JUST ANOTHER HALLOWEEN STORY
Georgina aveva dei sogni. Grandi, immensi, spropositati sogni. Puntava
in alto, forse troppo a volte, dalla sua piccola postazione di
pasticcera di un misero negozio di cupcake del Queens.
Il suo stipendio bastava a malapena per pagare l'affitto. Eppure, ogni
giorno, immersa tra zucchero a velo e burro fuso, sognava ad occhi
aperti. Diventava magicamente una celebre pasticcera, degna delle
migliori trasmissioni televisive, quelli che tutte le donne seguono
mentre governano la casa, quelle che ti fanno brillare gli occhi,
mentre ti appunti gli ingredienti magici che faranno addolcire tuo
marito, quando torna a casa dal lavoro. E la gente faceva a gara per
superare la fila che si creava fuori dalle librerie per accaparrarsi
una copia del suo nuovo libro di dolci. Tutti la idolatravano. Persino
Ina Garten e Nigella Lawson bussavano alla sua porta per poter carpire
qualche segreto culinario, qualche trucco di alta pasticceria che per
qualche motivo faceva rassodare meglio la sua panna e non faceva
smosciare i suoi soufflè al formaggio di capra e cannella.
<< Georgie? Ho bisogno di quei cupcakes al caramello
salato! >> Lily la guardava dal basso del suo metro e
cinquanta scarso come si guarderebbe una buccia di banana in
purtrefazione che fuoriesce dal bidone dei rifiuti per strada. Dai suoi
occhi tracimava furia liquida e attraverso lo spiraglio che aveva
lasciato tenendo aperta la porta del retro con un piede, poteva vedere
una ventina di persone in attesa. Solo per quei maledetti cupcakes.
<< Dammi cinque minuti altri, Lily. Sto per decorarli
>> sventolò una mano in sua direzione e pochi
secondi dopo la voce di Lily annunciava che i dolci tanto agognati
stavano per essere consegnati. Georgina riempì la sac a
poche con il frosting al formaggio e caramello e tolse il canovaccio
umido che aveva posato sui cupcake alla vaniglia e cardamomo. Lo fece
con delicatezza, come quando si scostano le lenzuola dal corpo di un
amante, con la bramosia di guardarne le fattezze giunoniche e la
leggerezza di chi sta compiendo un gesto intimo ed etereo. Una carezza
lieve. Guarnì i dolci con la crema e poi con una generosa
colata di caramello salato a incorniciarne la perfetta forma a piramide.
Li guardò tutti, ad uno ad uno, e soddisfatta li
portò a malincuore nell'altra stanza, con il sollievo goloso
di quaranta occhi famelici.
Quello di cui Georgina non si rendeva conto, però, era che
quegli sguardi non erano solo per i suoi dolci, i suoi amati dolci.
Erano anche per lei. Era talmente bella che chiunque la guardasse e poi
assaggiasse i suoi dolci, pensava che lei si rifletteva in quello che
cucinava. Aveva un dono che si manifestava già a partire dal
suo aspetto, dalla sua radiosa bellezza e in ogni centimentro di
mieloso paradiso che veniva creato dalle sue mani, c'era un pezzetto di
lei.
Si tirò indietro i ricci con una pinza, formando una
crocchia sulla nuca dorata. Rientrò in cucina e
incominciò a tirare fuori altri ingredienti. Halloween si
avvicinava e le sue creazioni per quello specifico giorno dell'anno
anadavano a ruba. Pumpkin Pie Cupcakes. Questa l'idea che le frullava
in mente da un po'. Unire un classico della festa del ringraziamento
con un dolce che si prestava a qualsiasi tipo di ricorrenza come il
cupcake, creando un dessert colorato e speziato, decorato con crema al
burro e mini cioccolatini al burro d'arachidi, da servire nel giorno
più orrorifico di tutto l'anno. Adorava halloween e tutti
quei bambini che bussavano alla sua porta per chiederle "Trick or
treat?". Lei, ovviamente, li rimpinzava di dolci.
Si mise all'opera, dimentica di tutto. Anche del suo prossimo titolo di
regina dei dolci di cui immaginava di essere investita, delle feste a
cui sarebbe stata invitata e delle ricette squisite che avrebbe
inventato e che tutti i migliori chef del mondo avrebbero voluto
rubarle. Adesso il burro, le uova e lo zucchero facevano da padroni.
***
Strappò via il 29, ed ecco che finalmente quel 30 compariva
davanti ai suoi occhi. Il 3 sinuoso seguito dal quel tondo e invitante
0, stampati sul piccolo calendario in un elegante grassetto nero.
L'indomani sarebbe stato Halloween e lei doveva sbrigarsi a preparare
almeno altri cinquanta dei suoi mitici dolci. Lily era quasi svenuta,
quando ne aveva assaggiato uno e subito era corsa a pasticciare sulla
lavagna fuori dalla vetrina. "Nuovi Pumpkin Pie Cupcakes! Golosi da
MORIRE" e vari teschietti e teste di Jack 'o Lantern colorate intorno.
Georgina sorrise e si guardò intorno, controllando che il
laboratorio di cucina fosse esattamente come l'aveva lasciato la sera
prima.
C'era qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa fosse. Gli
stampi a cerniera per il cheesecake erano tutti sistemati uno dentro
l'altro, cerchi concentrici e lucidi. Le fruste erano nello stesso
posto in cui le aveva lasciate, dalla più grande alla
più piccola. Anche le piccole formine per i biscotti che
aveva dimenticato sul piano di lavoro erano ancora lì, nello
stesso identico posto. Non un centimetro più in la'.
<< Mmmh >> mugugnò, in presa ad
un'ansia strana, quasi profetica. Si diresse verso il piccolo bagno in
fondo alla stanza e la porta era aperta, quando invece ricordava
perfettamente di averla chiusa, o no? Certo, tornata a casa aveva
alzato il gomito con la bottiglia di vino rosso e fruttato che aveva
rubato al supermercato all'angolo della strada, ma che poteva farci? I
cannelloni con i funghi dovevano essere accompagnati da un buon vino.
Peccato che non fosse riuscita a rubarne una di bianco frizzante.
Cercò di concentrarsi, ritornando a guardare l'uscio del
bagno che la invitava ad entrare. La luce era spenta e la sensazione
che là dentro si annidasse un mostro pronto a balzare fuori
le faceva tremare le gambe come gelatina molle. Forse l'aveva
dimenticato, in fondo. Si armò di un grosso
matterello e si sentì talmente sciocca che quasi le
scappò un sorriso.
Perchè diavolo ti comporti così, Georgie? Non
esistono i mostri e ci sei entrata mille volte in questo maledetto buco
di cesso! Ma l'istinto di sopravvivenza a volte ci porta a
fare cose strane, come armarsi di un utensile da cucina contro un
eventuale mostro con denti aguzzi e affilati.
Le si affannò il respiro e fu quasi tentata di urlare a Lily
di raggiungerla, ma non voleva spaventare i clienti abituali del
mattino, quindi tacque.
Un passo alla volta. Uno. Due. Tre. E...
...Click. Il rumore familiare dell'interruttore della luce le fece
tirare un sospiro di sollievo.
Nessun mostro in agguato dietro la parete, l'uomo nero non esisteva
mica. Le vennero i brividi su per la schiena e si rese conto che in
quella stanza, però, aleggiava un freddo pungente. Strano.
Si voltò verso la piccola finestra che si apriva solo in
obliquo e dalla quale filtravano i tenui e chiari raggi del sole
mattutino. << Ma certo, che idiota. La finestra
è aperta! >> si prese in giro da sola e si
apprestò a chiuderla, contraendo le spalle per un altro
brivido che le salì su per la schiena. Si scrollò
e spense la luce, ritornando in cucina.
<< Che diavolo ci facevi in bagno con il matterello?
>> volle informarsi Lily, appena entrata nella stanza con
un fogliettino bianco che sventolava con la mano sinistra. Georgina
arrossì e sorrise impercettibilmente. << Ma
niente, pensavo ci fosse qualche animale! >>
minimizzò, pur sentendosi ancora a disagio lì
dentro. Lily fece spallucce e le consegnò il bigliettino.
<< Tieni, un cliente piuttosto strano è venuto
ad ordinare una Pumpkin Pie per domani sera, con una decina di cupcakes
al caramello >> fece scoppiare la gomma da masticare e se
ne andò in fretta com'era venuta, evitando le ovvie
lamentele di Georgie. << Domani avrei dovuto chiudere
prima la cucina, Lily! Eravamo d'accordo! >> le
urlò dietro. Voleva tornare in tempo per preparare i
dolcetti per tutti i bimbi mascherati che avrebbero suonato alla sua
porta per il tradizionale dolcetto o scherzetto, ciò voleva
dire chiudere prima del tramonto per arrivare a casa in tempo, ma era
ormai ovvio che non avrebbe potuto più farlo.
Sbuffò con decisione, facendo svolazzare i ciuffi ribelli
sfuggiti alla coda di cavallo di quella mattina. <<
Maledizione! >> sbattè un pugno sul piano di
metallo e scosse la testa. Conosceva posti che di routine non aprivano
affatto i battenti il giorno di Halloween, perchè non poteva
essere così anche per loro? Non sapeva darsi una risposta.
In fondo quel posto andava alla grande per essere un minuscolo locale
in cui la specialità erano i cupcakes. E andava alla grande
soprattutto grazie a lei. Digrignò i denti e si
rassegnò, consolandosi con il fatto che di solito gli
straordinari li pagavano bene.
Tentò di cacciare via tutti i cattivi pensieri e quella
brutta sensazione che adesso aveva attaccato anche la bocca dello
stomaco. Sorrise. Adesso era la regina dei dolci. Mrs Georgina Cane,
autrice dei migliori libri di ricette di cupcakes del mondo, madre del
miglior lemon curd cheesecake mai esistito e detentrice assoluta del
premio istituito proprio grazie a e per lei, la frusta da pasticcere
d'oro. Si inchinò al suo pubblico immaginario e
cominciò ad illustrare nella sua mente un'elaborata ricetta
di una crostata capovolta alle pere, con ricotta e noci pecan,
cioccolato fuso a filo e composizioni di caramello cristallizzato.
Erano tutti in visibilio, adoranti, in estasi.
Intrappolata nei suoi grandiosi film mentali, Georgina
cominciò a creare.
***
<< Lily, ti dico che qui non è ancora passato
nessuno, maledizione! Si è fatto dannatamente tardi!
>> urlò, al telefono con la ragazza che ormai
se n'era andata da un pezzo, lasciandosi dietro un fastidioso
scoppiettio di gomma, che Georgie aveva continuato a sentire anche dopo
che aveva chiuso la porta del negozio.
La voce concitata di Lily la infastifiva particolarmente, soprattutto
perchè se la immaginava, mentre se ne stava in panciolle a
ingollare cioccolatini e spotacchiare scaglie di cocco disidratato
mentre urlava dentro la cornetta. << Georgina, quello ci
deve quaranta dollari! Non puoi andartene finchè non arriva
>> concluse l'altra. E Georgie sapeva che non c'era nulla
da fare, visto che se anche avesse chiesto al proprietario, la risposta
sarebbe stata la medesima. Era il padre di Lily.
<< Bene! >> urlò allora
più forte << vorrà dire che li
comprerò io! >> chiuse la chiamata senza
attendere risposta e gettò il cellulare nella borsa appesa
dietro la porta della cucina. Camminava nervosamente. Quei quaranta
dollari le servivano. << Stupida stronza senza cuore!
Prima o poi me la pagherà >> strinse i pugni e
una lacrima le scese giù per il viso. La asciugò
con un lembo del grembiule infarinato e si sfilò dalla tasca
dei jeans dei soldi appallottolati. Li distese e ne contò
quaranta, prima di mettersi i restanti venti di nuovo in tasca. Scrisse
la ricevuta e depositò in cassa i soldi, con mano tremante.
Avrebbe voluto farglielo vedere, a quella stronza, che cosa significava
arrivare a fine mese a stento e mangiando riso in bianco tutti i
maledetti giorni quando i soldi non bastavano a causa delle bollette o
di una spesa imprevista. Imprecò ancora sottovoce e chiuse
tutte le imposte, prese il cappotto e tutta la sua roba, compresa la
busta con la torta e i cupcakes. Almeno avrebbe fatto felici un paio di
bambini.
Quando ebbe dato anche l'ultima mandata alla porta di vetro del
negozio, lo stesso brivido del giorno precedente le corse lungo la
schiena, fino a farle formicolare i piedi. Cerco di non pensarci e si
strinse nel cappotto e nella sciarpa gialla di lana. Abbassò
la serranda e chiuse a chiave anche quella, prima di voltarsi di scatto
e andare a sbattere contro un uomo imponente e profumato di vaniglia.
<< Ah! Oddio, scusi tanto. Non l'avevo vista
>> si stirò un lato del cappotto, come se i
brividi, che adesso erano notevolmente aumentati, avessero increspato
anche quello.
L'uomo sorrise e scese il cappuccio che portava calato in testa. Un
sorriso divino, angelico. Denti bianchi e candici, incorniciati da
labbra di miele rosso e lucido. << Si figuri
>> le bisbigliò, troppo intimamente
perchè non si fossero già conosciuti da qualche
parte. Georgina sorrise a sua volta e fece mente locale per ricordare.
Magari lo conosceva davvero. Un altro brivido.
L'uomo sospirò. << E' un peccato. Sul serio.
Sei troppo bella...troppo, profumata >> poi prese una
grossa boccata d'aria, avvicinandosi pericolosamente. La strada era
ormai deserta e i bambini non ce li mandavano di certo a bussare casa
per casa, in quel quartiere desolato. Eppure qualche avventore della
strada di solito c'era, ma quella sera sembravano tutti spariti come
per incanto. << C-come, scusi? Io...i-io devo andare
>> Georgina si congedò dallo strano uomo, con
la speranza di poter fuggire prima che lui la inseguisse. Era un
maniaco, ne era certa. Così bello e profumato. Profumato
come un muffin alla vaniglia e uva fragola.
I passi ora erano incerti. La busta con i dolci le scivolò
dal braccio e d'improvviso si bloccò. Le sue gambe
iniziarono a procedere all'indietro, riportandola dritta tra le braccia
di quell'essere spregevole che era certa volesse farle del male.
Georgina tentò di urlare, ma la voce le venne meno. Non
usciva alcun suono dalla sua gola. Solo un sibilo, un debole soffio di
fiato caldo. Le lacrime cominciarono a sgorgarle dai grandi occhi verdi
come un fiume in piena. Non mi faccia del male. Non mi faccia del male,
la prego., pensava mentre ormai il calore e le grosse braccia dell'uomo
la circondavano in una nuvola di profumi densi e dolci. Non lo
farò, ti terrò con me. Non avere paura,
sentì l'uomo risponderle, ma nessuno aveva parlato. Il
pianto, seppur silenzioso, era talmente copioso che le aveva ormai
arrossato gli occhi e la pelle delle guance e il freddo batteva proprio
lì sul viso bagnato. Cominciò a singhiozzare,
prima di essere stretta nella morsa d'acciaio dell'uomo bellissimo e
terribile che, lo percepiva, sorrideva.
***
Un bacio sul collo, solo quello ricordava, quando rinvenne davanti alla
serranda chiusa del negozio in cui lavorava. Quell'uomo misterioso
l'aveva baciata sul collo, teneramente, facendo degli strani segni con
la punta della lingua. Poi buio. Buio totale. Era stata fortunata.
Tremendamente fortunata. Erano appena le undici di sera, a occhio e
croce era rimasta stesa per terra un paio d'ore. La sciarpa era sparita
e proprio sotto la mandibola sinistra sentiva un lieve dolore quando
esercitava pressione con le dita. Si controllò nello
specchietto che aveva nella borsa e notò un grosso
succhiotto violaceo, tondo e perfetto. Sgranò gli occhi e
scese con le mani a controllarsi sotto la gonna. Ma era tutto a posto.
I collant non riportavano il minimo segno di smagliatura. Che avesse
cambiato idea proprio prima di abusare di lei? Era possibile.
Fortunata, davvero. Era stata molto, molto, troppo fortunata e ancora
non ci credeva di essere ancora viva.
Qualcosa le pungeva nello stomaco ma non se ne curò. Doveva
tornare a casa il prima possibile, avvolgersi in una calda coperta e
spararsi a raffica tutti i dvd di Natale che possedeva. Le mettevano
sempre allegria e c'erano sempre un sacco di dolci buonissimi in quei
film. Si, si. Anzi, no. Prima doveva dirne quattro a quella dannata
Lily e sbatterle in faccia la torta e i cupcakes, licenziarsi e
mandarla al diavolo! Ah, e si che l'avrebbe denunciata! Era stato per
colpa sua se a quell'ora l'avevano aggredita e quasi violentata. Colpa
sua se si era persa Halloween e ancora una volta colpa sua se aveva
paura anche di ripensare di metter piede in quel negozio maledetto.
Si sarebbe trovata un altro lavoro, decise, e l'avrebbero pagata di
più e poi finalmente sarebbe diventata la pasticcera che
meritava di essere.
Forte delle sue decisioni Georgina afferrò la busta dei
dolci e si diresse a passo deciso verso casa di Lily McDonald. Una
risata terrificante e sinistra si levò dietro di lei. Si
spaventò così tanto che si mise a correre come
una forsennata, con la certezza che quella risata appartenesse proprio
a quell'uomo. Maledizione!
Crollò e scoppiò in lacrime ancora una volta. I
singhiozzi le scossero di nuovo il petto come violente scosse di un
sisma che partiva dal centro del suo corpo. Ma questa volta la voce le
usciva fuori e quasi urlò, quando si rese conto di essere
arrivata a destinazione. << Oh >>
sussurrò, cercando di darsi un contegno, ma i singhiozzi non
volevano saperne di calmarsi. Inspirò ed espirò
un paio di volte, prima di spingere il pulsante del citofono.
<< Se? >> una voce svogliata e assente le
rispose, seguita dallo scoppio di una gomma da masticare.
<< Lily, sono io. Aprimi >> le
ordinò. Nessuna risposta, solo un leggero click e il portone
che si apriva. Ma davvero? Così semplice? Georgina sorrise
tra le lacrime, contenta del tono inflessuoso e autoritario che aveva
usato. La porta d'ingresso era già aperta e un aroma intenso
di pollo arrosto all'arancia si spandeva nell'aria. Georgie lo adorava
ed era certa di stare morendo di fame, ma stranamente quell'odore non
ebbe alcun effetto su di lei. Certamente perchè era furiosa
e ancora sotto shock. << Che diamine ci fai qui?
>> Lily comparve sulla porta, stringendosi una vestaglia
rosa intorno al corpo formoso << E...>> la
frase malevola le morì in gola. Si allungò verso
Georgina e la fece entrare in casa. << Che...che ti
è successo, dannazione? >> nella sua voce una
leggera venatura di senso di colpa. Georgie cominciò a
tremare e si rese finalmente conto di quanto fosse terrorizzata e seppe
che le sarebbe stato impossibile tornare da sola a casa sua.
<< Io non....ecco, mi hanno aggredita >>
tirò su con il naso e si accorse che piangeva di nuovo come
una fontana. Lily sembrava terribilmente spaventata, gli occhi sbarrati
e le labbra tirate in una linea sottile e bianca come un cencio.
<< Chi, Georgie? Chi ti ha aggredita? >>
ora Lily le stringeva le spalle e l'aveva fatta sedere su un comodo
divano bianco. Il calore del caminetto acceso la fece smettere di
tremare e lo scoppiettio della legna che bruciava le diede conforto. Si
voltò verso la ragazza dai lunghi capelli biondi e le
sorrise debolmente. Poi notò una cosa strana e il suo
stomaco brontolò, avvisandola che era davvero ora di mettere
qualcosa sotto i denti. Avrebbe chiesto a Lily di poter mangiare
qualcosa, magari l'avrebbe preparato lei. O...oh, si, i cupcakes. Tanto
valeva. Ormai li aveva pagati. Distolse lo sguardo dalla ragazza e
scartò la confezione di due cupcakes, ingurgitandoli quasi
interi. << Bleah! >> sputò tutto
sul tappeto, anch'esso bianco e si disse mentalmente che doveva
scusarsi, ma il saporaccio che aveva nella bocca le rendeva impossibile
anche solo spiccicare mezza parola. << Che
c'è? Sono cattivi? >> Lily era stranita,
spaventata, non sapeva come comportarsi. Andò a prendere un
bicchier d'acqua e Georgina diede un paio di grossi sorsi, prima di
tornare a respirare. Si prese del tempo per riflettere, per cercare di
capire cosa non andasse. I suoi cupcakes erano i migliori, non si
spiegava perchè facessero così schifo. Sapevano
di...di uova marce. Lily si allontanò silenziosamente da
lei, ormai impaurita e in ansia per la salute mentale di Georgie. Era
colpa sua se si trovava in quello stato, però. Le diede le
spalle e fissò il fuoco per qualche minuto, lasciando lo
spazio all'altra di potersi riprendere e ricomporre. <<
Il bagno è in fondo al corridoio a destra, se ti serve
>> disse distrattamente, prima di sentire dei passi alle
sue spalle. Subito dopo un cupo brontolio proruppe da qualche parte del
corpo di Georgina. Prima di poter reagire, Lily fu a terra, non
riusciva a muoversi e della ragazza che lavorava con lei tutti i
giorni, quella ragazza che schiavizzava e trattava come se fosse una
sua proprietà, era stata ingoiata da una sua sosia dagli
occhi rossi luminosi, i canini allungati e un ghigno malefico stampato
in volto. << Georgie? Georgina? Che fai? Che...che
diavolo fai? >> tentava di divincolarsi. La vena sul
collo pulsava a ritmo frenetico e Georgina ne era incantata. Musica.
Quella era musica per le sue orecchie...e per il suo stomaco.
Lily cercò di urlare ma la sua voce fu smorzata da un sonoro
crack, quanto Georgie le spezzò il collo il un solo colpo.
<< Fame >> ringhiò, prima di
affondare i lunghi e lucenti canini nella carne ancora calda della sua
prima...ma non ultima vittima.
Dalla finestra, Dion osservava la meravigliosa creatura alla quale
aveva dato vita con i canini scoperti e allungati, rilucenti alla luce
della luna. Sorrise maliziosamente e attese. Non aveva avuto che un
piccolo sorso del suo sangue dolce e profumato, ma in quel momento
più che mai...seppe che ne era valsa la pena.
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