Ricapitolando:
Neji
conosce il segreto della locanda, ossia che è popolata da
Amazzoni in incognito. Tenten lo ha scoperto, ma ha deciso di
contravvenire agli ordini della Madre e di lasciarlo in vita. Tenten,
infatti, sente che è diverso dagli Uomini, che è
degno di fiducia.
Neji tornerà quindi a Konoha, dove porterà avanti
la sua battaglia contro la casata principale del clan. Nessuno,
a parte loro due, sa che hanno stretto questo patto. Neji
ripartirà al termine di questa lunga notte, all'alba. Sango
e Tenten fingeranno di riconsegnarlo ai suoi familiari, che vorrebbero
ucciderlo.
(Confessioni incandescenti - II parte)
Sango era certa che se
non avesse perduto il bambino allora, la sua gravidanza avrebbe potuto
sopportare qualunque shock.
Vide un bagliore celeste divampare sulla mano diafana di Neji Hyuga.
- Aspettate! - lo bloccò, - Cosa avete intenzione
di fare? -
Gli occhi nivei si posarono sulla rossa con un'asciutta irritazione.
- Sono l'unica persona che possa salvare Tenten e lei lo sa.
Dovreste fidarvi del suo giudizio. -
Sango esitò, ma infine lasciò la presa.
Neji levò il braccio e lo calò come una
spada, in
un colpo netto che recise alcuni dei rami.
Con delicatezza mista ad urgenza rimossero gli artigli nodosi e
contorti. Le labbra di Tenten erano del colore della cenere.
Sango le tastò il polso e trasse un sospiro di sollievo. Con
l'aiuto di Neji, la sollevò seduta e la
appoggiò
con la schiena contro il muro.
Tenten udì una voce calda accarezzarle le orecchie, delle
dita
picchiettarle sulle guance. Sollevò le palpebre,
incrociò
le iridi smeraldine, che la attendevano con trepidazione. D'istinto
portò le mani al volto e fece per afferrare di nuovo le
radici.
- Tenten! E' finita! Guarda, sono spezzate adesso! -
Sango aprì la mano e le mostrò i frammenti.
Soltanto
allora Tenten mise a fuoco la figura in piedi alle spalle della rossa.
- Grazie. - mormorò appena, chiudendo gli occhi.
La pelle abrasa dal legno bruciava ad ogni contrazione.
Sango le sfiorò una tempia con affetto e si voltò
verso
Neji con sincera riconoscenza. Lui, però, stava
scrutando
i resti del pettine.
- Un oggetto maledetto, presumo. Da dove arrivava? -
Sango raccolse il dorso del pettine, dove la runa era rimasta impressa
come un marchio a fuoco. Era magia delle
Terre del Nord: quella volta il clan Hyuga non era affatto coinvolto.
- Perché me? - chiese debolmente Tenten, -
Perché attaccare me con un tuo oggetto? Non ha senso. -
- Ero io la destinataria. - dichiarò Sango, -
Tutti i giorni, prima di coricarmi, passo questo pettine tra i capelli.
Questa sera, tu hai bussato alla mia porta prima che io potessi farlo. -
Malgrado la spiegazione, Tenten era ancora frastornata.
Perché attaccare Sango? Chi poteva avere interesse a farle
del male?
- Tutto il personale si trova al piano inferiore per la
Festa. Avrei dovuto essere da sola, quando il tocco delle mie mani
avrebbe attivato il sortilegio. - rifletté Sango in un
mormorio. Non c'era agitazione nella sua voce, bensì una
graduale consapevolezza. Si stava lentamente orientando all'interno di
quel labirinto piovuto dal cielo.
- Chiunque sia stato, a breve potrebbe varcare quella soglia
per sottrarre l'arma e cancellare le proprie tracce. -
annunciò il
ninja.
Sango si alzò.
- Non mi sembra corretto trattenervi ulteriormente, Neji-san.
Vi ringrazio per il vostro intervento, ma
siete già coinvolto in
spiacevoli tensioni familiari. Non è nostra intenzione
angustiarvi con i dissapori locali, il giorno prima della vostra
partenza. -
Lui esitò. La tiepida cortesia celava l'urgenza di
nascondergli ciò che sarebbe accaduto nei minuti seguenti.
L'Amazzone sembrava avere una nitida intuizione su chi fosse il
responsabile. Nonostante l'amarezza di quella realizzazione, non
sembrava tuttavia temerlo.
- Sapremo gestire la situazione, non siate in pensiero. - lo
rassicurò, - Siamo abitanti del Nord: sopravviviamo alle
avversità fin dall'infanzia. -
Neji Hyuga accennò un inchino e lasciò la stanza.
Dopotutto, avrebbe potuto vigilare su di loro anche dal lato opposto
del muro.
Tenten rovesciò i palmi contro la parete e si mise in piedi.
- Che cosa significa? Perché sei così
tranquilla? -
- Ti senti in forze? - le domandò invece l'altra,
- Preferirei se fossimo in due. -
- Sì... Sì. Sango, cosa sta succedendo?
-
La rossa legò i capelli in un'alta coda di cavallo. Era
seria e controllata. Le iridi verdi erano fisse, ma taglienti come lame
di smeraldo.
- Non posso parlare prematuramente. Sarebbe una
verità troppo infamante. Sei pronta? -
Tenten annuì e prese posto accanto alla porta, la nuca
contro la pietra fredda. Sango soffiò su una candela e
portò l'altra con sé dietro al letto, lontano
dall'ingresso.
Alle undici e mezza, dopo quasi un'ora, un rumore di passi si distinse
lungo il corridoio. Felpati e lenti, potevano essere uditi solo da chi
li stesse effettivamente aspettando. Si avvicinarono sempre
più,
scivolando sul pavimento ligneo. Si fermarono vicino a Tenten.
La porta si aprì e la luce delle torce tagliò di
netto il pavimento e la parete. Quando la semioscurità
tornò padrona, una
piccante fragranza di zenzero si era insinuata nell'aria.
Le due Sorelle non ebbero bisogno di scambiarsi segnali. Silenziosa
come un gatto, Tenten atterrò il nuovo venuto e
scoprì che si trattava di una
donna.
Quella si dimenò, cercando di ribaltare le loro posizioni.
Tenten masticò un gemito di dolore quando i lunghi capelli
sciolti si insinuarono nei graffi sul suo viso.
- Ferma, Sonoko. Non hai speranze. -
Una spada di legno sfiorò la gola della nuova arrivata.
Sango
era ritta di fronte a lei: l'elsa salda in una mano, la fiamma
saettante della candela nell'altra.
Tenten riconobbe la chioma bionda. Si allontanò
istintivamente dalla Fedelissima e balbettò delle scuse
imbarazzatissime.
- No, Tenten. - la interruppe Sango, - E' questa la
persona che aspettavamo. -
Tenten continuò a ripetersi che doveva trattarsi di uno
scherzo di pessimo gusto. Mentre osservava le due Sorelle discutere, in
lei confliggevano due razionalità. Una percorreva la sua
mente da un angolo all'altro con passo nervoso, scuotendo la testa. Era
impossibile, ribadiva con asprezza, che un'Amazzone avesse attentato
alla vita di una Sorella. L'altra sedeva placida al centro di quello
spazio immaginario. Seguiva i movimenti frenetici della prima, ricordandole talvolta che nessuna Amazzone avrebbe mai avuto
voglia di scherzare a quell'ora tarda. Soprattutto, su un episodio tanto grave.
Era tutto reale. Eppure a Tenten pareva di essere imprigionata in una
bolla d'acqua che le intorpidiva i sensi.
- Avanti, Sonoko. - la incalzò Sango, -
Ormai sei stata smascherata. Non ti resta che parlare e fugare i pochi
dubbi che mi siano rimasti. -
La donna serrò la mandibola. Il mento alto e dignitoso,
malgrado l'arma puntata contro di lei.
- Sorella
Sonoko. - sibilò, - Il rispetto,
Sango. Sono una tua diretta superiore. -
- Di questo si tratta, dunque. Di rispetto? -
Sonoko si levò in piedi lentamente, seguita
dall'attentissima lama lignea. Sul viso ossuto e squadrato regnava la
consapevolezza di aver agito legittimamente, senza rimorsi.
- Sì. Non hai rispetto per le tue Sorelle.
Infrangi quotidianamente le regole comuni e mini le fondamenta di
questa Famiglia. Sei un veleno, Sango. La tua influenza debilita lo
spirito delle Amazzoni più giovani. Siamo in guerra, siamo
sotto attacco: dobbiamo essere forti. Tu le stai condannando a morte
certa. -
Sangò riascoltò a lungo quelle parole. Infine
domandò:
- Lo avete deliberato dopo la riunione di ieri sera. Non
è così? -
Sonoko non ebbe fretta di rispondere.
- Convocarti in privato ed affrontare il problema con una
semplice conversazione sarebbe stato inutile. Sei arrogante,
presuntuosa, testarda... -
Sango non prestò ulteriore attenzione agli epiteti che
Sonoko le fornì. Guardò verso l'armadio, agli
abiti dell'ater ego appesi al suo interno. Guardò la sedia
vicino alla finestra, dove aveva posato i calzoni da notte di Girin,
dopo averne ridotto l'orlo. Guardò al terzo cassetto del
comodino.
Lì, avvolta in un fazzoletto insieme a dei fiori di lavanda
essiccati, conservava la prima arma che la Madre le avesse donato: uno
stiletto in legno di abete.
- Dunque, nemmeno una famiglia è per sempre. -
sussurrò a se stessa, - D'un tratto, non sei più
una figlia, non sei
più una sorella. Solamente un ostacolo. -
- Hai scritto tu il tuo destino. - ribatté acida
Sonoko, - Sapevi di essere su una strada deviata. -
- Non sono un gioiello o un fermaglio a degradare una donna. -
Sango
fece per aggiungere altro, ma ormai non avrebbe avuto
utilità.
Soprattutto, non con un'interlocutrice ottusa come Sonoko. Era tempo di
agire, nella maniera più sicura per tutti.
- Lascerò la locanda.
Potrai dire alla Madre di aver concluso la missione con successo e di
esserti liberata del mio cadavere. -
Sonoko non poté credere alle
sue orecchie. Era lo scenario migliore che le si potesse profilare. Era
conscia di non avere chance in un combattimento diretto con Sango e
Tenten. La sua reputazione sarebbe stata salva.
Tenten,
finalmente, fece un passo attraverso la stanza. Sango
incontrò la sua
espressione smarrita e le prese una mano tra le dita rosee.
-
Devo andarmene, Tenten. Rimanere esporrebbe al rischio chiunque mi stia
vicino. Non c'è speranza di
dialogo, non ora. Ricordi queste parole?
- le chiese in un sussurro, - Me le hai dette proprio tu. -
-
- A proposito, accetto l'accordo ad una condizione. -
proseguì Sonoko, perentoria, - Sorella Tenten deve
dimenticare quanto ha visto. Nessuna soffiata alla Madre, nessun
ricatto nei miei confronti. -
- Cosa le offri in cambio? - insinuò la rossa.
- Mi pronuncerò in suo favore nel corso delle
prossime riunioni. Incoraggerò la Madre ad assegnarle ruoli
di responsabilità. -
Sango accettò in vece dell'amica, prima che quella potesse
rinnovare la propria contrarietà ad un simile, drastico
epilogo.
Sonoko assentì compiaciuta e sgattaiolò fuori
dalla
porta.
Tenten
tastò con le dita lo spazio alle sue spalle. Riconobbe il
bordo
del letto e vi si lasciò cadere, lo sguardo ancorato al
nulla.
Era talmente frastornata da non riuscire a comprendere cosa si stesse
agitando dentro la sua testa. Parole, sagome, accuse, gesti: non
riconosceva niente di definito in quella nebbia densa e scura. I suoi
stessi sentimenti, la sua stessa reazione emotiva, erano
indeterminati.
La pressione all'interno della bolla stava aumentando, schiacciando
Tenten nell'apatia.
La mano di Sango sulla sua spalla la fece sussultare. Guardò
l'amica e d'un tratto si domandò se potesse ancora stimarla
tale. E chi era la donna di mezza età che aveva appena
richiuso
la porta alle proprie spalle? Una delle sue Sorelle aveva attentato
alla vita di un'altra. Aveva ricevuto l'ordine di farlo, dalla Madre in
persona.
Tenten prese un profondo respiro. La Madre era terrorizzata dalla
minaccia degli Hyuga, più di quanto volesse mostrare. I
valori
propugnati da Sango, il perdono ed il dialogo con il Nemico, non
sarebbero venuti in soccorso delle Amazzoni quando le armi ninja le
avrebbero trapassate con freddezza. Tenten lo sapeva bene.
Come, tuttavia, erano giunte a quella sera, a quel pettine maledetto?
Come erano arrivate ad applicare il Metodo Matsumoto tra loro stesse?
- Tenten... -
- Perché lo hai fatto? - fece all'improvviso,
puntando la terra sul suo viso, - Sapevi di stare infrangendo le
regole. Perché hai continuato? Razza di testarda che non sei
altro... Se ti fossi fermata prima, adesso non dovresti andartene. -
La voce si smorzò nel pronunciare le ultime sillabe, gli
occhi vibrarono.
Di nuovo, Sango le strinse una mano e si sedette accanto a lei.
- Perché hai rovinato tutto? - proseguì
Tenten.
Rabbia e supplica si alternavano in un impasto contraddittorio, ma lei
ormai aveva rinunciato a cercare una logica interna. - Questa
è
la tua casa, la tua Famiglia. La nostra
casa, la nostra
Famiglia.
Non sei felice qui? -
- Lo sono stata, per lunghi anni. Sono fiera della donna che
sono
diventata, grazie a questo luogo e grazie alle Amazzoni. Ho imparato a
fare
affidamento sulle mie sole forze; ad affrontare un uomo in duello, come
sua pari; a pensare autonomamente, ma soprattutto ad attribuire
valore al
mio personale pensiero. -
Ulteriormente perplessa, Tenten fece allora per rinnovare la domanda.
Sango la anticipò.
- Prima di tutto, però, sono un essere umano.
Costantemente tesa a qualcosa d'altro da me stessa. Costantemente tesa
a superare i confini. Così sono gli esseri umani, Tenten. -
- Calpestare le regole e mancare di rispetto alle
autorità? - ribatté sarcastica, - Questa
è
anarchia. -
- No. Modificare le regole per migliorarle. Questa locanda,
questa comunità sta troppo stretta a chi vive al suo
interno. -
Tenten si irrigidì.
- Non stai più parlando al singolare. -
Sango si concesse del tempo, prima di continuare.
- I libri nascosti sotto quell'asse, - indicò un
punto del
pavimento, - dove prima ho cercato la runa, me li ha prestati Girin. Ha
una sete insaziabile di conoscenza. Spesso, quando andiamo nell'armeria
di Nijihara-san, gli offre vecchie armi in cambio di libri. Divora
volumi di centinaia di pagine in pochi giorni. Che si tratti di epica,
di scienza o di letture sacre: lei non si pone limiti a priori.
- Anche Shiharu ha un nascondiglio simile, nel suo alloggio:
un
paio di libri ingialliti sull'architettura. Sono scritti in una lingua
dell'Ovest, non comprende una sola parola, ma sostiene che i disegni
siano sufficienti ad appagarla. Per adesso. -
Tenten si alzò di scatto e la zittì con un
movimento della mano. Non intendeva ascoltare oltre.
- E' la nostra natura umana, Tenten. I nostri sensi, la
nostra
mente, il nostro animo malsopportano l'assuefazione all'ambiente che li
circonda. Sono affamati di nuove esperienze. Siamo curiosi. Te
compresa. -
La bruna si volse di scatto, attonita e quasi offesa. Sango
ammiccò alla stanza accanto e al giovane uomo che la
occupava.
-
Aneli a ciò che lui rappresenta. Fin dal principio, la sua
storia non
ti ha lasciato indifferente e volevi saperne di più. Tu sei
uno
spirito irrequieto, Tenten, una fiamma indomabile. Vuoi vedere il mondo
esterno, coi suoi colori, le
sue incoerenze e le sue genti tra loro diversissime. Hai paura che
possa ferirti di nuovo, ma io sono convinta che un giorno ti
avventurerai
oltre le Terre del Nord. Nottetempo, senza che nessuno possa scoprirti
né fermarti, preparerai la sacca e chiuderai la porta della
locanda alle
tue spalle. Temevo che questo ci avrebbe separate. Invece, dopo
gli sviluppi di questa notte, a quanto pare ci permetterà di
ritrovarci, ovunque
finirò per stabilirmi. -
- Io non lascerò mai questo posto. Amo la mia
vita. -
ribatté Tenten. La sua impressione iniziale trovò
conferma: quella non era più la sua
amica fidata.
Sango
arraffò lo stiletto di legno ed un mantello di lana verde
bottiglia. Spalancò la
finestra e l'aria pungente della notte invernale la ghermì.
Cristalli di ghiaccio si posarono sui suoi vestiti e tra i suoi
capelli, brillando al bagliore della candela.
- Ci vediamo, mia piccola guerriera. Non lasciare che la tua
fiamma si estingua. -
Balzò
giù. Tenten rimase immobile, ferita e tradita. La mandibola
serrata, quasi non respirava. Poi una fune invisibile si
avvinghiò stretta al suo cuore e lei capì che
poteva
soltanto assecondarla. Doveva farlo, altrimenti quella
fortissima trazione l'avrebbe uccisa.
Corse al davanzale e vi si aggrappò disperatamente.
Sango attraversò
il cortile con passo svelto, ovattato dalla
neve. Superò la lapide di Hirono e si voltò verso
la
finestra. Era certa che vi avrebbe trovato Tenten, nonostante tutto. Le
sorrise, respingendo le lacrime in fondo alla gola.
Dopodiché,
fu inghiottita dalla foresta.
Neji ebbe appena il tempo di distogliere la Vista, prima che
Tenten tornasse.
Entrò
nella stanza con lentezza. Le iridi scure sorvolavano gli
oggetti senza vederli. Richiuse la porta e rimase appoggiata alla
maniglia per un tempo indefinito.
Furono i suoi sensi ben
addestrati a scuoterla, malgrado tutto. Percepì l'attiva
presenza dello
Hyuga alle sue spalle e si voltò. Era seduto in
prossimità della
finestra e la fissava.
- Cosa fai ancora sveglio? Domani sarà una
giornata intensa. -
Nel ricordare la sua partenza imminente, Tenten
percepì un'insofferenza cui non
seppe
dare nome. Fu solamente per un breve istante, tuttavia
una
distinta tensione le torse le viscere e le schiacciò i
polmoni.
Per un attimo, Neji Hyuga e gli abeti scuri alle sue spalle
esercitarono un'attrazione magnetica, necessaria, vitale. Tenten
sentì un fiore corposo sbocciarle a metà strada
tra il
cuore e lo stomaco. Un orizzonte di possibilità che si
estendeva
all'infinito, innumerevoli potenzialità di realizzazione
dell'essere che germogliavano contemporaneamente. Fu un'emozione tanto
tangibile da strapparle il fiato, come se qualcuno le stesse scavando nel petto con una mano.
Poi, all'improvviso, il dolore era svanito. Il mondo esterno
tornò alle sue consuete,, meschine sembianze. Neji
Hyuga ad essere un estraneo, un individuo che aveva
incrociato provvisoriamente la sua vita e che presto ne sarebbe uscito
per
sempre.
- Tenten? -
Sentirsi chiamare per nome rammentò all'Amazzone quanto
lui
conoscesse su tutte loro. "E' pericoloso", scandiva la Madre nella sua
mente, "Sai cosa fare."
Alla
fine, non aveva avuto modo di raccontare la verità a
Sango.
Soprattutto, lo realizzava solo ora, mettendo in disparte l'orgoglio,
non avrebbe più potuto chiederle consiglio.
Una valanga di
interrogativi la travolse e Tenten capì che la bolla d'acqua
era infine
esplosa. Gli ingranaggi del suo cervello avevano ripreso a ruotare a
pieno regime. Quando avrebbe rivisto Sango? Avrebbe certamente lasciato
le Terre del Nord, per non imbattersi più nelle Sorelle. In
quale
angolo del mondo si sarebbe insediata? Avrebbe trovato un rifugio dove
portare a termine la gravidanza? Il mondo esterno avrebbe accolto una
madre nubile ed il suo bambino?
Di nuovo, Tenten non era stata in
grado di proteggere la sua amica più cara. Di nuovo, aveva
permesso che la foresta la catturasse per sempre.
- Tenten? -
Era la seconda volta che Neji la chiamava.
Adesso stava in piedi di
fronte a lei.
- Inspira a fondo. Poi espira a lungo, fino a svuotare
completamente i... -
- Devi promettermelo. - ansimò lei.
Troppo
era sfuggito al suo controllo, quella sera. Almeno su quello, almeno su
Neji Hyuga ed il loro segreto, voleva mantenere il potere. Voleva
gestirlo secondo il proprio giudizio.
- Giura su ciò che hai di
più caro al mondo. -
- Credevo di essere già
stato chiaro a tal proposito. -
- Allora giura. -
- Non lo rivelerò a nessuno. Lo giuro sulla mia
famiglia. Lo giuro sul mio maestro e sul mio compagno di squadra. -
Tenten mosse qualche passo.
I suoi gesti ampi rivoltavano tutta l'aria di quella stanza angusta.
- Noi viviamo serene qui. Non siamo mercenarie e non
intendiamo attaccare alcun villaggio. Se fiaterai, io ti
verrò a cercare. Scoprirò con chi ne hai parlato
e vi
chiuderò la bocca per sempre. Fosse l'ultima cosa che... -
- Tenten. - la interruppe Neji.
Era strana, pensò.
Le
minacce che lanciava erano sincere: era veramente disposta a sporcarsi
le mani pur di proteggere la sua famiglia. Al contempo,
però,
lottava con se stessa.
Un'increspatura della fronte, il labbro inferiore stretto tra i denti e
poi rilasciato. Ad uno Hyuga non occorreva la Vista per interpretare
i segnali del corpo. Tenten sarebbe stata pronta ad ucciderlo,
sì, ma pregava che quella prospettiva non dovesse
concretizzarsi
mai.
- Te l'ho detto, sono un uomo di parola. -
Finalmente, lei agganciò il suo
sguardo. Come lui aveva
aspramente puntualizzato non si ritagliava mai
un ruolo fittizio da interpretare.
Era se stesso in ogni parola che pronunciava. Freddo, rigido,
imperturbabile. Talvolta insopportabile e saccente, ma sincero. Dalla
profondità delle sue iridi di ghiaccio trapelava l'amara
consapevolezza di chi, nel corso della vita, era stato formato
dalla cruda esperienza e non permetteva a mere, vane supposizioni di
trovare voce.
Tenten ebbe la paradossale sensazione di poter leggere
più onestà nella nivea desolazione di
quello
straniero, rispetto ai tanti sguardi dai mille colori approdati alla
locanda durante i suoi sette anni di servizio.
Shiharu entrò nelle cucine e riempì una tazza di
caffé freddo. Tenten l'aveva lasciata a capo delle
attività per la clientela femminile. Voleva essere
all'altezza del compito e provarle di aver
riposto bene la propria fiducia.
Addolcì l'aroma pungente della bevanda con dei biscotti alla
cannella. Hitomi e Rin li avevano lasciati in bella vista sul tavolo,
disposti con semplice eleganza sopra un vassoio. Erano almeno tre
dozzine. Accanto a loro, un biglietto scritto a mano recitava: "Per le
nostre Sorelle minori. Con questi l'alba arriverà
prima".
Quando tornò in corridoio, Shiharu si imbattè in
Girin,
che sopraggiungeva dall'ala degli alloggi del personale. Insolitamente,
teneva il capo basso e tormentava le labbra con le dita di una mano.
- Girin. Girin, tutto bene? -
La rossa si rese conto della sua presenza solo quando Shiharu le
sfiorò il braccio. Si guardò intorno disorientata.
- Eri andata da Sorella Sango per ritirare i pantaloni. -
ridacchiò la bionda, - Vieni, anche tu sei alla fase
caffé. -
- No... No, grazie. Dell'acqua sì,
però. -
Si sedette alla panca, ma non appoggiò i gomiti al tavolo.
Le
braccia lungo il corpo, fissò semplicemente il ripiano
ligneo.
- E' successo qualcosa? - chiese di nuovo Shiharu.
- I pantaloni... Ah, sì. Non li ho presi. Ho
bussato un
paio di volte, ma Sorella Sango doveva essere già a letto.
Prima
era molto pallida, ho preferito non svegliarla. -
Shiharu attese in silenzio. Aveva la sensazione che ci fosse
dell'altro, ma non intendeva insistere con le domande. Girin aveva un
carattere particolarmente riservato, che non doveva essere forzato.
Infatti presto le rammentò che da troppo tempo aveva abbandonato le clienti.
- Non preoccuparti per me. E' solo un calo di zuccheri.
Arraffo un paio di biscotti e vi raggiungo. -
- Oggi siete tutte fin troppo strane, per i miei
gusti. -
La bionda le strofinò una mano sulla spalla e se ne
andò.
Girin aspettò che il rumore dei passi si dissolvesse nei
rumori dei festeggiamenti lontani. Sfilò gli occhiali dalla
spessa montatura color indaco ed appoggiò la fronte sui
palmi. Dopo aver
bussato invano alla porta di Sorella Sango, aveva udito delle voci
provenire dalla stanza accanto, quella di Sorella Tenten. Ipotizzando
che la rossa fosse con lei, Girin aveva fatto per entrare, quando aveva
distinto alcune frasi.
Doveva trattarsi di un errore. Forse il legno vecchio ed inumidito
della porta aveva deformato i suoni ed i significati. Il dubbio,
tuttavia, non allentava la morsa sui suoi pensieri. Vitale,
rivelatorio, spinta verso un sapere più alto e sofisticato:
Girin non aveva intenzione di sminuire il valore prezioso del dubbio.
Più si sforzò di ricordare quanto appena
accaduto,
più si convinse che i suoi sensi non l'avevano affatto
ingannata.
Neji Hyuga aveva scoperto il segreto delle Amazzoni e Sorella Tenten le
aveva tradite.
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Mi ha fatto piacere vedere che ci sono stati pareri contrastanti
riguardo il litigio tra
Neji e Tenten. E' vero, le Amazzoni non fanno
nulla di male. Le loro regole, però, nella pratica non sono
tanto perfette. Come Sango ha spiegato, per un neonato affrontare un
viaggio in mezzo alle montagne è talvolta fatale.
La reazione di Neji, però, è più
istintiva e meno
concettuale. Strano per lui, vero, ma l'entusiasmo prevenuto di Tenten
per la nascita di una femmina lo ha catapultato nella discriminazione
vigente nel suo clan. Quella che ha segnato suo padre per essere nato
una manciata di minuti dopo Hiashi, quella che segna tuttora lui stesso.
Riguardo l'accoppiamento
tra le Amazzoni ed i clienti, l'ispirazione mi è venuta dai
miti greci. Secondo alcune leggende, le Amazzoni avevano rapporti con i
prigionieri di guerra. Secondo altre, convivevano per due mesi l'anno
con i giovani maschi di un villaggio, isolandosi insieme a loro tra le
colline. Appositamente per riprodursi, sì.
La difficoltà per le Amazzoni di questa longfic,
però, è che la loro identità deve
rimanere segreta.
Grazie mille
a tutti coloro che seguono questa fanfic, indipendentemente dal modo in
cui lo facciate. Un grazie enorme e sincero, alla Neji Hyuga.
A presto.
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