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Autore: J85    27/10/2014    1 recensioni
Senza un apparente motivo, 10 persone, 7 maschi e 3 femmine, con caratteristiche totalmente differenti tra di loro e completamente all'oscuro l'uno dell'altro, si ritroveranno improvvisamente dentro un'enorme stanza dalle pareti metalliche.
Nessuno di loro ricorda come abbia fatto a finire lì dentro e, ancora meno, è a conoscenza delle difficili prove che insieme dovranno affrontare per procedere verso un'insperata libertà.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

“Claustrofobia”

 

 

 

“E anche questa è fatta!” esclamò ghignando Andrea, mentre in bocca teneva la sua ultima sigaretta.

Tutti si girarono verso il fuorilegge tra lo stupito ed il divertito, ma solo una controbatté.

“Ooooh… mi fa piacere che qualcuno qui si stia divertendo, perché io invece ne ho le scatole piene!” proruppe Rosa Simone.

“Dai calmati tesoro…” cercò di tranquillizzarla Roberto, nel tentativo anche di abbracciare il suo corpo sensuale.

“Non ti azzardare a chiamarmi tes…” cominciò la giovane attrice, ma venne subito interrotta da un altro membro della banda.

“Gente guardate qua!” urlò Stefano.

Tutto il resto della combriccola si girò ad osservare. Sulla parete vicina alla porta da cui erano entrati vi era un lungo scaffale, anch’esso di metallo, con sopra svariate cose. Vi si poteva trovare infatti: munizioni per tutte le armi in possesso del gruppo, sigarette della marca nazionale preferite da Lupo, nuove scarpette da calcio della misura precisa che calzava Orsi, bendaggi, cerotti, alcol e cotone utili per i medicamenti della Wilson, dei make-up portatili e, addirittura, un nuovo paio di occhiali identici a quelli danneggiati di Testa.

“È aperto il mercato gente! Cazzo le avevo appena finite!” esclamò Andrea, mentre si avventava sui pacchetti di sigarette.

“Hanno pensato anche alle mie scarpette…”osservò Tommaso sorpreso.

“E pure ai miei occhiali, perdiana!” disse Oscar, mentre se li provava.

“Niente roba da mangiare però…” ammise sconsolato Noro.

“Ma se ti sei ingozzato come un maiale nella precedente stanza!” lo rimproverò apertamente Sciullo.

“Bene così!” constatò sorridente Carla, mentre cercava di inserire più roba possibile dentro le tasche della sua uniforme bianca.

Simone Sarti, come fecero chiaramente anche Roberto Santucci e Andrea Lupo, si rifornì di munizioni e, una volta terminato, si accorse subito di una presenza in quella stanza, avvertendo gli altri “Signori, osservate cosa abbiamo di fronte”.

Di nuovo l’intera troupe si voltò verso chi di loro aveva parlato e seguirono il consiglio.

Su una terza parete della sala, estremamente più ridotta rispetto alle precedenti, vi era un enorme colonna che, partendo dal pavimento, arrivava dritta e lineare verso il soffitto, congiungendosi ad esso. Su di essa vi era la chiara possibilità di apertura in due ante ben distinte. Tutto questo faceva ricollegare nettamente ad un…

“Ascensore…”

Nuovamente tutti a voltarsi verso l’individuo che aveva emesso tale parola.

“Insomma, a me pare proprio un ascensore…” disse timidamente Tommaso.

“Beh in effetti lo ricorda molto…” osservò più attentamente Noro.

“Quindi vuol dire che questa struttura ha pure un secondo piano…” concluse Sara, che poco prima si era infilata in tasca uno di quei make-up precedenti.

D’improvviso, emettendo solamente un lieve sibilo, lo scaffale scomparve dentro il muro metallico in cui era fissato. Poi una voce parlò “SIETE PREGATI DI UTILIZZARE IL PRESENTE ASCENSORE, VI RICORDIAMO CHE LA SUA PORTATA MASSIMA È DI UNA SOLA PERSONA PER VOLTA, GRAZIE”.

“Noto che sta diventando sempre più cortese nei nostri riguardi…” ironizzò Oscar.

“Inoltre non penso abbiamo a nostra disposizione molto tempo, quei bastardi sono anche qui!” commentò Lupo, indicando con la canna della pistola le solite piccole aperture sui muri.

“Bene, vado prima io!” decise l’attrice avviandosi rapidamente verso il congegno.

“Aspetta Rosa, potrebbe invece essere una trappola!” la bloccò, anche fisicamente, il poliziotto.

“Fino ad ora però la voce non ci ha mai mentito…” osservò il calciatore.

“Purtroppo le nostre vite sono nelle sue mani…” si rattristò la dottoressa.

“FIGLI DI PUTTANA NE HO PIENE LE PALLE DI QUESTO GIOCO SCHIFOSO!” esplose la bionda avventuriera, sferrando un calcio alla parete.

“Fermati ragazza così non cambi nulla!” la richiamò il politico.

“Niente da fare, le pareti sono compatte come le altre” espose la situazione il ladro, gettando a terra la cicca.

“Non resta che obbedire…” concluse il soldato, non facendo trapelare alcun tipo di emozione. Mentre, accanto a lui, il giovane affarista non riusciva a mascherare dei turbamenti interiori.

“Beh, se non altro, potremo intanto aprirlo per osservarne anche l’interno…” propose lo scienziato.

“Credo sia la mossa più giusta da fare” concordò Sarti.

Il corpulento uomo di scienza si avvicinò titubante al pulsante rosso e quadrato presente alla sinistra della probabile apertura. Lo schiacciò. Per poi scappare subito dietro al corpo perfettamente allenato di Roberto. Le due ante si aprirono in maniera quasi del tutto silenziosa. Il suo interno era decisamente identico ad un normale ascensore: una luce accesa integrata al soffitto e un grande specchio sulla parete che ti trovavi immediatamente di fronte quando vi entravi dentro. il tutto su di una base di due metri di larghezza per uno di profondità. Su tutte le superfici verticali era però totalmente assente un qualsiasi quadrante di scelta dei piani da raggiungere. Ovviamente tale decisione non doveva essere presa dal gruppo.

“Tutto normale sembrerebbe…” azzardò Roberto, cercando la conferma di Simone, che arrivò con un lieve dondolio del capo.

“Bene, allora comincio io!” ritentò la fuga Rosa.

“Aspetta, è meglio che fai andare prima me” fu nuovamente bloccata, questa volta da Lupo.

“E perché scusa?”

“Potrebbero esserci dei pericoli lassù”

“So cavarmela da sola, grazie!”

“Ne dubito…”

“Perché? Invece affidarci ad un delinquente come te sarebbe meglio?”

“Calma gente, non possiamo polemizzare anche su queste cose. Già la situazione mi pare sia abbastanza assurda. Lupo, per favore, fai andare prima la ragazza. In fondo lei l’ha dichiarato per prima…” portò i due nuovamente alla ragione il diplomatico Oscar Testa.

“Ok, ma fai attenzione tesoro…” l’avvertì Santucci, mentre stava entrando.

La giovane donna si voltò verso il resto della compagnia. Tutti con gli sguardi tesi verso di lei, come su un palcoscenico.

Le porte cominciarono a chiudersi quando la sua coetanea bionda la salutò “In bocca al lupo, Rosa!”.

Le due ragazze fecero appena in tempo a sorridersi quando le due ante si riunirono.

 

Ora era sola. L’ascensore pareva realmente innalzarsi, però la tensione la faceva rimanere perfettamente immobile, come un artista da strada mente imita una statua. Ma lei non era certo quel genere di artista e, per stemperare la tensione fino alla fermata del marchingegno, decise di rifarsi un po’ il trucco del suo viso grazioso, utilizzando il make-up precedentemente preso ed aiutandosi con lo specchio che aveva alle spalle. poi l’ascensore si fermò e la porta si riaprì.

 

Le altre nove persone erano tutte in attesa. Guardando istintivamente verso l’alto e con l’orecchio ben teso.

“Per ora strani rumori non ne fa…” si azzardò a discorrere Tommaso.

“State tranquilli, starà sicuramente bene la nostra Rosa!” provò a stemperare gli animi Carla, anche se visibilmente in ansia pure in lei.

“Infatti… poi, nonostante tutto, è in gamba la ragazza!” la assecondò Sara Silvestri.

Poi, il lieve rumore che avevano sentito subito dopo la chiusura degli sportelli, tornò ben udibile e, dopo qualche attimo, l’ascensore si riaprì. Con nessuno al suo interno.

Il silenzio piombò sul gruppo. Il meccanismo aveva allora davvero funzionato?

“Ok, tocca a me adesso!” ripartì Lupo, che in un attimo fu dentro la cabina.

Tutti ancora in silenzio ad osservarlo. Lui gli sorrise e disse “Ci si vede su!” e poi l’entrata si chiuse nuovamente.

“Bene! Direi proprio che funziona a dovere, e senza nemmeno spingere più il bottone di chiamata…” osservò Noro.

Ancora un po’ di silenzio.

“Chi va dopo?” chiese la Wilson.

“Vado io!” rispose sicuro Orsi.

“Bene” gli sorrise il medico.

Di nuovo il silenzio padrone.

L’ascensore tornò ed il giovane atleta percorse i pochi metri che lo distanziavano dall’entrata, sottolineando il tutto con l’onnipresente ticchettio dei tacchetti presenti sotto la suola delle proprie calzature, per poi sparire al suo interno.

“A quanto pare, il nostro carceriere non è in vena di scherzi oggi…” provò a fare il simpatico Roberto, cercando anche la collaborazione dei compagni. Ed intanto Marco stava letteralmente sudando freddo.

 

Le porte alla fine si riaprirono ma il ragazzo vide solo buio davanti a sé.

“Benvenuto Tommaso!”

Una voce maschile lo spaventò e, subito, lui si girò di scatto verso la fonte di quella emanazione vocale. Lì riconobbe subito Andrea Lupo, con le braccia incrociate al petto, e Rosa Simone, con le mani incrociate dietro, all’altezza del fondoschiena, che le sorrideva.

“Dimenticato di pagare la bolletta…” ironizzò sulla situazione di oscurità totale in cui si era trovato assieme a due dei suoi compagni.

 

Nuovo giro di salita per le persone presenti nella stanza sottostante.

“Chi va ora?” chiese di nuovo Carla.

Per qualche attimo nessuno rispose.

“Bene… vado io!” si decise infine Sciullo, sempre più madido di sudore, con un passo stentato, quasi zoppicante.

“Tutto a posto figliolo?” si preoccupò Testa.

“Sì tranquilli… tutto bene…” accennò una risposta rimanendo di spalle mentre le porte si richiudevano dietro di lui.

“Non sta affatto bene…” disse la Wilson scuotendo la testa.

“Il soggetto presenta un chiaro indebolimento psichico, dovuto con molta probabilità alla situazione del tutto nuova in cui si è venuto a trovare attualmente” Spiegò, con pieno uso di termini tecnici, agli altri Sarti.

All’improvviso, un forte rumore. Qualcosa questa volta non aveva funzionato.

“Che cos’è stato?” Domandò visibilmente preoccupata Silvestri.

“Proveniva dall’ascensore!” rispose Noro.

“Merda!” sottolineò Santucci.

 

“Stai tranquillo, calmati, sta andando tutto bene, abbi un po’ di contegno, calmo, tranquillo, risistemati un po’, coraggio…” tutte parole che turbinavano nella mente del giovane imprenditore. Il suo animo stava risentendo parecchio di qualcosa. Il battito del cuore era accelerato come non era stato mai in quella assurda avventura. Le gocce di sudore continuavano a scendere dalla sua chioma sul suo viso, composto ora esclusivamente da muscoli tesi al massimo. Il suo punto debole stava riemergendo.

Se non altro tutto procedeva correttamente. L’ascensore stava procedendo tranquillamente verso la sua meta. Bastava solo tranquillizzarsi e restare calmi. Poi il rumore, il lieve traballio e la cabina si blocca. Ora è finita, la claustrofobia ha vinto!

 

“Cos’era quel rumore?” chiese Rosa.

Anche al piano superiore la tragedia era stata percepita perfettamente.

“Proveniva dall’ascensore o sbaglio?” ipotizzò Tommaso.

“Merda!” sottolineò Andrea.

 

“Cazzo! Qualcosa non va all’ascensore!” concluse Roberto, che si fiondò verso la porta.

“Oh mio dio…” esclamò Carla, che questa volta rischiava seriamente lo svenimento.

“Forse pigiando questo bottone!” martellò di colpi con l’indice sinistro il suddetto pulsante un alquanto nervoso Stefano.

Mentre Roberto cominciò a colpire la porta con violenti pugni dati come martellate, usando come fulcro i propri gomiti, urlava “MARCO! COSA STA SUCCENDENDO? MARCO RISPONDI!”

“Calma gente così non si risolve nulla!” urlò anche Oscar.

Intanto Simone provava freneticamente a cercare la soluzione, cercando di osservare attentamente tutto l’impianto, o frugando in tutta la sua uniforme militare. Purtroppo però la risposta era negativa.

 

Dentro l’infernale cabina il ragazzo era accasciato al suolo, con la sola schiena che si reggeva appoggiata alla parete, il viso lucente del proprio sudore, gli occhi sbarrati pieni di terrore ed il labbro che traballava sempre più.

“AIUTATEMI VI PREGO! SOFFRO DI CLAUSTROFOBIA! NON RESTITO! QUA LA STANZA MI STA VENENDO TUTTA CONTRO! AIUTO RAGAZZI! VI SUPPLICO!”

 

Intanto, nel piano di sopra.

Andrea cercava di appoggiare bene l’orecchio alla porta, per capire cosa stava realmente succedendo lì dentro. “Chi diavolo c’è lì dentro? Cosa sta succedendo? Cazzo rispondi!”

“Eppure ci deve essere un modo… forse schiacciando qua…” pensava ad alta voce Rosa quando premette un pulsante quadrato e rosso identico a quello del piano inferiore, e l’entrata si aprì.

 

Dentro l’ascensore, ormai in preda al delirio, Marco Sciullo si ricordò del cimelio di famiglia e lo estrasse. La soluzione era davvero solo quella.

 

Il fuorilegge si affacciò nel vuoto e vide la parte superiore della cabina ferma, tornò dentro e spiegò “L’ascensore è bloccato, devo andare laggiù a vedere chi è che si sta agitando tanto”.

“Ma saranno più di venti metri, non vorrai mica saltarci sopra?” lo interruppe la Simone “E poi l’ascensore, a causa del tuo atterraggio, potrebbe cedere d’un colpo”.

L’uomo si fermò ed analizzò le parole della ragazza. La giovane aveva decisamente ragione.

“Usiamo questa!” disse Orsi con in mano una corda avvoltolata.

“Dove l’hai trovata?” gli chiesero all’unisono gli altri due.

“Era lì attaccata al muro” rispose il ragazzo puntando il dito verso una sporgenza presente nella parete.

“Bene, io mi calo e voi mi reggete” spiegò rapidamente il piano Andrea, slegando la corda e dandone un capo a Tommaso.

“Ma ce la possiamo fare?” chiese sempre più spaventata Rosa.

“Certo!” rispose con un mezzo sorriso Lupo, mentre si legava attorno al busto la corda, e poi cominciò a scendere.

Tommaso teneva la corda tesa, lasciandone poco alla volta, ma subito si accorse che le sue calzature non erano proprio l’ideale per quella attività fisica “Merda con questi tacchetti scivolo! Rosa aiutami a toglierle!”.

Subito Rosa si inginocchiò davanti al giovane campione e lanciò via le scarpette dai piedi di Orsi.

“Aspetta ti aiuto!” e così dicendo gli si mise davanti per aiutarlo con la fune ma subito “AH!” era per terra ed in un attimo si rialzò maledicendo “Schifoso tacco 15” calciando via le sue calzature eleganti viola.

Andrea Lupo arrivò a rapidi balzelli sul tetto della cabina, trovando subito l’apertura da utilizzare nei casi di emergenza. Come per l’appunto era decisamente quello.

Afferrò bene la maniglia e cominciò a tirare in su con tutte le forze che aveva. Intanto, all’interno, la lama del coltello, di proprietà da generazioni della famiglia Sciullo, era sempre più vicina alla gola del più giovane rampollo di questa rispettabile dinastia. La punta aveva già toccato, perforandola appena, la pelle del collo del ragazzo, quando parte del soffitto venne via.

“Tutto bene qua dentro? ...anf” chiese ansimante per lo sforzo Andrea.

In un attimo, Marco nascose dietro di sé il suo cimelio, con una rapidità che sorprese un maestro di riflessi come Andrea Lupo.

“Venga signor Sciullo che la porto fuori da qui!” lo rassicurò, porgendogli la mano dall’alto.

Rapidamente, il giovane imprenditore si rialzò ricomponendo, oltre ai suoi vestiti, anche il suo atteggiamento “Bene, procediamo…”.

Detto questo, afferrò le apparentemente esili, ma in realtà forti, spalle del suo salvatore, ed insieme cominciarono ad uscire fuori dalla scatola metallica. Marco reagì bene al passo d’andatura dell’altro e, in breve, erano quasi arrivati all’apertura che dava sul piano superiore. Poi il meccanismo ricominciò la sua marcia.

Sciullo si voltò, inizialmente quasi non curante, dietro di sé, per poi rigirarsi rapidamente verso Lupo ed urlargli “MUOVITI CHE È RIPARTITO!” arrotando ancora di più la sua erre moscia.

I loro balzi ora si erano fatti più rapidi possibili. Sopra di loro, Tommaso e Rosa tenevano la fune più tesa possibile, pensando ai due compagni in difficoltà. Marco scivolò ma, fortunatamente, riuscirono entrambi a mettersi in salvo, con l’ascensore che, una volta arrivato a destinazione, aprì normalmente la porta d’uscita.

Dopo molti minuti di silenzio, il resto del gruppo, che era rimasto al piano inferiore, decise di fidarsi comunque dell’apparecchiatura presente, richiamando l’ascensore a loro.

Per i restanti sei membri del gruppo la salita procedette senza ulteriori intoppi. Ad uno ad uno, mentre raggiungevano il nuovo piano, veniva riepilogata la situazione che si era venuta a creare pochi attimi prima. Quando anche l’ultima delle persone si riunì agli altri, le luci si accesero.

 

  
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