CAPITOLO 8
“Claustrofobia”
“E anche questa è fatta!” esclamò
ghignando Andrea, mentre in bocca teneva la sua ultima sigaretta.
Tutti si girarono verso il
fuorilegge tra lo stupito ed il divertito, ma solo una controbatté.
“Ooooh… mi fa piacere che
qualcuno qui si stia divertendo, perché io invece ne ho le scatole piene!”
proruppe Rosa Simone.
“Dai calmati tesoro…” cercò di
tranquillizzarla Roberto, nel tentativo anche di abbracciare il suo corpo
sensuale.
“Non ti azzardare a chiamarmi
tes…” cominciò la giovane attrice, ma venne subito interrotta da un altro membro
della banda.
“Gente guardate qua!” urlò
Stefano.
Tutto il resto della combriccola
si girò ad osservare. Sulla parete vicina alla porta da cui erano entrati vi era
un lungo scaffale, anch’esso di metallo, con sopra svariate cose. Vi si poteva
trovare infatti: munizioni per tutte le armi in possesso del gruppo, sigarette
della marca nazionale preferite da Lupo, nuove scarpette da calcio della misura
precisa che calzava Orsi, bendaggi, cerotti, alcol e cotone utili per i
medicamenti della Wilson, dei make-up portatili e, addirittura, un nuovo paio di
occhiali identici a quelli danneggiati di Testa.
“È aperto il mercato gente! Cazzo
le avevo appena finite!” esclamò Andrea, mentre si avventava sui pacchetti di
sigarette.
“Hanno pensato anche alle mie
scarpette…”osservò Tommaso sorpreso.
“E pure ai miei occhiali,
perdiana!” disse Oscar, mentre se li provava.
“Niente roba da mangiare però…”
ammise sconsolato Noro.
“Ma se ti sei ingozzato come un
maiale nella precedente stanza!” lo rimproverò apertamente Sciullo.
“Bene così!” constatò sorridente
Carla, mentre cercava di inserire più roba possibile dentro le tasche della sua
uniforme bianca.
Simone Sarti, come fecero
chiaramente anche Roberto Santucci e Andrea Lupo, si rifornì di munizioni e, una
volta terminato, si accorse subito di una presenza in quella stanza, avvertendo
gli altri “Signori, osservate cosa abbiamo di fronte”.
Di nuovo l’intera troupe si voltò
verso chi di loro aveva parlato e seguirono il consiglio.
Su una terza parete della sala,
estremamente più ridotta rispetto alle precedenti, vi era un enorme colonna che,
partendo dal pavimento, arrivava dritta e lineare verso il soffitto,
congiungendosi ad esso. Su di essa vi era la chiara possibilità di apertura in
due ante ben distinte. Tutto questo faceva ricollegare nettamente ad un…
“Ascensore…”
Nuovamente tutti a voltarsi verso
l’individuo che aveva emesso tale parola.
“Insomma, a me pare proprio un
ascensore…” disse timidamente Tommaso.
“Beh in effetti lo ricorda
molto…” osservò più attentamente Noro.
“Quindi vuol dire che questa
struttura ha pure un secondo piano…” concluse Sara, che poco prima si era
infilata in tasca uno di quei make-up precedenti.
D’improvviso, emettendo solamente
un lieve sibilo, lo scaffale scomparve dentro il muro metallico in cui era
fissato. Poi una voce parlò “SIETE PREGATI DI UTILIZZARE IL PRESENTE ASCENSORE,
VI RICORDIAMO CHE LA SUA PORTATA MASSIMA È DI UNA SOLA PERSONA PER VOLTA,
GRAZIE”.
“Noto che sta diventando sempre
più cortese nei nostri riguardi…” ironizzò Oscar.
“Inoltre non penso abbiamo a
nostra disposizione molto tempo, quei bastardi sono anche qui!” commentò Lupo,
indicando con la canna della pistola le solite piccole aperture sui muri.
“Bene, vado prima io!” decise
l’attrice avviandosi rapidamente verso il congegno.
“Aspetta Rosa, potrebbe invece
essere una trappola!” la bloccò, anche fisicamente, il poliziotto.
“Fino ad ora però la voce non ci
ha mai mentito…” osservò il calciatore.
“Purtroppo le nostre vite sono
nelle sue mani…” si rattristò la dottoressa.
“FIGLI DI PUTTANA NE HO PIENE LE
PALLE DI QUESTO GIOCO SCHIFOSO!” esplose la bionda avventuriera, sferrando un
calcio alla parete.
“Fermati ragazza così non cambi
nulla!” la richiamò il politico.
“Niente da fare, le pareti sono
compatte come le altre” espose la situazione il ladro, gettando a terra la
cicca.
“Non resta che obbedire…”
concluse il soldato, non facendo trapelare alcun tipo di emozione. Mentre,
accanto a lui, il giovane affarista non riusciva a mascherare dei turbamenti
interiori.
“Beh, se non altro, potremo
intanto aprirlo per osservarne anche l’interno…” propose lo scienziato.
“Credo sia la mossa più giusta da
fare” concordò Sarti.
Il corpulento uomo di scienza si
avvicinò titubante al pulsante rosso e quadrato presente alla sinistra della
probabile apertura. Lo schiacciò. Per poi scappare subito dietro al corpo
perfettamente allenato di Roberto. Le due ante si aprirono in maniera quasi del
tutto silenziosa. Il suo interno era decisamente identico ad un normale
ascensore: una luce accesa integrata al soffitto e un grande specchio sulla
parete che ti trovavi immediatamente di fronte quando vi entravi dentro. il
tutto su di una base di due metri di larghezza per uno di profondità. Su tutte
le superfici verticali era però totalmente assente un qualsiasi quadrante di
scelta dei piani da raggiungere. Ovviamente tale decisione non doveva essere
presa dal gruppo.
“Tutto normale sembrerebbe…”
azzardò Roberto, cercando la conferma di Simone, che arrivò con un lieve
dondolio del capo.
“Bene, allora comincio io!”
ritentò la fuga Rosa.
“Aspetta, è meglio che fai andare
prima me” fu nuovamente bloccata, questa volta da Lupo.
“E perché scusa?”
“Potrebbero esserci dei pericoli
lassù”
“So cavarmela da sola,
grazie!”
“Ne dubito…”
“Perché? Invece affidarci ad un
delinquente come te sarebbe meglio?”
“Calma gente, non possiamo
polemizzare anche su queste cose. Già la situazione mi pare sia abbastanza
assurda. Lupo, per favore, fai andare prima la ragazza. In fondo lei l’ha
dichiarato per prima…” portò i due nuovamente alla ragione il diplomatico Oscar
Testa.
“Ok, ma fai attenzione tesoro…”
l’avvertì Santucci, mentre stava entrando.
La giovane donna si voltò verso
il resto della compagnia. Tutti con gli sguardi tesi verso di lei, come su un
palcoscenico.
Le porte cominciarono a chiudersi
quando la sua coetanea bionda la salutò “In bocca al lupo, Rosa!”.
Le due ragazze fecero appena in
tempo a sorridersi quando le due ante si riunirono.
Ora era sola. L’ascensore pareva
realmente innalzarsi, però la tensione la faceva rimanere perfettamente
immobile, come un artista da strada mente imita una statua. Ma lei non era certo
quel genere di artista e, per stemperare la tensione fino alla fermata del
marchingegno, decise di rifarsi un po’ il trucco del suo viso grazioso,
utilizzando il make-up precedentemente preso ed aiutandosi con lo specchio che
aveva alle spalle. poi l’ascensore si fermò e la porta si riaprì.
Le altre nove persone erano tutte
in attesa. Guardando istintivamente verso l’alto e con l’orecchio ben teso.
“Per ora strani rumori non ne
fa…” si azzardò a discorrere Tommaso.
“State tranquilli, starà
sicuramente bene la nostra Rosa!” provò a stemperare gli animi Carla, anche se
visibilmente in ansia pure in lei.
“Infatti… poi, nonostante tutto,
è in gamba la ragazza!” la assecondò Sara Silvestri.
Poi, il lieve rumore che avevano
sentito subito dopo la chiusura degli sportelli, tornò ben udibile e, dopo
qualche attimo, l’ascensore si riaprì. Con nessuno al suo interno.
Il silenzio piombò sul gruppo. Il
meccanismo aveva allora davvero funzionato?
“Ok, tocca a me adesso!” ripartì
Lupo, che in un attimo fu dentro la cabina.
Tutti ancora in silenzio ad
osservarlo. Lui gli sorrise e disse “Ci si vede su!” e poi l’entrata si chiuse
nuovamente.
“Bene! Direi proprio che funziona
a dovere, e senza nemmeno spingere più il bottone di chiamata…” osservò
Noro.
Ancora un po’ di silenzio.
“Chi va dopo?” chiese la
Wilson.
“Vado io!” rispose sicuro
Orsi.
“Bene” gli sorrise il medico.
Di nuovo il silenzio padrone.
L’ascensore tornò ed il giovane
atleta percorse i pochi metri che lo distanziavano dall’entrata, sottolineando
il tutto con l’onnipresente ticchettio dei tacchetti presenti sotto la suola
delle proprie calzature, per poi sparire al suo interno.
“A quanto pare, il nostro
carceriere non è in vena di scherzi oggi…” provò a fare il simpatico Roberto,
cercando anche la collaborazione dei compagni. Ed intanto Marco stava
letteralmente sudando freddo.
Le porte alla fine si riaprirono
ma il ragazzo vide solo buio davanti a sé.
“Benvenuto Tommaso!”
Una voce maschile lo spaventò e,
subito, lui si girò di scatto verso la fonte di quella emanazione vocale. Lì
riconobbe subito Andrea Lupo, con le braccia incrociate al petto, e Rosa Simone,
con le mani incrociate dietro, all’altezza del fondoschiena, che le
sorrideva.
“Dimenticato di pagare la
bolletta…” ironizzò sulla situazione di oscurità totale in cui si era trovato
assieme a due dei suoi compagni.
Nuovo giro di salita per le
persone presenti nella stanza sottostante.
“Chi va ora?” chiese di nuovo
Carla.
Per qualche attimo nessuno
rispose.
“Bene… vado io!” si decise infine
Sciullo, sempre più madido di sudore, con un passo stentato, quasi
zoppicante.
“Tutto a posto figliolo?” si
preoccupò Testa.
“Sì tranquilli… tutto bene…”
accennò una risposta rimanendo di spalle mentre le porte si richiudevano dietro
di lui.
“Non sta affatto bene…” disse la
Wilson scuotendo la testa.
“Il soggetto presenta un chiaro
indebolimento psichico, dovuto con molta probabilità alla situazione del tutto
nuova in cui si è venuto a trovare attualmente” Spiegò, con pieno uso di termini
tecnici, agli altri Sarti.
All’improvviso, un forte rumore.
Qualcosa questa volta non aveva funzionato.
“Che cos’è stato?” Domandò
visibilmente preoccupata Silvestri.
“Proveniva dall’ascensore!”
rispose Noro.
“Merda!” sottolineò Santucci.
“Stai tranquillo, calmati, sta
andando tutto bene, abbi un po’ di contegno, calmo, tranquillo, risistemati un
po’, coraggio…” tutte parole che turbinavano nella mente del giovane
imprenditore. Il suo animo stava risentendo parecchio di qualcosa. Il battito
del cuore era accelerato come non era stato mai in quella assurda avventura. Le
gocce di sudore continuavano a scendere dalla sua chioma sul suo viso, composto
ora esclusivamente da muscoli tesi al massimo. Il suo punto debole stava
riemergendo.
Se non altro tutto procedeva
correttamente. L’ascensore stava procedendo tranquillamente verso la sua meta.
Bastava solo tranquillizzarsi e restare calmi. Poi il rumore, il lieve traballio
e la cabina si blocca. Ora è finita, la claustrofobia ha vinto!
“Cos’era quel rumore?” chiese
Rosa.
Anche al piano superiore la
tragedia era stata percepita perfettamente.
“Proveniva dall’ascensore o
sbaglio?” ipotizzò Tommaso.
“Merda!” sottolineò Andrea.
“Cazzo! Qualcosa non va
all’ascensore!” concluse Roberto, che si fiondò verso la porta.
“Oh mio dio…” esclamò Carla, che
questa volta rischiava seriamente lo svenimento.
“Forse pigiando questo bottone!”
martellò di colpi con l’indice sinistro il suddetto pulsante un alquanto nervoso
Stefano.
Mentre Roberto cominciò a colpire
la porta con violenti pugni dati come martellate, usando come fulcro i propri
gomiti, urlava “MARCO! COSA STA SUCCENDENDO? MARCO RISPONDI!”
“Calma gente così non si risolve
nulla!” urlò anche Oscar.
Intanto Simone provava
freneticamente a cercare la soluzione, cercando di osservare attentamente tutto
l’impianto, o frugando in tutta la sua uniforme militare. Purtroppo però la
risposta era negativa.
Dentro l’infernale cabina il
ragazzo era accasciato al suolo, con la sola schiena che si reggeva appoggiata
alla parete, il viso lucente del proprio sudore, gli occhi sbarrati pieni di
terrore ed il labbro che traballava sempre più.
“AIUTATEMI VI PREGO! SOFFRO DI
CLAUSTROFOBIA! NON RESTITO! QUA LA STANZA MI STA VENENDO TUTTA CONTRO! AIUTO
RAGAZZI! VI SUPPLICO!”
Intanto, nel piano di sopra.
Andrea cercava di appoggiare bene
l’orecchio alla porta, per capire cosa stava realmente succedendo lì dentro.
“Chi diavolo c’è lì dentro? Cosa sta succedendo? Cazzo rispondi!”
“Eppure ci deve essere un modo…
forse schiacciando qua…” pensava ad alta voce Rosa quando premette un pulsante
quadrato e rosso identico a quello del piano inferiore, e l’entrata si aprì.
Dentro l’ascensore, ormai in
preda al delirio, Marco Sciullo si ricordò del cimelio di famiglia e lo
estrasse. La soluzione era davvero solo quella.
Il fuorilegge si affacciò nel
vuoto e vide la parte superiore della cabina ferma, tornò dentro e spiegò
“L’ascensore è bloccato, devo andare laggiù a vedere chi è che si sta agitando
tanto”.
“Ma saranno più di venti metri,
non vorrai mica saltarci sopra?” lo interruppe la Simone “E poi l’ascensore, a
causa del tuo atterraggio, potrebbe cedere d’un colpo”.
L’uomo si fermò ed analizzò le
parole della ragazza. La giovane aveva decisamente ragione.
“Usiamo questa!” disse Orsi con
in mano una corda avvoltolata.
“Dove l’hai trovata?” gli
chiesero all’unisono gli altri due.
“Era lì attaccata al muro”
rispose il ragazzo puntando il dito verso una sporgenza presente nella
parete.
“Bene, io mi calo e voi mi
reggete” spiegò rapidamente il piano Andrea, slegando la corda e dandone un capo
a Tommaso.
“Ma ce la possiamo fare?” chiese
sempre più spaventata Rosa.
“Certo!” rispose con un mezzo
sorriso Lupo, mentre si legava attorno al busto la corda, e poi cominciò a
scendere.
Tommaso teneva la corda tesa,
lasciandone poco alla volta, ma subito si accorse che le sue calzature non erano
proprio l’ideale per quella attività fisica “Merda con questi tacchetti scivolo!
Rosa aiutami a toglierle!”.
Subito Rosa si inginocchiò
davanti al giovane campione e lanciò via le scarpette dai piedi di Orsi.
“Aspetta ti aiuto!” e così
dicendo gli si mise davanti per aiutarlo con la fune ma subito “AH!” era per
terra ed in un attimo si rialzò maledicendo “Schifoso tacco 15” calciando via le
sue calzature eleganti viola.
Andrea Lupo arrivò a rapidi
balzelli sul tetto della cabina, trovando subito l’apertura da utilizzare nei
casi di emergenza. Come per l’appunto era decisamente quello.
Afferrò bene la maniglia e
cominciò a tirare in su con tutte le forze che aveva. Intanto, all’interno, la
lama del coltello, di proprietà da generazioni della famiglia Sciullo, era
sempre più vicina alla gola del più giovane rampollo di questa rispettabile
dinastia. La punta aveva già toccato, perforandola appena, la pelle del collo
del ragazzo, quando parte del soffitto venne via.
“Tutto bene qua dentro? ...anf”
chiese ansimante per lo sforzo Andrea.
In un attimo, Marco nascose
dietro di sé il suo cimelio, con una rapidità che sorprese un maestro di
riflessi come Andrea Lupo.
“Venga signor Sciullo che la
porto fuori da qui!” lo rassicurò, porgendogli la mano dall’alto.
Rapidamente, il giovane
imprenditore si rialzò ricomponendo, oltre ai suoi vestiti, anche il suo
atteggiamento “Bene, procediamo…”.
Detto questo, afferrò le
apparentemente esili, ma in realtà forti, spalle del suo salvatore, ed insieme
cominciarono ad uscire fuori dalla scatola metallica. Marco reagì bene al passo
d’andatura dell’altro e, in breve, erano quasi arrivati all’apertura che dava
sul piano superiore. Poi il meccanismo ricominciò la sua marcia.
Sciullo si voltò, inizialmente
quasi non curante, dietro di sé, per poi rigirarsi rapidamente verso Lupo ed
urlargli “MUOVITI CHE È RIPARTITO!” arrotando ancora di più la sua erre
moscia.
I loro balzi ora si erano fatti
più rapidi possibili. Sopra di loro, Tommaso e Rosa tenevano la fune più tesa
possibile, pensando ai due compagni in difficoltà. Marco scivolò ma,
fortunatamente, riuscirono entrambi a mettersi in salvo, con l’ascensore che,
una volta arrivato a destinazione, aprì normalmente la porta d’uscita.
Dopo molti minuti di silenzio, il
resto del gruppo, che era rimasto al piano inferiore, decise di fidarsi comunque
dell’apparecchiatura presente, richiamando l’ascensore a loro.
Per i restanti sei membri del
gruppo la salita procedette senza ulteriori intoppi. Ad uno ad uno, mentre
raggiungevano il nuovo piano, veniva riepilogata la situazione che si era venuta
a creare pochi attimi prima. Quando anche l’ultima delle persone si riunì agli
altri, le luci si accesero.
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