi a fuoco, alla mia destra, finora coperta dal profilo curvo della scogliera, un alto costolone, che si ergeva dalle acque a qualche decina di metri di distanza, protraendosi con una lingua di rocce da una specie di fenditura, forse una grotta in parte franata, che si apriva sul fianco del medesimo crinale da cui eravamo scesi: quello era dunque il luogo in cui si era consumato l’orrore, era lì che Alshain era stato condotto e torturato, lì era stato costretto ad ascoltare i blateramenti di un pazzo. Mi sporsi appena e ne ebbi la conferma, dietro lo sperone da cui mi stavo affacciando, più in basso, c'era un percorso più agevole e largo che, da quanto potevo vedere, si allungava fino alla grotta. Mi trovavo nel punto esatto in cui un bastardo senza nome e senza volto aveva tenuto la mia bambina chiusa in una cesta, per poi gettarla tra i flutti; cercai con lo sguardo, inorridita, finché più distante e ancora più in basso, dall’altra parte rispetto a me, vidi affiorare un terzo sperone: da lì un altro mostro aveva lasciato cadere Wezen. Mi ritrassi, gli occhi colmi di lacrime, incapace di resistere: i miei bambini erano stati tratti in salvo ma io non sapevo che cosa ci riservasse il futuro e non riuscivo a guardare quegli scogli e quel mare, pur diversi, in pieno giorno, dai ricordi di Alshain, senza risentire i pianti dei miei figli che si spegnevano nel buio, le urla disperate di mio marito, piene di paura, senso di colpa e impotenza.

    «Ieri era tardi e c'era tempesta, non sembra lo stesso posto, lo so, ma è accaduto tutto qui... »
    «Immagino quanto tu gli sia affezionato, Malfoy… al luogo in cui tu e i tuoi degni compari avete orgogliosamente espresso tutta la vostra miseria e meschinità!»
    «Vedo muoversi la tua bocca, ascolto la tua voce ma queste sono le parole di Alshain: che effetto divertente! Presto però capirai, Llywelyn... e non la penserai più come lui, ma come me!»

Abraxas si era tirato indietro di qualche passo, mi parlava e mi aspettava su uno spuntone un paio di metri sopra di me, lungo la stretta lingua di rocce, avvolto nel suo mantello, il cappuccio calato a coprirgli il capo. Voltandomi a fissarlo, piena d’odio e disgusto, vidi alle sue spalle, in alto, i ruderi di un antico convento incastonati tra il fianco e la cima dell'altura, illuminati dal sole.

    «Osserva bene, ma non metterci troppo: abbiamo molto di cui… parlare... »
          
Sorrise, subdolo, io non risposi, mi limitai a stringermi nel mantello e a fare un passo, poi un altro, non avevo motivo di restare ancora lì, a osservare lo scenario del loro trionfo: mentre risalivo il sentiero, ogni tanto guardavo giù, e mi dicevo che sarebbe bastato protendere il piede e sarebbe finita, per me e per i miei bambini. Anche per loro non sarebbe stata preferibile una fine rapida a una vita di continua schiavitù nelle mani di Malfoy? A un mondo dominato dal Signore Oscuro?

    Che ne sarebbe però dei ragazzi... se Alshain ed io non fossimo più al loro fianco?

No, non potevo cedere alla disperazione, né arrendermi. Conficcai le unghie nei sottili appigli tra le rocce e mi sollevai di un altro passo, mi morsi le labbra, l'istinto di conservazione e una folle, ostinata speranza che ci fosse una via d'uscita, m'impedirono di commettere una follia. Dopo un tempo che mi parve infinito, la salita terminò, Abraxas tese la mano per aiutarmi, io non la presi, allora mi afferrò per un braccio con impazienza e mi tirò su, finché sotto di me sentii solido terreno compatto. Lo fissai, non aveva più il consueto ghigno di derisione ma la sua espressione più impenetrabile, quella più minacciosa. Mi chiesi in che cosa avrei dovuto aiutarlo, che cosa volesse realmente da me, perché insisteva nel ripetere che, col tempo, avrei condiviso i suoi scopi.

    Non importa… accetterò il male, qualunque sia la sua forma, farò tutto ciò che sarà necessario per salvare i miei cari. Malfoy ha detto la verità: non c’è niente di peggio per me, né tortura, né umiliazione… che vedere i bambini e Alshain sparire tra queste acque e questi scogli.

*

    «Ora che hai visto con i tuoi occhi a cosa vanno incontro i tuoi cari, ora che sai con certezza che i ricordi di Alshain sono reali, non costruiti solo per spaventarti… comprendi perché ho affermato che ti sarebbe sembrato accettabile persino essere “umiliata” in ogni modo da me?»

Lo disse ghignando, io distolsi gli occhi. E annuii, muta. Rabbrividivo ancora, al ricordo del suo fiato sul collo, della viscida mano che mi percorreva la guancia, come fossi sua. Non avevo ragionato sulle conseguenze, quella mattina, mi ero voltata e l'avevo schiaffeggiato, proprio com’era accaduto tanti anni prima a Hogwarts. Ora che sapevo la verità, però, mi mordevo le labbra, pensando ad Alshain in acqua, pronto a morire per salvare i bambini, ai due tonfi, alla sua consapevolezza di aver sbagliato, alla sua disperazione credendoli morti, alla violenza delle onde.
Quel luogo ormai era lontano, Malfoy ed io eravamo nel suo Manor, nel Wiltshire, seduti ai lati opposti della scrivania, nel suo studio. Ed era giunto per me il momento di conoscere il mio destino.

    «Immagino vorresti evitare anche qualsiasi altro scenario che abbia come conclusione la loro morte, una terribile malattia o l’atroce sofferenza… »

Ghignò ancora di più, mentre io restavo muta, gli occhi pieni di paura e al tempo stesso di odio.

    «Come ho detto, tutto questo è evitabile, se mi aiuterai: un aiuto volontario e consapevole.»
    «Volontario... ma certo... Naturalmente… Altro? Quanto durerà questo inutile teatrino, Malfoy? Ti ho già detto che per riavere i miei figli e mio marito sani e salvi sono pronta a tutto! Anche a scendere a patti con un farabutto come te... Dimmi cosa vuoi e finiamola!»
    «Mi spiace che per te sia solo un inutile teatrino, per me è un vero piacere ammirare il tuo viso… che impallidisce e prende fuoco, a seconda delle parole che ti rivolgo. Dovrei essere molto più “professionale” e distaccato, lo so, ma che ti devo dire? La tua compagnia è così… godibile… come anche il tuo caloroso entusiasmo… all’idea di collaborare con me! Ahahahahah… »
    «Sei un essere ributtante, Malfoy! Ti consideri diverso da un Lestrange ma esegui gli ordini di un pazzo, rapisci bambini, infierisci su un ferito, ti rivolgi in modo nauseante alle donne. D'altra parte, non ho mai dubitato che dietro quei tuoi modi affettati, ci fosse una lurida schifosa carogna!»
    «Sempre così appassionata, Llywelyn, poi ti chiedi perché ti voglia al mio fianco? Pensa all'onestà della mia proposta: il mio innocuo divertimento in cambio della salvezza dei tuoi cari. Un piccolo obolo, non trovi? Brindiamo a un’alleanza divertente per me e tanto vantaggiosa per te!»

Scoppiò a ridere mentre si alzava e raggiungeva la finestra, io mi morsi la lingua per non ribattere e repressi meglio che potessi le lacrime: la vita dei miei cari era nelle mani di un bastardo. Non riuscivo a crederci, come aveva potuto la mia vita trasformarsi in poco tempo in un simile inferno?

    «Hai ragione, però: non abbiamo molto tempo, ora, per queste amenità, tra poco dovrò rendere conto a Milord dei progressi. Ci tengo solo a precisare alcune cose. Anche se tu ci ironizzi, Llywelyn, io sono davvero diverso da un Lestrange, o a questo punto il tuo bel visino non sarebbe più tanto grazioso e tu avresti molteplici motivi per lamentarti dell’ospitalità ricevuta. Questo perché Lestrange è un animale, mosso dal sangue e dagli istinti; io al contrario agisco secondo logica, perseguendo prima di tutto il mio tornaconto. Te lo ricordo perché la buona riuscita o meno del mio incarico avrà conseguenze prima di tutto su di te e sulla tua famiglia: se Milord non fosse contento dei risultati, potrebbe dare l’incarico a Roland, e tu sai che lui vi odia, l’hai visto. Tu e la tua famiglia invece, per me non siete solo un piacevole passatempo, ma servite ai miei scopi… Sono perciò il primo ad aver interesse che... non vi capiti nulla di male... »
    «Naturalmente dovrei crederci... io penso invece che tu abbia talmente paura della reazione di Milord quando si renderà conto della tua disobbedienza, che vuoi scendere a patti con me, accordarci su una linea comune… è questo il succo del discorso: che sei solo un vigliacco… »
    «Avresti ragione se si trattasse di una situazione estemporanea ma non è così. Se fosse stato onesto, tuo marito ti avrebbe detto che gli ho proposto più volte vie di fuga, alleanze, persino l’unione tra mio figlio e Meissa, che l’ho avvisato, messo in guardia sui rischi che stavate correndo. L’idiota non mi ha ascoltato e ora vi ritrovate nei guai. Quando l’ho visto travolto dalle onde, avrei potuto lasciare lui e i tuoi figli al loro destino, non ci avrei rimesso niente, sapevo dove trovarti… e per i miei progetti potevo servirmi di qualcun altro… ma anche se è un coglione, alla fine Alshain fa parte della famiglia, ed io conto sempre che prima o poi anche lui apra gli occhi e si comporti verso i Malfoy come il Sangue comune richiede… voglio che sia al mio fianco nel progetto che mi sta molto a cuore… Un progetto da cui la mia famiglia trarrà molti benefici, e da cui anche la tua trarrebbe molteplici vantaggi, e non sto parlando solo della vostra salvezza, nell’immediato.»
    «Mi chiedo quale immonda malvagità si celi dietro questo progetto, se Alshain ha preferito gettarsi in quel precipizio e farci correre tanti rischi invece di ascoltarti… »
    «Nessuna malvagità, solo un’arroganza priva di limiti: la sua. Temo che sfornare cinque figli in vent’anni non ti sia bastato a conoscere la persona che hai sposato ma questi non sono affari miei. Quello che voglio da te è semplice. Convincilo a rispettare i patti fatti ieri sera, quando ha capito che senza il mio aiuto non sarebbe riuscito a riportarti i bambini… Non voglio nient’altro… »
    «Tutta questa sceneggiata… perché vuoi che Alshain rispetti un patto? Tu sei malato! Alshain non mai è venuto meno alle promesse! Soprattutto quando ci sono di mezzo i bambini!»
    «Potrei farti un lungo elenco di esempi che ti smentiscono, ma non ho tempo né interesse ad aprirti gli occhi. Alshain non è uomo di cui ci si possa fidare e visto anche l’azzardo di ieri, quando ha preferito buttarsi in un precipizio, pur di non scendere a patti con Milord… temo che senza il tuo senso pratico, il tuo “opportunismo” e la tua capacità di controllarlo, lui possa fingere ancora una volta di voler collaborare per poi tirarsi indietro. Ed io ormai sono stanco. Non intendo farmi ripagare dell’aiuto che ho deciso di darvi, con i guai che derivano sempre dalle sue alzate di ingegno… Stavolta intendo riscuotere il premio di tante pene e tu e i tuoi figli sarete la mia assicurazione che tutto andrà come ho pianificato: aiutami a controllarlo ed io sarò giusto e onesto con voi… lasciagli fare quello che vuole, e ci saranno orrori peggiori dell'abisso per tutti quanti.»
    «A cosa ti serve la mia volontaria collaborazione? Sono qui, puoi usarmi come ostaggio… »
    «Io non sono un Lestrange! Non sono un idiota, non intendo scatenare la belva, subire l’ira di Alshain Sherton, facendo del male, o non portando rispetto a sua moglie o ai suoi figli: tu sei mia ospite, non sei una prigioniera, tu consiglierai tuo marito, non sarò io a minacciarlo. È questa la differenza... e presto mi capirai, perché tu ed io siamo simili… »
    «Noi siamo tutt’altro che simili! Che cosa ti fa credere che una volta riportati a casa Alshain e i bambini io continuerò a convincerlo ad aiutarti, invece di chiedergli di tagliarti la gola?»
    «Perché... come ho detto... tutto dipende da te: non solo l'abisso, nell'immediato, ma anche strane e misteriose malattie, nel futuro più o meno prossimo: potrei essere l'unico a conoscere la cura per certi... effetti secondari... Sai, quando un bambino ha su di sé la traccia del Ministero... noi uomini di Milord usiamo dei particolari miscugli, per celare la loro presenza nelle nostre proprietà...  ma quando i bambini hanno addosso anche la traccia della Confraternita... beh... quei miscugli generano strane reazioni... ti ricordo il doloroso caso di Hernie Duncan... »
    «Salazar santissimo… no... non è possibile... non puoi dire... no… »

Si era avvicinato di nuovo e ora torreggiava di fianco a me, appoggiato alla scrivania. Sollevò la mano, scivolò con l'indice sul mio viso, costringendomi a fissarlo di nuovo, strinsi i denti per non maledirlo, ma i miei occhi non potevano mentire sull'odio che provavo nei suoi confronti.

    «So che stai pensando di dirglielo subito... so che stai pensando al giorno in cui tuo marito me la farà pagare… Io però ti consiglio di non perdere tempo in vane speranze. La parte più divertente del mio progetto, sai, è che sarai proprio tu, aiutandomi, a rendere Alshain inoffensivo: quando avrò finito con voi, tuo marito sarà a tal punto compromesso, che qualsiasi trappola provasse a tendere a mio danno, porterebbe all’istante tutti voi alla rovina… Alshain ha perso stavolta, e anche tu... vi conviene accettare la cosa e limitare i danni, Llywelyn... »
    «Forse Alshain dovrà scendere a compromessi con te, per salvarci, ma tutto ha fine, Malfoy… e anche questa situazione, un giorno, finirà... E a quel punto, anche se avrai fatto di tutto per nasconderti, io ti troverò... e tu rimpiangerai il tuo stupido obolo, rimpiangerai quello che ti sei permesso di fare ai miei figli… quando ti avrò messo le mani addosso... »

Malfoy sorrise, si protese verso di me, sollevò l'altra mano e prese la mia. Sobbalzai, mentre chinava il capo da un lato per osservarmi divertito.

    «Mi metterai le mani addosso Llywelyn? Che cos'è? Una promessa? Non dire altro, lascia il resto alla mia immaginazione, ma per il bene della tua… virtù, ti consiglio di non rifarlo: ho promesso di essere onesto, con tutti voi, ma tu non puoi tentarmi così. Io sono un uomo sensibile... molto sensibile... e non solo alla pelle... morbida... di questa...  mano... »

La portò alle labbra, la baciò, mentre l'indice dell'altra scivolava rapida sulle mie labbra a tacitare le mie obiezioni. Prima che mi ribellassi, il suo Magonò bussò alla porta per avvertire che aveva visite. Rimasi interdetta, da un lato speravo fossero gli Aurors giunti a salvarci, dall’altro, temevo che l'ospite fosse Milord, che avesse scoperto che eravamo ancora vivi. Malfoy mi fissò, vide quanto ero combattuta tra speranza e terrore. Si alzò, si avviò alla porta. E scoppiò a ridere. Di me.

***

Lord Voldemort
Rookwood Manor, UpperHaleWood, Wales - dom. 16 gennaio 1972

    «Dunque è Mirzam: abbiamo sempre avuto per le mani l’unico erede di Hifrig... »

Rodolphus, rimasto tutto il tempo silenzioso e immobile, ma con occhi che minuto dopo minuto fiammeggiavano a sentir ripetere l’odiato nome, alla fine non riuscì a contenere oltre la sua rabbia, saettò con la bacchetta e uno dei preziosi tappeti di Rookwood si ridusse a un cumulo di cenere.

    «Stupido inetto! Rammollito figlio di… Serpe traditrice! Si è preso gioco di tutti noi ed io… »
    «Tu sei stato quello che l’ha introdotto qui... ma non devi fartene una colpa, Rodolphus: sono stato io a dirti di sfruttare la vostra amicizia per portarlo da me. E come te, anch'io sono stato ingannato.»

Vidi un altro moto di rabbia, Sherton era per Lestrange un nervo più scoperto di quanto immaginassi: mi chiedevo se Bellatrix avesse trovato il coraggio di confessare al marito in che modo era stata tradita e umiliata da Mirzam, una rivelazione del genere poteva giustificare l’odio e la sete di vendetta che ormai animavano chiaramente il nuovo Lord Lestrange. Anche se non ne ero del tutto convinto. Rodolphus alzò il capo e mi fissò, i suoi occhi balenavano di odio e follia.

    «Mio Signore, come vi ho detto, so come attirare quel verme schifoso qui… »
    «Volevi sfruttare la bacchetta di Sherton, quella con cui hai ucciso tuo padre, per ricattarlo: se non avesse firmato un contratto tra sua figlia e tuo fratello, tu avresti depositato quella bacchetta davanti al capo dipartimento Aurors e Sherton sarebbe finito in pasto ai Dissennatori. Ora, però, Sherton è morto e nessuno può essere oggetto di questo ricatto… »
    «Vero. Sherton però ha firmato un contratto con Black, lasciando in bianco il nome del ragazzo… Orion è il tutore legale dei giovani Sherton, è perciò sufficiente inserire il nome di Rabastan su quel foglio e apporre la mia firma, accanto a quella di Sherton e di Black: me lo sono già procurato e, se non vuole subire ulteriori spiacevoli conseguenze, Black non dirà nulla quando salterà fuori questo documento. Farò credere a tutti che Sherton ha deciso di dare in sposa la sua preziosa figlioletta a mio fratello, come ricompensa per averla tratta in salvo a Herrengton... »
    «Questa parte del problema è risolta, ma… se Fear è già qui… la Confraternita si è già raccolta attorno a Mirzam, pronta a difenderlo, soprattutto da se stesso… Non gli permetteranno di uscire allo scoperto per la sorellina, una mocciosa inutile per la Confraternita, come tutti gli altri, già morti… »
 
Rodolphus estrasse di nuovo la bacchetta rubata a Sherton dal mantello e la fissò.

    «La Confraternita e Fear non sono un problema: Mirzam conosce bene il mio “esuberante” fratellino e la piccola Meissa è la persona a cui è più affezionato, mettiamo in pericolo la mocciosa e il cavaliere dalla brillante armatura salterà fuori per salvarla! Lo conosciamo, non ragiona, non ci sarà Fear o Confraternita che riesca a tenerlo lontano da lei... »
   
«La moglie, però, è un altro elemento sufficiente a impedirgli di compiere le solite stupidaggini… »
   
«Alla moglie ci tengo a… pensarci io… »

Ghignò, in maniera sinistra, lo fissai studiandolo a lungo, mentre continuavo a giochicchiare con la fiala in cui erano stati conservati i ricordi di Black: non era un piano dettato dalla logica, non era frutto di una mente lucida e fredda, potevo trovare almeno cinque punti deboli che ci avrebbero impedito di raggiungere risultati apprezzabili. E, soprattutto, alla base del progetto non c’era la nostra causa, ma un odio personale. Rodolphus fingeva di voler attirare Mirzam per consegnarlo a me, ma quello sarebbe stato solo l’atto finale: il vero scopo del suo piano era colpire il suo nemico in ciò che aveva di più caro, godere del suo dolore nel veder distrutto qualcosa d’innocente.

    «Nonostante rischi e incognite, mi hai convinto, Rodolphus: questo piano avrà successo e sarai proprio tu con la tua… passione, nel perseguire i risultati, a determinare la vittoria, lo sento.»

Rodolphus sorrise, si servì del Firewhisky di Rookwood e me ne offrì, io, andando contro le mie abitudini, accettai di brindare con lui a un futuro radioso, pieno di spettacolari vittorie.


*continua*



NdA:
Ciao a tutti, come avrete letto, ho avuto guai una ventina di giorni fa e ho perduto ben tre capitoli in una sola volta, in questi giorni ho tentato di riallacciare le fila ed ecco un capitolo che fa un piccolo passo indietro, per permettervi di ricordare quello che è accaduto e farvi vedere quello che succedeva dietro le quinte della scena principale... Bon, la faccio corta, vorrei salutare e ringraziare quanti hanno letto, commentato, aggiunto la ff alle liste, ecc ecc, volevo augurarvi un buon WE con qualcosa da leggere e, naturalmente, dedicare i dolori del giovane Lord Lestrange a Severa che a giorni compie gli anni, bacionissimi!!!
Valeria


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